La nonviolenza e' in cammino. 803



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 803 dell'8 gennaio 2005

Sommario di questo numero:
1. Jan Oberg, Gudrun Schyman, Christina Spaennar: L'anno nuovo nel segno
dello tsunami
2. David H. Albert: Un appello da Krishnammal
3. Enrico Peyretti: Molti Schindler: dunque si poteva resistere al nazismo
(parte prima)
4. Il "Cos in rete" di gennaio
5. Da tradurre: Maria da Graca Azenha, Constructivismo. De Piaget a Emilia
Ferreiro
6. Da tradurre: Maria da Graca Azenha, Imagens e letras
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. JAN OBERG, GUDRUN SCHYMAN, CHRISTINA SPAENNAR: L'ANNO NUOVO
NEL SEGNO DELLO TSUNAMI
[Ringraziamo Renato Solmi (per contatti: rsolmi at tin.it) per averci messo a
disposizione la sua traduzione di questo testo del 30 dicembre 2004 estratto
dal notiziario della Transnational Foundation for Peace and Future Research
(in sigla: TFF; sito: www.transnational.org) che ne detiene i diritti di
copia.
Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha
introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del
pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di
generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che
attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte
della propria strumentazione intellettuale.
Jan Oberg (per contatti: oberg at transnational.org), danese, nato nel 1951,
illustre cattedratico universitario, e' uno dei piu' importanti
peace-researcher a livello internazionale e una figura di riflerimento della
nonviolenza in cammino. Tra le sue molte opere: Myth About Our Security, To
Develop Security and Secure Development, Winning Peace, e il recente
Predictable Fiasco. The Conflict with Iraq and Denmark as an Occupying
Power.
Gudrun Schyman fa parte del comitato direttivo della Transnational
Foundation for Peace and Future Research.
Christina Spaennar e' cofondatrice della Transnational Foundation for Peace
and Future Research]

Che la nostra madre Natura sia in collera?
Se e' cosi', ha le sue buone ragioni. Le proporzioni inconcepibili della
tragedia umana in Asia ci offrono l'occasione piu' seria da decenni a questa
parte per riflettere profondamente e pietosamente sul nostro modo di agire,
su quello che facciamo e sulle priorita' che stabiliamo sulla nostra Terra
comune.
Se, invece della sicurezza militare, il nostro paradigma principale fosse
stato la sicurezza umana, e' probabile che non avremmo assistito a nulla di
simile a questo grado di morte e di distruzione.
Se i governi avessero potuto disporre di un'analisi ragionevolmente
obiettiva di cio' che minaccia non solo i loro propri paesi, ma il genere
umano e la Terra intera, e si fossero preparati in vista di questo pericolo,
l'opera di soccorso sarebbe stata predisposta assai meglio.
Se la politica e l'economia si occupassero degli esseri umani e del loro
benessere, e non del potere e del profitto, una maggiore quantita' di
persone sarebbero ancora vive oggi.
E se il mondo operasse meno sulla base del pensiero dominato dai maschi, e'
probabile che ci sarebbe stata una comprensione piu' chiara della
insostenibilita' della cosiddetta "razionalita' del sistema" e che si
sarebbe posto, invece, maggiormente l'accento sulla razionalita' umana in
quanto tale.
Madre Natura ha tutte le ragioni di essere in collera, perche' stiamo
facendo le cose sbagliate sia nei suoi confronti che nei nostri rapporti
reciproci (o, per dirla altrimenti, facciamo del male a lei e ci facciamo
del male fra noi).
Che lo tsunami sia un segno di cio' che sta per arrivare, un avvertimento
precoce a tutti noi che dobbiamo cambiare strada e maniere, e smettere, una
buona volta, di essere cosi' miopi e cosi' ottusi? Un segno, dato giusto
alla fine del vecchio anno, che, se vogliamo sopravvivere, dobbiamo cambiare
le nostre priorita' e le nostre politiche, e renderle compatibili con la
Terra, con la stabilita', con la permanenza, e non con la volatilita'
dell'effimero?
*
La sicurezza umana come alternativa alla sicurezza militare
Le potenze grandi e opulente sono pronte a combattere qualsiasi guerra,
comprese quelle nucleari, con pochi minuti di preavviso. Ma non c'e' stato
nessun preavviso per la povera gente dell'Asia, nessun pensiero per la loro
sicurezza umana.
Sentiamo parlare di interventi umanitari e del "bisogno" di soldati che ci
aiutino o aiutino altri ad uscire da catastrofi umanitarie. Ma la maggior
parte dei governi non sembrano avere la minima idea del modo in cui
fronteggiare qualcosa di simile a questo tsunami ne', tanto meno, di venire
a capo delle sue conseguenze.
Mentre il mondo, e gli Stati Uniti in particolare, spendono somme
fantastiche per "combattere il terrorismo" - che non e' mai stato un grande
problema in termini di perdite umane -, e non fanno che produrre, cosi'
facendo, una quantita' maggiore di terrorismo, non rivolgono alcuna seria
attenzione al problema della poverta' e a quello della sicurezza ambientale.
Spendono risorse scarse (e cioe' preziose) per gli armamenti e riducono i
bilanci del welfare nazionale solo per favorire o per compiacere i complessi
militar-industriali e senza curarsi minimamente dei bisogni umani che si
manifestano altrove (e cioe' in altri campi della vita sociale o in altri
paesi).
Non c'e' nulla di simile alla "sicurezza umana" di cui abbiamo parlato in
nessun luogo sulla terra. E perche'? A causa del nostro paradigma di
sicurezza militare che reca l'impronta del dominio maschile. A causa delle
nostre priorita' totalmente sbagliate. A causa dei nostri cicli elettorali
disperatamente quadriennali che rendono impossibile ogni tentativo di
pensare in grande e a lungo termine intorno al futuro della Terra. Perche'
non ci sono diritti umani di cui si tenga il minimo conto per i poveri ne'
per coloro che non sono ancora nati.
*
Compassione e disposizione ad aiutare
Per fortuna, la compassione umana ha mostrato ancora una volta di essere
illimitata.
