MANIFESTAZIONE DEL 29 APRILE A ROMA - Giulietto Chiesa



MANIFESTAZIONE DEL 29 APRILE A ROMA





Giulietto Chiesa



Perché non ci andrò



Se pensassi che può servire ci andrei, ma non lo penso.

Ho marciato decine di volte contro la guerra, contro le guerre ultime,
contro tutte.

Ho messo le bandiere di pace alle mie finestre. Pensavo che fosse utile. E'
stato utile. Se non lo avessi fatto, le cose, oggi, sarebbero peggio di
quanto sono. Le guerre ci sono state ugualmente, perché dire che si è
contro, a mani nude, non è spesso sufficiente a fermare i signori della
guerra, i prepotenti, gli egoisti, i violenti.

Ma il solo fatto di dirlo è stato importante, ha cambiato le situazioni, ha
creato le premesse perché in alcuni casi le guerre fossero rese più
difficili, ha costretto i violenti a fare i conti con le opinioni pubbliche
d'Italia e del mondo intero.

Ma in questo caso non serve.

Capisco le famiglie. Dobbiamo essere loro vicini nel momento più tragico.
Capisco che abbiano sostituito la bandiera tricolore con quella arcobaleno.
La prima non è servita per salvare i loro cari. Ma non posso fidarmi del
ricatto di coloro che li hanno in ostaggio. Quell'ultimatum è "sporco" in
troppi sensi perché noi tutti possiamo fidarci.

In primo luogo perché rovescia sul movimento contro la guerra la
responsabilità del sangue degli ostaggi. Siamo di fronte a un vile
tentativo di cambiare le carte in tavola. La responsabilità di ciò che sta
accadendo è interamente su questo governo, che ha mandato l'Italia in
guerra a fianco degli aggressori.

Coloro che hanno in mano gli ostaggi (e che - non dimentichiamolo -  ne
hanno già ucciso uno) sanno perfettamente come stanno le cose. E ci stanno
ferocemente prendendo in giro. Con questa ambigua proposta manifestano
un'ostilità totale nei confronti di tutte le forze che si sono battute
contro la guerra. Si rivolgono a noi come a dei nemici. Ed è logico che sia
così, perché sono nostri nemici. Vogliono coinvolgerci in un gioco politico
dai contorni oscuri. Non esiste la minima garanzia che un qualsiasi gesto
da parte nostra potrà cambiare la situazione.

In secondo luogo parlo per esperienza. Ho visto troppe volte situazioni
come questa. Ho visto bande, in Cecenia, che si vendevano gli ostaggi,
scambiandoseli come merci. Ho visto gruppi di incerta collocazione
politica, senza scrupoli e senza idee, che agivano per conto terzi, per
denaro o per stupidità e fanatismo. In qualche caso - come nel teatro
Dubrovka di Mosca - abbiamo assistito alla loro liquidazione fisica, quando
non servivano più.

Qui anch'io intravvedo - come altri hanno già scritto e detto - l'esistenza
di uno o più suggeritori che conoscono troppo da vicino la politica
italiana e che stanno giocando le loro carte attraverso uomini armati di
cui non conosciamo nulla, salvo una sigla anch'essa fin troppo simile ad
altre, italiane, di diverso colore ma di analoga qualità.

Non andrò alla manifestazione, dunque.

Non per motivi ideologici. Non perché difendo la sacralità dello Stato (non
è lo Stato italiano responsabile di ciò che accade, ma un governo
impopolare che calpesta la volontà della maggioranza).

Non andrò perché andarci significa obbedire a un ordine che viene non si sa
da chi; impartito non si sa per quali scopi; e che non possiamo sapere dove
conduce e da chi sarà gestito. Un ordine di assassini, forse manipolati
anch'essi, non può essere ottemperato.

Se c'è un modo per scoprire queste carte, esso consiste nel fissare una
data per il ritiro delle truppe italiane. Questo lo può fare e lo deve fare
il governo italiano. Non è affatto certo che  salverebbe i tre ostaggi, ma
è certo che toglierebbe loro ogni alibi. Del resto fare ciò che questi
oscuri manovratori ci chiedono non ci fornisce alcuna garanzia di un
risultato utile, di salvezza degli ostaggi. Ci trasforma anzi tutti in
ostaggi.



Giulietto Chiesa