La nonviolenza e' in cammino. 741



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 741 del 26 novembre 2003

Sommario di questo numero:
1. La pace e il dialogo non sono un'utopia
2. Mao Valpiana: un invito l'8 dicembre a Venezia
3. Simone Weil: l'illusione
4. Mario Di Marco: mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
5. Marie Claude Pace: un incontro con Andrea Cozzo a Gubbio
6. Un'intervista a Manuela Fraire
7. Enrico Peyretti: un'analisi critica del documento di Romano Prodi su
"Europa: il sogno, le scelte" (con estratti)
8. Riletture: Victor Serge, E' mezzanotte nel secolo
9. Riletture: Victor Serge, Memorie di un rivoluzionario
10. Riletture: Andrej Sinjavskij, Ivan lo Scemo
11. Riletture: Abram Terz (Andrej Sinjavskij), Una voce dal coro
12. Riletture: Aleksandr Solzenicyn, Arcipelago Gulag
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. APPELLI. LA PACE E IL DIALOGO NON SONO UN'UTOPIA
[Ringraziamo Daniele Aronne (per contatti: viterboconamore at libero.it) per
averci inviato il documento conclusivo dell'incontro "La pace e il dialogo
non sono un'utopia" svoltosi a Viterbo il 7-8 novembre 2003]

Noi rappresentanti di diversi popoli, comunita', chiese, gruppi e
associazioni, siamo qui riuniti a Viterbo in occasione dell'incontro "La
pace e il dialogo non sono un'utopia" per raccontare come sia stato
possibile inserirsi nei conflitti armati e aprire concreti spazi di
riconciliazione e pace senza usare la forza delle armi.
Proveniamo da diversi continenti del mondo e soprattutto da quei Paesi
venuti alla ribalta in questi ultimi anni per le nefaste notizie di guerra.
Abbiamo condiviso con i nostri popoli la precarieta', l'incertezza, i lutti
ed i drammi  che ogni conflitto porta con se' e abbiamo visto come, quando
si chiudono le porte al dialogo, al cambiamento e alla pluralita' nella
presa di decisioni, la sicurezza e il benessere si trasformano in morte e
distruzione.
Noi abbiamo sperimentato con successo che in ogni conflitto c'e' spazio per
chi vuole agire per la pace con una modalita' nonviolenta, forte nella
ricerca del dialogo, determinata nella tutela della vita di ciascun essere
umano e soprattutto credibile nella costruzione di un mondo piu' giusto.
I percorsi di pace e di dialogo in cui, al fianco delle vittime delle
ingiustizie subite dai nostri popoli, siamo stati umili attori testimoniano
che questa modalita' di intervento e' efficace, necessaria e preziosa.
Ringraziamo il Santo Padre  Giovanni Paolo II per le belle parole espresse
nell'enciclica "Evangelium Vitae" in cui ha riconosciuto in questa azione un
segno dei tempi: "Tra i segni di speranza va annoverata la crescita in molti
strati dell'opinione pubblica mondiale  di una nuova sensibilita' sempre
piu' contraria alla guerra come strumento di soluzione dei conflitti tra i
popoli e sempre piu' orientata alla ricerca di strumenti piu' efficaci ma
non violenti per bloccare l'aggressore armato".
Spronati anche da queste parole chiediamo alle istituzioni locali ed
internazionali che facciano proprie queste nuove modalita' di risoluzione
dei conflitti e le incanalino in percorsi istituzionali di ricerca e
sperimentazione sulla scia delle indicazioni gia' emerse in sede delle
Nazioni Unite ed in sede europea.
Facciamo inoltre un appello alla societa' civile mondiale affinche' si
unisca a noi nell'impegno per la costruzione di un mondo in cui finalmente
"Giustizia e Pace si baceranno".
Mons. Lorenzo Chiarinelli, vescovo di Viterbo
mons. Giorgio Biguzzi, vescovo di Makeni, Sierra Leone
mons. Samuel Ruiz Garcia, vescovo emerito del Chiapas, Messico
don Oreste Benzi, presidente dell'associazione "Comunita' papa Giovanni
XXIII"
don Lush Gjergji, del movimento nonviolento in Kossovo e biografo di Madre
Teresa di Calcutta
don Maurizio Boa, missionario in Sierra Leone
Miguel Alvarez, rappresentante dell'Associazione Serapaz, Messico
padre Alex Zanotelli, gia' missionario a Korogocho, periferia di Nairobi,
Kenya
Kristin Anderson, associazione nonviolenta statunitense "Christian
Peacemaker Teams"
Diane Janzen, associazione nonviolenta statunitense "Christian Peacemaker
Teams"
don Albino Bazzotto, presidente dell'associazione "Beati i costruttori di
pace"
don Alberto Canuzzi, presidente dell'associazione "Viterbo con amore"
Daniele Aronne, associazione "Viterbo con amore" e Operazione Colomba

2. EDITORIALE. MAO VALPIANA: UN INVITO L'8 DICEMBRE A VENEZIA
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it.it) per
questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle
della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera
come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato
nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza
come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato
di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della
Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico,
scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n.
435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario]

Dopo il bell'incontro di Verona dal quale e' scaturito l'appello "per
un'Europa militarmente neutrale, disarmata, solidale, nonviolenta", ci
prepariamo all'appuntamento veneziano dell'8 dicembre.
Nell'ambito del Salone dell'editoria per la pace, stiamo organizzando un
convegno che riunisca tutte le amiche e gli amici della nonviolenza per dare
ancora piu' forza e piu' sostanza alle nostre richieste politiche
(sottolineo politiche, non solo ideali, non solo culturali, non solo
utopiche, non solo giuste e sacrosante) per contribuire alla definizione
della nuova Costituzione europea affinche' l'Europa possa davvero nascere e
non subito abortire sotto il peso del militarismo e di un nuovo esercito.
L'incontro veneziano avra' un'appendice pubblica, con una manifestazione
nonviolenta sul ponte di Rialto, che unisce simbolicamente l'est e l'ovest
dell'Europa per valorizzare, come diceva Aldo Capitini, "il meglio
dell'oriente ed il meglio dell'occidente".
Da Venezia faremo giungere la nostra visione europea al vertice di Bruxelles
del 12 e 13 dicembre.
L'Europa e' a un bivio: nascere disarmata o morire armata.
*
Post scriptum: L'8 dicembre sara' anche l'anniversario della morte violenta
di John Lennon, il menestrello della pace.  Con lui possiamo dire: "Date una
possibilita' all'Europa".

