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La nonviolenza e' in cammino. 798
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 798
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 3 Jan 2005 00:12:34 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 798 del 3 gennaio 2005 Sommario di questo numero: 1. Alberto L'Abate: Una lettera dall'India e un appello 2. Silvano Tartarini: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 3. Rocco Altieri: La scelta della poverta' volontaria per ripensare l'economia e gli stili di vita 4. Godelieve Mukasarasi: Dopo il genocidio 5. Letture: Arundhati Roy, L'impero e il vuoto 6. Letture: Kathryn Spink, Madre Teresa. Una vita straordinaria 7. Riletture: Rigoberta Menchu' Tam, Rigoberta, i maya e il mondo 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. TESTIMONIANZE. ALBERTO L'ABATE: UNA LETTERA DALL'INDIA E UN APPELLO [Ringraziamo Silvano Tartarini, infaticabile animatore dell'esperienza nonviolenta dei Berretti bianchi (per contatti: berrettibianchi at virgilio.it) per averci inviato questa lettera dall'India di Alberto L'Abate. Alberto L'Abate (per contatti: labate at unifi.it) e' nato a Brindisi nel 1931, docente universitario, amico di Aldo Capitini, e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nella Peace Research, nell'attivita' di addestramento alla nonviolenza, nelle attivita' della diplomazia non ufficiale per prevenire i conflitti; ha collaborato alle iniziative di Danilo Dolci e preso parte a numerose iniziative nonviolente; come ricercatore e programmatore socio-sanitario e' stato anche un esperto dell'Onu, del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della Sanita'; ha promosso e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a Pristina, ed e' impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la riconciliazione". E' portavoce dei "Berretti Bianchi". Tra le opere di Alberto L'Abate: segnaliamo almeno Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985; Consenso, conflitto e mutamento sociale, Angeli, Milano 1990; Prevenire la guerra nel Kossovo, La Meridiana, Molfetta 1997; Kossovo: una guerra annunciata, La Meridiana, Molfetta 1999; Giovani e pace, Pangea, Torino 2001] Cari amici, colleghi o parenti, scusate il mio lungo silenzio, ma la stanchezza del convegno di Firenze, di cui sono stato molto contento ma la cui organizzazione ed effettuazione mi ha portato via molta energia, l'impossibilita' di usare il mio computer per un collegamento internet (il sistema Alice che avevo prescelto mi impedisce di ricevere anche la mia posta normale del sistema informatico dell'Universita', l'unico indirizzo a cui ricevo posta e' alberlab at yahoo.it, ma quasi nessuno lo conosce perche' speravo di ricevere posta al mio indirizzo normale), la non sempre facile reperibilita' di un negozio internet (ce ne sono molti ma in questo momento, ad esempio, essendo in una casa di cure naturali, si preferisce che i clienti non escano fuori e ci vuole un permesso speciale della dottoressa) mi hanno impedito di scrivere se non per problemi urgenti pendenti. Ma ho saputo che vari di voi leggendo del maremoto che ha colpito una parte dell'India e sapendoci da queste parti si sono preoccupati ed hanno chiesto nostre notizie. Noi stiamo tutti bene, a parte piccoli problemi di salute legati al cambiamento di cibo e di clima, ed in questo momento io, Anna Luisa e Maria stiamo godendo delle ottime cure naturali in una bella clinica di Coimbatore - un comune del Tamilnadu vicino al confine dello stato del Kerala -, fondata dai genitori seguaci di Gandhi di un industriale che la considera un servizio pubblico e non pretende di guadagnarci, dove eravamo gia' stati due anni fa. * Le cure, oltre ad una visita medica iniziale ed una quotidiana nella quale si concordano le cure giornaliere da fare, sono varie: massaggi che qui chiamano svedesi ma che non sono molto diversi da quelli ayurvedici, massaggi con vibratore, impacchi di fango, ed a nostra richiesta sauna, getti di acqua fredda o calda, bagni al sole di fango o avvoltolati da foglie di banana (fanno sudare moltissimo e tolgono le tossine ed anche qualche chilo di grasso in eccesso), camminate nel bel giardino della clinica ma che faccio, devo confessare, non molto frequentemente, e per noi due, forse in onore del fatto che veniamo da lontano e non comprendiamo la lingua del posto in cui viene tenuta la lezione collettiva, anche lezioni particolari di Yoga, in camera nostra, adattate alle nostre particolari condizioni fisiche. Fanno parte della cura anche varie bevande benefiche (di cocco, di yoghourt, o altre) in vari momenti della giornata, ed il cibo che viene preparato anche ad hoc. A me, ad esempio, che per la mia malattia non posso mangiare ne' roba dolce (a causa del diabete derivante dalla cura di cortisone, del quale, per fortuna, sono nella fase di decremento), ne' cibo con sale, fanno una cucina speciale senza questi prodotti. Ed il tutto ad un prezzo del tutto irrisorio. Pensate che tutto compreso (per me e mia moglie, un bel cottage, con camera da letto, bagno ed ingressino dove ricevere gli amici, cibo e tutte le cure) il costo totale a persona al giorno e' di circa 10 euro (il cambio e' di 57 rupie per un euro). * C'e' quasi da vergognarsi di utilizzare questi servizi a prezzi per noi cosi' bassi. In una clinica naturale in Italia dove siamo soliti andare abbastanza spesso, e dove si ricevono cure dal punto di vista qualitativo decisamente migliori, ma nel complesso non molto diverse da quelle che riceviamo qui, il costo giornaliero a persona, tutto compreso, e' di circa 200 euro. E le cure che ho ricevuto in questo anno negli ospedali pubblici italiani, o nelle case di cura convenzionate, talvolta con cibo molto carente (a Careggi l'unico cibo che potevo mangiare era un pure' di patate quotidiano, qualche yoghourt, biscotti per bambini e te'), per una visita medica quotidiana (fatta pero' in equipe, ma sotto la direzione abbastanza ferrea del direttore del reparto), e qualche medicina - alcune costosissime che non mi sarei potuto mai permettere se avessi dovuto pagarle di tasca mia - il costo per il servizio sanitario nazionale e' sicuramente molto piu' alto, se ben ricordo all'incirca 500 euro al giorno, se non di piu', naturalmente in media. * Ma questo lo dico non per lamentarmi del nostro sistema sanitario che, nel complesso, mi ha salvato la vita. Confrontandomi con mio fratello americano (vive negli Usa