La nonviolenza e' in cammino. 725



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 725 del 7 novembre 2003

Sommario di questo numero:
1. Domani, in Europa
2. Dovuto a Luciano Violante
3. Amos Luzzatto: l'unita' d'Europa
4. Lidia Menapace: un impegno contro le mutilazioni sessuali
5. "Azione nonviolenta" di novembre
6. Mao Valpiana: avevo fame, avevo sete, ma ero un clandestino
7. Normanna Albertini: dopo Ofena, in dialogo
8. Brunetto Salvarani: dopo Ofena, in dialogo
9. Contro il muro della segregazione e contro l'antisemitismo
10. Maria Delfina Bonada intervista Jean Zegler
11. Ali Rashid: un'Europa per la pace in Medio Oriente
12. "Action for peace": contro il muro e contro il terrorismo
13. A Verona l'8 novembre con Lidia Menapace
14. A Viterbo il 7-8 novembre
15. Letture: David Grossman, La guerra che non si puo' vincere
16. Letture: Alex Zanotelli, Korogocho
17. Letture: Howard Zinn, Disobbedienza e democrazia
18. La "Carta" del Movimento Nonviolento
19. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. DOMANI, IN EUROPA
L'incontro che si svolgera' sabato 8 novembre a Verona, dalle ore 11 alle
ore 16, presso la Casa per la nonviolenza in via Spagna 8, potrebbe essere
l'avvio di un processo rilevante.
Il processo che intorno alla proposta formulata da Lidia Menapace e dalla
Convenzione permanente di donne contro le guerre "per un'Europa neutrale e
attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta", faccia
convergere riflessioni ed esperienze diverse ma ugualmente persuase
dell'idea che la nonviolenza possa essere e debba divenire principio
giuriscostituente, criterio e  impegno di un'Europa che si unifichi ed
istituzionalizzi e costituzionalizzi nel segno della pace e dei diritti
umani.
Il processo che chiami il popolo della pace ad essere non piu' effettualment
e subalterno, o meramente reattivo, ma progettuale e costruttore di pace in
senso forte: che con la scelta della nonviolenza acquisisca la capacita' di
determinare quale Europa sia in cantiere, di orientarne la politica in senso
forte, di definirne inquadramento legislativo, forme istituzionali,
strumenti operativi, articolazioni amministrative, modalita' organizzative;
insomma di proporsi come soggetto politico-culturale egemone. Poiche' a
dispetto delle miserie dei gruppi dirigenti (anche delle organizzazioni del
movimento per la pace), la nonviolenza e' gia' radicata, invocata e attiva
nei cuori e nelle menti della gran parte dell'umanita': si tratta di
tradurla in azione, in programma, in istituti, in politica.
Un'Europa nonviolenta non e' solo una grande speranza: puo' essere un grande
progetto politico intorno a cui mobilitare il piu' e il meglio del vecchio
continente, intorno a cui costruire nuove relazioni internazionali tra
Europa e sud del mondo, intorno a cui sperimentare istituzioni e
legislazione inveratrici dell'umanesimo integrale, del principio
responsabilita', dell'ahimsa, del satyagraha.
L'incontro di Verona di sabato 8 novembre puo' essere un passaggio
rilevante: da esso puo' sortire, deve sortire, un appello e una proposta di
iniziativa che raccolga su una proposta finalmente chiara ed inclusiva,
aperta ma non generica, concretamente fattibile, le energie in grado di
promuovere la costruzione di una massa critica adeguata ad incidere fin sul
testo della Costituzione europea, fin sui programmi di quanti concorreranno
a formare il prossimo parlamento europeo, e subito sulla politica
dell'Unione e degli stati che la compongono e che sono candidati ad
entrarvi.
*
Una proposta che gia' ora reca un programma costruttivo, nella miglior
tradizione delle mobilitazioni nonviolente: sapendo che non sara' facile
realizzarlo, ma che occorre promuoverlo ed iniziare a praticarlo.
Un programma costruttivo che alle dichiarazioni di principio da inserire
nella Costituzione europea (il ripudio della guerra, la neutralita' attiva e
operante, la costruzione della pace con mezzi di pace, il disarmo e la
smilitarizzazione come scelta strategica, la cooperazione internazionale in
forme infine adeguate al diritto e alla liberazione dei popoli e delle
persone, l'accoglienza delle persone e la difesa dei diritti umani di tuti
gli esseri umani, un modello di sviluppo sostenibile ed autocentrato con
tecnologie appropriate e gestibili democraticamente, il "potere di tutti" di
capitiniana memoria, e cosi' via) aggiunga specifiche iniziative pratiche da
avviare subito: il disarmo; lo smantellamento e la riconversione
dell'industria bellica a usi civili; la difesa popolare nonviolenta; la
sostituzione del militare con il servizio civile; i corpi civili di pace;
una politica della difesa e della sicurezza che preveda che gli interventi
internazionali di pace istituzionali in aree di crisi siano affidati non
piu' agli eserciti ma ad una struttura di polizia internazionale alle
dipendenze di un'Onu riformata nel senso del superamento dell'oligarchia e
dell'inveramento di quanto stabilito nel preambolo della carta dell'Onu
costitutiva e nella Dichiarazione universale dei diritti umani del '48; e
cosi' via.
*
Le persone che parteciperanno all'incontro dell'8 novembre a Verona avranno
il loro bel daffare. Possono dare un contributo grande alla promozione di
una politica nonviolenta per l'Europa. Un contributo grande hanno gia' dato
tutte e tutti coloro che in questi anni hanno sperimentato, proposto,
discusso queste ed analoghe idee. E qui non si puo' non ricordare la
riflessione e la progettualita' a nostra parere decisive in questo senso di
Rosa Luxemburg, di Simone Weil, di Virginia Woolf; e quel grande precursore
del nostro odierno progetto e lavoro che e' stato l'indimenticabile
Alexander Langer.
Dall'incontro di Verona sortira' un appello - scritto in bella e nitida
prosa, per favore -, ed una proposta di iniziative ulteriori (la successiva,
di presentazione pubblica, dovrebbe essere a Venezia, nella solenne cornice
del terzo salone dell'editoria di pace), ed una campagna da condurre alacri
e persuasi. Al lavoro dunque.
*
E se una glossa piccina possiamo qui aggiungere, pro domo nostra per cosi'
dire, rinnoviamo l'invito a tutte le persone amiche dela nonviolenza ed
anche di questo fglio, di continuare ad inviarci interventi che la
riflessione comune sulla proposta di Lidia Menapace arricchiscano ed
approfondiscano ancora. E a tutti di nuovo grazie.

2. EDITORIALE. DOVUTO A LUCIANO VIOLANTE
Si puo' non essere d'accordo con Luciano Violante su molte cose.
Ma ogni persona di retto sentire sara' per sempre grata a Luciano Violante e
alla commissione parlamentare antimafia da lui presieduta per la
straordinaria attivita' di studio, di riflessione, di documentazione e di
denuncia che mise capo a quella relazione su mafia e politica che e' una
delle cose piu' nitide ed esatte dalle istituzioni italiane prodotte nel
corso della ancor giovine storia dello stato italiano.
Chi oggi aggredisce Luciano Violante per la lotta di Luciano Violante contro
la mafia, da se stesso si smaschera per quello che e', e senza avvedersene
rivela in quale campo nella lotta tra umanita' e potere mafioso si collochi.

