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La nonviolenza e' in cammino. 776
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 776
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 12 Dec 2004 03:33:19 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 776 del 12 dicembre 2004 Sommario di questo numero: 1. Anna Maffei: Falluja 2. Emilia Ferreiro ricorda Paulo Freire 3. L'esperienza di Neve' Shalom / Wahat al-Salam 4. Luce Fabbri: Liberta' 5. Giacomo Alessandroni: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 6. Michele Meomartino: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 7. Mao Valpiana: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 8. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" 9. Maria G. Di Rienzo: Il dialogo come viaggio 10. Disponibili in rete i venti numeri di "Educarsi alla pace" 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. ANNA MAFFEI: FALLUJA [Ringraziamo di cuore Lidia Maggi (per contatti: lidia.maggi at ucebi.it) per averci inviato questo comunicato della presidente dell'Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia (in sigla: Ucebi; per contatti: ucebit at tin.it), Anna Maffei, diffuso il 7 dicembre scorso. Anna Maffei, presidente dell'Ucebi, appartiene alla tradizione nonviolenta espressa dal pastore battista e martire per la pace Martin Luther King] Il recente intervento armato a Falluja, col conseguente sterminio di centinaia di persone non combattenti, anziani, donne, bambini, ci chiama a gridare basta a questa guerra in Iraq che ha superato ogni limite di civile sopportazione. Apprendiamo che a Falluja le organizzazioni umanitarie sono state tenute lontane dal teatro del conflitto, cosi' pure sono stati tenuti lontani medici e infermieri, rendendo impossibile la cura dei feriti, in aperta violazione delle convenzioni internazionali. Anche la stampa libera e' stata tenuta lontana, cosi' da non darci le informazioni cui il mondo ha diritto, mentre sono stati forniti bollettini utili a chi manovra la guerra. Dalla guerra non ci siamo mai attesi la soluzione dei conflitti, sapevamo che essa aggrava le questioni, abbassa il livello di civilta' ed e' condannabile anche per la morte di un solo innocente. Adesso deve diventare chiaro a tutti che la guerra in Iraq non previene alcunche' ma innesca una spirale di morte e distruzione che deve essere fermata immediatamente. Come cristiani evangelici battisti uniamo la nostra voce a quanti dicono basta a questa guerra e a quanti intraprendono azioni concrete per portare soccorso alle vittime del conflitto. Qui ribadiamo il nostro impegno per il dialogo tra le fedi e per la preghiera che operi la conversione e cambi i cuori di tutti. 2. MEMORIA. EMILIA FERREIRO RICORDA PAULO FREIRE [Il testo seguente e' stato letto da Emilia Ferreiro in un incontro di omaggio a Paulo Freire tenutosi il 27 giugno 1997, e pubblicato in "Avance y perspectiva" del settembre-ottobre 1997. Noi lo abbiamo ripreso da Maria Luigia Casieri, Il contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei processi di apprendimento della lingua scritta, vol. I, Viterbo 2004, pp. 580-583. Emilia Ferreiro, argentina, docente in Messico, pedagogista illustre, e' una delle piu' grandi studiose viventi del processi di alfabetizzazione; e' di fondamentale importanza il suo contributo sul tema dell'apprendimento della lettura e della scrittura da parte dei bambini. Un'ampia bibliografia delle opere di Emilia Ferreiro pubblicheremo prossimamente su questo foglio. Paulo Freire e' nato a Recife (Brasile) nel 1921; nel 1961 ha fondato il Movimento di cultura popolare, cominciando ad elaborare ed applicare il metodo di alfabetizzazione legato al suo nome; nel 1964 dopo il colpo di stato militare e' imprigionato; successivamente e' costretto all'esilio; tra i massimi esperti di problematiche educative (con particolar riferimento al Sud del mondo), ha continuato la ricerca e l'attivita' di alfabetizzazione in varie parti del pianeta; e' deceduto nel 1997. Tra le opere di Paulo Freire: La pedagogia degli oppressi, Mondadori, Milano 1980; L'educazione come pratica della liberta', Mondadori, Milano 1977; Pedagogia in cammino, Mondadori, Milano 1979. Cfr. anche il libro-intervista a cura di Edson Passetti, Conversazioni con Paulo Freire, Eleuthera, Milano 1996. Opere su Paulo Freire: Moacir Gadotti, Leggendo Paulo Freire, Sei, Torino 1995; Leandro Rossi, Paulo Freire profeta di liberazione, Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi 1998. Per un rapido avvio alla conoscenza cfr. anche Stefano Del Grande (a cura di), Memorabilia: Paulo Freire, fascicolo monografico del "Notiziario Cdp" n. 161, gennaio-febbraio 1999, Centro di documentazione di Pistoia. Un'ampia bibliografia di e su di Paulo Freire e' nel fascicolo n. 20 dell'8 dicembre 2004 di "Educarsi alla pace", il sito di riferimento e' www.paulofreire.org] La casa editrice Siglo XXI ha avuto la felice idea di convocarci per rendere omaggio