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La nonviolenza e' in cammino. 741
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 741
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 25 Nov 2003 21:51:23 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 741 del 26 novembre 2003 Sommario di questo numero: 1. La pace e il dialogo non sono un'utopia 2. Mao Valpiana: un invito l'8 dicembre a Venezia 3. Simone Weil: l'illusione 4. Mario Di Marco: mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 5. Marie Claude Pace: un incontro con Andrea Cozzo a Gubbio 6. Un'intervista a Manuela Fraire 7. Enrico Peyretti: un'analisi critica del documento di Romano Prodi su "Europa: il sogno, le scelte" (con estratti) 8. Riletture: Victor Serge, E' mezzanotte nel secolo 9. Riletture: Victor Serge, Memorie di un rivoluzionario 10. Riletture: Andrej Sinjavskij, Ivan lo Scemo 11. Riletture: Abram Terz (Andrej Sinjavskij), Una voce dal coro 12. Riletture: Aleksandr Solzenicyn, Arcipelago Gulag 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. APPELLI. LA PACE E IL DIALOGO NON SONO UN'UTOPIA [Ringraziamo Daniele Aronne (per contatti: viterboconamore at libero.it) per averci inviato il documento conclusivo dell'incontro "La pace e il dialogo non sono un'utopia" svoltosi a Viterbo il 7-8 novembre 2003] Noi rappresentanti di diversi popoli, comunita', chiese, gruppi e associazioni, siamo qui riuniti a Viterbo in occasione dell'incontro "La pace e il dialogo non sono un'utopia" per raccontare come sia stato possibile inserirsi nei conflitti armati e aprire concreti spazi di riconciliazione e pace senza usare la forza delle armi. Proveniamo da diversi continenti del mondo e soprattutto da quei Paesi venuti alla ribalta in questi ultimi anni per le nefaste notizie di guerra. Abbiamo condiviso con i nostri popoli la precarieta', l'incertezza, i lutti ed i drammi che ogni conflitto porta con se' e abbiamo visto come, quando si chiudono le porte al dialogo, al cambiamento e alla pluralita' nella presa di decisioni, la sicurezza e il benessere si trasformano in morte e distruzione. Noi abbiamo sperimentato con successo che in ogni conflitto c'e' spazio per chi vuole agire per la pace con una modalita' nonviolenta, forte nella ricerca del dialogo, determinata nella tutela della vita di ciascun essere umano e soprattutto credibile nella costruzione di un mondo piu' giusto. I percorsi di pace e di dialogo in cui, al fianco delle vittime delle ingiustizie subite dai nostri popoli, siamo stati umili attori testimoniano che questa modalita' di intervento e' efficace, necessaria e preziosa. Ringraziamo il Santo Padre Giovanni Paolo II per le belle parole espresse nell'enciclica "Evangelium Vitae" in cui ha riconosciuto in questa azione un segno dei tempi: "Tra i segni di speranza va annoverata la crescita in molti strati dell'opinione pubblica mondiale di una nuova sensibilita' sempre piu' contraria alla guerra come strumento di soluzione dei conflitti tra i popoli e sempre piu' orientata alla ricerca di strumenti piu' efficaci ma non violenti per bloccare l'aggressore armato". Spronati anche da queste parole chiediamo alle istituzioni locali ed internazionali che facciano proprie queste nuove modalita' di risoluzione dei conflitti e le incanalino in percorsi istituzionali di ricerca e sperimentazione sulla scia delle indicazioni gia' emerse in sede delle Nazioni Unite ed in sede europea. Facciamo inoltre un appello alla societa' civile mondiale affinche' si unisca a noi nell'impegno per la costruzione di un mondo in cui finalmente "Giustizia e Pace si baceranno". Mons. Lorenzo Chiarinelli, vescovo di Viterbo mons. Giorgio Biguzzi, vescovo di Makeni, Sierra Leone mons. Samuel Ruiz Garcia, vescovo emerito del Chiapas, Messico don Oreste Benzi, presidente dell'associazione "Comunita' papa Giovanni XXIII" don Lush Gjergji, del movimento nonviolento in Kossovo e biografo di Madre Teresa di Calcutta don Maurizio Boa, missionario in Sierra Leone Miguel Alvarez, rappresentante dell'Associazione Serapaz, Messico padre Alex Zanotelli, gia' missionario a Korogocho, periferia di Nairobi, Kenya Kristin Anderson, associazione nonviolenta statunitense "Christian Peacemaker Teams" Diane Janzen, associazione nonviolenta statunitense "Christian Peacemaker Teams" don Albino Bazzotto, presidente dell'associazione "Beati i costruttori di pace" don Alberto Canuzzi, presidente dell'associazione "Viterbo con amore" Daniele Aronne, associazione "Viterbo con amore" e Operazione Colomba 2. EDITORIALE. MAO VALPIANA: UN INVITO L'8 DICEMBRE A VENEZIA [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it.it) per questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario] Dopo il bell'incontro di Verona dal quale e' scaturito l'appello "per un'Europa militarmente neutrale, disarmata, solidale, nonviolenta", ci prepariamo all'appuntamento veneziano dell'8 dicembre. Nell'ambito del Salone dell'editoria per la pace, stiamo organizzando un convegno che riunisca tutte le amiche e gli amici della nonviolenza per dare ancora piu' forza e piu' sostanza alle nostre richieste politiche (sottolineo politiche, non solo ideali, non solo culturali, non solo utopiche, non solo giuste e sacrosante) per contribuire alla definizione della nuova Costituzione europea affinche' l'Europa possa davvero nascere e non subito abortire sotto il peso del militarismo e di un nuovo esercito. L'incontro veneziano avra' un'appendice pubblica, con una manifestazione nonviolenta sul ponte di Rialto, che unisce simbolicamente l'est e l'ovest dell'Europa per valorizzare, come diceva Aldo Capitini, "il meglio dell'oriente ed il meglio dell'occidente". Da Venezia faremo giungere la nostra visione europea al vertice di Bruxelles del 12 e 13 dicembre. L'Europa e' a un bivio: nascere disarmata o morire armata. * Post scriptum: L'8 dicembre sara' anche l'anniversario della morte violenta di John Lennon, il menestrello della pace. Con lui possiamo dire: "Date una possibilita' all'Europa". 