3. MAESTRI. AMOS LUZZATTO: L'UNITA' D'EUROPA
[Da Amos Luzzatto, Il posto degli ebrei, Einaudi, Torino 2003, p. 84. Amos
Luzzatto e' nato nel 1928, e' medico e biblista, presidente dell'Unione
delle comunita' ebraiche italiane. Tra le sue opere: Una lettura ebraica del
Cantico dei cantici, Firenze 1997; Leggere il Midrash, Brescia 1999; Il
posto degli ebrei, Torino 2003]

L'unita' d'Europa non puo' essere un'operazione burocratica, un puro accordo
di interessi e di potere. Se dovesse ridursi a questo, fallirebbe. Se sara'
un'opera di rigenerazione in grado di cancellare le tristezze del passato e
di aprire l'animo degli europei alla speranza e all'entusiasmo, allora
potrebbe configurarsi come un'operazione davvero "storica", del tutto
originale nel panorama politico internazionale.

4. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: CONTRO LE MUTILAZIONI SESSUALI
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]

In merito a quanto scrive Ileana Montini sulle mutilazioni sessuali [ne "La
nonviolenza e' in cammino" di ieri] dico intanto quanto bello sarebbe che
tutti e tutte quelle che si stracciano le vesti per crocefissi di legno o
bronzo e altri nobili materiali inerti si facessero domande inquietanti per
la coscienza (se ne hanno una) sulle vere e difficili differenze di cultura
e civilta' tra le tradizioni religiose: potremmo affrontare anche questo
difficilissimo drammatico tema.
Esso non riguarda l'Islam nel suo complesso e credo abbiamo il diritto di
chiedere che i musulmani delle aree che non praticano queste mostruosita'
dichiarino ai loro confratelli che nel Corano non e' contenuta nessuna
richiesta del genere e quindi lottino pubblicamente contro.
*
Noi donne lo abbiamo fatto nella terza e quarta conferenza delle Nazioni
Unite sulla condizione delle donne, quella di Nairobi del 1985 e quella di
Pechino del 1995. Nella terza il dibattito tra donne del nord del mondo e
donne delle aree islamiche che praticano infibulazione e cliteridectomia fu
drammatico perche' alcune donne islamiche dichiararono "per me la mia
identita' religiosa ed etnica e' piu' importante della mia integrita'
fisica".
Poiche' non si puo' votare su questioni identitarie, anche perche' il voto
e' del tutto inefficace, si decise di mettere allo studio la questione e vi
lavorarono per dieci anni donne di vari paesi coinvolti, teologhe islamiche,
antropologhe, sociologhe, registe, ecc.
Il risultato fu che dieci anni dopo a Pechino alla quarta conferenza si
raggiunse l'unanimita' sulla formula giuridica "l'integrita' fisica e' bene
non disponibile", che fu presentata all'assemblea generale di stati e
governi, dopo aver respinto la clausola "secondo le tradizioni locali".
Stati e governi approvarono all'unanimita'.
L'Italia dovrebbe aver recepito tale norma del diritto internazionale e se
non l'ha fatto, che si svegli la ministra delle pari opportunita' e chi
altro vuole essere almeno un po' civile.
*
Pratiche di tale genere sono nel nostro paese reati e per tali vanno
denunciati.
Capito' anni fa che in alcuni ospedali romani dei medici a richiesta delle
famiglie abbiano praticato infibulazioni a donne che avevano partorito. Vi
fu una veemente e unitaria protesta delle consigliere regionali del Lazio e
credo che la cosa non si sia piu' ripetuta.
In ogni modo bisogna pretendere che il ministro della salute proibisca con
fermezza tali atrocita'.
Le culture non sono metafisiche e le identita' storiche possono mutare: la
coscienza delle donne del mondo come si espresse a Pechino e' li' a
documentare che e' possibile mutarle.
In Kenia il governo ha vietato queste pratiche ma esse sono ancora molto
diffuse popolarmente: in alternativa donne dei movimenti, infermiere,
mediche, ostetriche hanno inventato riti di passaggio lieti e non cruenti, e
la cosa sta avendo successo.

5. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI NOVEMBRE
[Dalla redazione di "Azione nonviolenta" (per contatti:
azionenonviolenta at sis.it) riceviamo e diffondiamo]

E' uscito il numero di novembre 2003 di "Azione nonviolenta".
Questo mese: Avevo fame, avevo sete, ma ero un clandestino, di Mao Valpiana;
Risvegliare le nostre coscienze, uscire dalla casa del faraone, Elena
Buccoliero intervista padre Giorgio Poletti, missionario comboniano;
L'azione ecclesiale nonviolenta per gli immigrati di Castel Volturno: il
programma costruttivo; un decalogo contro la Bossi-Fini; Il contributo
dell'Europa alla soluzione nonviolenta dei conflitti, diverse strategie di
intervento per i movimenti per la pace, a cura di Elena Buccoliero; Lo
stesso sangue, lo stesso dolore, il medesimo futuro, nostra intervista a
Parent's Circle, associazione di famiglie israeliane e palestinesi vittime
di violenza; In memoria di Achille Croce, amico della nonviolenza, di
Piercarlo Racca e Beppe Marasso; Non pago le tasse militari, aiuto i bambini
lebbrosi, Luca Giusti intervista Manrico Mansueti; Il presidente Lula guida
il Brasile da un anno, di Paolo Macina; I film dell'acqua al Festival dei
popoli, di Flavia Rizzi; Se tutte le ragazze e i ragazzi del mondo si
dessero la mano, Paolo Predieri intervista Sergio Endrigo; 1996, piu'
obiettori che posti di servizio, di Sergio Albesano; Futuro inquietante per
la Cecenia e il mondo, due recensioni; La nonviolenza antidoto alla violenza
negli stadi, di Alberto Trevisan; La vaghezza inesorabile della sinistra, di
Jerome Liss; Verso il congresso nazionale del Movimento Nonviolento; Se vuoi
la pace, finanzia la pace. In copertina: Mettere in gioco la vita. In
ultima: Materiale disponibile.
Azione nonviolenta e' una rivista di formazione, informazione e dibattito
sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. A fianco degli
articoli di approfondimento dell'attualita' e della teoria della
nonviolenza, vengono mensilmente proposte le rubriche : Educazione,
Lilliput, Economia, Storia, Cinema, Musica, Alternative, L'Azione, Libri,
Appuntamenti. Direttore e' Mao Valpiana. L'archivio degli ultimi anni della
rivista, con possibilita' di ricerca per parole chiave, ed aggiornamenti
quotidiani, e' presente nel sito: www.nonviolenti.org
Abbonamento annuo euro 25, da versare sul ccp n. 10250363, intestato ad
"Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona.
Per informazioni: "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio inviando una e-mail a:
azionenonviolenta at sis.it, indicando nome, cognome ed indirizzo preciso cui
inviarla.

6. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA: AVEVO FAME, AVEVO SETE, MA ERO UN CLANDESTINO
[Dal numero di novembre 2003 del mensile "Azione nonviolenta", anticipiamo
l'editoriale del direttore Mao Valpiana. "Azione nonviolenta" e' la rivista
mensile del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964. Esce
regolarmente ogni mese e viene inviata per abbonamento. Per informazioni:
"Azione nonviolenta", via Spagna 8, Verona. Abbonamento annuo: 25 euro sul
ccp n. 10250363. E' possibile avere una copia omaggio inviando una e-mail di
richiesta a: azionenonviolenta at sis.it Mao (Massimo) Valpiana e' una delle
figure piu' belle della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona
dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da
giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con
una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel
sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento
Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore
della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo
Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha
partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento
dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di
coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima
guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare
un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato
assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione
Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters
International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e'
stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle
forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da
Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con
grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 di questo notiziario]

