La nonviolenza e' in cammino. 724



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 724 del 6 novembre 2003

Sommario di questo numero:
1. Rosalba Piazza: in memoria di Nino Recupero
2. Per la vita di Afsaneh Nouroozi
3. Peppe Sini: di attentati e di omerta'. Ed altre cose di cui non si ama
parlare
4. Venerdi' 7 e sabato 8 novembre a Viterbo
5. Sabato 8 novembre a Verona. Con Lidia Menapace
6. Giovanni Scotto: mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
7. Ileana Montini: mutilazioni sessuali, violenza maschile sulle donne e
crisi identitaria
8. Elisabetta Caravati: storie d'acqua narrate a Varese
9. Enrico Peyretti: un libro da leggere
10. Rossana Rossanda ricorda Franco Fortini
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. LUTTI. ROSALBA PIAZZA: IN MEMORIA DI NINO RECUPERO
[Dagli amici di "Giro di vite" (per contatti: giro at girodivite.it) riceviamo
e diffondiamo questo ricordo di Nino Recupero. Rosalba Piazza e' acuta
saggista, tra le sue opere: Adamo, Eva e il serpente, La Luna, Palermo. Su
Nino Recupero, storico e docente universitario, si veda il sito:
www.ninorecupero.it]
Domenica 2 novembre 2003, di notte, se ne e' andato Nino Recupero. E' morto
a Milano, dove insegnava storia moderna alla facolta' di scienze politiche.
Catanese, nell'universita' (e non solo) di questa citta' ha formato piu'
generazioni di studenti, di intellettuali, di persone.
Quando molti maestri non meritavano - e non meritano - questo nome, e in
anni in cui l'antiautoritarismo faceva a pezzi tante autorita' anche
autorevoli, in molti abbiamo amato chiamarlo "maestro", con ironia
affettuosa intesa a redimere una parola ambigua, amando e ammirando di lui
la grande intelligenza, il suo sapere vasto e saggio, la sua vigile
disponibilita'. Maestro eppure, ancora prima, amico: l'autentica capacita'
di ascoltare, di condividere e quindi di guidare.
Per chi, come me, ha avuto la fortuna di condividere con lui (e con Anna
Vio, la moglie, e Luigi e Luca, i figli) anche la vita quotidiana (quel
personale che era ed e' politico) sara' facile riempire di contenuti
specifici e concreti l'elenco dei suoi talenti - perche' Nino era concreto,
attivo, capace di dare vita a tutto cio' che prendeva in mano.
Concreta e viva e' stata, nelle sue mani, la storia, la sua disciplina. In
essa Nino e' riuscito a intrecciare la non comune, rigorosissima formazione
accademica e scientifica, e la raffinata formazione culturale con la
passione politica e civile, con gli interessi e le suggestioni provenienti
da campi svariati. Sempre vigile, sempre resistente alle mode, ma sempre
generoso e disposto a correre il rischio, la sua produzione non si misura
solo in saggi di storia (molti, e in diversi campi: dalla mafia siciliana al
seicento inglese...), ma in progettualita', creativita', animazione - di
idee, di gruppi di persone, di riviste, di diari... infine, di storie in
movimento - un progetto che Nino seguiva con interesse.
Accomiatarsi da Nino, maestro e amico, e' difficile - si vorrebbe che ci
fosse lui ad aiutarci, saggiamente.

2. APPELLI. PER LA VITA DI AFSANEH NOUROOZI
[Da alcuni cari amici riceviamo e volentieri diffondiamo il seguente
appello. Ricordiamo che altre notizie e proposte di intervento per la vita
di Afsaneh Nouroozi sono anche nei nn. 712 e 714 di questo foglio]

La Sezione italiana di Amnesty International in questo momento e'
particolarmente impegnata nella campagna per salvare la vita di Afsaneh
Nouroozi, condannata a morte in Iran per aver ucciso il capo dei servizi di
sicurezza della polizia di Kish, nell'Iran meridionale. Afsaneh sostiene di
aver accoltellato l'uomo, un amico di famiglia, per difendersi da un
tentativo di stupro. Molte voci si sono levate per aiutare questa donna...
Sappiamo che Afsaneh Nouroozi e' detenuta nel carcere di Bandar Abbas,
tristemente noto per il pessimo trattamento riservato ai prigionieri. La
sentenza di morte di Afsaneh e' stata confermata dalla Corte suprema per cui
l'unica autorita' con il potere di fermare la sua imminente esecuzione
rimane il leader supremo dell'Iran, l'Ayatollah Sayed Ali Khamenei.
Esortiamo dunque i lettori ad aderire urgentemente e con grande slancio alla
richiesta di Roberta Aiello, del Coordinamento pena di morte di Amnesty, a
sottoscrivere l'appello in favore di Afsaneh all'indirizzo:
www.amnesty.it/appelli/iran_10_2003.php3
Si possono inserire le sottoscrizioni di familiari ed amici, indicando
sempre la propria casella e-mail.
In aggiunta o in alternativa a cio', chi vuole impegnarsi maggiormente
inviando in proprio un messaggio alle autorita' iraniane, puo' riprodurre il
seguente testo da noi preparato (o comporre un breve testo personale).
Inviate il vostro appello per posta prioritaria (affrancatura 0,77 euro),
all'Ayatollah Sayed Ali Khamenei, corredandolo chiaramente dei nomi e degli
indirizzi completi dei firmatari.
*
His Excellency Ayatollah Sayed Ali Khamenei, The Presidency, Palestine
Avenue, Azerbaijan Intersection, Tehran, Islamic Republic of Iran
Your Excellency,
Afsaneh Nouroozi, is at imminent risk of execution after the death sentence
against her was upheld by the Iranian Supreme Court.
We admire and deeply respect the extremely ancient Iranian civilization, and
we support the governmental duty of fighting criminality and of isolating
criminals form society. Nevertheless, we oppose the death penalty,
particularly in this case, because there is the strong doubt that Mrs.
Nouroozi has killed to protect and defend herself from a rape attempt.
The last word about Afsaneh Noyroozi's fate is yours, Excellency, and we
therefore beg you heartily to use your undisputed powers to grant her
clemency and to spare her life.
We thank you for your kind attention and we remain
Yours sincerely,
firma e indirizzo
*
Possibilmente, mandate un messaggio per posta o per e-mail
(khatami at president.ir - provare piu' volte ad inoltrare il messaggio, se non
passa) anche al presidente della Repubblica Iraniana Khatami:
His Excellency  Hojjatoleslam val Moslemin Sayed Mohammad Khatami, The
Presidency, Palestine Avenue, Tehran, Islamic Republic of Iran
Your Excellency,
We know that Afsaneh Nouroozi could be executed in an extremely short time,
since the Iranian Supreme Court did not commute her punishment.
We feel deep admiration for the ancient civilization of your Country, yet we
consider Mrs. Nouroozi's death sentence cruel and unfair, also because of
the strong doubt existing, that she might have killed only to protect
herself from an abuse attempt.
We therefore beg you heartily to use all your authority to recommend
clemency in Mrs. Nouroozi's behalf so that her life may be spared.
We thank you for your kind attention and we remain
Yours sincerely,
firma e indirizzo
*
Traduzione degli appelli:
1. A Khamenei
Eccellenza, Afsaneh Nouroozi e' a rischio di imminente esecuzione da quando
la sua condanna a morte e' stata confermata dalla Corte Suprema iraniana.
Ammiriamo e rispettiamo profondamente l'antichissima civilta' iraniana, e
approviamo il dovere da parte del governo di combattere la criminalita' e di
isolare i criminali dalla societa'. Siamo tuttavia contrari alla pena di
morte, in particolare in questo caso, in cui sussiste il forte dubbio che la
signora Nouroozi abbia ucciso per proteggersi e per difendersi da un
tentativo di stupro. Eccellenza, sua e' l'ultima parola riguardo al destino
di Afsaneh Nouroozi, e per questo la preghiamo con tutto il cuore di usare i
suoi poteri indiscussi per concederle clemenza e per risparmiarle la vita.
Grati per la sua attenzione, la salutiamo sinceramente.
2. A Khatami
Eccellenza, sappiamo che Afsaneh Nouroozi potrebbe essere giustiziata entro
un brevissimo lasso di tempo, dal momento che la Corte Suprema iraniana non
ha commutato la sua punizione. Proviamo profonda ammirazione per l'antica
civilta' del Suo Paese, ma consideriamo tuttavia la sentenza di morte della
signora Nouroozi crudele ed ingiusta, anche a causa del forte dubbio che
essa possa aver ucciso solo per proteggersi da un tentativo di abuso.
Pertanto la preghiamo con tutto il cuore di usare la sua autorita' per
raccomandare clemenza in favore della signora Nouroozi affinche' le possa
esserle risparmiata la vita. La ringraziamo per la cortese attenzione e la
salutiamo sinceramente.

