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[ROBApress] Da Mumbai nuove regole per un commercio giusto
- Subject: [ROBApress] Da Mumbai nuove regole per un commercio giusto
- From: "moni.disisto at iol.it" <moni.disisto at iol.it>(by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Mon, 19 Jan 2004 17:16:33 +0100
infoROBA da Mumbai 19 gennaio, WSF 2004 ----------------------------------------------------------------------------------- Fair trade: nasce il primo network internazionale WSF 2004: da Mumbai nuove regole per un commercio giusto Un dedalo di vicoli, tra polvere, fango e un incredibile pavimento di tappi, lacci da imballaggio e pezzettini di plastica di ogni genere. Qui Mumbai, la baraccopoli nella quale ci addentriamo e` addossata al nodo ferroviario di Mahim, dove arrivano tutti i rifiuti della citta`, “pescati” da alcuni “cercatori” nel canale che li circonda, dove marciscono liquami e scarichi chimici, o trascinati da persone che scompaiono sotto i grandi sacchi di bottiglie e latte raccolte. Accatastando mattoni a cartoni qui vivono insieme700mila persone: hindu, cattolici, musulmani, poco importa, conta arrivare alla
fine della giornata. Non parliamo di emarginati, segregati: questa, in gran parte, e` la classe media della citta`, fatta di piccoli operai, di bambini che arrivano almeno alle scuole medie. Ci fanno entrare in un laboratorio: ricicla scatoloni di cartone. 12 ore di lavoro per un uomo e i suoi figli: lo pagano circa tre dollari al giorno per impilare ordinatamente gli scatoloni smontati espillati insieme, Joachim Arputham Magsaysay, il` presidente della Federation of slum dwellers of India, e` nato qui, tanti anni fa, quando a Mahim c`era solo un
piccolo gruppo di conciatori di pelli. Poi le carestie nel nord, i villaggi sfollati per far posto a nuove strade e infrastrutture, le campagne controllatedai giganti dell``agroalimentare e una valanga di disperazione. Le pelli ci sono
ancora, ma asciugano tra montagne di sacchi di immondizia, dove giocano cani ebambini, dove secca, accanto a rigagnoli di tinte e acidi, il pane da vendere ai
chioschi per i lavoratori. “Per questo noi degli slum abbiamo voluto fortemente che la nuova rete del commercio equo e solidale di tutto il mondo venisselanciata da qui, dove la gente vive dei rifiuti della citta` ci spiega Joachim perche` solo sperimentando e imponendo, a partire da un`esperienza concreta di
economia alternativa, regole nuove, giustizia e rispetto della dignita` di tutti noi, possiamo avere la speranza di cambiare tutto questo”. Il marchio FTO lanciato a Mumbai dalla Federazione internazionale del commercio alternativo Ifat, cinque figure umane che si stringono avvolgendosi in un abbraccio solidale, da oggi identifichera` tutte le organizzazioni, del Nord come del Sud del mondo, che vogliono cambiare le regole degli scambi internazionali con l’importazione di oggetti di artigianato e prodotti agricoli da produttori svantaggiati dei Paesi poveri, al riparo dalle speculazioni e dalle fluttuazioni del mercato. Oggi gia` piu` di 200 organizzazioni eque e solidali (produttori, importatori e botteghe del mondo, come vengono chiamati i punti vendita dedicati esclusivamente al made in dignity) di 59 Paesi del mondohanno scelto di partecipare a questo percorso, elaborando insieme nove regole di base da rispettare e un complesso di standard da mettere al centro della propria
attività commerciale: 1.Creazione di opportunità per produttori economicamente svantaggiati, 2.Trasparenza e verificabilità dei processi di vendita, 3.Formazione e sviluppo delle capacità individuali 4.Promozione del commercio equo 5.Pagamento di un prezzo giusto 6.Equità tra i generi 7.Rispetto dei diritti dei lavoratori secondo le convenzioni internazionali 8.Contrasto al lavoro minorile 9.Rispetto dell’ambiente “Il movimento del commercio equo cresce sempre di più spiega Rudi Salvai, tra i primi fair traders italiani, oggi presidente di Ifat, che raccoglie oltre e che ha promosso il percorso di