La questione "immigrazione", in questo scorcio di fine 2003, e' tornata in
primo piano. L'onorevole Gianfranco Fini (segretario di Alleanza Nazionale,
vicepresidente del consiglio dei ministri) ha fatto una dichiarazione di
apertura che ha spiazzato i suoi stessi alleati, dicendosi favorevole alla
concessione del voto amministrativo per gli immigrati residenti nel nostro
paese (seppur con molte condizioni).
Poi, pero', vi sono stati i drammatici sbarchi di cosiddetti clandestini a
Lampedusa, con decine di morti, annegati per lo sfinimento. Una tragedia,
una vergogna, cui sono seguite le ipocrite condoglianze dei rappresentati
del governo e delle istituzioni.
Quelle persone che venivano in Italia per cercare dignita', sono state
gettate in fondo al mare dalla famigerata legge Bossi-Fini che li ghettizza
nel ruolo di clandestini, senza diritti, senza possibilita', senza volto.
"La nonviolenza e' apertura all'esistenza, alla liberta', allo sviluppo di
ogni essere..." diceva Aldo Capitini. Ogni persona, ovunque nasca (e nascere
in Italia, in Nigeria, in India, in Guatemala, e' una pura casualita'), ha
diritto di muoversi nel mondo secondo i propri bisogni. L'aria, il mare,
l'acqua, la terra, sono di tutti. Chi fugge dalla miseria o dalla guerra, ha
il diritto di farlo, senza che altri si arroghino il potere di dichiararlo
"clandestino". La storia dell'umanita' e' storia di migrazioni. Quando i
popoli hanno fame, sete, caldo o freddo, si muovono per cercare luoghi piu'
ospitali. E' una legge di natura. Chi cerca di fermarli viene travolto.
*
La chiesa cattolica ha proclamato beati padre Daniele Comboni e madre Teresa
di Calcutta, due santi moderni che hanno dedicato la loro vita  ai
"clandestini" in Africa e in  India.
In che strana epoca viviamo. Mentre il papa mostrava al mondo intero la
santita' di questi due esempi, i fedeli e le autorita' statali applaudivano
e si commuovevano. Ma poi la nostra stessa societa' permette che dei poveri
cristi, con i loro bambini, perdano la vita sulle carrette del mare.
Che tristezza vedere Comboni messo sugli altari, e i suoi neri ricacciati ad
affogare nel Mediterraneo. Che tristezza vedere madre Teresa osannata da
tutti, con libri, foto, trasmissioni, film sulla sua vita, mentre i suoi
poveri muoiono nei container tentando di varcare le frontiere.
E' questo che hanno voluto dirci i padri comboniani che hanno organizzato
l'azione nonviolenta a favore degli immigrati di Castel Volturno (su "Azione
nonviolenta" di novembre, da pagina 4 a pagina 9).
*
Questo numero di "Azione nonviolenta" affronta altre due vicende di grande
attualita': la costruzione dell'Europa che il presidente di turno Berlusconi
vorrebbe dotata di un nuovo efficiente esercito agli ordini della Nato, e la
questione israeliano/palestinese, resa ancor piu' drammatica dalla
costruzione di un nuovo muro che divide i due popoli.
Noi sappiamo che nuovi eserciti e nuovi muri porteranno solo nuova violenza.
Per questo abbiamo dato spazio a chi sta lavorando per la costituzione di
una Corpo Civile Europeo di Pace (da pagina 10 a pagina 13), e ai parenti
delle vittime della violenza di Israele e di Palestina, che si sono uniti
per lavorare insieme per la pace (alle pagine 14 e 15).

7. RIFLESSIONE. NORMANNA ALBERTINI: DOPO OFENA, IN DIALOGO
[Ringraziamo Normanna Albertini (per contatti: normanna.a at libero.it) per
questo intervento. Normanna Albertini, insegnante nella scuola elementare,
e' impegnata nel gruppo di Felina (Reggio Emilia) della Rete Radie' Resch, e
quindi in varie iniziative di solidarieta', di pace, per i diritti umani e
per la nonviolenza]

Mentre tutta l'Italia discute del crocefisso nelle scuole preso di mira da
un fondamentalista musulmano e "difeso" da altri fondamentalisti
pseudocristiani, che in contemporanea chiedono l'apertura di quartieri a
luci rosse e case chiuse (ci appenderanno i crocefissi?), a Reggio Emilia,
da un anno, nella parrocchia di San Pellegrino, crocefissi viventi dormono
su materassi posizionati dietro l'altare della chiesa.
Provengono dall'Ucraina, dal Marocco e da altre zone disgraziate, sono in
maggior parte donne, sono accolti dal parroco e dai parrocchiani tutti,
mentre la mensa del vescovo da' loro da mangiare senza chiedere il permesso
di soggiorno. Il modo giusto per rendere Cristo visibile e tangibile.
*
E mentre si continua a discutere della croce appesa al muro, e' stato votato
dal governo, il 12 settembre, il primo decreto attuativo della riforma
Moratti, che, di fatto, abolira' la scuola a tempo pieno. Con quali problemi
per le famiglie lascio immaginare. Il tutto nel piu' assoluto silenzio dei
media.
Si tratta di un decreto il cui testo e' letteralmente sibillino, sembra
scritto da Nostradamus, ma le interpretazioni possibili sono poche:
l'articolo 7.1 e 7.2 descrivono il monte ore dedicato alle attivita'
obbligatorie (27 alla settimana) e facoltative (3 alla settimana),
l'articolo 7.3 dice che le ore dei punti 7.1 e 7.2 non comprendono la mensa
(fino ad un massimo di 10 la settimana), servizio fino a questo momento
svolto dagli insegnanti. L'articolo 7.4, infine, ricorda che sono attivita'
didattiche e educative solo quelle riportate negli articoli 7.1 e 7.2 e che
su queste verra' calcolato l'organico d'istituto.
Ne consegue che la mensa non e' piu' un'attivita' didattico-educativa e che
non potra' quindi essere effettuata con l'organico d'istituto, perche'
questo sara' calcolato sulle sole ore di lezione. Non e' una questione di
funzioni degli insegnanti ma di come verra' calcolato il numero di
insegnanti per ogni scuola.
Dovendo scegliere tra "bidonare" un'ora di lezione o un'ora di mensa,
perche' mancano gli insegnanti, come si comporteranno le scuole? E se gli
enti locali dovranno retribuire il personale per fare la vigilanza a mensa,
dove troveranno i soldi? Semplice: dai genitori, che, facilmente, dovranno
pagare una retta e che, a questo punto, non avranno problemi a scegliere una
scuola privata. O forse, in qualche regione, la Compagnia delle Opere e'
gia' li' pronta per prendersi cura delle mense... Insomma: la confusione
generata dal crocefisso di Ofena non era voluta? Ho seri dubbi.
*
Ma nella trappola della disinformazione calcolata e manovrata ci caschiamo
tutti, continuamente.
E a proposito di morti in croce, volevo riportare la storia di un crocefisso
musulmano, che andrebbe raccontata a scuola anche per ricordare innanzitutto
a noi cristiani il senso vero della morte di Cristo: torturato e ucciso come
tutti coloro che si ribellavano all'impero, come i milioni di morti (un
milione solo nelle Gallie) fatti dai romani, ebreo di Palestina che respinge
qualsiasi tipo di violenza, anche quella contro l'usurpatore. Torturato e
ucciso dopo che aveva scacciato i mercanti dal tempio. Altro che simbolo
della nostra cultura.
La nostra e' la cultura dell'Impero, delle armi, della guerra. Gesu' e' "il
principe della pace", e' la nonviolenza, e' la via di tutti coloro che
seguono cammini di pace e di amore.
*
Ecco la storia di un musulmano che, pur essendo di un'altra religione, ne ha
seguito i passi. La storia di al-Husayn ibn Mansur al-Hallaj. Che cosa
predicava al-Hallaj, detto il cardatore del piu' intimo segreto delle
coscienze?
Affermava che il fine ultimo, non solo dei sufi, ma di tutti gli esseri
umani, doveva essere l'unione amorosa con Dio, che si doveva cancellare in
se stessi l'apparenza del tempio esteriore per incontrare Dio nel tempio del
proprio cuore, attraverso un pellegrinaggio interiore. La sua catechesi
trovava largo consenso tra la gente. Indispettiti, i dottori della legge,
molti politici e persino alcuni sufi, lo accusarono di panteismo, di
attentare alla soprannaturalita' divina, di voler fare a meno
dell'osservanza esteriore della legge, di reclamare di operare prodigi, di
voler distruggere la Ka'ba, di turbare gli spiriti nelle piazze, diffondendo
in pubblico segreti celesti al popolo troppo semplice e incolto per capirli.
La sua dottrina venne definita erronea e imprudente da un grande giurista di
Baghdad, che ne chiese la condanna a morte.
Venne flagellato, gli furono tagliate le mani e i piedi, poi fu crocefisso
su tronchi d'albero. La mattina del 27 marzo 922 venne decapitato, poi il
corpo fu irrorato di petrolio e bruciato, le ceneri gettate nel fiume Tigri.
Prima di morire grido' a gran voce: "Per l'amante cio' che conta e' che
l'Unico lo riduca all'unita'".
Una sua preghiera: "Il tuo Spirito s'e' impastato col mio, come l'ambra col
muschio odoroso. Se qualcosa Ti tocca, mi tocca: non c'e' piu' differenza,
perche' Tu sei me... I pellegrini vanno alla Mecca, ed io da Chi abita in
me, vittime offrono quelli, io offro il mio sangue e la vita. C'e' chi gira
intorno al Suo tempio senza farlo col corpo, perche' gira attorno a Dio
stesso, che dal rito lo scioglie".
*
La sura 56 del Corano, detta dell'"Evento inevitabile" cosi' recita: "Allora
essi riposeranno in un giardino, assisi in trono, gli uni di fronte agli
altri. Attorno a loro passeggeranno giovani eternamente giovani, reggenti
coppe di un limpido liquore, e frutti di ogni gusto che potranno scegliere.
Avranno la bellezza dai grandi occhi neri, bellezza simile a perle nascoste.
Sara' questa la ricompensa per le loro opere. Non udranno piu' discorsi
frivoli ne' parole che conducono al peccato. Soltanto una parola allora si
udira': pace".
Smettiamola coi "discorsi frivoli" e con "le parole che conducono al
peccato"; accogliamo i crocifissi viventi che bussano alle nostre porte ed
occupiamoci seriamente, intanto, di difendere la struttura di una stato
sociale che qualcuno sta lentamente smantellando.