3. EDITORIALE. PEPPE SINI: DI ATTENTATI E DI OMERTA'. ED ALTRE COSE DI CUI
NON SI AMA PARLARE
Sappiamo che scrivendo queste parole qualche lettore storcera' il naso: ma
cosi' come siamo stati nitidi nel denunciare le violenze compiute da alcuni
sciagurati alle forze dell'ordine appartenenti, ed alle loro vittime abbiamo
espresso solidarieta' - non solo a chiacchiere, ma talvolta riuscendo a
intervenire di persona per impedire che si dessero o si protraessero
umiliazioni e violenze (chi conosce la nostra attivita' da trent'anni a
questa parte sa di cosa parliamo) -, ugualmente vogliamo essere nitidi nel
denunciare le violenze compiute non solo dai criminali come tali
riconosciuti, ma anche da quei criminali che ai loro delitti aggiungono
l'aggettivo "politico", come se il dichiararsi "politici" (e tutti gli
esseri umani lo sono, come spiegava Aristotele) esimesse dal dovere di
rispettare la vita, l'integrita' e la dignita' degli altri esseri umani.
*
Alle persone delle forze dell'ordine vittime in questi giorni di gravi
attentati va tutta la nostra solidarieta'.
Noi sappiamo che i nostri concittadini in divisa tutti rischiano tutti i
giorni la propria vita per difendere la nostra. E chi dimentica questo fatto
elementare ha smarrito il ben dell'intelletto.
Poi, certo, possiamo e dobbiamo discutere di stato e potere, di istituzioni
e societa', di controllo sociale e di repressione, e di tante altre cose: ma
nessuno dimentichi che c'e' gente che ogni giorno rischia la vita per
permettere proprio a te di vivere sicuro, ed a queste persone in primo luogo
dobbiamo gratitudine, e solidarieta'. "Senza se e senza ma", come si usa
dire oggi.
*
Queste cose vanno dette perche' purtroppo anche nel cosiddetto movimento per
la pace ci sono persone (e spesso sono persone ricche e privilegiate, di
buoni studi e facile eloquio) che ad esempio dimenticano che un tentativo di
linciaggio e' un tentativo di linciaggio anche quando a realizzarlo sono
alcuni dei manifestanti di Genova; che ad esempio dimenticano che
un'aggressione squadrista e' un'aggressione squadrista anche quando a
commetterla sono alcuni dei manifestanti di Roma; che ad esempio dimenticano
che colpire la testa delle persone significa rischiare di uccidere quelle
persone, anche quando a scagliare "i nostri sassolini" - come ebbe a dire
ineffabile una angelicata fanciulla intervistata qualche anno fa in
televisione - sono i ragazzi del movimento che afferma che "un altro mondo
e' possibile" (e lugubre viene un dubbio su quale sia l'"altro mondo" di cui
si parla).
*
Vi e' in questi giorni una discussione che personalmente trovo per certi
versi banale e per altri peggio che ipocrita, sulla contiguita' tra aree
estremiste del "movimento dei movimenti" e persone legate a quella pratica
estrema della violenza che e' il terrorismo.
Che le contiguita' (ideologiche e di prossimita' personale) vi siano e' un
fatto dimostrato, sul quale solo degli ingenui irresponsabili o dei furbi
mascalzoni possono cercare di cavillare.
E che sia necessario ed urgente che il movimento che si vuole impegnare per
la pace e la giustizia faccia la scelta della nonviolenza, e quindi si
opponga esplicitamente e nitidamente all'uso della violenza come strumento
di lotta politica, e' cosa che chiunque non abbia perduto il lume della
ragione dovrebbe aver capito da un pezzo; e per quanto personalmente mi
riguarda e' la premessa muovendo dalla quale ho piu' volte trovato
spregevoli - chiedo venia per il termine, ma e' proprio cosi' che sento -
certe dichiarazioni e certi atteggiamenti ambigui di persone anche egregie
che fanno da complici agli stolti e ai mascalzoni che la violenza predicano
e praticano senza rendersi conto che i mezzi pregiudicano i fini, e che la
vita umana e' cosi' fragile e cosi' preziosa.
*
Trovo scandaloso ad esempio che molti illustri amici pacifisti che pure
amano dirsi amici della nonviolenza continuino ad essere subalterni, a far
da spalla e fin a reggere il sacco a personaggi ignobili, autentici
irresponsabili provocatori, come taluni militaristici leader di gruppuscoli
non solo irrazionalisti ed estremisti ma piu' volte esibitisi in grottesche
parate paramilitari e in effettuali aggressioni squadriste, personaggi che
gia' hanno provocato catastrofi inenarrabili col loro dire e col loro agire,
personaggi di pressoche' nulla rappresentativi se non della tracotanza e
della barbarie, ma naturalmente molto visibili perche' i mass-media
dominanti della societa' dello spettacolo proprio costoro cercano per farne
degli aberranti eroi e dei grotteschi facitori d'opinione alla stregua di
calciapalloni, spogliarellisti e manutengoli d'ogni sorta.
Trovo scandaloso che tante persone del movimento per la pace letteralmente
pendano dalle labbra e reggano la coda a siffatti individui, invece di
prendere nettamente le distanze dalle loro proclamazioni, dai loro
atteggiamenti, dalle loro intraprese. Una volta di piu' voglio scriverlo
chiaro: non sono nostri compagni di lotta, sono nostri avversari, e col loro
agire sono i complici piu' utili del regime della corruzione, dell'ideologia
della guerra, della prassi del dominio.
Sono parole gravi, ma occorre dirle, ed occorre dirle oggi prima che sia
troppo tardi.
*
In questa discussione le biografie contano: personalmente sono trent'anni
che dedico la mia vita alla lotta contro lo sfruttamento, l'ingiustizia, la
violenza; sono stato un militante (e un dirigente, ed un funzionario e
segretario di federazione di partito) della nuova sinistra negli anni '70, e
le cose che penso e dico e faccio oggi sono - forse con maggior chiarezza e
precisione anche linguistica, e liberate di tante scorie e fantasmi - le
stesse essenziali di allora (chi cerca di far credere che allora a sinistra
si fosse tutti degli imbecilli e degli assassini o e' uno sciocco o e' un
malandrino; la grandissima parte di noi eravamo ben altro); non ho fatto
carriere, per le scelte di verita' e giustizia compiute ho pagato, come
molti, prezzi che per tanti pontificatori odierni sarebbero inimmaginabili.
Mi era chiaro gia' allora che quando si fanno pessime chiacchiere sulla
"violenza giusta" poi c'e' sempre quello piu' rozzo degli altri che passa
dalle parole ai fatti: ogni Ivan Karamazov trova prima o poi il suo
Smerdjakov.
E mi e' chiaro ancora oggi.
Ed e' per questo che credo necessario ed urgente che quelli che se non altro
per ragioni anagrafiche non hanno dimenticato cosa accadde trenta,
venticinque anni fa, si impegnino nel promuovere maggior consapevolezza e
maggior rigore nel movimento per la pace e contro le ingiustizie globali; si
impegnino a promuovere la scelta della nonviolenza come passaggio teorico e
pratico semplicemente indispensabile.
Si sono gia' dette da parte di troppi fin troppe idiozie, si e' gia' stati
da parte di troppi fin troppo corrivi a posizioni e atteggiamenti che
sappiamo gia' dove portano: sono inferni che abbiamo gia' conosciuto e
quindi sappiamo riconoscere anche i piani inclinati che ad essi precipitano.
*
Gli amici che in relativa buona fede si sbracciano a negare l'esistenza di
zone d'ombra nei movimenti contro la guerra e lo sfruttamento, farebbero
meglio ad essere meno ingenui o meno ipocriti, e ad impegnarsi di piu'
affinche' quei movimenti maturassero la scelta - che, lo ripeto ancora una
volta, a me sembra indispensabile per uscire dall'ambiguita' e dalla
subalternita' - della nonviolenza.
Finche' continueranno a chiudere un occhio, o tutti e due, non rendono un
buon servizio alla lotta dell'umanita' per uscire da questa tregenda di
guerre e torture ed infamie.
E fa parte di questo dovere di rigore intellettuale e morale che chiamiamo
nonviolenza anche, ad esempio, l'impegno ad opporsi all'antisemitismo che
cerca di infiltrarsi nell'impegno doveroso e necessario di solidarieta' con
il popolo palestinese, solidarieta' che per essere autentica e concreta ed
efficace deve essere anche solidarieta' con il popolo di Israele, ed
opposizione a tutti i terrorismi.
Fa parte di questo dovere di rigore intellettuale e morale che chiamiamo
nonviolenza anche, ad esempio, l'impegno ad opporsi al maschilismo
autoritario e militarista che ancora e' egemone nelle ideologie e negli
atteggiamenti delle autoproclamate e non di rado ipocrite e irresponsabili
leadership dei movimenti che in Europa affermano si battersi contro le
ingiustizie globali.
Fa parte di questo dovere di rigore intellettuale e morale che chiamiamo
nonviolenza anche, ad esempio, l'impegno ad opporsi al totalitarismo e
all'integralismo che ancora sono presenti, e virulenti, nelle scelte
ideologiche e pratiche di tanti settori del movimento per la pace e la
giustizia.
Fa parte di questo dovere di rigore intellettuale e morale che chiamiamo
nonviolenza anche, ad esempio, l'impegno ad opporsi alla menzogna e
all'omerta' che ancora sono atteggiamenti condivisi da tanti, da troppi di
quelli che dicono di impegnarsi per la giustizia e per la liberta'.
*
Non riusciremo ad aiutare gli oppressi del sud del mondo se la nostra
condotta di pace, di solidarieta' e di condivisione non diventera' limpida e
rigorosa.
Non riusciremo a sconfiggere guerre e terrorismi se la nostra condotta non
sara' pienamente costruttrice di pace.
Non riusciremo a fronteggiare e sconfiggere i poteri violenti che dominano
sul mondo se non faremo la scelta della nonviolenza, che e' la lotta la piu'
nitida e la piu' intransigente per affermare integralmente la dignita' umana
di tutti gli esseri umani.
Non riusciremo a costruire una societa' socialista e libertaria, di persone
libere ed eguali, fraterne e sororali, diverse e solidali, se non faremo qui
e adesso la scelta della nonviolenza.