3. MAESTRE. SIMONE WEIL: L'Illusione
[Da Simone Weil, Quaderni, volume secondo, Adelphi, Milano 1985, 1991, p.
251. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu
professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e
libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i
fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra
impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita',
abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione
meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita
interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o
meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze
mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita
vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i
propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la
serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di
Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte
di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e
su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in
Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu'
importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita',
poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima
radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le
intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali
i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo
Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone
Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr.
AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985;
Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone
Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie
Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna
1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]

Maya, l'illusione. Essa e' ben reale (a suo modo) perche' occorre tanta pena
per uscirne. Ma la sua realta' e' di essere illusione.

4. MEMORIA E PROPOSTA. MARIO DI MARCO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"
PERCHE'...
["Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento
fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per
tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via
Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org; l'abbonamento annuo e'
di 25 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite
bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso
BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB
11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona,
specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta".
Avvicinandosi la fine dell'anno, abbiamo chiesto ad alcuni autorevoli amici
della nonviolenza di motivare l'invito - che ci permettiamo di rivolgere a
tutti i lettori del nostro notiziario - a  rinnovare (o sottoscrivere per la
prima volta) l'abbonamento ad "Azione nonviolenta". Oggi risponde Mario Di
Marco (per contatti: mdmsoft at tin.it). Mario Di Marco e' responsabile degli
obiettori di coscienza in servizio civile presso la Caritas diocesana di
Viterbo, ed e' da sempre uno dei fondamentali punti di riferimento a Viterbo
per tutte le persone di volonta' buona]

Anche se presente da anni nella biblioteca della Caritas dove spendo parte
del mio tempo, mi abbono personalmente ad "Azione nonviolenta" perche' e' un
modo di sostenerci reciprocamente (e perche' avendola a casa la leggero'
piu' spesso!).

5. INCONTRI. MARIE CLAUDE PACE: UN INCONTRO CON ANDREA COZZO A GUBBIO
[Ringraziamo Marie Claude Pace (per contatti: gubbioperlapace at libero.it) per
questo intervento.
Marie Claude Pace fa parte dell'esperienza delle "Donne in nero" e del
gruppo "Gubbio per la pace" che da anni realizza rilevanti iniziative di
pace, di solidarieta', di accostamento alla nonviolenza.
Andrea Cozzo (per contatti: acozzo at unipa.it) e' docente universitario di
cultura greca, studioso e amico della nonviolenza, promotore dell'attivita'
didattica e di ricerca su pace e nonviolenza nell'ateneo palermitano]

Nell'ambito di una serie di dibattiti organizzati ogni anno
dall'associazione "Gubbio per la pace", abbiamo ospitato il 10 ottobre
Andrea Cozzo, che insegna lingua e letteratura greca presso l'Universita' di
Palermo, dove insegna anche teoria e pratica della nonviolenza.
La presentazione della serata fatta da un membro di "Gubbio per la pace" ci
rammentava che se non facciamo una riflessione quotidiana sull'approccio
alla nonviolenza, rischiamo di essere colti di sorpresa dagli eventi sempre
piu' raccapriccianti che ci cadono addosso.
Dopo avere esordito con il rammentarci che esiste una violenza culturale
invisibile, come per esempio nei giochi che sono pressoche' tutti
competitivi (in cui ci deve essere per forza un vincente e un perdente, i
giochi "a somma zero"), Andrea Cozzo ci ha fatto notare che anche il
frasario quotidiano e' spesso "a somma zero". Esempio: la parola "dibattito"
e' capita come significando la dimostrazione di chi ha torto e chi ha
ragione.
*
La relazione che si instaura fra persone che si parlano ha tre livelli: il
livello paraverbale (tono della voce), il livello non verbale (i gesti, la
postura, quel che gli Inglesi chiamano "body-language"), il livello verbale
(le parole usate). Invece di dire "tu sbagli", possiamo dire: "quel che mi
hai detto non mi ha convinto". Gandhi raccomandava di mettersi sempre nei
panni dell'interlocutore. Si tratta di avere fiducia nell'interlocutore,
anche dimenticando quel che nel passato quell'interlocutore ha fatto di
male. Se mettiamo etichette sugli altri, loro rispondono a quelle
aspettative, che li ingabbiano.
Esistono anche diversi tipi di ascolto: 1) me ne vado; 2) penso ad altro; 3)
sono rassegnato; 4) ascolto e giudico; 5) ascolto in modo attivo e empatico.
Quest'ultimo dovrebbe essere il nostro dovere di ascolto.
*
Lo sforzo di empatia e' quello che deve fare ognuno di noi. Se riesco ad
abbracciare l'altro lui perde l'avversario. La persona amica della
nonviolenza comunica all'altro che e' lui che decide. Spesso si dice che la
nonviolenza e' una scommessa, ma lo e' anche la violenza: niente di piu'
incerto che l'esito di un'azione violenta.
Gli amici della nonviolenza applicano il principio di cautela: quando compio
un'azione, mi devo chiedere se i possibili danni saranno irreversibili.
La nonviolenza e' spesso considerata come passivita', ma non lo e'. Il
passivo non fa niente; la persona amica della nonviolenza agisce.