8. RIFLESSIONE. BRUNETTO SALVARANI: DOPO OFENA, IN DIALOGO
[Ringraziamo Brunetto Salvarani (per contatti: b.salvarani at carpi.nettuno.it)
per questo intervento. Brunetto Salvarani, teologo ed educatore, da tempo si
occupa di dialogo ecumenico e interreligioso, avendo fondato nel 1985 la
rivista di studi ebraico-cristiani "Qol"; ha diretto dal 1987 al 1995 il
Centro studi religiosi della Fondazione San Carlo di Modena; saggista,
scrittore e giornalista pubblicista, collabora con varie testate e fa parte
del Comitato "Bibbia cultura scuola", che si propone di favorire la presenza
del testo sacro alla tradizione ebraico-cristiana nel curriculum delle
nostre istituzioni scolastiche; e' direttore della "Fondazione ex campo
Fossoli", vicepresidente dell'Associazione italiana degli "Amici di Neve'
Shalom - Waahat as-Salaam", il "villaggio della pace" fondato in Israele da
padre Bruno Hussar. Ha pubblicato vari libri presso gli editori Morcelliana,
Emi, Tempi di Fraternita', Marietti, Paoline]

Forse puo' essere vero che, come recita un antico proverbio, non tutto il
male viene per nuocere. E che persino da una vicenda come quella di Ofena
(la cittadina abruzzese assurta alle cronache dove si e' consumata, alla
fine di ottobre, una recita malaccorta e poco edificante da molti punti di
vista) si puo' ricavare una morale che aiuterebbe questo Paese ad essere
migliore.
La storia, appare persino superfluo ripeterlo, e' stata indubbiamente una
brutta storia: per l'incosciente leggerezza con cui da piu' parti si e'
brutalmente strumentalizzato, comunque lo si consideri, un simbolo
storicamente centrale nell'immaginario nazionale; per le reazioni scomposte
e largamente sopra le righe che la ben nota ordinanza sul crocifisso ha
prodotto, sino a creare un effetto di scontro fra opposti integralismi;
nonche' per l'oggettivo fieno portato alla cascina di chi - tanti, tanti,
purtroppo! - vorrebbero farci credere alla favola dello scontro fra civilta'
(fra cristiani e musulmani, insomma), e per l'ulteriore, pesante macigno
posto sul gia' faticoso percorso del dialogo interreligioso. Eppure io mi
ritengo un inguaribile ottimista, e credo che, tra i commenti succeduti
all'episodio, sia possibile intravvedere alcuni segnali consolanti di un
cambiamento in corso, da non lasciar cadere. Provo a metterne in fila appena
tre, scelti fra quelli che mi sembrano maggiormente rilevanti non tanto in
chiave teologica (che pure risulterebbe quanto mai intrigante, e che andra'
scandagliata con la dovuta pacatezza) bensi' nell'ottica di una nuova
pedagogia interreligiosa.
*
Il pluralismo religioso
Il primo messaggio di Ofena riguarda un elemento di scenario realmente
fondamentale: quanto e' accaduto conferma che, piaccia o no, stiamo
attraversando la fase di passaggio dalla religione degli italiani all'Italia
delle religioni, in cui si va manifestando nelle forme piu' svariate quello
che e' stato chiamato il mosaico della fede.
Certo, si tratta di un pluralismo difficile sia da accettare teoricamente
sia da gestire praticamente, per mille motivi. Difficile soprattutto perche'
non disponiamo ancora della mentalita' necessaria per situare l'odierna
irruzione dell'altro, e neppure dell'alfabeto linguistico indispensabile per
affrontarla con la dovuta razionalita': per cui essa ci fa quanto mai paura,
in una stagione di incertezze e di guerre paradossalmente preventive, e gli
Adel Smith di turno non ci aiutano proprio a fare dei passi avanti. Anzi...
Peraltro, la querelle abruzzese ci ricorda, una volta di piu', che l'unico
antidoto credibile e' quello di educarci pazientemente alla
multireligiosita', di investire in tale direzione nei nostri mass-media e
nei nostri linguaggi di ogni giorno, di esercitarci al rapporto con
l'alterita' anche come un'occasione per capire meglio qualcosa delle nostre
radici, della nostra identita' profonda. Ci invita, inconsapevolmente, a
rafforzare il dialogo (ecumenico e interreligioso) che non puo' rimanere un
ambito riservato a pochi addetti ai lavori, ai cosiddetti esperti. Ci dice
che dal pluralismo religioso non si torna indietro, che semmai dobbiamo
ancora metabolizzarlo - e occorrera' non poco tempo - ma anche che ad esso
non esistono alternative realistiche, serie, plausibili.
*
La laicita'
Il secondo messaggio proveniente da Ofena - e dintorni - e' che questo
nostro Paese parla e straparla di laicita', ne discute, talvolta la teorizza
persino, ma non ne vive appieno la dimensione autentica. Che, al contrario,
permangono nel nostro dna vaste sacche di clericalismo, e persino di
pericolose illusioni di poter tornare ad un cattolicesimo-religione-civile,
almeno pari a quelle di un laicismo banalmente ideologico, pure presente,
incapace di valutare l'importanza del religioso nella vita delle persone,
delle comunita', degli stati.
Certo, bisogna ammettere che e' proprio il concetto di laicita' a risultare
complicato ed ambiguo, soprattutto nella nostra storia nazionale. Ricorro
percio' all'aiuto di Massimo Cacciari per suggerirne una definizione, a mio
parere, particolarmente riuscita (la traggo dal Sillabario di "Repubblica"
del 29 ottobre scorso). Secondo il filosofo veneziano, laico puo' essere sia
il credente sia il (cosiddetto) non credente, e cosi' entrambi possono
essere espressione del piu' vuoto dogmatismo. Laico, di per se', non e'
colui che rifiuta, o peggio deride, il sacro, bensi', letteralmente, colui
che vi sta di fronte. Di fronte in ogni senso: discutendolo, interrogandolo,
mettendosi in discussione davanti al suo mistero. Laico e' ogni credente non
superstizioso, capace e anzi desideroso di discutere faccia a faccia col
proprio Dio (in tale ottica, potremmo eleggere a patrono biblico della
laicita' lo stesso Giobbe...). Al medesimo modo, e' laico ogni non credente
che sviluppi senza mai assolutizzare o idolatrare il proprio relativo punto
di vista, la propria ricerca, e insieme che sappia ascoltare la profonda