3. MAESTRE. SIMONE WEIL: L'Illusione [Da Simone Weil, Quaderni, volume secondo, Adelphi, Milano 1985, 1991, p. 251. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994] Maya, l'illusione. Essa e' ben reale (a suo modo) perche' occorre tanta pena per uscirne. Ma la sua realta' e' di essere illusione. 4. MEMORIA E PROPOSTA. MARIO DI MARCO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... ["Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org; l'abbonamento annuo e' di 25 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB 11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta". Avvicinandosi la fine dell'anno, abbiamo chiesto ad alcuni autorevoli amici della nonviolenza di motivare l'invito - che ci permettiamo di rivolgere a tutti i lettori del nostro notiziario - a rinnovare (o sottoscrivere per la prima volta) l'abbonamento ad "Azione nonviolenta". Oggi risponde Mario Di Marco (per contatti: mdmsoft at tin.it). Mario Di Marco e' responsabile degli obiettori di coscienza in servizio civile presso la Caritas diocesana di Viterbo, ed e' da sempre uno dei fondamentali punti di riferimento a Viterbo per tutte le persone di volonta' buona] Anche se presente da anni nella biblioteca della Caritas dove spendo parte del mio tempo, mi abbono personalmente ad "Azione nonviolenta" perche' e' un modo di sostenerci reciprocamente (e perche' avendola a casa la leggero' piu' spesso!). 5. INCONTRI. MARIE CLAUDE PACE: UN INCONTRO CON ANDREA COZZO A GUBBIO [Ringraziamo Marie Claude Pace (per contatti: gubbioperlapace at libero.it) per questo intervento. Marie Claude Pace fa parte dell'esperienza delle "Donne in nero" e del gruppo "Gubbio per la pace" che da anni realizza rilevanti iniziative di pace, di solidarieta', di accostamento alla nonviolenza. Andrea Cozzo (per contatti: acozzo at unipa.it) e' docente universitario di cultura greca, studioso e amico della nonviolenza, promotore dell'attivita' didattica e di ricerca su pace e nonviolenza nell'ateneo palermitano] Nell'ambito di una serie di dibattiti organizzati ogni anno dall'associazione "Gubbio per la pace", abbiamo ospitato il 10 ottobre Andrea Cozzo, che insegna lingua e letteratura greca presso l'Universita' di Palermo, dove insegna anche teoria e pratica della nonviolenza. La presentazione della serata fatta da un membro di "Gubbio per la pace" ci rammentava che se non facciamo una riflessione quotidiana sull'approccio alla nonviolenza, rischiamo di essere colti di sorpresa dagli eventi sempre piu' raccapriccianti che ci cadono addosso. Dopo avere esordito con il rammentarci che esiste una violenza culturale invisibile, come per esempio nei giochi che sono pressoche' tutti competitivi (in cui ci deve essere per forza un vincente e un perdente, i giochi "a somma zero"), Andrea Cozzo ci ha fatto notare che anche il frasario quotidiano e' spesso "a somma zero". Esempio: la parola "dibattito" e' capita come significando la dimostrazione di chi ha torto e chi ha ragione. * La relazione che si instaura fra persone che si parlano ha tre livelli: il livello paraverbale (tono della voce), il livello non verbale (i gesti, la postura, quel che gli Inglesi chiamano "body-language"), il livello verbale (le parole usate). Invece di dire "tu sbagli", possiamo dire: "quel che mi hai detto non mi ha convinto". Gandhi raccomandava di mettersi sempre nei panni dell'interlocutore. Si tratta di avere fiducia nell'interlocutore, anche dimenticando quel che nel passato quell'interlocutore ha fatto di male. Se mettiamo etichette sugli altri, loro rispondono a quelle aspettative, che li ingabbiano. Esistono anche diversi tipi di ascolto: 1) me ne vado; 2) penso ad altro; 3) sono rassegnato; 4) ascolto e giudico; 5) ascolto in modo attivo e empatico. Quest'ultimo dovrebbe essere il nostro dovere di ascolto. * Lo sforzo di empatia e' quello che deve fare ognuno di noi. Se riesco ad abbracciare l'altro lui perde l'avversario. La persona amica della nonviolenza comunica all'altro che e' lui che decide. Spesso si dice che la nonviolenza e' una scommessa, ma lo e' anche la violenza: niente di piu' incerto che l'esito di un'azione violenta. Gli amici della nonviolenza applicano il principio di cautela: quando compio un'azione, mi devo chiedere se i possibili danni saranno irreversibili. La nonviolenza e' spesso considerata come passivita', ma non lo e'. Il passivo non fa niente; la persona amica della nonviolenza agisce. 