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Una breve notizia e minuscolo un dono
- Subject: Una breve notizia e minuscolo un dono
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 3 Dec 2004 12:08:11 +0100
Alle persone di volonta' buona impegnate per la pace e la giustizia alle persone amiche della nonviolenza alle lettrici e ai lettori de "La nonviolenza e' in cammino" Una breve notizia e minuscolo un dono E' prossima la ripresa delle pubblicazioni del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" curato dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo; esso verra' diffuso attraverso una mailing list automatizzata la cui gestione tecnica sara' a cura degli amici di Peacelink, che nuovamente ringraziamo. Coloro che vorranno ricevere il notiziario dovranno "abbonarsi" (gratuitamente, e' ovvio) alla mailing list, poiche' non procederemo piu' agli invii diretti come abbiamo fatto in passato. Per iscriversi alla mailing list sono possibili due diverse procedure: una tramite e-mail, l'altra tramite web: ai fini pratici esse sono equivalenti, scelga il lettore di quale preferisce servirsi: a) scrivere a nonviolenza-request at peacelink.it mettendo come soggetto "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione); oppure b) andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html , scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). Naturalmente le lettere, gli articoli e i materiali indirizzati alla redazione vanno inviati alla solita casella di posta elettronica: nbawac at tin.it Sperando di non dispiacere, alla notizia che precede aggiungiamo in dono alcuni testi del nostro collaboratore Benito D'Ippolito apparsi su "La nonviolenza e' in cammino" negli scorsi anni, che abbiamo adesso raccolto in un fascicolo di materiali per la riflessione del corso di educazione alla pace del liceo scientifico di Orte (Viterbo). Grazie di cuore per l'attenzione. Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo Viterbo, 3 dicembre 2004 Mittente: Centro di ricerca per la pace strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it * Da "La nonviolenza è in cammino" n. 464 UNA SERA DI CHICO MENDES "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho serbato la fede" (2 Tm 4, 7) La selva e nella selva l'altra selva quella nei laghi neri del cuore quella ove incontri lupe, leoni, lonze e i killer prezzolati dai padroni. La selva e nella selva vivi gli alberi e sotto la corteccia il sangue loro ed è mestieri di cavarne stille, fratelli alberi, abbiamo fame anche noi. La selva e nella selva gli abitanti della selva. Ed ecco stabiliamo un patto nuovo tra noi della foresta, fratelli umani che dopo noi vivrete. La selva e noi, le donne antiche e gli uomini antichi e gli uomini e le donne che eccoci. Stringiamo un patto, sorelle piante, ci diciamo parole di rispetto e di dolore, fratelli alberi abbiamo fame anche noi, hanno fame anche altri, tutti vogliamo vivere. La selva e nella selva io Chico Mendes e tre proiettili che passo dopo passo di ramo in ramo di talento in talento dal portafogli e dalla scrivania fino alla tasca e alla cintura e alla fondina è tanto che mi cercano, e cercano me Chico Mendes, il sindacalista l'amico della foresta, l'amico della nonviolenza. Ed è già questo ventidue dicembre del mille novecento ottantotto questa è la porta di casa mia, sono le cinque e tre quarti. E mi sotterreranno nel giorno di Natale antica festa. Piangono nella selva lente lacrime di caucciù le piante, piange l'indio piange Ilzamar, Sandino ed Elenira piangono e piangono i compagni tutti, il sindacato piange e piange il