analogia che la lega alla domanda del credente, all'agonia di quest'ultimo.
"Quando comprenderemo con questa ampiezza il significato della laicita' -
conclude Cacciari - allora, e soltanto allora, essa potra' essere un valore
sopra il quale ricostruire la nostra dimora".
E dato che di esempi di clericalismo abbondano quotidianamente le cronache,
mi sia concesso di riportare appena un caso, se non di laicismo tout-court,
di palese sottovalutazione degli effetti del sacro in questa stagione:
l'abolizione, da un giorno all'altro e senza una riga di spiegazione, della
pagina monografica settimanale che il quotidiano "L'Unita'" aveva deciso, da
oltre un anno, di dedicare alle religioni (al plurale). Bene (anzi, male):
al sopraggiungere dell'estate scorsa, quella pagina e' stata inopinatamente
cancellata, con tanti saluti alla proclamata necessita' di una maggiore
conoscenza delle fedi, e specialmente di quelle altrui. No comment, perche'
qualsiasi commento renderebbe piu' amara la cosa. Altri esempi, del resto,
sono sotto gli occhi di tutti: dal blocco completo delle intese del governo
con buddhisti, Testimoni di Geova e musulmani (con questi ultimi per la
verita' non e' partita neppure la discussione formale), al fatto che giace
ormai in un cassetto la strategica e pur discutibile legge sulla liberta'
religiosa di cui, nei mesi scorsi, si auspicava la rapida promulgazione -
apparentemente - da destra e da sinistra.
Dunque: occorrono strumenti verso la realizzazione effettiva di una casa
comune delle religioni, per ora in larga parte ancora tutta da costruire, e
impossibile da edificare se non accettando a pieno titolo la difficile sfida
della laicita' e del riconoscimento reciproco.
*
L'ora delle religioni
Il terzo elemento-chiave che ci consegna la vicenda di Ofena e' che la
scuola - guarda caso, tutta la bagarre e' partita da un'aula scolastica -
non puo' permettersi di chiamarsi fuori dai cambiamenti in corso nella
nostra societa', anche sul piano del moltiplicarsi delle confessioni
religiose vissute sotto il cielo d'Italia.
Appare evidente, peraltro, che la nostra realta' scolastica non e',
attualmente, in grado di far fronte a tale nuova situazione. Da parte mia
(sono un docente di lettere alle scuole superiori) l'ho evidenziato a piu'
riprese, e lo ribadisco qui: se analizzassimo il ruolo che ricopre lo studio
delle religioni nella scuola italiana, ci si dovrebbe a buon diritto
scoraggiare, poiche' l'unico spazio istituzionale - com'e' noto - e' quello
relativo all'insegnamento della religione cattolica, in cui l'analisi
approfondita delle confessioni religiose altre e' sostanzialmente lasciata
al buon cuore e alla disponibilita' individuale del docente eventualmente
sensibile, visto il rango ridotto cui esse sono relegate nei programmi e
negli appositi libri di testo (salvo eccezioni, destinate peraltro a
confermare la regola). Per il resto, l'aspetto multireligioso fa capolino
qua e la', ogniqualvolta non sia proprio possibile espungerlo del tutto, in
storia, filosofia, lettere, storia dell'arte: fornendo, del resto, la
precisa percezione che esso non venga ancora ritenuto un elemento centrale,
e spesso decisivo, per cogliere l'evoluzione dei popoli e le dinamiche del
pensiero, sia occidentale sia orientale.
Cosi', non mi rimane che affermare per l'ennesima volta l'assoluta
necessita' di cambiare strada, di prendere sul serio le domande sospese, e
di far entrare esplicitamente, tanto nella formazione dei docenti quanto
nella programmazione curricolare, lo studio delle religioni (al plurale).
Davvero c'e' bisogno come del pane di un'ora delle religioni, come ci piace
chiamarla a "Cem Mondialita'", o comunque di un'indagine laica e
a-confessionale delle religioni, offerta dalla scuola e impartita da
specialisti della materia, come ha sostenuto, fra gli altri, Gaspare
Barbiellini Amidei ai margini della "battaglia del crocifisso" sul "Corriere
della sera" del primo novembre scorso. Il quale scriveva, in un articolo
intitolato La scuola e le fedi: "Pesa in modo dannoso sulla lucidita' della
nostra convivenza multietnica il vuoto pedagogico intorno alle risposte che
le popolazioni del mondo danno alle grandi domande esistenziali. Sappiamo
insegnare ai bambini come e' fatto l'ultimo sistema arrivato dalla
California per il loro computer, ma non sappiamo spiegare loro il
significato delle preghiere recitate dal compagno straniero. L'intolleranza
si giova dell'ignoranza propria e di quella altrui sui simboli, sui riti,
sulle vicende della pieta', sui santi e sui paradisi delle diverse fedi.
Un'istruzione monotematica e' incompatibile con un pacato rispetto di
identita' e di radici".
Anche Umberto Eco si era espresso nella medesima direzione (Essere laici in
un mondo multiculturale, in "La Repubblica" del 29 ottobre): "Da tempo si
ripete che sarebbe bello che nelle scuole, accanto all'ora di religione (non
in alternativa per coloro che cattolici non sono) fosse istituita almeno
un'ora settimanale di storia delle religioni, cosi' che anche un ragazzo
cattolico possa capire che cosa dice il Corano o cosa pensano i buddisti o
gli ebrei (e musulmani o buddisti, ma persino i cattolici, capiscano come
nasce e cosa dice la Bibbia)". Si noti, fra l'altro, quel giustificato
eppure ben triste 'persino i cattolici': corretta espressione del dramma,
cosi' nostrano, della cronica ignoranza relativa al grande codice biblico, a
proposito del quale, senza dire di piu', mi permetto di rinviare al mio A
scuola con la Bibbia (Emi, Bologna 2001).
So bene che l'impresa e' complessa, che cozza contro privilegi consolidati,
piu' o meno consapevoli miopie e sempre piu' frequenti ritorni a chiusure
identitarie, ma resto altresi' convinto - hanno ragione i laici Barbiellini
ed Eco - che non si possa piu' andare avanti cosi'. Potremmo dunque
cominciare a discutere seriamente di una nuova pedagogia interreligiosa,
anche per togliere l'acqua a integralisti e fondamentalisti di ogni colore e
di ogni provenienza?