6. TESTIMONIANZE. UN'INTERVISTA A MANUELA FRAIRE
[Dal sito di "Matrimoney" (http://members.xoom.virgilio.it/matrimoney)
riprendiamo questa intervista a Manuela Fraire, non datata ma da un rimando
interno situabile intorno al 1999. Manuela Fraire, autorevole intellettuale,
psicoanalista, una delle figure piu' prestigiose del femminismo, e' autrice
di numerosi saggi; e' stato recentemente ripubblicato il suo assai
apprezzato libro (a cura di), Lessico politico delle donne: teorie del
femminismo, Fondazione Elvira Badaracco, Franco Angeli, Milano 2002. E'
ovvio che alcuni passi di questa intervista possano suscitare dissensi tra
varie persone che il nostro foglio leggono e che provengono da esperienze
esistenziali e tradizioni culturali diverse; ma questo foglio ha tra le sue
motivazioni anche quella di far conoscere e riconoscere riflessioni e
pratiche diverse e finanche reciprocamente irriducibili, poiche' a nostro
avviso la scelta della nonviolenza e', tra molte altre cose, anche sia un
campo di ricerche - e di esperienze e riflessioni in dialogo, sia
soprattutto un collocarsi all'ascolto dell'altro, dell'altra. Incontrandoci
anche intorno a un fuoco di bivacco notturno viandanti sulla strada per
Tebe]