cielo in questa sera senza luce e senza scampo. Mentre mi accascio guardo ancora il mondo che possa vivere ho fatto la mia parte. * Da "La nonviolenza è in cammino" n. 466 AD ALCUNI AMICI SUOI DI CATANIA Degli infiniti mondi questo era dei ciarlatani il mondo. E dei mafiosi. E delle oppresse e degli oppressi in lotta per il riscatto e per la dignità. Ti offrivano casse di vini pregiati e sorridendo ti dicevano di smettere, ma chi te lo fa fare, pensa alla salute. Ministri e cavalieri, stallieri e magnati ti guardavano come una sfinge, cosa poteva volere quella faccia di greco antico che certo amava la vita. Amava la vita ed amava la Sicilia che è la vita quando la vita è insieme felice e amara. Amava la Sicilia che è la Grecia di Empedocle e il mondo quando tutto era colmo di dei e di dee. Amava la Sicilia che non si arrende, la Sicilia dei contadini e degli zolfatari, degli emigranti e delle magre donne forti come la roccia. Era uno come Diderot: fece più che delle opere fece delle persone. Trovò compagni e suscitò la lotta, quando tutti tacevano e lui levò la voce, e così quando sarebbe stato facile cedere in una smorfia, in un ammiccare ironico e lieve, e invece lui levò la voce. Lo avevano avvisato, non dite di no. Avvisato lo avevano, ma lui niente e con quel sorriso e con quel cercare grane sempre d'attorno andando col fiuto e con la tigna. Lo avevano avvisato ma lui niente testa dura che voleva spianare le montagne. Poiché non lo fermarono i sorrisi poiché non lo fermavano gli avvisi poiché cresceva intorno a lui, tramite lui quella cosa che si chiama Resistenza e puoi dirla solamente in lieve soffio, mandarono a fermarlo infine i killer. Sono passati anni e a quella notte tante altre fredde notti di dolore si sono aggiunte tale che s'incrina il mondo sotto il peso della mole. Sono passati anni e Pippo Fava è ancora qui, compagni, e vive ancora e vivrà ancora finché tu non cedi. * Da "La nonviolenza è in cammino" n. 487 DELLA MEMORIA DEL DOLORE E DEL DOLORE DELLA MEMORIA I. Quando ricordi il dolore aggiungi un dolore ancora. E la memoria del dolore infinito è infinito protrarsi del dolore. Tutto ne geme, ne scricchiola il mondo, e l'anima. Quando ricordi il dolore un nuovo dolore sopporti ma non dissemini nuovo dolore il vecchio cerchi d'addomesticare che meno ti graffi lo sguardo t'incrini meno la voce, il cuore nel raccontare un poco si disserri. Ma quando ricordi quel dolore frutto del male innominabile, quel male ancora ti strazia e smarrisce. Non puoi dartene ragione, non puoi domesticarlo, no, non puoi. Cosa ti accade allora? II. Si può raccontare l'inenarrabile? e si può razionalizzare ciò che sfugge alla ragione? e si può fare memoria di ciò che dovrebbe per sempre sprofondare nel pozzo dell'oblio? Ma quel dolore resta e ancor più resta quel male se non trovi chi ti ascolta quel male se non trovi le parole atte ad espellerlo dacché giù in fondo all'anima forte a calcarlo ebbero i torturatori. Dire l'indicibile. Lottare ancora. Convocare l'intera umanità al cospetto dell'unica, la duplice Shoah. Lottare ancora dire l'indicibile salvare le vittime future. Pesante assai fardello di scorpioni e di frustate che sul dosso grava troppo perché lo possa sostenere persona. E tuttavia recare testimonio e dire l'indicibile e lottare ancora, ancora salvare le vittime, l'umanità intera. III. Non accadde in una notte di tempesta non accadde tra capanne e dentro grotte non accadde in terre barbare e deserte. Fu nel cuore colto e vivo dell'Europa conficcato come stocco fino all'elsa. Non accadde in tempi oscuri e remotissimi ma nel secolo ricco e