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Iraq: Fermiamo l'escalation
- Subject: Iraq: Fermiamo l'escalation
- From: "nello margiotta" <nellomargiotta55 at virgilio.it>
- Date: Tue, 13 Apr 2004 23:26:32 +0200
DA BAGHDAD FABIO ALBERTI * da il Manifesto di oggi 13-04-04 Se non ci saranno, a breve, fatti nuovi, siamo probabilmente alla vigilia di una escalation dei combattimenti tra l'esercito statunitense e una guerrriglia irachena che si sta estendendo e coordinando tra diverse fazioni. Non c'è di che gioire. Ci sarà una durissima repressione e comunque, nella migliore delle ipotesi, non è ragionevole pensare che la guerriglia possa vincere in tempi brevi. Questo comporterà un elevatissimo numero di vittime sia tra civili che tra i combattenti. Inoltre una eventuale sconfitta «solo militare» dell'occupazione consegnerà il paese alle forze più estremiste cancellandone del tutto la tradizione laica e forse innescando una successiva guerra civile. Ciò era ampiamente prevedibile. La gestione della cosiddetta «transizione» basata non su democrazia e restituzione di sovranità, ma sull'obiettivo di intronare un governo che garantisse gli interessi strategici statunitensi non poteva avere altro esito. E forse c'è qualcosa di più: la rivolta è stata probabilmente provocata. La scelta di mettere fuori legge un movimento politico come quello di Al Sadr, minore e non sempre ben visto da parte della popolazione, ma con una sua rappresentatività, non può essere stata fatta senza valutarne le conseguenze. Né il governo Usa poteva pensare che lanciare una punizione collettiva nel modo in cui è stato fatto a Falluja non avrebbe innescato una reazione a catena. Le cose mi sembra stiano proprio così: gli Usa hanno cercato lo scontro, con al Sadr e a Falluja, per uscire dall'impasse in cui la «transizione», come se la erano immaginata, era finita. Anche il tanto invocato ritorno dell'Onu è, in realtà, stato boicottato dagli Usa che sono disposti, al massimo, a concedere un ruolo «tecnico» nel processo elettorale. Poco più che una foglia di fico. A queste condizioni, fra l'altro, un rientro dell'Onu non solo non sarebbe utile, ma sarebbe addirittura dannoso. E' il loro fallimento, l'ennesimo in questa raffazzonata gestione del «dopoguerra». Cade d > efinitivamente in queste ore la terza giustificazione alla guerra: essa non era per le armi di distruzione di massa (che non c'erano), non era contro il terrorismo (che è stato alimentato) e non era nemmeno per la democrazia. Ma è anche il fallimento di tutti coloro che, partecipando o meno all'occupazione, hanno dichiarato di volere un futuro di pace per il popolo iracheno. L'Iraq è stato gettato nella inaccettabile alternativa tra l'occupazione e la guerra. Condivide questa responsabilità fino in fondo l'Italia, e tutti i paesi che hanno contribuito all'occupazione, ma anche coloro che, magari sotto sotto soddisfatti di vedere gli Usa impantanarsi in Mesopotamia, non hanno fatto nulla per favorire un processo politico che proponesse una alternativa. Forse perché avrebbero dovuto mettere da parte i propri interessi e porre al centro quelli di 20 milioni di persone che vivono sulla terra del petrolio. Eppure gli iracheni non ne possono più della guerra e vivono, in tanti, con sofferenza questa nuova che si affaccia nella loro vita. Sembra che la volontà di pace sia la sola speranza rimasta. E' probabile che solo l'avvio di un processo politico autonomo iracheno, protetto e sostenuto internazionalmente, possa permettere di evitare l'inaccettabile alterativa tra l'occupazione e la guerra. Se l'Onu, cui spetterebbe prendere una iniziativa come questa, è bloccata dai ricatti degli Usa allora deve essere compito di qualcun altro. La convocazione, ad esempio, di una Conferenza Nazionale Irachena, protetta internazionalmente ed autonoma dalle forze di occupazione, potrebbe avviare questo processo, per il quale ci sono con tutta evidenza ancora spazi. Questa proposta è stata avanzata da più parti, trovando la ferma opposizione degli Usa. Solo il ritiro delle truppe e la fine dell'occupazione, può aprire la strada alla soluzione politica di cui c'è bisogno. Anche per il movimento per la pace e per la società civile mondiale si pone oggi il compito, insieme, di reclamare la fine dell'occupazione e di sostenere questo processo. Ancora una volta la politica è alternativa alla guerra. * Un ponte per... > > > > > > > > > > > > > > > > > > "La pace non sarà mai sicura e tranquilla fino a quando i poveri, per fare un passo avanti in difesa del loro pane e della loro dignità, saranno lasciati nella diabolica tentazione di dover rigare di sangue la loro strada" > Primo Mazzolari > > "il luogo dei profeti è la prigione, ma non è bello stare dalla parte di chi ce li tiene" > Don Milani > _______________________________________ > > per inviare messaggi alla lista: > tuttunaltramailing at tuttunaltrascuola.it > > > Pour vous desinscrire : > http://www.tuttunaltrascuola.it//mailing/ > >
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