da oltre 50 anni), che e' venuto recentemennte a visitarci a Firenze, ho fatto il calcolo che per le mie due operazioni chirurgiche, per il recupero fisioterapico dopo di queste, e per le cure dovute alla malattia insorta successivamente (la miastenia gravis), se le avessi fatte privatamente - come sarebbe sicuramente successo se avessi vissuto negli Usa - e non attraverso il nostro sistema pubblico, il costo totale da sopportare da parte mia, e nostra, sarebbe stato di oltre un miliardo di vecchie lire, circa 500.000 euro. Avrei potuto sopportarle solo deprivando i miei figli della possibilita' di avere una loro casa ed un loro futuro. Non sono affatto sicuro che avrei scelto di farlo. * Ma passiamo ora al secondo capitolo di questa lunga lettera: quello sul maremoto che ha colpito parte dell'India. Delle quattro persone che abbiamo viaggiato insieme dall'Italia, io, mia moglie, mia figlia Irene, e Maria, una amica di Pisa vicepresidente dell'Unicef di quella provincia e attiva anche nei Berretti Bianchi, una organizzazione molto impegnata nella Rete italiana dei Corpi civili di pace (che con la nostra Universita' ha organizzato il convegno di dicembre), i primi tre hanno passato quei giorni a Goa, facendo i bagni di mare e non avendo, del maremoto, che qualche onda piu' alta che costringeva ad essere attenti a non essere travolti ed a ritornare salvi a riva; la quarta, Maria, era invece proprio in un villaggio del Tamilnadu che e' stato il piu' colpito in assoluto di tutta l'India (basti dire che dei 6.202 morti dichiarati ad oggi nello stato del Tamilnadu, 4.379 vengono proprio dal distretto in cui e' collocato quel villaggio), ed ha vissuto percio' in modo estremamente diretto proprio quell'avvenimento. * Di noi tre, goani, c'e' poco da dire. Eravamo andati a Goa per passare il Natale con mia figlia Alessandra, che ha scelto l'India come sua seconda patria, e Goa come sede indiana per la vendita dei prodotti tessuti a mano dagli artigiani del Tamilnadu - in gran parte del Gandhigram, villaggio universitario con il quale la nostra Universita' di Firenze e' gemellata, ed in gran parte colorati con colori naturali sui quali in quel villaggio c'e' uno dei punti di ricerca piu' avanzati dell'India stessa. A Goa, nei mesi da novembre fino a marzo-aprile c'e' una grossa affluenza di turisti da tutto il mondo, ed Alessandra vuole assicurare, attraverso un mercato locale speciale per turisti, che si tiene tutti i sabato sera con la presenza di varie migliaia di persone, e con un punto di vendita di tali prodotti, un valido mercato a questi prodotti che sono molto apprezzati dai turisti (un giornale locale ha pubblicato un articolo sul suo lavoro intitolandolo "il fascino dei colori naturali"). Ma oltre a questo mercato Alessandra e' in collegamento con molti negozi del mercato equosolidale in Italia, ed anche all'estero, verso i quali sta anche cercando di commercializzare tali prodotti facendo anche un lavoro tecnico di assistenza per migliorare il prodotto (Alessandra e' essa stessa una tessitrice a mano e si occupa attualmente, come dice lei, di "tessere rapporti"). Ma lavora in particolare in collegamento con il Ram, una associazione italiana che oltre a distribuire tali prodotti si occupa anche di turismo responsabile, di cui lei guida alcuni viaggi nel Sud dell'India, in particolare nel Tamilnadu, portandoli a visitare l'India dei villaggi e dei progetti di sviluppo alternativo, alcuni dei quali sostenuti ed ideati da lei stessa e da alcuni suoi amici che ne condividono le ispirazioni. * Uno di questi progetti, un villaggio per bambini abbandonati o di strada, in parte gia' costruito ed in parte ancora in costruzione, si trova proprio vicino a Velankanni, del distretto di Nagapattinam, ed e' gestito da una associazione di giovani gandhiani, Sevalaya, di cui Alessandra e' attiva sostenitrice. Mentre noi eravamo con Alessandra a Goa la nostra amica Maria di Pisa era invece andata a trovare proprio gli amici di Sevalaya, ed a visitare il villaggio suddetto. * Mentre si trovava la' e' avvenuto il maremoto che ha distrutto completamente un ponte che univa le due parti di quella zona ed ucciso migliaia di persone. Le acque sono arrivate a non molti metri dal villaggio stesso. Maria e le famiglie degli operatori di Sevalaya si sono ritirate a maggiore distanza dal mare, mentre i suoi operatori si sono dati da fare per alleviare i danni di molte delle famiglie colpite. Nel prosieguo di questa lettera e' riportato l'appello di questa organizzazione per avere aiuti e svolgere questo lavoro. * Ma prima vorrei fare un breve commento su quanto accaduto, anche per le somiglianze con quanto puo' accadere per il fenomeno guerra. Quello che e' successo ha tutte le caratteristiche di quei disastri naturali che e' condiderato impossibile prevenire. Ma nella realta' su tutti i giornali dell'India e' apparsa la notizia che disastri di questo tipo sono prevedibili, tanto che il governo ha poi deciso di costituire, con gli altri paesi dell'area, un servizio speciale per la previsione di fenomeni di questo tipo. E la corretta previsione del fenomeno puo' portare almeno ad avvisare in tempo le persone ed a permettere loro, con l'aiuto di un valido servizio di protezione civile, che sembra ancora da organizzare, di mettersi in salvo. Molte volte non ci vuole nemmeno molto, basta salire di un piano nelle abitazioni a piu' piani. Cosi' e' successo alla figlia del segretario generale di Sevalaya che studia in un college non troppo distante da quella zona ed in vicinanza del mare. Dalla sua stanza al secondo piano ha sentito dei rumori, si e' affacciata alla finestra, ed ha visto le immense onde del mare (si parla di una altezza di oltre 9 metri) avvicinarsi, ha chiamato le compagne che incontrava ed e' scappata subito al piano superiore. Lei e le altre compagne che l'hanno seguita si sono salvate, tutte le altre che sono restate nei piani inferiori sono state travolte dalle acque e sono morte. * Altre notizie che mostrano la possibilita' di prevenire la morte di tante persone in disastri come questi sono riportate in un articolo del giornale "The Hindu" del primo gennaio 2005. In un articolo intitolato "Una telefonata ha salvato un intero villaggio" si narra del fatto che un volontario di un progetto di informazione nei villaggi che si era trasferito a Singapore appena visto il maremoto in azione in quella zona ha telefonato ai suoi vecchi compagni di lavoro avvisandoli del pericolo