"Chi usa Linux ci deve pagare". Una campagna mondiale contro l'open source



http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=32109
di ma.ca.

 Con uno scarno comunicato, SCO - l'impresa dello Utah che mesi fa ha
rivendicato la proprietà intellettuale di alcuni dei codici usati nel
sistema operativo open source Linux - ha fatto sapere al mondo d'avere
approntato licenze valide anche a livello internazionale. La qual cosa
implicitamente significa che, da oggi, come già quelle statunitensi, anche
tutte le imprese del mondo sono passibili di querela nel caso facciano uso
di un programma che SCO considera, almeno in parte, cosa sua.

Le pretese di SCO nascono dal fatto che - nel 1995, quando ancora si
chiamava Caldera - l'impresa aveva acquistato da Novell (che a sua volta li
aveva acquistati da At&t) i diritti di copyright dell'UNIX, sistema
operativo usato nei grandi network di cui il Linux rappresenta la versione
gratuita ed aperta.

Con la sola e comprensibile eccezione di Microsoft, tutte le imprese che
oggi commercializzano versioni del Linux - a cominciare da IBM che già è
stata querelata per tre miliardi di dollari - hanno fin qui respinto con
decisione le licenze offerte da SCO, formando anzi un fondo comune da 10
milioni di dollari per affrontare unite eventuali azioni legali.

E, stando ai codici fin qui rivelati da SCO, le basi dell'iniziativa
appaiono - a detta degli esperti - piuttosto inconsistenti, tanto sul piano
tecnologico, quanto su quello legale. Resta comunque il fatto che -
indifferente ad ogni critica - SCO sembra decisa ad allargare il raggio d'un
attacco che rappresenta, per il futuro del movimento "open source", una
sorta di mina vagante.