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La nonviolenza e' in cammino. 773
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 773
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 9 Dec 2004 01:02:51 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 773 del 9 dicembre 2004 Sommario di questo numero: 1. Benito D'Ippolito: Felicia 2. Nanni Salio: Dieci buone ragioni per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" 3. Maria G. Di Rienzo: Organizzarsi per il cambiamento. Il potere di base e dieci regole d'oro 4. Incontri 5. Agenda "Giorni nonviolenti 2005" 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. LUTTI. BENITO D'IPPOLITO: FELICIA [E' deceduta Felicia Bartolotta Impastato, madre di Peppino Impastato, luminosa testimone e combattente contro la mafia, per la verita' e la giustizia, per un'umanita' di libere e liberi, di eguali. Volto di donna della nonviolenza in cammino. Il nostro amico Benito D'Ippolito ha scritto queste righe in memoria] Sento alla radio che non e' piu' viva Felicia Bartolotta Impastato. So che la radio mente: Felicia Bartolotta Impastato e' ancora qui. Perche' se e' vero che la nostra lotta contro la mafia non e' ancora finita allora Felicia qui deve essere ancora. Poi, quando avremo vinto, potra' lei anche prendere riposo. E adesso poso la penna. E piango. 2. STRUMENTI. NANNI SALIO: DIECI BUONE RAGIONI PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA" [Ringraziamo Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta", per averci permesso di pubblicare come anticipazione questo intervento di Nanni Salio (per contatti: regis at arpnet.it). Torinese, segretario dell'Ipri (Italian Peace Research Institute), Giovanni Salio si occupa da diversi anni di ricerca, educazione e azione per la pace, ed e' tra le voci piu' autorevoli della nonviolenza in Italia. Opere di Giovanni Salio: Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?, Movimento Nonviolento, Perugia; Scienza e guerra (con Antonino Drago), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1982; Ipri, Se vuoi la pace educa alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; Le centrali nucleari e la bomba, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Ipri, I movimenti per la pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986-1989; Progetto di educazione alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1991; Le guerre del Golfo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1991; Il potere della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995; Elementi di economia nonviolenta, Movimento Nonviolento, Verona 2001. "Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org; l'abbonamento annuo e' di 25 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB 11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta"] Se quarant'anni vi sembran pochi: fondata da Aldo Capitini nel 1964, "Azione nonviolenta" ha continuato assiduamente a promuovere il meglio della cultura nonviolenta. Se vuoi la pace... metti mano al portafoglio: l'abbonamento e' prezioso per sostenere concretamente, sul piano economico, la rivista e potenziarla ulteriormente. Se vuoi la pace... studia la pace: la rivista offre la possibilita' di seguire passo passo la crescita della cultura della nonviolenza in Italia e nel mondo. Anche la nonviolenza si impara. Se vuoi la pace... educa alla trasformazione nonviolenta dei conflitti: e' quanto ti permette di fare la rubrica curata mensilmente da Angela Dogliotti Marasso. Se vuoi la pace... sostieni i movimenti nonviolenti: la rivista e' espressione del Movimento Nonviolento, senza il quale non c'e' continuita' nella politica della nonviolenza. Se vuoi la pace... nutriti di nonviolenza: ricerca, educazione, e azione sono tre momenti fondamentali che la rivista segue nel promuovere una cultura della nonviolenza. Se vuoi la pace... suona musica di pace: e' quanto ci propone mensilmente Paolo Predieri nella sua rubrica per veicolare la nonviolenza anche attraverso la musica. Se vuoi la pace... sostieni tutte le forme di obiezione di coscienza: Sergio Albesano ci aiuta a mantenere viva la memoria storica delle varie forme di obiezione di coscienza. Se vuoi la pace... costruisci immaginari di pace: dalle montagne di pace, ai musei per la pace, alla letteratura, la fotografia, l'arte, la rivista ci offre spunti per ampliare gli orizzonti. Se vuoi la pace... diffondi "Azione nonviolenta": e' la logica conclusione dei punti precedenti: dacci una mano, con generosita' e continuita'. 3. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: ORGANIZZARSI PER IL CAMBIAMENTO. IL POTERE DI BASE E DIECI REGOLE D'ORO [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003] Ci sono quattro metodi fondamentali per affrontare i problemi relativi al cambiamento sociale: l'organizzarsi nella comunita', il sostegno ad un'istanza, il fornire un servizio, lo sviluppare un'attivita'. Non ci sono metodi giusti o metodi sbagliati, fra i quattro: ogni gruppo per il cambiamento sociale sceglie continuamente fra essi, a volte si specializza in uno di essi, oppure usa una combinazione dei quattro metodi. La cosa importante e' che sappiate cio' che state facendo, ovvero che il mezzo di volta in volta scelto si accordi con i fini, la missione e la visione del vostro gruppo. L'organizzarsi nella comunita' e' caratterizzato dalla mobilitazione dei volontari, con dei sottogruppi dalle abilita' "particolari" (addetti stampa, tecnici, ecc.) che hanno il solo compito di aiutare i volontari ad essere efficaci nelle loro azioni. E' un fare insieme, un fare "con" le persone. Questo tipo di organizzazione per il cambiamento prevede spesso un confronto di qualche sorta: delle persone vogliono qualcosa e lo chiedono tutte insieme, altre persone che potrebbero dare questo qualcosa diventano nervose e si rifiutano di darlo... Le vostre tecniche di intervento potrebbero includere incontri con direttori di aziende o membri dei governi locali, il disegno di programmi alternativi a quelli che vi vengono imposti, azioni dirette nonviolente per bloccare comportamenti negativi o distruttivi. Il sostegno ad un'istanza ed il fornire un servizio sono entrambi caratterizzati dal fare "per" le persone. E' il tipo di lavoro che puo' svolgere un avvocato, ad esempio, presentando la situazione dal punto di vista della violazione delle leggi per coloro che non sono in grado di valutarla tecnicamente in questo modo. Oppure e' il lavoro dei formatori alla facilitazione degli incontri o all'azione diretta nonviolenta, o di chi presta soccorso alla popolazione civile negli scenari di guerra. Un gruppo per il cambiamento sociale puo' fornire servizi di consulenza alle persone sui temi di propria competenza, o mostrare il proprio sostegno ad un'istanza senza esservi direttamente coinvolto (con una dichiarazione pubblica, un comunicato stampa, eccetera). Lo sviluppare un'attivita' e' un metodo che mette il gruppo nella condizione di produrre o commerciare oggetti fisici. Generalmente, un gruppo prende questa decisione perche' il normale corso degli eventi non incontra delle aree di bisogno: gli "operatori di mercato" non prenderanno in mano la questione, ad esempio, perche' il profitto legato ad essa sarebbe troppo basso. Scegliere di sviluppare un'attivita' richiede che i membri del gruppo acquisiscano particolari capacita' relative al tipo di intervento che hanno in mente. * In questo articolo ci concentreremo sul primo dei quattro metodi. Percio': cosa significa "organizzarsi nella comunita'"? Si tratta di un processo di costruzione di potere. Proprio cosi'. Questo potere, il "potere insieme", e' cio' di cui avete bisogno per far funzionare le cose, il dominio e' cio' che vi opprime, di cui non avete bisogno e che non intendete replicare. Organizzarsi nella comunita' significa coinvolgere le persone che ne fanno parte nell'identificazione dei problemi che condividono; significa chiarificare quali sono le persone e le strutture che possono contribuire alla soluzione dei problemi individuati e confrontarsi con esse tramite la negoziazione, o la pressione delle azioni dirette nonviolente; e significa costruire una struttura di base in cui si pratichi democrazia diretta e che sviluppi la capacita' di discutere e affrontare i problemi della comunita'. L'organizzarsi nella comunita' non e' di per se' una tecnica per risolvere i problemi: coloro che usano la contrapposizione ad ogni costo e gli incontri e le azioni di massa per nutrire il proprio personale bisogno di potere, e saltano i passi del coinvolgimento e del controllo democratico nello scegliere istanze e metodi d'azione, non si chiamano attivisti per il cambiamento sociale, si chiamano demagoghi. Le loro organizzazioni sono semplicemente delle frodi, senza questo aspetto che umanizza e rende praticabile lo sforzo per il cambiamento. L'organizzarsi nella comunita' non e' un processo che trova il suo fine in se stesso: se non ottiene benefici concreti non durera' a lungo. I gruppi che si accontentano di passare il tempo in interminabili assemblee, in cui i soliti noti parlano del sesso degli angeli o della loro bravura, sono destinati a svanire nell'oblio. Brutalmente: le persone mettono impegno nei gruppi di base per avere dei risultati; in primo luogo, devono vedere nel gruppo un potenziale per il cambiamento che interessa loro, in secondo luogo, devono percepire che il loro personale coinvolgimento fa la differenza, ha un impatto tangibile. Se mi si da' l'impressione che il gruppo otterra' comunque quel che vuole, e che il mio personale apporto non conta per ottenerlo, allora facilmente me ne restero' a casa. L'organizzarsi nella comunita' non e' "una cosa da buoni vicini", un metodo minoritario o una sciocchezza da anni '60, buono solo per gruppi di ispirazione religiosa, bello ma non sufficientemente politico, eccetera eccetera. Molti vi diranno questo, pero', o ve l'hanno gia' detto. Al di la' delle loro motivazioni specifiche, ve ne sono due di comuni, che sottendono tali commenti: chi ha etichettato l'organizzarsi nella comunita' come "fuori tempo" o "fuori luogo" si sente a disagio per il vostro progetto, e ne ha un po' paura. Prendere il potere nelle proprie mani, mentre queste mani sono strette a mani altrui, significa prendere su di se' un grande carico di responsabilita' personale. Non vi tediero' con gli esempi storici, ma pensate che ora, proprio ora, l'organizzarsi nella comunita', questa scienza dello stare insieme, del discutere, del negoziare, sta