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Come ridistribuire ricchezza e potere a livello globale?
- Subject: Come ridistribuire ricchezza e potere a livello globale?
- From: sjs.headlines at sjcuria.org (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Wed, 21 Jan 2004 19:43:04 +0100
HEADLINES 2004/India World Social Forum (FSM) 2004, edizione speciale n. 4: Notizie dall’Apostolato Sociale della Compagnia di Gesù… per scambiare notizie, condividere la spiritualità e favorire il lavoro in rete ...
*************** Notizie dal Forum Sociale Mondiale di Mumbai in India *************** * Esprimere e rivelare la sofferenza * Come ridistribuire ricchezza e potere a livello globale? * Gioia, speranza e un po’ di delusione * Quale futuro per il FSM? * Il processo di pace in America Latina * Lavorare su più livelli * I malintesi da chiarire * Vita di comunità *************** * Esprimere e rivelare la sofferenzaUna delle caratteristiche principali della società dei consumi, qualcuno aggiungerebbe della società “globalizzata”, è quella di dar voce solo a chi possiede i mezzi e le risorse economiche per parteciparvi e contemporaneamente quella di nascondere la realtà sociale e politica della sofferenza e dell’emarginazione. Come ci fa notare la francese Anne Furst, membro della delegazione internazionale, le centinaia di Dalit e Adivasi “acquistano qui, al FSM, un volto concreto, un volto di celebrazione, di dignità: essi diventano visibili all’interno dello spazio pubblico, visibili a tutti, riconoscibili da tutti”. Le loro sofferenze e le loro richieste sono portate in primo piano: in modo radicalmente diverso rispetto ai processi della globalizzazione, il FSM e le persone che hanno reso possibile tutto questo hanno dato voce a coloro che, secondo la logica del mercato, non contano e la cui sofferenza politica e sociale è nascosta dal disagio e dall’imbarazzo delle nostre “élite” e!
conomiche. [HL40120] *************** * Come ridistribuire ricchezza e potere a livello globale?Domenica 18 gennaio, nel pomeriggio, il CIDSE (Rete Internazionale delle Organizzazioni Cattoliche per lo Sviluppo) e la Caritas Internazionale hanno organizzato un seminario per discutere i possibili modi per ridurre le disuguaglianze e la distribuzione iniqua delle risorse e della ricchezza. In particolare la discussione si è incentrata sul ruolo che può giocare in questo senso il conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo per il Nuovo Millennio (MDG), proposti dall’ONU. La discussione è stata aperta da un intervento interessante e dettagliato di Duncan MacLaren, Segretario Generale della Caritas Internazionale, che prendeva le mosse dai valori cristiani. Sono seguiti quattro brevi interventi sul debito, la tassazione, la discriminazione sessuale e il commercio, per illustrare il meccanismo attraverso il quale la distribuzione della ricchezza e del potere rimane iniqua e soluzioni quali quelle adottate nelle Filippine per risolvere i problemi dell’approvvigionamento idrico e della protezione ambientale sono state portate come esempio di soluzioni inefficaci e basate su criteri di esclusione. C’è stato un consenso generale sul fatto che gli Obiettivi di Sviluppo per il Nuovo Millennio non saranno raggiunti se non si raggiungerà prima l’ottavo obiettivo, che riguarda le modifiche strutturali nelle politiche sul debito e sul commercio, nel sistema degli aiuti internazionali e della cooperazione in campo fiscale. Secondo il peruviano Javier Iguiñiz, il raggiungimento degli obiettivi potrà avere un impatto forte e significativo sulla ridistribuzione della ricchezza e del potere. Oded Grajew, uno degli ideatori del FSM, ha concluso dicendo che la premessa di una nuova relazione fra il Nord e il Sud del mondo è una democrazia vera e effettiva. [HL40121]
