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Appello di Un Ponte per e del Comitato Fermiamo la guerra per la liberazione di Simona Pari e Simona Torretta
- Subject: Appello di Un Ponte per e del Comitato Fermiamo la guerra per la liberazione di Simona Pari e Simona Torretta
- From: "Information Guerrilla" <info at informationguerrilla.org>
- Date: Fri, 10 Sep 2004 16:46:31 +0200
Noi, movimento italiano per la pace, fratelli e sorelle di Simona Pari e di Simona Torretta, operatrici di pace in Iraq, chiediamo alle persone che le detengono insieme ai due operatori iracheni, Ra'ad Ali' Abdul-Aziz e Mahnaz Bassam, di liberarli subito. Vi chiediamo di considerare quanto danno state provocando alla causa della pace e a quella del popolo iracheno. Come ha scritto l'Unione delle comunita' islamiche in Italia, "testimoniate coscienza di un debito di riconoscenza nei confronti di coloro che hanno condiviso la sofferenza del popolo iracheno negli anni dell'embargo, che sono rimasti nel paese quando dal cielo piovevano le bombe, che non l'hanno abbandonato neanche in questi mesi orribili di confusione e violenza". Vi chiediamo di non spezzare il filo di solidarieta' che, nonostante e contro l'embargo prima e la guerra poi, nonostante e contro le scelte del nostro governo, persone come le nostre sorelle hanno mantenuto tenacemente e coraggiosamente, ad esempio rifornendo di acqua la popolazione assediata di Falluja e Najaf. "Un ponte per", la loro Ong, insieme a centinaia di organizzazioni sociali e politiche del nostro paese, ha organizzato gigantesche manifestazioni a favore della pace e per il ritiro delle truppe straniere dall'Iraq, e ha cercato di non abbandonare gli iracheni all'arbitrio dell'occupazione militare. In nome di questa lotta e della verita', vi scongiuriamo: liberateli subito. Al popolo iracheno e a tutti gli amanti della pace nel mondo, e in Italia, chiediamo di aiutarci nel tentativo di salvare la vita di Simona Pari, di Simona Torretta, di Ra'ad Ali' Abdul-Aziz, di Mahnaz Bassam. Erano a Baghdad a nome di tutti noi. Nella loro prigione siamo anche noi, oggi. La loro liberazione sarebbe uno spiraglio di luce nel buio della violenza. Ancora in queste ore, in molte citta' irachene, la guerra miete vittime innocenti. Percio' continuiamo a chiedere con fermezza che tacciano le armi, che termini l'occupazione. Ogni forma di mobilitazione, di pressione, gli appelli e le fiaccolate, i messaggi ai rispettivi governi sono i mezzi di cui disponiamo, noi popolo della pace. Usiamoli tutti, adesso. Al movimento italiano chiediamo di scendere in piazza, in ogni citta', da subito, con i colori dell'arcobaleno e nel nome delle nostre sorelle e dei nostri fratelli sequestrati in Iraq. Il Comitato italiano Fermiamo la guerra, organizzatore delle marce del 15 febbraio 2003 e del 20 marzo 2004 Un ponte per Baghdad ---------- IRAQ, SEQUESTRI MIRATI Il sequestro dei volontari del Ponte per Bagdad aggiunge un ulteriore drammatico tassello all'escalation della situazione in Iraq. Il Ponte e' una delle organizzazioni non governative presenti in Iraq da piu' tempo. Si era adoperata contro l'embargo che ha decimato per piu' di un decennio la popolazione irachena, ha in campo progetti di solidarieta' da tredici anni e si e' sempre schierata apertamente contro la guerra. Chi, dunque, ha ideato, guidato ed organizzato il commando che e' penetrato direttamente e non casualmente nella sede del Ponte a Bagdad e ne ha sequestrato i volontari? Questo sequestro, come quelli appena precedenti del giornalista pacifista Baldoni - barbaramente ucciso insieme al suo interprete - e di due giornalisti francesi - cioe' di un paese schierato contro la guerra e che non partecipa all'occupazione militare del paese-sono sequestri diversi da quelli precedenti. Lo sono negli obiettivi e nella pratica. Lo scenario appare infatti piu' simile al modello degli squadroni della morte latinoamericani che conducono la guerra sporca al fianco di quella convenzionale condotta dagli eserciti. Il loro obiettivo e' di fare la terra bruciata intorno alle ragioni della resistenza colpendo i testimoni scomodi, i giornalisti o attivisti schierati contro la guerra. Queste cose non le insegnano nelle moschee ma nelle scuole antiguerriglia negli Stati Uniti. In secondo luogo, il fatto che ad essere colpiti non siano piu' i mercenari o chi collabora con l'occupazione ma chi, in modi diversi, questa occupazione la critica o vi si oppone, dovrebbe servire a fare anche qui terra bruciata intorno alle ragioni di chi ha avversato la guerra dimostrando che il nemico non fa distinzioni. Dunque tanto varrebbe stringersi intorno alla campagna militare della coalizione anglo-americana-italiana e lasciarsi cooptare nella crociata antiterrorista di Bush, Blair e Berlusconi. I partiti dell'opposizione farebbero bene ad evitare di cadere in questa trappola. Eppure, proprio in queste ore di angoscia per la sorte di ostaggi a noi sicuramente piu' vicini dei mercenari sequestrati alcuni mesi fa, dobbiamo avere il coraggio di riaffermare alcune cose molto precise: - L'imbarbarimento del conflitto tra occupanti e resistenza in Iraq e' la conseguenza e non la causa della guerra e dell'intervento militare della coalizione anglo-americana-italiana; - Gli ultimi sequestri sembrano avere una regia piu' interna e funzionale alle forze che sostengono il governo fantoccio iracheno piuttosto che ai gruppi islamici che vi si oppongono; - Il ritiro immediato delle truppe e la fine della complicita' italiana con l'occupazione dell'Iraq non sono un cedimento al ricatto del terrorismo ma l'unica, ragionevole e dignitosa via d'uscita da una guerra illegale e criminale che ne espone tutto il paese alle conseguenze; - Il governo italiano, questa volta, deve sentire forte il fiato sul collo per impedire il criminale disimpegno che c'e' stato nel caso del sequestro e dell'uccisione di Baldoni, un caso che ha rivelato una compromissione della Croce Rossa con i servizi segreti che ne ha minato neutralita' e credibilita' e la latitanza della diplomazia italiana con l'ambasciatore in Iraq che se ne andava in vacanza mentre un cittadino italiano veniva sequestrato. Sulla richiesta del ritiro delle truppe e dell'attivazione di tutti i mezzi politici e diplomatici tesi ad ottenere il rilascio degli ostaggi del Ponte per Bagdad, dobbiamo mettere in campo una mobilitazione permanente e decisa che non lasci spazio alle ambiguita' del governo e alla sua complicita' con una guerra ingiusta ed una occupazione che incentiva la barbarie. Editoriale di Radio Citta' Aperta 8 settembre 2004
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