4. INCONTRI. VENERDI' 7 E SABATO 8 NOVEMBRE A VITERBO
A Viterbo, il 7-8 novembre l'associazione "Viterbo con amore", in
collaborazione con l'associazione "Comunita' papa Giovanni XXIII", promuove
la serie di iniziative "La pace e il dialogo non sono un'utopia".
Partecipano figure autorevolissime dell'impegno di pace e nonviolenza: mons.
Lorenzo Chiarinelli, don Alberto Canuzzi, Miguel Alvarez, don Maurizio Boa,
padre Alex Zanotelli, rappresentanti di Christian Peacemaker Teams, don Lush
Gjergji, Alberto Capannini, mons. Giorgio Biguzzi, mons. Samuel Ruiz Garcia,
don Oreste Benzi, don Albino Bizzotto, Ettore Masina, Daniele Aronne.
Per informazioni e contatti: segreteria organizzativa presso l'associazione
"Viterbo con amore", via Cavour 97, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761220168,
cell. 349.4419638, e-mail: viterboconamore at libero.it

5. INCONTRI. SABATO 8 NOVEMBRE A VERONA. CON LIDIA MENAPACE
Sabato 8 novembre a Verona, su invito di autorevoli personalita' come Lidia
Menapace, Mao Valpiana e Giovanni Benzoni, si svolgera' un incontro aperto a
tutte le persone amiche della nonviolenza sulla proposta promossa da Lidia
Menapace e dalla Convenzione permanente di donne contro le guerre "per
un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e
nonviolenta", per tradurla in un appello e in una campagna pubblica.
Il luogo dell'incontro e' la Casa per la nonviolenza, in via Spagna 8
(vicino alla Basilica di San Zeno); l'orario e' dalle ore 11 alle ore 16.
Lidia Menapace sara' li' fin dalle ore 10, per poterci parlare insieme anche
di altro.
Per arrivare alla Casa per la nonviolenza: dalla stazione ferroviaria
prendere l'autobus n. 61, direzione centro, scendere alla fermata di via Da
Vico, subito dopo il Ponte Risorgimento; chi arriva in macchina deve uscire
al casello di Verona Sud, seguire la direzione centro fino a Porta Nuova,
poi a sinistra lungo la circonvallazione interna fino a Porta San Zeno.
Per ulteriori informazioni e contatti: tel. 0458009803, fax: 0458009212,
e-mail: azionenonviolenta at sis.it

