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Missione Oggi dicembre 2003 - 2
- Subject: Missione Oggi dicembre 2003 - 2
- From: "Missione Oggi" <missioneoggi at saveriani.bs.it>(by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Thu, 18 Dec 2003 17:51:03 +0100
EDITORIALE Elogio del viandante Saluto del Gruppo redazionale a p. Meo Elia che lascia M.O. Il Gruppo continuerà, al completo, la collaborazione con il nuovo direttore. Una forte garanzia per la continuità della linea editoriale della rivista. Rispetto, dialogo, confronto, curiosità: un modo di guardare alle cose del mondo e di vivere la grazia del tempo che ci è stato dato; per noi e per gli altri. È inusuale che i membri di una redazione salutino pubblicamente il loro direttore/fratello/amico; è lui che di solito lo fa congedandosi dai lettori della sua/nostra/loro rivista. Forse perché siamo un gruppo di persone, più che un collettivo redazionale, ci prendiamo la libertà di dire in circa 5.200 battute (come il "nostro" ci ha pregato di fare; e noi cercheremo di rispettare, almeno per una volta, questa sua consegna), quello che sentiamo/proviamo/pensiamo in questo momento. Anche se ognuno di noi sa che non è possibile "fare sintesi", ordinare su un unico registro emozioni e sentimenti, essendo questi così intimi, individuali, irriducibilmente indisponibili a diventare "di gruppo". Ma per questa volta lasciateci provare. Rispetto, dialogo, confronto, curiosità. Queste sono le suggestive parole che ci vengono subito alla mente per evocare, più che descrivere, il "clima" , l'ambiente, la qualità di un rapporto che p. Meo ha saputo/voluto creare, come condizione di un proficuo lavoro comune. Senza di ciò sarebbe stato certamente più difficile condividere il piacere dell'incontro redazionale, la responsabilità di un impegno che non deludesse, la sobria convivialità di un ospite attento, sollecito nell'interloquire, avaro di parole inessenziali, ma sempre pronto a tessere con quelle altrui la trama di una riflessione, i punti di un percorso da far crescere, sviluppare, approfondire. Questo per tredici anni. Rispetto. In primo luogo delle nostre singole storie e delle nostre reciproche convinzioni: non ci ha mai chiesto "da dove venite, quale la cultura politica o l'ideologia a cui vi ispirate" (anche se lo sapeva molto bene); ci ha piuttosto detto: "Mettiamo insieme le nostre differenze e andiamo avanti". Perché il cammino che porta alla liberazione (alla nostra, come a quella di tanti milioni di esseri umani) è un caleidoscopio di innumerevoli possibilità, di coraggiose creatività, di utopie concrete, dove i sogni di una cosa s'impossessano dello spirito vitale di ognuno di noi e ci spingono a fare della storia il luogo dove sperimentare il cambiamento necessario, la trasformazione possibile. Perché ciò che ha sempre avuto valore tra noi, è stato non solo o tanto la solida consapevolezza di un progetto comune, quanto piuttosto la condivisione di un orizzonte di principi, di valori fondativi (i diritti di cui ogni essere umano è portatore per il solo fatto di esistere) da riscoprire ogni giorno nella vita delle persone e dei popoli violati, dentro quella stessa storia in cui, per i credenti, si incarna il verbo evangelico di un Cristo liberatore, e per i non credenti il luogo ed il tempo in cui si afferma, con la giustizia, una dignità umana finalmente riscattata nella sua pienezza; la sola a dirci che il passaggio dalla preistoria alla storia è compiuto. Ovunque e ora. Ma p. Meo ci ha abituati anche ad un altro tipo di rispetto: quello dovuto ai lettori. Egli ha pensato e concretamente lavorato affinché Missione Oggi fosse la "loro" rivista. Ci ha fatto crescere come collaboratori chiedendoci sempre questa consapevolezza, abituandoci così ad una disciplina intellettuale, ma anche morale - per alcuni di noi non facile - ma necessaria, e perciò utile. Rendere chiare le cose difficili, senza per questo banalizzarle, anche nell'affrontare temi o problemi complessi, perché il piacere dello scrivere deve sempre temperarsi al principio di responsabilità verso chi ci ascolta o, come in questo caso, ci legge. Non solo pensare all'altro (il lettore), ma mettersi dalla sua parte e da lì porre delle domande. A noi stessi. Dialogo. In tutti questi anni, Missione Oggi ha cercato di essere, proprio per scelta del suo direttore (una scelta per nulla comoda, anzi) la rivista che ha fatto della conoscenza/scoperta/incontro della voce dell'Altro (come esperienze di un essere umano concreto, con i suoi bisogni, speranze, problemi, sogni) parte essenziale del suo progetto culturale, la sua cifra "politica". L'attenzione verso gli altri mondi e l'islam in particolare, in questo nostro difficile tempo di voluta ignoranza mass-mediatica e di volgarità razziste, è stata sempre illuminata dalla convinzione che solo partendo dagli atti che si vogliono compiere, dai gesti, dagli incontri cercati, dai rapporti faticosamente intrecciati con ostinata perseveranza, sia in fondo possibile costruire percorsi, creare reciproca responsabilità e sentimenti di un'operante fratellanza/sorellanza, anche quando tutto sembra perso o destinato a dividere i destini individuali o collettivi, di persone o popolazioni, respingendole nel cono d'ombra delle nostre indifferenze od ostilità. Confronto. Le riunioni redazionali di Missione Oggi sono state una palestra in cui i punti di vista, le singole parzialità, hanno avuto la più ampia libertà di esprimersi e tradursi nel contributo concreto che ognuno era poi disponibile ad offrire come collaborazione. Così come l'impegnativo appuntamento annuale, rappresentato dai convegni, ha cercato di essere sempre un momento in cui la ricerca della verità si apriva alle più diverse sonorità, ad un pensiero plurimo, a parzialità ricche di elaborazione, ma piegate sempre alla necessità del fare, del costruire, del prefigurare in comune percorsi di liberazione. Curiosità. Un atteggiamento, questo, rivelatore di una disponibilità intellettuale non particolarmente vitale in altri contesti, paghi di cercare conferme, incapaci di accettare il rischio di affrontare temi forse inusuali per una rivista missionaria. Eppure p. Meo ha accettato questa scommessa, ha permesso che queste pagine si aprissero ad ogni piega della realtà, guardassero a territori di ricerca inconsueti, trovassero modo di esprimersi, come i problemi dell'ambiente o dell'ecologia, dilatando così conoscenza, sensibilità e saperi, nella convinzione che non esistono zone franche entro le quali non debba soffiare forte il vento del cambiamento necessario. E ancora: curiosità come disponibilità a stupirsi della creatività liberante e liberatrice dei popoli (scelte di resistenza), attitudine a farsi coinvolgere dalla loro infaticabile voglia di vivere, che è fantasia, creazione, affermazione di nuova umanità. Il buon viandante, colui con cui abbiamo avuto il piacere di attraversare un tratto della nostra vita, ci lascia tutto questo. E molto altro. Qualcosa di più di uno stile di lavoro: un modo di guardare alle cose del mondo e di vivere la grazia del tempo che ci è stato dato. Per noi e per gli altri. Grazie Meo ALESSANDRA, FAUSTO, FRANCO, GABRIELE, LYDIA, MARIA TERESA, MARINO, MASSIMO, MAURO, PIERO, ROBERTO. (PS Le battute sono diventate 6.671; per questa volta perdonaci, Meo)
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