6. TESTIMONIANZE. UN'INTERVISTA A MANUELA FRAIRE [Dal sito di "Matrimoney" (http://members.xoom.virgilio.it/matrimoney) riprendiamo questa intervista a Manuela Fraire, non datata ma da un rimando interno situabile intorno al 1999. Manuela Fraire, autorevole intellettuale, psicoanalista, una delle figure piu' prestigiose del femminismo, e' autrice di numerosi saggi; e' stato recentemente ripubblicato il suo assai apprezzato libro (a cura di), Lessico politico delle donne: teorie del femminismo, Fondazione Elvira Badaracco, Franco Angeli, Milano 2002. E' ovvio che alcuni passi di questa intervista possano suscitare dissensi tra varie persone che il nostro foglio leggono e che provengono da esperienze esistenziali e tradizioni culturali diverse; ma questo foglio ha tra le sue motivazioni anche quella di far conoscere e riconoscere riflessioni e pratiche diverse e finanche reciprocamente irriducibili, poiche' a nostro avviso la scelta della nonviolenza e', tra molte altre cose, anche sia un campo di ricerche - e di esperienze e riflessioni in dialogo, sia soprattutto un collocarsi all'ascolto dell'altro, dell'altra. Incontrandoci anche intorno a un fuoco di bivacco notturno viandanti sulla strada per Tebe] - Matrimoney: Manuela, in che modo le sostanze femminili che sono state messe in circolazione con il femminismo, hanno modificato il tuo modo di avvicinarti a te stessa? - Manuela Fraire: Non mi sono mai raccontata nel modo in cui l'ho fatto davanti alle donne e soprattutto non avevo mai sentito raccontare alle donne quello che raccontavano. Per me e' stata la scoperta piu' grande della mia vita insieme all'analisi e al diventare comunista pur venendo da una famiglia come la mia. L'approccio con il marxismo e' stato parte della mia storia esistenziale, quanto la psicoanalisi e il femminismo. - Matrimoney: A proposito dell'intreccio comunismo-femminismo, Maria Luisa Boccia racconta in un'intervista a "Sofia" che la sua esperienza di iniziazione femminista comincia con la rivista "Rosa" (cui hai partecipato anche tu), che cercava proprio di trovare elementi in comune tra la tradizione comunista e la nascente teoria-pratica femminista. - Manuela Fraire: Per quello che mi riguarda io sono stata colta di sorpresa da un elemento fondamentale del femminismo e cioe' che cio' che io dovevo tagliare fuori dalla mia comunicazione intellettuale e politica nel movimento del '68, che per questo non ho mai davvero amato, era invece "gia' politica" nel movimento delle donne. Parlo del "personale" ovviamente e non del privato. Credo che proprio nel movimento del '68 e' nato il bisogno di incontrare donne come me. Le donne che incontravo allora erano terribili, avevano una testa occupata dal desiderio di essere come i maschi. Una cosa che mi ha levato letteralmente la parola. Non ho praticamente parlato perche' quello che era tagliato fuori dalla comunicazione politica era una cosa per me essenziale: l'esperienza della vita. Mi ricordo ancora che alcuni compagni mi dicevano "che peccato! Tu sei cosi' intelligente! ... ma questo psicologismo!". Gli psicologismi erano la vita e per me tolta la vita la politica diventava una noia mortale. Alla assemblee mi addormentavo, non capivo cosa dicevano, non riuscivo a leggere i giornali. Ero diventata stupida. - Matrimoney: Poi cosa e' accaduto? Quale e' stato il momento di svolta nella tua vita che ti ha di nuovo avvicinato alla politica e alla vita? - Manuela Fraire: In una fase particolare ho deciso di rompere con tutto l'ordine che aveva governato la mia vita. Mi ero emancipata presto. Ero andata via dalla casa di famiglia a ventidue anni e mi ero mantenuta senza piu' chiedere denaro, avevo lavorato e mi ero laureata in architettura, avevo lasciato l'uomo buono e danaroso con cui stavo e avevo scelto un uomo difficile, severo, punitivo e disciplinato con cui ho fatto la mia formazione emancipativa. Ho cominciato a lavorare e guadagnare i miei soldi, ma rapidamente ho cominciato a guadagnare piu' di lui perche' avevo sia la scuola dove insegnavo che il laboratorio mio dove facevo stampa d'arte. Una storia di maschio, sembra, in realta' e' una storia molto femminile. E' stato necessario lo sguardo delle donne per capire come era femminile la mia storia. Ecco, vi potrei dire questo: io non ho sentito di essere una donna, una donna nel pensiero, fino a che le donne guardandomi ed ascoltandomi non mi hanno detto che mi riconoscevano. Io era una donna con gli uomini. Per il resto ero un anfibio, ed era un tormento incredibile perche' non riuscivo a dare una forma, una struttura ai miei pensieri e alle mie opinioni sul mondo. Non sapevo a che titolo parlavo o appartenevo a un partito, a un'idea, a una professione perche' quel che io sentivo sul mondo non aveva nessuna collocazione. - Matrimoney: Come e' avvenuto l'incontro con le donne? - Manuela Fraire: E' avvenuto perche' io ad un certo punto ho lasciato la scuola dove insegnavo e mi sono messa a dipingere, a fare dei ritratti. E questi ritratti sono stati visti per caso da un'amica che mi ha detto "ti voglio portare da una pittrice mia amica", la quale esponeva in una galleria e ha detto "mettici anche i tuoi ritratti". Questa donna era Deanna Frosini e la sera dell'inaugurazione sono arrivate le donne. Si sono sedute per terra e hanno cominciato a parlare del rapporto tra donne e arte (ride). Ero talmente frastornata! E' stata una cosa stupefacente. Nel frattempo accadeva nella mia vita privata qualcosa che mi ha fatto desiderare di mettermi in contatto con le donne che facevano gli aborti e ho cominciato ad ospitarle a casa mia. Le ho aiutate a fare quest'esperienza, erano le donne del