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Educarsi alla pace. 12
- Subject: Educarsi alla pace. 12
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 30 Nov 2004 01:02:04 +0100
EDUCARSI ALLA PACE. UNA RASSEGNA NON RASSEGNATA Alcune proposte di lettura per una cultura della pace e un accostamento alla nonviolenza, a cura del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 12 di martedi' 30 novembre 2004 * SOMMARIO 1. In evidenza 2. Carte 3. Materiali * 1. IN EVIDENZA TZVETAN TODOROV: FACE A' L'EXTREME Tzvetan Todorov, Face a' l'extreme, Seuil, Paris 1991, nuova edizione 1994, pp. 366 (una traduzione italiana della prima edizione e' apparsa presso Garzanti nel 1992, col titolo Di fronte all'estremo; in questa seconda edizione francese l'autore ha rivisto una parte del testo). Un'opera a nostro avviso di importanza fondamentale, come anche la successiva Memoria del male, tentazione del bene (2000, tr. it. 2001). Vivamente ne raccomandiamo la lettura. * 2. CARTE DA UNA LETTERA NON SPEDITA [Il testo seguente e' un estratto da una lettera che il nostro amico e collaboratore Giobbe Santabarbara aveva scritto all'amico suo Stefano Lungimirante il 16 settembre 2004, ma che poi non spedi', come sovente gli capita. Pur titubante, ce ne ha messo a disposizione il passo che presentiamo di seguito, forse non privo di interesse per i nostri lettori] Ai rapitori delle due Simone, e di tante e di tanti altri, credo che non abbiamo nulla da dire, ne' il diritto di dire nulla, se non un appello generalissimo - ed insieme essenziale, irriducibile ad altro, e infine l'unica parola che conta - in nome della comune appartenenza all'unica umanita': lasciatele vivere, lasciatele libere, loro come tutte e tutti. Lo stesso appello che dovremmo rivolgere a tutti i soldati di tutte le guerre: giu' le armi, non uccidete piu'. In questo strano momento dell'umanita' (quel tempo denso che in teologia si chiama kairos) mi sembra alcune ambiguita' si sciolgano, altre se ne creino. Oscena una brama di omologazione (surrogato maligno, canceroso, di un bisogno di riconoscimento, di cura, di reciprocita', di dignita') divora vite e corrompe relazioni. Ad un tempo vengono a nudo verita' intollerabili, e nuove menzogne si riproducono e ispessiscono. Ad esempio: quanto e' ridicolo e fuori scala l'aggettivo "nazionale" (usato ad un tempo dai signori della guerra e da chi a loro opporsi vorrebbe: "unita' nazionale", "manifestazione nazionale"...). Quanto e' purtroppo intimamente ipocrita l'illusione "umanitaria" di fare la guerra e insieme portare i soccorsi (l'Onu dell'embargo, l'Onu che denuncia; le istituzioni europee che chiedono di salvare vite, le istituzioni europee che condannano a morire i migranti; l'Italia che manda truppe di occupazione, l'Italia che manda qualche soccorso...). E quanto e' orribile - e rivelatrice del nostro quotidiano esser facitori di orrore, del nostro essere proprio noi i mostri che alcuni settori almeno dei gruppi terroristici cercano imitare -, quanto e' orribile questa pratica del terrore per raggiungerci sugli schermi dei televisori e dei computer, questo straziare corpi per divenire simili a noi in cio' che abbiamo di piu' turpe e feroce: del nostro stile di vita la violenza onnicida, ferale la techne. E quanto e' priva di politica - di utopia concreta, di ortopedia del camminare eretti, di principio speranza: ma anche di principio disperazione, e di principio responsabilita', e di infinita apertura all'ascolto del volto dell'altro -, quanto e' priva di politica, e quindi di verita', di realta', la retorica stantia e meccanica e alienata ed astratta dei burocratici autoreferenziali "gruppi dirigenti", e non solo quelli dei poteri dominanti, ma anche, non di rado, quelli che si dichiarano rappresentativi