imminente. Attraverso altoparlanti e sirene gli abitanti sono stati avvisati di evacuare le loro abitazioni. Il risultato e' stato che nessuna persona del villaggio e' restata vittima del maremoto. Un'altra notizia sulla possibile prevenzione di morti e' riportarta dal giornale "The Hindu" del 31 dicembre. Li' si parla del fatto che intere comunita' tribali che ci vivono, o altre persone che si sono recate nelle foreste vicine al mare, si sono salvate grazie alla protezione degli alberi della foresta, mentre le altre che si trovavano nelle zone senza alberi sono state trascinate in mare e sono morte. Il titolo dell'articolo e' infatti "Dove le foreste hanno salvato la popolazione". E questo fa venire in mente gli immensi danni ecologici causati dalle multinazionali che hanno promosso in vari paesi del terzo mondo, ed anche in molte aree del Tamilnadu, la coltivazione industriale di gamberi. Infatti per costruire le vasche dove questi animali vengono allevati, vengono distrutte le foreste di Mongrovie che riparavano i villaggi da fenomeni di questo tipo lasciando la popolazione del tutto in balia degli eventi naturali. Non e' qui il caso di trattare di questo argomento sul quale anche in Italia sono stati scritti alcuni libri e per il quale si sono distinti, nella lotta contro questi disastri, i nostri amici Jagannathan e Krishnammal, che andremo ad incontrare la settimana prossima a Gandhigram, se il lavoro contro questi disastri non impedisce loro, ed alla loro famiglia, di recarsi la' per la grande festa del Pongal (il 15 gennaio) che dovremmo passare insieme. * Tutto questo fa vedere come anche fenomeni considerati "naturali" ed "ineluttabili" possono essere previsti, ed almeno le loro conseguenze piu' nefaste possono essere prevenute. Se poi ricerche piu' approfondite mostrassero un legame, anche se indiretto, di questi fenomeni con l'inquinamento ambientale portato avanti dall'industrializzazione dei paesi avanzati (tra i quali anche l'India sta cercando di entrare, a costi umani altissimi) e che sta creando problemi grossissimi a livello mondiale (aumento del calore della crosta terrestre, scioglimento delle calotte glaciali artiche, innalzamento dei livelli dei mari, cambiamenti climatici rapidissimi, ecc.) il problema e l'urgenza di lavorare per la prevenzione diventerebbe ancora piu' pressante. E' questo un insegnamento che dovremmo tener presente e non dimenticare, per rendere realmente omaggio alle tante vittime di questo disastro (quante sono? ogni giorno i dati si aggiornano, le ultime notizie dei giornali indiani parlavano di 50.000, ma in Italia abbiamo saputo si parla di 100.000, per non parlare poi di quelli restati senza tetto e che sono dovuti scappare in zone distanti dal loro villaggio). * Chiudero' questa lettera riportando l'appello degli amici di Savalaya ( che significa, nella lingua locale, "Servizio ai poveri") che ci ha portato Ravi, il collaboratore di Sevalaya che ha accompagnato in questa clinica la nostra amica che ora e' qui con noi a godere di queste cure e che ci ha raccontato quanto da lei vissuto in quella zona. L'appello e' corredato di strazianti foto delle cremazioni di massa dei morti, e di notizie sui problemi dei senza casa, e su altre tragedie portate dal disastro. Gli amici di Sevalaya, che conosciamo ormai da molti anni, ci chiedono di rendere noto il loro appello, cosa che facciamo volentieri conoscendo la loro buona volonta' ed il loro impegno sociale. Sevalaya,come ho detto, ha scelto di assistere la popolazione proprio di questa area tra le piu' colpite dell'India, ed alla fine dell'appello ci sono indicazioni utili per chi volesse mandare un aiuto di prima mano, anche se modesto, alle popolazioni colpite da questo disastro. * Sevalaya - Thirukkuvalai Appello per aiuti alle vittime del maremoto del distretto di Nagapattinam Il 26 dicembre 2004 e' stato un giorno tragico per noi. Enormi onde sismiche del mare mosse da un immenso terremoto del fondo marino hanno colpito il distretto di Nagapattinam uccidendo circa 5.000 persone e rendendone altre 25.000 prive di alloggio. Le deboli scosse percepite in alcune parti del distretto intorno alle 6,30 del mattino non ci hanno fatto prevedere quello che sarebbe successo. Tra le 7,30 e le 9 enormi ondate hanno colpito le coste cogliendo di sorpresa le persone vicine al mare. Non c'e' stato tempo per nessuno per reagire alle onde che hanno risucchiato anche le persone che erano a due chilometri dalla costa marina. I villaggi assistiti da Sevalaya, come Puthupalli, Seruthur, Kameshwarazm, Villunthamavadai, Vettarikaranrippu, Velankanni sono stati danneggiati, e migliaia di abitanti sono stati uccisi o privati delle loro abitazioni. Quando abbiamo visitato villaggi come Serothur, Prathaparamapruam, dopo che le acque si sono ritirate abbiamo trovato corpi di bambini e di donne annegati. Gli abitanti di un villaggio hanno detto che "prima di rendersi conto di quello che succedeva molti hanno trovato la morte nell'acqua, e sono morti 62 bambini e 4 donne che giocavano a cricket sulla spiaggia". Sono state distrutte tutte le abitazioni vicino alla costa. A Velankanni 2.000 persone sono annegate, tra queste una gran parte di turisti che erano andati a fare il bagno nel mare. Le persone che vivono vicino alla costa hanno paura che il maremoto si ripeta e sono scappate in altre zone dove pensano di essere piu' sicure. Sevalaya ha aiutato le persone che scappavano a cucinare e rifocillarsi e si e' curata di loro a Thirukkuvalai, ed ha dato loro sostegno morale aiutandoli a non avere paura che il maremoto si ripetesse. La situazione e' allarmante: centinaia di uomini, donne e bambini sono morti, e migliaia di persone sono senza tetto. Sevalaya desidera intervenire velocemente per alleviare i loro dolori, e fa appello a voi affinche' aiutiate generosamente coloro che hanno perduto i loro familiari e la loro abitazione. A questo scopo Sevalaya ha aperto un fondo "Tsunami Relief Fund" (Fondo di soccorso per le vittime del maremoto). Mandate per favore il vostro contributo a questo conto corrente: "Sevalaya: Tsunami Relief Fund", A/c No. 01100060132, State Bank of India / Code No. 0936, Thiruthuraipoondi, Tamilnadu - South India. 