In tutto il mondo persone di buon cuore aiutano le organizzazioni umanitarie
a raccogliere denaro e a donare articoli di ogni genere per le vittime, e
manifestano la loro volonta' che i rispettivi paesi accolgano di buon grado
presso di se' questo tipo di vittime. E si servono di internet e della posta
elettronica per suscitare e promuovere questa consapevolezza. Le persone si
aiutano reciprocamente in tutti i modi possibili nelle regioni devastate
dallo tsunami.
Tutto cio' e' profondamente commovente. Non c'e' dubbio che la compassione
umana, la capacita' di immedesimazione e l'amore siano tra le forze piu'
potenti che operano sulla Terra - sempre che si permetta loro di fluire
liberamente. E questa condizione, di regola, non e', purtroppo, presente.
*
Uno tsunami al giorno - e pochi se ne preoccupano
Ma aspettate un momento.
La compassione fluisce liberamente solo quando e' diretta ad una sofferenza
che non e' prodotta da cause politiche. Se essa ha a che fare con l'economia
o con la politica, cio' non si verifica piu'.
Circa il 50 per cento delle persone che vivono sulla Terra - circa tre
miliardi - vivono ancora con meno di due dollari al giorno (mentre 300.000
americani muoiono ogni anno perche' mangiano troppo o perche' mangiano cibo
di cattiva qualita'). A livello mondiale, fra 60.000 e 100.000 persone
muoiono ogni giorno a causa della poverta', di malattie potenzialmente
curabili, di Aids, di mancanza di cibo o di acqua pulita, di riparo o di
abiti, di medicine o di educazione.
Nel momento in cui scriviamo, questa cifra e' quasi pari a quella dei morti
vittime dello tsunami (120.000!).
Le persone innocenti che muoiono in occasione di catastrofi naturali toccano
i nostri cuori. Quelle che muoiono, ugualmente innocenti, a causa del
capitalismo globale, dei giochi di potere, delle guerre e dell'iperconsumo
(o dello spreco) militare, non toccano i nostri cuori.
Perche'? Probabilmente perche' sappiamo, nel profondo del nostro essere, che
muoiono per colpa nostra, a causa dei privilegiati, dei ricchi, della loro
avidita', della loro autoprotezione mentale e dei loro svaghi.
Essi muoiono perche' debbono morire - altrimenti tutti gli altri, tutto il
resto di noi, non potrebbero nuotare nel denaro, nel materialismo e nel
militarismo.
Per consolarci, abbiamo inventato il concetto di sviluppo sostenibile. Ma
naturalmente sappiamo bene che tutta la faccenda e' totalmente insostenibile
anche a breve scadenza. E temiamo forte che le cose non cambieranno in
virtu' di un'azione volontaria, ma solo in seguito a un crescente collasso
globale di tutto il sistema.
Ogni idea di ridurre il consumo dei ricchi e' respinta con l'obiezione che
allora (e cioe' in questo caso) il sistema crollerebbe. Abbiamo bisogno di
consumare sempre di piu' e di una disuguaglianza sempre crescente - per
poter sopravvivere. Ma la gente muore proprio a causa della sopravvivenza di
questo sistema intrinsecamente inumano.
Uno dei maggiori enigmi del nostro tempo e' che la gente non si sia ancora
ribellata su scala mondiale contro questa teoria autodistruttiva,
irrazionale e immorale.
*
Anche le guerre non toccano i nostri cuori allo stesso modo
Non molto tempo fa, la rivista inglese piu' rispettabile, "The Lancet", ha
pubblicato uno studio che dimostrava che circa 100.000 iracheni sono morti
dall'invasione e dall'occupazione del paese. Prima di allora, le
organizzazioni delle Nazioni Unite avevano calcolato che le sanzioni contro
il popolo iracheno - la meta' del quale e' composto da fanciulli e fanciulle
al di sotto dei 16 anni - sono costate le vite di una somma da 500.000 a un
milione di cittadini di questo paese.
Tutto cio' non ha attirato neppure la meta' dell'attenzione rivolta ora agli
effetti dello tsunami. Non e' sconcertante pensare che prestiamo
un'attenzione molto minore ai disastri combinati dall'uomo e manifestiamo
una compassione molto minore per i loro effetti - quando invece, in realta',
essi dovrebbero suscitare una quantita' maggiore sia dell'una che dell'altra
dal momento che sono quelli che potremmo prendere misure per evitare o per
alterare essendo noi stessi che li causiamo?
Il sistema bellico, inoltre, distrae somme inimmaginabili dall'aiuto che
dovremmo portare ai dannati della terra; i governi di tutto il mondo
spendono attualmente una somma molto vicina a mille miliardi di dollari
all'anno per la produzione di armamenti. La guerra in Iraq costa, ai soli
Stati Uniti, un miliardo di dollari la settimana. Un sistema di allarme
contro gli tsunami, come quello messo in opera dal Giappone, e' detto
costare, a quanto sembra, circa 20 milioni di dollari.
Virgil Hawkins, nella sua tesi di dottorato recensita in altro luogo di
questo sito, ci dice quanto segue a proposito delle guerre recenti.
L'89% dei morti in guerra negli anni '90 sono stati registrati in Africa, il
5% in Europa, il 4% in Asia, l'1% nel Medio Oriente e l'1% nelle Americhe.
Piu' di cinque milioni di persone sono morte nelle guerre combattute in
Africa, di cui un milione e trecentomila nella Repubblica Democratica del
Congo e un milione e centomila nel Sudan soltanto.
Dice Hawkins: "Conflitti costantemente presentati nei media come fatti di
grande importanza, come quello che ha avuto luogo nel Kossovo (da 8 a 9.000
decessi, 2.000 dei quali hanno avuto luogo prima che avessero inizio i
bombardamenti della Nato), fra Israele e Palestina (2.710 decessi), a Timor
Est (1.000 decessi), l'Irlanda settentrionale (meno di 400), sono stati di
fatto, relativamente parlando, molto piu' esigui nei loro effetti".
Chi si e' preoccupato realmente delle vere, grandi perdite di vite umane che
hanno avuto luogo in questo periodo? I media e gli uomini politici del mondo
occidentale, quanto meno, non lo hanno fatto.