- Matrimoney: Manuela, in che modo le sostanze femminili che sono state
messe in circolazione con il femminismo, hanno modificato il tuo modo di
avvicinarti a te stessa?
- Manuela Fraire: Non mi sono mai raccontata nel modo in cui l'ho fatto
davanti alle donne e soprattutto non avevo mai sentito raccontare alle donne
quello che raccontavano. Per me e' stata la scoperta piu' grande della mia
vita insieme all'analisi e al diventare comunista pur venendo da una
famiglia come la mia. L'approccio con il marxismo e' stato parte della mia
storia esistenziale, quanto la psicoanalisi e il femminismo.
- Matrimoney: A proposito dell'intreccio comunismo-femminismo, Maria Luisa
Boccia racconta in un'intervista a "Sofia" che la sua esperienza di
iniziazione femminista comincia con la rivista "Rosa" (cui hai partecipato
anche tu), che cercava proprio di trovare elementi in comune tra la
tradizione comunista e la nascente teoria-pratica femminista.
- Manuela Fraire: Per quello che mi riguarda io sono stata colta di sorpresa
da un elemento fondamentale del femminismo e cioe' che cio' che io dovevo
tagliare fuori dalla mia comunicazione intellettuale e politica nel
movimento del '68, che per questo non ho mai davvero amato, era invece "gia'
politica" nel movimento delle donne. Parlo del "personale" ovviamente e non
del privato. Credo che proprio nel movimento del '68 e' nato il bisogno di
incontrare donne come me. Le donne che incontravo allora erano terribili,
avevano una testa occupata dal desiderio di essere come i maschi. Una cosa
che mi ha levato letteralmente la parola. Non ho praticamente parlato
perche' quello che era tagliato fuori dalla comunicazione politica era una
cosa per me essenziale: l'esperienza della vita. Mi ricordo ancora che
alcuni compagni mi dicevano "che peccato! Tu sei cosi' intelligente! ... ma
questo psicologismo!". Gli psicologismi erano la vita e per me tolta la vita
la politica diventava una noia mortale. Alla assemblee mi addormentavo, non
capivo cosa dicevano, non riuscivo a leggere i giornali. Ero diventata
stupida.
- Matrimoney: Poi cosa e' accaduto? Quale e' stato il momento di svolta
nella tua vita che ti ha di nuovo avvicinato alla politica e alla vita?
- Manuela Fraire: In una fase particolare ho deciso di rompere con tutto
l'ordine che aveva governato la mia vita. Mi ero emancipata presto. Ero
andata via dalla casa di famiglia a ventidue anni e mi ero mantenuta senza
piu' chiedere denaro, avevo lavorato e mi ero laureata in architettura,
avevo lasciato l'uomo buono e danaroso con cui stavo e avevo scelto un uomo
difficile, severo, punitivo e disciplinato con cui ho fatto la mia
formazione emancipativa. Ho cominciato a lavorare e guadagnare i miei soldi,
ma rapidamente ho cominciato a guadagnare piu' di lui perche' avevo sia la
scuola dove insegnavo che il laboratorio mio dove facevo stampa d'arte. Una
storia di maschio, sembra, in realta' e' una storia molto femminile. E'
stato necessario lo sguardo delle donne per capire come era femminile la mia
storia. Ecco, vi potrei dire questo: io non ho sentito di essere una donna,
una donna nel pensiero, fino a che le donne guardandomi ed ascoltandomi non
mi hanno detto che mi riconoscevano. Io era una donna con gli uomini. Per il
resto ero un anfibio, ed era un tormento incredibile perche' non riuscivo a
dare una forma, una struttura ai miei pensieri e alle mie opinioni sul
mondo. Non sapevo a che titolo parlavo o appartenevo a un partito, a
un'idea, a una professione perche' quel che io sentivo sul mondo non aveva
nessuna collocazione.
- Matrimoney: Come e' avvenuto l'incontro con le donne?
- Manuela Fraire: E' avvenuto perche' io ad un certo punto ho lasciato la
scuola dove insegnavo e mi sono messa a dipingere, a fare dei ritratti. E
questi ritratti sono stati visti per caso da un'amica che mi ha detto "ti
voglio portare da una pittrice mia amica", la quale esponeva in una galleria
e ha detto "mettici anche i tuoi ritratti". Questa donna era Deanna Frosini
e la sera dell'inaugurazione sono arrivate le donne. Si sono sedute per
terra e hanno cominciato a parlare del rapporto tra donne e arte (ride). Ero
talmente frastornata! E' stata una cosa stupefacente. Nel frattempo accadeva
nella mia vita privata qualcosa che mi ha fatto desiderare di mettermi in
contatto con le donne che facevano gli aborti e ho cominciato ad ospitarle a
casa mia. Le ho aiutate a fare quest'esperienza, erano le donne del
collettivo S. Lorenzo, un'esperienza molto importante per me, molto, non vi
saprei ancora dire la natura di quell'esperienza. Volevo soltanto stare con
loro mentre loro facevano questa esperienza. Questa esperienza ha aperto uno
squarcio sul mondo delle donne, sulla potenza del mondo psichico femminile,
un mondo d'intelligenza straordinaria che apriva una porta anche su di me. E
quindi sono andata a cercare chi era piu' simile alle cose che io facevo.
Alla Libreria della Maddalena si erano formati tre gruppi, uno si chiamava
"Donne e arti visive". Io ancora con la letteralita' dei tempi andai a
cercare quelle donne che si occupavano di arte come me ma a differenza da me
erano delle "signore". Io venivo completamente da un altro mondo
intellettuale e quindi ero anche molto presuntuosa da questo punto di vista.
Poi queste donne hanno cominciato a parlare e questa e' stata l'altra
rottura, la rottura dell'ideologia. Hanno cominciato a parlare, ed erano
uguali a me, loro parlavano e io capivo bene, non solo capivo, rispondevo
davanti a persone mai viste, parlavo e parlavo, pensavo, tornavo a casa e
scrivevo la notte, e tornavo nel piccolo gruppo. Questo gruppo di
autocoscienza e' durato tre anni ed e' stato fondativo per la mia esistenza
di oggi.
- Matrimoney: Quindi, "Donne e arti visive" era un gruppo di autocoscienza?
- Manuela Fraire: Si'. "Donne e arti visive" e' diventato molto velocemente
"Donne e creativita'", la nostra propria creativita'. Le arti visive le