6. MEMORIA E PROPOSTA. GIOVANNI SCOTTO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"
PERCHE'...
["Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento
fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per
tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via
Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org; l'abbonamento annuo e'
di 25 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite
bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso
BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB
11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona,
specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta".
Avvicinandosi la fine dell'anno, abbiamo chiesto ad alcuni autorevoli amici
della nonviolenza di motivare l'invito - che ci permettiamo di rivolgere a
tutti i lettori del nostro notiziario - a  rinnovare (o sottoscrivere per la
prima volta) l'abbonamento ad "Azione nonviolenta". Oggi risponde Giovanni
Scotto (per contatti: gscotto at zedat.fu-berlin.de). Giovanni Scotto e' uno
dei piu' importanti studiosi italiani nell'ambito della peace research,
studioso e amico della nonviolenza; ricercatore presso il "Berghof Research
Center for Constructive Conflict Management" di Berlino; collabora con
l'"Institute for Peace Work and Nonviolent Settlement of Conflicts" di
Wahlenau ed e' presifdente del "Centro studi difesa civile" di Roma. Tra le
opere di Giovanni Scotto: con Emanuele Arielli, I conflitti, Bruno
Mondadori, Milano 1998 (seconda edizione notevolmente ampliata: Conflitti e
mediazione, Bruno Mondadori, Milano 2003); sempre con Emanuele Arielli, La
guerra del Kosovo, Editori Riuniti, Roma 1999]

Mi abbono ad "Azione nonviolenta", e vi collaboro con una rubrica fissa,
perche' molto spesso non sono soddisfatto.
Non parlo solo della guerra globale permanente, dell'ingiustizia planetaria
e della crisi ecologica: non sono soddisfatto di noi.
Credo che gli amici della nonviolenza possano elaborare riflessioni piu'
approfondite, fare analisi migliori dei problemi odierni, elaborare proposte
piu' convincenti. Credo che "Azione nonviolenta" sia un buon giornale, ma
che senz'altro potrebbe essere migliore.
Non sono soddisfatto quando sento persone lamentarsi perche' lo stato, la
societa', il pubblico ecc. non hanno finalmente scoperto la nonviolenza e
dato il dovuto riconoscimento a chi da tanto lavora a questa proposta.
Non da ultimo non sono soddisfatto di me, credo che potrei fare meglio, dare
di piu', mi aspetto di crescere come persona.
Se non veniamo ascoltati; se rimaniamo prigionieri dei nostri conflitti
piccini; se non riusciamo a incidere nei processi politici, nel clima
intellettuale, nella sensibilita' popolare; forse dobbiamo crescere ancora,
lavorare meglio, parlare in maniera piu' comprensibile. Costruire strutture
maieutiche ogni volta che ci poniamo in interazione con gli altri. Cercare
sempre per noi e per tutti, inclusi anzitutto i nostri avversari, momenti di
crescita, di maturazione, di superamento delle divisioni e reale
trasformazione in positivo dei conflitti. La nonviolenza e' una qualita'
delle interazioni. La nonviolenza e' - puo' essere - ovunque.
Per contribuire anch'io a questo, mi abbono ad "Azione nonviolenta", e vi
collaboro con una rubrica fissa.
Quando invio al benemerito Mao Valpiana l'articolo mensile, mi chiedo
sinceramente se le quattromilacinquecento battute dicano davvero qualcosa
che vale la pena leggere. Scrivendo, mi sforzo di dare indicazioni
propositive ("concreto" e' forse la parola che mi sembra di scrivere piu'
spesso), di riportare sempre l'attenzione sui fenomeni molteplici del mondo,
sui problemi da affrontare e le possibilita' di una loro soluzione, cercando
di evitare quanto piu' e' possibile formule trite o parole d'ordine
astratte.
Spero di star facendo al meglio quanto mi e' possibile. Altri hanno saputo e
sanno fare meglio. E certo l'enormita' dei problemi che abbiamo di fronte
richiederebbe tanto di piu'. Per ora, provo a fare questo passo: abbonarmi
ad "Azione nonviolenta", e collaborarvi con una rubrica.

7. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: MUTILAZIONI SESSUALI, VIOLENZA MASCHILE
SULLE DONNE E CRISI IDENTITARIA
[Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo
intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia'
insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori
romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima
scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per
"L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno
politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie
redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento
Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo
Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain"
di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus
Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle"
insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha
collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da
padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla
rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne".
Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte
ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente
politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in
Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa,
scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani,
Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani,
Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella
cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un
libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha
redatto il progetto e  curato la supervisione delle operatrici: titolo: "...
ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente
ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il
silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del
Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione
psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni
d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con
alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione,
insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir".
Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno
scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia
Menapace e Rossana Rossanda]

Il battesimo e' un rito e, per la Chiesa, anche un sacramento, il primo.
Mediante il battesimo l'essere umano subisce una trasformazione da semplice
vivente in super-vivente in quanto diviene cristiano a tutti gli effetti,
cioe' anche membro della comunita' dei credenti, del "popolo di Dio".
Ora mi appare strano che l'infibulazione delle femmine venga definita un
battesimo. Ma e' questo che i giornali hanno scritto a proposito del fatto
che due bambine di genitori ivoriani rischiano l'infibulazione. Come si sa
tale pratica, insieme ad altre, e' una vera mutilazione degli organi
genitali, la cui origine e' preislamica, ma attualmente prevalentemente
praticata negli stati a cultura musulmana.
La vicenda si sta svolgendo nella provincia di Bergamo, dove le due bambine
avrebbero raccontato che il padre le ha costrette a vedere filmini che
mostravano ragazze alle quali "veniva tagliata la farfallina", cosa che
sarebbe toccata presto anche a loro come battesimo vero e proprio.
Pare, inoltre, che la sorella maggiore sia gia' stata sottoposta alla
pratica dell'infibulazione. Dove, quando? C'e' gia' la possibilita' di
praticarla anche in Italia? Clandestinamente? E ancora: ce ne dobbiamo
occupare come pare stiano facendo a Bergamo, oppure dobbiamo "tollerare"
passandoci sopra perche' cosi' avviene una "giusta integrazione"?
Passare sopra al mal di pancia e al vomito quotidiano che pare abbia preso
le due bambine portandole dal medico che ha, appunto, verificato la
"somatizzazione" e verificato le loro paure?
Non sarebbe male che si cominciasse a dibattere anche di questi problemi di
violenza quotidiana e privata, che sempre di piu' accadranno sul bel suolo
patrio. I ginecologi  degli ospedali raccontano che si scoprano
infibulazioni delle donne immigrate sempre di piu', e si sentono
letteralmente impotenti a leggere il fenomeno e a arginarlo. Insomma, si
sentono soli.
Intanto cerchiamo di capire alcuni aspetti.
E, per cominciare, mi chiedo perche' il padre delle bambine, madre
consenziente, chiama, appunto, "battesimo" tale mutilazione. Piu'
propriamente si dovrebbe definire un rito di passaggio, in quanto segnala
l'assunzione dell'essere una donna a tutti gli effetti . Si sa che le
mutilazioni genitali sono gravide di conseguenze, a partire da quella
d'inibire il piacere erotico, e per il significato di controllo sulle donne
che i mariti, gli uomini tutti, sentono cosi' di avere.
Tento un'ipotesi. E' probabile che si chiami battesimo soltanto nei paesi
dove e' avvenuta l'emigrazione, perche' assume la valenza di un rito di
iniziazione all'appartenenza alla comunita' etnica. Le ragazze infibulate
testimoniano in modo inequivocabile nella loro carne di "appartenere" a una
certa identita' collettiva, facendo cosi' "appartenere" tutti. E' un compito
di testimonianza forte, e di memoria e di legame, che alle donne, come
sempre e' accaduto, viene affidato.
Il controllo degli uomini sulle donne, il piacere e la capacita'
riproduttiva, permette di mantenere coese le reti parentali e rituali; in
definitiva l'identita' etnica.
E' molto probabile che, come sempre anche per altri aspetti di vita, le
difficolta' incontrate nel processo d'integrazione, spingano a mantenere
inalterati alcuni rituali.
E questo ci dovrebbe interrogare.

