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La nonviolenza e' in cammino. 723
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 723
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 4 Nov 2003 23:54:42 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 723 del 5 novembre 2003 Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: un attentato 2. Con Lidia Menapace a Verona l'8 novembre per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smlitarizzata, solidale e nonviolenta 3. Luciano Capitini: mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 4. Elettra Deiana, Silvana Pisa: un'interpellanza parlamentare sulle armi di sterminio di massa 5. Adriana Bottini: quattro novembre 6. Francesco Comina: quattro novembre 7. Commissione diocesana "Giustizia e pace" di Alba: quattro novembre 8. Alessandro Marescotti: quattro novembre 9. Enrico Peyretti: quattro novembre 10. Da Viterbo un quattro novembre per la pace e la nonviolenza 11. Solidarieta' con gli obiettori di coscienza israeliani 12. Lidia Menapace: Dopo Ofena, in dialogo 13. Vittorio Rapetti: Dopo Ofena, in dialogo 14. Federica Tourn: dopo Ofena, in dialogo 15. Letture: Marianella Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili 16. La "Carta" del Movimento Nonviolento 17. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: UN ATTENTATO Appena poche righe, che scriviamo poco prima di chiudere questo numero del nostro giornale. E' gia' notte quando mi giunge la notizia di un pacco bomba arrivato alla questura di Viterbo e fortunatamente disinnescato prima che potesse far male a qualcuno. Apprendo dai mezzi d'informazione radiotelevisivi che un altro pacco bomba ha invece ferito un appartenente alle forze dell'ordine a Roma. Prima di ogni altra cosa voglio esprimere la solidarieta' mia e di questo foglio alle vittime di questi attentati; ed in particolare agli amici molto cari che lavorano presso la questura di Viterbo vorrei dichiarare la vicinanza mia e nostra in questo momento che immagino possa essere di sbigot timento, di tensione e paura. Nel notiziario di domani aggiungeremo qualche riflessione. 2. INCONTRI. CON LIDIA MENAPACE A VERONA L'8 NOVEMBRE PER UN'EUROPA NEUTRALE E ATTIVA, DISARMATA E SMILITARIZZATA, SOLIDALE E NONVIOLENTA Si avvicina l'8 novembre, il giorno in cui a Verona, su invito di autorevoli personalita' come Lidia Menapace, Mao Valpiana e Giovanni Benzoni, si svolgera' un incontro aperto a tutte le persone amiche della nonviolenza sulla proposta promossa da Lidia Menapace e dalla Convenzione permanente di donne contro le guerre "per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta", per tradurla in un appello e un'iniziativa, la cui necessita' e urgenza e' a tutti evidente. Il luogo dell'incontro dell'8 novembre a Verona e' Casa per la nonviolenza, in via Spagna 8 (vicino alla Basilica di San Zeno); l'orario dell'incontro e' dalle ore 11 alle ore 16. Lidia Menapace sara' li' fin dalle ore 10, per poterci parlare insieme anche di altro. Per arrivare alla Casa per la nonviolenza: dalla stazione ferroviaria prendere l'autobus n. 61, direzione centro, scendere alla fermata di via Da Vico, subito dopo il Ponte Risorgimento; chi arriva in macchina deve uscire al casello di Verona Sud, seguire la direzione centro fino a Porta Nuova, poi a sinistra lungo la circonvallazione interna fino a Porta San Zeno. Per ulteriori informazioni e contatti: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it 3. MEMORIA E PROPOSTA. LUCIANO CAPITINI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... ["Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org; l'abbonamento annuo e' di 25 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite bonifico bancario sul conto corrente n. 9490570 presso la Banca Unicredito, agenzia di Borgo Trento, Verona, abi 2008, cab 11718, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 3712 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta". Avvicinandosi la fine dell'anno, abbiamo chiesto ad alcuni autorevoli amici della nonviolenza di motivare l'invito - che ci permettiamo di rivolgere a tutti i lettori del nostro notiziario - a rinnovare (o sottoscrivere per la prima volta) l'abbonamento ad "Azione nonviolenta". Oggi risponde Luciano Capitini (per contatti: capitps at libero.it). Luciano Capitini e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nella Rete di Lilliput e in numerose altre esperienze e iniziative nonviolente; persona di straordinaria mitezza e disponibilita' all'ascolto e all'aiuto, ha condotto a Pesaro una esperienza di mediazione sociale nonviolenta; e' tra i coordinatori della campagna "Scelgo la nonviolenza"] Voglio dire due parole che riescano, se possibile, a convincere qualcuno ad abbonarsi alla rivista fondata da Aldo Capitini. Il primo motivo che sottolineo sta esattamente in questo: e' stata fondata nel 1964 e da allora e' uscita regolarmente, senza perdere un numero. Nel panorama delle pubblicazioni specialistiche italiane credo si tratti di un primato: dovuto alla passione di tanti, dovuto certamente anche alla corretta impostazione, dovuto certamente alla sua costante attualita'. L'attualita' di "Azione nonviolenta" e' l'attualita' del pensiero di Aldo: chi legge i suoi libri, ancora oggi (e certamente anche domani) resta stupito da quanto questo nostro pensatore fosse in avanti rispetto ai suoi tempi; lo e' ancora. Nella difficolta' che tutti viviamo nel procurarci i testi di Aldo, resta ancor piu' preziosa l'esistenza della sua rivista, ispirata al suo pensiero, e, per quanto possibile ed accettabile, mezzo di diffusione e di cultura. Cosi' reputo necessario che questa rivista continui a vivere - in effetti non corre al momento alcun pericolo - e chiedo a tutti di sostenerla. Il primo passo, possibile per ognuno, e' quello di abbonarsi, ma poi esiste la possibilita' di collaborare, ad esempio inviando degli articoli; ma poi e' aperta la porta a chi volesse avvicinarsi ulteriormente ed entrare nel comitato redazionale. Cio' di cui abbiamo bisogno, oggi, e' fondamentalmente questo: nuove forze, nuovi amici della nonviolenza che ci sostengano, ognuno con il suo piccolo o grande contributo. Abbiamo bisogno di poter contare su una lunga prospettiva di vita per "Azione nonviolenta"; chiunque legga queste righe si senta interpellato: possiamo fare tante nuove e buone cose insieme. 