2. STRUMENTI. SILVANO TARTARINI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Silvano Tartarini (per contatti: berrettibianchi at virgilio.it) per questo intervento. Lo ringraziamo anche per averci messo a disposizione questa breve scheda di presentazione: "Silvano Tartarini e' poeta e costruttore di pace; nato a Forte dei Marmi nel 1947, ha pubblicato Primi versi e Furto a nessuno, rispettivamente nel 1966 e 1967 (Giardini, Pisa), Poeti, nel 1992 (Pananti, Firenze) e L'uno e il contrario, nel 1995 (Manni, Lecce). Con l'inedito L'uno e il contrario e' stato finalista al Carducci nel 1994; sue poesie sono uscite su "Paragone", "Erba d'Arno", "Pegaso", " La Contraddizione", "Sinopia" e altri periodici; e' stato tra i fondatori della rivista "Nativa"; e' stato curatore delle pagine di poesia della rivista "Sinopia" ed e' redattore - molto assente - del mensile "Guerre & Pace". Ha scritto tre saggi critici su Carlo Cassola: uno di questi e' stato pubblicato negli atti del convegno "Carlo Cassola. Letteratura e disarmo", Firenze, 4 aprile 1987, un altro e' stato pubblicato dal Comune di Volterra a seguito del convegno "Volterra per Cassola" del 10 maggio 1996, mentre un altro servi' per un corso di aggiornamento per insegnanti delle scuole medie organizzato su questo tema dalla Fondazione Bianciardi di Grosseto. Di lui hanno scritto Romano Luperini, Gianfranco Ciabatti, Giovanni Commare e Carlo Cassola; si sono altresi' occupati di lui Cesare Garboli e Manlio Cancogni. E' stato segretario della Lega per Il disarmo unilaterale dal 1984 al 2000; come segretario della L. D. U., ha lanciato con altri nel 1990 l'iniziativa "Volontari di pace in Medio Oriente", a cui hanno subito aderito Alberto L'Abate e Francesco Tullio; sull'esperienza e' poi uscito un "Quaderno della Difesa popolare nonviolenta": Volontari di pace in Medio Oriente, a cura di Alberto L'Abate e Silvano Tartarini, La Meridiana, Molfetta (Ba) 1993. Ha partecipato all'iniziativa di Mir Sada e nel maggio del 1999 era a Belgrado bombardata anche dal governo italiano; e' stato in Iraq nel 1990, 1991, 1993 e nel 1998 con l'iniziativa "scudi umani". Ha promosso nel 1999 la fondazione dell'associazione Berretti Bianchi onlus, di cui e' segretario. Da alcuni anni coordina il lavoro organizzativo che, recentemente, ha visto la nascita della Rete italiana dei Corpi civili di pace". "Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org; l'abbonamento annuo e' di 29 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB 11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta"] Mi abbonero', perche' ancora non sono riuscito a farlo, ad "Azione nonviolenta". In passato, mi sono abbonato una sola volta o due, se ricordo bene. Le ragioni del mio non essere abbonato, sono state molte e diverse. Confesso: non mi sembrava che sempre la nonviolenza abitasse tutta o in parte in quel contenitore. Anzi, a volte mi sembrava che non ci abitasse affatto o forse e' perche' una rivista e' come una casa e la devi abitare per amarla e io semplicemente non l'abitavo che a tratti. O forse la colpa e' solo mia poiche' non vivevo la nonviolenza e a volte la usavo come un'amante occasionale che poi lasciavo. Chissa' qual e' la ragione prima del mio essere ultimo. * Ma ora so perche' mi voglio abbonare: e' perche' ci voglio essere in quella casa e voglio dire la mia ora che la casa nonviolenta si muove in direzione di un progetto in cui credo e che amo. Parlo del progetto dei Corpi civili di pace. Un caro amico, con il quale non sono quasi mai andato d'accordo, ma a cui voglio un gran bene, mi ribadiva sempre che la nonviolenza e' solo testimonianza e niente esiste al di fuori di questo. A volte, ho creduto che avesse ragione e non e' detto che non finisca poi di crederlo un giorno, ma ancora credo nella possibilita' del fare, magari poco perche' noi siamo poco, ma sempre nella possibilita' del fare. E ora che la casa della nonviolenza si muove per fare e verso tutto quello in cui credo, come faccio a non esserci. C'ero anche gia' l'anno scorso e per questo motivo. Brindo all'anno nuovo perche' sia veramente nuovo, e a tutti gli amici della nonviolenza. 3. RIFLESSIONE. ROCCO ALTIERI: LA SCELTA DELLA POVERTA' VOLONTARIA PER RIPENSARE L'ECONOMIA E GLI STILI DI VITA [Ringraziamo Rocco Altieri (per contatti: roccoaltieri at interfree.it) per averci messo a disposizione il suo saggio di presentazione del vol. 6 del dicembre 2004 dei "Quaderni Satyagraha" da lui diretti, volume monografico dedicato al tema "La gioia della poverta' conviviale". Rocco Altieri e' nato a Monteleone di Puglia, studi di sociologia, lettere moderne e scienze religiose presso l'Universita' di Napoli, promotore degli studi sulla pace e la trasformazione nonviolenta dei conflitti presso l'Universita' di Pisa, docente di Teoria e prassi della nonviolenza all'Universita' di Pisa, dirige la rivista "Quaderni satyagraha". Tra le opere di Rocco Altieri segnaliamo particolarmente La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998. Per abbonarsi ai "Quaderni Satyagraha" (per contatti: tel. 050542573, e-mail: roccoaltieri at interfree.it, sito: pdpace.interfree.it): abbonamento annuale 30 euro da versare sul ccp 19254531, intestato a Centro Gandhi, via S. Cecilia 30, 56127 Pisa, specificando nella causale "Abbonamento Satyagraha"] Qualcuno potrebbe accogliere con fastidio o disinteresse la proposta "antiquata" di un tema francescano che, secondo il titolo accordato a questo numero dei "Quaderni Satyagraha", puo' apparire una vuota figura retorica, un banale ossimoro che unisce due elementi in realta' antitetici: la gioia e la poverta'. Ma non c'e' da stupirsi di tali reazioni, se gia' ai tempi di Francesco "i figli di Adamo non avevano voce ne' sensi per voler trattare fra loro o parlare della poverta'. La odiavano di tutto cuore, come fanno anche oggi, e non riuscivano a dire nemmeno una parola amichevole a chi si informava di lei" (1). E non erano solo gli stolti e gli ignoranti ad averla in abominio, ma anche i grandi e i sapienti che, interpellati da frate Francesco, rispondevano sdegnosi: "Che strana dottrina vieni tu a metterci negli orecchi? La poverta', che vai cercando, resti per sempre a te e ai tuoi figli e alla tua discendenza dopo di te! Quanto a noi, siamo risoluti a godere a fondo dei piaceri e ad abbondare di ricchezze, perche' la nostra vita e' breve e triste, e quando l'uomo muore, non c'e' per lui luogo di refrigerio. Noi non abbiamo trovato nulla di meglio che stare allegri, mangiare e bere per tutto il tempo della nostra vita" (2). Francesco e' un uomo che nella gerarchia delle virtu' evangeliche ha sempre dato il primo posto alla Poverta', considerata regina, fondamento e custode di