dispiegando la sua forza e la sua bellezza nei barrios di San Antonio, nei ghetti di Baltimora, nelle "communidades" del Brasile... Queste persone stanno lottando e vincendo. Anche noi possiamo farlo. * Come la comunita' si muove Gli individui si muovono ed organizzano, in prima battuta, per interesse personale: un organizzarsi efficace deve pero' saper sviluppare un senso "piu' largo" di tale interesse, ed ecco dove la speranza entra nel quadro. Dobbiamo diventare costruttori di orizzonti, perche' ogni giorno alle persone viene insegnato che non c'e' modo di vedere un cambiamento, qualsiasi cosa esse facciano. Troppi politici tradiscono e inquinano il senso del loro servizio alla comunita' ogni giorno, i ricchi diventano sempre piu' ricchi, i potenti sfuggono alle conseguenze delle loro azioni: in questo modo, ci viene insegnato ad abbassare i nostri orizzonti, a raggrinzirci in quel piccolo spazio dove riusciamo (o crediamo di riuscire) ad avere un impatto. L'organizzarsi nella comunita' cerca di insegnare alle persone, attraverso l'esperienza, che esse possono essere efficaci in sfere sempre piu' ampie. Il loro quartiere, la loro citta', la loro nazione, il mondo intero. In questo modo, l'idea del "se'" e dell'interesse personale vengono ridefinite e spuntano il "tu ed io", il "noi", il "se' in relazione". L'organizzarsi nella comunita' e' un processo dinamico, che richiede attenzione e sforzo costante: l'apertura della visione, l'allargarsi dell'orizzonte, devono finire per rispecchiarsi nell'arena politica. Voi potete osservare l'aspetto dinamico nello stadio iniziale della costruzione di un gruppo. All'inizio, vi saranno persone che vorranno affrontare le "grandi" istanze, ed altre che identificheranno scopi piu' facilmente raggiungibili. Se il gruppo si rivolge a questi ultimi, e' probabile che ottenga un successo e, assieme ad esso, la forza e l'entusiasmo per continuare. Inoltre, l'autoapprendimento che deriva dall'esperienza comune avra' mostrato come la "piccola" cosa che abbiamo ottenuto (le biciclette comunali, ad esempio) sia legata alla "grande" (la mobilita' urbana, l'uso dell'auto e quindi del petrolio, la connessione petrolio/guerra, ecc.). * Imparare a gestire il conflitto Parecchi dei problemi che il gruppo identifichera' come condivisi nella comunita' possono essere risolti semplicemente tramite un determinato coordinarsi, aiutando le persone a "centrarsi" sull'istanza, a vederla ed interrogarla. La maggior parte dei problemi fondamentali per una comunita', pero', hanno profonde radici nell'avidita' e nel dominio, e c'e' chi trae profitto da essi. E' probabile che costoro non riconosceranno la giustezza della nostra causa al primo incontro con noi, e nemmeno al secondo e, forse, neppure quando le nostre azioni li avranno forzati a consultare la propria coscienza. Se un gruppo non acquisisce le abilita' necessarie alla gestione dei conflitti, e' altrettanto probabile che si ritirera' di fronte alla durezza della risposta. Se il confronto non e' uno degli attrezzi che sapete maneggiare, non risolverete le istanze che lo richiedono. * Definire l'istanza Tipicamente, quando guardiamo la questione per la prima volta, essa ci appare come una matassa inestricabile fatta di nodi: rimostranze, irritazione, brutte situazioni, ingiustizie, oppressione, crisi, confusione. Definire l'istanza e' fare in modo che la comunita' possa organizzarsi attorno ad essa, ovvero dare ad essa una forma chiara e degli scopi precisi. Una formula semplice per farlo e' contenuta nella sigla ISR: che sta per Immediato, Specifico, Realizzabile. Immediato significa che le persone percepiscono un immediato beneficio dall'organizzarsi, sia esso la prospettiva di godere del miglioramento, o la prospettiva di vedere la situazione peggiorare a causa della loro inazione. "Domani arrivano i bulldozer, pensi di partecipare all'azione diretta per bloccarli?", e' una domanda migliore da fare di "Ti piacerebbe dare una mano al processo di pianificazione nella nostra comunita'?". Specifico si riferisce sia al problema sia alla sua soluzione. Gli edifici vecchi e pericolanti sono un problema. Quel determinato edificio che vogliamo transennato subito e riadattato entro i prossimi mesi e' un'istanza. Realizzabile significa che, per quanto possibile, valuteremo assieme a cio' che e' necessario a mettere in moto l'azione gli aspetti dei suoi possibili risultati. Ci faremo percio' le seguenti domande: Chi sono le persone direttamente affette dal problema, e come possiamo raggiungerle (se non sono, com'e' augurabile, gia' presenti)? Quanto li affligge la situazione, e quanto sono disposti a tenere duro? Sono stati addestrati all'azione diretta nonviolenta, o combattere a insulti e sassate e' l'unica opzione che conoscono? Chi beneficia dal mantenere le cose cosi' come stanno? Che costi percepiranno, costoro, dal doverci venire incontro? Chi altri e' marginalmente interessato, o ferito, dalla situazione cosi' com'e'? Come la soluzione che abbiamo in mente cambiera' queste equazioni? Possiamo pensare che la nostra azione ci guadagnera' consenso nell'opinione pubblica e nuovi amici attivisti? * Le dieci regole d'oro dell'organizzazione 1. Nessuno verra' all'incontro che avete organizzato se non gli/le date una ragione per venirci. 