di un movimento per la pace che ne' da quelli ne' da altri stati maggiori puo' lasciarsi rappresentare poiche' per tragedia e per fortuna il movimento per la pace e' oggi la voce dell'umanita' intera nel gorgo della catastrofe - nulla di piu', ma nulla di meno -, e non lo strumento di una o un'altra camarilla, di una o altra carriera o riciclaggio o assalto alla diligenza del potere o alla barca della vita. E quanto e' scandalosa questa nostra mancanza di serieta', e questa incapacita' nostra, e dell'occidente tutto, di star zitti sia pure un solo momento e ascoltare il silenzio, la verita' e il dolore degli altri. Il nostro stesso cianciare e cianciare ci denuncia come fascisti anche quando il fascismo combattere vogliamo. Ci denuncia come ancora incapaci di riconoscere, e quindi di condurre, la lotta interiore cui siamo chiamati; e di riconoscere il volto dell'altro e nel suo - e proprio nel riconoscimento della sua irriducibile alterita' ed insieme della nostra comune umanita' - il nostro stesso. Ci riesce addirittura difficile ammettere l'ovvia - ed orribile a un tempo - evidenza che in una guerra totale e totalitaria come quella scatenata dalle potenze militari braccio armato del capitale transnazionale, e' chiaro che non possono esserci zone franche, che sia gli assassinii che le stragi possono colpire tutti. Ed e' chiaro che tanto il bombardiere quanto l'autobomba, tanto il soldato torturatore dell'esercito regolare quanto il torturatore del gruppo dichiaratamente terrorista, negano umanita' ad esseri umani, esseri umani uccidono, l'intera umanita' fanno a brani e divorano, dell'umanita' altrui e propria fanno scempio, dell'umanita' di tutti e unica; e ogni vittima, come diceva Heinrich Boell, ha il volto di Abele. Ci riesce addirittura difficile ammettere l'ovvia - ed orribile a un tempo - evidenza che le nostre stesse ambiguita' alimentano l'uso del terrore, fanno crescere il fondamentalismo assassino, armano gli eserciti, i gruppi, i singoli. Le nostre stesse ambiguita', di noi medesimi che alla guerra vorremmo opporci, al terrorismo vorremmo opporci, all'iniquo imperio sempre piu' globale che provoca sfruttamento, inquinamento, guerra, razzismo e disperazione suicida e omicida vorremmo opporci. L'ambiguita' di chi cerca ancora di fare alleanze fondate sulla menzogna, quando invece tutto del mondo oggi ci grida che occorre rompere ogni ambiguita' e scegliere la nonviolenza nella sua assoluta radicalita', sapendo che non puo' piu' darsi prassi di pace se non si fa la scelta della nonviolenza, e questo vale per le tragedie piu' flagranti, ma vale anche per le condotte quotidiane, vale anche per i processi decisionali e per le forme di azione nel nostro paese. Se dovessi dire cosa vedo di limpidamente nonviolento oggi qui, credo che vedo solo le esperienze e la riflessione delle donne; e il resto - compresa non piccola parte del manifestare per la pace, che pure e' meglio di niente - e' rumoroso silenzio, o ideologia di ricambio, o epilettica gazzarra, o mezza menzogna. Di limpidamente nonviolento vedo solo le proposte di Lidia (Menapace), della dolcissima Maria (Di Rienzo), e di tante altre ancora, la loro prassi, il loro prendersi cura, il loro ereditare cio' che di degno e cruciale dal Novecento ereditare si puo': quel che han pensato e detto e fatto Simone Weil e Virginia Woolf, Etty Hillesum ed Hannah Arendt. Questo vedo, anzi sento: le esperienze nonviolente e le nonviolente riflessioni delle donne, e certo anche dei maschi che all'ascolto di queste voci di donne sanno e vogliono infine mettersi ed educarsi. Perche' e' chiaro, a me sembra, che alla guerra e al terrore (la guerra che e' il culmine del terrorismo, il terrorismo che e' l'essenza della guerra: l'uccidere come assoluta antiumanita') in un