4. CRIMINI. ELETTRA DEIANA, SILVANA PISA: UN'INTERPELLANZA PARLAMENTARE SULLE ARMI DI STERMINIO DI MASSA [Dal Forum delle donne (per contatti: forumdonne.prc at rifondazione.it) riceviamo e diffondiamo questa interpellanza presentata da Elettra Deiana e Slvana Pisa il primo agosto 2003 che sara' discussa nell'aula parlamentare della Camera dei Deputati il 6 novembre. Sia Elettra Deiana (per contatti: deiana_e at camera.it) che Silvana Pisa (per contatti: pisa_s at camera.it) sono parlamentari, impegnata per la pace e i diritti] Interpellanza 2-00874 presentata da Elettra Deiana e Silvana Pisa il primo agosto 2003 nella seduta n. 351. Le sottoscritte chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere: * premesso che: - nel supplemento ordinario 119 della Gazzetta Ufficiale n. 171 del 25 luglio concernente il nuovo elenco dei materiali d'armamento aggiornati alle intese internazionali intercorse in merito alla legge 185 del 9 luglio 1990, di cui saranno dotate le forze armate e le forze dell'ordine, sono compresi, tra gli altri, materiali, sostanze e apparecchiature la cui natura non sembra corrisponde alla natura che il nostro ordinamento costituzionale attribuisce all'esercito della Repubblica italiana; - tra questi materiali ed armamenti sono inclusi, infatti, agenti biologici e sostanze radioattive adatte per essere utilizzati in scenari di guerra e comunque per produrre danni alle popolazioni, agli animali, per degradare ambiente e colture e dunque sostanze e agenti funzionali ad uno scenario di guerra chimica piuttosto che alla evenienza della difesa del territorio o di missioni umanitarie; - tra questi nuovi materiali di armamento sono presenti, tra gli altri, il Sarin - il terribile gas nervino utilizzato nel noto attentato alla metropolitana di Tokyo a opera della setta Aum Shinrikyo nel 1995 -, una delle sostanze piu' velenose e letali prodotte in laboratorio e capace di uccidere al solo contatto con la pelle, considerata tra le armi segrete di Al Qaeda, come aveva denunciato sul "Corriere della Sera" del 20 novembre 2001, in un suo reportage, la giornalista Maria Grazia Cutuli; e altre sostanze come il Soman, il Tabun, il VX, anch'esse appartenenti agli aggressivi chimici ad altissimo livello di tossicita' che su uno dei principali siti Internet per l'informazione sanitario-farmaceutica - Giofil Banca Dati Sanitaria Farmaceutica -, vengono considerati relativamente facili da sintetizzare e per questo ritenuti particolarmente "interessanti" per attivita' terroristiche; e anche l'Agent Orange, il famigerato erbicida noto per l'uso intensivo con cui gli Stati Uniti combatterono la resistenza delle popolazioni del Vietnam, e che inquino' il paese negli anni Sessanta con oltre 200 kg di diossina le cui conseguenze sull'ambiente e sulle popolazioni, oltre che sui militari americani che ne fecero uso, continuano a provocare tumori, malformazioni e morti, e' fra le sostanze inserite in questo nuovo elenco; - oltre a questi e altri aggressivi chimici e sostanze tossiche, come gas lacrimogeni antisommossa e gas urticanti di ultima generazione, e' prevista l'acquisizione di apparecchiature e tecnologie progettate o modificate per la disseminazione e la produzione di agenti tossici: * - quali siano le finalita' di utilizzazione di tali materiali e in quali siti siano destinati; - se non ritenga estremamente nocivo e rischioso per la sicurezza della popolazione e dell'ambiente la permanenza, lo stoccaggio e l'utilizzazione di siffatte sostanze e materiali sul territorio nazionale; - se non ritenga che, nell'acquisizione, nel possesso e nella disponibilita' di tali sostanze e materiali, non esistano elementi di evidenti e gravi contraddizioni in ordine ai profili costituzionali della funzione di difesa delle Forze armate e in ordine agli impegni internazionali dell'Italia a promuovere in tutte le sedi il disimpegno per quanto riguarda le armi di distruzione di massa. 5. RIFLESSIONE. ADRIANA BOTTINI: QUATTRO NOVEMBRE [Ringraziamo Adriana Bottini (per contatti: adrialis at iol.it) per questa limpida, tenera, luminosa testimonianza. Adriana Bottini e' impegnata nel "Comitato Valdimagra per la pace contro la guerra" ed in numerose iniziative di pace, di solidarieta', per i diritti] Anche quest'anno noi del Comitato Valdimagra per la pace contro la guerra, ridotto purtroppo a poche testarde irriducibili, abbiamo testimoniato il nostro lutto, dopo la manifestazione ufficiale al monumento dei caduti. Abbiamo steso davanti ai gradini del monumento una lunga striscia di cartone con scritta una frase tolta dal comunicato del Mir e del Movimento Nonviolento di Torino: "Rende vero onore alle vittime soltanto chi lavora tenacemente per rendere illegittima ogni guerra". Si leggeva bene da tutta la piazza del municipio, che a Sarzana e' un luogo molto, come dire, amichevole e vissuto. Accanto abbiamo fissato un'asta con la bandiera della pace. Questo a mezzogiorno. Dopo meno di due ore, tutto era scomparso, senza segni di distruzione, semplicemente scomparso, bandiera