[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Il mondo della moda alla fine dell'era A.C. (Avanti Cina)
- Subject: Il mondo della moda alla fine dell'era A.C. (Avanti Cina)
- From: "roberto" <roberto at mancaintesa.org>
- Date: Fri, 19 Nov 2004 15:45:36 +0100
Da Tradewatch - http://tradewatch.splinder.com ------------------------------------------------------------------------- Osservatorio sul commercio internazionale e il Wto promosso da: Rete Lilliput, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Mani Tese, ROBA dell'Altro Mondo, Centro Crocevia. ------------------------------------------------------------------------- IL MONDO DELLA MODA ALLA DINE DELL'ERA A.C. (Avanti Cina) Fra poco più di un mese l’industria del tessile e dell’abbigliamento mondiale affronterà l’oceano della liberalizzazione e si troverà ad affrontare una fase di cambiamenti radicali dopo 45 anni di navigazione regolata dal sistema delle quote d’importazione. A partire dal 1 gennaio 2005, le quote cesseranno di essere un passaporto per l’entrata di tessuti e capi di abbigliamento nei mercati dell’Unione Europea e degli Stati Uniti d’America; per guadagnare quote di mercato ci sarà “libera” competizione. L’intero settore è in agitazione, milioni di posti di lavoro sono a rischio e tutti gli occhi sono puntati verso un unico attore: la Cina. Il commercio del settore del Tessile e Abbigliamento (T&A) rappresenta il 5.7 % delle esportazioni mondiali; negli ultimi quarant’anni il suo volume è cresciuto di 60 volte, ben più di quello del totale delle merci (aumentato di 48 volte) e se nel 1962 valeva 6 miliardi di dollari, nel 2001 ne valeva 342 (in termini nominali). La produzione in questo settore è stata appannaggio dei paesi industrializzati sino agli anni ’80 dopodiché i paesi catalogati come in via di sviluppo (PVS) hanno preso il sopravvento arrivando oggi a contare per il 50% delle esportazioni tessili e per il 70% dell’abbigliamento; la differenza è chiaramente dovuta al minor costo del lavoro in questi paesi ed al fatto che l’abbigliamento è un settore ad alta percentuale di lavoro manuale. Per i PVS il settore T&A è importante perché spesso si tratta del loro principale settore industriale sia in termini di esportazioni (e pertanto di entrate in valuta straniera importanti per la riduzione del debito estero) sia in termini di occupazione. Per alcuni fra i paesi a più basso reddito (PMS) si tratta di una vera e propria “dipendenza” perché le esportazioni di T&A rappresentano più del 50% del totale delle loro esportazioni industriali, per esempio il 95% del Bangladesh, l’83% della Cambogia, il 75% del Pakistan, il 72% dello Sri Lanka e il 40% della Turchia. Dal punto di vista dell’occupazione, questo settore occupa 1,8 milioni di persone nel solo Bangladesh, 1,4 in Pakistan e 350 mila nello Sri Lanka. La liberalizzazione è stata decisa dieci anni orsono durante i negoziati dell’Uruguay Round, quando venne approvato un accordo transitorio (L’Accordo sui Tessili e l’Abbigliamento ATA) che avrebbe reso graduale questo processo. In realtà così non è stato e l’ATA è stato utilizzato dall’industria occidentale semplicemente come uno strumento protezionistico. Il suo utilizzo insieme ad altre forme di politica commerciale ha stabilito la divisione internazionale dei processi produttivi. I PVS solo nell’imminenza della sua fine si sono accorti che i previsti benefici saranno appannaggio soprattutto della Cina e che molti di loro vedranno chiudersi un ciclo industriale. Già un anno fa chiedendo ai maggiori produttori del settore e alle catene di vendita quali sarebbero state le loro fonti di approvvigionamento dopo il 2005, la risposta risultava unanime: per il 70/80% dalla Cina. Altro che globalizzazione! Il mondo sembra dividersi fra Cina e resto del mondo e ogni paese che sino ad oggi aveva una industria del settore si chiede se rientrerà in quel 20/30% prodotto non in terra cinese. Per molti paesi poveri l’unica soluzione per mitigare i danni appare quella di siglare accordi regionali con UE ed USA e magari dimenticare del tutto il miglioramento delle condizioni dei loro lavoratori. Non è uno scherzo, già il governo del Bangladesh ha annunciato un allentamento della regolamentazione sul lavoro notturno femminile, quello Filippino intende esentare l’industria del settore dalla legislazione sui livelli minimi salariali, in Tunisia l’industria chiede più flessibilità sugli orari di lavoro . Il messaggio ai lavoratori è chiaro: dovete competere con i cinesi. Il ridicolo è che persino il governo cinese ha recentemente parlato della necessità di allentare i limiti degli orari lavorativi e dell’impossibilità di garantire pensioni e altri contributi sociali: persino la Cina deve competere con se stessa! E gli imprenditori occidentali cosa dicono? Che sono i consumatori a decidere, sono loro a non rispettare tempi e costi dell’industria domestica, a voler cose sempre nuove, belle, in tempi rapidi e che costino poco. Sulla fragilità di chi a tutti i costi deve apparire gradevole e deve consumare per sentirsi vivo sta in piedi un sistema che gioca al ribasso dei diritti umani. Ma se non vogliamo finire tutti dentro questo tritacarne dobbiamo alzare la testa. Le organizzazioni internazionali, governi, multinazionali, imprese e consumatori devono capire che nessuno può risolvere il problema da solo e che non si esce dal problema se non avviandosi a garantire dignitose condizioni di lavoro per tutti. Per il WTO occorre mettere mano a misure di emergenza, considerare con attenzione il problema nell’ambito dei negoziati in corso sulla riduzione delle tariffe dei prodotti industriali ed affrontare un problema dimenticato: prima del commercio vengono i diritti dei lavoratori. Per un'analisi completa della fine dell'Accordo ATA: www.beati.org/wto/wto/Dopocina_bozza.pdf
- Prev by Date: Diffondi notizie militari? Minimo cinque anni di carcere
- Next by Date: [comunicati_lilliput] La via del Cotone: Passaggio in Africa
- Previous by thread: Diffondi notizie militari? Minimo cinque anni di carcere
- Next by thread: [comunicati_lilliput] La via del Cotone: Passaggio in Africa
- Indice: