[ROBApress] Da Mumbai nuove regole per un commercio giusto



infoROBA da Mumbai
19 gennaio, WSF 2004
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Fair trade: nasce il primo network internazionale
WSF 2004: da Mumbai nuove regole per un commercio giusto

Un dedalo di vicoli, tra polvere, fango e un incredibile pavimento di tappi,
lacci da imballaggio e pezzettini di plastica di ogni genere. Qui Mumbai, la
baraccopoli nella quale ci addentriamo e` addossata al nodo ferroviario di
Mahim, dove arrivano tutti i rifiuti della citta`, “pescati” da alcuni
“cercatori” nel  canale che li circonda, dove marciscono liquami e scarichi
chimici, o trascinati da persone che scompaiono sotto i grandi sacchi di
bottiglie e latte raccolte. Accatastando mattoni a cartoni qui vivono insieme
700mila persone: hindu, cattolici, musulmani, poco importa, conta arrivare alla
fine della giornata. Non parliamo di emarginati, segregati: questa, in gran
parte, e` la classe media della citta`, fatta di piccoli operai, di bambini che
arrivano almeno alle scuole medie. Ci fanno entrare in un laboratorio: ricicla
scatoloni di cartone. 12 ore di lavoro per un uomo e i suoi figli: lo pagano
circa tre dollari al giorno per impilare ordinatamente gli scatoloni smontati e
spillati insieme, Joachim Arputham Magsaysay, il` presidente della Federation of slum dwellers of India, e` nato qui, tanti anni fa, quando a Mahim c`era solo un
piccolo gruppo di conciatori di pelli. Poi le carestie nel nord, i villaggi
sfollati per far posto a nuove strade e infrastrutture, le campagne controllate
dai giganti dell``agroalimentare e una valanga di disperazione. Le pelli ci sono
ancora, ma asciugano tra montagne di sacchi di immondizia, dove giocano cani e
bambini, dove secca, accanto a rigagnoli di tinte e acidi, il pane da vendere ai
chioschi per i lavoratori. “Per questo noi degli slum abbiamo voluto fortemente
che la nuova rete del commercio equo e solidale di tutto il mondo venisse
lanciata da qui, dove la gente vive dei rifiuti della citta` ­ ci spiega Joachim ­ perche` solo sperimentando e imponendo, a partire da un`esperienza concreta di
economia alternativa, regole nuove,  giustizia e rispetto della dignita` di
tutti noi, possiamo avere la speranza di cambiare tutto questo”.