compresa. Qualcuno dei bighelloni che stazionano al bar ha detto di avere visto "tre tizi" che toglievano il tutto. Noi abbiamo rifatto tutto daccapo e adesso, a sera, la scritta e' ancora li'. Anche l'anno scorso la nostra bandiera della pace era stata rimossa, dai vigili che ispezionavano il posto prima della cerimonia, mentre il drappo bianco con i versi della Bachmann era appeso troppo in alto perche' lo potessero rimuovere. Pero' allora la bandiera era stata semplicemente deposta dietro il monumento, dove non si vedesse. In quel caso ci aveva disturbato la meccanicita' del gesto di rimozione, fatto per dovere burocratico, senza passione. Nel caso di quest'anno invece ci sembra sinistra l'anonimita'. Cosi' adesso siamo un po' mogie. Con affetto, Adriana Bottini 6. RIFLESSIONE. FRANCESCO COMINA: QUATTRO NOVEMBRE [Questo editoriale di Francesco Comina e' apparso su "L'Adige" del 4 novembre 2003. Francesco Comina (per contatti: f.comina at tiscali.it), giornalista e saggista, pacifista nonviolento, e' impegnato nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel 1967, laureatosi con una tesi su Raimon (Raimundo) Panikkar, collabora a varie riviste. Opere di Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2000; ha contribuito al libro di AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona; e a AA. VV., Giubileo purificato, Emi, Bologna] Nemmeno lo squillo di una tromba dovrebbe risuonare oggi, 4 novembre, giorno del ricordo di tutte le vittime della grande guerra. Solo un pensiero silenzioso puo' rendere onore ai giovani che furono costretti a morire per l'ordine disumano di uccidere ed essere uccisi. Questa e' la vittoria che glorifica la guerra, l'"estasi laica per il massacro", un'estasi che oggi ci viene propugnata come un evento festoso da ricordare con il presentat'arm. Festeggiare la vittoria significa onorare la guerra, perche' la vittoria non e' la fine della battaglia, ma l'epilogo che ritorna nel suo inizio furioso e conflittuale. La vittoria non conduce mai alla pace perche' gia' nelle sue premesse simboliche essa ci riporta alla visione macabra della sconfitta dell'altro, del suo annientamento, della carneficina. E quindi e' ancora un momento terribile della guerra, e' il disvelamento agghiacciante dei cadaveri che sono rimasti a terra su entrambi i fronti, uomini con i loro sogni, giovani con i fiori per le loro fidanzate lontane, ragazzi poco piu' che adolescenti mandati al macello per difendere una patria tanto estranea alla loro vita. Oggi a torto li chiamano martiri. Ma in loro non c'era alcuna vocazione al martirio, c'era solo un atto di obbedienza dovuto al volere del capo. Il martirio e' un'altra cosa: e' la scelta sofferta, meditata, forte e coraggiosa di difendere la vita degli altri dall'usurpazione del potere ingiusto, cattivo, spietato, contrario ai valori della fede e della coscienza. * Ho avuto il grande privilegio di avere un nonno che ha combattuto per l'esercito austro-ungarico sul fronte russo durante tutta la prima guerra mondiale. E' ritornato a casa ferito, ma vivo. Quando ricordava gli anni della sua terribile esperienza, rivelava il volto assurdo della guerra, il volto bifronte di una istituzione stupida e insensata. "Quando i nostri ufficiali si allontanavano per un momento - mi raccontava con la cartina dell'Europa orientale davanti agli occhiali - da entrambi i fronti si alzavano fazzoletti bianchi in segno di cessazione delle ostilita'. E subito uscivamo dalle nostre trincee per scambiarci tabacco, cioccolata, the o caffe'. Eravamo giovani della stessa eta', impauriti e infreddoliti. I nostri superiori ci dicevano che eravamo nemici e insistevano con l'inculcarci la cultura dell'odio. Ma i nostri nemici erano come noi, figli di una assurda guerra". Oggi mi pento mille volte di non avere raccolto e archiviato le storie del nonno, che aveva l'indice storto per via di una pallottola che gli aveva attraversato la mano, ed aveva vissuto gli anni della sua giovinezza nelle terre minate della Russia e che da quella esperienza era uscito con un senso di rigetto totale della guerra rifiutando in seguito di aderire al fascismo, "un'ideologia - diceva spesso quando si parlava del duce- infarcita di violenza e di prepotenza". * Ricordare quell'inutile strage che fu la vittoria della prima guerra mondiale ha senso solo nella dimensione del silenzio per cui e' importante uscire dalla subalternita' alle cerimonie solenni delle forze armate attraverso piccole cerimonie nonviolente che tornino a rileggere le memorie dei condannati a morte, degli obiettori di coscienza, dei deportati, dei resistenti, dei costruttori di pace. Per dire oggi che la guerra non puo' piu' appartenere alle modalita' della politica, alle regole della vita civile, che non puo' piu' essere un modo legittimo per risolvere le controversie fra i popoli. Perche' ogni vittoria e' una sconfitta e ogni guerra e' uno sterminio. * Ce ne accorgiamo in questi giorni in cui la vittoria americana su Saddam Hussein sta rivelandosi per quello che e': un fallimento politico e strategico, un incubo militare, che rischia di impantanare gli eserciti in un nuovo Vietnam, in una palude infinita e permanente. Senza vittoria e senza grandi onori. 