a un uomo e un'opera di straordinaria influenza in tutta l'America Latina, una persona che ha rappresentato e rappresenta per molte persone del resto del mondo il pensiero pedagogico latinoamericano. Un uomo e un'opera: e' difficile separarli, non solo perche' Paulo ci parla sempre in prima persona in tutti i suoi testi, e perche' ci parla delle sue vicissitudini e degli eventi che lo fecero crescere come educatore, ma anche e soprattutto per la continua ricerca di coerenza tra le sue parole e il suo "essere nel mondo con il proprio corpo". "Il mio discorso deve essere coerente col mio corpo. Il modo in cui il mio corpo si muove nel mondo deve essere coerente con il discorso che parla del movimento del mondo". Voglio rendere il mio omaggio a un uomo che e' stato coerente per tutta la sua vita, sapendo molto bene la difficolta' di tale impresa, particolarmente in Brasile, in cui illustri critici dell'educazione, che sostennero per anni un discorso progressista, si sono ora convertiti al pragmatismo e diventano consiglieri della Banca Mondiale. Voglio rendere il mio omaggio a una persona che nel suo scrivere non ha mai trasmesso stanchezza, pessimismo o abbattimento, e che ha lottato per tutta la vita. A un lottatore infaticabile. A un lottatore che cercava il dialogo e forse per questo ha concesso tante interviste nel corso della sua intensa esistenza. "Io vorrei morire lasciando un messaggio di lotta", disse nel settembre 1994 a Rosa Maria Torres che lo intervistava. E nel gennaio del 1996, nel corso di un'altra intervista in Brasile, gli chiesero (probabilmente per farlo parlare): "Allora lei e' a favore del dialogo e, allo stesso tempo, della lotta?". E Paulo risponde: "Si'. Alcuni hanno pensato che, per difendere il dialogo, io negassi il conflitto. Il conflitto e' la', ed e' fondamentale nel processo di sviluppo, nel processo storico. La lotta mi forma, la lotta mi costituisce, essa e' pedagogica. Solo che, cosi' come la lotta e' storicamente determinata, anche le forme di lotta cambiano". Io non sono stata una diretta collaboratrice di Paulo, come altri qui presenti che possono testimoniare sulla loro esperienza di lavoro con lui. Mi limito a ricordare qui due episodi. Nel maggio del 1987 vidi Paulo che si era ritirato nel lutto e che ricominciava allora ad affrontare un incontro pubblico. Fu a Brasilia, a una riunione dell'Unesco. Li' Paulo, che ricorreva sempre alle sue esperienze personali per costruire un'analogia che andava al di la' del singolo episodio, ci disse: "Questa e' la prima volta, dopo la morte di Elza, che mi trovo a parlare in una riunione di questo tipo. (...) Quando Elza mori', io restai disfatto. Mori' in ottobre, ed il primo seminario che tenni, con tutto il mio senso di responsabilita', fu soltanto a febbraio. Ed io mi chiedo: quanti operai possono concedersi il lusso di piangere almeno per due giorni la propria moglie? Ovviamente allora cercano di indurirsi di fronte all'emozione, per non finire in pezzi, in quanto corpi. Ma questo e' un diritto, e una delle mie lotte e' affinche' le grandi maggioranze di questo paese possano anche piangere". Il diritto al pianto, il diritto al lutto... Non ci avevo mai pensato in questi termini, e mi commosse profondamente. Poiche', nello stesso contesto, Paulo torno' a chiamare alla lotta: "Io credo che senza audacia non si farebbe nulla; una dose di 'insensatezza' e' assolutamente fondamentale in una pedagogia dell'indignazione, che e' la pedagogia che sono venuto sostenendo in questo paese sotto altri nomi. Perche' non e' possibile, per esempio, sapere che un 60% della popolazione del Brasile sopravvive in un vasto e profondo dolore, non e' possibile sapere che ci sono 36 milioni di bambini - di bambini! - che l'ideologia dominante, colpevolmente, chiama minori carenti. Ci si rende conto che abbiamo la mania di inventare nomi edulcorati dinanzi a situazioni tragiche, diaboliche?". Pedagogia dell'indignazione (1987)? Non era forse pedagogia dell'oppresso (1970), della liberazione, della coscientizzazione, della speranza (1992), dell'autonomia (1996)? Che nessuno si disorienti per questo. Tutti questi nomi designano la stessa cosa, in una visione dialettica dell'atto educativo. L'indignazione va fianco a fianco con la speranza e con la necessita' di un'utopia. "Quando tu mi chiedi: Paulo, tu sogni ancora?, io ti rispondo: Si', sogno. Sogno se non altro perche' non sia possibile dire che sognare non e' possibile". Questo disse a 74 anni. Vidi Paulo per l'ultima volta poco piu' di un anno fa, in terra straniera. Eravamo entrambi a Filadelfia, nel marzo del 1996, in una delle numerose conferenze a cui invitavano Paulo non tanto per ascoltare le sue parole quanto perche' benedicesse, con la sua presenza di patriarca, un'impresa che gli era estranea. Ma Paulo parlava della speranza e dell'indignazione, e della necessita' di lottare contro il discorso economicista dell'impossibilita'. Per esempio, Paulo rifiutava di accettare la