[tradenews] Accordo a Ginevra: W i mondiali di calcio!



Accordo a Ginevra: W i mondiali di calcio!

Un buon proverbio recita che "chi ben comincia è già a metà dell'opera."
Il Doha Round ha avuto un inizio pessimo, nessuno più nega che senza le
irresistibili pressioni post 11 settembre, a Doha non sarebbe sortita alcuna
dichiarazione di via libera ad un ciclo di negoziati rifiutato
clamorosamnete due anni prima a Seattle.
Pertanto, dopo un brutto inizio, il proseguio è stato un calvario.
Ora, dopo quasi cinque anni di lavoro, è giunto il momento della verità, il
momento di condurre in porto il negoziato o di rinunciarvi definitivamente.

In questi anni nessuna delle scadenze di volta in volta fissate, è stata
rispettata; anche l'ultima di fine maggio, decisa sei mesi fa alla
ministeriale di Hong Kong è andata in fumo e nessun testo relativo
all'agricoltura ed ai prodotti industriali ha trovato il consenso dei 150
paesi aderenti all'Organizzazione Modiale del Commercio (OMC-WTO).
Il direttore generale Pascal Lamy era fortemente tentato di presentare un
proprio testo, lo stesso Zoellick, ex caponegoziatore americano al WTO (oggi
vice Segretario di Stato dell'amministrazione Bush), pochi giorni prima
della scadenza aveva invocato un suo intervento, ma saggiamente Lamy non ha
voluto forzare la mano, avrebbe rischiato di affossare definitivamente il
round, e due prese di posizione ufficiale, una del G20, l'altra del G33 (20
aprile), lo avevano messo in guardia.
Un documento/appello del gruppo dei paesi africani (diffuso il 14 aprile al
termine della Conferenza dei ministri del commercio dell'Unione Africana di
Nairobi) aveva fatto cadere anche la sua proposta verbale di ridurre le
ambizioni degli accordi concentrandosi su pochi punti principali e
rimandando tutto il resto a dopo.
Sono stati gli Stati Uniti ad "ufficializzare" il fallimento dell'accordo di
maggio su agricoltura e NAMA, richiamando a Washington Bob Portman,
responsabile del commercio e sostituendolo con la sua vice Susan Schwab.
Nessuno cambia il proprio caponegoziatore nei momenti decisivi di una
trattativa, pertanto tutti hanno compreso il messaggio, non senza
irritazione, come nel caso europeo.

A Lamy non è rimasto altro da fare che annullare il previsto incontro
ministeriale ed incitare tutti i paesi membri a raddoppiare gli sforzi per
trovare l'agognato accordo prima della consueta pausa estiva di agosto.
In realtà a Ginevra nessuno vuol più sentir parlare di nuove scadenze, non
fosse altro che per scaramanzia. Nel mese di maggio i tavoli negoziali hanno
lavorato a tamburo battente, adottando una nuova metodologia basata sui
reference paper: ovvero nella pratica di procedere attraverso la scrittura
di documenti per monitorare anche i più piccoli passi avanti. Anche
l'attività di simulazione dei possibili risultati derivanti
dall'applicazione de formule e coefficienti nella riduzione dei sussidi e
dei dazi in agricoltura è proseguita alacremente.
Pascal Lamy nel Consiglio generale del 15 maggio ha ricordato che ormai il
tempo è agli sgoccioli ed ha chiesto di trovare la necessaria concordia per
definire nelle successive settimane i testi in bozza per l'accorod finale.
Ma se è vero che i tecnici stanno lavorando sodo, il loro lavoro risulta
sinora vanificato dalla mancanza di un accordo politico.

