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Fw:Una tazzina di caffè equo, grazie
- Subject: Fw:Una tazzina di caffè equo, grazie
- From: "nello margiotta" <nellomargiotta55 at virgilio.it>
- Date: Sun, 9 Nov 2003 08:26:11 +0100
di Mariagrazia Bonollo Strangolati dal monopolio delle multinazionali, impoveriti dalla morsa delle oscillazioni dei prezzi, soggiogati allo strapotere degli intermediatori "obbedienti" alle regole della Wto. È il dramma che vivono tanti piccoli produttori di caffè dell'America latina e dell'Africa, alla prese con una crisi che in cinque anni ha fatto crollare i prezzi dell'80 per cento. Se a noi il piacere della tazzina al bar costa sempre di più, al contrario, a chi lo produce il caffè grezzo viene pagato, quotazioni di borsa, circa 65 dollari al quintale, contro i 550 del 1997. Un vero tracollo, che per i piccoli coltivatori significa non coprire neppure i costi di produzione. "In America Centrale la produzione del caffè coinvolge 25 milioni di persone: dopo il petrolio, è il prodotto che crea più ricchezza in assoluto. Una ricchezza che però non rimane a chi lo produce. La raccolta del caffè del 2002 ha comportato introiti per 70 miliardi di dollari, ma ai produttori è rimasto veramente poco, visto che 62 di questi miliardi sono restati nei paesi ricchi. Se continuiamo su questa strada, arretrerà il livello del nostra crescita economica, diminuiranno i servizi per la popolazione, cresceranno la mortalità infantile e le malattie". Parola di Dagoberto Suazo, direttore generale della Central de cooperativas cafelaleras, organizzazione che raggruppa diecimila piccoli e medi produttori di caffè dell'Honduras, uno dei paesi più poveri dell'America Latina e quello che vanta il più alto debito pro capite della regione. La metà dei suoi sette milioni di abitanti nasce e cresce nelle zone dove viene coltivata questa preziosa bacca, principale prodotto di esportazione del paese. Il commercio internazionale del caffè è in crisi da quando gli Usa, il più grosso consumatore mondiale, hanno lasciato l'Organizzazione Internazionale del Caffè (OIC) che stabiliva le quote di produzione, in modo da sostenere il prezzo sui mercati internazionali. Il mercato, lasciato alla sua autoregolazione, ha portato al collasso dei prezzi. Le troppe intermediazioni e speculazioni commerciali hanno fatto il resto. Dagoberto dice che la colpa della crisi del caffè è dovuta alla sovrapproduzione: "Il prezzo del caffè è crollato ed è ai minimi per colpa delle imprese che a livello mondiale controllano la lavorazione e la commercializzazione di questo prodotto. Sono solo quattro: Kraft, Nestlè, Procter & Gamble, Sara Lee e Tschibo. Due europee e due statunitensi. Queste aziende utilizzano caffè di cattiva qualità, senza contare che in commercio si possono trovare caffè prodotti anche dieci anni fa. Quello di prima scelta c'è, ma per il commercio si utilizza quello di seconda o addirittura terza qualità, dipende dalle percentuali che queste aziende utilizzano nelle loro miscele. Senza contare che aggiungono sostanze aromatizzanti. Insomma, è anche una questione di qualità. Se si togliesse dal commercio il caffè di cattiva qualità ci sarebbe un deficit di offerta. Per questo non si possono incolpare i paesi produttori della sovrapproduzione. I consumatori su questo hanno una grande responsabilità, perché dovrebbero pretendere, anche per la loro salute, di sapere se il caffè che bevono è di prima o di terza scelta e quando è stato prodotto! È importante che i consumatori siano coscienti di quello che comprano, che si informino sul luogo da cui viene, della qualità e delle condizioni in cui viene coltivato, che sappiano chi trarrà beneficio da quella vendita. Questo è importante per noi ma anche per la loro salute". Dagoberto spiega che chi usa i prodotti del commercio equo, a partire dal caffè, sa di acquistare prodotti di qualità, sa che rispettano l'ambiente e sa che quel profitto serve per migliorare le condizioni di vita, sanitarie, educative, abitative delle comunità che l'hanno prodotto. "Le nostre cooperative, al contrario di quanto avviene con le multinazionali, hanno un sistema di rintracciabilità che permette di risalire al singolo produttore che l'ha coltivato, e questa è una garanzia per il consumatore finale. Nelle nostre comunità - prosegue Dagoberto - il commercio equo-solidale ha consentito un miglioramento visibile delle condizioni di vita della popolazione. In alcuni casi di famiglie con ragazze madri ha permesso di sfamare i bambini e di mandarli a scuola. Il commercio equo è importante e, anche se riguarda attualmente solo il tre per cento della nostra produzione, ci consente rapporti diretti con gli importatori europei, interrompendo così la catena di intermediazione che si intasca quasi il cento per cento del valore del caffè. Senza contare che entrare nel circuito del commercio equo ci ha portato altri vantaggi indiretti, come poter accedere al microcredito e per avere un prodotto di migliore qualità. Soprattutto, però, abbiamo bisogno di un consumatore cosciente".
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