2. Nessuno che non sappia dell'incontro potra' venire all'incontro. 3. Se un'organizzazione non accetta l'idea di poter cambiare, crescere, modificarsi, morira'. 4. Tutti/e sono leader. 5. Il successo piu' importante e' il gruppo stesso. 6. A volte, "vincere" e' "perdere". 7. A volte, "vincere" e' "vincere". 8. Se non lotti per quello che vuoi, non lo vuoi abbastanza. 9. Celebra. 10. Divertiti. * La prima regola vi sembra lapalissiana, suppongo. Eppure io continuo ad osservare gruppi con esperienza e talento che la ignorano a proprio danno, e a danno delle cose di cui intendono occuparsi. Dare alle persone un motivo per venire all'incontro significa due cose: primo, che interpretate la questione di cui intendete parlare come in relazione a loro stesse. Cio' vuol dire presentare loro tale questione in un modo semplice e che le tocchi personalmente, sapendo cosa rispondere alla (di solito) inespressa domanda: "Cosa c'e' li', per me?". Si tratta di usare piu' approcci, andando oltre l'ovvio. Per esempio, se vi state occupando di un parco cittadino disastrato, da rimettere in ordine, le persone che hanno figli che potrebbero andarci a giocare saranno facilmente attratte dal vostro progetto. Ma come coinvolgere quelli che non hanno bambini? E quelli che vivono troppo distanti dal parco per beneficiare direttamente del suo ripristino? Un esempio di telefonata al proposito: "Buonasera, sono Giacomo Rossi, e la sto chiamando per conto del Comitato Città Solidale. Lei ha bambini alla scuola materna o alle elementari? Se la risposta e' si': I suoi bambini sono mai andati a giocare al Parco del Fiume? (ascoltate) Si sono mai feriti o sono stati in pericolo a causa delle attrezzature rotte che ci sono li'? (ascoltate) Lei pensa che il Parco andrebbe rimesso in ordine? Bene, e' quello per cui stiamo lavorando. Abbiamo invitato all'incontro l'assessore al verde pubblico e vorremmo mostrargli che molti cittadini vogliono il ripristino del Parco. Lei pensa di poter venire all'incontro? Se la risposta e' no: Ha notato che i bambini del quartiere giocano in strada, mettendo in pericolo loro stessi e gli automobilisti? (ascoltate) Sa che il Parco del Centro Storico ha nuove attrezzature per cui il Comune ha speso piu' di 5.000 euro? E che sono dieci anni che non spendono un centesimo per il nostro Parco? Stiamo organizzando un incontro per discutere di questo, domani sera alle 19,30 nell'Aula Magna delle Magistrali. Abbiamo invitato all'incontro l'assessore al verde pubblico e vorremmo mostrargli che molti cittadini vogliono il ripristino del Parco. Lei pensa di poter venire all'incontro?". Questi due approcci cercano di interpretare il problema dal punto di vista della persona con cui state parlando, e di catturare il suo interesse in modo sufficiente a farla uscire di casa domani sera. Il secondo aspetto della ragione per venire all'incontro e' cio' che accadra' durante l'incontro stesso. Se alle persone che vengono si chiede solo di occupare una sedia, e non di partecipare, se non hanno possibilita' di fare domande o di raccontare la loro storia, troveranno molto facile andarsene. L'agenda di qualsiasi incontro dovrebbe sempre prevedere uno spazio per le storie individuali, che danno volto umano al problema. La signora Verdi deve poter venire al microfono a raccontare di come suo figlio Andrea si e' infilzato un chiodo nel piede in quel Parco. Chi organizza dovrebbe poi chiedere a quanti altri hanno avuto bambini feriti di alzare la mano o di venire al microfono. Se l'incontro si restringe ad un monologo di chi lo presiede ed al corrispettivo monologo degli eventuali amministratori cittadini presenti, il vostro risultato, gratificazione dell'ego dei parlanti a parte, e' pari a zero. * La seconda regola appare ancor piu' ovvia della prima. E di nuovo io continuo ad osservare gruppi per il cambiamento sociale che analizzano la scarsa partecipazione alle loro iniziative avendola beatamente ignorata. Pubblicizzano ad esempio l'incontro tramite la newsletter elettronica, e lo fanno il giovedi' sera per la data di sabato pomeriggio. Chi non e' iscritto alla newsletter (chi dunque non e' gia' un sostenitore, un simpatizzante, o un attivista) non avra' altri modi per sapere dell'incontro; chi e' iscritto potrebbe aver gia' pianificato altre cose, per sabato pomeriggio, e non gli si da' neppure il tempo di riorganizzarsi (c'e' un giorno a disposizione da quando si legge l'avviso). Vi regalo questa percentuale statistica: per ogni 100 persone che hanno ricevuto la notizia dell'incontro in tempo utile (da newsletter, giornali, volantini) ed un contatto personale al proposito (una telefonata, o un invito da individui che conoscono) almeno 10 verranno. Lo so, organizzarsi e' un lavoro duro: ma non ci sono scorciatoie che tengano. Un gruppo che non pianta i semi di una comunicazione efficace non dovrebbe sorprendersi della scarsita' del raccolto. * La terza regola e': cio' che non e' in grado di trasformarsi avvizzisce. Una buona comunicazione portera' nuove persone al gruppo e tali persone devono essere messe in grado di fare qualcosa da subito, perche' e' per questo che sono venute. Percio' bisogna accoglierle, chiedere loro di raccontare di se' e dei