************* * Gioia, speranza e un po’ di delusioneNon è facile poter parlare in tranquillità con Padre Joe Xavier S.J.: la sua attenzione è catturata dalle continue richieste che provengono da ogni parte. Insieme con Padre Prakash Luis S.J., Padre Xavier è stato un po’ l’anima del South Asian People’s Initiative (SAPI). Quando gli abbiamo chiesto quale fosse il motivo di maggior gioia di questi giorni, ha risposto che uno dei risultati più soddisfacenti è stato il fatto che “dalit e indigeni siano venuti qui insieme per discutere dei loro problemi e condividere le proprie strategie: c’è una maggiore coscienza, nonostante le difficoltà pratiche, della possibilità di diventare una forza unita. Ciò va proprio nella direzione dell’obiettivo che, come Assistenza, ci siamo posti: quello di lavorare in prevalenza con queste due comunità”. Il FSM ha reso possibile la creazione di un fronte unito e secolare (non-confessionale) in cui gesuiti, collaboratori laici e molte altre piccole organizzazioni non-cristiane possono riconoscersi! . Interrogato su questo tema, Joe ha detto: “i membri del Comitato Indiano del FSM hanno sottolineato che, grazie a questo sforzo, siamo stati in grado di giocare un ruolo e acquistare un posto all’interno della società civile indiana”. Joe si sente un po’ deluso del fatto che “solo un piccolo numero di gesuiti che lavorano in altri settori apostolici sia potuto venire qui a Mumbai e vivere questa esperienza insieme a noi; forse abbiamo perso una buona occasione per rafforzare la dimensione sociale in tutte le nostre attività e per costruire ponti fra noi”. [HL40122]
************* * Quale futuro per il Forum Sociale Mondiale?E’ troppo resto per dare una risposta a questa domanda. Ma dal momento in cui si è presa la decisione di venire qui a Mumbai, questa domanda è nella mente e sulle labbra di ciascuno. Dopo quasi tre giorni di seminari, workshop, conferenze e sessioni plenarie, la domanda non può essere più ignorata. I contrasti sono forti: fra le strade della zona in cui si svolge il Forum, con marce, danze e gruppi musicali, e gli spazi per le conferenze più o meno organizzati per la traduzione e permettere la riflessione; fra i gruppi indiani e coloro che vengono dall’estero; fra quelli che amano la festa, la gioia di stare insieme, il non essere mai isolati e quelli che riflettono e pensano al domani, che preparano il dopodomani. Oggi, a questo livello di scambio che stiamo vivendo, si possono percepire vari tipi di forum all’interno del Forum stesso. Dove ci porterà tutto questo?
Il forum dello sviluppo è il più conosciuto. Non ci sono dibattiti teorici, teorie o modelli di sviluppo; solo alcune esperienze che funzionano, come, ad esempio, quella di un filippino che ha elaborato dei criteri per valutare il modo in cui diritti umani, sociali ed economici vengono rispettati nel proprio paese; ma più di tutto, una ripetuta denuncia, giusta o sbagliata che sia, della globalizzazione, delle istituzioni internazionali e delle multinazionali. Un secondo forum è quello dei diritti umani. Dopo molto tempo le relazioni fra le varie ONG si sono rafforzate: non c’è più bisogno di provare l’efficacia di una lotta ben strutturata e che coloro che difendono i diritti umani sono più protetti e più preparati quando ricevono un supporto adeguato. La lotta mondiale contro il terrorismo ha aumentato la paura di nuovi attacchi ai diritti umani, in particolare da parte di governi autoritari, e ciò richiede nuove strategie. A questo gruppo si possono associare i vari militanti pacifisti, soprattutto provenienti da paesi asiatici: Timor, Corea, Nepal, Tibet; anche la Palestina è ben rappresentata. Il terzo forum è quello indiano: contadini del Kerala arrivati a Mumbai per la prima volta; pescatori della costa; artigiani, guidatori di risciò, paladini degli Adivasi e dei Dalit, militanti pacifisti del Gujarat. Pur nella loro diversità tutti questi gruppi parlano dell’India: sarà questo il loro primo e ultimo incontro? I più fortunati che hanno ricevuto un aiuto finanziario da parte di fondazioni o istituzioni, sono ben rappresentati sulla scena internazionale e si incontreranno ancora, ma gli altri sono quelli che più hanno beneficiato di questo incontro. In un certo senso, il Forum di Mumbai è divenuto indiano.