7. RIFLESSIONE. COMMISSIONE DIOCESANA "GIUSTIZIA E PACE" DI ALBA: QUATTRO NOVEMBRE [Dai carissimi amici Maria Chiara e Alvise Alba (per contatti: a.alba at areacom.it) riceviamo e diffondiamo questo intervento della commissione diocesana "Giustizia e pace" di Alba apparsa nella "Gazzetta d'Alba" del 4 novembre 2003 (intervento che valorizza anche alcuni passi di un documento del Movimnto Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento che abbiamo presentato alcuni giorni fa)] La Commissione diocesana "Giustizia e pace" esprime preoccupazione per la rinnovata enfasi con la quale si celebra la "festa della vittoria", non solo nelle cerimonie nazionali diffuse dalle reti televisive, ma anche ad Alba e nei paesi della diocesi. Occorre che almeno qualche voce si levi a ricordare ai giovani e ai meno giovani che non di una vittoria si tratto', ma di una "inutile strage", come gia' allora ebbe a dire il papa Benedetto XV. Inutile perche' le terre di popolazione italiana si sarebbero potute ottenere per via diplomatica, come voleva Giolitti. Fu una guerra decisa in segreto (Patto di Londra), contro la volonta' del Parlamento (450 su 508 deputati erano contrari), per conquistare all'Italia non solo "Trento e Trieste", ma anche terre con popolazione di lingua tedesca, come il Sudtirol. Strage perche' i suoi costi umani furono altissimi: l'Italia ebbe 680.000 morti e 1.050.000 feriti di cui 675.000 mutilati; l'Austria-Ungheria 1.200.000 morti e 3.620.000 feriti. I morti di tutti i paesi furono quasi 10 milioni. La "Grande Guerra" 1914-1918 creo' condizioni di instabilita' politica ed economica che ebbero tra le conseguenze per l'Italia venti anni di fascismo e per la Germania il regime nazista, cioe' le premesse per una ulteriore e peggiore guerra. Nelle cerimonie del 4 novembre le autorita' civili ripetono di voler rendere onore ai caduti. Ma bisognerebbe avere il coraggio di dire che quei poveretti sono stati ammazzati da chi ha voluto la guerra; sono vittime dei loro governi; sono stati ingannati, traditi, costretti ad uccidere altri poveretti come loro e a morire per le pretese di chi li dominava. Questo e' avvenuto allora e si ripete nelle guerre d'oggi, come il copione di una tragedia, con l'unica differenza che aumentano sempre piu', in proporzione, le vittime civili. Mentre ricordiamo con rispetto e con pena profonda i morti di tutte le guerre, affermiamo con forza che non si rende vero onore alle vittime se si continuano a preparare guerre o a giustificarle. Il ricordo delle tragedie passate deve invece essere una spinta a lavorare tenacemente per rendere illegittima ogni guerra ed escluderla dai mezzi della politica, per sciogliere tutti gli eserciti e istituire i corpi civili di pace per interventi di mediazione civile e nonviolenta nei conflitti, per riformare e democratizzare l'Onu e dotarla dei mezzi necessari per dirimere le controversie internazionali e difendere i diritti dei popoli, sottraendoli alla propaganda menzognera di chi li trascina nelle guerre. La Commissione diocesana "Giustizia e pace" intende infine ricordare il carattere civile e non religioso della ricorrenza del 4 novembre, onde pare chiaro che le liturgie domenicali non dovrebbero essere trasformate o snaturate per dare ingresso, a fini celebrativi, alla "festa della vittoria". Il riferimento alla ricorrenza civile potrebbe semmai essere l'occasione per ribadire i contenuti del messaggio evangelico e del significativo magistero della Chiesa sul tema della guerra, della soluzione dei conflitti, della cooperazione tra i popoli, per un presente ed un futuro di pace. 8. RIFLESSIONE. ALESSANDRO MARESCOTTI: QUATTRO NOVEMBRE [Dal sito di Peacelink (www.peacelink.it) riprendiamo questo intervento di Alessandro Marescotti (per contatti: a.marescotti at peacelink.it). Alessandro Marescotti, insegnante, amico della nonviolenza, e' presidente di Peacelink, ed autore di varie pubblicazioni] Ci dissociamo dalle celebrazioni ufficiali del 4 novembre. Ci dissociamo in nome della pace e della Costituzione. Ci dissociamo in nome di tutti quegli italiani pacifici che furono condotti a combattere e a morire perche' costretti. Ci dissociamo in nome di tutti i disertori che non vollero partecipare a quella che il papa defini' "un'inutile strage". Ci dissociamo da ogni retorica celebrazione di eroismo. Ci dissociamo da ogni ipocrisia. Vogliamo ricordare che chi non combatteva veniva fucilato... Il sentimento di pace degli italiani venne violentato da un militarismo che avrebbe poi portato l'Italia al fascismo. Occorre ricordare che la prima guerra mondiale fu uno spaventoso massacro. Occorre trasformare il 4 novembre in una giornata di studio e di memoria, in una giornata di ripudio della guerra. Si leggano le strazianti poesie di Giuseppe Ungaretti scritte in trincea. Si legga il Giornale di guerra e di prigionia di Carlo Emilio Gadda in cui emerge l'ottusita' di ufficiali arroganti e l'insipienza criminale degli alti comandi. Si legga Addio alle armi di Ernest Hemingway e Un anno sull'altopiano di Emilio Lussu, grandi testimonianze del fanatismo di quella guerra. Si diffondano le lettere dei soldati che mandavano al diavolo la guerra e il re. Furono censurate. Perche' censurarle oggi nelle cerimonie ufficiali e non farne mai la minima menzione? Per questo PeaceLink sta facendo un volantinaggio telematico in tutt'Italia dal sito www.peacelink.it Stiamo diffondendo la voce di chi ha maladetto la guerra perche' voleva la pace. Oramai in tutte le scuole i libri di storia hanno rivisto il tradizionale giudizio positivo sulla prima guerra mondiale e oggi prevale una netta disapprovazione di una guerra che - come sostenne Giolitti - poteva essere evitata portando all'Italia Trento e Trieste mediante una neutralita' concordata con l'Austria. Non comprendiamo come mai oggi venga celebrata in piazza nella sua "giornata vittoriosa" una guerra che a scuola i libri disapprovano. Ci chiediamo per quale oscura ragione il livello di consapevolezza raggiunto dalla cultura venga demolito dalla retorica. Ecco perche' ci dissociamo dalle cerimonie ufficiali: quella guerra fu terrorismo e non va celebrata. Il popolo della pace in nome della nonviolenza dice ancora una volta no alla guerra. 9. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: QUATTRO NOVEMBRE [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscali.it) per questo intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, di cui abbiamo pubblicato il piu' recente aggiornamento nei numeri 714-715 di questo foglio, ricerca una cui edizione a stampa - ma il lavoro e' stato appunto successivamente aggiornato - e' in Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Annuario della pace. Italia / maggio 2000 - giugno 2001, Asterios, Trieste 2001. Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 477 del 15 gennaio 2003 di questo notiziario] Ancora una volta, persino in tempo di "guerra infinita", l'ufficialita' del sistema politico festeggia senza vergogna ne' pentimento una vittoria militare, l'unica propria della storia dell'esercito italiano, piu' sanguinosa e storicamente disastrosa di tutte le sconfitte. "Verra' il giorno che gli uomini si vergogneranno di avere fabbricato le armi", profetizzava Ernesto Balducci, eco di Isaia 2,4: "Muteranno le loro spade in zappe e le loro lance in falci". Per questo i nonviolenti organizzati portano come distintivo un fucile spezzato. Questa e' la passione inestinguibile, che spinge i cercatori di pace a costruire rapporti, anche nei conflitti, liberi dal crimine comandato del dare la morte. Questo per la ritrovata dignita' di tutti, anche dei militari di oggi. Cio' che oggi alcuni festeggiano - le armi, gli eserciti, le vittorie mortifere - sono vergogne dell'umanita', creazione di dolori infiniti. Noi ci dissociamo dalla festa macabra e incosciente, serenamente malediciamo le armi, e prepariamo i tempi e le generazioni che le cacceranno nella memoria triste dei delitti e delle vergogne oggi onorate, da cui saranno liberi. Verra' un tempo che giudichera' questo tempo e le sue criminali cecita'. Noi gettiamo il cuore, la volonta', l'azione costruttiva e attivamente nonviolenta, in quel tempo che vogliamo anticipare. 10. INCONTRI. DA VITERBO UN QUATTRO NOVEMBRE PER LA PACE E LA NONVIOLENZA Come gia' lo scorso anno, il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo la mattina del 4 novembre alle ore 8 (in orario distinto e distante dalle chiassose esibizioni di chi in questo giorno oscenamente festeggia gli apparati assassini della guerra, nuovamente offendendo fin la memoria delle persone dalla guerra uccise) ha realizzato una essenziale, austera, silenziosa cerimonia che ha recato un omaggio floreale ai monumenti che ricordano le vittime di guerra in piazza del Sacrario a Viterbo. Con tale iniziativa si e' realizzato un momento di memoria e pieta' verso le vittime di tutte le guerre e di affermazione del dovere di opporsi a tutte le uccisioni e alle guerre tutte, nell'inveramento di quanto sancito dalla Costituzione della Repubblica Italiana all'art. 11, laddove si afferma nitidamente che "L'Italia ripudia la guerra". * Dopo la conclusione della cerimonia il responsabile del Centro ha dichiarato: "Abbiamo voluto ancora una volta ricordare questa decisiva verita': che 'ogni vittima ha il volto di Abele' (Heinrich Boell), e che un sentimento di solidarieta' unisce tra loro tutti gli esseri umani poiche' tutti fanno parte di una medesima famiglia, condividono una medesima storia, sperimentano una medesima vicenda, e sono tutti ugualmente preziosi. Abbiamo voluto ancora una volta ricordare questa decisiva verita': che tutte le grandi tradizioni di pensiero, come il piu' intimo sentire di ciascuna persona, affermano che ogni essere umano ha diritto di vivere, che nessuno deve essere ucciso. Ricordare e onorare degnamente le persone uccise dalle guerre esige ed afferma l'impegno ad opporsi a nuove guerre, a salvare altre possibili vittime. Tutti siamo chiamati a impegnarci a costruire la pace, condizione necessaria per la civile convivenza, per il riconoscimento della dignita' umana di tutti gli esseri umani. La guerra e' nemica dell'umanita', e dopo Auschwitz ed Hiroshima tutti sappiamo che qualunque guerra puo' provocare la distruzione della civilta' umana. E quindi tutti siamo chiamati ad opporci ad ogni omicidio, e a quel cumulo di omicidi di cui la guerra consiste, e agli strumenti di morte e agli apparati assasssini ad essa ordinati. Mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' eserciti, mai piu' armi: ogni vittima ha il volto di Abele". 11. APPELLI. SOLIDARIETA' CON GLI OBIETTORI DI COSCIENZA ISRAELIANI [Dal sito di Peacelink (www.peacelink.it) riprendiamo il seguente appello] In Italia avrebbero semplicemente compilato un modulo per svolgere un servizio civile sostitutivo, ma in Israele li attende il tribunale militare. E' questo il destino dei "refusenik" Haggai Matar, Matan Kaminer, Noam Bahat, Shimri Tsameret e Adam Maor, cinque studenti delle superiori processati per aver rifiutato di prendere servizio nell'esercito israeliano (in sigla Idf: Israeli Defense Force). I cinque ragazzi, tutti allievi della scuola superiore, proseguono l'attivita' degli "Shministim", un nome che in ebraico indica la scuola superiore ma anche un movimento nato nel 2001 da un gruppo di 62 studenti di Tel Aviv, che hanno inviato una lettera al primo ministro Sharon dichiarando di dover "obbedire alla propria coscienza rifiutando di prendere parte all'attacco contro la popolazione palestinese". La vicenda legale che coinvolge i cinque obiettori, iniziata nel marzo scorso, proseguira' il prossimo 4 novembre con le testimonianze dell'accusa. Il 30 novembre, invece, si attende una sentenza definitiva per Yoni Ben Artzi, un altro studente israeliano accusato di aver compiuto una "obiezione politica", e non una vera