collettivo S. Lorenzo, un'esperienza molto importante per me, molto, non vi saprei ancora dire la natura di quell'esperienza. Volevo soltanto stare con loro mentre loro facevano questa esperienza. Questa esperienza ha aperto uno squarcio sul mondo delle donne, sulla potenza del mondo psichico femminile, un mondo d'intelligenza straordinaria che apriva una porta anche su di me. E quindi sono andata a cercare chi era piu' simile alle cose che io facevo. Alla Libreria della Maddalena si erano formati tre gruppi, uno si chiamava "Donne e arti visive". Io ancora con la letteralita' dei tempi andai a cercare quelle donne che si occupavano di arte come me ma a differenza da me erano delle "signore". Io venivo completamente da un altro mondo intellettuale e quindi ero anche molto presuntuosa da questo punto di vista. Poi queste donne hanno cominciato a parlare e questa e' stata l'altra rottura, la rottura dell'ideologia. Hanno cominciato a parlare, ed erano uguali a me, loro parlavano e io capivo bene, non solo capivo, rispondevo davanti a persone mai viste, parlavo e parlavo, pensavo, tornavo a casa e scrivevo la notte, e tornavo nel piccolo gruppo. Questo gruppo di autocoscienza e' durato tre anni ed e' stato fondativo per la mia esistenza di oggi. - Matrimoney: Quindi, "Donne e arti visive" era un gruppo di autocoscienza? - Manuela Fraire: Si'. "Donne e arti visive" e' diventato molto velocemente "Donne e creativita'", la nostra propria creativita'. Le arti visive le abbiamo salutate e il gruppo si e' sciolto dopo tre anni e tre di noi, una quarta si e' aggiunta dopo, hanno formato "Le edizioni delle donne". Attraverso questo percorso di autocoscienza mi sono voltata indietro a riguardare mia madre, la zia-nonna, mia sorella. C'e' stata una revisione importante nel modo di vederle, non nel senso dell'idealizzazione come allora accadeva a molte. Il discorrere assieme alle altre mi ha fatto capire meglio quali sono state le tecniche di sopravvivenza di queste donne per salvare il loro pensiero diverso, differente, da un pensiero nel quale vivevano immerse, un mondo di valori e di rappresentazioni che non erano ufficialmente contro di loro, semplicemente loro non vi erano rappresentate. Quindi mia madre ha finito per essere una specie di deviante perche' non conosceva altro modo per evitare di essere catturata, mia zia ha dominato con il danaro e l'irrangiungibilita', due modelli in qualche modo terribili ma che contenevano, anche se inconsciamente, l'indicazione di non arrendersi all'ordine dato. Una volta chiamarono mia madre dalla scuola che frequentavo, perche' mi rifiutavo di fare l'inchino alla madre superiora dicendo "Bonjour ma chere mere". La chiamarono e le dissero "lei deve convincere la sua bambina a comportarsi bene" e lei rispose "la mia bambina non si deve inchinare mai!". Lei mi ha mostrato ma purtroppo mi ha dato anche un altro insegnamento che ho utilizzato in modo aggressivo e autodistruttivo "ricordati: prima si dice no, dopo si dice si'"; e' stato molto difficile acquisire la grande capacita' di dire anche dei si'. - Matrimoney: Tu hai parlato prima della rivalita' tra donne. Come si riarticola durante il tuo percorso femminista, come si e' trasformata questa forma di relazione? - Manuela Fraire: Moltissimo. La rivalita' con le donne si e' sopita per tutto il periodo d'oro del femminismo (dal '74 all'80) ed io ho pensato di essermene liberata, anche perche' ero garantita dal fatto che eravamo insieme contro qualcosa di molto compatto. Il fatto che certe donne mi stessero antipatiche lo attribuivo al fatto che forse non erano abbastanza femministe, poi c'e' stata l'acquisizione della differenza tra donne e sono riuscita a dare significato e valore alle differenze. L'esperienza della rivalita' e' venuta fuori soprattutto sul piano intellettuale quando effettivamente dentro di me si e' costruita un'immagine autorevole femminile, ossia quando ho cominciato a temere il giudizio delle donne su cio' che dicevo, scrivevo, facevo, in quanto le reputavo adeguate a dare un giudizio che per me contava. Era un giudizio che non era mai contato prima perche' sul lavoro intellettuale il mio modello interno era maschile. Da quel momento la rivalita' (ride) e' venuta fuori con un senso dapprima di angoscia molto profonda, tanto da indurmi a sfuggire le situazioni dove questa rivalita' poteva venire fuori piu' chiaramente. In questi ultimi anni mi pare di essermi rinforzata in questo senso. Soffro molto, sono spaventata in certi momenti dell'intensita' dei sentimenti di rivalita' che io posso provare nei confronti di alcune donne. Ma questo e' accompagnato da un senso di grande forza che mi da' nei confronti del mondo degli uomini il fatto che ci siano donne che io stimo e quindi anche temo veramente molto. Mi sento protetta dalla loro presenza e allo stesso tempo minacciata dal loro eventuale non riconoscimento. Io mi sento molto piu' solida perche' nella mia mente desidero essere una donna come certe donne, mentre non c'e' piu' un uomo che io vorrei essere. Ci sono molti uomini che io stimo davvero e molte donne, invece, con cui mi identifico. - Matrimoney: Il referente, il riferimento e' finalmente femminile. - Manuela Fraire:. E' un punto di riferimento che talvolta mi fa soffrire molto perche' arriva sempre il momento in cui ti senti schiacciata dal desiderio di trovare finalmente