disoccupazione come un male inevitabile dei tempi moderni. Ed aveva del tutto ragione: perche' la scuola non puu' educare per la disoccupazione, che e' la negazione stessa della speranza. Un altro grande pensatore del nostro tempo, George Steiner, mi commosse quanto Paulo quando lo sentii dire, nel 1993: "Educazione, scolarita', apprendimento, vogliono dire: tu sarai (...) ogni pedagogia e' un'utopia concreta (...) una vera scuola non e' altro che un laboratorio dell'utopia". Quando non si puo' dire "tu sarai, noi saremo", non c'e' educazione possibile. L'educazione ha bisogno di un progetto postulato come utopia realizzabile. Abbiamo il dovere di denunciare la menzogna del discorso paralizzante dell'impossibilita'. Di Paulo ci serve tutto: il diritto a sognare come il diritto a piangere; la coerenza tra la voce e il corpo, la speranza e l'indignazione. 3. COSTRUIRE LA PACE. L'ESPERIENZA DI NEVE' SHALOM / WAHAT AL-SALAM [Ringraziamo di cuore Bruno Segre (per contatti: bsegre at yahoo.it) per averci messo a disposizione questa notizia essenziale sulla straordinaria esperienza di Neve' Shalom/Wahat al-Salam. Per informazioni piu' dettagliate si puo' visitare il sito: www.nswas.com] La Comunita' Neve' Shalom/Wahat al-Salam (Oasi di Pace, in italiano) e' un villaggio cooperativo nel quale vivono insieme ebrei e palestinesi di cittadinanza israeliana. Equidistante da Gerusalemme e da Tel Aviv Neve' Shalom/Wahat al-Salam fu fondato nel 1972 su un terreno di 100 acri preso in affitto dal vicino monastero di Latrun. Nel 1977 vi si insedio' la prima famiglia. Nel 1999 le famiglie residenti erano 30; i progetti attuali di espansione prevedono la crescita dell'insediamento sino a 55 famiglie. I membri di Neve' Shalom/Wahat al-Salam dimostrano in modo tangibile che ebrei e palestinesi possono senz'altro coesistere quando diano vita, assieme, a una comunita' basata sull'accettazione, il rispetto reciproco e la cooperazione. Gestito in modo democratico, il villaggio e' di proprieta' dei suoi stessi abitanti e non e' affiliato ad alcun partito o movimento politico. Neve' Shalom/Wahat al-Salam traduce in pratica i propri orientamenti ideali attraverso le realizzazioni dei vari settori in cui si articolano le sue attivita': * Asilo nido, scuola materna e scuola elementare L'idea di creare strutture scolastiche che potessero esprimere e diffondere gli ideali di coesistenza ed eguaglianza di Neve' Shalom/Wahat al-Salam nacque nella comunita' assieme alla nascita dei primi figli. L'idea prese corpo nella forma di un asilo nido binazionale dal quale, con l'andar degli anni, sono poi nate una scuola materna e una scuola elementare. Dopo diversi anni di attivita', tali strutture hanno aperto le porte anche ai bambini dei villaggi vicini. Oggigiorno la scuola elementare e quella materna contano complessivamente trecento bambini, quattro quinti dei quali provengono dai villaggi vicini. Un nuovo edificio scolastico recentemente ultimato consentira' di aumentare sensibilmente tale numero. Il sistema scolastico adottato a Neve' Shalom/Wahat al Salam e' l'unico in Israele che preveda un'educazione bilingue; fanciulli e maestri, cioe', si esprimono nelle lingue dei due gruppi di popolazione, ebrei e palestinesi. Questo singolare approccio viene applicato sin dall'asilo nido e dalla scuola materna. Ciascuno degli insegnanti - ebreo o palestinese - parla a tutti i bambini esclusivamente nella propria lingua madre. In tal modo, sin dai loro primissimi anni i bambini vanno acquisendo consapevolezza delle loro specifiche culture, identita' e tradizioni. Vige un'atmosfera di tolleranza e apertura che stimola nei fanciulli la reciproca comprensione e accettazione. Il sistema scolastico di Neve' Shalom/Wahat al-Salam e' improntato ad alcuni principi base: - partecipazione paritetica di ebrei e palestinesi nell'insegnamento e nella gestione; - predisposizione di un ordinamento che, in modo naturale, consenta un incontro costante e quotidiano fra i bambini dei due popoli; - uso delle lingue ebraica ed araba come veicoli di comunicazione educativa per tutti i bambini; - sviluppo dell'identita' di ciascun fanciullo attraverso l'apprendimento della sua cultura e delle sue tradizioni specifiche e, contestualmente, attraverso la conoscenza e il rispetto della cultura e delle tradizioni dell'altro popolo. Il Ministero israeliano dell'Educazione ha riconosciuto ufficialmente la scuola materna nel 1992 e la scuola elementare nel 1993, dopo nove anni di attivita'. Questo riconoscimento formale rappresenta un significativo passo avanti verso l'obiettivo di dare vita a un modello che possa: a) essere direttamente imitato in altre regioni e localita' con popolazione mista (come Ramla, Giaffa, Acri, Haifa, ecc.); b) esercitare un influsso sui criteri che, nello Stato d'Israele, presiedono all'educazione. Siamo convinti che l'offrire ai bambini un ambiente educativo che promuova la mutua comprensione e stimoli la conoscenza reciproca tra