ogni virtu', condizione essenziale della imitatio Christi. E' stato, infatti, detto dal Salvatore del mondo: "Beati i poveri in spirito, perche' di essi e' il regno dei cieli" (Matteo, 5, 3). E, si badi, l'evangelista ha scritto "e'", non "sara'". La beatitudine annunciata ai poveri non e' un'utopia di ieri o di domani, ma e' la profezia sempre attuale che introduce nella storia dell'umanita' una prospettiva di speranza e di cambiamento. Abbracciare sorella Poverta' e', quindi, una scelta evangelica che ha una forte valenza politica e sociale. * In questo quaderno, la poverta' viene indagata non soltanto in quanto dimensione etica e religiosa fondamentale, ma anche in quanto categoria sociologica utile a una critica dei miti della modernita', facendo ricorso a quei "pensatori radicali" che piu' di altri hanno posto, al centro del loro interesse, "gli ultimi" tra gli uomini. John Ruskin e' stato il primo pensatore sociale, nell'Inghilterra vittoriana dell'Ottocento, ad accusare l'economia politica di essere una scienza ingannevole, a dismal science, in quanto si e' estraniata da ogni considerazione etica. Il suo libro Unto this Last (3) ispiro' profondamente Gandhi e il suo programma per l'indipendenza indiana: il movimento Sarvodaya, che significa "agire per il bene di tutti, nessuno escluso". Gandhi, quando era ancora in Sudafrica, entusiasmatosi alla lettura di Ruskin, ne appronto' un compendio in gujarati che pubblico' a puntate, durante il 1908, sul settimanale "Indian Opinion". Sulla versione inglese (4) e' stata condotta la traduzione di questo scritto fondamentale, che ora viene offerto, per la prima volta in italiano, alla riflessione dei lettori dei "Quaderni Satyagraha". Il saggio di Itala Ricaldone Unto This Last - Antyodaya - Fino a questo Ultimo, sempre nell'indice in questo quaderno, puo' fornire l'inquadramento storico e una semplice, ma preziosa chiave di lettura di questo scritto. * E' sembrato, inoltre, opportuno, in questa sede, pubblicare lo scritto di Ivan Illich che ricorda la visita che fece, durante il suo viaggio in India, alla capanna dove aveva vissuto il Mahatma. E' un testo bellissimo, di purezza cristallina, tra i piu' poetici e ispirati di Ivan, che coglie nell'essenzialita' e nella funzionalita' degli spazi abitativi l'essenza di un messaggio e l'impronta indelebile di una vita improntata alla poverta' volontaria. Majid Rahnema, che fu grande amico di Illich, e che oggi, dopo la morte di Ivan, si puo' ritenere a buon diritto l'erede e il continuatore del suo "pensiero sovversivo", nel Discorso sulla poverta', qui pubblicato (5), riprende e sviluppa alcuni dei temi piu' cari alla corrosiva critica sociale di Illich. Fondamentale e', innanzitutto, comprendere la differenza di significato tra miseria e poverta', riprendendo la distinzione fatta gia' da San Tommaso d'Aquino, che per poverta' intendeva la mancanza del superfluo e per miseria la mancanza del necessario. L'immiserimento e' il processo di dipendenza, marginalita' e sfruttamento cui sono state ridotte in epoca moderna le popolazioni rurali. Polanyi (6) ha raccontato in modo magistrale la storia della "grande trasformazione" di una popolazione di dignitosi contadini in una folla di mendicanti e di ladri, a causa delle recinzioni delle terre comuni (enclosure) indotte dall'avvento della rivoluzione industriale in Inghilterra. Allíopposto della miseria va intesa la poverta' conviviale, un concetto affine al sarvodaya gandhiano, che esprime una condizione esistenziale di resistenza nonviolenta all'invasione delle merci industriali, promovendo la difesa delle culture indigene e delle conoscenze comunitarie di strumenti semplici e solidali, utilizzati nella produzione domestica per l'auto-consumo (7). La convivialita' e' un termine mutuato dal lessico sociologico di Illich (8) e indica il contrario della produttivita' industriale. Illich ha svelato una semplice verita': "La macchina non ha soppresso la schiavitu' umana, ma le ha dato una diversa configurazione. Infatti, superato il limite, lo strumento da servitore diviene despota" (9). "Cosi' allo strumento azionato secondo il ritmo dell'uomo succede un uomo che agisce secondo il ritmo dello strumento, e tutti i modi d'agire umani ne vengono trasformati" (10). La produzione industriale di beni e servizi e' diventata la mega-macchina che "riduce gli uomini a materia prima lavorata dagli strumenti. E tutto questo in misura non piu' tollerabile. Poco importa che si tratti di un monopolio privato o pubblico: la degradazione della natura, la distruzione dei legami sociali, la disintegrazione dell'uomo non potranno mai servire a uno scopo sociale" (11). Bisogna capire in tempo qual e' il "punto critico" in cui l'utensile afferma il suo monopolio sull'uomo e manifesta tutta la sua contro-produttivita'. Uno dei miti piu' consolidati del processo di industrializzazione e' l'opinione che l'avvento delle macchine a vapore abbia liberato l'uomo dalla bruta fatica. In realta', essa si e' solo spostata verso la base della piramide sociale e geografica, diventando, se possibile, ancor piu' spossante e abbrutente per chi sta in basso. Si pensi, ad esempio, alla condizione dei lavoratori nelle fabbriche e nelle miniere nel Sud del mondo, le cui attivita' estrattive sono diventate determinanti in un processo di accresciuto utilizzo dei metalli e dei combustibili fossili. Come ha scritto Lewis Mumford nel Mito della macchina: "Furono gli schiavi minerari, la meccanizzazione, il militarismo e le occupazioni da essi derivate a sopprimere la gioia del lavoro quotidiano e a trasformarlo in una fatica implacabile e abbrutente" (12). "La maledizione della guerra e quella della miniera sono quasi interscambiabili: e' la morte che li unisce" (13). "Ben presto la citta', concepita in origine come rappresentante del cielo, assunse molte delle caratteristiche di un accampamento militare: un luogo di confino, di esercitazioni quotidiane e di punizione. Restarsene incatenati, giorno dopo giorno, anno dopo anno, a un'unica occupazione, in un'unica bottega, a svolgere addirittura un'unica azione manuale, che era soltanto parte di una serie di analoghe operazioni: fu questa la sorte dell'operaio" (14). Agli antipodi del modello industriale si colloca la proposta di una societa' conviviale, in cui, scrive Illich: "lo strumento moderno sia utilizzabile dalla persona integrata con la collettivita', e non riservato a un corpo di specialisti che lo tiene sotto