la madre ideale, di cui per un po' davvero ti innamori al punto che la vuoi tutta per te. - Matrimoney: A me aveva colpito il fatto che tu ti sei avvicinata alla tue simili, attraverso un'esperienza del corpo. Fino a quel momento aveva comandato la testa, con l'aborto avviene la rottura. Non potevi piu' andare avanti in quel vecchio modo. - Manuela Fraire: Esatto. Si e' rotta la complicita' con l'uomo in maniera netta e definitiva. Un po' come se attraverso le pratiche abortive avessi partorito me stessa. Ma non lo sapevo allora, non lo sapevo proprio. - Matrimoney: Quindi il fatto che nella pratica della relazione tra donne comunque il pensiero e il corpo, il fare e il pensare sono una cosa unica... - Manuela Fraire: Credo che ci possono essere esperienze, che io chiamo fondative, che partono da un'esperienza del corpo, ma puo' essere un'esperienza del corpo non riconosciuta come tale. Non credo che le donne facciano esperienze solo mentali. Se volete saperlo penso che questo sia vero anche per gli uomini, ma il potere che hanno costruito, anche di rappresentazione, su questa divisione fra mente e corpo, non gli rende possibile l'accesso al loro corpo senza che vengano sommersi dal terrore di perdere i molti privilegi che hanno conquistato in cambio di questa terribile perdita. * - Matrimoney: Torniamo ai femminismi. Nel passato erano le strade dove avevano sede i vari collettivi, ma anche le case private dove si faceva l'autocoscienza, i luoghi di incontro tra donne. Quale era la tua mappa delle strade, dove ti portavano i tuoi passi? - Manuela Fraire: Le case piu' frequentate dal cuore? Le nostre case erano diventate dei luoghi straordinari per via dell'autocoscienza. Poi anche via Germanico e' stato un luogo importante per me dove erano molti collettivi, tra cui anche il "Collettivo cultura". Poi c'e' stata la sede delle Edizioni delle donne, una mia ex casa. E poi sicuramente il "Virginia Woolf" prima al Governo Vecchio e poi al Buon Pastore e infine a via dell'Orso, ma piu' recentemente perche' io sono stata in forte polemica con il gruppo B, e Alessandra Bocchetti che conosco da trent'anni... Con lei sono stata anche nel "Collettivo di via Ripetta". E' stato l'innesto di quell'esperienza con il "Collettivo cultura" di via Germanico, con Michi Staderini, che ha prodotto il Virginia Woolf. Al Governo Vecchio, dal '77 all'80, ho condotto un gruppo sul rapporto madre-figlia, un gruppo strano per il femminsmo di quel periodo, nel senso che era riconosciuto che io conducevo questo gruppo e che non c'era quindi la reciprocita'. - Matrimoney: Come sei passata dall'architettura, alle stampe d'arte, al femminismo, all'editoria, al lavoro culturale, alla scrittura, ai gruppi con le donne, all'autocoscienza, all'analisi personale e finalmente alla professione di psicoanalista? - Manuela Fraire: Quelle donne mi hanno autorizzata a diventare analista. Terminata la fase dell'autocoscienza sono andata in analisi mentre continuava la mia attivita' autocoscienziale con le donne. Non era piu' la prima autocoscienza, ma un'altra cosa perche' non era piu' la sorpresa della prima volta. Le donne con cui ho lavorato al Governo Vecchio, mi hanno autorizzata e hanno desiderato per me che io diventassi analista. - Matrimoney: Ci racconti del gruppo che tenevi al Governo Vecchio dedicato al rapporto madre-figlia? - Manuela Fraire: Prima ci furono le 150 ore all'Universita'. A quei tempi alle femministe venivano offerte anche opportunita' di carattere istituzionale e ognuna si era scelta un tema ed io, che ne avevo scritto sui "Quaderni piacentini", mi ero scelta come argomento "Il personale e' il politico" e ne feci un corso. Quando questo gruppo fini' un consistente numero di donne chiese di non terminare il rapporto con me e io dissi "ci dobbiamo incontrare nelle sedi delle donne poiche' non ci possiamo incontrare all'Universita'". Ma non dissi no. Ci incontravamo al Governo Vecchio, non vi posso dire in che condizioni! Eravamo al buio con le candele sedute la', facevamo queste sedute quasi spiritiche con livelli di transfert incredibili e io che studiavo per conto mio la sera per cercare di capire come funzionavano le dinamiche di gruppo... Capivo che era impossibile governarlo soltanto con l'autocoscienza. Intanto eravamo in troppe e poi hanno cominciato ad arrivare donne molto disturbate che facevano quasi delirare le altre. Dopo un po' di mesi presi la decisione di dire che era un gruppo chiuso, e che c'erano regole che non potevano essere violate. La prima: chi era in analisi non poteva partecipare al gruppo. Fu una decisione molto importante e dirimente anche se li' per li' successe un casino! Ma io dissi chiaramente: "Qui non c'e' un'analista all'opera. Come facciamo a governare tutto quello che sta venendo fuori? Magari senza volere c'e' chi e' piu' manipolativa perche' ha un altro luogo dove elabora.e questa disparita' produce un gran disordine tra noi". Fatto sta che pur nella turbolenza la cosa fu accettata. Siamo andate avanti per molto tempo, una volta alla settimana, alcune di loro sono andate in analisi in seguito, alcune hanno prese altre vie. Ho cominciato la formazione analitica nel '78, sono 21 anni! La mia vita e' cambiata totalmente perche' ho incontrato me stessa e la cosa per cui ero tagliata. Era veramente una vocazione, non perche' io sia una brava psicoanalista ma