i due popoli, sia un passo molto importante sulla via che conduce a una pace durevole. * La Scuola per la pace La Scuola per la pace fu fondata nel 1979 come istituzione capace di far sentire in massima misura verso l'esterno l'impatto educativo di Neve' Shalom/Wahat al-Salam. Tramite una varieta' di corsi e seminari diretti a molteplici strati sociali delle popolazioni ebraica e palestinese, la Scuola per la pace opera per accrescere la consapevolezza della complessita' del conflitto e migliorare - con l'esclusivo ricorso a metodi educativi - la comprensione reciproca tra palestinesi ed ebrei. I programmi cui la Scuola per la pace da' corso sono i seguenti: - seminari di reciproco incontro e uninazionali sul conflitto, dedicati a giovani palestinesi ed ebrei; - campi estivi per incontri fra giovani laureati; - seminari, programmi e percorsi di tirocinio per gruppi di adulti, quali insegnanti, allievi/insegnanti, operatori sociali e altre categorie professionali; - incontri di lavoro tra professionisti provenienti dai territori amministrati dall'Autonomia palestinese (Cisgiordania e Gaza) e Israele; - corsi per la formazione di "facilitatori"; - un corso annuale di formazione per laureati presso il Dipartimento di psicologia dell'Universita' di Tel Aviv sul tema: "Il conflitto alla luce della Teoria dei gruppi" e un analogo corso presso l'universita' di Ben Gurion nel Negev. I programmi sopra menzionati sono condotti e assistiti da uno staff professionale ebraico-palestinese. I "facilitatori" dispongono di una preparazione accademica nei settori delle scienze sociali e del comportamento, e sono particolarmente allenati a operare con gruppi conflittuali. Vari anni di esperienza, accompagnata da un'intensa attivita' di ricerca, hanno consentito allo staff della Scuola di sviluppare i suoi specifici metodi educativi. I programmi mettono soprattutto in evidenza quanto sia importante il comprendere la complessita' del conflitto tra i due popoli. In tal modo le iniziative della Scuola consentono a ciascuno dei partecipanti di assumere coscienza del proprio ruolo nel conflitto, e di mettere a fuoco elementi quali i rapporti di potere, gli stereotipi e i pregiudizi. Il numero di giovani che hanno gia' fruito di tali programmi supera i venticinquemila. Hanno ricevuto un tirocinio pratico nel campo della gestione delle situazioni conflittuali cinquemila adulti, molti dei quali sono ora attivi in altre organizzazioni coinvolte nel superamento del conflitto. Oltre ad avere ottenuto - grazie ai risultati conseguiti - ampi riconoscimenti sia a livello regionale che internazionale, la Scuola ha ricevuto numerosi premi. I suoi programmi godono del sostegno del Ministero dell'Educazione e della Cultura dello Stato d'Israele. * Dumia: la Casa del Silenzio Appartata, gradevolmente adagiata sul dorso della collina, si trova la Casa del Silenzio: uno spazio per la meditazione, la riflessione o la preghiera. "Per Te, il silenzio (dumia) e' lode" (Salmo 65, 2). Si e' pensato di creare la Casa del Silenzio nella convinzione che, per quanto separate le une dalle altre siano le persone animate da credenze o da culture differenti, esse possano tuttavia trovare in dumia un comune santuario. Un gruppo di studio di dumia organizza incontri tesi a promuovere riflessioni e ricerche circa l'incidenza dei valori etici e spirituali sull'educazione e sull'edificazione della pace, con frequenti riferimenti alle scritture delle tre grandi tradizioni religiose monoteiste. Gli incontri sono aperti a :tutti; ad essi prendono pero' parte soprattutto persone interessate alle problematiche dell'educazione. * Strutture efficienti per l'ospitalita' Situato in una stupenda posizione panoramica non lontano da Gerusalemme e da Tel Aviv, Neve' Shalom/Wahat al-Salam offre l'accoglienza cordiale e il comfort di una foresteria,base ideale per coloro che desiderino visitare Israele, conoscere il villaggio e partecipare alle attivita' della Scuola per la pace. Le camere della foresteria, ampie e arredate con cura, sono dotate di aria condizionata e possiedono ciascuna un ingresso separato e un balconcino privato. L'ostello offre condizioni d'ospitalita' semplici ma confortevoli. * Programmi per i visitatori Una presentazione introduttiva a Neve' Shalom/Wahat al-Salam, comprendente la proiezione di un video e l'incontro con un membro della comunita', puo' essere organizzata a beneficio di gruppi che si trattengano una giornata o si fermino per una notte. Le visite possono comprendere anche attivita' e programmi organizzati dallo staff della Scuola per la pace. Le visite o i programmi devono essere concordati in anticipo con l'ufficio di ricevimento della foresteria. 