*
Denaro e follia
I notiziari riportano che i maggiori esperti di meteorologia della Tailandia
erano in riunione il mattino dello tsunami. Essi non diffusero un allarme
sull'arrivo imminente dello tsunami perche' - se avessero sbagliato -
temevano che il governo li avrebbe licenziati e avrebbe chiuso il loro
istituto. Perche'? Perche' il turismo e' la fonte di reddito piu' importante
per la Tailandia.
Uno puo' scegliere di biasimarli, oppure puo' dire: "Cosi' grande e' il
potere del denaro!". Questa era l'immagine implicita della dirigenza
tailandese, che ha speso somme ingenti nella "lotta contro i musulmani"
nella parte meridionale del paese e per ucciderli in nome della guerra
contro il terrorismo. Essa ignorava completamente la questione della
sicurezza umana come pure di quella ambientale. Nello stesso modo si sono
comportati i governi dell'Indonesia e dello Sri Lanka, che hanno dilapidato
anch'essi cosi' a lungo le loro risorse in diverse guerre, grandemente
aiutati, in questo, dai trafficanti di armamenti di tutto il mondo.
Quale vita migliore sarebbe stata quella che la povera gente di questi
paesi - ora colpiti, per giunta, da questa catastrofe - avrebbe potuto
condurre se i loro governi avessero operato sulla base di valori piu' umani
e meno mascolino-militaristici.
*
Speranze, nonostante tutto
Lo tsunami e' una tragedia umana che supera i confini della nostra
comprensione. Ma e' anche un segnale d'allarme e un monito urgente per noi
tutti. L'una accanto all'altra, e dandosi per cosi' dire la mano, la
sicurezza umana e la sicurezza ambientale devono prendere ora il posto della
sicurezza militare. Abbiamo bisogno di un set completamente diverso di
priorita' e di un'etica globale della premura nei confronti degli esseri
umani, per non dire, anzi, che e' di questo che dovrebbe occuparsi, in primo
luogo, la cosiddetta globalizzazione.
Il nuovo anno sara' difficilmente un anno felice per il mondo. Se non usiamo
costruttivamente la tragedia dello tsunami per comprendere e rispettare
linterrelazione reciproca di tutte le cose - e per capire quanto sia tarda
l'ora che si e' fatta sulla Terra, i prossimi anni potrebbero benissimo dar
luogo  a un'oscurita' sempre crescente.
Ma non dobbiamo, d'altra parte, abdicare alla speranza che ci sia una
quantita' sufficiente di saggezza e di coraggio accumulati tutt'intorno ad
uso e consumo dell'umanita' perche' sia ancora possibile, per quest'ultima,
addivenire alla pace con la propria madre, la Natura, e, al proprio interno,
fra le varie parti e componenti di essa.

2. TESTIMONIANZE. DAVID H. ALBERT: UN APPELLO DA KRISHNAMMAL
[Ringraziamo Daniela Righi e Stefano Longagnani (per contatti:
righidaniela at yahoo.it) per averci messo a disposizione la loro traduzione di
questa lettera del 3 gennaio di David Albert, amico e collaboratore di
Krishnammal e del Lafti. Krishnammal Jagannathan (per contatti: Krishnammal
Jagannathan, Lafti, Vinoba Ashram, Kuthur - 611 105 Nagapattinam District,
Tamilnadu, India), segretaria generale del Lafti, e' insieme a suo marito
Jagannathan una delle piu' grandi figure della nonviolenza nel mondo; su
Krishnammal e Jagannathan cfr. il libro di Laura Coppo, Terra gamberi
contadini ed eroi, Emi, Bologna 2002. Amma e Appa sono i nomignoli
confidenziali con cui Krishnammal e Jagannathan sono universalmente
conosciuti]

Cari amici,
sto scrivendo questa lettera per conto di Krishnammal Jagannathan per
descrivere la nostra visita di oggi a Nagapattinam. Per quelli che non mi
conoscono io sono David Albert, amico del Lafti da quasi trent'anni, e
curatore della traduzione inglese del libro di Laura Coppo, The Color of
Freedom [edizione originale italiana: Terra gamberi contadini ed eroi, Emi,
Bologna 2002], che descrive la vita e il lavoro di Krishnammal e
Jagannathan. Questo e' quello cui ho assistito oggi.
*
"Come sta Appa? E' ancora vivo? Sta venendo qui?".
Siamo al centro della distruzione dello tzunami - la piccola cittadina
marittima di Nagapattinam, 12 km dall'ufficio di Amma. I morti sono stati
migliaia - l'ultima stima e' di oltre 4.000, ma onestamente davvero nessuno
lo sa - e i sopravvissuti chiedono di Jagannathan.
Sanno che cinque anni addietro Jagannathan ha digiunato per 58 giorni
proprio a lato del mercato del pesce. L'inquinamento causato dagli
allevamenti di gamberi, e la distruzione della foresta di mangrovie, ha
decimato le aree di riproduzione del pesce, diminuendo cosi' il pescato di
circa l'80%. La locale comunita' di pescatori stava soffrendo grandemente,
ma nessuno dei partiti politici era interessato a porgere attenzione alla
loro precaria situazione. Ora, con migliaia di morti o feriti, con le case,
l'accesso al cibo, e la loro fonte di impiego spazzate via, chiedono di Appa
a Krishnammal. Tutti quanti sembrano conoscere questa anziana signora che
cammina con loro per la strada.
E' quasi impossibile descrivere l'impressionante concatenazione di immagini
e odori che si incontrano sul lungomare. Navi scaraventate oltre la cima
delle case e fracassate addosso ad altre case distanti tre isolati dalla
riva del mare. Il porto stesso e' un gigantesco intrico di imbarcazioni
distrutte, rottami e attrezzature da pesca. Delle capre saltellano su quelle
che erano case. Intere vie sono intrichi di cavi elettrici, mobilio, vestiti
nufragati e pacchetti d'acqua gettati. L'odore e' un misto di pesce marcio e
corpi in decomposizione. Da una parte i pescatori stanno discutendo con la
gente che dirige i mezzi di escavazione - sembra ci siano corpi sepolti
sotto diverse tonnellate di rete da pesca, e mentre alcuni sperano di
recuperare i corpi altri credono ci sia una possibilita' di salvare le reti
(francamente non capisco come) e non vogliono vedere scomparire l'ultima
traccia della loro vita quotidiana.