il proprio controllo. Conviviale e' la societa' in cui prevale la possibilita' per ciascuno di usare lo strumento per realizzare le proprie intenzioni" (15). Con accenti enfatici, che tradiscono la nostalgia per il mondo pre-industriale, cosi' Mumford ricorda la qualita' del lavoro compiuto con gli strumenti conviviali: "Ovunque si usassero liberamente utensili e forza muscolare sotto il controllo degli stessi operai, il loro lavoro era vario, ritmico e spesso assai soddisfacente, come lo e' qualsiasi rituale significante. (...) La maggior ricompensa della giornata lavorativa dell'artigiano non era il salario, ma il lavoro stesso, compiuto in un ambiente comunitario. In questa economia arcaica c'era il momento di sgobbare e quello di rilassarsi, il momento di digiunare e quello di banchettare, il momento dello sforzo disciplinato e quello del gioco senza pensieri. Nell'identificarsi con il proprio lavoro e nel cercare di eseguirlo perfettamente, l'uomo riplasmava il proprio carattere" (16). Per evocare questa realta' comunitaria, pre-industriale, Illich introduce l'espressione di societa' vernacolare, dove il vernaculum designa le attivita' produttive domestiche, locali, auto-sostenute. Rahnema ne riprende l'espressione per distinguere, per l'appunto, la "poverta'" delle societa' vernacolari dalla "miseria" delle societa' moderne, sviluppando una critica radicale a un altro mito fondante dell'economia moderna: quello della "scarsita'". Il mito dello sviluppo industriale si fonda, infatti, sulla pretesa di sconfiggere la poverta' e di costruire un mondo di abbondanza (17). In realta', il mercato capitalistico non ha fatto che accrescere la miseria dei contadini del Sud del mondo, penetrando nelle economie pre-industriali e distruggendone le basi della sopravvivenza. * La "scarsita'" e' un concetto relativo, non assoluto, definendosi come un rapporto tra mezzi e fini. Essa appare come una funzione dei rapporti di produzione, determinata dall'accesso alle risorse naturali, dal possesso degli utensili necessari, dalla conoscenza delle tecniche opportune. La scarsita' e' avvertita solo dalla moderna societa' industriale che ha un ossessivo fine produttivistico da inseguire, pena la sua morte. Infatti, il funzionamento dell'economia di mercato non puo' essere pienamente afferrato senza tener presenti gli effetti delle macchine impiegate nella produzione di massa. Come ha scritto Polanyi: "Poiche' le macchine complesse sono costose esse non rendono a meno che vengano prodotte grandi quantita' di merci. Esse possono essere fatte funzionare senza che si abbia una perdita soltanto se lo sbocco delle merci e' ragionevolmente assicurato e se la produzione non deve essere interrotta per la mancanza delle materie prime necessarie ad alimentare le macchine" (18). Questo processo inarrestabile di espansione industriale e di crescita economica, senza sostanziali differenze tra il modello blu o rosso, tra capitalismo e socialismo di stato, genera la scarsita', scatenando la competitivita' per l'accaparramento di risorse limitate, fino a determinare la guerra. Sono i processi di crescita dei bisogni delle societa' industriali che creano la scarsita' di materie prime, di terra, di tempo. Come ha dimostrato l'antropologo Marshall Sahlins, le societa' arcaiche erano immuni dalla "tragedia" della scarsita' e vivevano nell'abbondanza dei beni naturali, perche' i loro bisogni materiali erano limitati, e disponevano di una incredibile quantita' di tempo da dedicare alle relazioni amicali e parentali. Scrive Sahlins: "Siamo portati a ritenere poveri cacciatori e raccoglitori perche' non hanno nulla, ma forse per questo dovremmo ritenerli liberi. I loro beni estremamente limitati li esonerano da ogni precauzione riguardo alle necessita' quotidiane permettendo loro di godersi la vita" (19). * L'Uomo Economico, come sostiene Marcel Mauss (20), e' un'invenzione borghese. Le societa' arcaiche non e' che abbiano represso i propri desideri e i propri impulsi materialistici. Semplicemente queste societa' erano fondate su basi diverse: nelle comunita' indigene la nozione di proprieta' e' inapplicabile, perche' l'uomo appartiene alla terra e non la terra all'uomo; in nessun posto il lavoro viene affittato o venduto, non esiste il lavoro salariato; l'aspetto caratteristico dell'economia primitiva e' l'assenza di qualunque desiderio di trarre profitti dalla produzione o dallo scambio. Come recita un proverbio inglese: Want not, lack not (niente desideri, niente privazioni). A questo punto e' sembrato quanto mai opportuno dare spazio alla difesa delle culture e delle economie indigene che e' stata al centro del II Vertice dei Popoli Originari dell'Amerindia, svoltosi a Kito (Ecuador), dal 21 al 25 luglio 2004. Alla Cumbre (assemblea) hanno partecipato i rappresentanti di oltre 60 popoli o nazionalita' indigene americane, quasi esclusivamente provenienti dall'America Latina. Vi si e' recata dall'Italia la Fondazione Neno Zanchetta, presente con una delegazione di sette persone (21). Grazie al lavoro della Fondazione Zanchetta siamo in grado di pubblicare in questo numero una serie di riflessioni e di documenti che testimoniano la pervicace resistenza nonviolenta dei popoli indigeni nel difendere la propria civilta' e il proprio stile di vita, nel rifiutare líomologazione al modello unico dell'Occidente industrializzato. Al Forum delle Nazioni Unite dedicato ai popoli indigeni, che si e' svolto a New York dal 10 al 21 maggio, la Banca mondiale ha presentato un rapporto secondo cui il livello di poverta' delle popolazioni indigene latinoamericane e' rimasto sostanzialmente immutato nel corso dell'ultimo decennio, salvo leggeri mutamenti in positivo per le zone urbane del Guatemala e della Bolivia. I parametri usati dallo studio sono: scolarizzazione, redditi pro-capite, occupazione, accesso alla sanita'. Gli indigeni, pero', non sono convinti dei risultati dello studio e chiedono che gli organismi finanziari internazionali rivedano i criteri di misurazione della poverta' e dello sviluppo sostenibile: "E' una visione del benessere concepita in base all'economia di mercato e al consumo. Il fatto che noi siamo esclusi da questi privilegi non significa che siamo poveri", ha detto Ester Camas, indigena Ixacavar del Costa Rica. Ha spiegato che, per gli indigeni, altri sono gli indicatori economici: l'accesso alla terra e alle risorse naturali, per esempio, o le scorte alimentari, che sono ben altra