Usa ed Ue rimangono fermi sulle loro posizioni. La sensazione è che con la
scusa che il round si deve necessariamente chiudere entro quest'anno, stiano
provando un gioco di forza per costringere tutti gli altri paesi ad
accontentarsi di quanto attualmente è stato offerto sul tavolo dei
negoziati. D'altronde gli americani, dopo Seattle si sono disinnamorati
della loro creatura ed hanno investito parecchio nei negoziati regionali e
bilaterali (anche se con risultati non soddisfacenti). Dopo Cancun anche
l'UE ha accelerato in questa direzione e i due big del commercio mondiale
sembrano esplicitare la loro linea premendo l'acceleratore verso un'area di
libero scambio euro-americana (Un terzo del commercio mondiale avviene fra
le due sponde dell'Atlantico).
Fra oggi e domani il Parlamento europeo dovrebbe approvare un documento che
chiede la creazione di un "transatlantic barrier-free market" entro il 2015.
Certo non si tratta di un documento legislativo, ma costituirà una sorta di
legittimazione politica perchè il prossimo vertice USA-UE in programma il 21
giugno prenda una decisione in questo senso. Del resto il progetto è in
corso da anni, il documento parlamentare chiede che sia aggiornato il
Transatlantic Economic Partnership (TEP) del 1998 e definito una nuovo
Transatlantic Partnership Agreement che conduca a una sorta di NAFTA
euroamericano entro il 2015, con un anticipo al 2010 per quanto riguarda il
mercato dei capitali.
In agenda ci sono i soliti punti: standard comuni, mercato finanziario,
regole di concorrenza, mercato dell'energia, proprietà intellettuale,
investimenti, appalti pubblici e servizi.
Dietro il progetto è evidente la spinta della Transatlantic Business
Dialogue, una lobby imprenditoriale che con alterne fortune segue il
progetto sin dai suoi albori. I settori industriali e dei servizi sono ormai
esasperati dalla sterilità dei negoziati WTO, ostaggio del tema agricolo, e
sono alla ricerca di altri canali.
Tornando a Ginevra, il commissario europeo Mandelson, in occasione
dell'incontro OCSE di Parigi aveva aperto qualche spiraglio sul negoziato,
ventilando la possibilità di una nuova offerta  agricola, un passo nella
direzione delle richieste del G20, non certo verso quelle più esose degli
USA, ma il Consiglio dei ministri agricoli europei, riunitosi il 20 maggio,
ha negato ogni apertura e riaffermato (a Mandelson) che "non c'è alcuna
ragione per cui l'UE presenti una nuova proposta [negoziale] agricola sui
tavoli del negoziato WTO" (dichiarazione del presidente di turno,
l'austriaco President Josef Pröll).
Il teatrino delle posizioni rimane dunque immutato: gli USA accusano l'UE di
non aprire il proprio mercato agricolo, l'UE controbatte che le proposte
americane sono fasulle e che concretamente non ridurranno di un dollaro i
loro sussidi (una simulazione canadese lo conferma), e che se il G20 vuole
qualcosa in più, sempre in agricoltura, deve ricambiare nei servizi e nel
NAMA. L'India è disponibile ad aperture nel settore servizi ma prudente nei
prodotti industriali, il Brasile è filoamericano in agricoltura, prudente su
tutto il resto, i paesi africani, quelli ACP e il blocco di quelli meno
sviluppati riformula da cinque anni nuovi appelli per chiedere la medesima
cosa: se volete liberalizzare fatelo a casa vostra, a noi lasciate lo spazio
politico necessario a fare quelle politiche che voi stessi avete applicato
per crescere e che tentate in tutti modi di non far utilizzare a noi.
E la loro voce sale perché è sempre più evidente che il Doha Round non è un
round per lo svilupppo e che i benefici stimati per il blocco dei PVS è
quasi totalmente appannaggio di India, Brasile e Cina.
Con queste premesse non c'è possibilità di accordo a meno di una soluzione
di basso profilo, un accordo stile Hong Kong in cui tutti si accontentano di
poco ma in cui tutti ottengono qualcosa che reputano meglio del niente.
Questa è probabilmente anche la convinzione di Lamy, che molti dicono abbia
pronto nel cassetto un testo di mediazione finale, pronto da estrarre in
zona cesarini per tentare di evitare il fallimento, non solo del round, ma
del WTO stesso.
Probabilmente proporrà qualche taglio in più ai sussidi agricoli USA e
qualche ampliamento all'offerta UE nel pilastro dell'accesso al mercato,
cercando una mediazione fra proposte estreme (USA da un lato, G33
dall'altro); ridurrà lievemente l'aggressività della formula di taglio dei
dazi nel NAMA e sdoganerà il negoziato sui servizi che, senza clamori, sta
comunque procedendo.
Giugno si annuncia come un mese decisivo, con molta probabilità ci sarà un
incontro di livello ministeriale (Lamy ha indicato come data di inizio il
giorno 26), perché dopo l'intenso lavoro dei funzionari nelle ultime sei
settimane, servono negoziati di alto livello.
Ma nell'ultimo consiglio generale pare ci sia comunque stato un momento di
consenso generale, quando l'ambasciatore dello Zambia Love Mtesa ha proposto
che a  a partire dal giorno di inizio dei mondiali di calcio tutti gli
incontri dei vari comitati terminino alle ore 16 in modo da permettere ai
negoziatori di assistere alle partite di calcio. Si tratta dell'unica
proposta africana accolta all'unanimità da un Consiglio Generale, da quando
il Doha Round è partito!

Roberto Meregalli
Beati i costruttori di pace


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