Krishnammal ci porta presso la casa del capo della comunita' di pescatori.
La sua casa domina il mercato del pesce, dove c'erano 20.000 persone quando
lo tzunami ha colpito. Questa casa si era riempita con oltre tre metri di
acqua, ed ogni cosa e' andata distrutta. Noi saliamo sul suo tetto ed
immediatamente riconosce Aliyah (mia figlia) e me - ci siamo incontrati gia'
due volte in precedenza, e Laura Coppo lo ha intervistato per The Color of
Freedom. E' tra la rabbia e il dolore, ma sa che e' l'unico rappresentante
della sua comunita', ed e' preparato ad incontrare quanti sopraggiungono,
malgrado l'intrico di organizzazioni umanitarie sia quasi grande quanto
quello delle reti da pesca. E' un uomo di grande dignita' e fermo contegno.
Abbraccia Krishnammal.
*
Ci sono qui tutti i tipi di organizzazioni umanitarie, ma sono estremamente
disorganizzate.
Un gruppo ha deciso di cremare dei corpi nel bel mezzo dell'abitato, senza
verificare il pericolo di eventuali incendi. Piu' di quaranta abitazioni
sono bruciate completamente e i resti rimangono tra le case dalle quali la
gente sta spalando il fango. In un angolo l'organizzazione World Vision (che
sta facendo un buon lavoro) sta distribuendo gettoni per l'acqua, il riso e
i vestiti, ma la gente si lamenta che anche se si recano dove queste cose
sono distribuite non hanno dove metterle e non hanno utensili per cucinare.
In altri luoghi dove dei gruppi hanno apprestato dei centri di accoglienza
non c'e' coordinamento con chi si occupa di cibo e cure mediche. Le
ambulanze sono dovunque, arrivano da tutta l'India, e portano le insegne di
numerose organizzazioni missionarie o di governi stranieri. I centri medici
si stanno concentrando proprio ora sulle vaccinazioni antitetaniche - molti
sono rimasti feriti dalla grande onda - e gli antibiotici sono dispensati
gratis a chi e' rimasto ferito.
Sono passati otto giorni dallo tzunami e centinaia di persone girovagano
stordite. Incontro un losco personaggio che puo' al meglio essere descritto
come "cacciatore di orfani", rappresentante di un certo genere di
organizzazioni cristiane - egli e' chiaramente stato pagato per prendersi
cura degli orfani, ma non ne ha abbastanza. Questa e' una comunita' molto
unita. Ogni bambino che perde il padre e la madre viene immediatamente preso
in carico da un parente, e l'ultima cosa che questa comunita' vuole e'
perdere dei bambini.
*
Il District Collector (una specie di governatore locale) sta tenendo una
riunione per cercare di districare il disordine degli aiuti, ma mia madre
[affettuosa definizione per Krishnammal] non sente il bisogno di andarci.
Comunica con lui direttamente, ed e' chiaro che sta pianificando cosa fare.
Domani mandera' dei gruppi di volontari Sarvodaya a ripulire le scuole
locali, alcune delle quali sono state colpite dall'onda e altre utilizzate
immediatamente dopo il disastro come punti di raccolta per i rifugiati.
Vuole che le scuole riaprano - le strade e le traverse del villaggio sono un
posto davvero insicuro per dei bambini mentre i lavori di sgombero
procedono; gli insegnanti non hanno lavoro e c'e' una gran necessita' di
creare per i bambini almeno la sembianze di una vita normale. E inoltre si
da' loro modo di avere un posto per poter parlare delle loro disgrazie e
delle loro perdite. Penso che sia dove Aliyah ed io saremo chiamati domani.
Il Lafti ha dato da mangiare a piu' di 74.000 persone. Amma pero' dice: "La
gente non puo' vivere solo con il riso". Ha acquistato quindi una macchina
per la macina di peperoni, pepe ed altre spezie e sta facendo farina per il
"sambar" (il sambar e' una sorta di minestrone speziato del Sud dell'India).
"La gente non avra' soldi per comprare il sambar" dice, "e per ritornare a
vivere devono mangiare qualcosa al quale sono abituati."
*
Krishnammal mi chiede di rivolgermi a voi, cari amici, perche' non vi
dimentichiate di noi alla fine di gennaio, quando molte delle organizzazioni
umanitarie probabilmente saranno sparite. La situazione sanitaria
probabilmente peggiorera'; ci sara' ancora bisogno di costruire case e ci
saranno ancora molte cose da fare riguardo la perdita di molti posti di
lavoro. Lei non andra' da nessuna parte - questa e' la sua terra e questa e'
la sua gente.
Tutti noi apprezziamo le vostre preghiere, i buoni pensieri, e i continui
contributi.
Sinceramente,
David H. Albert
(Potete seguire il nostro viaggio su shantinik.blogspot.com).

3. MATERIALI. ENRICO PEYRETTI: MOLTI SCHINDLER: DUNQUE SI POTEVA RESISTERE
AL NAZISMO (PARTE PRIMA)
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per averci
messo a  disposizione questo suo scritto fin qui inedito e piu' volte
aggiornato. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo
foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace
e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; e' disponibile nella rete telematica la
sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia
storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente
edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il
principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha
curato la traduzione italiana), e una recentissima edizione aggiornata e'
nei nn. 791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei
siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org. Una piu' ampia bibliografia dei
principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di
questo notiziario]

"Dove non c'e' alcun uomo, sii tu uomo" (Talmud, Berakhot, 63a)
1. Il messaggio di un film
Nella primavera del 1994 e' uscito con grande successo il film di Steven
Spielberg, Schindler's List, La lista di Schindler, premiato con sette
Oscar. La singolare figura di Oskar Schindler ci interessa qui come tipo di
una possibilita' di resistenza assai nonviolenta alla violenza nazista in
cui ogni tedesco si trovo' coinvolto. Prima di questo film, il personaggio e
la sua storia erano quasi totalmente ignorati. A Gerusalemme, nel Viale dei
Giusti, davanti allo Jad wa-Shem, Museo dell'Olocausto, c'e' un albero da
lui piantato e a lui dedicato, tra molti altri (uno all'italiano Giorgio
Perlasca). Ho percorso il Viale dei Giusti, nell'estate del '93, ma non
sapevo ancora nulla di Schindler (che pero' era citato nel libro di Elie
Wiesel, uno dei massimi testimoni ebrei della Shoah, Credere o non credere,
Giuntina, Firenze 1986, p. 162).