4. MAESTRE. LUCE FABBRI: LIBERTA' [Questo frammento abbiamo estratto dall'intervista di Cristina Valenti a Luce Fabbri, Vivendo la mia vita, apparsa nel n. 247 dell'estate 1998 di "A. Rivista anarchica" (disponibile integralmente anche nel web, nel sito www.arivista.org). Luce Fabbri, pensatrice e militante anarchica, educatrice profonda e generosa, un punto di riferimento per tutti gli amici della dignita' umana e della nonviolenza. Nata il 25 luglio 1908, figlia di Luigi Fabbri (il grande militante e teorico libertario collaboratore di Errico Malatesta), dal 1929 in esilio dapprima a Parigi, poi a Bruxelles e via Anversa in America Latina, a Montevideo in Uruguay, ove da allora risiedera' (ma ancora sovente molto viaggiando); la morte la coglie il 19 agosto 2000, operosa fino alla fine, sempre attiva, generosa, mite, accogliente; sempre lucida, sempre limpida, per sempre Luce. Opere di Luce Fabbri: per un primo avvio segnaliamo l'ampia e preziosa intervista a cura di Cristina Valenti: Luce Fabbri, vivendo la mia vita, apparsa su "A. rivista anarchica" dell'estate 1998 (disponibile anche nella rete telematica alla pagina web: http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/247/22.htm ). Tra le sue opere in volume ed in opuscolo segnaliamo: a) scritti politici: Camisas negras, Ediciones Nervio, Buenos Aires 1935; (con lo pseudonimo Luz D. Alba), 19 de julio. Antologia de la revolucion espanola, Coleccion Esfuerzo, Montevideo 1937; (con Diego Abad de Santillan), Gli anarchici e la rivoluzione spagnola, Carlo Frigerio Editore, Lugano 1938; La liberta' nelle crisi rivoluzionarie, Edizioni Studi Sociali, Montevideo 1947; El totalitarismo entre las dos guerras, Ediciones Union Socialista Libertaria, Buenos Aires 1948; L'anticomunismo, l'antimperialismo e la pace, Edizioni di Studi Sociali, Montevideo 1949; La strada, Edizioni Studi Sociali, Montevideo 1952; Sotto la minaccia totalitaria, Edizioni RL, Napoli 1955; Problemi d'oggi, Edizioni RL, Napoli 1958; La libertad entre la historia y la utopia, Ediciones Union Socialista Libertaria, Rosario 1962; El anarquismo: mas alla' de la democracia, Editorial Reconstruir, Buenos Aires 1983; Luigi Fabbri. Storia d'un uomo libero, BFS, Pisa 1996; Una strada concreta verso l'utopia, Samizdat, Pescara 1998; La libertad entre la historia y la utopia. Tres ensayos y otros textos del siglo XX, Barcelona 1998; b) volumi di poesia: I canti dell'attesa, M. O. Bertani, Montevideo 1932; Propinqua Libertas, di prossima pubblicazione; c) scritti di storia e di critica letteraria: Influenza della letteratura italiana sulla cultura rioplatense (1810-1853), Ediciones Nuestro Tiempo, Montevideo 1966; L'influenza della letteratura italiana sulla cultura rioplatense (1853-1915), Editorial Lena & Cia. S. A., Montevideo 1967; La poesia de Leopardi, Instituto Italiano de Cultura, Montevideo 1971; Machiavelli escritor, Instituto Italiano de Cultura, Montevideo 1972; La Divina Comedia de Dante Alighieri, Universidad de la Republica, Montevideo 1994. Ad essi si aggiungono i saggi pubblicati nella "Revista de la Facultad de Humanidad y Ciencias" di Montevideo, e gli interventi e le interviste su molte pubblicazioni, e le notevoli traduzioni - con impegnati testi propri di introduzione e commento - (tra cui, in volume: di opere di Nettlau, di Malatesta, del padre Luigi Fabbri, e l'edizione bilingue commentata del Principe di Machiavelli). Opere su Luce Fabbri: un punto di partenza e' l'utilissimo dossier, Ricordando Luce Fabbri, in "A. rivista anarchica", n. 266 dell'ottobre 2000, pp. 28-41] La liberta' dev'essere basata sulla solidarieta' perche' senza solidarieta' non e' realizzabile. 5. STRUMENTI. GIACOMO ALESSANDRONI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Giacomo Alessandroni (per contatti: galessandroni at virgilio.it) per questo intervento. Giacomo Alessandroni e' un collaboratore di Peacelink e del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, ed e' impegnato in molte esperienze di pace, di solidarieta', di nonviolenza] Ci sono mille ragioni per abbonarsi ad una rivista ed altrettante per fare economia in questo periodo di ristrettezze e sacrifici. C'e' invece qualcosa cui non si puo' derogare: il futuro. "Tratta bene la Terra. Non ci e' stata data dai nostri padri, ci e' stata prestata dai nostri figli", insegnano i pastori nomadi del Kenya. Io ho un figlio, si chiama Giovanni e a fine febbraio compira' tre anni. La poesia non riesce a descrivere le mille gioie avute in dono. Tornando al presente un figlio, oggi, e' un gesto che mescola follia e profezia. Follia, perche' solo un incosciente puo' concepire un figlio in un pianeta cosi' martoriato dall'egoismo; dove i potenti non sono disposti a cedere un solo millimetro del loro potere; dove il diritto cessa di esistere; dove la violenza e' padrona della quasi totalita' del palinsesto mediatico sia televisivo, sia cartaceo. Profezia, poiche' solo chi sa sognare puo' sperare di veder realizzata una infinitesima parte del suo potenziale. Concepire un figlio oggi puo' esser visto come una sfida: se tutto il mondo va in rovina, se ogni generazione e' peggiore della precedente, perche' continuare, perche' dare vita ad una creatura destinata ad avere una vita piu' precaria