propri talenti e desideri, sapere che cosa pensano dell'ultima azione che avete organizzato, e come vogliono ora mettersi all'opera: possono fare qualche telefonata per il prossimo incontro? Possono disegnare il volantino per la raccolta fondi? (eccetera). Ogni istanza di cui vi occupate dovrebbe portare fra voi nuovi membri della comunita', e dovete sapere da subito che alcuni dei "vecchi" non resteranno o avranno meno tempo da mettere a disposizione, a causa dei naturali processi della loro vita (un trasloco, il cambiamento di occupazione, la nascita di un bimbo). Se nel gruppo non entrano nuove persone, questo normale restringimento vi sara' fatale. * La quarta regola, ovvero l'affermare che tutti/e sono "leader", non e' solo un'enunciazione di principio, tesa a condividere il potere nelle relazioni, e' un banale dato di fatto. Pensate a quante volte avete visto o sperimentato direttamente situazioni del genere: Giovanni, sacerdote famoso per il suo impegno sociale, membro del nostro gruppo, si e' improvvisamente ammalato e non puo' partecipare alla conferenza stampa. Marta non e' un "personaggio" per i media, ma e' l'unica del gruppo disponibile quella mattina, tocca a lei, non c'e' niente da fare, e la cosa e' fra mezz'ora, quindi... Oppure: caro Daniele, se non vai all'incontro con gli altri gruppi ci saranno solo quelli che vogliono lo scontro con la polizia a parlare ai nostri concittadini, e la nostra voce non si sentira': lo so che doveva andarci Rita, ma ha avuto problemi a casa... Convincete delle persone a fare un passo avanti, anche in situazioni disagevoli, e date ad esse una possibilita'; sostenetele e apprezzatene lo sforzo, anche se quando hanno preso il microfono per la prima volta tremavano come foglie: ho visto dozzine di questi individui "comuni" trasformarsi in oratori appassionati e capaci, semplicemente perche' era stata data loro fiducia. * La quinta regola dice che il successo piu' importante e' il vostro stare insieme. Dovreste celebrare il semplice fatto di essere ancora un gruppo, viste le difficolta' che avete affrontato, non e' vero? E poi dovreste riflettere su come state insieme, su che metodi vi date per dialogare ed agire, su quanto essi sono inclusivi ed efficaci. Un gruppo diretto da un "capo", o da una manciata di "capi", che prevede volontari e beneficiari privi di parola non e' un gruppo per il cambiamento sociale, e non da' l'opportunita' alle persone di prendere decisioni per se stesse. Nessun cambiamento viene da benintenzionati "esterni" che sanno come risolvere il vostro problema senza interpellarvi... abbiamo gia' numerosi partiti politici, oltre a qualche associazione sedicente rivoluzionaria, che recitano questa parte. * La sesta regola potrebbe risultarvi un po' oscura, a prima vista. Ho usato i termini vincere/perdere per brevita', ma quelli esatti sarebbero "ottenere qualcosa, o tutto, di cio' che ci siamo proposti", e "non ottenerlo". Un gruppo che sostiene di non aver mai perso una lotta ha probabilmente una visione assai ristretta ed una capacita' d'azione limitatissima, o e' molto ingenuo. Una parte importante del vostro lavoro per il cambiamento sociale e' la capacita' di vedere le cose cosi' come sono, ovvero ad esempio il capire che quel politico intervenuto al vostro incontro, che ha parlato per venti minuti dell'importanza di rispondere ai bisogni dei cittadini, non ha pero' detto che sosterra' il vostro progetto, ed anzi ne ha prospettato uno del tutto diverso. Dopo di che, dobbiamo essere attenti a quel che chiediamo, e a cosa realmente vogliamo. Mettiamo che il nostro gruppo si impegni perche' piu' associazioni vengano ammesse dal Comune al forum dei cittadini: l'amministrazione, infatti, usualmente privilegia quelle di categorie economiche e quelle che le sono politicamente vicine. Il gruppo fa tanto di quel rumore che il Comune decide di ammetterlo al forum: adesso possiamo accedere a dei fondi, e vediamo che sono davvero limitati, ma abbiamo "fatto la fame" per tanto tempo, ce lo meritiamo, no? Nessun altro gruppo viene chiamato, la nostra istanza sembra non avere piu' senso. Possiamo contestare il forum dei cittadini, in questo momento? Perderemmo prestigio, perderemmo risorse. Ora abbiamo rispettabilita' ed accettazione, ufficialmente. E' vero, non volevamo questo in origine, ma in fondo, se le altre associazioni vogliono essere ascoltate in quella sede, potremmo far loro da tramite... Alcuni nostri attivisti, intanto, cominciano a pensare che chi si prende i gettoni di presenza per far parte del forum potrebbe ben spendere quei soldi per le telefonate informative, e smettono di farne. I nostri tradizionali sostenitori si chiedono il senso della nostra presenza ad un forum che abbiamo piu' volte dichiarato inefficace, troppo ristretto e persino illegittimo, e cominciano a sottrarre il loro consenso. Le nostre azioni sono piu' titubanti, meno pervase di energia; preferiamo discutere al forum di cio' che accade in citta', e non piu' con i nostri concittadini: il nostro gradimento nella cosiddetta opinione pubblica scema. Pero' ci citano sui giornali locali. In breve ci riduciamo, come numero, a chi partecipa al forum ed a coloro che sostengono questa opzione, mentre gli altri lasciano il gruppo. Abbiamo "vinto", abbiamo "perso"? A voi la risposta. * La settima regola e' fatta per tirarvi su di morale dopo che il cinico di turno nel vostro gruppo avra' detto: "Va bene, abbiamo ottenuto 30 posti letto e la mensa comunale per l'accoglienza ai migranti, ma ragazzi, ci sono altre dozzine di persone la' fuori che non sanno dove andare a dormire!". Si', e continueremo a lottare insieme con loro per avere appartamenti a basso costo ed altri posti letto, ma adesso trenta persone sanno dove andare a dormire, va bene? E questo e' un successo, e va riconosciuto come tale. Non dovete mai scoraggiarvi: nessuno puo' condurre una campagna per il cambiamento sociale, giorno dopo giorno, senza coltivare la speranza. Questa regola, ovvero riconoscere i propri successi, vi porta direttamente alla nona, ma non senza passare per l'ottava. * L'ottava regola. Abbiamo accennato precedentemente a cosa sia l'organizzarsi nella comunita', ovvero costruzione di potere condiviso. Chi ha esperienza di attivismo sa benissimo che e' possibile mantenersi molto occupati, scrivendo ad esempio tanti e bellissimi e nobili comunicati, e non arrivare da nessuna parte. Se non definite chiaramente i vostri scopi, e non lottate per ottenerli, non raggiungerete mai risultati apprezzabili. Se non scendete nell'arena politica, ad agire positivamente il conflitto, non state lavorando per il cambiamento sociale, ma per qualcosa d'altro. Quando invece lo fate, ci saranno quelli pronti a definirvi troppo esigenti, seccanti, utopisti malnati, portatori di segrete istanze maligne, e vi urleranno cose del tipo "Perdio, portateveli a casa voi, gli sfrattati, se vi piacciono tanto!". Bene: cio' significa avete individuato e "toccato" i centri del potere, che le vostre argomentazioni sono efficaci, che c'e' sostegno attorno a voi. Quando urlano, e' perche' non hanno nessuna argomentazione sensata da opporvi. * La nona regola. Celebrare serve a vedere la meta' piena del bicchiere. Spesso basta un individuo pessimista ad abbassare il morale di tutto il gruppo. Provate a riflettere sulle cose che avete compiuto fino ad ora come gruppo: quante ragioni avete per celebrare? Resterete sorpresi, dopo averlo fatto, perché ce ne sono un mucchio. E allora, scriveteci un volantino e distribuitelo in citta', organizzate una festa di piazza, condividete la "vittoria" con la comunita': i vostri successi diverranno anche loro, diverranno "nostri". * La decima regola. Qualcuno resta sempre sorpreso quando parlo di divertimento in relazione alle lotte sociali. Parecchi attivisti hanno una visione funerea del loro impegno, dove un caffe' insieme ed un sorriso sono intollerabili perdite di tempo, per la loro inesausta mentalita' aziendale (produrre!). Ma condividere la propria visione del mondo, le proprie speranze e paure, davanti ad un birra al pub, magari scherzandoci sopra, e' una parte importantissima dell'organizzazione. E' il filo della vostra umanita', che invisibile vi tiene insieme durante l'azione diretta, durante i confronti con il dominio, durante le durezze che affrontate: questo filo ama dispiegarsi anche durante le gioie che spartite. Lavorare insieme puo' essere piacevole, e deve esserlo se desiderate che il gruppo continui ad esistere. E usare l'umorismo per presentare un'istanza, o con un oppositore durante un dialogo, puo' essere assai efficace: il divertimento e' potente. * Pianificare le azioni Ogni gruppo dovrebbe farlo accuratamente e in modo partecipato. In primo luogo, dovete definire l'istanza, gli scopi della campagna, i vostri potenziali alleati, i vostri oppositori. Il miglior piano che possiate fare individua chi puo' darvi cio' che volete (un'istituzione privata o pubblica, un'amministrazione, eccetera). Questo "chi" dev'essere a portata di mano: un gruppo di Aosta non puo' costruire l'intero piano d'azione solo sull'influenzare qualcuno a Roma perche' prenda una decisione, ma deve individuare nel locale su "chi" fare pressione perche' quella decisione sia presa. Piu' conoscenze avete riguardo a tale soggetto locale, piu' potrete sviluppare efficaci tecniche d'azione. Quando ragionate sulla vostra campagna, non dimenticate mai di cercare di dare risposta ai vari "e se..." che salteranno fuori. Generalmente, ogni mossa puo' avere tre uscite: se avete invitato il sindaco a discutere con voi, egli puo' venire, puo' rifiutarsi di venire (o neppure rispondervi), o puo' mandare qualcuno a rappresentarlo. Il gruppo puo' quindi decidere come agire in ognuna delle tre eventualita'; se il sindaco viene come sara' accolto, dove lo faremo accomodare, quanto tempo gli daremo per parlare, lo lasceremo parlare per primo o solo in replica alle nostre domande, gli chiederemo di restare per tutto il tempo dell'assemblea o di lasciarci ad un certo punto? Se ha deciso di non venire, andremo noi in consiglio comunale, o andremo a fargli una sorpresa mentre gioca al suo tennis club preferito? Se manda un sostituto, lo accetteremo o no? E cosi' via. Allo stesso modo, ci sono tre possibili risposte del sindaco alle vostre richieste: si', no, e forse. Se dice di si', come possiamo fissare lo specifico impegno che prende? C'e' un seguito, a quel si', su cui possiamo spingerci? Se dice no, abbiamo pensato a modi per fargli