8. INCONTRI. ELISABETTA CARAVATI: STORIE D'ACQUA NARRATE A VARESE
[Dal sito di Peacelink (www.peacelink.it) riprendiamo questo scritto di
Elisabetta Caravati. Elisabetta Caravati (per contatti:
elisabettacaravati at libero.it) e' impegnata nell'esperienza delle Donne in
nero a Varese (sito: www.donneinnerovarese.org) ed e' autrice di acuti
interventi sui temi della pace, della solidarieta', dei diritti]

Il 2003 e' stato dichiarato l'anno mondiale dell'acqua.
A Johannesburg, nell'ultimo vertice sulla Terra, ci si e' soffermati sul
problema dell'approvvigionamento idrico, partendo dalla necessita' di
riaffermare diritti che sembrano dimenticati.
A Varese, inserito in un'iniziativa dal titolo: "Un posto nel mondo", la
sera del 4 novembre sono state raccontate, attraverso documentari e parole,
storie d'acqua...
*
"L'acqua che non c'e'" un documentario di Alessandra Speciale che narra
della mancanza d'acqua in Burkina Faso. L'acqua non c'e': ci sono fontane
pubbliche dove l'acqua viene venduta; ci sono donne, bambini e ragazzi che
poi rivenderanno l'acqua ad un prezzo piu' caro a chi vive nei quartieri
dove non vi e' nemmeno la fontana pubblica; ci sono code di donne e bambini
e ragazzi con secchi e recipienti appoggiati a terra, con spintoni e liti.
Per chi ha piu' soldi, c'e' la possibilita' di allacciarsi all'acquedotto:
ma poi l'acqua il piu' delle volte arriva solo la notte e l'aria che esce
dal rubinetto ogni volta che si prova ad aprirlo fa ugualmente girare il
contatore.
Per chi ha meno soldi (o meglio, soldi non ne ha affatto) c'e' soltanto
l'acqua del pozzo: ma il pozzo non e' coperto e l'acqua si trasforma in una
fonte di diffusione di malattie.
La situazione tragica di per se', peggiora di giorno in giorno a causa della
privatizzazione dell'acqua in corso ormai gia' dal 1991. Quando la gestione
dell'acqua sara' completamente messa nelle mani delle multinazionali
francesi e internazionali, l'acqua diventera' per tutta la popolazione del
Burkina Faso inaccessibile. A tutti gli abitanti di quel piccolo paese
africano restera' soltanto l'acqua del pozzo; e cosi' l'acqua sinonimo di
vita diverra', per loro, sinonimo di morte.
*
"Niger: aspettando la pioggia" un documentario di Marco De Poli e Giovanna
Cossia. Colori suoni e volti di uomini e donne che scavano trincee nel
terreno, che consentiranno poi di mantenere piu' a lungo l'umidita', per
poter coltivare una terra arida e ancora di piu' per portare avanti quella
lotta infinita contro il deserto che avanza.
La vita, in uno dei paesi piu' poveri del mondo, e' scandita dalla
quotidianita' spicciola di un popolo che cerca di sopravvivere, di donne che
cucinano e bambini che giocano, aspettando la pioggia.
*
Assenti i registi, contrariamente a quanto scritto sul programma, ma
presente Mohamed Ba, un mediatore culturale senegalese che si e' presentato
come "un ponte". Un ponte fra due mondi, due culture, due paesi; due paesi
fatti di persone che hanno voglia di comunicare fra loro. Mohamed ci ha
raccontato la sua vita, i suoi sogni e ci ha narrato com'era l'Africa, o
meglio come fu l'Africa, prima della colonizzazione europea, quando l'acqua,
ad esempio, non si pagava.
Ormai tutti sappiamo che la privatizzazione dell'acqua altro non e' che una
nuova colonizzazione, per questo dobbiamo fermarla.

9. LIBRI. ENRICO PEYRETTI: UN LIBRO DA LEGGERE
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscali.it) per questa
segnalazione. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo
foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace
e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; e' disponibile nella rete telematica la
sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia
storica delle lotte nonarmate e nonviolente, di cui abbiamo pubblicato il
piu' recente aggiornamento nei numeri 714-715 di questo foglio, ricerca una
cui edizione a stampa - ma il lavoro e' stato appunto successivamente
aggiornato - e' in Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Annuario
della pace. Italia / maggio 2000 - giugno 2001, Asterios, Trieste 2001. Una
piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n.
477 del 15 gennaio 2003 di questo notiziario]

Segnalo l'uscita del libro di Giordano Remondi (a cura di), Apocalissi: non
distruzioni ma rivelazioni?, atti del primo Colloquio promosso dal gruppo
"Oggi la Parola", svoltosi nel monastero di Camaldoli (Arezzo), dal 31
ottobre al 3 novembre 2002, Edizioni Camaldoli, 2003 (tel. 0575556012;
e-mail: ed.camaldoli at lina.it; sito: www.camaldoli.it), pp. 127, euro 10.
Deciso all'indomani dell'11 settembre 2001 dal gruppo "Oggi la Parola"
composto da amici e discepoli di padre Benedetto Calati, il convegno ha
assunto il termine, tanto usato nell'occasione, di "apocalissi" nel suo
doppio significato, quello corrente di distruzione e quello originario di
rivelazione.
Il libro contiene interventi e scritti di Giordano Remondi, Luigi Bettazzi,
Piero Stefani, Maria Cristina Bartolomei, Angelo Bertani, Maria Teresa
Sarpi, Guido Innocenzo Gargano, Massimo Toschi, Maria Lucia Nunzella, Enrico
Peyretti, Giovanni Benzoni, Paolo Flores d'Arcais, Carlo Molari, Riccardo
Grifoni, Valentino Salvoldi, e una nota di Giordano Remondi sul libro di
Raniero La Valle, Prima che l'amore finisca (edizioni Ponte alle Grazie),
che vale come contributo dello stesso La Valle al colloquio cui ha
partecipato intensamente.