Il marchio FTO lanciato a Mumbai dalla Federazione internazionale del commercio
alternativo Ifat, cinque figure umane che si stringono avvolgendosi in un
abbraccio solidale, da oggi identifichera` tutte le organizzazioni, del Nord
come del Sud del mondo, che vogliono cambiare le regole degli scambi
internazionali con l’importazione di oggetti di artigianato e prodotti agricoli
da produttori svantaggiati dei Paesi poveri, al riparo dalle speculazioni e
dalle fluttuazioni del mercato. Oggi gia` piu` di  200 organizzazioni eque e
solidali (produttori, importatori e botteghe del mondo, come vengono chiamati i
punti vendita dedicati esclusivamente al made in dignity) di 59 Paesi del mondo
hanno scelto di partecipare a questo percorso, elaborando insieme nove regole di base da rispettare e un complesso di standard da mettere al centro della propria
attività commerciale:
1.Creazione di opportunità per produttori economicamente svantaggiati,
2.Trasparenza e verificabilità dei processi di vendita,
3.Formazione e sviluppo delle capacità individuali
4.Promozione del commercio equo
5.Pagamento di un prezzo giusto
6.Equità tra i generi
7.Rispetto dei diritti dei lavoratori secondo le convenzioni internazionali
8.Contrasto al lavoro minorile
9.Rispetto dell’ambiente
“Il movimento del commercio equo cresce sempre di più ­ spiega Rudi Salvai, tra
i primi fair traders italiani, oggi presidente di Ifat, che raccoglie oltre e
che ha promosso il percorso di certificazione ­ e non tutti i consumatori, i
produttori e gli importatori possono conoscersi personalmente. Questo
monitoraggio, e il marchio che i gruppi ricevono alla fine del processo,
certificano che gli obiettivi ai quali oggi il commercio equo tende vengano
effettivamente raggiunti”.
Il sistema delle garanzie genera fiducia nei consumatori: nel 2002 sono stati
venduti più di 400 milioni di dollari di prodotti “made in dignity”, un piccolo
ma solido mercato, che, nonostante rispetti tutte quelle regole e leggi che
molte corporations spesso ignorano nei confronti dei lavoratori del Sud del
mondo, considerandole ostacoli alla concorrenza, registra punte di crescita fino al 3035466602gni anno. E riesce dove tutti falliscono: negli Usa la vendita di caffè
del commercio equo è cresciuta del 46tra il 2001 e il 2002 mentre la vendita
del caffè non certificato è salita in media nei Paesi di tutto il mondo nello
stesso periodo del 21.2Il movimento, nel suo complesso, può dire di
coinvolgere oltre un milione di piccoli produttori e artigiani, organizzati in
circa 3mila tra organizzazioni di base e strutture di coordinamento in oltre 50
Paesi del Sud del mondo.
“Ed è cruciale, spiega Alberto Zoratti della centrale italiana Roba dell`Altro
Mondo - soprattutto perché da Seattle, poi a Genova e a Cancun come fair trade
ci siamo impegnati in un confronto serrato con i decisori politici, nelle
istituzioni europee e nei fori internazionali, su come far diventare più giusto
il commercio internazionale”. Nell’incontro dell’Organizzazione mondiale del
Commercio (Wto) fallito a Cancun il settembre scorso, il Commissario europeo al
Commercio Pascal Lamy, in questi giorni in India per dare nuovo avvio ai
negoziati cosi` bruscamente implosi, aveva annunciato che “come Commissione UE
stiamo valutando internamente come promuovere il commercio dei prodotti ottenuti
con criteri di sostenibilità sociale ed ambientale. Stiamo esaminando un certo
numero di possibilità, inclusa la creazione di un sistema europeo di
accreditamento dei marchi che dimostrano che alcuni beni sono stati prodotti in
modo sostenibile, e cercando di capire come promuovere l’uso volontario degli
eco-marchi”. Il nuovo marchio promosso da Ifat, spiega Alberto Zoratti “che non
parte più dai singoli prodotti ma dai comportamenti concreti delle
organizzazioni che li producono, importano e vendono, si confronta anch’esso con
questo tentativo: chiediamo all`Europa di scegliere per i propri mercati le
nostre regole, per giustizia e per logica, considerando i risultati positivi che
possiamo vantare, sia dal punto di vista sociale sia economico”.

Ad un confronto con produttori, organizzazioni internazionali e istituzioni
sulle prospettive politiche aperte dal fair trade nel commercio internazionale
ROBA dedica domani 20 gennaio qui a Mumbai due seminari:

Seminario: Fair Trade in Cancun: social movements for an international social
equality Venue: D113 dalle ore 17.00 alle ore 20.00
Promosso da: ROBA, Associazione Botteghe del Mondo, Rete Lilliput
con la partecipazione di Mani Tese, Campagna delle Nazioni Unite Obiettivi del
Millennio, Fair Trade Workshop, Federation Artisans du Monde, Chaire Économie et
Humanisme
Speakers: Monica Di Sisto (ROBA), René Audet (Università del Quebec - Montreal),
Maria Rosa Cutillo (Mani Tese), Marina Ponti (Campagna delle Nazioni Unite
Obiettivi del Millennio)

20 Gennaio 2004 dalle ore 17.00 alle ore 20.00
Seminario: Water Pollution and Business Social Responsibility
Venue: B46
Promosso da: Peace Trust, Mani Tese, ROBA/Rete Lilliput
Speakers: J. Paul Baskar (Peace Trust), Maria Rosa Cutillo (Mani Tese), Deborah
Lucchetti (ROBA)

VI RICORDIAMO I NOSTRI CONTATTI A MUMBAI
Alberto Zoratti - 0091 98194 76236 (azoratti at yahoo.it - albe at roba.coop)
Deborah Lucchetti -  (deborah at roba.coop)
Monica Di Sisto - 0091 98203 78348 (moni.disisto at iol.it - comunicazione at roba.coop) Il nostro banchetto al Forum è allo stand 128 - Exhibition hall A