Tutto questo ci ha indicato una strada per il futuro? Possiamo sognare un incontro simile a Dakar, Nairobi o Johannesburg? E perché non in Africa? Già s’incomincia ad inventare altri slogan, colori e argomenti di discussione. L’idea di cambiare luogo può evitare un’eccessiva radicalizzazione e di cadere nella trappola di una contestazione troppo estremista. Ci si sforza ad aprire gli spazi per lo scambio di idee, ad essere recettivi verso nuove problematiche e a dare continuità al movimento. Questo costituisce già qualcosa di promettente di per sé! (Pierre Martinot-Lagarde S.J.). [HL40123]
************* * Il processo di pace in America LatinaIl processo di pace in Messico, Guatemala e Colombia era il tema di un seminario condotto dai padri Ricardo Falla S.J. (Centro America), Alfredo Zepeda S.J. (Messico) e José Oscar de Choco, un sacerdote colombiano afro-americano. Gli oratori hanno raccontato la loro esperienza con gli indigeni e la popolazione afro-americana e la risposta del pubblico è stata molto positiva. La presenza di alcuni asiatici ha contribuito a rendere ancora più stimolante l’incontro. [HL40124]
************* * Lavorare su più livelliUn gesuita della delegazione internazionale ha partecipato ad un convegno in un lussuoso hotel con vista sulla bella spiaggia di Juhu, a Mumbai. L’incontro, promosso dal governo finlandese, era un’occasione per portare avanti il Processo di pace di Helsinki. Erano presenti ministri provenienti dall’India e dall’estero, professionisti ed accademici. Un esempio ulteriore di come i gesuiti possono essere coinvolti nel costruire ponti fra varie sponde ed essere presenti in questo processo. [HL40125]
************* * I malintesi da chiarireParlando del “brillante ruolo” che l’India può giocare nel rafforzare il potere della società civile nel mondo, l’editoriale del Times of India del 20 gennaio, lamentava il fatto che il maggior quotidiano dell’India avesse dato così poca attenzione al FSM. L’editoriale spiegava anche quattro malintesi circa le richieste del FSM, che devono essere risolti prima di poter iniziare un qualsiasi dialogo con tra le parti interessate. Un gruppo considerevole presente al FSM non è contrario al mercato, ma al “fondamentalismo del mercato”, la loro alternativa non è un ritorno cieco alla centralizzazione, al controllo dello stato sull’economia, ma una combinazione di norme ed istituzioni (governance) che renda capaci le persone di partecipare in modo più giusto; non sono favorevoli ad una forma di “isolamento”, ma difendono un “localismo cosmopolita”; e ciò che essi vogliono in modo forte è una “globalizzazione dei valori” e un deciso impegno a muoversi verso “un’economia della speran! za” dove i redditi, inclusi i profitti, includano, nel loro calcolo i benefici in termini di benessere umano e di preservazione dell’equilibrio ecologico. Molti partecipanti al FSM sarebbero d’accordo con questo editoriale. [HL40126]
************* * Vita di comunitàLa delegazione internazionale si è ormai abituata alla routine giornaliera. Le giornate iniziano con un’Eucaristia comune in una delle tante stanze o Cappelle dove i gesuiti e le altre persone presenti si ritrovano per esprimere e condividere insieme la nostra comune fonte di energia. Dopo una veloce colazione nell’atrio della vecchia scuola con tutta la delegazione SAPI, ci muoviamo verso la sede del FSM. Ci ritroviamo alla sera, per una cena, insieme a tutti gli altri delegati e alla fine della giornata con una riflessione e una condivisione comune. Il trovarsi insieme la sera è stato un momento molto utile per raccogliere le informazioni su quegli eventi che, necessariamente, scappano all’attenzione del singolo. Abbiamo raccolto una piccola serie di preziosi contributi che sono stati condivisi in questi momenti. “Una sindacalista belga mi ha detto che è rimasta molto colpita dall’onnipresenza di marce e rappresentazioni teatrali tradizionali all’aperto; è un linguaggio comprensibile a tutti; dobbiamo lamentarci o applaudire di questa riappropriazione da parte dei senza voce?” Alcuni sono rimasti colpiti dalla terribile situazione dei rifugiati del Bhutan e dello SriLanka (Tamil) che hanno toccato i nostri cuori quando hanno parlato ad uno dei workshop organizzati dal JRS dell’Asia Meridionale. Un ascoltatore ha commentato: “mi rendo conto solo ora della necessità di fermare tutte le guerre presenti nel mondo”. Un altro ha notato “l’enfasi posta sull’identità e le forme orizzontali di organizzazione”. Un membro delle Comunità di Vita Cristiana (CVX) è rimasto colpito “dal banchetto artistico aperto a tutti, dato gratuitamente con grazia e allegria”. Un altro scriveva nel suo diario “posso portare con me in Australia l’impegno nella costruzione di una solidarietà capace di respirare v! ita, tanto necessaria in questo mondo; siamo testimoni della capacità di leadership dei gesuiti indiani, e siamo molto grati di questo”. La stanchezza incomincia a farsi sentire, ma domani, ultimo giorno, promette di essere una giornata di consolidamento. Al 8.30 si incontrerà l’intero gruppo dei coordinatori; alle 9.15 è stato proposto un incontro fra tutti i gesuiti che lavorano con le popolazioni indigene; alle 10.00 ci sarà la cerimonia conclusiva di SAPI e alle 16.00 la cerimonia conclusiva del FSM. Nel prossimo numero cercheremo di fornirvi uno sguardo su questa valutazione finale. [HL40127]
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Direttore: Fernando Franco S.J. Redattore: Daniele Frigeri S.J., Costanza Pagnini Redattore Associato: Suguna RamanathanSegretariato per la Giustizia Sociale, C.P. 6139, 00195 Roma Prati, Italia (fax) +39 0668 806 418
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