solo modo ci si puo' opporre: con la forza della nonviolenza, ma della nonviolenza dei forti, non le banalita' o peggio le pagliacciate che per essa vengono spacciate da tanti che infine sembrano piu' preoccupati della propria buona posizione - e compresi del suono delle proprie alate parole - che della distretta in cui ci troviamo tutti, tutti, senza eccezione (sebbene, naturalmente, con diversi gradi di esposizione, e di dolore e paura e vergogna, e di responsabilita'). La nonviolenza dei forti richiederebbe la capacita' di uscire dalla ripetizione stantia di parole pur vere che il corso degli eventi tuttavia logora ed essicca; richiederebbe la capacita' di un intervento nonviolento nel conflitto qui e la' - poiche' unico e' il teatro del conflitto attuale - non in forme meramente testimoniali ma pienamente politiche, di massa, gandhiane, e giuriscostituenti, come inveramento della democrazia in quanto prassi di partecipazione, di riconoscimento di umanita', di convivenza agita. Sono esigenze non facili, ed angosciose certo, ma sono anche interrogativi ineludibili. A fronte di cio' quanto inadeguato mi appare molto discettare, e quanto ambiguo e meschino il polemizzare che i media e i personaggi dei media - anche quelli ritenuti "del movimento per la pace", e che invece sull'uso della violenza talora sono stati e sono peggio che ambigui, corrivi - ci rimandano ogni giorno, per narcotizzarci e asservirci vieppiu' all'idea di delegare sempre ad altri cio' che invece dovremmo decidere e fare noi, dovremmo decidere e fare tutti. E quanto necessaria, quanto urgente e' la scelta della nonviolenza, che non sappiamo compiere, eppure e' li', nitida e luminosa, ineludibile il compito dell'ora, appello e varco, e tutto il resto e' sangue ed ignavia, e distretta dell'umanita', e crinale apocalittico. * 3. MATERIALI MARIA LUIGIA CASIERI: UNA BIBLIOGRAFIA PER EDUCARE ALLA PACE DALLA PARTE DEI BAMBINI: IL CONTESTO FILOSOFICO E DELLE ALTRE SCIENZE UMANE [I materiali seguenti sono estratti dalla bibliografia di un ampio lavoro sul contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei processi di apprendimento della lingua scritta] Alcuni contesti particolarmente rilevanti e. Il contesto filosofico e delle altre scienze umane Abbagnano, Nicola, Dizionario di filosofia, Utet, Torino 1960, 1971, 1977. Arendt, Hannah, La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna 1987, 1993. Bachelard, Gaston, Il materialismo razionale, Dedalo, Bari 1975. Bachelard, Gaston, La filosofia del non (1940), Pellicanolibri, Catania 1978. Bateson, Gregory, Verso un'ecologia della mente (1972), Adelphi, Milano 1976, 1990. Bateson, Gregory, Mente e natura (1979), Adelphi, Milano 1984, 1995. Benedict, Ruth, Modelli di cultura (1934), Feltrinelli, Milano 1960, 1979. Benjamin, Walter, Angelus novus, Einaudi, Torino 1962, 1981. Bloch, Ernst, Il principio speranza (1959), 3 voll., Garzanti, Milano 1994. Bourdieu, Pierre, Ragioni pratiche (1994), Il Mulino, Bologna 1995. Buber, Martin, Il principio dialogico (1923), Edizioni di Comunita', Milano 1958. Ceruti, Mauro, Il vincolo e la possibilita', Feltrinelli, Milano 1986. Cini, Marcello, Un paradiso perduto, Feltrinelli, Milano 1994. Cini, Marcello, Danielle Mazzonis, Il gioco delle regole, Feltrinelli, Milano 1982. Cini, Marcello, et alii, L'ape e l'architetto, Feltrinelli, Milano 1976. Colli, Giorgio, La ragione errabonda. Quaderni postumi, Adelphi, Milano 1982. Franca D'Agostini, Filosofia analitica, Paravia, Torino 1997. De Martino, Ernesto, La fine del mondo, Einaudi, Torino 1977, 2002. Dewey, John, Logica. Teoria dellíindagine, Einaudi, Torino 1949, 1974. Elias, Norbert, La civilta' delle buone maniere (1969), Il Mulino, Bologna 1982, 1998. 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