Ilva di Taranto: quell'"inciucio" chiamato "atto di Intesa"



Ecco finalmente emerge la verità sull'atto di intesa con fra Ilva, Comune di Taranto, Provincia di Taranto e Regione Puglia. Quell'atto di intesa ha messo fine alla stagione delle ordinanze con cui L'Ilva di Taranto veniva (nel 2001) messa di fronte alle sue inadempienze e responsabilità (si veda "

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Bene: quell'atto di intesa fu un "inciucio". Aiutò Riva a tirasi fuori da ogni impaccio. Un ciambellone politico trasversale confezionato da mani amiche.
Ecco un illuminante articolo di Michele Tursi scritto ieri per il Corriere del Giorno.
Su www.tarantosociale.org troverete l'intera relazione dell'Arpa Puglia.

Alessandro Marescotti



Corriere del Giorno 8/7/2006

L'Arpa Boccia l'atto d'intesa

Mentre Vendola e Riva varano una cabina di regia per monitorare l'efficacia degli interventi a carico dell'Ilva, l'Agenzia per l'ambiente critica aspramente il documento


Tre anni e mezzo di trattative. 42 mesi di incontri e negoziati. Tre diversi atti d'intesa. 56 milioni di euro che avrebbero dovuto cambiare il volto del rione Tamburi e altre diverse centinaia che avrebbero dovuto modificare il disastroso impatto ambientale dello stabilimento siderurgico sulla città.
Alla Regione il testimone è passato da Fitto a Vendola, alla Provincia di Taranto da Rana a Florido, al Comune dalla Di Bello al commissario Blonda. Un confronto lungo ed estenuante, una tela di Penelope che invece di procedere il linea retta da A verso B, si avvita su se stesso in un'interminabile spirale.
Una montagna di carte, documenti e relazioni che ha partorito il classico topolino. L'ultimo della serie è la “cabina di regia” varata ieri sera al termine dell'ennesimo incontro svoltosi nella Presidenza della Regione Puglia. Una riunione che per un aspetto si farà certamente ricordare: quello di essere stato interdetto ai giornalisti (non era mai accaduto in precedenza), ai quali è stata poi girata una laconica velina a cura dell'ufficio stampa della giunta regionale.
Come spesso accade, però, le cose più interessanti sono state quelle dette a margine. Soprattutto quando si tratta di una relazione dell'Arpa Puglia. Quattro cartelle (le riportiamo integralmente in questa stessa pagina), che demoliscono l'impianto degli atti d'intesa tra Ilva e Regione Puglia, avanzando una serie di pesantissimi dubbi sull'efficacia delle misure adottate dall'Ilva. La relazione (procollo 9529), è datata 5 luglio 2006 ed è stata inviata via fax al presidente Vendola e all'assessore regionale all'Ambiente Losappio, entrambi, quindi, già informati nel corso della riunione di ieri.
Le Bat: “L'adeguamento degli impianti alle migliori tecniche disponibili, previsto dal Piano - scrive l'Arpa - va riferito non a tecniche di avanguardia, ma ad impianti dello stesso tipo, già funzionanti in località, italiane o europee, diverse da Taranto tua soggette alle stesse condizioni economiche, normative ed ambientali; tecniche migliori, quindi, ma in un ambito di concreta fattibilità e di sostenibilità anche economica (...) Il Piano di adeguamento Ilva non sembra affermare, in maniera chiara, che gli interventi programmati sono tutti quelli previsti dalla normativa e dai documenti tecnici in materia di Bat, ovvero che con la realizzazione del piano lo stabilimento Ilva sarà, del tutto e finalmente, adeguato al complesso di tali migliori tecniche”.
Rifacimento cokeria: le autorizzazioni della Regione Puglia, a giudizio dell'Arpa “hanno permesso, fra l'altro, la riattivazione del gruppo di batterie 3-6 della cokeria a seguito di un revamping impiantistico, senza che l'impianto subisse rifacimenti più sostanziali nè, pure, fossero attuate preventivamente tutte le misure a tutela dell'ambiente già contemplate dal D.M. 12/7/90 (quali l'aspirazione allo sfornamento); ciò, sulla base di atti di intesa che hanno teso a contemperare garanzie ambientali con esigenze produttive, occupazionali ed economiche, in un modo che questa Agenzia non può condividere”.
Inquinamento e tumori: “Le rilevazioni dei parametri di qualità dell'aria da parte delle centraline dell'area di Taranto, gestite da Arpa Puglia, mostrano perduranti superamenti dei limiti per diversi inquinanti, per le stazioni di rilevamento più vicine all'area industriale e all'Ilva (Tamburi, Statte), con spiccata direzionalità e presenza di picchi ("spikes") che mostrano una chiara correlazione con le emissioni di origine industriale; i dati già disponibili sul quadro epidemiologico-sanitario della popolazione dell'area a rischio di Taranto mostrano una aumentata incidenza, rispetto al quadro di riferimento regionale, per una serie di tumori maligni (trachea, bronchi e polmoni, pleura, vescica) con possibile origine professionale/ambientale; anche le patologie a breve termine mostrano incrementi in concomitanza con l'aumento delle concentrazioni in aria di alcuni inquinanti aerodispersi”.
In presenza di tali considerazioni la “cabina di regia” varata per monitorare l'attuazione e l'efficacia delle prescrizioni ambientali in danno dell'Ilva, appare uno strumento inadeguato. La nuova struttura si riunirà “per la prima volta entro luglio per poi verificare e approvare il piano industriale in vista dell’adeguamento alle linee guida Bat (Best availables technologies)”.
Un versante, quest'ultimo sul quale l'Ilva ha fornito un voluminoso faldone alla Regione ed agli altri soggetti presenti al tavolo, con una serie di controdeduzioni alle osservazioni di Vendola sul piano industriale, del 5 dicembre del 2005.
Nel corso dell'incontro è stata affrontata anche la questione relativa alla costruzione di una nuova centrale elettrica da 600mw nello stabilimento, indicata come una priorità per i prossimi anni. Un intervento che, secondo l'Ilva, avrebbe effetti benefici anche in termini ambientali. “La costruzione della centrale elettrica - prosegue l'azienda - si pone nell’ottica di recuperare energia dei gas combustibili residuali del processo siderurgico, assimilabile a energia di recupero, senza tralasciare il vantaggio conseguibile dalla produzione combinata di energia elettrica e termica, che si traduce, tra l’altro, in un beneficio ambientale rispetto alla produzione separata delle stesse quantità di energia. Inoltre, la nuova centrale, essendo del tipo a turbogas a ciclo combinato coogenerativo (più elevato rendimento energetico rispetto alle centrali tradizionali), a parità di produzione di energia, necessiterà di un minore consumo specifico di combustibile, che associato anche al maggiore utilizzo di combustibili gassosi a basso potere calorifico, qual è il gas d’altoforno, determinerà un minor impatto ambientale”.

Michele Tursi
michele.tursi at corgiorno.it