Viene facile la domanda: se questo fatto e' stato largamente ignorato fino
ad oggi, quanti altri simili ce ne saranno stati? E quanti resistenti
caddero in simili tentativi?
Il bene non fa il rumore del male. Inoltre, la conoscenza della resistenza
tedesca antinazista, sia violenta che nonviolenta, e' rimasta a lungo assai
scarsa. Fino ad anni recenti, quasi l'unico caso generalmente noto, insieme
all'attentato a Hitler del 20 luglio 1944, era quello della "Rosa Bianca",
un piccolo gruppo di studenti di Monaco che, nel 1942, diffusero volantini
di appello ai tedeschi e di denuncia della dittatura, e furono giustiziati
nell'ottobre 1943 (1).
Il significato della storia di Schindler e' semplice: se un tedesco come
lui, inizialmente nazista e profittatore, pote' salvare oltre mille ebrei,
allora la tragedia della Germania, largamente succube e complice di tali
delitti, e' piu' tremenda. Tanti altri tedeschi avrebbero potuto salvare
tanti altri ebrei, se soltanto avessero tirato fuori da se stessi un po' di
quel coraggio, nemmeno eroico, e di quell'astuzia che permisero a Schindler
di utilizzare gli interstizi esistenti nel sistema nazista per sottrarsi
all'obbedienza gregaria e vile, e rispondere all'appello dell'umanita',
riscattando cosi' la propria dignita' di uomini e donne. E tanti altri,
infatti, come vedremo, fecero come lui, perche' era possibile. Eppure questo
non fu un moto di popolo, non fu il comportamento della Germania, non fu
sufficiente a togliere base al potere criminale di Hitler.
Autori come Joachim Fest e Peter Hoffmann (2) e comportamenti come quelli
dei "molti Schindler", di cui vogliamo parlare, rivendicano e riscattano
l'onore del popolo tedesco e non permettono la sua totale identificazione
storica con Hitler e il nazismo. D'altra parte, si tratta di nobili
eccezioni a quella vasta "fuga dalla liberta'" (cosi' Erich Fromm chiamo'
l'adesione di massa al totalitarismo), senza la quale certamente non si
spiega il nazismo. L'eccezione conferma la regola. Ma anche dimostra che la
regola non e' assoluta.
Senza entrare nel calcolo minuzioso del piu' e del meno, a noi qui interessa
vedere che, anche in Germania, nel cuore del sistema, la resistenza al
nazismo, sia violenta che nonviolenta, era possibile e ci fu; che neppure il
nazismo era irresistibile; e che per combatterlo non c'era unicamente la
violenza, cioe' l'assimilazione al suo metodo e linguaggio. In particolare,
ci interessa qui la resistenza a quella forma speciale, anche se centrale,
della violenza nazista, che fu la persecuzione degli ebrei.
Un uomo, Oskar Schindler, ha potuto essere umano "dentro" un sistema
disumano. C'e' dunque qualcosa nell'uomo che puo' sfuggire al piu' potente e
violento sistema, ed essergli superiore. Schindler non ha atteso che il
mondo cambiasse radicalmente attorno a lui, ne' ha cercato di uscire da quel
sistema. Vi e' stato dentro senza perdere se stesso, senza che la sua anima
vi affogasse, senza appartenergli (in questo senso, fu uno "nel mondo ma non
del mondo", come Gesu' chiedeva ai suoi discepoli di essere). La progressiva
ripulsa di quella disumanita' dominante e feroce, apparentemente totale, gli
ha permesso di rintracciare, far emergere e crescere la propria umanita',
quella luce interiore "che illumina ogni uomo" (Giovanni 1, 9).
E' questa profonda risorsa umana l'elemento in cui possiamo aver fiducia e
su cui e' possibile far conto, persino nelle piu' brutte situazioni, se non
vogliamo rassegnarci a ridurre tutto a pura questione di forza, anche la
difesa dal male e l'affermazione del bene. Essere umani sempre e dovunque,
nonostante tutto, e' possibile.
Questo e' il messaggio incoraggiante della storia raccontata da Spielberg,
che deve aver raggiunto nostri spazi interiori assetati e tesi a
reincontrare questa verita'. L'ethos della convenienza oggi dominante preme
su di noi: non si deve far niente per niente; non si deve fare qualcosa che
costi troppo. Il calcolo costi-benefici, in termini stretti, decide del
valore di tutto. Invece, il mondo si regge sulla creativita', cioe' sul dare
piu' di quel che si riceve; sul sopravanzare il corrispettivo.
Sotto l'impero nazista, per la morale della convenienza, anche senza odio
razzista, salvare un ebreo costava troppo. Rischiare la propria vita, o
anche solo la propria posizione, per la vita di un altro, tanto piu' se
generalmente valutato come "inferiore", e' sempre e dovunque un costo molto
alto. Eppure, alcuni, non pochi, molti di piu' di quanti comunemente si
immagini, hanno potuto e saputo, addirittura sotto quel feroce impero
razzista, salvare molti ebrei.
*
Allora, sotto l'impero del calcolo nel quale viviamo noi oggi, si puo' non
essere calcolatori. Noi siamo ben inseriti nel mondo ricco e omicida, che
prospera sul dislivello stabilito con le ingiustizie del passato, ben
ribadite e moltiplicate oggi; che fa guerra economica e alimentare, oltre
che militare, al mondo impoverito. Ci rendiamo conto del sistema in cui e di
cui viviamo e non vorremmo esserne complici. Siamo chiamati ad essere
altrettanti Schindler, a saper vedere e inventare gli spazi, l'azione
controcorrente, il salvataggio di una, due, piu' vite possibile. Al calcolo
non risulta, ma e' vero che "chiunque salva una vita salva il mondo intero",
come dicono gli ebrei a Schindler alla fine del film, traendo questo
pensiero dalla loro antica sapienza, anche a nome dei tanti morti (3). La
verita' di questo paradosso, che cioe' una vita valga come il mondo, e che
il mondo, cioe' tutti, anche i tanti morti, siano salvati dall'azione di
Schindler, sta nell'unita' profonda di tutti e del tutto. L'azione che salva
una vita tiene aperta e attiva la salvezza generale, al di la' dei bilanci
immediati.