certificazione e non tutti i consumatori, i produttori e gli importatori possono conoscersi personalmente. Questo monitoraggio, e il marchio che i gruppi ricevono alla fine del processo, certificano che gli obiettivi ai quali oggi il commercio equo tende vengano effettivamente raggiunti”. Il sistema delle garanzie genera fiducia nei consumatori: nel 2002 sono stati venduti più di 400 milioni di dollari di prodotti “made in dignity”, un piccolo ma solido mercato, che, nonostante rispetti tutte quelle regole e leggi che molte corporations spesso ignorano nei confronti dei lavoratori del Sud delmondo, considerandole ostacoli alla concorrenza, registra punte di crescita fino al 3035466602gni anno. E riesce dove tutti falliscono: negli Usa la vendita di caffè
del commercio equo è cresciuta del 46tra il 2001 e il 2002 mentre la vendita del caffè non certificato è salita in media nei Paesi di tutto il mondo nello stesso periodo del 21.2Il movimento, nel suo complesso, può dire di coinvolgere oltre un milione di piccoli produttori e artigiani, organizzati in circa 3mila tra organizzazioni di base e strutture di coordinamento in oltre 50 Paesi del Sud del mondo. “Ed è cruciale, spiega Alberto Zoratti della centrale italiana Roba dell`Altro Mondo - soprattutto perché da Seattle, poi a Genova e a Cancun come fair trade ci siamo impegnati in un confronto serrato con i decisori politici, nelle istituzioni europee e nei fori internazionali, su come far diventare più giusto il commercio internazionale”. Nell’incontro dell’Organizzazione mondiale del Commercio (Wto) fallito a Cancun il settembre scorso, il Commissario europeo al Commercio Pascal Lamy, in questi giorni in India per dare nuovo avvio ai negoziati cosi` bruscamente implosi, aveva annunciato che “come Commissione UEstiamo valutando internamente come promuovere il commercio dei prodotti ottenuti
con criteri di sostenibilità sociale ed ambientale. Stiamo esaminando un certo numero di possibilità, inclusa la creazione di un sistema europeo di accreditamento dei marchi che dimostrano che alcuni beni sono stati prodotti in modo sostenibile, e cercando di capire come promuovere l’uso volontario degli eco-marchi”. Il nuovo marchio promosso da Ifat, spiega Alberto Zoratti “che non parte più dai singoli prodotti ma dai comportamenti concreti delleorganizzazioni che li producono, importano e vendono, si confronta anch’esso con
questo tentativo: chiediamo all`Europa di scegliere per i propri mercati lenostre regole, per giustizia e per logica, considerando i risultati positivi che
possiamo vantare, sia dal punto di vista sociale sia economico”. Ad un confronto con produttori, organizzazioni internazionali e istituzioni sulle prospettive politiche aperte dal fair trade nel commercio internazionale ROBA dedica domani 20 gennaio qui a Mumbai due seminari: Seminario: Fair Trade in Cancun: social movements for an international social equality Venue: D113 dalle ore 17.00 alle ore 20.00 Promosso da: ROBA, Associazione Botteghe del Mondo, Rete Lilliput con la partecipazione di Mani Tese, Campagna delle Nazioni Unite Obiettivi delMillennio, Fair Trade Workshop, Federation Artisans du Monde, Chaire Économie et
HumanismeSpeakers: Monica Di Sisto (ROBA), René Audet (Università del Quebec - Montreal),
Maria Rosa Cutillo (Mani Tese), Marina Ponti (Campagna delle Nazioni Unite Obiettivi del Millennio) 20 Gennaio 2004 dalle ore 17.00 alle ore 20.00 Seminario: Water Pollution and Business Social Responsibility Venue: B46 Promosso da: Peace Trust, Mani Tese, ROBA/Rete Lilliput Speakers: J. Paul Baskar (Peace Trust), Maria Rosa Cutillo (Mani Tese), Deborah Lucchetti (ROBA) VI RICORDIAMO I NOSTRI CONTATTI A MUMBAI Alberto Zoratti - 0091 98194 76236 (azoratti at yahoo.it - albe at roba.coop) Deborah Lucchetti - (deborah at roba.coop)Monica Di Sisto - 0091 98203 78348 (moni.disisto at iol.it - comunicazione at roba.coop) Il nostro banchetto al Forum è allo stand 128 - Exhibition hall A
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