e propria obiezione di coscienza, dal momento che Artzi ha dichiarato di rifiutare il servizio nell'esercito come forma di protesta contro l'occupazione dei territori palestinesi, descritta come "un brutale atto militare". Poiche' il tribunale puo' solo emanare delle raccomandazioni non vincolanti, anche nell'eventualita' di un'assoluzione da parte della corte marziale, sara' di fatto l'esercito israeliano a decidere se rimettere in liberta' o meno i sei giovani, che rimarranno in ogni caso a disposizione delle autorita' militari. In caso di condanna, invece, la pena prevista puo' arrivare fino a tre anni di reclusione. In Israele la collocazione nelle carceri avviene in base alla lunghezza della pena, e pertanto i sei "refusenik" dovranno scontare la loro eventuale carcerazione accanto a persone condannate per violenza e traffico di droga. Il 19 ottobre, durante l'interrogatorio di tre degli imputati, 150 pacifisti israeliani si sono presentati davanti alla sede del Ministero della Difesa a Tel Aviv per richiedere il rilascio immediato dei "refusenik". Dopo le conclusioni dell'accusa, che verranno presentate martedi', il processo proseguira' l'11 novembre con l'udienza dell'avvocato della difesa Dov Khanin. Reuven Kaminer, il nonno di uno dei ragazzi sotto processo, ha dichiarato che "sei giovani uomini sono sotto processo perche' stanno tentando di scongiurare il completo tracollo morale del loro paese. L'occupazione li ha messi sotto processo, ma davanti a tutto il mondo e' l'occupazione ad essere processata". In Italia l'associazione Pax Christi, la comunita' Papa Giovanni XXIII e l'associazione PeaceLink, che da tempo sono impegnate nel sostegno ai refusenik israeliani, invitano la societa' civile ad esprimere la propria solidarieta' con gli obiettori di coscienza israeliani e la loro lotta nonviolenta. I messaggi possono essere inviati via posta elettronica all'indirizzo: eilatmaoz at hotmail.com Due "caschi bianchi" dell'associazione "Papa Giovanni XXIII", obiettori di coscienza in servizio in Israele e nei Territori occupati, seguiranno di persona gli sviluppi del processo. Per informazioni: - sito ufficiale degli "shministim": www.shministim.org - Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII: www.apg23.org - Pax Christi: www.paxchristi.it - Associazione PeaceLink: www.peacelink.it 12. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: DOPO OFENA, IN DIALOGO [Dal quotidiano "Liberazione" del 30 ottobre 2003. Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001] Molti mi sembrano i segni inquietanti di un progressivo scivolamento fuori dalla legalita' costituzionale democratica. Cito alla rinfusa: la consuetudine - vere prove generali di presidenzialismo - da parte di Berlusconi di interloquire direttamente e senza possibilita' di contraddittorio, dagli schermi televisivi, in questioni ancora da decidere: con cio' si cancella il parlamento, le varie giurisdizioni dei poteri e la formazione dell'opinione pubblica, alla faccia dello sbandierato principio di sussidiarieta' e l'importanza dei corpi intermedi, non parliamo poi di federalismo. Ancora a caso: la assoluta mancanza di proporzioni tra le notizie. Dieci milioni di lavoratori e lavoratrici che scioperano sono subito cancellati e nessuno li intervista o rappresenta, perche' scoppia la questione del crocefisso e del resto anche la puntualissima inchiesta sulle nuove Br (a una appassionata lettrice di gialli - come sono - le coincidenze sono sempre un po' sospette). Infine il voto di fiducia posto su una questione cruciale come la finanziaria, che strangola il dibattito parlamentare, alla faccia del proclamato "liberalismo" del presidente. Per capire la faccenda del crocefisso bisogna tenere conto di un processo che vuole e per il quale e' necessario suscitare ondate di nazionalismo, di fondamentalismo religioso e di emozioni inconsulte allo scopo di favorire sia leggi restrittive sia un diffuso malessere e sentimento di insicurezza, cancellare le facce dei veri crocefissi contemporanei: uomini, donne, bambine bambini immigrati: insomma intorbidire le acque. Se Bush chiedera' armi e soldi e uomini per la sua illegale guerra e occupazione dell'Iraq l'opinione teledipendente gia' allenata ai condoni fiscali ed edilizi sarebbe forse abbastanza incline a dire di si' al condono bellico. Si tratta peraltro di uno scontro di "incivilta'": la prova pericolosamente evidente e' l'appoggio che il "fronte cattolico libanese" da' alla crociata a favore del crocefisso. Come e' noto i falangisti cattolici libanesi sono violenti terroristi e fondamentalisti. Averne la solidarieta' e' pura vergogna. * Cio' detto veniamo ai fatti: su richiesta di un signore musulmano noto per essere un vero provocatore e assai poco rappresentativo degli islamici che vivono nel nostro paese, ma molto intervistato nelle tv, il magistrato ordina che sia rimosso il crocefisso in un'aula di scuola elementare di un piccolo centro abruzzese, aula frequentata dal figlio del citato signore. Non invidio il bambino, costretto a sopportare le bizze del padre e probabilmente oggetto di curiosita' indiscrete e pesanti: il primo dovere delle autorita' scolastiche e amministrative e' di garantire il massimo di serenita' ai bambini, il che si fa, tra l'altro, non sbandierando per giorni a ogni telegiornale meriti e virtu' dei crocefissi. Tuttavia la vicenda illustra bene la "cultura" del nostro paese. L'ultima scoperta non e' che bisogna ristabilire un clima di convivenza e amicizia nelle scuole, ma che forse il crocefisso e' di proprieta' del Vaticano e quindi non si potrebbe rimuoverlo senza il benestare del confinante stato confessionale. Ma come mai le leggi di uno stato