della mia? La risposta e' piu' semplice della domanda: perche' io lavorero' per costruire un mondo migliore. Forse falliro' ma se non inizio, se non do nemmeno un misero contributo, allora potro' dirmi davvero sconfitto; ma se il mio sguardo sara' nella direzione del cammino, allora una speranza avra' motivo di esistere. "Azione nonviolenta" mi appare come una storia dove, anche senza guerre, le pagine non resterebbero bianche. Non e' cosa da poco. Chi legge queste righe sa di cosa parlo ma, con tutta probabilita', il suo collega di lavoro no. "Azione nonviolenta" lo spiega, mostra gli eventi di pace, cio' che molto spesso viene omesso dai mass-media "ufficiali", del resto un colpo di fucile fa piu' rumore di un movimento nonviolento. Che la strada sia in salita non e' un mistero per nessuno, ma se vogliamo dare un futuro migliore al mio - e ai vostri - Giovanni, possiamo cominciare insieme con un gesto molto semplice. E, senza dirlo troppo ad alta voce, un abbonamento e' anche un bel regalo che non sia la solita candela che poi non si sa nemmeno a chi ri-regalare... confesso che e' cosi' che ho conosciuto un'altra rivista, "Adista". Due cari amici ce l'hanno regalata. 6. STRUMENTI. MICHELE MEOMARTINO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Michele Meomartino (per contatti: michelemeomartino at tiscali.it) per questo intervento. Michele Meomartino e' coordinatore della Rete nonviolenta dell'Abruzzo] Mi abbono ad "Azione nonviolenta" e cerco in tutte le iniziative sulla pace e la nonviolenza (manifestazioni, convegni, conferenze, seminari) di promuovere la sua diffusione. Lo faccio senza nessuno sforzo, semplicemente regalando numeri vecchi della rivista che gli amici della redazione di Verona mi spediscono. E' il mio piccolo e leggero sassolino che porto volentieri alla costruzione della pace. Se la nonviolenza e' il varco della storia, senza "Azione nonviolenta" questo varco sarebbe meno nitido, e io piu' povero e solo. 7. STRUMENTI. MAO VALPIANA: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA PERCHE'... [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it), per questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario] E' un modo concreto per far crescere la nonviolenza: da soli i fucili non si spezzano, da sole le idee non camminano. Mi aiuta ad essere fedele a un'idea, ad uno stato d'animo, a una convinzione, a una scelta di coscienza. Quando ero negli scout mi hanno insegnato che bisogna essere i primi a dare il buon esempio: se non mi abbono io, che sono il direttore, come farei a chiedere agli altri di abbonarsi? So bene che la rivista vive solo grazie agli abbonati, che sono gli unici veri artefici della lunga vita di questa rivista, e non voglio sentirmi responsabile di un'eventuale cessazione della pubblicazione. Abbiamo bisogno di strumenti per costruire il movimento della nonviolenza organizzata. Uno di questi strumenti e' la rivista fondata da Aldo Capitini. I giovani, attraverso questa rivista, hanno la possibilita' di rendersi conto che la nonviolenza e' fatta di azioni e non di belle parole. Gli articoli di Salio, di Pinna, di L'Abate, di Lugli, di Drago, di Soccio, di Peyretti, di Dogliotti, e di tanti altri amici della nonviolenza, li trovo solo qui, e non certo sui cosiddetti grandi giornali. Perche' mi piacciono molto le rubriche del Cinema, della Musica, dell'Economia, dell'Educazione, della Storia, dell'Azione, di Lilliput, delle Alternative, viste con gli occhiali della nonviolenza. Da 23 anni, ininterrottamente, con tantissimi altri amici ed amiche, lavoro per far uscire il numero mensile, da quando e' solo un'idea a quando la tipografia lo consegna fresco di stampa. In un momento di difficolta' economica per tutti, quelli per "Azione nonviolenta" sono 25 euro ben spesi. 8. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA" "Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org; l'abbonamento annuo e' di 25 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB 11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta". 9. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: IL DIALOGO COME VIAGGIO [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003] Una comunicazione aperta e costruttiva e' una delle chiavi per il successo delle organizzazioni che lavorano al cambiamento sociale, essendo il catalizzatore ed il vettore per l'identificazione e la risoluzione dei problemi. Metaforicamente parlando, una buona comunicazione e' il sangue vitale di un'organizzazione funzionante. Poiche' la comunicazione e' sia un'arte sia una scienza, e' molto piu' facile parlarne teoricamente che maneggiarla in pratica. Molti dei problemi che un'organizzazione incontra (interpersonali, sistemici, di pianificazione) sono riconducibili ad una comunicazione impoverita. Il fatto e' che numerosi gruppi per il cambiamento sociale elaborano la loro struttura relazionale ed organizzativa mutuandola dalle organizzazioni "tradizionali", costruite