Probabilmente per questo il mondo ancora vive, pur sotto l'impero
dell'ingiustizia mondiale. Ma per quanto riguarda ciascuno, cio' si verifica
soltanto se salviamo una vita, e un'altra vita, e tutte quelle che
incontriamo nelle nostre possibilita', potenziate dal desiderio che tutti
siano e vivano.
Non e' dalla nicchia di un santo che Schindler ci parla, col dirci
semplicemente che il prezzo piu' alto, davvero da non pagare, e' la vendita
della coscienza umana, la negazione dell'umana pieta'. Egli ha l'astuzia e
la fortuna (che per lo piu' e' il buon uso del caso) di esercitare la sua
risvegliata umanita' conservando la propria precedente fisionomia di
convenienza personale e di adesione al sistema generale nazista. Da questa
posizione e' partito e la mantiene come guscio entro il quale trasforma la
sua persona e la sua azione. Non rinnega il nazismo a parole (avrebbe
perduto gli operai ebrei e se stesso), ma nei fatti. Gli concede le parole
per tradirlo con i fatti. Inganna l'inganno.
Fino alla fine vediamo Schindler col distintivo del partito nazista: gli
serviva al suo scopo; ne fa parte e ne e' fuori. Dunque, mai possiamo
ridurre un uomo al suo distintivo, al quadro in cui egli vive, perche' egli
potrebbe essere tutto diverso. Schindler usa il sistema stesso contro i fini
del sistema. Senza la guerra non avrebbe potuto far funzionare la sua
fabbica salva-ebrei. Se avesse rinnegato il nazismo, avrebbe testimoniato
probabilmente col sangue, ma avrebbe perso gli operai insieme a se stesso;
lo rinnega nei fatti. In tal modo l'Oskar Schindler del film e' il tipo di
buona parte degli altri che, come lui, agirono dall'interno contro il
sistema nazista.
Certo, Schindler ha denaro, e con quello riscatta gli ebrei. Ma la sua
storia non e' l'elogio del buon profitto, come qualcuno ha detto, bensi' del
buon fallimento. Tommaso Moro, nell'Utopia, nel capitolo sulla guerra, dice
che gli Utopiensi, mentre si vergognano molto di una vittoria sanguinosa,
"grandemente si gloriano di vincere i nemici con l'arte e con l'inganno". E,
prima, dice che essi disprezzano oro e argento, ma ne tengono in serbo una
grande quantita' "ben sapendo che con molto denaro si possono comprare anche
i nemici". Questo uso nobilita ai loro occhi il denaro. Schindler, con ogni
probabilita' non aveva mai letto Tommaso Moro, ma ha fatto questo e, dalla
iniziale passione per la ricchezza, e' passato a consumarla tutta nell'uso
migliore: riscattare vite umane. Ha realizzato quella parola: "Fatevi degli
amici con la ricchezza ingiusta" (Luca 16, 9).
Sicuramente non basta introdurre eccezioni in un sistema di violenza:
occorre fermarlo e smontarlo. Non e' sempre possibile. In tante tremende
situazioni si puo' solo ridurlo. Nel film di Spielberg (non nel romanzo
storico di Keneally, a cui si ispira), Schindler piange per non aver saputo
salvare altre vite di ebrei. E' una reazione che si riscontra anche in altre
figure simili, che vedremo, ed e' il prezzo di quella pseudo-collaborazione
che consentiva, mediante l'inserimento nel sistema, qualche spazio d'azione
ad esso contraria. Chi oppone all'ingiustizia la totale noncollaborazione
paga altri prezzi, e prova altri rimorsi. In quest'ultima scelta prevale
l'intenzione manifesta, la purezza, l'effetto a lungo termine, ma non c'e'
il salvataggio immediato almeno di alcuni. Nelle scelte come quella di
Schindler, prevale la responsabilita' prossima, l'effetto immediato,
l'efficacia limitata ma concreta. In tutti i casi, la resistenza al male e'
drammatica e costosa, mai facile, appagante, trionfale.
*
2.  Le testimonianze storiche
Il film di Spielberg e' molto piu' noto del romanzo dello scrittore
australiano Thomas Keneally, La lista di Schindler (4). Il libro e'
costruito come un romanzo, ma sulla solida base dei racconti di una
cinquantina di testimoni diretti. E' quindi una valida ricostruzione
dell'ambiente storico, politico, morale e delle vicende personali del
protagonista e di tanti altri personaggi reali.
Con molte piu' sfumature del film, naturalmente, il libro permette di
seguire tutte queste vicende e, in particolare, l'evoluzione psicologica,
morale, politica e operativa di Schindler, che qui ci interessa, dicevamo,
come tipo di una possibilita' di resistenza quasi completamente nonviolenta
alla violenza in cui e' immerso. Nel libro appaiono anche caratteristiche
sorprendenti del sistema nazista.
Dopo aver assistito dalla collina alla feroce razzia nel ghetto, Schindler -
dira' piu' tardi - giunge alla determinazione di "sconfiggere il sistema"
(p. 121). Non compie solo azioni umanitarie, ma precisamente politiche.
Prende contatti regolari con la Resistenza polacca e con l'organizzazione
sionista, alla quale fa precisi rapporti orali e scritti sulla situazione
che conosce, si presta come tramite dei suoi finanziamenti, arriva persino
ad introdurre nel lager due capi dell'organizzazione ebraica facendoli
passare per "colleghi industriali" e uno dei due riesce, con un piccolo
apparecchio, a fotografare immagini dei prigionieri per la documentazione
internazionale e storica (p. 207 e ss.). Schindler non solo, col lavoro dei
suoi ebrei, fabbrica armi che non funzionano (p. 327), quindi esercita un
vero e proprio sabotaggio all'industria di guerra nazista, ma addirittura si
procura armi (funzionanti, queste) e addestra gli ebrei ad usarle, per
l'eventualita' di una rivolta (p. 332). Inutile dire il totale rischio
personale e il coraggio di queste azioni.
