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8 marzo per Leyla Zana
- Subject: 8 marzo per Leyla Zana
- From: "associazione culturale punto rosso" <puntorosso at puntorosso.it>(by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Sun, 07 Mar 2004 20:44:40 +0100
8 MARZO PER LEYLA ZANA Quando, per conto dell’Associazione Culturale Punto Rosso, avviammo la campagna per la scarcerazione di Leyla Zana sapevo che avrei vissuto un’esperienza appassionante e dolorosa, non che avrei conosciuto una donna di straordinaria qualità. Ma, nel corso del rifacimento ad Ankara del processo che nel 1994 l’aveva condannata, con altri tre deputati del DEP, a quindici anni di carcere, ho avuto modo di vederla e ascoltarla. Purtroppo, benché a pochi metri, in aula siamo sempre state separate da un muro di gendarmi o di agenti di polizia o di soldati e con Leyla Zana non sono mai riuscita a scambiare neppure una parola. Tuttavia tra le tante anomalie orribili di questo processo ce n’è una buona: agli imputati è concesso di intervenire quando e quanto vogliono. E Leyla Zana, così come gli altri tre deputati, Hatip Dicle, Orhan Dogan, Selim Sadak, la parola l’hanno presa spesso e mi è diventato progressivamente chiaro quello che pensano e come lo pensano. Sono in carcere da più di nove anni e mezzo. Ma, nell’udienza del novembre scorso, reagendo alla proterva violazione da parte della Corte del loro diritto a difendersi portando prove e testimonianze, non hanno esitato. Non solo nella critica alla Corte, nel rivendicare la loro storia politica e nel dichiarare il loro appoggio alle campagne politiche delle organizzazioni curde e delle associazioni per i diritti umani. Ma anche chiedendo il riconoscimento reale da parte dello Stato dei diritti linguistici della popolazione curda tutte le mezze riforme in materia del Governo sono rimaste sulla carta e aderendo alla campagna affinché ad Abdullah Öcalan vengano concesse condizioni carcerarie meno feroci,al limite della tortura, delle attuali. I quattro imputati sono molto diversi tra loro per base culturale e quindi per forme e contenuti dell’argo-mentazione. E Leyla Zana è questo: una donna orgogliosa di essersi politicizzata dopo aver peregrinato per la Turchia per poter incontrare il marito, già sindaco di Diyarbakir, incarcerato dopo il colpo di stato del 1980. Per scoprire, quando riuscì a incontrarlo, che era stato torturato e che non poteva parlargli, perchè un poliziotto non le permetteva di usare il curdo, l’unica lingua che conosceva. Fino ad allora era stata una donna che si occupava solo della famiglia,una moglie e una madre. Diventerà una dirigente del movimento curdo. E lo diventerà senza abbandonare la sua propensione originaria. Imparerà il turco per comunicare col marito e per aiutare le altre mogli o le figlie o le madri di altri curdi incarcerati a comunicare con i loro familiari. Sarà una militante pacifista in quel contesto di guerra. Rivolgerà il suo impegno alle condizioni di estrema arretratezza sociale della popolazione curda, divisa in tribù, attraversata da faide, retta da rapporti patriarcali, caratterizzata dalla più totale sottomissione della donna e lo Stato turco, da sempre, ha usato questa condizione di arretratezza per dividere i curdi e dominarli. Leyla Zana aveva anche tentato di costruire luoghi di dialogo tra curdi e turchi perchè se pace sarà possibile tra le due popolazioni lo sarà solo sulla base del rispetto delle reciproche identità. Infine, il ricorso alle modalità democratiche della lotta politica, quindi, appunto, la candidatura nel 1991 alle elezioni parlamentari e l’elezione. Sarà per fermare lo spargimento di sangue in una faida tra tribù che Leyla Zana cadrà nella trappola di un curdo traditore, che l’accuserà di aver fatto nelle riunioni di conciliazione l’apologia della lotta armata. E sarà anche affermando che il suo obiettivo era la pacificazione tra curdi e turchi che formulerà in curdo il suo giuramento di fedeltà allo Stato turco, al momento dell’insediamento del Parlamento subito dopo le elezioni: ciò che le costerà l’accusa di separatismo e di terrorismo e la terribile persecuzione giudiziaria che la porterà in carcere. Due parole ancora sul movimento curdo oggi e più in generale sulla militanza democratica in Turchia. Leyla Zana non è stata e non è una figura anomala. Il partito curdo DEHAP (il partito curdo legale è continuamente sciolto dallo Stato, quindi continuamente costretto a ricostituirsi, a cambiare nome e figure dirigenti) affida il 40 per cento dei ruoli di direzione alle proprie donne. Sono donne i sindaci di questo partito a Dogubeyazit, Kisiltepe e Derig. L’obiettivo della liberazione della donna curda dai vincoli patriarcali e tribali è al primo posto nel programma del partito. E’ cioè, e non solo su questa materia, uno straordinario partito moderno di