perche' niente mi fa fatica di quel che c'e' da fare per la psicoanalisi. Ogni volta penso "allora c'e' da capire anche questa cosa". Con l'arte mi arrabattavo, non mi trovavo mai nel posto dove volevo essere. Penso che per quanto riguarda la psicoanalisi alcune cose le avrei dovute e potute fare meglio, ma penso che posso ancora apprendere. Ho trovato la mia strada e l'ho trovata perche' le donne hanno custodito il mio desiderio, l'hanno capito prima di me. E come l'hanno capito? Chiedendomi di fare una parte che io mai mi sarei autorizzata a fare. Questa e' la mia "camera scura". - Matrimoney : Noi abbiamo scelto un modo di comunicare quest'esperienza che e' legata molto a questa tecnologia, in cui l'incontro e' virtuale, tu non ti incontri con chi ti legge e ti ascolta. Che ne pensi di internet e di questo modo che si sta affermando sempre di piu' nel nostro modo di relazionarci in cui il corpo e' una variabile che non si sa piu' dov'e'? - Manuela Fraire: A me sembra che il mezzo informatico produca un allargamento dell'orizzonte comunicativo e che i pericoli insiti in esso, che pure sono grandi, sono ancora minori dei vantaggi. L'idea pero' che la relazione diretta, a vista, dove il corpo dell'altra e' presente, possa essere sostituita dalla relazione virtuale mi spaventa davvero molto, e mi sembra infine un modo di aggredire anche l'iniziativa informatica. Detto questo, per esempio l'invenzione che voi state facendo e' un'invenzione molto analitica, perche' voi evocate dei fantasmi, come accade nella stanza dell'analisi, la vostra "camera scura". I fantasmi che animano cosi' tanto la nostra vita da farcela vedere in un altro modo. Voi avete scelto la parola scritta su internet, la parola scritta e' gia' di per se' una virtualizzazione rispetto alla parola orale. La trascrizione dal nastro poi, lo sapete, e' la fiction piu' fiction che c'e'. Quindi potremmo dire che utilizzare il virtuale come tappo per ostruire la depressione che oggi colpisce il relazionale e' un vero peccato perche' mi sembra male e sotto utilizzato. Detto questo, c'e' un virtuale che molte di noi praticano ed e' la scrittura che e' abbandono del corpo. E credo che quel che ha scritto Nadia Fusini su Virginia Woolf e' vero. Lei dice che nella scrittura non c'e' il suono della vita, la voce emessa dal nostro corpo. D'altra parte noi lasciamo traccia del nostro pensiero in quanto scriviamo, trascriviamo, tracciamo segni perche' il nostro corpo e' caduco e non credo che basti la memoria orale, c'e' un segno che noi dobbiamo lasciare. 7. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: UN'ANALISI CRITICA DEL DOCUMENTO DI ROMANO PRODI SU "EUROPA: IL SOGNO, LE SCELTE" (CON ESTRATTI) [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscali.it) per questo intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, di cui abbiamo pubblicato il piu' recente aggiornamento nei numeri 714-715 di questo foglio, ricerca una cui edizione a stampa - ma il lavoro e' stato appunto successivamente aggiornato - e' in Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Annuario della pace. Italia / maggio 2000 - giugno 2001, Asterios, Trieste 2001; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.arpnet.it/regis, www.ilfoglio.org. Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario. Romano Prodi e' presidente della Commissione Europea, gia' presidente del Consiglio dei ministri in Italia e leader della coalizione dell'Ulivo] Dal documento di Romano Prodi "Europa: il sogno, le scelte" (www.centomovimenti.it) ho estratto le pagine sulla pace, allegate. Noto: - giustifica la guerra del 1999 per il Kossovo; - ribadisce l'Alleanza Atlantica, ma non parla di Nato; - Alleanza Atlantica e Onu sullo stesso piano; - afferma accordi di Kyoto e Corte Penale Internazionale, che gli Usa non vogliono; - parla di necessita' di spese militari crescenti; - afferma l'Onu contro il monopolarismo e l'unica potenza egemone. Si puo' osservare differenza non polemica dall'imperialismo Usa, ma ancora distanza da una politica di pace che pensi modelli di difesa puramente difensivi, quindi il transarmo, quindi la riduzione della difesa militare a favore di quella civile. Il movimento per la pace positiva, la proposta di neutralita' attiva e disarmata, hanno ancora molto da dire, da insistere e da premere. * Allegato. Estratti dal documento di Romano Prodi "Europa: il sogno, le scelte" La pace (pp. 6-7): Europa di liberta' e di giustizia, dunque e innanzitutto, come aspirazione, anzi, come diritto alla pace. Perche' la guerra e' il concentrato di tutti i mali. Perche', dopo gli orrori della seconda guerra mondiale e della Shoah, la ricerca della pace e' stata la prima ed essenziale ragione del progetto di un'Europa unita. Perche' la pace tra nazioni e popoli che si erano da sempre combattuti e' il piu' grande e piu' straordinario successo dell'avventura europea. L'aspirazione alla pace resta ancor oggi un tratto essenziale dell'idea stessa dell'Europa, di quel modo di intendere la vita e le relazioni tra i popoli che noi europei spontaneamente riconosciamo come nostro. A nessuno oggi sembrerebbe realistico il rischio di una guerra tra la Francia e la Germania o tra l'Italia e l'Inghilterra. Questo non vuol dire che il tema della pace sia superato. Al contrario, e' la prova piu' evidente di quanto straordinario sia quanto abbiamo compiuto