cambiare idea? Possiamo chiedergli di fare pressione su qualcun altro perche' la decisione sia presa? Se dice forse, siamo pronti a ribattere che vogliamo maggior chiarezza, e a spingerlo a prendere una posizione netta? Quando vi dicono "forse", dovete capire che il risultato immediato del "forse" e' un "no", e dovete essere pronti a respingere questo tipo di risposte e a buttare sul piatto il vostro passo successivo: "forse" e "no" significano che noi torneremo a chiederle queste medesime cose lunedi' sera, signor sindaco, pubblicamente, durante il consiglio comunale; "forse" e "no", signor sindaco, significano che noi chiederemo al governo di far rispettare le leggi alla sua amministrazione, che da oggi in poi stazioneremo a staffetta nell'area che ci interessa, che domani indiremo una conferenza stampa, eccetera. Ma non dite mai che farete una determinata cosa se non siete in grado di farla: la vostra credibilita' ne risulterebbe indebolita per lunghissimo tempo. * Utilizzare i fallimenti Si', un fallimento fornisce di solito una buona quantita' di materiale riciclabile: ci permette di imparare dai nostri errori e di costruire qualcosa persino sulle reazioni negative della controparte. Una storia realmente accaduta, ad esempio: molti genitori di alunni di una scuola elementare erano preoccupati dalla velocita' delle automobili sul tratto di strada che bambine e bambini dovevano per forza attraversare per entrare nell'edificio. Mancava, sulla strada, un'adeguata segnaletica, un semaforo, dei limitatori di velocita'. I genitori firmarono una petizione, ma non erano interessati a fare dell'attivismo nel senso vero e proprio. Furono consigliati da un'attivista di prendere appuntamento con l'assessore alla viabilita' pubblica, per consegnargli personalmente la petizione. A portarla, assieme all'attivista, fu una sola madre, peraltro incinta di sette mesi, una signora mite e gentile che non trovando altri genitori all'appuntamento era parecchio delusa, decisa a tornare a casa, e a spedire le firme per posta. L'attivista insiste' per andare all'appuntamento in Comune. L'assessore non si presento', e al suo posto parlo' con la signora un giovane ingegnere maleducato e sprezzante, che la fece aspettare quasi un'ora prima di riceverla, la tratto' come un'idiota, disse che non spettava ai genitori di occuparsi di viabilita', e cosi' via. In auto, riportandola a casa, l'attivista le ripeteva: "Ha sentito che modi? Incredibile. E la comunita' paga uno stipendio a questo tizio. L'assenza dell'assessore, poi, e' non solo una scortesia, ma la precisa volonta' di non ascoltare i cittadini. No, lei deve chiamare gli altri genitori, me lo prometta, e raccontare loro come e' stata trattata. Per di più e' incinta, e l'ha fatta aspettare in piedi nel corridoio. Davvero, lei deve raccontare questa cosa...". La signora lo fece. Altri genitori lo raccontarono ad altre persone, qualcuno lo racconto' a un giornalista locale. Quando la signora aveva raccontato la sua storia non piu' di sei volte, ovvero a sei persone differenti, essa era gia' tornata indietro come un razzo, e al successivo incontro sulla situazione di quella strada davanti alla scuola elementare i genitori erano 75 e i bambini quasi 100. La segnaletica arrivo' subito dopo. Vedete come puo' essere utile un fallimento? * Gli accordi Quando un incontro e' disegnato per ottenere un accordo con qualcuno, va strutturato in modo da poter stringere quell'accordo ufficialmente, su carta, con la stampa presente, eccetera. Potete per esempio chiedere al convenuto (il sindaco, l'assessore, il direttore) di firmare un accordo generale che incorpori le vostre richieste: se lo fa, la sua risposta e' veramente "si'". Se non lo fa, di solito chiedera' una revisione del testo, diverra' molto piu' specifico su cio' che intende veramente fare, e a volte firmera' la versione rivista (e in questo modo voi sapete esattamente su cosa si impegna, e su cosa no). Potete anche redigere un documento che contenga una lista di domande, alle quali il vostro ospite risponda si' o no, e poi lo firmi. * La valutazione Valutare i risultati dei vostri sforzi e' un punto critico dell'organizzazione. Non aspettate che la faccenda sia conclusa, per vedere se le cose hanno funzionato. Nel frattempo portate avanti la vostra campagna, ritagliate uno spazio nelle riunioni in cui rispondere a queste domande: 1. Le nostre tecniche ci stanno portando i risultati che desideriamo, ovvero siamo piu' vicini all'ottenimento dei nostri scopi? 2. Cosa sta funzionando, e cosa non sta funzionando? 3. Le nostre azioni ci stanno guadagnando sostegno nella comunita'? La valutazione potra' portarvi a conclusioni diverse, per esempio potreste scoprire che la ragione per cui non vi avvicinate allo scopo e' che il soggetto da influenzare per ottenere il cambiamento non e' quello che avete scelto, che la tempistica delle azioni non e' stata perfetta, o che le tecniche erano giuste, ma non sufficientemente ripetute. In ogni caso, non abbiate paura di cambiare strada, se avete scoperto che quella seguita sino ad ora non porta in nessun luogo. I vostri sforzi devono creare il cambiamento che desiderate, e sapere cosa funziona e cosa non funziona vi rendera' più efficaci non solo in questa campagna, ma molto di piu' nelle prossime che programmerete. 