abbiamo salutate e il gruppo si e' sciolto dopo tre anni e tre di noi, una
quarta si e' aggiunta dopo, hanno formato "Le edizioni delle donne".
Attraverso questo percorso di autocoscienza mi sono voltata indietro a
riguardare mia madre, la zia-nonna, mia sorella. C'e' stata una revisione
importante nel modo di vederle, non nel senso dell'idealizzazione come
allora accadeva a molte. Il discorrere assieme alle altre mi ha fatto capire
meglio quali sono state le tecniche di sopravvivenza di queste donne per
salvare il loro pensiero diverso, differente, da un pensiero nel quale
vivevano immerse, un mondo di valori e di rappresentazioni che non erano
ufficialmente contro di loro, semplicemente loro non vi erano rappresentate.
Quindi mia madre ha finito per essere una specie di deviante perche' non
conosceva altro modo per evitare di essere catturata, mia zia ha dominato
con il danaro e l'irrangiungibilita', due modelli in qualche modo terribili
ma che contenevano, anche se inconsciamente, l'indicazione di non arrendersi
all'ordine dato. Una volta chiamarono mia madre dalla scuola che
frequentavo, perche' mi rifiutavo di fare l'inchino alla madre superiora
dicendo "Bonjour ma chere mere". La chiamarono e le dissero "lei deve
convincere la sua bambina a comportarsi bene" e lei rispose "la mia bambina
non si deve inchinare mai!". Lei mi ha mostrato ma purtroppo mi ha dato
anche un altro insegnamento che ho utilizzato in modo aggressivo e
autodistruttivo "ricordati: prima si dice no, dopo si dice si'"; e' stato
molto difficile acquisire la grande capacita' di dire anche dei si'.
- Matrimoney: Tu hai parlato prima della rivalita' tra donne. Come si
riarticola durante il tuo percorso femminista, come si e' trasformata questa
forma di relazione?
- Manuela Fraire: Moltissimo. La rivalita' con le donne si e' sopita per
tutto il periodo d'oro del femminismo (dal '74 all'80) ed io ho pensato di
essermene liberata, anche perche' ero garantita dal fatto che eravamo
insieme contro qualcosa di molto compatto. Il fatto che certe donne mi
stessero antipatiche lo attribuivo al fatto che forse non erano abbastanza
femministe, poi c'e' stata l'acquisizione della differenza tra donne e sono
riuscita a dare significato e valore alle differenze. L'esperienza della
rivalita' e' venuta fuori soprattutto sul piano intellettuale quando
effettivamente dentro di me si e' costruita un'immagine autorevole
femminile, ossia quando ho cominciato a temere il giudizio delle donne su
cio' che dicevo, scrivevo, facevo, in quanto le reputavo adeguate a dare un
giudizio che per me contava. Era un giudizio che non era mai contato prima
perche' sul lavoro intellettuale il mio modello interno era maschile. Da
quel momento la rivalita' (ride) e' venuta fuori con un senso dapprima di
angoscia molto profonda, tanto da indurmi a sfuggire le situazioni dove
questa rivalita' poteva venire fuori piu' chiaramente. In questi ultimi anni
mi pare di essermi rinforzata in questo senso. Soffro molto, sono spaventata
in certi momenti dell'intensita' dei sentimenti di rivalita' che io posso
provare nei confronti di alcune donne. Ma questo e' accompagnato da un senso
di grande forza che mi da' nei confronti del mondo degli uomini il fatto che
ci siano donne che io stimo e quindi anche temo veramente molto. Mi sento
protetta dalla loro presenza e allo stesso tempo minacciata dal loro
eventuale non riconoscimento. Io mi sento molto piu' solida perche' nella
mia mente desidero essere una donna come certe donne, mentre non c'e' piu'
un uomo che io vorrei essere. Ci sono molti uomini che io stimo davvero e
molte donne, invece, con cui mi identifico.
- Matrimoney: Il referente, il riferimento e' finalmente femminile.
- Manuela Fraire:. E' un punto di riferimento che talvolta mi fa soffrire
molto perche' arriva sempre il momento in cui ti senti schiacciata dal
desiderio di trovare finalmente la madre ideale, di cui per un po' davvero
ti innamori al punto che la vuoi tutta per te.
- Matrimoney: A me aveva colpito il fatto che tu ti sei avvicinata alla tue
simili, attraverso un'esperienza del corpo. Fino a quel momento aveva
comandato la testa, con l'aborto avviene la rottura. Non potevi piu' andare
avanti in quel vecchio modo.
- Manuela Fraire: Esatto. Si e' rotta la complicita' con l'uomo in maniera
netta e definitiva. Un po' come se attraverso le pratiche abortive avessi
partorito me stessa. Ma non lo sapevo allora, non lo sapevo proprio.
- Matrimoney: Quindi il fatto che nella pratica della relazione tra donne
comunque il pensiero e il corpo, il fare e il pensare sono una cosa unica...
- Manuela Fraire: Credo che ci possono essere esperienze, che io chiamo
fondative, che partono da un'esperienza del corpo, ma puo' essere
un'esperienza del corpo non riconosciuta come tale. Non credo che le donne
facciano esperienze solo mentali. Se volete saperlo penso che questo sia
vero anche per gli uomini, ma il potere che hanno costruito, anche di
rappresentazione, su questa divisione fra mente e corpo, non gli rende
possibile l'accesso al loro corpo senza che vengano sommersi dal terrore di
perdere i molti privilegi che hanno conquistato in cambio di questa
terribile perdita.
*
- Matrimoney: Torniamo ai femminismi. Nel passato erano le strade dove
avevano sede i vari collettivi, ma anche le case private dove si faceva
l'autocoscienza, i luoghi di incontro tra donne. Quale era la tua mappa
delle strade, dove ti portavano i tuoi passi?
- Manuela Fraire: Le case piu' frequentate dal cuore? Le nostre case erano
diventate dei luoghi straordinari per via dell'autocoscienza. Poi anche via
Germanico e' stato un luogo importante per me dove erano molti collettivi,
tra cui anche il "Collettivo cultura". Poi c'e' stata la sede delle Edizioni
delle donne, una mia ex casa. E poi sicuramente il "Virginia Woolf" prima al
Governo Vecchio e poi al Buon Pastore e infine a via dell'Orso, ma piu'