confessionale hanno vigore e applicazione in uno stato laico? Resta vera la rabbiosa definizione dell'Italia che dava un noto laico d'altri tempi: "Questa repubblica monarchica di preti". Trovo di esemplare equilibrio la parola di Scialoja che rappresenta molti musulmani del nostro paese quando dichiara che non avrebbe sollevato la questione, ma adesso una risposta gli e' dovuta. Le risposte sono arrivate, ma non capisco perche' tutti quelli e quelle che sono a favore della laicita' dello stato italiano e vorrebbero cogliere l'occasione per levare i crocefissi dalle aule delle scuole pubbliche magari su richiesta, gradualmente, con discussione e non d'imperio, arrivino tutte e solo a me, anche quelle che portano in cima la dizione "comunicato stampa", tanto da intasarmi la e-mail e nessuna, nemmeno mezza, arrivi ai Tg. Mah! sembrerebbe una censura, o no? E dire che i piu' indignati sono credenti, associazioni cattoliche, gruppi di insegnanti cristiani della scuola repubblicana, cattolici singoli, giuristi, teologi, personaggi di fede, mentre persone sulla cui conformita' alle norme piu' note ed elementari della morale cattolica si puo' dubitare perche' le loro posizioni sono note, si stracciano le vesti e piangono calde lacrime di coccodrillo a tutela dell'esposizione dei crocefissi. * Da un po' di tempo l'ostentazione di croci d'oro e diamanti (o similoro e cristalli) sul petto di signore dedite all'intrattenimento mi dava un po' fastidio, meno le croci e crocette appese a un orecchio a mo' di ornamento, magari insieme a mezzalune o a simboli magici, da una cultura giovanile che esprime simbolicamente indifferenza o curiosita' generica per il fenomeno religioso. Tutto cio' dimostra una progressiva laicizzazione e banalizzazione dei simboli religiosi, fenomeno cui non si risponde con superstizione, rilanci di integrismi e altre sciocchezze pericolose, o ordinanze e rilanci a comando. Diro' allora che in uno stato laico i luoghi pubblici non debbono mostrare nessun simbolo religioso di nessuna religione (o senno' di tutte), che informazioni religiose di tipo storico e' giusto che vengano trasmesse con atteggiamento critico e non catechistico. Ad esempio la lettura e conoscenza dell'Antico Testamento, un libro di grandissimo valore storico, estetico, religioso, e' scarsa in Italia perche', secondo la tradizione cattolica, non era ammessa la lettura diretta e il "libero esame" del testo. Sarebbe ora di avviare un liberissimo esame, che allargherebbe gli orizzonti e le cognizioni. * In ogni caso mi auguro che riusciamo a fare argine alle ondate di fondamentalismo che ci arrivano e che albergano anche dentro di noi. Il fondamentalismo e' molto infettivo e bisogna difendersene fin da subito, mai rispondendo sullo stesso piano. E' meglio cogliere il tono conciliante e critico di Scialoja, imparare che nell'Islam, come nel Cristianesimo, che sono fenomeni di proporzioni e durata millenarie, vi sono moltissime varianti e sfumature, per trovare ambiti di discorso e di comprensione. Altrimenti si rischia di rimanere travolti da una irrazionalita' crescente che produce minacce, razzismi, esclusioni. Insomma davvero: evitiamo scontri di incivilta'. 13. RIFLESSIONE. VITTORIO RAPETTI: DOPO OFENA, IN DIALOGO [Ringraziamo Vittorio Rapetti (per contatti: vittorio_rap at libero.it) per questo intervento. Vittorio Rapetti e' delegato regionale del Piemonte dell'Azione Cattolica e cura un servizio di informazione e documentazione di grande utilita'] Penso di non esser l'unico colpito e preoccupato del modo in cui i mass-media hanno presentato il fatto e le sue implicazioni. Certamente hanno fatto centro, intercettando ancora una volta "la pancia" della gente, una sensibilita' che circola e che viene alimentata ad arte da alcuni giornali e tv: ogni occasione e' buona per alzare muri e alimentare l'intolleranza o semplicemente per far sfogare tensione repressa. E magari per distrarre l'opinione pubblica da altri problemi che disturbano i manovratori (vedi pensioni e finanziaria), o per mescolare malamente le carte sul tema dell'immigrazione. Dovremmo dirci con piu' schiettezza che tutta questa indignazione rispetto al crocefisso in classe non ha come oggetto principale il rispetto reale della religione cristiana, bensi' la paura verso la presenza islamica in Italia, la paura che "comandino a casa nostra", che "impongano le loro regole". E' sconcertante che tutte queste persone "dimentichino" che e' un giudice italiano, applicando la legge italiana, ad aver emesso una tale sentenza. Che poi si possa non condividere la sentenza del giudice e' piu' che legittimo (anche in questo caso si dovrebbe comunque considerare con un po' piu' di rispetto e conoscenza le motivazioni del magistrato, invece di usare subito la "clava" dell'ispezione ministeriale). Quante persone, che oggi si stracciano le vesti o si sentono toccate da questo fatto, si ricordano se nella loro classe quando erano studenti c'era o no il crocefisso? Non e' un rimprovero, ma solo un motivo di riflessione. Una sana laicita' dello stato non contrasta con la religione, ne' con la sua espressione pubblica, semplicemente garantisce il fatto che viviamo in una societa' pluralista: e proprio il cristianesimo ci insegna il rispetto e ci sollecita ad una adesione libera, non fatta di obbligo o di semplice osservanza di una tradizione esteriore. Anche la chiesa e i praticanti non devono farsi trascinare in questa trappola. * Ma allora di che stiamo parlando? Penso che occorra dare un nome preciso alle nostre paure e timori, che in parte possono pure essere legittime o giustificabili, proprio per affrontarle seriamente. Non e' alzando altri muri che si facilitera' il dialogo