4. INCONTRI A Venezia fino all'11 dicembre Dall'8 e fino all'11 dicembre 2004 si svolge a Venezia, nella sede della scuola grande san Giovanni evangelista, il quarto Salone dell'editoria di pace, promosso dalla "Fondazione Venezia per la Ricerca sulla Pace". Il piu' importante appuntamento annuale di questo genere in Italia, fondamentale occasione di incontro, ricco di presentazioni di libri, dibattiti, mostre ed altre iniziative di riflessione ed azione per la pace, cui partecipano oltre 150 case editrici e molti dei piu' importanti studiosi ed attivisti per la pace e la nonviolenza italiani ed internazionali. Un appuntamento da non perdere. Per informazioni e contatti: gbenzoni at tin.it * A Torino il 9 dicembre Giovedi' 9 dicembre, alle ore 18, presso il Centro studi Sereno Regis, via Garibaldi 13, a Torino, si terra' un incontro sul tema: "Israele-Palestina: la violenza non e' una soluzione", presentazione della campagna internazionale promossa dal MAN, movimento nonviolento francese, per una forza internazionale di intervento civile. L'incontro e' a cura di Angela Dogliotti Marasso, Maria Chiara Tropea e Gianni D'Elia nell'ambito del ciclo di incontri "Osservatorio internazionale sulla nonviolenza". Per informazioni: e-mail: paolocand at inwind.it, regis at arpnet.it, sito: www.cssr-pas.org * Ad Agropoli il 10 e 11 dicembre Per iniziativa dell'Associazione "Amici di Danilo Dolci" il 10-11 dicembre si svolgeranno ad Agropoli due giornate di iniziative collegate alla presentazione ed assegnazione del Premio nazionale "Danilo Dolci". Parteciperanno, tra gli altri, Giuseppe Lembo, presidente dell'Associazione; Pietro, presidente di Nomadelfia; Enzo Di Paola, della scuola di Mirto; Ernesto Scelza, dell'Ufficio di pacedella Provincia di Salerno; Giuseppe Casarrubea, storico; Giuseppe Barone, autore de "La forza della nonviolenza"; Marco Lombardi, del quotidiano "La Repubblica"; Silvia Acocella, dell'Universita' Federico II di Napoli; Raimondo Di Maio, editore; Paolo Varvaro, dell'Universita' Federico II di Napoli; Alberto Castiglione, regista del documentario "Danilo Dolci: memoria e utopia"; Amico Dolci, musicista; Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta"; Enzo Marzo, direttore di "Critica liberale"; Mario Esposito, presidente dell'associazione "Il simposio delle Muse". Molte ed assai qualificate le iniziative. Per informazioni: www.associazionedanilodolciagropoli.it * A Sulmona l'11 e 12 dicembre Si svolgera' a Sulmona, l'11 e 12 dicembre 2004, presso l'Auditorium del Palazzo dell'Annunziata, un convegno sul tema "Potere e pace: attualita' di Celestino V" nei giorni dell'anniversario della sua rinuncia al pontificato. Interverranno tra gli altri: Raniero La Valle, giornalista e scrittore; don Adriano Sella, coordinatore del movimento "Gocce di Giustizia"; Giovanni Bachelet, docente all'Universita' "La Sapienza" di Roma; Giovanni Salio, direttore del "Centro studi Sereno Regis" di Torino; don Tonio Dell'Olio, segretario nazionale di "Pax Christi". Vi saranno anche una rappresentazione teatrale della piccola compagnia teatrale del Corridoio - Pianella, e una visita all'eremo di Celestino V sul monte Morrone. Per informazioni: tel. 3495843946 (Pasquale), 3401547502 (Anna), 3339698792 (Mario), 0864460006 (Pasquale e Tonino, ore ufficio), 086453515 (Sara, ore pasti); e-mail: sudest at iol.it * A Terni l'11 dicembre Per iniziativa di Pax Christi e dell'associazione "Sulla strada", e con il patrocinio del Comune, si svolgera' sabato 11 dicembre a Terni una giornata di incontri sul tema "Pace e giustizia nelle nostre mani". Tra le altre iniziative, alle ore 15,30 presso l'auditorium Palazzo Primavera si svolgera' un colloquio con la partecipazione di padre Alex Zanotelli, Lidia Menapace, Giancarla Codrignani, Peppe Sini, don Carlo Sansonetti. Per informazioni: pxterni at virgilio.it, sullastrada at iol.it 5. STRUMENTI. AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2005" Segnaliamo la pubblicazione dell'agenda "Giorni nonviolenti 2005", edita dalle benemerite Edizioni Qualevita. Un utilissimo strumento di lavoro per tutte le persone amiche della nonviolenza. L'agenda e' di 432 pagine, formato 15x20, copertina a colori, prezzo di copertina euro 9,50. Per ordinazioni: 1 copia euro 9,50; 3 copie euro 8,80 cad.; 5 copie euro 8,10 cad.;10 copie euro 7,55 cad.; 25 copie euro 7,00 cad.; 50 copie euro 6,50 cad.; 100 copie euro 5,25 cad.; oltre 100 copie euro 4,65 cad. (comprese spese di spedizione). Indirizzare le richieste a: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (AQ), tel. e fax: 0864460006 o anche 3495843946, e-mail: qualevita3 at tele2.it o anche: sudest at iol.it, sito: http://italy.peacelink.org/qualevita 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 773 del 9 dicembre 2004 Per ricevere questo foglio sono possibili due diverse procedure: a) scrivere a nonviolenza-request at peacelink.it mettendo come soggetto "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione); oppure b) andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). Per non ricevere piu' questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe
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