Una testimonianza per il si' al referendum brasiliano per il disarmo



UNA TESTIMONIANZA

ENRICA BARTESAGHI: SI' AL REFERENDUM BRASILIANO
PER PROIBIRE IL COMMERCIO DELLE ARMI,
PER IL DISARMO, CONTRO LA VIOLENZA

Ad alcuni mezzi d'informazione
ad alcune persone e associazioni impegnate per la pace e i diritti umani

Gentili signore e signori,
sperando che la cosa non vi dispiaccia, vi inviamo come anticipazione
l'editoriale che apre il supplemento odierno, "La domenica della
nonviolenza", del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in
cammino".

Il Centro di ricerca per la pace di Viterbo

Viterbo, 18 settembre 2005

Mittente: Centro di ricerca per la pace
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo
tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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EDITORIALE. ENRICA BARTESAGHI: SI', PER IL DISARMO, CONTRO LA VIOLENZA

[Ringraziamo Enrica Bartesaghi (per contatti: bartesaghie at tele2.it) per
questo intervento. Enrica Bartesaghi, nata in provincia di Lecco nel 1954,
presidente del comitato "Verita' e giustizia per Genova", e' autrice del
libro Genova, il posto sbagliato. La Diaz, Bolzaneto, il carcere: diario di
una madre, Nonluoghi libere edizioni, 2004]

Fino al 21 luglio del 2001 sono stata una "normale" madre e cittadina
italiana. Ho, insieme a mio marito, educato e cresciuto mia figlia Sara con
gioia e buon senso: il rispetto di se' e degli altri, tutti gli altri. Sara
e' stata alimentata con pane e spirito critico, con la coscienza della
legalita' e dell'illegalita', con una particolare attenzione alle
ingiustizie dentro e fuori l'Italia, con il racconto delle storie di
famiglia, delle favole raccolte da Italo Calvino e dei fumetti di Mafalda,
della storia recente d'Italia, quella che io avevo visto o vissuto: il boom
economico, le stragi, la mafia, le lotte operaie, il sindacato, il
femminismo, le Br, la Milano da bere...
Per questo a luglio del 2001, quando Sara a 21 anni e' partita per Genova
l'ho salutata con un po' di apprensione ma con grande fiducia in lei e nelle
sue capacita' di cavarsela, con rispetto e condivisione per gli ideali e le
speranze che avrebbero portato, insieme a lei, decine di migliaia di persone
a Genova. Per i diritti umani, per una distribuzione piu' equa di ricchezze
e poverta', per un mondo ed una vita migliore.
Io sono rimasta a casa, un po' per pigrizia e stanchezza, un po' per lasciar
posto a lei. Era la sua prima, grande manifestazione.
Quando l'ho ritrovata, nel carcere di Vercelli il 23 luglio del 2001, dopo
averla persa per due giorni e due notti, ho letto nei suoi occhi, ed ho
visto sulla sua pelle, la parola violenza. Quella cieca e gratuita del
massacro alla scuola Diaz, quella piu' sottile e continuata, e per questo
ancor piu' profonda ed inguaribile, della caserma di Bolzaneto.
E, di colpo, io non sono stata piu'  una "normale" madre e cittadina
italiana, seppur attenta a quello che succede nel nostro paese e nel mondo.
Per poche ore, ma sono ore che cambiano la vita, io mi sono sentita una
madre e cittadina argentina alla quale scompare all'improvviso un figlio,
una madre cilena o bosniaca che lo ritrova ferito e torturato, una cittadina
inerme di fronte alla violenza peggiore: quella dello Stato.
*
Per tutto questo, e non solo, io sostengo il si' al referendum del 23
ottobre in Brasile sull'abolizione del commercio delle armi, per il disarmo,
per la lotta contro le armi e la violenza.
*
E poiche' penso che per aiutare il Brasile ed il resto del mondo a stare
meglio si debba partire dal paese dove viviamo, dall'Italia, ricordo che nel
nostro civilissimo e democratico paese, occidentale e del primo mondo,
ancora non abbiamo una legge per il reato di tortura; che non e' ancora
stata costituita una commissione d'inchiesta parlamentare per i fatti di
Genova e Napoli del 2001; che, nel frattempo, con i processi in corso (Diaz)
o ancora da iniziare (Bolzaneto), i maggiori responsabili delle violenze e
torture inflitte ai manifestanti a Genova alla scuola Diaz ed a Bolzaneto
sono stati tutti promossi, a garanzia dell'impunita' che copre i potenti. E
questo non aiuta certo la legalita' gia' ai minimi storici nel nostro paese.
Ricordo che anche a Genova le armi hanno sparato ed hanno ucciso un ragazzo
di nome Carlo, di 23 anni. Non ci sara' nessun processo, la pratica e' stata
archiviata.

* * *