sinistra. A loro volta le associazioni turche per i diritti umani una delle componenti più attive e più influenti della lotta per la democratizzazione della Turchia sono dirette da donne di grandi capacità e di grande coraggio. A Istanbul Lerzan Tascier, infaticabile organizzatrice. Eren Keskin, avvocatessa con centocinquanta denunce a carico per aver dichiarato che gli stupri nel Curdistan come a Istanbul contro le attiviste curde o per i diritti umani sono opera dalla polizia e dalla gendarmeria. Ad Ankara Feray Salman, altra infaticabile organizzatrice. Ancora a Istanbul Sefika Gulmuz, alla testa dell’organizzazione dei curdi fuggiti dai loro villaggi incendiati, e Sehnaz Turan, avvocatessa, che viene da Diyarbakir, dove dirigeva l’Associazione per i Diritti Umani, e che ora dirige l’associazione degli avvocati TOHAV, impegnata nella difesa degli imputati dei processi politici (Silvana Barbieri, Associazione Culturale Punto Rosso, articolo apparso sulla rivista Paese delle donne) ASSOCIAZIONE CULTURALE PUNTO ROSSO FORUM MONDIALE DELLE ALTERNATIVE VIA MORIGI 8 20123 MILANO TEL. 02-874324 e 02-875045 (anche fax) <mailto:pr at puntorosso.it> pr at puntorosso.it www.puntorosso.it NOTA INFORMATIVA SULL’UNDICESIMA UDIENZA DEL PROCESSO A LEYLA ZANA Il Tribunale turco per la Sicurezza dello Stato ha respinto la richiesta della liberazione di Leyla Zana e degli altri tre parlamentari curdi nel corso del rifacimento del loro processo, nel quale sono accusati di aver aiutato all’inizio degli anni ’90 il PKK. E’ stata questa l’ undicesima volta che il tribunale respinge tale richiesta. La Corte ha fissato la prossima per il 12 marzo. La decisione contro Leyla Zana, Premio Sacharov del Parlamento Europeo, e contro i suoi tre ex colleghi, è stata immediatamente criticata dai rappresentanti al processo del Parlamento Europeo. Essi hanno inoltre dichiarato che il rilascio di Leyla Zana e degli altri tre parlamentari agevolerebbe la richiesta della Turchia di entrare in Europa. L’avvocato degli imputati Alatas rilasciando una dichiarazione all’agenzia stampa DIHA ha detto che gli assistiti ormai non vogliono parlare più in aula, perché vi si parla a vuoto. Alatas ha detto che gli avvocati continueranno la battaglia legale, nonostante i comportamenti negativi del Ministro della Giustizia e del tribunale. Alatas ha richiamato inoltre l’attenzione sul fatto che il processo non va ad un esisto positivo. “Sono convinto che il Governo turco si rende conto che la liberazione di Leyla e degli altri tre imputati sarebbe un passo importante per la Turchia”, ha dichiarato il co-presidente del Comitato Parlamentare turco-europeo, Joost Lagendijk, ai giornalisti dopo l’udienza del processo. E ha aggiunto: “Certamente è difficile influenzare la Corte, ma penso che possiamo creare un clima nel quale anche i giudici possano rendersi conto che la Turchia sta andando avanti e che essi non possono rimanere indietro”. Gli avvocati di Leyla Zana, Hatip Dicle, Selim Sadak e Orhan Dogan hanno chiesto al Tribunale la liberazione dei loro assistiti in tutte le udienze del processo, sin dal suo inizio nel marzo del 2003 . I quattro parlamentarifurono condannati nel 1994 a 15 anni di prigione, con un verdetto che è stato oggetto di molte critiche, per aver collaborato, disse l’accusa, con i ribelli curdi nella lotta armata per l’autogoverno nel sud-est del paese. Nel 2001 la Corte di Giustizia di Strasburgo ha dichiarato iniquo il processo a loro carico, perché gli accusati non erano stati messi in grado di far deporre i loro testimoni e non erano stati informati in tempo utile dei cambiamenti delle accuse nei loro confronti. Ai quattro è stato concesso un nuovo processo a seguito delle riforme democratiche , adottate dalla Turchia al fine di conformarsi agli standard europei e di avere una risposta positiva alla domanda d’ ingresso nella U.E. Il nuovo processo, tuttavia, è stato criticato sia in Turchia che all’estero, in quanto ricalca il processo precedente. I diritti umani costituiscono una delle condizioni poste dalla U.E. per l’ingresso della Turchia. I leader dell’U.E. decideranno nel prossimo dicembre se iniziare o meno i colloqui per l’ingresso della Turchia, dopo aver verificato i progressi da essa compiuti per conformarsi agli standard europei. ------------------------------------------------------------------- ASSOCIAZIONE CULTURALE PUNTO ROSSO puntorosso at puntorosso.it <mailto:puntorosso at puntorosso.it> FORUM MONDIALE DELLE ALTERNATIVE fma at puntorosso.it <mailto:fma at puntorosso.it> LIBERA UNIVERSITA' POPOLARE lup at puntorosso.it <mailto:lup at puntorosso.it> EDIZIONI PUNTO ROSSO edizioni at puntorosso.it <mailto:edizioni at puntorosso.it> VIA MORIGI 8 - 20123 MILANO - ITALIA TEL. 02-874324 e 02-875045 (anche fax) www.puntorosso.it
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