10. MAESTRI. ROSSANA ROSSANDA RICORDA FRANCO FORTINI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 novembre 2003. Una nota redazionale
cosi' presenta questi stralci di un piu' ampio scritto: "Anticipiamo la
parte iniziale e quella finale del ritratto di Franco Fortini, che introduce
il Meridiano a lui dedicato dalla Mondadori. Il volume, in questi giorni in
libreria, contiene saggi, epigrammi e scritti scelti dal '38 al '94 curati
da Luca Lenzini, cui si deve anche la cronologia, mentre le notizie sui
testi e la bibliografia sono a cura di Elisabetta Nencini. Tutta la parte
centrale del saggio di Rossana Rossanda, che qui non compare, ripercorre la
lunga parabola che va dalla adesione del giovane Fortini al socialismo,
all'incontro con gli intellettuali francesi, ai primi amori letterari; dalla
indignazione, lui ebreo, per il destino dei palestinesi, a tutte le
verifiche dei poteri , dal '68 al '94, anno della morte".
Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio
Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per
aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in
rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del
"Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata
da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu'
drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti.
Opere di Rossana Rossanda: Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio
inutile, o della politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano
1981; Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli,
Milano 1987; con Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo,
Manifestolibri, Roma 1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte,
resurrezione, immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati
Boringhieri, Torino 1996. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale,
della testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta
culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli,
saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste.
Poeta e saggista tra i maggiori del Novecento, Franco Lattes (Fortini e' il
cognome della madre) e' nato a Firenze nel 1917, antifascista, partecipa
all'esperienza della repubblica partigiana in Val d'Ossola. Nel dopoguerra
e' redattore del "Politecnico" di Vittorini; in seguito ha collaborato a
varie riviste, da "Comunita'" a "Ragionamenti", da "Officina" ai "Quaderni
rossi" ed ai "Quaderni piacentini", ad altre ancora. Ha lavorato
nell'industria, nell'editoria, come traduttore e come insegnante. E' stato
una delle persone piu' limpide e piu' lucide (e per questo piu' isolate)
della sinistra italiana, un uomo di un rigore morale ed intellettuale
pressoche' leggendario. E' scomparso nel 1994. Opere di Franco Fortini: per
l'opera in versi sono fondamentali almeno le raccolte complessive Poesie
scelte (1938-1973), Mondadori; Una volta per sempre. Poesie 1938-1973,
Einaudi; Versi scelti. 1939-1989, Einaudi; cui si aggiungano l'ultima
raccoltina Composita solvantur, Einaudi, e postuma la serie di Poesie
inedite, sempre presso Einaudi. Testi narrativi sono Agonia di Natale (poi
riedito col titolo Giovanni e le mani), Einaudi; e Sere in Valdossola,
Mondadori, poi Marsilio. Tra i volumi di saggi, fondamentali sono: Asia
Maggiore, Einaudi; Dieci inverni, Feltrinelli, poi De Donato; Tre testi per
film, Edizioni Avanti!; Verifica dei poteri, Il Saggiatore, poi Garzanti,
poi Einaudi; L'ospite ingrato, De Donato, poi una nuova edizione assai
ampliata col titolo L'ospite ingrato. Primo e secondo, presso Marietti; I
cani del Sinai, Einaudi; Ventiquattro voci per un dizionario di lettere, Il
Saggiatore; Questioni di frontiera, Einaudi; I poeti del Novecento, Laterza;
Insistenze, Garzanti; Saggi italiani. Nuovi saggi italiani, Garzanti (che
riprende nel primo volume i Saggi italiani apparsi precedentemente presso De
Donato); Extrema ratio, Garzanti; Attraverso Pasolini, Einaudi. Si veda
anche l'antologia fortiniana curata da Paolo Jachia, Non solo oggi, Editori
Riuniti; e la recente bella raccolta di interviste, Un dialogo ininterrotto,
Bollati Boringhieri. Opere su Franco Fortini: in volume cfr. AA. VV., Uomini
usciti di pianto in ragione, Manifestolibri, Roma 1996; Alfonso
Berardinelli, Fortini, La Nuova Italia, Firenze 1974; Romano Luperini, La
lotta mentale, Editori Riuniti, Roma 1986; Remo Pagnanelli, Fortini,
Transeuropa, Jesi 1988. Su Fortini hanno scritto molti protagonisti della
cultura e dell'impegno civile; fondamentali sono i saggi fortiniani di Pier
Vincenzo Mengaldo]