Sotto le divise di SS ci sono spesso degli uomini che ritrovano
drammaticamente la loro umanita', anche se non trovano una via d'uscita dal
sistema che li usa. "Ogni ufficiale delle SS aveva degli amici che si erano
suicidati" (p. 161). Il maresciallo Oswald Bosko diserta (5) e passa ai
partigiani polacchi, viene catturato e giustiziato per tradimento; non aveva
i mezzi finanziari di Schindler per contrastare il sistema. Commenta
Keneally: "Proporzionalmente alla loro natura, l'avversione morale di
entrambi quei membri del partito, Bosko e Schindler, era di uguale portata"
(pp. 203-204).
Attraverso dettagli delle storie vere raccolte da Keneally si scoprono, nel
sistema nazista, anche certi inauditi spiragli, che dunque non
giustificavano completamente la paura e potevano anzi incoraggiare la
resistenza, almeno gesti di pieta' umana.
Un giovane SS, con le lacrime agli occhi, durante una selezione di adulti e
deportazione di bambini, aveva denunciato quello che stava accadendo,
impegnandosi a offrirsi volontario per il fronte orientale (che era il
castigo peggiore per i militari) (p. 247). Hans Schreiber, un SS di 25 anni,
e' rabbonito dalla reazione audace di Poldek Pfefferberg, ebreo prigioniero,
diventa gentile con lui e una sera, ubriaco, davanti a lui e ad altri
prigionieri si mette a piangere per "le cose orribili" che aveva fatto e
dice di volerle espiare sul fronte orientale, come in effetti fara' (p.
278).
Quando un gruppo di genitori e bambini viene scortato verso Auschwitz da un
sergente, viaggiando su un normale treno passeggeri (questo particolare,
pero', mi sorprende), una donna avanza nel corridoio e, guardando il
militare con aria di sfida, da' ai bambini un pezzo di pane e una mela. Il
sergente la lascia fare. Anzi, ad una stazione compra di tasca propria
biscotti e caffe' per i prigionieri, poi permette loro di scrivere qualche
lettera ai parenti offrendogli alcuni fogli della carta che usava per
scrivere alla propria moglie. Tutti i prigionieri, compresi i bambini,
sapevano di andare alle camere a gas. Il sergente capisce che parlano di
questo, compaiono delle lacrime nei suoi occhi. Il bambino Olek "guardo'
fisso l'uomo, quelle sue lacrime che sembravano cosi' fraterne, come fossero
di un compagno di prigionia. 'So che cosa succedera'', disse
l'Unterscharfuehrer [il sergente]. 'Abbiamo perso la guerra. Vi tatueranno e
sopravviverete'. Henry [il padre di Olek] ebbe l'impressione che l'uomo,
piu' che al bambino, facesse delle promesse a se stesso, che un giorno -
magari fra cinque anni, quando avesse rammentato quel viaggio in treno - gli
sarebbero servite per consolarsi" (p. 309-310).
Al momento di un altro trasferimento, questo in carro bestiame, una
sentinella delle SS, che doveva separare i bambini dagli adulti, permette al
padre di tenere con se' il figlio (p. 340).
Quando Schindler acquista dal parroco del villaggio di Deutsch-Bielau un
piccolo pezzo di terra accanto al cimitero cattolico per farne un cimitero
ebraico, e consente ai suoi prigionieri di celebrare i riti funebri ebraici,
fatto che infonde loro un'enorme forza morale, ingaggia un sergente SS di
mezza eta' per tenere in ordine il cimitero ebraico e gli versa per questo
un compenso (p. 342-343).
A quel bambino, nell'episodio riferito sopra, il sergente che lo accompagna
ad Auschwitz sembra un compagno di prigionia. La sera del 20 luglio 1944,
Schindler chiama Garde, uno dei suoi ebrei, e con lui brinda alla notizia
dell'attentato a Hitler, spera che sia riuscito, poi soffre la delusione, e
dice a Garde: "Dovremo aspettare ancora un po' per essere liberi". Cioe', si
sente prigioniero come lui, compagno di prigionia, come il bambino aveva
intuito nel sergente. All'ebreo Garde cio' non sembra strano (p. 253-255).
Se c'e' talora un volto umano, per lo piu' assente o invisibile, del
personale nazista, moltissimi sono peraltro i corrotti o corruttibili, in
alto e in basso, e sono il vero punto d'appoggio dell'azione di Schindler
per inceppare la macchina distruttiva. Egli ha agito, dapprima per se' e poi
per salvare gli ebrei, servendosi di questo "sistema corrotto e feroce" (p.
2). C'e' dunque una debolezza del potere, anche nei sistemi piu' duri:
l'assenza di scrupolo nell'uccidere toglie gli scrupoli (a maggior ragione,
direi) anche nel lasciarsi corrompere dal denaro; chi compie azioni infami
per obbedienza diventa comunque capace di bassezze. I delitti di palazzo
sono l'ultimo risultato del palazzo dei delitti. Ancora piu' facilmente,
puoi far conto sulla corruttibilita' di chi delinque.
All'inizio del suo libro, Keneally cerca di trovare il senso di questa
storia: "Questa e' la storia del trionfo del bene sul male, in termini
misurabili, statistici, inconfutabili", attestati dall'abbondante migliaio
di ebrei salvati da Schindler. E' facile descrivere "i prevedibili successi
che il male solitamente ottiene", piu' rischioso scrivere della virtu'. Ma -
osserviamo - quella di Schindler non e' semplicemente una storia di virtu',
dato che non era personalmente virtuoso e che "ha operato nell'ambito di una
certa ambiguita', o, perlomeno, servendosi di un sistema corrotto e feroce,
che ha riempito l'Europa di campi disumani" (cfr. pp. 1 e 2). In ogni modo,
fu la "strana virtu'" di Schindler che permise a millecento ebrei
prigionieri di respirare fino alla liberazione.