recentemente perche' io sono stata in forte polemica con il gruppo B, e
Alessandra Bocchetti che conosco da trent'anni... Con lei sono stata anche
nel "Collettivo di via Ripetta". E' stato l'innesto di quell'esperienza con
il "Collettivo cultura" di via Germanico, con Michi Staderini, che ha
prodotto il Virginia Woolf. Al Governo Vecchio, dal '77 all'80, ho condotto
un gruppo sul rapporto madre-figlia, un gruppo strano per il femminsmo di
quel periodo, nel senso che era riconosciuto che io conducevo questo gruppo
e che non c'era quindi la reciprocita'.
- Matrimoney: Come sei passata dall'architettura, alle stampe d'arte, al
femminismo, all'editoria, al lavoro culturale, alla scrittura, ai gruppi con
le donne, all'autocoscienza, all'analisi personale e finalmente alla
professione di psicoanalista?
- Manuela Fraire: Quelle donne mi hanno autorizzata a diventare analista.
Terminata la fase dell'autocoscienza sono andata in analisi mentre
continuava la mia attivita' autocoscienziale con le donne. Non era piu' la
prima autocoscienza, ma un'altra cosa perche' non era piu' la sorpresa della
prima volta. Le donne con cui ho lavorato al Governo Vecchio, mi hanno
autorizzata e hanno desiderato per me che io diventassi analista.
- Matrimoney: Ci racconti del gruppo che tenevi al Governo Vecchio dedicato
al rapporto madre-figlia?
- Manuela Fraire: Prima ci furono le 150 ore all'Universita'. A quei tempi
alle femministe venivano offerte anche opportunita' di carattere
istituzionale e ognuna si era scelta un tema ed io, che ne avevo scritto sui
"Quaderni piacentini", mi ero scelta come argomento "Il personale e' il
politico" e ne feci un corso. Quando questo gruppo fini' un consistente
numero di donne chiese di non terminare il rapporto con me e io dissi "ci
dobbiamo incontrare nelle sedi delle donne poiche' non ci possiamo
incontrare all'Universita'". Ma non dissi no. Ci incontravamo al Governo
Vecchio, non vi posso dire in che condizioni! Eravamo al buio con le candele
sedute la', facevamo queste sedute quasi spiritiche con livelli di transfert
incredibili e io che studiavo per conto mio la sera per cercare di capire
come funzionavano le dinamiche di gruppo... Capivo che era impossibile
governarlo soltanto con l'autocoscienza. Intanto eravamo in troppe e poi
hanno cominciato ad arrivare donne molto disturbate che facevano quasi
delirare le altre. Dopo un po' di mesi presi la decisione di dire che era un
gruppo chiuso, e che c'erano regole che non potevano essere violate. La
prima: chi era in analisi non poteva partecipare al gruppo. Fu una decisione
molto importante e dirimente anche se li' per li' successe un casino! Ma io
dissi chiaramente: "Qui non c'e' un'analista all'opera. Come facciamo a
governare tutto quello che sta venendo fuori? Magari senza volere c'e' chi
e' piu' manipolativa perche' ha un altro luogo dove elabora.e questa
disparita' produce un gran disordine tra noi". Fatto sta che pur nella
turbolenza la cosa fu accettata. Siamo andate avanti per molto tempo, una
volta alla settimana, alcune di loro sono andate in analisi in seguito,
alcune hanno prese altre vie. Ho cominciato la formazione analitica nel '78,
sono 21 anni! La mia vita e' cambiata totalmente perche' ho incontrato me
stessa e la cosa per cui ero tagliata. Era veramente una vocazione, non
perche' io sia una brava psicoanalista ma perche' niente mi fa fatica di
quel che c'e' da fare per la psicoanalisi. Ogni volta penso "allora c'e' da
capire anche questa cosa". Con l'arte mi arrabattavo, non mi trovavo mai nel
posto dove volevo essere. Penso che per quanto riguarda la psicoanalisi
alcune cose le avrei dovute e potute fare meglio, ma penso che posso ancora
apprendere. Ho trovato la mia strada e l'ho trovata perche' le donne hanno
custodito il mio desiderio, l'hanno capito prima di me. E come l'hanno
capito? Chiedendomi di fare una parte che io mai mi sarei autorizzata a
fare. Questa e' la mia "camera scura".
- Matrimoney : Noi abbiamo scelto un modo di comunicare quest'esperienza che
e' legata molto a questa tecnologia, in cui l'incontro e' virtuale, tu non
ti incontri con chi ti legge e ti ascolta. Che ne pensi di internet e di
questo modo che si sta affermando sempre di piu' nel nostro modo di
relazionarci in cui il corpo e' una variabile che non si sa piu' dov'e'?
- Manuela Fraire: A me sembra che il mezzo informatico produca un
allargamento dell'orizzonte comunicativo e che i pericoli insiti in esso,
che pure sono grandi, sono ancora minori dei vantaggi. L'idea pero' che la
relazione diretta, a vista, dove il corpo dell'altra e' presente, possa
essere sostituita dalla relazione virtuale mi spaventa davvero molto, e mi
sembra infine un modo di aggredire anche l'iniziativa informatica. Detto
questo, per esempio l'invenzione che voi state facendo e' un'invenzione
molto analitica, perche' voi evocate dei fantasmi, come accade nella stanza
dell'analisi, la vostra "camera scura". I fantasmi che animano cosi' tanto
la nostra vita da farcela vedere in un altro modo. Voi avete scelto la
parola scritta su internet, la parola scritta e' gia' di per se' una
virtualizzazione rispetto alla parola orale. La trascrizione dal nastro poi,
lo sapete, e' la fiction piu' fiction che c'e'. Quindi potremmo dire che
utilizzare il virtuale come tappo per ostruire la depressione che oggi
colpisce il relazionale e' un vero peccato perche' mi sembra male e sotto
utilizzato. Detto questo, c'e' un virtuale che molte di noi praticano ed e'
la scrittura che e' abbandono del corpo. E credo che quel che ha scritto
Nadia Fusini su Virginia Woolf e' vero. Lei dice che nella scrittura non
c'e' il suono della vita, la voce emessa dal nostro corpo. D'altra parte noi
lasciamo traccia del nostro pensiero in quanto scriviamo, trascriviamo,
tracciamo segni perche' il nostro corpo e' caduco e non credo che basti la
memoria orale, c'e' un segno che noi dobbiamo lasciare.

7. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: UN'ANALISI CRITICA DEL DOCUMENTO DI ROMANO
PRODI SU "EUROPA: IL SOGNO, LE SCELTE" (CON ESTRATTI)
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscali.it) per questo
intervento.
Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno
dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di
nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere",
Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998;
La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe
Grande, Torino 1999; e' disponibile nella rete telematica la sua
fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica
delle lotte nonarmate e nonviolente, di cui abbiamo pubblicato il piu'
recente aggiornamento nei numeri 714-715 di questo foglio, ricerca una cui
edizione a stampa - ma il lavoro e' stato appunto successivamente
aggiornato - e' in Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Annuario
della pace. Italia / maggio 2000 - giugno 2001, Asterios, Trieste 2001; vari
suoi interventi sono anche nei siti: www.arpnet.it/regis, www.ilfoglio.org.
Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel
n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario.
Romano Prodi e' presidente della Commissione Europea, gia' presidente del
Consiglio dei ministri in Italia e leader della coalizione dell'Ulivo]

Dal documento di Romano Prodi "Europa: il sogno, le scelte"
(www.centomovimenti.it) ho estratto le pagine sulla pace, allegate.
Noto:
- giustifica la guerra del 1999 per il Kossovo;
- ribadisce l'Alleanza Atlantica, ma non  parla di Nato;
- Alleanza Atlantica e Onu sullo stesso piano;
- afferma accordi di Kyoto e Corte Penale Internazionale, che gli Usa non
vogliono;
- parla di necessita' di spese militari crescenti;
- afferma l'Onu contro il monopolarismo e l'unica potenza egemone.
Si puo' osservare differenza non polemica dall'imperialismo Usa, ma ancora
distanza da una politica di pace che pensi modelli di difesa puramente
difensivi, quindi il transarmo, quindi la riduzione della difesa militare a
favore di quella civile.
Il movimento per la pace positiva, la proposta di neutralita' attiva e
disarmata, hanno ancora molto da dire, da insistere e da premere.
*
Allegato. Estratti dal documento di Romano Prodi "Europa: il sogno, le
scelte"
La pace (pp. 6-7):
Europa di liberta' e di giustizia, dunque e innanzitutto, come aspirazione,
anzi, come diritto alla pace. Perche' la guerra e' il concentrato di tutti i
mali.
Perche', dopo gli orrori della seconda guerra mondiale e della Shoah, la
ricerca della pace e' stata la prima ed essenziale ragione del progetto di
un'Europa unita.
Perche' la pace tra nazioni e popoli che si erano da sempre combattuti e' il
piu' grande e piu' straordinario successo dell'avventura europea.
L'aspirazione alla pace resta ancor oggi un tratto essenziale dell'idea
stessa dell'Europa, di quel modo di intendere la vita e le relazioni tra i
popoli che noi europei spontaneamente riconosciamo come nostro.
A nessuno oggi sembrerebbe realistico il rischio di una guerra tra la
Francia e la Germania o tra l'Italia e l'Inghilterra. Questo non vuol dire
che il tema della pace sia superato.
Al contrario, e' la prova piu' evidente di quanto straordinario sia quanto
abbiamo compiuto nell'ultimo mezzo secolo. Gli uomini e le donne nati dopo
il 1945 sono i primi europei nella storia che potranno dire di avere vissuto
tutta la loro vita senza vedere le proprie terre e le proprie famiglie
colpite dalla guerra, i primi nella storia.
Io, seppure per poco, la guerra me la ricordo. E cosi' era stato per mio
padre, per mio nonno e per tutte le generazioni venute prima di loro.
"Mai piu' guerra", dissero e vollero i padri fondatori dell'Europa, e cosi'
e' stato.
Qualcuno puo' pensare che gli appelli alla pace, se riferiti all'Europa,
possano oggi apparire vuoti e retorici. Io non lo credo.
Non lo credo perche' e' ancora ben vivo in tutti noi il ricordo degli orrori
e dei massacri della guerra combattuta a due passi da casa nostra, in
Croazia, in Bosnia, nel Kosovo. E perche', in giorni a noi ancora piu'
vicini, quando si e' trattato di un'altra guerra in una terra non lontana
dall'Europa, e mi riferisco ovviamente all'Iraq, milioni di uomini e di
donne, e soprattutto di giovani, hanno sentito che ad essere in gioco era il
loro stesso futuro, il futuro della societe' nella quale vivevano e
avrebbero vissuto.
Pagina 7:
E le strade e le piazze delle nostre citta', di tutte le nostre piazze e le
nostre citta', quale che fossero l'orientamento e la politica dei diversi
governi, si sono riempite delle bandiere arcobaleno della pace.
Le politiche per la pace (pp. 19-22):
Ho lasciato di proposito per ultimo il tema della pace. Senza pace non ci
puo' essere alcuna liberta', alcuna giustizia.
Le politiche in favore della pace e, piu' in generale, l'intera politica
internazionale dell'Europa sono il riflesso della sua storia. Il primo
contributo che l'Europa puo' offrire e' quello della sua stessa esperienza.
L'Unione che abbiamo costruito e' il frutto di un lungo, paziente dialogo,
della continua e spesso difficile ricerca di un superiore e comune interesse
e di un piu' alto e stabile equilibrio nel quale ciascuna parte potesse
riconoscersi.
E' un metodo di gestione delle relazioni tra gli stati che in cinquant'anni
ha permesso risultati, come l'allargamento dell'Unione da sei fino a
venticinque e domani a piu' di trenta paesi membri, o la pacifica adozione
di una moneta comune da dodici e domani molti piu' paesi, che non conoscono
precedenti nella storia.
L'Europa si presenta al mondo come il piu' straordinario esempio di governo
democratico della globalizzazione. Un esempio al quale, non a caso, guardano
continenti come l'America Latina e l'Africa che ricercano nuove forme di
collaborazione per superare antiche divisioni.
Nata per dire basta alla guerra tra popoli e in terre che avevano conosciuto
tutti gli orrori delle armi, delle distruzioni, delle violenze, l'Europa
unita si conferma con l'allargamento un fattore di pace, di stabilizzazione,
di sicurezza su scala continentale.
Oggi a nessuno verrebbe piu' in mente di considerare l'Europa orientale come
un'area a rischio. Ai paesi di questa regione nessuno piu' associa un'idea
di pericolo. La storia si e' ripetuta.
Pagina 20:
Quello che era successo tra i paesi fondatori dell'Europa, tra Francia,
Germania e Italia, e' avvenuto di nuovo tra e con i nuovi paesi membri, tra
Polonia e Ungheria cosi' come tra Germania e Polonia o tra Italia e
Slovenia.
La stessa cosa, e per tanti versi si tratta di un'evoluzione ancor piu'
straordinaria, sta avvenendo, anzi e' gia' avvenuta, tra i paesi dell'ex
Jugoslavia i quali, con e grazie alla concreta prospettiva di un ingresso
nella comune casa europea, hanno di fatto cancellato ogni ipotesi di
conflitto tra loro.
Appresa la lezione del Kossovo, e dei massacri che solo l'intervento della
Nato e dell'America riuscirono a fermare, possiamo con serenita' e con
orgoglio affermare che l'Europa ha fatto la sua parte fino in fondo.
Se i Balcani cesseranno per sempre di essere quel focolaio di crisi
internazionali che sono stati per secoli, il merito fondamentale sara' stato
dell'Europa. Dal Baltico ai Balcani, l'Europa sta dimostrando in modo
tangibile quanto essa sia in grado di fare, come potenza regionale, per la
sicurezza e la stabilita' internazionali.
In questa prospettiva regionale, le sfide successive saranno quella del
Mediterraneo e dell'arco dei paesi che si collocano immediatamente al di la'
delle frontiere dell'Europa riunificata.
Il Mediterraneo e' per l'Europa un'area cruciale, e' una scommessa
obbligata.
L'Europa, e l'Italia in particolare, non potranno realizzare appieno le
proprie potenzialita' di sviluppo, non potranno essere certe della propria
sicurezza fino a che il Mediterraneo non si sara' trasformato in un'area di
pace, di democrazia e di stabilita'.
Solo attraverso un intenso rapporto con i paesi della riva sud del
Mediterraneo sara' possibile arrivare ad un pieno ed efficace controllo
dell'immigrazione.
Sul futuro di quest'area continua a pesare come un macigno che ostruisce
ogni strada di vera speranza, il conflitto israelo-palestinese.
La via obbligata da seguire, anche in questo momento in cui le speranze di
pace sembrano di nuovo allontanarsi, resta quella della cosiddetta Road Map,
elaborata e proposta in origine proprio da noi europei.
L'obiettivo finale di questo percorso resta, e non puo' che essere cosi',
l'esistenza, l'uno accanto all'altro, in pace e in sicurezza, dello Stato
d'Israele e dello Stato di Palestina.
Due stati liberi e sovrani, parti integranti e protagonisti di un Medio
Oriente finalmente capace di vivere in democrazia, in pace, nel benessere.
Per questo Medio Oriente, per la pace definitiva tra israeliani e
palestinesi, l'Europa deve essere pronta ad impegnarsi con risorse
finanziarie e umane.
Cosi' come deve essere pronta ad operare per dare una nuova prospettiva ai
rapporti con i paesi, dalla Russia e dall'Ucraina fino al Marocco, che sono
e saranno i vicini dell'Europa allargata, che ne segnano il confine.
Se non mantenesse una propria identita' che e' culturale, politica e
istituzionale, l'Europa cesserebbe di essere tale. Per noi un'identita'
forte e' un'identita' salda e aperta.
Pagina 21:
Pertanto, con questo arco dei paesi amici, dobbiamo puntare a condividere
tutto, tranne le istituzioni politiche.
Dobbiamo porci l'obiettivo di un rapporto cosi' amichevole e stretto che ci
consenta di essere parte di un unico spazio economico, commerciale,
giuridico e culturale ben sapendo, pero', che le nostre istituzioni
resteranno distinte.
Il valore esemplare della sua storia, un metodo di gestione delle relazioni
tra gli stati basato sul dialogo e il diritto, il determinante contributo di
stabilizzazione portato attraverso l'allargamento ad un'area che si avvia ad
abbracciare un intero continente, e una strategia mediterranea aperta e
generosa: questi sono i fondamenti della politica di pace dell'Europa.
Noi europei abbiamo l'ambizione e sentiamo la responsabilita' di contribuire
alla pace, alla stabilita' e alla sicurezza su scala non solo regionale ma
mondiale.
Anche in questa piu' ampia e difficile prospettiva, intendiamo essere fedeli
a noi stessi, ai valori di quel mondo di giustizia che vogliamo conservare
come punto di riferimento per l'intera nostra azione.
Dall'accordo di Kyoto per una piu' efficace politica ambientale
all'istituzione della Corte penale internazionale, sino all'apertura
unilaterale dei propri mercati alle merci e ai prodotti provenienti dai
paesi piu' poveri, l'Europa ha con coerenza operato nella persuasione che la
via maestra per assicurare la stabilita' internazionale e' quella che
favorisce il superamento degli squilibri tra le diverse aree del pianeta.
Anche nei momenti in cui le divisioni al suo interno sono state piu'
evidenti, l'Europa ha costantemente dimostrato di privilegiare le politiche
e le azioni condotte attraverso le grandi istituzioni sovranazionali.
L'Onu e, su una scala geograficamente piu' limitata, l'Alleanza Atlantica
sono gli indiscussi pilastri sui quali si fonda la politica estera
dell'Europa, che non puo' pensarsi ne' separata ne', tanto meno,
contrapposta agli Stati Uniti.
L'Alleanza Atlantica, in particolare, e' l'arco che da piu' di cinquant'anni
tiene insieme America ed Europa. E come ogni altro arco, per essere solido e
resistere nel tempo esso deve reggersi su due pilastri egualmente forti: un
pilastro americano e un pilastro europeo.
Il che vuol dire, per l'Europa, accettare, anche sul piano strettamente
militare, le crescenti responsabilita', comprese quelle di bilancio, che si
collegano alla sua ambizione di essere un protagonista di primo piano della
politica mondiale.
La pace, la liberta' e la sicurezza non sono date una volta per tutte e in
ogni parte del mondo.
Esse possono richiedere di essere difese anche con le armi.
Ma il quadro irrinunciabile di riferimento, allo stesso tempo politico e
giuridico, per l'agire internazionale dell'Europa sono le Nazioni Unite.
Pagina 22:
Per quanto evidente sia la necessita' di una riforma dei meccanismi di
funzionamento e di decisione di questa istituzione, e' all'Onu e nell'Onu
che si puo' costruire la risposta piu' forte e legittima al bisogno di
governo delle relazioni internazionali.
La linea di coloro che pensano che il mondo sia piu' stabile se affidato ad
un'unica superpotenza non e' quella dell'Europa.