Un bel volto caparbio, occhi chiari e indagatori, sobrie le movenze,
cappotto blu e taccuino di appunti sotto mano - questa e' l'immagine di
Franco Fortini che resta nella mente. Siamo prima di tutto il nostro corpo,
ed egli si teneva riservato, in guardia, nella sua bella persona, senza
concedersi alcuna eccentricita'. Non si finse metalmeccanico nei cortei
operai ne' ragazzino fra gli studenti in corsa ne' un quidam de populo se lo
fermava la polizia. Mai si lascio' catturare da un establishment e mai si
travesti' da emarginato. Era stato povero, aveva tirato la vita e accumulato
saperi con tenacia e diletto, sapeva di essere quel che era. Non si lasciava
andare, le sue famose collere erano meditate, gli interventi brevi e mirati;
non espose mai tormenti che non fossero della ragione. Salvo forse la pena
dell'invecchiare: "dimmi, tu conoscevi, e' vero, quanto sia indegna / questa
vergogna di vecchiezza?". Ma si stenta a credere che il male che lo afferro'
nel 1993 ne abbia incrinato la disciplina. Aveva gia' letto per se'
l'epigrafe sulla tomba di Francis Bacon al Trinity College, e titolato con
il verso che la chiude l'ultima raccolta di poesie - Composita solvantur -
si scomponga tutto cio' che e' composto. Aveva preso la parola sempre, per
se' e per gli altri, ma si apparto' per morire, evento da affrontare in
solitudine - "transi hospes", "nunc dimittis" - spegnendosi sotto lo sguardo
amoroso di Ruth Leiser, che per tanti anni s'era chinato accanto al suo
sulla lirica tedesca.
Nel declinare del secolo e dell'esistenza gli era caduta addosso una
stanchezza. Non smise di scontrarsi - era un cavallo da combattimento,
sapeva di essere considerato intrattabile e con quell'ironia che si permette
soltanto a se stessi s'era dipinto criniera al vento e narici frementi come
i cavalli di legno delle giostre. E non c'era osso che non gli dolesse al
dubitare degli esiti, non della verita', del suo pugnare - il vero, la
verita', la mia verita', le nostre, ricorrono nei suoi scritti in
opposizione al nulla, il niente cui gli appariva trascinato il mondo.
Sentiva la rovina, provava fastidio per la sordita' altrui, gli pesava
l'isolamento - tutti abbiamo bisogno di consenso - ma non era disposto a
transigere: la verita' non e' agevole, passa attraverso dure verifiche.
All'indirizzo dei molti che gli parvero sottrarsene scoccava crudeli
epigrammi: eccovi la' tranquilli e onorati, amici miei cari, potrei essere
come voi, ma non lo sono perche' sapevo la verita'. Poi si pentiva
dell'arroganza, e tornava su quel che aveva scritto, nulla ritirando ma
riordinando e ripubblicando nel contesto della storia - non la sua, quella
dei destini generali.
Una volta per sempre, mai piu'. Rompeva sperati dialoghi e imprese comuni -
imprese di ricerca, dunque politiche, dunque di ordine morale, dunque non
negoziabili. Che politica ed etica non si potessero separare era un comando
della sapienza ebraica e di quella cristiana, le assumeva tutte e due. Non
c'e' operare lecito se non mira a un piu' di umanita', a che l'uomo, come
scriveva ai posteri il suo amato Brecht, sia finalmente amico dell'uomo. Che
la politica si riducesse alla lubrificazione del sistema del mercato non gli
parve fatale, gli parve una gaglioffata. Cosi' restava perlopiu' in una
solitudine orgogliosa e indolenzita. Dalla quale gettava sul mondo quel suo
sguardo esigente, intollerante di mediazioni, per cui passava sempre da
felici incontri a sanguinose rotture. Tutti avrebbero voluto Fortini ma
nessuno alle sue condizioni.
Neppure in morte e' stato consegnato con pieta' alla storia. Gli onori non
sono mancati ma la scena, tutte le generazioni incluse, sembra sollevata dal
non sentirsene continuamente sfidata e giudicata senza amenita'. Fortini
giace insepolto fuori delle mura. E si spiega: ha voluto essere una voce
poetica di quella parte del secolo che aveva tentato l'assalto al cielo d'un
cambiamento del mondo, ha perduto ed e' ricaduta fra le maledizioni del
Novecento e l'inizio d'un millennio che non ne sopporta il ricordo.
*
La necessita' d'una palingenesi non l'aveva ereditata da casa ne' dalla
sonnolenta Firenze dell'adolescenza. Le letture del padre, un avvocato ebreo
poco praticante come i piu' che il Risorgimento aveva cessato di
discriminare, oscillavano fra progressismo, spiritualismo e perfino
esoterismo - molti nostri padri frequentarono Michelet e Anatole France e i
dintorni di Annie Besant o Rudolf Steiner. La madre, cattolica, leggeva i
romanzi per signore che la chiesa metteva all'indice, Luciano Zuccoli e
Lucio d'Ambra. Il ragazzo Franco si formo' da solo, come i piu', attraverso
incontri fulminanti - Jack London, Dostoevskij, Pirandello, Otto Weininger,
poco a che vedere uno con l'altro ma controcanto alla romanita' spalmata dal
regime. E poi i modernissimi, Joyce e Doeblin e Malraux. Montale e la
Firenze letteraria, l'ermetismo e le riviste come "Solaria" ebbero presto la
meglio sugli studi di giurisprudenza cui lo avevano votato i suoi, e
colorarono i primi tentativi diversi. Ne discuteva con i coetanei, una
squadra che avrebbe lasciato il segno sulle patrie lettere, guardando gli
illustri entrare ed uscire dalle Giubbe Rosse - e nei Littoriali che il
fascismo offriva agli studenti irrequieti. Quando le leggi razziali gli
tolsero la tessera del Guf e gli vietarono quell'agone, Fortini si ribello',
cerco' inutilmente di essere riammesso, si senti' escluso e in cerca d'una
appartenenza si precipito', rompendo con le tiepide fedi paterna e materna,
verso un cristianesimo eroico, facendosi battezzare presso la chiesa
valdese. Aveva ventidue anni.
L'anno dopo fu l'arresto del padre e la guerra, nel 1941 la chiamata alle
armi e l'alternanza dell'universita' (ancora incerto fra letteratura e
storia dell'arte) con il servizio militare. Fino all'8 settembre, quando
assieme ad altri dispersi avrebbe raggiunto la Svizzera. La quale accoglieva
tutti ma in poco meno che campi di concentramento, proibendo questo e
quello. Ma qui avrebbe incontrato il Partito socialista, che parlo'
all'animo suo piu' degli amici comunisti e azionisti di Firenze. Di qui
tento' un'incursione nella resistenza della repubblica dell'Ossola - gia' in
fase di ripiegamento - fra audacie e timori, ritiri e ritorni. Qui, a
Zurigo, incontrava Ruth Leiser.
*
Il 1945 avrebbe chiuso questo apprendistato. Non diverso da quello di molti
della generazione nata attorno al 1920, poco prima o poco dopo. Stesse
letture, stessi interrogativi, stesse frequentazione, stesso fastidio del
fascismo, stesse incertezze a impegnarsi fino all'occupazione tedesca. Ma
l'essere stato mezzo ebreo, mezzo protestante, mezzo antifascista, mezzo
resistente dovette arrovellarlo ed e' probabilmente all'origine della
intolleranza che avrebbe maturato, verso se stesso e gli altri, per ogni
scelta non fatta o rimandata. Dell'ebraismo e dal protestantesimo gli rimase
una idea severa e non conversevole di Dio, assieme a una percezione
giansenista della colpa e del tragico, che raramente mise in parole: come le
oscure rose del suo poema, custodi' un non detto delle cose ultime, non
partecipabile col primo che passa.
*
(...) A stagione delle milizie conclusa si infittisce il lavoro sulla
critica letteraria, accanto a una presenza sui giornali - la scrittura e' il
suo mestiere e la usa con astuzia da colomba in modo diverso a seconda degli