cosa dal "paniere familiare" basato sui prodotti di mercato. "Essere indigeni non significa essere poveri. Dobbiamo fare uno sforzo per cercare nuovi modi di definire la poverta', in base a cio' che per i nostri popoli e' il buon vivere e il benessere", dice l'ecuadoriano Cesar Rumanjinga. Non solo gli studi delle istituzioni finanziarie peccano di etno-centrismo nel definire cosa e' poverta': secondo quanto denuncia Tomas Alarcon dell'organizzazione peruviana di giuristi indigeni Capaj, quel che le istituzioni finanziarie omettono di considerare e' l'importante contributo delle popolazioni indigeni alle economie del proprio paese: "Non parlano mai, questi indicatori, della cura dell'ambiente e delle risorse naturali. Dovremmo essere ricompensati per questo". E Jose' Carlos Morales del popolo Brunca del Costa Rica, aggiunge: "Un tempo i governi si vergognavano delle comunita' indigene. Ora siamo un capitale, serviamo allo Stato per chiedere soldi. Ma noi non vi abbiamo accesso" (22). * Il saggio di Romeh Diwan, Il Mahatma Gandhi, Amartya Sen e la poverta', si occupa della poverta' in India. Nella sua analisi vi troviamo esaminate tre visioni del povero: 1) il povero come "deprivato", secondo la definizione di Sen; 2) il povero come "degradato", secondo la visione di Illich; 3) il povero come "dominato", secondo l'analisi gandhiana dello sfruttamento elite-masse. Nel confrontare le tesi del premio Nobel per l'economia con la visione gandhiana, il lavoro intellettuale di Sen appare profondamente inserito nell'ideologia liberale, dando un notevole contributo a molti dei suoi obiettivi e soffrendo di molte delle sue limitazioni. Le raccomandazioni politiche di Sen mirano a creare un "capitalismo temperato". Basate sull'accettazione e l'adeguatezza dello stato esistente e del sistema dei mercati, si rivolgono all'elite, di cui egli e' un membro, e suggeriscono un aumento delle spese per la salute pubblica, l'alfabetizzazione, la crescita economica e la regolamentazione dei mercati al fine di evitare grosse ingiustizie. Se queste politiche possano portare all'eliminazione della poverta' e' una questione discutibile. Come ha affermato Rahnema: "La propagazione generalizzata della miseria e dell'indigenza e' uno scandalo sociale evidentemente inammissibile, sopratutto in societa' perfettamente in grado di evitarlo... ma non e' aumentando la potenza della macchina per produrre beni e prodotti materiali che questo scandalo avra' fine, perche' la macchina messa in azione a questo scopo e' la stessa che fabbrica sistematicamente la miseria. Si tratta oggi di cercare di comprendere le ragioni multiple e profonde dello scandalo" (23). * Seguendo questa direzione di ricerca, le proposte politiche di Gandhi appaiono rivoluzionarie, si rivolgono alle masse, mirano a rafforzare il potere della famiglia e dei villaggi, a discapito delle strutture accentratrici dello Stato e del "libero mercato" globalizzato. Gandhi si oppone alla produzione industriale di massa, che genera disoccupazione, propugnando la produzione da parte delle masse (24). Invita, inoltre, i popoli della terra ad adottare volontariamente la semplicita' e la moderazione negli stili di vita. E' questo il solo modo per bloccare l'escalation della guerra a livello mondiale: "Nella nuova prospettiva il soddisfacimento del maggior numero possibile di bisogni materiali non sara' piu' lo scopo della vita, che sara' al contrario la limitazione di tali bisogni, compatibilmente con un minimo di benessere. Non dovremo piu' preoccuparci di ottenere quello che possiamo, ma rifiuteremo di prendere quello che non tutti possono avere" (25). Gandhi auspica una austerita' di vita che, gia' secondo Tommaso d'Aquino non e' qualcosa di triste, ma di gioioso, perche' l'uomo austero non e' isolato e chiuso in se stesso, ma aperto agli altri, e al possesso dei beni (l'avere) preferisce coltivare le relazioni di amicizia (l'essere). Ha scritto l'Aquinate nella Summa Theologica, riecheggiando Aristotele: "Austeritas secundum quod est virtus non escludit omnes delectationes, sed superfluas et inordinatas: unde videtur pertinere ad affabilitatem, quam Philosiphus amicitiam nominat, vel ad eutrapeliam, sive joconditatem" (26). E' questa la gioia sperimentata nella propria vita da Giovanni Ermiglia, trapassato nel gennaio di quest'anno nell'eterna Compresenza dei morti e dei viventi. Fondatore di Assefa, uomo austero nei costumi, ma estremamente aperto e cordiale con le persone, Itala Ricaldone ne tratteggia, a conclusione del quaderno, un ricordo fortemente empatico verso il suo straordinario lavoro di solidarieta' in sostegno dei contadini senza terra dei villaggi piu' poveri dell'India. Giovanni Ermiglia e' la prova di quanto anche una singola persona, purche' fortemente persuasa, possa fare per promuovere concretamente un cambiamento nonviolento nella direzione della giustizia e della pace. * Note 1. Sacrum Commercium, in Fonti francescane, Padova, Edizioni Messaggero, 1982, p. 1633. 2. Loc. cit. 3. Il libro esce nel 1862 e raccoglie quattro saggi gia' pubblicati nel 1959 sulla rivista "Cornhill Magazine". L'edizione italiana piu' recente e': J. Ruskin, A quest'ultimo, Torino, Marco Valerio Editore, 2003. 4. Ora in The Collected Works of Mahatma Gandhi, "Sarvodaya", Vol. VIII (January-August 1908), Delhi, Publications Division, 1962, pp. 239-375. 5. E' il testo proposto il 24 settembre 2004, al numeroso pubblico accorso ad ascoltarlo nella sala del Palazzo Ducale di Lucca in apertura delle attivita' annuali della Scuola per la Pace, diretta da Aldo Zanchetta. 6. K. Polanyi, La grande trasformazione (1944), Torino, Einaudi, 1974. 7. Cfr. V. Shiva, Sopravvivere allo sviluppo, Torino, Isedi, 1990. 8. Cfr. I. Illich, La convivialita', Milano, Mondadori, 1974. Nella visione di Illich e' evidente l'influsso delle riflessioni di Lewis Mumford, che a sua volta, negli anni della formazione, ebbe per mentore lo scozzese Patrick Geddes, che aveva teorizzato l'opposizione tra una paleo-tecnica di tipo industriale e una "neo-tecnica" (cfr. P. Geddes, Citta' in evoluzione, Milano, Il Saggiatore, 1970, pp. 83-119), descritta con gli stessi caratteri degli strumenti conviviali prefigurati poi da Illich. Geddes (1854-1932) fu un sociologo e un pianificatore urbano (cfr. H. Meller, Patrick Geddes: Social Evolutionist and City Planner, London and New York, Routledge, 1990) che in gioventu' era stato profondamente affascinato dalla critica di J. Ruskin e W. Morris alla societa' industriale. Il cerchio dei nessi si chiude e la nonviolenza si scopre un fiume carsico che lavora in profondita' e all'improvviso riemerge per opera di personalita' straordinarie. 