portentoso della tecnica, la crescita, il progresso. Nel cuore colto e vivo dell'Europa nero chiodo che trapassa e infetta l'albero. IV. Mi chiedo quali ricordi io ricordi e di quali ricordi io parlo in questi giorni ai miei ragazzi, qui, seduti in cerchio. E cosa coli e filtri tra parole nelle anime loro che non voglio insozzare ridicendo dell'inferno di Auschwitz. Questo dovere di fedeltà ai maestri più grandi che ho avuto e questa paura di essere strumento inconsapevole e nolente ancora alla propagazione dell'orrore col solo dirne. E in lacrime ogni volta ancor rompendo. V. Mi chiedo questa voce che qui scrive di cosa testimoni e donde trovi la forza di levarsi voce ancora. Mi dico non sei tu non sei non sei tu in diritto di parlar di questo solo potrebbero coloro che son morti o pochi vecchi che i giorni del male tutte le notti devono tornare ad affrontare in buio e solitudine. Cosa ne sai, non eri lì, non puoi dar la tua voce alle parole altrui ed al silenzio altrui, e non vi sono parole che possano dire la cosa che con la parola Shoah tentiamo invano di esorcizzare, di stornar dal mondo. VI. Mi dico: pure devo ricordare che questo è stato e ricordare ad altri di ricordare che ciò che già è stato ancora può tornare se non veglia quella ragione che contende ai mostri. Mi dico, trattieni del ploro l'impulso e dei singulti e parla con voce chiara e piana racconta di Primo Levi, racconta di Vittorio Emanuele Giuntella, racconta quel che da loro hai imparato e tramanda la verità, l'appello e anche il fardello. Mi perdonino i giovani cui parlo alla cui innocenza m'inchino mi perdonino se l'eco dell'orrore reco alle loro orecchie, se traggo penoso un carico e lo consegno loro di angoscia inestinguibile. VII. Ma ricordate che questo è stato ma ricordate che all'inumano occorre resistere, ma ricordate che ogni persona è fragile, e difendila tu. Ricordati che tu devi salvarlo il mondo tutto, la vita di ciascuno. * Da "La nonviolenza è in cammino" n. 534 UNA CANZONE PER MARIANELLA GARCIA. NEL VENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE Ay Marianella, Marianella Garcia potevi fare la vita dei signori i tuoi buoni studi, il tuo seggio in parlamento ma tu scegliesti di stare con noi poveri. Ay Marianella che pioggia di sangue. Era Marianella sorella di noi morti perché amava la vita e che la vita fosse degna di essere vissuta. Ay Marianella si spensero le stelle. Era intrepida e vestita di umiltà sapeva che i fascisti la cercavano e ti raggiunse la furia dei fascisti. Ay Marianella la furia dei fascisti. Parlava la lingua dei contadini e degli angeli sapeva le parole che guariscono parole di luce e di pane. Ay Marianella la terra nera e rossa. Sapeva tutte le cose e anche le cose che tutti sanno e è difficile dire e lei le diceva con voce di uccellino. Ay Marianella che fredda è la notte. Ti ammazzarono come hanno ammazzato i morti che cercavi e che il tuo sguardo resuscitava nel cuore del popolo. Ay Marianella che pianto infinito. Così dura è la nostra dura vita che anche nella gioia noi piangiamo ma mentre ti piangiamo ricordiamo con gioia che sei stata e resti viva. Ay Marianella, Marianella Garcia. * Da "La nonviolenza è in cammino" n. 538 EPIGRAFE PER IL RESISTENTE JOSEF MAYR-NUSSER Almeno io ti voglio ricordare, e ringraziare ancora, Josef Mayr-Nusser che fosti arruolato a forza nelle SS e che dicesti no. Sul treno per Dachau, nel vagone bestiame moristi da resistente, non da carnefice. Avessero molti fatto la tua scelta non avrebbero inondato il mondo quanto dolore, quante lacrime, quanto sangue. Almeno io qui ti ringrazio ancora Josef