L'ambiguita' permane. La storia emblematica di Schindler, e quelle simili,
non sono sempre storie splendide, ma un misto di ombre e di luci. Quanto
basta, pero', per non darla vinta al buio del male. La nonviolenza non e'
una astratta purezza dal male, proprio perche' e' lotta al male tentando di
non ripetere il male.
Simone Weil indica l'estensione della tragedia della violenza: l'"impero
della forza" assoggetta ogni cosa e la tira irrimediabilmente verso il
basso, come la forza di gravita', e macchia anche le sue vittime. "Si
maneggi la forza o se ne sia feriti, in ogni modo il suo contatto pietrifica
e trasforma un uomo in cosa. Merita il nome di bene solo cio' che sfugge a
questo contatto. Ma Dio solo sfugge a questo contatto e anche, in parte,
quelli tra gli uomini che per amore hanno trasferito e nascosto in lui una
parte della loro anima" (6).
Forse il primo passo per sfuggire al contatto pietrificante col male e porre
in Dio la propria anima, anche senza atti ne' pensieri "religiosi", e'
l'identificazione con la vittima, la compassione umana, che lascia emergere
il nocciolo redento della nostra umanita' e annuncia la redenzione del
mondo. I credenti dicono che far questo e' fare cio' che Dio fa verso di
noi. Nei resistenti come Schindler non contano tanto le ambiguita', piu' o
meno grandi, il coraggio maggiore o minore, ma questa scelta di riconoscersi
nelle vittime. Il sergente SS sembra al bambino un compagno di prigionia;
Schindler si sente prigioniero come Garde. Qui sta la radice del rifiuto e
superamento della violenza che tutti degrada: non stare dalla sua parte, ma
di fronte ad essa, insieme ai colpiti, e non volere (o volere il meno
possibile) che ad essa si risponda con altra violenza, perche' essa non
conquisti e non contamini anche gli innocenti, perche' non vinca totalmente.
*
Note
1. Indico i due libri piu' accessibili: Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca,
Edizioni Paoline 1993 (e' la storia dettagliata di tutta la vicenda). Romano
Guardini, La Rosa Bianca, a cura di M. Nicoletti, appendice di P. Ghezzi,
Morcelliana, Brescia 1994 (si tratta di due conferenze commemorative tenute
dal grande teologo tedesco nel 1945 e 1958).
2. Joachim Fest, Obiettivo Hitler, Garzanti, Milano 1996. Peter Hoffmann,
Tedeschi contro il nazismo. La Resistenza in Germania, (1988), Introduzione
di Paolo Pombeni, Il Mulino, Bologna 1994.
3. Scopro personalmente con vivo interesse che questo detto si trova tanto
nella tradizione ebraica (Mishnah Sanedrin 4, 5) quanto ugualmente nel
Corano 5, 32, dove viene fatto risalire proprio alla sapienza religiosa
ebraica.
4. Thomas Keneally, La lista di Schindler, Frassinelli, Milano 1985
(originale del 1982).
5. Sulla diserzione di soldati dall'esercito nazista, vedi notizie e dati
nelle pagine 243-254 del mio contributo La nonviolenza cammina con l'uomo:
altre testimonianze da scoprire,  in AA. VV., Maestri e scolari di
nonviolenza, a cura di Claudio Tognoli, Milano, Franco Angeli, 2000, pp.
235-256.
6. Simone Weil, La Grecia e le intuizioni precristiane, Rusconi, Milano, pp.
152-154, riportato in G. Gaeta, Simone Weil, Edizioni Cultura della Pace,
Fiesole 1992, pp. 129-130; v. anche ivi p. 138.
(Parte prima - continua)

4. STRUMENTI. IL "COS IN RETE" DI GENNAIO
[Dall'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini (per contatti:
l.mencaroni at libero.it) riceviamo e diffondiamo]

Vi segnaliamo l'ultimo aggiornamento di gennaio 2005 del "C.O.S. in rete"
(www.cosinrete.it).
Nello spirito del C.O.S. di Capitini, le nostre e le vostre risposte e
osservazioni a quello che scrive la stampa sui temi capitiniani:
nonviolenza, difesa della pace, liberalsocialismo, partecipazione al potere
di tutti, controllo dal basso, religione aperta, educazione aperta,
antifascismo. Tra cui: Tsunami, La cacciata di don Lorenzo, Un altro
bilancio e' possibile, Cavie e nonviolenza, Le banche e i poveri,
L'assoluzione dell'euro, Miseria e verita', L'oscurantismo in pillole, Eva
contro la sinistra, Le radici della democrazia, La lettera di Cristoforo, Il
libro dei movimenti, Un reddito di base per tutti, La felicita' dei giusti,
Il bombardamento di Maastricht, Basta con il velo, Come cessera' la violenza
sulle donne, ecc.
Piu' scritti di e su Capitini utili secondo noi alla riflessione attuale
sugli stessi temi.
Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al C.O.S.
in rete e' libera e aperta a tutti mandando i contributi a
capitini at tiscali.it, come pure la discussione nel sito blog del C.O.S.:
http://cos.splinder.com
Ricordiamo che il sito con scritti di e su Aldo Capitini ha cambiato
indirizzo in www.aldocapitini.it

5. DA TRADURRE. MARIA DA GRACA AZENHA: CONSTRUCTIVISMO. DE PIAGET A EMILIA
FERREIRO
Maria da Graca Azenha, Constructivismo. De Piaget a Emilia Ferreiro, Editora
Atica, Sao Paulo 2003 (settima edizione), pp. 112. Un agile libro che
analizza il contributo del costruttivismo alla teoria e alla pratica
dell'apprendimento della lingua scritta.

6. DA TRADURRE. MARIA DA GRACA AZENHA: IMAGENS E LETRAS
Maria da Graca Azenha, Imagens e letras. Ferreiro e Luria. Duas teorias
psicogeneticas, Editora Atica, Sao Paulo 1997 (terza edizione), pp. 198. La
psicogenesi della lingua scritta nella riflessione di Emilia Ferreiro a
confronto con quella di Aleksandr Lurija. Alla prima parte del libro, di
presentazione teorica, fa riscontro la seconda parte, di verifica empirica.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it,
paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 803 dell'8 gennaio 2005

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).