9. I. Illich, op. cit., p. 13. 10. Ibid., p. 63. 11. Ibid., p. 12. 12. L. Mumford, Il mito della macchina, Milano, il Saggiatore, 1969, p. 330. 13. Ibid., p. 332. 14. Ibid., p. 333. 15. I. Illich, op. cit., p. 14. 16. L. Mumford, op. cit., p. 331. 17 Cfr. W. Sachs, Archeologia dello sviluppo, San Martino di Sarsina (Fo), Macroedizioni, 1992. 18. K. Polanyi, La grande trasformazione, Torino, Einaudi, 1974, p. 55. 19. M. Sahlins, L'economia dell'eta' della pietra: scarsita' e abbondanza nelle societa' primitive, Milano, Bompiani, 1980, p. 26. Inoltre, per le popolazioni nomadi la "ricchezza" e' un peso, il possesso di beni un fardello e si limitano a possedere solo gli oggetti che possono essere comodamente trasportati. Per il nomade il valore decisivo e' la liberta' di movimento. "Il nomade autentico e' un nomade povero. Mobilita' e proprieta' sono in contraddizione" (Ibid., p. 24). 20. Cfr. M. Mauss, Sociologia e antropologia, Torino, Einaudi, 1965. 21. Erano presenti, in qualita' di osservatori, il presidente della Fondazione Aldo Zanchetta, il vicepresidente Rodrigo Rivas, i consulenti scientifici Aldo Gonzales e Joe L. Washington, i collaboratori Roberto Bugliani e Andrea Gazzaniga, il cineoperatore Roberto Giovannini. 22. www.carta.org/cartamondo/archivio/americasud/040521america_latina.htm 23. M. Rahnema, Quand la misere chasse la pauvrete', Paris, Fayard, 2003, cit. in A. Zanchetta, recensione al libro di Rahnema, contenuta in questo quaderno. 24. P. Dasgupta, Production by the Masses and the Philosophy of Charka, Calcutta, Sribhumi, 1983. 25 M. K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Torino, Einaudi, 1973, p. 119. 26. Tommaso d'Aquino, Summa Theologica, cit. in I. Illich, op. cit., p. 14. 4. ESPERIENZE. GODELIEVE MUKASARASI: DOPO IL GENOCIDIO [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione la sua traduzione di questa intervista ripresa da "Libertas (Rights & Democracy's Newsletter)" di dicembre 2004. Godelieve Mukasarasi fa parte dell'associazione Coalition for Women's human rights in conflict situations (Coalizione per i diritti delle donne nelle situazioni di conflitto)] "Libertas": Qual e' lo stato corrente delle vittime sopravvissute al genocidio in Ruanda e quali sono le sfide che state affrontando? Godelieve Mukasarasi: La maggior parte dei sopravvissuti fa parte dell'organizzazione nazionale Ibuka (che significa "Ricorda"), che lavora per preservare la memoria del genocidio, promuove la giustizia ed il miglioramento delle condizioni socioeconomiche dei sopravvissuti, e la ricostruzione del paese. Molte vittime di sesso femminile fanno parte dell'Associazione delle vedove del genocidio d'aprile (Avega: Association des Veuves du Genocide d'Avril). Il governo ruandese ha creato un fondo per l'assistenza ai sopravvissuti, il Farg (Fonds d'assistance aux rescapes du genocide), e ha una cura speciale dell'istruzione per gli orfani e dell'assistenza sanitaria per gli svantaggiati. Molte istituzioni e agenzie hanno assistito le vittime nel processo di riabilitazione sociale. Le necessita' di tutti i sopravvissuti non sono certo state tutte soddisfatte, e persistono problemi strutturali, in special modo riguardo ai bambini che sono diventati capi famiglia e ai piu' anziani. Le sfide che stiamo fronteggiando includono: la miseria della maggioranza dei sopravvissuti (in special modo le donne e le loro famiglie); i problemi e le malattie causate dalle conseguenze della violenza e dello stupro; la non uscita dal trauma, giacche' non vi sono servizi o cliniche con specializzazione nella salute mentale in tutto il paese; la lentezza dei processi di giustizia, ove spesso i sopravvissuti sono meno preparati dei prigionieri, che in prigione vengono istruiti; la gran quantita' di persone senza casa e la mancanza delle strutture di base per dar loro un'abitazione. * "Libertas": La creazione del tribunale internazionale ha avuto un effetto positivo sui sopravvissuti? Godelieve Mukasarasi: Certamente, da un lato, perche' le vittime provano sollievo dal modo di procedere del tribunale. Ma, dall'altro lato, il suo impatto e' ancora debole. Manca la protezione per i testimoni e le vittime, manca il sostegno alle famiglie dei testimoni, o alle famiglie di quelli che avevano dichiarato di voler testimoniare e sono stati uccisi prima di poterlo fare. Manca anche il sostegno a vittime di un certo tipo, quali le donne vittime di stupro, che sono state psicologicamente maltrattate, il che costituisce un abuso dei loro diritti umani. Tutti i sopravvissuti desiderano un cambiamento positivo, per loro stessi e per tutto il popolo del Ruanda. Chiedono strategie per prevenire futuri genocidi, di modo da poter avere sicurezza della propria sopravvivenza e di quella dei loro figli, un impegno chiaro per la loro protezione, che sia basato sulla giustizia e combatta l'impunita'. Infine, chiedono si venga incontro ai loro bisogni primari, quali la salute, l'istruzione, e il potere economico. 5. LETTURE. ARUNDHATI ROY: L'IMPERO E IL VUOTO Arundhati Roy, L'impero e il vuoto. Conversazioni con David Barsamian, Guanda, Parma 2004, pp. 160, euro 10. L'autrice de Il dio delle piccole cose, impegnata nei movimenti per la pace, l'ambiente e i diritti umani, si racconta e riflette sulla drammatica situazione del mondo di oggi. Con una simpatetica introduzione di Naomi Klein. 6. LETTURE. KATHRYN SPINK: MADRE TERESA. UNA VITA STRAORDINARIA Kathryn Spink, Madre Teresa. Una vita straordinaria, Piemme, Casale Monferrato (Al) 1997, 2003 (nuova edizione riveduta e ampliata), pp. 384, euro 4,90. Una notissima biografia di madre Teresa di Calcutta. 7. RILETTURE. RIGOBERTA MENCHU' TAM: RIGOBERTA, I MAYA E IL MONDO Rigoberta Menchu' Tam, Rigoberta, i maya e il mondo, Giunti, Firenze 1997, pp. X + 350, lire 22.000. Rigoberta si racconta e riflette; e' da leggere (o rileggere) d'un fiato anche questo suo secondo libro, scritto con la collaborazione di Dante Liano e Gianni Mina', che "hanno stimolato, raccolto e curato la testimonianza di Rigoberta, valorizzandone le straordinarie doti di narratrice". 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 798 del 3 gennaio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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