interlocutori - e all'insegnamento all'Universita' di Siena. La riflessione
sulla letteratura, come il far versi, non l'aveva mai interrotta. Ma se la
pratica politica gli ha dato la certezza del legame fra l'io e i destini
generali, e assieme della non riducibilita' dell'uno agli altri, la pratica
critica e il fare poesia lo hanno messo di fronte a un piu' problematico
scarto fra incompiutezza del vissuto e compiutezza dell'opera. Perche'
questa, se e', e' armonia. E' fruizione finalmente pacificata. E'
risoluzione del conflitto, un'icona della sua fine. E' quello che sarebbe il
comunismo. O no?
E' il tema sul quale piu' scava negli anni Ottanta. Recupera materiali
passati, mettendoli in risonanza uno con l'altro, ne aggiunge di nuovi. Che
cosa e' la letteratura, si chiede nel 1978, quando sono cadute tutte le
definizioni che la modernita' le aveva dato, e qualsiasi mandato demiurgico
e' venuto a cessare? Perche' bisogna pur dirlo che sull'andamento del mondo
la poesia non ha mai contato nulla - perche' se c'e' un intellettuale
prepotente che pero' nulla concede a un ruolo eccellente dell'intellettuale,
questo e' Fortini. Nessuno, o ben pochi, ha rifiutato come lui di stare ai
dettami d'una proprieta' o d'un partito o d'una moda, ha fin sospettato gli
altri di troppo concedervi (sei un malfidato, protestava Pasolini) e nessuno
come lui ha definito il fare letteratura in se' come opus servile in senso
ultimo.
E tuttavia lo rode quella che un tempo era definita l'autonomia del giudizio
estetico, perche' certo l'opera poetica, se e', e' conclusa. Questo, che e'
il terreno per dir cosi' di sua competenza professionale, e' vangato e
rivangato. Lui poeta, lui professore, lui militante, lui Franco Lattes
Fortini sono una sola persona. E non si concede di dividersi. Bisognerebbe
leggere assieme gli interventi politici, i saggi critici e i versi ("non
sono un prosatore"). Ma l'essere uno non significa essere scevro di scarti.
Il solo peccato mortale e' soddisfarsi della propria duplicita': quel che
piu' ha rimproverato a Pasolini non e' l'atteggiarsi a sovversivo mentre
svolge quel ruolo conservatore che lo rende accetto alla borghesia e al
Partito comunista ma il riposarsi sulla propria ambiguita', metterla in
forma, compiacersi della devastazione, adularsi nell'immaturita'. E farne
poesia.
Perche' e' un grande poeta, il Pasolini che gli strappa l'esclamazione piu'
calorosa. Del fare poetico Fortini conosce i meccanismi, sa che cosa ne sono
le strutture, ne conosce gli stilemi, si diletta a sperimentarli. Ma
soltanto per breve tempo ha creduto di poter acquietarsi nel formalismo -
Jakobson e poi, letto in ritardo, Bachtin. Se ne e' presto ritratto: se
l'opera e' totale nelle sue relazioni interne, non e' leggibile soltanto in
esse. Una poesia non e' solo quel che dice e come lo dice, la sua musica o
le sue dissonanze, che peraltro hanno a loro volta una storia. L'opera in
parole e' luogo di proiezioni individuali e collettive. E' fruizione,
piacere, ma anche reperto sociologico, riflesso di funzioni sociali piu' o
meno consapevoli. Pasolini e' tutti e due, oltranzista nel suo doppio volto
e Fortini non se ne rassegna.
*
Non sembra esserci nei suoi scritti un approdo teorico definitivo, anche se
non mancano le asseverazioni. Il fascino di Fortini critico, e non solo
quello dei saggi italiani, ma anche dei suoi silenzi e delle sue
idiosincrasie - argomentate come il fastidio per Gadda, e non argomentate
come quello per Kafka - sta nel passare ininterrotto fra un piano e l'altro.
Non nasconde affatto che l'amore per il Tasso si accompagna al disamore per
l'Ariosto, perche' nel primo c'e' la sofferenza della persona e del tempo e
nel secondo un elegantissimo divagare rispetto a tutti e due, critica
contenutistica se ce n'e' una. Piu' complicato e' il fascino che esercita su
di lui Manzoni, inseguito con diletto nelle strutture formali nello stesso
tempo in cui vi scorge un ritrarsi dalle precedenti scelte civili. Nella
analisi d'una poesia poco frequentata di Leopardi lega invece quella che
giudica una incompiutezza alla debolezza del pensato, che e' poi la
riflessione sulla fragilita' della vita che in Aspasia raggiunge una
perfezione che sembra il frutto di una piu' profonda implicazione del
pensiero e dell'emozione. E cosi' nell'elogio all'ultima Morante, quella di
Aracoeli, Fortini ne collega la forza alla fine della bianca beatitudine
della Storia. Mentre si dice persuaso della grandezza di Montale quando i
versi ne rivelano la verita' "di piccolo borghese che si crede grande".
E tuttavia e' impossibile ridurre Fortini a contenutista, epigono raffinato
del realismo. La messa in forma e il pensato lo fanno egualmente e
contraddittoriamente soffrire e gioire. Come e' possibile? Come e'
sopportabile? Questo e' quel che non perdona a Pasolini. Aveva avuto a che
fare con maestri come Noventa, e con fratelli come Zanzotto e Sereni con i
quali il rapporto era univoco. Anche le distanze erano facili da segnare
quando univoche - stima ma affinita' zero con Calvino, che senz'altro
annovera fra gli scaltri, per l'ammirevole fuga nell'irrealta'. Pasolini
invece gli getta davanti fin troppa realta', materica, lacerata, e sfugge
alla domanda: ma questa e' la realta' sovversiva che pretendi? Non lo e'.
Fortini scrive lunghissime lettere (e ottiene magrissime risposte: non sono
un epistolografo, perche' insisti, perche' pretendi, che cosa vuoi, sei
insopportabile) per spiegargli che altra cosa e' il povero e altra il
proletario, altra il sottoproletariato e altra il proletariato. E Pasolini a
ribattergli che lui almeno frequenta i sottoproletari, dei quali e' piena
l'Italia da Roma in giu', mentre Fortini vagheggia un proletariato libresco
standosene a casa. Sarebbe una lite banale se Fortini non fosse affascinato
da poesie come Il pianto della scavatrice, colpito nel profondo. E' facile
demolire Pasolini, pensa e scrive con furore, quando fa i film - dei quali
riconosce soltanto Accattone mentre imperversa contro Il Vangelo secondo
Matteo e Medea, ennesima fuga nella contemplazione dell'arcaico. E poi i
film rivelano una partecipazione alla perfida industria culturale. Ma i
versi? Pasolini e' poeta malgrado quel che mette in versi? Sfavillante ma
innocuo, sontuoso ma come una rovina. I conti non tornano, perche' e'
innocuo ma sfavillante, una rovina ma sontuosa. Non torneranno mai.
Attraverso Pasolini e' il suo ultimo libro, meticoloso come una requisitoria
o un'arringa della difesa.
*
Non si puo' dire di Fortini che visse con distrazione, come Brecht scrisse
di se'. Per questo e' inattuale. Chi vuole esporsi? Meglio non esporsi. Al
non cercare un senso, egli non si rassegno' mai. Ne' lo perdono' neanche a
se stesso. Chi gli ha dato del narcisista, al di la' di quella custodia di
se' senza la quale non si vive, gli ha attribuito a torto una soddisfazione
di se', mentre era permanente il bisogno di verifica, di capire e capirsi,
senza indulgenze e masochismi, per nulla incline alle belle sofferenze, alle
crudelta' squisite, all'incanto dei propri abissi. E' stato uno in cerca di
giustizia, e non sub specie aeternitatis, ma nel concreto e presente, dove
si tratta di muoversi quando ancora hai un dubbio. Aggressivo e bisognoso,
sbagliando e pagandone il prezzo, e lasciando sempre un aculeo.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 724 del 6 novembre 2003