nell'ultimo mezzo secolo. Gli uomini e le donne nati dopo il 1945 sono i primi europei nella storia che potranno dire di avere vissuto tutta la loro vita senza vedere le proprie terre e le proprie famiglie colpite dalla guerra, i primi nella storia. Io, seppure per poco, la guerra me la ricordo. E cosi' era stato per mio padre, per mio nonno e per tutte le generazioni venute prima di loro. "Mai piu' guerra", dissero e vollero i padri fondatori dell'Europa, e cosi' e' stato. Qualcuno puo' pensare che gli appelli alla pace, se riferiti all'Europa, possano oggi apparire vuoti e retorici. Io non lo credo. Non lo credo perche' e' ancora ben vivo in tutti noi il ricordo degli orrori e dei massacri della guerra combattuta a due passi da casa nostra, in Croazia, in Bosnia, nel Kosovo. E perche', in giorni a noi ancora piu' vicini, quando si e' trattato di un'altra guerra in una terra non lontana dall'Europa, e mi riferisco ovviamente all'Iraq, milioni di uomini e di donne, e soprattutto di giovani, hanno sentito che ad essere in gioco era il loro stesso futuro, il futuro della societe' nella quale vivevano e avrebbero vissuto. Pagina 7: E le strade e le piazze delle nostre citta', di tutte le nostre piazze e le nostre citta', quale che fossero l'orientamento e la politica dei diversi governi, si sono riempite delle bandiere arcobaleno della pace. Le politiche per la pace (pp. 19-22): Ho lasciato di proposito per ultimo il tema della pace. Senza pace non ci puo' essere alcuna liberta', alcuna giustizia. Le politiche in favore della pace e, piu' in generale, l'intera politica internazionale dell'Europa sono il riflesso della sua storia. Il primo contributo che l'Europa puo' offrire e' quello della sua stessa esperienza. L'Unione che abbiamo costruito e' il frutto di un lungo, paziente dialogo, della continua e spesso difficile ricerca di un superiore e comune interesse e di un piu' alto e stabile equilibrio nel quale ciascuna parte potesse riconoscersi. E' un metodo di gestione delle relazioni tra gli stati che in cinquant'anni ha permesso risultati, come l'allargamento dell'Unione da sei fino a venticinque e domani a piu' di trenta paesi membri, o la pacifica adozione di una moneta comune da dodici e domani molti piu' paesi, che non conoscono precedenti nella storia. L'Europa si presenta al mondo come il piu' straordinario esempio di governo democratico della globalizzazione. Un esempio al quale, non a caso, guardano continenti come l'America Latina e l'Africa che ricercano nuove forme di collaborazione per superare antiche divisioni. Nata per dire basta alla guerra tra popoli e in terre che avevano conosciuto tutti gli orrori delle armi, delle distruzioni, delle violenze, l'Europa unita si conferma con l'allargamento un fattore di pace, di stabilizzazione, di sicurezza su scala continentale. Oggi a nessuno verrebbe piu' in mente di considerare l'Europa orientale come un'area a rischio. Ai paesi di questa regione nessuno piu' associa un'idea di pericolo. La storia si e' ripetuta. Pagina 20: Quello che era successo tra i paesi fondatori dell'Europa, tra Francia, Germania e Italia, e' avvenuto di nuovo tra e con i nuovi paesi membri, tra Polonia e Ungheria cosi' come tra Germania e Polonia o tra Italia e Slovenia. La stessa cosa, e per tanti versi si tratta di un'evoluzione ancor piu' straordinaria, sta avvenendo, anzi e' gia' avvenuta, tra i paesi dell'ex Jugoslavia i quali, con e grazie alla concreta prospettiva di un ingresso nella comune casa europea, hanno di fatto cancellato ogni ipotesi di conflitto tra loro. Appresa la lezione del Kossovo, e dei massacri che solo l'intervento della Nato e dell'America riuscirono a fermare, possiamo con serenita' e con orgoglio affermare che l'Europa ha fatto la sua parte fino in fondo. Se i Balcani cesseranno per sempre di essere quel focolaio di crisi internazionali che sono stati per secoli, il merito fondamentale sara' stato dell'Europa. Dal Baltico ai Balcani, l'Europa sta dimostrando in modo tangibile quanto essa sia in grado di fare, come potenza regionale, per la sicurezza e la stabilita' internazionali. In questa prospettiva regionale, le sfide successive saranno quella del Mediterraneo e dell'arco dei paesi che si collocano immediatamente al di la' delle frontiere dell'Europa riunificata. Il Mediterraneo e' per l'Europa un'area cruciale, e' una scommessa obbligata. L'Europa, e l'Italia in particolare, non potranno realizzare appieno le proprie potenzialita' di sviluppo, non potranno essere certe della propria sicurezza fino a che il Mediterraneo non si sara' trasformato in un'area di pace, di democrazia e di stabilita'. Solo attraverso un intenso rapporto con i paesi della riva sud del Mediterraneo sara' possibile arrivare ad un pieno ed efficace controllo dell'immigrazione. Sul futuro di quest'area continua a pesare come un macigno che ostruisce ogni strada di vera speranza, il conflitto israelo-palestinese. La via obbligata da seguire, anche in questo momento in cui le speranze di pace sembrano di nuovo allontanarsi, resta quella della cosiddetta Road Map, elaborata e proposta in origine proprio da noi europei. L'obiettivo finale di questo percorso resta, e non puo' che essere cosi', l'esistenza, l'uno accanto all'altro, in pace e in sicurezza, dello Stato d'Israele e dello Stato di Palestina. Due stati liberi e sovrani, parti integranti