Mayr-Nusser che dicesti no. * Da "La nonviolenza è in cammino" n. 542 NEL CHIASSO Nel chiasso in cui tutti hanno ragione resto in silenzio e il mio silenzio dica la colpa che io sento e che non sentono tutti coloro che di ciancia colmano il vuoto nel mondo lasciato dagli uccisi. * Da "La nonviolenza è in cammino" n. 558 PER OSCAR ROMERO Prima di essere Romero Romero non era ancora Romero. Tutti dobbiamo divenire ciò che siamo e che non siamo finché non ci troviamo a quell'antico bivio della scelta. Era Romero uomo di fede ma la sua fede non era ancora la fede di Romero, prima occorse che quella fede nella fede lo trovasse gliela recasse un popolo piagato. Così dall'astratto al concreto dicono certi antichi dottori muovesi il mondo, il mondo vecchio e stanco così si mosse anche Oscar Romero muovendo incontro a verità e martirio. Dicono: cosa si può fare? Nulla. E dicono anche: cosa si può fare? Tutto. E non è vero. Ma quel che è da fare tu fallo, e cosi' sia. Sotto lo sguardo degli assassinati Oscar Romero incontrò se stesso sotto lo sguardo degli assassini incontrò se stesso Oscar Romero. Viene sempre quell'ora inesorabile in cui devi levare la tua voce. Tu non vorresti, vorresti restare nel silenzio che sa molte lusinghe molti segreti, e molti pregi reca. Ma viene sempre l'ora della voce. Venne quell'ora per Oscar Romero a rivelargli il volto e il nome suo venne quell'ora recata dal silenzio degli assassinati e recata dal silenzio degli assassini, e giungi al paragone. Prese ad un tempo la parola e la croce e messosi alla scuola degli scalzi ne fu più che avvocato, compagno. Sapeva anche lui dove quella portava strada, sapeva anche lui quale suono avrebbe spento un giorno la sua voce. Come chiodi che secco un martello nel legno batte e conficca, il colpo della pallottola irruppe nel suo corpo fatto legno, fatto vino, fatto croce fatto pane, fatto luce, per sempre raggiunse Romero Romero, ormai voce per sempre dell'intera umanità. * Da "La nonviolenza è in cammino" n. 561 ANCORA UNA CANTATA DEI MORTI INVANO E noi siamo i soliti morti i soliti morti invano quelli come sempre poco furbi che non sapevano guardar lontano e quelli come sempre troppo furbi che non sapevano guardar vicino. Adesso siamo qui, presi all'uncino nello sheol infrante estinte spoglie morti per sempre come tutti i morti, e come tutti i morti morti invano. E noi anche avevamo attese e voglie e vite personali e aspetto umano di femmine e di maschi, e come foglie discerpaci ed invola un vento vano. E i sogni alati e le gioie e le doglie tutto disparve qual miraggio arcano quando al lume dei giorni e al buon cammino per sempre ci strappò il colpo assassino. E voi che questa voce che si spegne avete cuore di ascoltare ancora sappiate che anche le nostre eran degne di essere vissute vite, e l'ora che ce le tolse - ed erano ancor pregne di luce e di beltà che t'innamora - non fu di caso o fato il cupo frutto: furono uomini a rapirci tutto. E tu che ancora senti e ancora vedi a te affidiamo un'ultima parola: ferma la guerra, con le mani e i piedi; ferma la guerra e bruciati la gola a forza di gridarlo; e se non cedi vi è speme che s'inceppi questa mola e cessi questa storia di orchi e brace e possa venir l'ora della pace. Ma noi siamo solo i soliti morti i soliti morti invano quelli come sempre poco furbi che non sapevano guardar lontano e quelli come sempre troppo furbi che non sapevano guardar vicino. Adesso siamo qui, presi all'uncino nello sheol infrante estinte spoglie morti per sempre come tutti i morti, e come tutti i morti morti invano. * Da "La nonviolenza è in cammino" n. 562 IN