sul modello autoritario del dominio, con cui entrano in conflitto. Gruppi che hanno scelto, almeno formalmente, di non "usare gli attrezzi del padrone per smantellare la casa del padrone" (Audre Lorde) restano spesso incastrati nei vecchi moduli di discussione, ove bisogna discernere "chi ha ragione" o chi ha "l'argomentazione piu' efficace" e formare schieramenti, semplificando ed impoverendo istanze complesse, cancellando prospettive diverse e differenze e, in poche parole, trovando uno o piu' nuovi "padroni" (leader) che indichino la giusta via. Quale che sia il nostro scopo come attivisti/e per il cambiamento sociale, non possiamo essere cosi' ingenui da credere che basti essere "contro" qualcosa per ottenere un mutamento, in primo luogo in noi stessi, che abbiamo avuto il medesimo addestramento ad una comunicazione falsa, sterile, competitiva, di coloro che identifichiamo come nostri oppositori. Percio', dobbiamo fare uno sforzo per trasformare i nostri gruppi in comunita' ove le persone siano e si sentano legittimate ad espandere le proprie capacita' creative, ove nuovi ed espansivi modi di osservare e riflettere siano incoraggiati e nutriti, ove l'ispirazione collettiva abbia ampio respiro, e le persone siano parte di un processo in cui (scusate se sembra un gioco di parole) apprendono continuamente come si apprende insieme. * Le parole chiave della comunicazione Cornice concettuale: un corpo di conoscenze e assunti precedentemente elaborato, che forma un linguaggio dato, socialmente condiviso da gruppi e settori dell'opinione pubblica. Modello mentale: Sistema di definizioni che influenza i modi individuali in cui guardiamo il mondo ed agiamo in esso. Il suo posizionamento e' statico, un po' insofferente rispetto alle innovazioni: la staticita' del modello serve infatti a darci sicurezza. Assai spesso e' un sistema di cui non siamo consci: portare queste raffigurazioni del mondo alla coscienza ed esaminarle e' uno dei passi essenziali per liberarsi da pregiudizi e stereotipi. Visione condivisa: E' simile al modello mentale, con la prima significativa differenza di essere una costruzione conscia, in cui si chiarificano e si articolano onestamente i propri desideri e convincimenti. La seconda differenza essenziale e' che si tratta di un modello costruito attivamente con altri. E' un'attitudine dinamica, proiettata nel futuro, che da' forma alla visione di cio' che desideriamo creare ed ai principi ed alle pratiche grazie ai quali conseguire la visione stessa. * Cos'e' un dialogo Un modo per raffigurare il dialogo e' come un livello nel continuum degli stadi comunicativi. Le conversazioni spesso conducono a punti in cui gli individui devono affrontare un disaccordo, o una mancanza di comprensione. Si puo' scegliere come uscirne: enfatizzando la competizione e la logica, ovvero arrivando ad un dibattito in cui una parte vince e l'altra perde; oppure, mettendo per un attimo da parte giudizio e risultato e approfondendo le motivazioni, i sentimenti, i desideri di ciascun parlante. Questo e' il sentiero che conduce al dialogo, alla costruzione del gruppo come comunita', alla costruzione di cultura e di nuovi convincimenti condivisi. Il dialogo e' un processo che si evolve e, per cosi' dire, sboccia e fiorisce man mano che il gruppo ne fa pratica. Uno dei suoi paradossi e' che non ha assolutamente importanza quanto volete che accada: non puo' essere forzato. E pero', mentre si acquisiscono individualmente e collettivamente le capacita' relative alla conversazione ed alla riflessione, si scopre di muoversi attraverso la progressione del dialogo. * Le fasi del dialogo Primo gradino: L'instabilita' del contenitore. Quando un gruppo qualsiasi di individui si riunisce, ciascuno degli individui stessi porta con se' una serie di assunti non esplicitati, di credenze e di prospettive. La prima sfida nel processo del dialogo e', per i partecipanti, il riconoscere queste differenze ed accettare che lo scopo del dialogo non e' di negarle o difenderle, ma di trovare un modo per esplorarle. L'instabilita' e' relativa ai conflitti potenziali che sottendono le differenze, ed alle "routine difensive" che noi siamo propensi a mettere in atto di fronte ai conflitti stessi (come ad esempio le "tattiche da dibattito": l'aggressione verbale, lo spostamento dal merito della questione alla persona che la pone, eccetera). Solo un ascolto accurato e la volonta' di muoversi in terreni non conosciuti, domandando ed esplorando, aiuta in questa fase a muoversi verso il dialogo. In aggiunta, le persone possono praticare la tecnica detta "osserva l'osservatore": l'idea e' di spostare con frequenza l'attenzione, durante la conversazione, a se stessi come se ci si osservasse dall'esterno. Questo da' modo alle persone di esaminare i propri pensieri e i propri sentimenti mentre essi accadono, e non dopo. * Secondo gradino: L'instabilita' nel contenitore. Il riconoscimento della prima crisi, e la decisione di accettare