8. RILETTURE. VICTOR SERGE: E' MEZZANOTTE NEL SECOLO
Victor Serge, E' mezzanotte nel secolo, Edizioni e/o, Roma 1980, pp. 168.
Scritto tra il 1936 e il 1938, un romanzo che e' una acuta testimonianza
sulla tragedia della rivoluzione degenerata nello stalinismo,nei processi di
Mosca, nel gulag.

9. RILETTURE. VICTOR SERGE: MEMORIE DI UN RIVOLUZIONARIO
Victor Serge, Memorie di un rivoluzionario. 1901-1941, Edizioni e/o, Roma
1999, pp. 448, lire 25.000. La riedizione della traduzione di Aldo Garosci
(gia' apparsa presso La Nuova Italia e Mondadori) del capolavoro di Victor
Serge.

10. RILETTURE. ANDREJ SINJAVSKIJ: IVAN LO SCEMO
Andrej Sinjavskij, Ivan lo Scemo. Paganesimo, magia e religione del popolo
russo, Guida, Napoli 1993, pp. 472. Un libro stupendo di un indimenticabile
studioso e testimone della dignita' umana.

11. RILETTURE. ABRAM TERZ (ANDREJ SINJAVSKIJ): UNA VOCE DAL CORO
Abram Terz (Andrej Sinjavskij), Una voce dal coro, Garzanti, Milano 1975,
1982, pp. 340. La testimonianza dal Gulag del grande intellettuale
dissidente e militante dei diritti umani.

12. RILETTURE. ALEKSANDR SOLZENICYN: ARCIPELAGO GULAG
Aleksandr Solzenicyn, Arcipelago Gulag, Mondadori, Milano 1974, 1975, 1978,
poi in tre volumi 1995, pp. XXII + 1.958. Una lettura indispensabile.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: luciano.benini at tin.it,
angelaebeppe at libero.it, mir at peacelink.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 741 del 26 novembre 2003