9. RIFLESSIONE. CONTRO IL MURO DELLA SEGREGAZIONE E CONTRO L'ANTISEMITISMO
Cosi' come l'assemblea generale delle Nazioni Unite, l'opinione pubblica di
tutto il mondo chiede al governo di Israele la rinuncia a costruire il muro
della segregazione e l'abbattimento dei tratti di esso gia' costruiti.
E chiede che siano finalmente riconosciuti i diritti del popolo palestinese
calpestati dall'occupazione militare e dalla politica aggressiva ed
espansionista del governo di Israele.
Chiede che sorga uno stato palestinese al fianco dello stato di israele;
chiede che due popoli possano vivere liberi in due stati; chiede pace,
dialogo, dignita' e sicurezza per la popolazione palestinese e per la
popolazione israeliana.
Chiede alla comunita' internazionale di fare ogni sforzo a sostegno di un
processo di pace che proprio in questi giorni puo' riprendere grazie
all'impegno della societa' civile israeliana e palestinese.
E chiede che cessino tutte le stragi e le persecuzioni: che cessino tutte le
azioni terroristiche, di stato, di gruppo, individuali.
Chiede rispetto per tutte le vittime, e che si cessi finalmente di uccidere.
*
Ma queste richieste in tanto sono credibili ed in tanto verranno ascoltate
in quanto chi le fa inizi lui stesso a praticare una solidarieta' non
strabica, e si impegni direttamente a favorire le forze di pace in Palestina
ed in Israele. E tra le cose che possiamo e dobbiamo fare qui c'e' anche
l'opposizione ad ogni razzismo e ad ogni terrorismo.
Le iniziative pubbliche di questi giorni devono essere nitide ed
intransigenti nella solidarieta' con il popolo palestinese e con quello
israeliano; nell'opposizione sia al terrorismo del governo Sharon, sia al
terrorismo dei gruppi armati palestinesi; nel ripudio e nella lotta contro
ogni forma di razzismo ed innanzitutto contro quella forma di razzismo che
e' l'antisemitismo, purtroppo ancora cosi' fortemente presente nell'Europa
che poco piu' di mezzo secolo fa si macchio' del crimine assoluto della
Shoah.

10. RIFLESSIONE. MARIA DELFINA BONADA INTERVISTA JEAN ZIEGLER
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 novembre 2003.
Maria Delfina Bonada, nata a Ginevra, in Italia dal 1971, e' giornalista,
corrispondente da Roma del giornale svizzero "24 heures", ma e' anche da
tanti anni una nota e apprezzata intellettuale e militante democratica.
Jean Ziegler, sociologo, docente, parlamentare svizzero, ha denunciato nelle
sue opere i rapporti tra capitale finanziario, governi, poteri criminali,
neocolonialismo, sfruttamento Nord/Sud. Opere di Jean Ziegler: Una Svizzera
al di sopra di ogni sospetto; I vivi e la morte; Le mani sull'Africa; Il
come e il perche'; La Svizzera lava piu' bianco; La felicita' di essere
svizzeri; La Svizzera, l'oro e i morti; tutte presso Mondadori. La vittoria
dei vinti, Sonda; Les seigneurs du crime, Seuil; La fame nel mondo spiegata
a mio figlio, Pratiche; La privatizzazione del mondo, Il Saggiatore]

Jean Ziegler, il sociologo svizzero di fama internazionale per le sue
denunce contro le multinazionali (l'ultimo suo libro, La privatizzazione del
mondo, e' uscito in questi giorni presso Il Saggiatore) e per i molti saggi
sulle responsabilita' del sistema bancario mondiale del quale la Svizzera e'
"santuario", intellettuale europeo sempre schierato contro la guerra ed ora
incaricato speciale delle Nazioni Unite per il diritto all'alimentazione,
non si stupisce piu' di tanto per i risultati del sondaggio promosso tra i
cittadini dell'Unione Europea, che tanto ha indignato proprio la classe
politica europea e quella italiana. "E' evidente - ci dice Jean Ziegler,
raggiunto da noi telefonicamente a Ginevra - che se Sharon continua nella
sua politica di repressione collettiva, distruggendo una popolazione intera,
privandola dell'acqua, dell'alimentazione, rubando la sua terra, si potra'
solo finire con una guerra".
- Maria Delfina Bonada: Ma come spiega le reazioni a questo sondaggio? E
qual e' il suo punto di vista sui risultati?
- Jean Ziegler: Sono felice che gli europei prendano finalmente coscienza di
questa situazione, del martirio del popolo palestinese, delle follie di
Sharon. La prossima tappa dovrebbe essere quella di esigere dalla
Commissione europea delle sanzioni. Perche', nell'accordo di associazione
tra Israele e Unione europea c'e' un articolo che invita Israele al rispetto
di tutti i diritti dell'uomo. Eppure finora l'Unione Europea, oggi
presieduta dall'Italia, non ha preso nessuna sanzione. E' scandaloso.
- M. D. B.: Quindi la societa' civile europea, l'opinione pubblica, si
dimostra piu' sensibile dei suoi dirigenti?
- J. Z.: Certo, e questo e' un grande progresso, una speranza. D'altronde,
badi che in Israele accade lo stesso. Le organizzazioni non governative, i
movimenti sociali, fanno un lavoro straordinario. Penso tra l'altro
all'organizzazione dei "Rabbini per i diritti dell'uomo", all'Istituto
Mandela, al Centro d'informazione alternativa. Sono loro che allertano
l'opinione pubblica internazionale. E' grazie a loro che in Europa ci si
preoccupa oggi per la guerra. Si parla troppo poco del loro coraggio.
L'opposizione extraparlamentare e' determinante, come quella dello scrittore
Michel Warschavski, dello storico Ilan Pappe, professore all'universita' di
Haifa, dell'avvocatessa Lea Tsemel che difende i contadini palestinesi
spogliati delle loro terre.
- M. D. B.: Quale situazione, come inviato dell'Onu, ha trovato nei
Territori palestinesi occupati, di fatto in stato di guerra permanente?
- J. Z.: Sono stato nel luglio scorso in Israele in missione per le Nazioni
Unite. Nei Territori e' una catastrofe umanitaria. Il 61 per cento della
popolazione mangia una volta al giorno, il 15,6 per cento dei bambini sotto
i 10 anni sono denutriti, l'85 per cento della popolazione vive
dell'assistenza pubblica internazionale. E questo per parlare solamente dei
dati che riguardano l'alimentazione della popolazione palestinese, visto che
ero andato in Israele per il mio lavoro per le Nazioni Unite. E' una
violazione evidente di tutti i diritti dell'uomo, una punizione collettiva
contro una popolazione civile e, ripeto, e' scandaloso che l'Unione Europea
non abbia fatto alcuna sanzione, e sono felice che l'opinione pubblica
europea invece abbia preso davvero coscienza di questa catastrofe.

11. RIFLESSIONE. ALI RASHID: UN'EUROPA PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 5 ottobre 2003. Ali Rashid e' il primo
segretario della delegazione palestinese in Italia. Fine intellettuale di
profonda cultura, conoscitore minuzioso degli aspetti storici, politici,
economici e culturali della situazione nell'area mediorientale, esperto di
questioni internazionali, ed anche acuto osservatore della vita italiana. E'
figura di grande autorevolezza per rigore intellettuale e morale, ed e' una
delle piu' qualificate voci della grande tradizione culturale laica
palestinese. Suoi scritti appaiono sovente nel nostro paese sui principali
quotidiani democratici e sulle maggiori riviste di cultura e politica]

In molti sono caduti dalle nuvole per il sondaggio indetto dalla commissione
dell'Unione Europea, dal quale risulta che il 59% degli europei considerano
Israele come il paese piu' pericoloso per la pace.
In molti, e non solo il governo di destra israeliano - il cui ministro degli
esteri Shalom, peraltro, ha dichiarato che "l'antisemitismo non c'entra" -,
sprizzano sdegno e incredulita' e sembrano davvero arrivare da un altro
pianeta, abitato esclusivamente da professionisti della politica che hanno
perso ogni contatto con la realta', quella che avrebbero dovuto
rappresentare ed interpretare.
Mentre, attraverso i tanti corrispondenti ed inviati in Medio Oriente viene
alimentata una campagna antipalestinese da far rabbrividire e che fa a pugni
con i fatti e rovescia la realta'. Una realta' che i cittadini europei hanno
letto tra le righe delle disinformazione sistematica. Qualcuno - dalle
sponde post-fasciste - corre in difesa di Israele e lo definisce
"l'avamposto dell'Occidente europeo in Medio Oriente": siamo tornati alle
missioni civilizzatrici dell'Occidente dei secoli passati, con le sue
rapine, razzie e stermini coloniali, o degli europei bianchi nelle due
Americhe e in giro per il mondo a diffondere il verbo di un dio e di una
civilta' superiori, o, ancor prima, agli avamposti dell'impero romano contro
i barbari.
*
E' vero signori onorevoli: Israele e' l'avamposto di quella Europa,
un'Europa che nel frattempo e' cambiata. Non ve ne siete accorti, cosi' come
non se n'e' accorto neanche il leader della piu' grande forza della sinistra
italiana, Fassino, quando, commentando il sondaggio, ha espresso il suo
timore per una rinascita dell'antisemitismo, scambiando gli ebrei con
Sharon. Cioe' proprio quello che il sondaggio non ha fatto, puntando invece
il dito contro questo governo di Israele e le sue responsabilita' rispetto
ai pericoli per la pace mondiale.
*
E' molto frequente la commistione e strumentalizzazione della parola
democrazia, che arriva puntuale ogni volta che si parla dei misfatti di
Israele. Sembra che la democrazia sia diventata una licenza di uccidere, o
un distintivo che ha sostituito il colore della pelle bianca che permetteva
a chi ce l'aveva di infrangere le regole condivise e di essere al di sopra
delle legge e delle convenzioni internazionali, quando la vittima di turno
ha un colore o una religione diversi. Anche i bianchi del Sudafrica - a suo
tempo in ottimi rapporti con Israele - erano un avamposto, e tra di loro
avevano stabilito un sistema democratico, ma non per questo si poveva
accettare la politica di segregazione razziale. Anche l'America democratica
ha commesso in nome della democrazia inenarrabili atrocita' contro la
democrazia e contro i popoli dell'America Latina e del resto del mondo.
Anche la Francia e la Gran Bretagna, culla della democrazia, sovente di
sinistra, avevano le loro colonie e hanno commesso e commettono, in nome
della democrazia, inaudite violazioni dei diritti umani contro interi
popoli.
La guerra di Bush e della sua amministrazione e' stata approvata
democraticamente da una schiacciante maggioranza nel Congresso e della
societa' americana, ma questo non puo' dare legittimazione ad una guerra
condotta con l'inganno e con le menzogne: l'80% degli americani che guarda
le tv di Murdoch, amico di Sharon, ha davvero creduto che l'Iraq avesse
organizzato l'attacco terroristico contro le Torre gemelle e che Al Qaeda
avesse basi operative in Iraq.
*
La reazione isterica di una parte d'Israele ai risultati del sondaggio mette
in evidenza le pretese israeliane di essere al di sopra delle leggi che
valgono per tutti gli altri, e la convinzione che ad Israele e' permesso
tutto senza che nessuno possa osare di avanzare critiche alla sua politica.
E se lo fa questo e' la conferma che e' "antisemita".
Invece ci sono molti ebrei e israeliani che prendono le distanze dalla
politica di un governo che ha praticato e pratica una politica razzista, di
pulizia etnica e di distruzione sistematica del popolo palestinese. Come
dimenticare che il ruolo d'Israele nel mondo si e' caratterizzato spesso per
il sostegno e la collaborazione attiva ai peggiori regimi del mondo: dai
dittatori dell'America Latina all'apartheid del Sudafrica e allo scia' di
Persia. E che continua ad esser la causa principale della destabilizzazione
permanente del Medio Oriente, fomentatore della guerra di religione in
stretto collegamento con i settori piu' reazionari e aggressivi - i
"neocons" - degli Stati Uniti.
Io credo che non si debba piu' accettare questo ricatto permanente di essere
accusati di antisemitismo ogni volta che si muovono critiche alla politica
israeliana, per di piu' violenta ed in netta violazione di tutte le
convenzioni internazionali.
*
Ma il sondaggio e' importante anche per un altro aspetto. Dimostra infatti
la crisi di rappresentanza politica tra governanti e governati nell'Europa
democratica e l'uso strumentale dell'informazione per orientare, manipolare
e disorientare l'opinione pubblica. Una crisi che si era gia' vista in
occasione della guerra contro l'Iraq, a cui piu' dell'80% degli europei era
contraria, in sintonia col resto della opinione pubblica mondiale. Eppure la
sparuta minoranza che detiene la forza militare ed il controllo dei media
l'hanno presentata come giusta ed inevitabile, assicurando che avrebbe
portato la "democrazia". E oggi non sanno piu' cosa dire.
Siamo cosi' arrivati al punto che coloro che si fingono scandalizzati dai
risultati del sondaggio accusano la maggioranza degli europei di aver dato
una "risposta inammissibile verso Israele". Invece di aprire finalmente gli
occhi e svolgere un ruolo politico mettono in piedi un'altra campagna di
menzogne e di disinformazione.
Al contrario bisogna essere sereni e dare fiducia a questa Europa che sa
leggere tra le righe delle menzogne ufficiali, e che per democrazia intende
senso di responsabilita' verso se stessa e verso gli altri. Un'Europa che
abbiamo visto, dalle piazze alle parrocchie, mobilitarsi contro la guerra e
per un mondo di eguali. Un'Europa consapevole del mondo e, questa si',
patrimonio del mondo.

12. DOCUMENTAZIONE. "ACTION FOR PEACE": CONTRO IL MURO E CONTRO IL
TERRORISMO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 6 novembre 2003. "Action for peace" e'
una coalizione di esperienze di solidarieta' con il popolo palestinese e per
la pace; apprezziamo particolarmente questo documento che sgombra il campo
da ambiguita' ed equivoci del passato ed e' finalmente chiaro nel dichiarare
l'opposizione ad ogni terrorismo e nel contrapporsi ad ogni manifestazione
di antisemitismo comunque si travesta. Continua invece a non persuaderci la
richiesta di sospensione del patto di associazione tra Unione Europea e
Israele, a nostro avviso invece l'Europa deve maggiormente incalzare Israele
in un rapporto piu' intenso che sia anche costruzione di un riferimento
alternativo per Israele rispetto agli Usa. L'Europa e' l'area del mondo dove
si e' data in massima parte la bimillenaria persecuzione antiebraica dopo la
distruzione del tempio e la deportazione, fino all'orrore assoluto della
Shoah: sarebbe bene che tutti gli europei non dimenticassero mai come i
discendenti dei perseguitati possono interpretare certe posizioni; e sarebbe
bene che l'Europa anche verso Israele, oltre che verso tutto l'ebraismo
della diaspora, assumesse un atteggiamento adeguato di riconoscimento di
colpa, e di impegno per un risarcimento nella misura del possibile, e di
solidarieta' sincera e non strumentale. Solidarieta' che ovviamente non puo'
essere complicita' con le politiche del governo di Israele quando esse sono
criminali, ma che anzi si estrinsechi nelll'impegno a sostenere il processo
di pace, la sicurezza e il benessere della popolazione israeliana, la
democrazia e i diritti umani; solidarieta' che deve esercitarsi anche in
un'iniziativa politica democratica nelle relazioni con gli altri paesi
dell'area mediorientale affinche' in essi cessi, e venga perseguita come
reato, la scellerata propaganda razzista antiebraica, talora fin
esplicitamente inneggiante al genocidio, sovente favoreggiata quando non
direttamente promossa dai regimi al potere in quegli stati. Molto puo'
l'Europa, molto deve]