l'incertezza che deriva dalla molteplicita' delle differenze, cominciano a creare un ambiente in cui le persone capiscono di star facendo qualcosa di diverso dal solito. In questo stadio il gruppo di solito fluttua fra il nuovo modello di dialogo ed i piu' confortevoli e conosciuti modi di discutere. E' il momento in cui differenze sostanziali che erano state occultate cominciano ad apparire, ed e' anche il momento in cui le persone sperimentano frustrazione, in primo luogo per l'apparente mancanza di coerenza e logica negli assunti, nelle credenze e nei pensieri altrui (e propri!). Cio' conduce al secondo punto di crisi: o il gruppo si muove con piu' forza verso la difesa comune del nuovo modello di dialogo, oppure riconosce di non essere pronto, e torna a praticare la tecnica primaria della domanda e dell'esplorazione. * Terzo gradino: L'interrogarsi nel contenitore. Quando la seconda crisi e' risolta, nel gruppo emerge un nuovo senso di consapevolezza. Le persone cominciano ad interrogarsi come gruppo, ed e' il momento in cui eccellenti intuizioni vengono alla luce. La sensibilita' nella conversazione e' aumentata: le persone notano, ad esempio, che esse differiscono nel "passo" di parola o di pensiero, e cominciano ad interrogare e rispettare tali differenze. A volte, in questo stadio, la conversazione fluisce con un'intensita' di tale potenza da portare gli individui a confrontarsi con i propri convincimenti profondi: cio' puo' condurre ad una terza crisi, ovvero al momento in cui le persone capiscono che si sono poste da sole dei limiti al pensiero ed all'azione. Ne possono risultare la trasformazione degli schemi di interazione e cambiamenti significativi sia a livello personale, sia a livello di gruppo: se si raggiunge questo punto di crisi, il dialogo ha avuto successo sotto molti punti di vista. * Quarto gradino: la creativita' nel contenitore. Dopo aver navigato attraverso la terza crisi, la coscienza collettiva del gruppo ha raggiunto nuove spiagge. La riflessione e la discussione avvengono con ritmi diversi dagli usuali. Le persone cominciano a capire che mezzo e messaggio sono collegati: le informazioni che ricevono dal processo del dialogo contengono altrettanto significato delle parole che vengono usate per parlarsi. Cornici concettuali e modelli mentali basati sulla rigidita' si sono allentati, permettendo a nuovi livelli di intelligenza e di creativita' di emergere. * Linee guida Una volta che il gruppo ha preso la decisione di iniziare il processo, puo' servirsi delle seguenti linee guida: 1) I/le partecipanti devono sentirsi il piu' "eguali" possibile e, per sottolineare questo, sedete in cerchio. 2) Ogni partecipante deve sentire di avere abbastanza tempo per stabilire la propria identita' all'interno del gruppo. 3) Lo scopo del gruppo, all'inizio, dev'essere primariamente di esplorare il processo del dialogo, e di conseguirne qualche conoscenza, piuttosto che di prendere una decisione specifica o di trovare la soluzione ad un problema. 4) Iniziando questo viaggio, i/le partecipanti proveranno preoccupazione per i propri assunti, pensieri e sentimenti, percio' incoraggiarli a condividere esperienze personali e' un buon modo per cominciare. 5) Strutturare gli incontri di modo che non superino le due ore, e ad intervalli di due/tre settimane sembra funzionare bene nella maggior parte dei casi. * Conclusione Il dialogo ed i suoi effetti possono aiutare i gruppi in molti modi. Il piu' evidente e' che la qualita' ne viene esaltata, la qualita' della comunicazione, della riflessione, della creativita', delle relazioni fra persone. Ma aumentera' anche la qualita' delle uscite pubbliche, delle azioni, dei comunicati ed in genere dei risultati ottenuti a qualsiasi livello. Il viaggio verso il dialogo puo' essere difficile, basandosi come si basa sulla necessita' di affrontare alcuni rischi, di imparare nuove cose, e di lasciar andare vecchie e familiari maniere di parlare ed agire. Percio' e' necessario che abbiate molta pazienza nell'impegnarvi a compiere il viaggio e che crediate nella sua utilita': se lo farete, la vostra ricompensa sara' una magnifica trasformazione. 10. MATERIALI. DISPONIBILI IN RETE I VENTI NUMERI DI "EDUCARSI ALLA PACE" Sono disponibili nella rete telematica i venti numeri fin qui usciti del notiziario bibliografico "Educarsi alla pace" curato dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo. Chi fosse interessato a leggerli li trova alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html raggiungibile anche attraverso il seguente percorso: dalla home page di Peacelink (www.peacelink.it) aprire il menu a tendina "archivio liste" e scorrerlo fino alla lista "Nonviolenza", sulla quale cliccare, e comparira' la schermata che reca tutti i fascicoli del notiziario. 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 776 del 12 dicembre 2004 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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