MEMORIA DI DIETRICH BONHOEFFER I. Quando impiccarono Dietrich Bonhoeffer dal cielo si sentì come un sospiro profondo. Il buon Signore aveva perso un forte e buon compagno, e ne gemeva triste. All'ora nona si rirallegrava il cielo tutto ché Dietrich Bonhoeffer compiuta la sua corsa era tornato infine a casa. II. E voi miei cari a cui qui intorno al fuoco in questa veglia io riracconto ancora la storia vera e la vera leggenda del buon Dietrich Bonhoeffer, resistete come lui resistette. E non crediate che non ha senso questo nostro esistere resistere, cercare, accarezzare lottare per la vita e la giustizia. * Da "La nonviolenza è in cammino" n. 604 UOMINI E TIGRI Tu chiudi uomini in gabbia, ed essi diventano tigri. * Da "La nonviolenza è in cammino" n. 670 RUMINAZIONI DI UN VIANDANTE EUGUBINO Ora sappiamo che il lupo siamo noi. Che anche noi siamo nella pancia del lupo che anche noi rechiamo il lupo nella pancia. E questo sappiamo, che la nostra lotta contro di noi dobbiamo cominciarla. E questo è il deserto, e questa è la fame, ed il nemico è specchio di quanto di non risolto, di non ancora a luce sgorgato, di non compreso ancora, è in noi che soffre, in noi è, che ci sforza. E anche questo sappiamo, che i pensieri migliori si pensano coi piedi, camminando si pensano. Si pensano andando e mentre si va ci si dà voce e ascolto l'un l'altro, si scopre che il meraviglioso dono non è quando si arriva ma il viaggio, la strada condivisa e la compresa compagnia, e ciò che si ode e vede e si consente, e l'incontro inatteso, e dire tu al mondo. * Da "La nonviolenza è in cammino" n. 672 AGLI AMICI DELLA RETE RADIE' RESCH IN OCCASIONE DELLA DECIMA MARCIA PER LA GIUSTIZIA DA AGLIANA A QUARRATA Lunga è la via che mena alla giustizia che reca in dono comprensione e pace, e questa è una buonissima ragione per subito intraprenderla, gia l'ora è tarda, presto giungerà la sera. Ma questo viaggio reca incanti tali che tutta sanno illuminar la stanca vita, e recare rorido un ristoro quando si apre il cuore e incontri il volto dell'altro che è già qui e che ti attendeva. * Da "La nonviolenza è in cammino" n. 680 L'INTERPRETE Mi informa compunta la televisione che sulla strada tra Mossul e Tikrit dei soldati americani hanno sparato all'automobile di un diplomatico italiano membro del governo di occupazione, che si erano sbagliati e si sono dispiaciuti, gli italiani sono buoni amici, gli americani ragazzi un po' irruenti. Dell'interprete iracheno assassinato perché parlarne? perché scusarsi? Il suo volto e il suo nome non contano, la sua vita neppure. Messo in abisso qualcosa di distorto e di profondo vi è qui da interpretare, ma l'interprete è per l'appunto morto. * Da "La nonviolenza è in cammino" n. 768 CANTATA PER DANILO Giunse Danilo da molto lontano in questo paese senza speranza ma la speranza c'era, solo mancava Danilo per trovarcela nel cuore. Giunse Danilo armato di niente per vincere i signori potentissimi ma non così potenti erano poi, solo occorreva che venisse Danilo. Giunse Danilo e volle essere uno di noi, come noi, senza apparecchi ma ci voleva di essere Danilo per averne la tenacia, che rompe la pietra. Giunse Danilo e le conobbe tutte le nostre sventure, la fame e la galera. Ma fu così che Danilo ci raggiunse e resuscitò in noi la nostra forza. Giunse Danilo inventando cose nuove che erano quelle che sempre erano nostre: il digiuno, la pazienza, l'ascolto per consiglio e dopo la verifica in comune, il comune deliberare e il fare. Giunse Danilo, e più non se ne andò. Quando morì restò con noi per sempre. *
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