Rispondendo all'appello delle organizzazioni non governative (ong)
palestinesi "Stop the wall", per giornate di azione internazionale, in
occasione dell'anniversario della caduta del muro di Berlino, 9 novembre
1989, "Action for peace" promuove iniziative in molte citta' italiane,
contro il muro, contro l'occupazione israeliana dei territori palestinesi,
per una pace giusta; chiede un confronto ai partiti del centrosinistra sul
conflitto Israele-Palestina.
"Action for peace" nasce all'inizio del 2001, come campagna della
piattaforma italiana per la pace in Medio Oriente, rispondendo all'appello
lanciato dalle ong palestinesi per la protezione internazionale della
popolazione civile. Abbiamo cosi' realizzato missioni civili in Palestina,
praticato l'interposizione pacifica, la disubbidienza alle leggi di guerra.
Costitutivo della nostra pratica e' il costante rapporto con la societa'
civile palestinese e israeliana, per costruire ponti, per mettere fine
all'occupazione militare, per sostenere la resistenza nonviolenta
palestinese, i pacifisti e democratici in Israele, per costruire una pace
giusta, fondata sul rispetto dei diritti umani e civili, per la convivenza
di due popoli e due Stati.
Per far questo "Action for peace" si caratterizza come una coalizione la
piu' ampia possibile di forze della societa' civile, contro la
disinformazione e per la solidarieta' concreta, che collabora attivamente
con gruppi di ebrei che qui come in molti altri paesi rifiutano la politica
del terrore di Sharon, dichiarandola "non in nostro nome".
Rifiutiamo il terrorismo fondamentalista, che usa la disperazione di giovani
palestinesi per colpire civili innocenti, moralmente e politicamente
inaccettabile, e che provoca sofferenza e chiusura per la societa'
israeliana, danno e isolamento per i palestinesi. Atti di terrorismo di
minoranze estremiste che continuamente forniscono ulteriore alibi alla
guerra preventiva e permanente dell'amministrazione degli Stati Uniti e del
governo israeliano.
Su queste basi dal mese di giugno 2003, abbiamo lanciato campagne nazionali
ed europee contro il muro e per la sospensione dell'accordo di associazione
Unione Europea - Israele; su queste basi l'8 e il 9 novembre realizzeremo
iniziative in tante citta', rispondendo all'appello delle ong palestinesi
perche' il muro di Sharon, parte essenziale della politica del terrore e
dell'annessione delle terre palestinesi del governo di Israele, cada;
perche' l'occupazione militare israeliana e i raid indiscriminati su
villaggi e citta' palestinesi finiscano.
La non esplicitazione di tutte le discriminanti politiche citate, non
consente l'adesione di "Action for peace" in quanto tale - la liberta' di
aderire di singole organizzazioni non e' in discussione - alla
manifestazione indetta a Roma per l'8 novembre pomeriggio.
Tanto piu' che molte e molti di noi hanno in altre occasioni partecipato,
insieme ad alcune delle realta' che compongono il comitato promotore dell'8
pomeriggio a Roma, a manifestazioni di solidarieta' e per una pace giusta in
Palestina/Israele, che sono state segnate da episodi di intolleranza e
rappresentazioni di violenza, opposte ai principi citati.
Infine, pensiamo che proprio la forma della "manifestazione nazionale", in
una situazione tanto difficile, avrebbe richiesto un impegno generale ad una
costruzione condivisa ben piu' rilevante, per evitare il risultato di non
coinvolgere tutte le disponibilita' pure esistenti e sempre piu' necessarie.
Ci auguriamo che l'appello delle ong palestinesi trovi il massimo di
adesione e solidarieta' nelle giornate dell'8 e del 9, senza
contrapposizioni o egemonismi, con la comune consapevolezza delle
difficolta' e delle differenze.
Crediamo nell'utilita' del confronto politico: lo ricerchiamo e continueremo
a ricercarlo con tutti coloro che sono disponibili, per realizzare il piu'
ampio schieramento civile e sociale, per non trovarci nuovamente in
situazioni come quella attuale o le precedenti gia' citate; perche' venga
abbattuto il muro di cemento in Palestina e quello di silenzio in Europa: lo
meritano e ne hanno bisogno in Palestina e in Israele.

13. INCONTRI. A VERONA L'8 NOVEMBRE CON LIDIA MENAPACE
Si svolgera' l'8 novembre a Verona, su invito di autorevoli personalita'
come Lidia Menapace, Mao Valpiana e Giovanni Benzoni, un incontro sulla
proposta promossa da Lidia Menapace e dalla Convenzione permanente di donne
contro le guerre "per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e
smilitarizzata, solidale e nonviolenta", per tradurla in un appello e
un'iniziativa la cui necessita' e urgenza e' a tutti evidente.
Il luogo dell'incontro dell'8 novembre a Verona e' la Casa per la
nonviolenza, in via Spagna 8 (vicino alla Basilica di San Zeno); l'orario
dell'incontro e' dalle ore 11 alle ore 16. Lidia Menapace sara' li' fin
dalle ore 10, per poterci parlare insieme anche di altro.
Per arrivare alla Casa per la nonviolenza: dalla stazione ferroviaria
prendere l'autobus n. 61, direzione centro, scendere alla fermata di via Da
Vico, subito dopo il Ponte Risorgimento; chi arriva in macchina deve uscire
al casello di Verona Sud, seguire la direzione centro fino a Porta Nuova,
poi a sinistra lungo la circonvallazione interna fino a Porta San Zeno.
Per ulteriori informazioni e contatti: Casa per la nonviolenza, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito:
www.nonviolenti.org

14. INCONTRI. A VITERBO IL 7-8 NOVEMBRE
A Viterbo, il 7-8 novembre l'associazione "Viterbo con amore", in
collaborazione con l'associazione "Comunita' papa Giovanni XXIII", promuove
la serie di iniziative "La pace e il dialogo non sono un'utopia".
Partecipano figure autorevolissime dell'impegno di pace e nonviolenza: mons.
Lorenzo Chiarinelli, don Alberto Canuzzi, Miguel Alvarez, don Maurizio Boa,
padre Alex Zanotelli, rappresentanti di Christian Peacemaker Teams, don Lush
Gjergji, Alberto Capannini, mons. Giorgio Biguzzi, mons. Samuel Ruiz Garcia,
don Oreste Benzi, don Albino Bizzotto, Ettore Masina, padre Angelo Cavagna,
Daniele Aronne.
Per informazioni e contatti: segreteria organizzativa presso l'associazione
"Viterbo con amore", via Cavour 97, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761220168,
cell. 349.4419638, e-mail: viterboconamore at libero.it

15. LETTURE. DAVID GROSSMAN: LA GUERRA CHE NON SI PUO' VINCERE
David Grossman, La guerra che non si puo' vincere, Mondadori, Milano 2003,
pp. 192, euro 14,60. In una raccolta di articoli la testimonianza del grande
scrittore pacifista israeliano.

16. LETTURE. ALEX ZANOTELLI: KOROGOCHO
Alex Zanotelli, Korogocho. Alla scuola dei poveri, Feltrinelli, Milano 2003,
pp. 222, euro 12,50. La testimonianza nonviolenta di padre Alessandro
Zanotelli. A cura di Pier Maria Mazzola e Raffaello Zordan.

17. LETTURE. HOWARD ZINN: DISOBBEDIENZA E DEMOCRAZIA
Howard Zinn, Disobbedienza e democrazia, Il Saggiatore, Milano 2003, pp.
416, euro 19,80. Una bella raccolta di saggi del prestigioso storico
americano, autorevole figura del movimento pacifista.

18. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

19. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 725 del 7 novembre 2003