e protagonisti di un Medio Oriente finalmente capace di vivere in democrazia, in pace, nel benessere. Per questo Medio Oriente, per la pace definitiva tra israeliani e palestinesi, l'Europa deve essere pronta ad impegnarsi con risorse finanziarie e umane. Cosi' come deve essere pronta ad operare per dare una nuova prospettiva ai rapporti con i paesi, dalla Russia e dall'Ucraina fino al Marocco, che sono e saranno i vicini dell'Europa allargata, che ne segnano il confine. Se non mantenesse una propria identita' che e' culturale, politica e istituzionale, l'Europa cesserebbe di essere tale. Per noi un'identita' forte e' un'identita' salda e aperta. Pagina 21: Pertanto, con questo arco dei paesi amici, dobbiamo puntare a condividere tutto, tranne le istituzioni politiche. Dobbiamo porci l'obiettivo di un rapporto cosi' amichevole e stretto che ci consenta di essere parte di un unico spazio economico, commerciale, giuridico e culturale ben sapendo, pero', che le nostre istituzioni resteranno distinte. Il valore esemplare della sua storia, un metodo di gestione delle relazioni tra gli stati basato sul dialogo e il diritto, il determinante contributo di stabilizzazione portato attraverso l'allargamento ad un'area che si avvia ad abbracciare un intero continente, e una strategia mediterranea aperta e generosa: questi sono i fondamenti della politica di pace dell'Europa. Noi europei abbiamo l'ambizione e sentiamo la responsabilita' di contribuire alla pace, alla stabilita' e alla sicurezza su scala non solo regionale ma mondiale. Anche in questa piu' ampia e difficile prospettiva, intendiamo essere fedeli a noi stessi, ai valori di quel mondo di giustizia che vogliamo conservare come punto di riferimento per l'intera nostra azione. Dall'accordo di Kyoto per una piu' efficace politica ambientale all'istituzione della Corte penale internazionale, sino all'apertura unilaterale dei propri mercati alle merci e ai prodotti provenienti dai paesi piu' poveri, l'Europa ha con coerenza operato nella persuasione che la via maestra per assicurare la stabilita' internazionale e' quella che favorisce il superamento degli squilibri tra le diverse aree del pianeta. Anche nei momenti in cui le divisioni al suo interno sono state piu' evidenti, l'Europa ha costantemente dimostrato di privilegiare le politiche e le azioni condotte attraverso le grandi istituzioni sovranazionali. L'Onu e, su una scala geograficamente piu' limitata, l'Alleanza Atlantica sono gli indiscussi pilastri sui quali si fonda la politica estera dell'Europa, che non puo' pensarsi ne' separata ne', tanto meno, contrapposta agli Stati Uniti. L'Alleanza Atlantica, in particolare, e' l'arco che da piu' di cinquant'anni tiene insieme America ed Europa. E come ogni altro arco, per essere solido e resistere nel tempo esso deve reggersi su due pilastri egualmente forti: un pilastro americano e un pilastro europeo. Il che vuol dire, per l'Europa, accettare, anche sul piano strettamente militare, le crescenti responsabilita', comprese quelle di bilancio, che si collegano alla sua ambizione di essere un protagonista di primo piano della politica mondiale. La pace, la liberta' e la sicurezza non sono date una volta per tutte e in ogni parte del mondo. Esse possono richiedere di essere difese anche con le armi. Ma il quadro irrinunciabile di riferimento, allo stesso tempo politico e giuridico, per l'agire internazionale dell'Europa sono le Nazioni Unite. Pagina 22: Per quanto evidente sia la necessita' di una riforma dei meccanismi di funzionamento e di decisione di questa istituzione, e' all'Onu e nell'Onu che si puo' costruire la risposta piu' forte e legittima al bisogno di governo delle relazioni internazionali. La linea di coloro che pensano che il mondo sia piu' stabile se affidato ad un'unica superpotenza non e' quella dell'Europa. 8. RILETTURE. VICTOR SERGE: E' MEZZANOTTE NEL SECOLO Victor Serge, E' mezzanotte nel secolo, Edizioni e/o, Roma 1980, pp. 168. Scritto tra il 1936 e il 1938, un romanzo che e' una acuta testimonianza sulla tragedia della rivoluzione degenerata nello stalinismo,nei processi di Mosca, nel gulag. 9. RILETTURE. VICTOR SERGE: MEMORIE DI UN RIVOLUZIONARIO Victor Serge, Memorie di un rivoluzionario. 1901-1941, Edizioni e/o, Roma 1999, pp. 448, lire 25.000. La riedizione della traduzione di Aldo Garosci (gia' apparsa presso La Nuova Italia e Mondadori) del capolavoro di Victor Serge. 10. RILETTURE. ANDREJ SINJAVSKIJ: IVAN LO SCEMO Andrej Sinjavskij, Ivan lo Scemo. Paganesimo, magia e religione del popolo russo, Guida, Napoli 1993, pp. 472. Un libro stupendo di un indimenticabile studioso e testimone della dignita' umana. 11. RILETTURE. ABRAM TERZ (ANDREJ SINJAVSKIJ): UNA VOCE DAL CORO Abram Terz (Andrej Sinjavskij), Una voce dal coro, Garzanti, Milano 1975, 1982, pp. 340. La testimonianza dal Gulag del grande intellettuale dissidente e militante dei diritti umani. 12. RILETTURE. ALEKSANDR SOLZENICYN: ARCIPELAGO GULAG Aleksandr Solzenicyn, Arcipelago Gulag, Mondadori, Milano 1974, 1975, 1978, poi in tre volumi 1995, pp. XXII + 1.958. Una lettura indispensabile. 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: luciano.benini at tin.it, angelaebeppe at libero.it, mir at peacelink.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 741 del 26 novembre 2003
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