Margalit: "La destra israeliana sta realizzando il programma della sinistra"
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- From: Gennaro Carotenuto <gc at gennarocarotenuto.it>
- Date: Thu, 18 Aug 2005 13:38:48 +0200
Margalit: "La destra israeliana sta realizzando il programma della sinistra" Meir
Margalit è uno degli intellettuali israeliani più interessanti se si
vuole intendere la realtà del medio oriente dal punto di vista
pacifista. Nato in Argentina, vive in Israele dalla fine degli anni
’60. È un paladino –uno dei pochi che restano- della convivenza
possibile tra israeliani e i palestinesi. Per quella sua abitudine a
vestirsi da muratore ed andare a ricostruire insieme ai palestinesi le
case che Tsahal, l’esercito israeliano, distrugge, è stato di recente
definito dal quotidiano catalano La Vanguardia come “il Nelson Mandela
israeliano”. Lo troviamo occupatissimo ma disponibile come sempre nel
suo ufficio di Gerusalemme.
Intervista di
Gennaro Carotenuto
I non israeliani
guardano alla ritirata da Gaza con un misto di sorpresa e scetticismo,
come se mancassero elementi di comprensione per valutare pienamente un
evento che sta a metà tra l’essere fondativo di una nuova stagione
della vita dello stato ebraico e l’apparire come una trappola per
approfondire, da una posizione di maggior forza, la politica coloniale.
“Non
c’è dubbio che il ritiro dalla striscia di Gaza sia un evento
sommamente importante nella storia d’Israele. Ma la grande domanda è
cosa succederà il giorno dopo la fine dell’evacuazione”. La
sensazione è che si possa trattare di un ripiegamento tattico. “Non
è possibile prevedere quale sarà il cammino futuro che sarà adottato
dal governo d’Israele. Se Ariel Sharon continuasse con il processo di
ritiro potremmo essere di fronte alla fine di più di 100 anni di
conflitto. Se invece deciderà di congelare il processo, oppure
addirittura rafforzare le colonie in Cisgiordania, allora scoppierà una
terza Intifada che sarà ancora più sanguinosa delle precedenti”. I
segnali giunti finora non inducono all’ottimismo e il quadro politico
israeliano, anche per il protagonismo dei fondamentalisti religiosi che
si identificano con la difesa delle colonie, gira da tempo a destra e
oggi Sharon non è favorito nelle probabili prossime elezioni proprio a
causa del ritiro. “Da una parte ci sono le dichiarazioni dello
stesso Sharon e dei suoi collaboratori (come il famoso rapporto di
Dov Waisglas al quotidiano Haaretz, ndr) nel
quale lui stesso afferma che con Gaza finiscono i ritiri e che adesso è
il momento di rafforzare le colonie in Cisgiordania. D’altra parte però
il ritiro mette in marcia una dinamica che a volte può essere più forte
dei propositi politici. E io credo che a partire da Gaza possa darsi
una dinamica che ci porti a restituire più territori e rafforzi il
processo attuale. Questo lo sappiamo noi storici ed i sociologi, ma
dimostrano di saperlo perfettamente gli stessi coloni che stanno già
combattendo oggi la battaglia di domani mentre invece altre componenti
della società israeliana continuano a combattere oggi battaglie di
ieri”.
Stai dicendo che
con il ritiro di Gaza stiamo già assistendo in sedicesimo al conflitto
che verrà in caso di ulteriori restituzioni? Per gli ultrareligiosi il
cuore dell’identità ebraica non sta a Gaza ma in Giudea e
Samaria, che è come in Israele si denomina la Cisgiordania. “La
battaglia in corso oggi non ha come obbiettivo l’annullare il ritiro da
Gaza ma evitare che in futuro Sharon o qualunque altro governo pensi di
evacuare
C’è la sensazione
che il movimento pacifista sia isolato dalla dinamica reale degli
eventi. “Per
il movimento pacifista Gaza impone un ripensamento. In primo luogo ci
stiamo domandando se la vecchia idea di smantellare tutti gli
insediamenti continui ad essere praticabile. La mia impressione è che
nessun politico di questa generazione sarà capace di smantellare le
colonie in Cisgiordania. Se ho ragione l’idea dei due stati per due
popoli (quella sulla quale sono incagliati da decenni tanto i
progressisti israeliani come quelli del resto del mondo, ndr) diviene
irrealizzabile ed allora bisogna cominciare a parlare seriamente del
progetto alternativo di uno stato binazionale. In secondo luogo, anche
se capisco che sembri del tutto contorto, molta gente di sinistra sta
valutando l’ipotesi se non valga la pena, nell’immediato, di votare per
la destra”. Ci sono innumerevoli dimostrazioni nella storia che
vanno in questo senso, molte paci ritenute impossibili sono state
firmate da quelli che fino al giorno prima erano feroci bellicisti
mentre è sotto gli occhi di tutti che nel mondo molte delle peggiori
‘riforme’ liberali sono compiute da governi almeno nominalmente di
sinistra. Tutto sta al potersi coprire l’ala scoperta ed a volte alla
destra riescono possibili cose di sinistra che la sinistra non può
realizzare a causa dell’invalicabile opposizione delle destre e
viceversa. “Nel nostro caso specifico gli unici leader che hanno
restituito territori sono quelli di destra, Begin, Sharon, perfino Bibi
(Netanyahu, ndr)
ha restituito parte di Hebron. Se il laburismo oggi non ha figure di
livello e solo la destra può avere la forza per restituire territori, a
molti di noi sta passando per la testa di appoggiare Sharon nelle
prossime elezioni”. Dunque, la
restituzione dei territori come
unico punto nella lista per arrivare alla pace e il conflitto con i
palestinesi come unica discriminante che fagocita ed annulla ogni altra
forma di conflitto sociale. Gli anni di Sharon e di Netanyahu come
ministro delle Finanze sono anche stati anni di feroce neoliberismo che
fanno sì che oggi un bambino israeliano su quattro sia povero. Dello
stato sociale israeliano sembrano oramai beneficiare quali solamente i
coloni, e il 97% di questi continueranno a beneficiarne visto che il
numero dei coloni di Gaza non supera il 3% del totale ed il ritiro
appare anche un’immensa operazione mediatica. Eppure il partito
laburista –come molti altri centro-sinistra riformati al mondo- non
sembra più offrire nessuna speranza su questo piano rispetto alle
destre. Il tuo punto di vista –Margalit è stato per molti anni
consigliere comunale a Gerusalemme per il partito Meretz, la più
importante formazione alla sinistra dei laburisti- esprime un paradosso
preoccupante. “E’ che stiamo vivendo un processo paradossale. Da
una parte la sinistra sta vivendo uno dei peggiori momenti della sua
storia. Non ci ascoltano, non ci vedono, è come se fossimo evaporati.
Ma dall’altro lato la destra israeliana sta implementando il programma
politico che la sinistra si propone di realizzare da più di 30 anni.
Noi vogliamo ritirarci dai territori ed è quella destra che sempre vi
si è opposta che de facto sta realizzando il nostro programma politico.
Così che non siamo mai stati peggio ma allo stesso tempo non siamo mai
stati meglio. In questi giorni la nostra gente sta vivendo una grande
soddisfazione e non è disposta a criticare Sharon, a prescindere dal
fatto che le sue dichiarazioni non inducano all’ottimismo rispetto allo
sgombero della Cisgiordania”. http://www.gennarocarotenuto.it E' possibile riprodurre liberamente questo articolo, citando autore e sito internet e possibilmente mandando un mail. |
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