con una comunita' islamica che in Italia e' assai composita: vogliamo anche noi contribuire ad alimentare il fondamentalismo altrui con atteggiamenti superficiali e intolleranti? I problemi ci sono, sono reali: quale integrazione stiamo promuovendo? riteniamo possibile e auspicabile una semplice "assimilazione" di chi viene ad abitare in Italia (chiedendogli di rinunciare alla propria identita'), oppure immaginiamo una societa' fatta di "isole", che non comunicano tra loro e vivono nell'indifferenza (e magari nel timore reciproco); oppure avviamo un percorso, certo piu' difficile ma anche piu' rispettoso e ricco, che getti le basi di una convivenza tra culture diverse e tra religioni diverse? E' questa la scomessa piu' difficile: non e' per nulla un "rinunciare" ai valori dell'occidente, anzi forse il modo migliore per applicarli nel concreto della nostra storia e non solo proclamarli in astratto. * I toni di questa polemica sono assai piu' gravi perche' la discussione degli adulti attraversa e usa i luoghi in cui bambini e ragazzi vivono una delle piu' importanti esperienze di socializzazione, cioe' la scuola. E' sconvolgente che chi lavora nell'informazione (e magari si dice anche cattolico e vuol difendere le ragioni della religione) non percepisca questa necessita' di un'attenzione educativa e del modo in cui i piu' piccoli possono vivere questo dibatitto. Non si tratta di addolcire la pillola o di ammorbidire ad arte i toni, ma di essere seri, di non educare alla violenza e alla superficialita', ricordando che "i ragazzi ci guardano" e assimilano i nostri atteggiamenti di adulti assai piu' di quanto sembri. * La vicenda forse si puo' vedere anche da un altro punto di vista: se la polemica sul crocefisso e' un'occasione per tante persone che non frequentano la chiesa e non praticano la religione per ripensare al significato della fede, e della espressione pubblica della fede stessa, allora ben venga. In tal caso pero' dovremmo entrare nel merito. Ed allora che cosa vuol esprimere il crocefisso? Come dice tutta l'esperienza cristiana (riconosciuta e stimata anche da tanti che cristiani non sono) esso e' il segno della sofferenza dell'uomo giusto, dell'abbassamento e della condivisione di Dio con l'uomo, del dono, del sacrificio per la vita: l'espressione piu' radicale (e non certo "buonista") del Dio-misericordia. Di fronte al crocefisso, credenti o laici, penso che tutti dobbiamo metterci in ascolto, magari muto, perche' Cristo in croce non e' "nostro", semmai possiamo tentare di essere noi "in lui". Non possiamo appropriarcene. Tantomeno brandirlo sulle bandiere e sugli scudi per sostenere idee e convinzioni contro altri, ancor peggio se i motivi della polemica non sono religiosi, ma politici o economici. E' una vera e propria contraddizione con il segno che si dice di voler difendere: non mi par proprio che questa sia la logica del vangelo. 14. RIFLESSIONE. FEDERICA TOURN: DOPO OFENA, IN DIALOGO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 novembre 2003. Federica Tourn e' giornalista, collabora a varie testate e scrive sovente di argomenti concernenti le chiese evangeliche, il pensiero delle donne, questioni di grande rilevanza morale e civile] "La polemica scatenata sul crocifisso dimostra come si sia ridotta al minimo l'area laica del nostro paese: la questione va affrontata in termini meno emotivi e teologicamente piu' ponderati", e' il commento del presidente della Federazione delle chiese evangeliche italiane, il giurista Gianni Long, appena rieletto a capo dell'organo piu' rappresentativo del protestantesimo italiano. Convocata dal 30 ottobre al 2 novembre a Torre Pellice per la consueta assemblea triennale, la Fcei - che raccoglie una popolazione evangelica di circa 65.000 persone, dalla chiesa valdese ai luterani, all'Esercito della salvezza e ad alcune comunita' pentecostali - ha approvato un documento nel quale rivolge un appello alla Conferenza Episcopale Italiana e alla Sacra Arcidiocesi Ortodossa d'Italia per valutare insieme l'opportunita' di affrontare la materia nell'ambito di un aperto confronto ecumenico. E' indubbio che il crocifisso non e' un semplice oggetto di arredo che esprime valori culturali o civili: richiamando il sacrificio di Cristo e la sua resurrezione - si legge nel documento - e' un simbolo che esprime indiscutibilmente la fede cristiana. Tuttavia la sua esposizione nei luoghi pubblici entra in conflitto con il principio di laicita' dello Stato, cui e' informato l'ordinamento giuridico italiano, e puo' suscitare "sentimenti di estraneita' che contrastano con la costruzione di una collettivita' solidale, tesa ad includere tutti coloro che rispettano i fondamentali principi posti alla base della civile convivenza". "Senza dimenticare che l'uso della croce come strumento di identificazione nazionale, sociale o politica, ha portato a guerre e a conflitti violenti - ha spiegato Gianni Long - per questo motivo e' importante ridimensionare i toni: colpisce infatti che a un integralismo di minoranza si sia risposto non con moderazione e laicita' ma con un preoccupante integralismo di maggioranza". E precisa: "Sono convinto che anche larga parte della chiesa cattolica sia in imbarazzo, perche' molti di quelli che oggi si ergono a grandi difensori del cattolicesimo, fino a ieri attaccavano i preti amici degli immigrati". Il recente provvedimento sul crocifisso a scuola, ampiamente strumentalizzato da politica e informazione, non e' certo il punto focale dell'intricata questione della laicita' dello Stato, che da sempre vede i protestanti in prima linea. "Le urgenze sono ben altre - ha detto Gianni Long - abbiamo ribadito un fermo no al progetto di legge sulla liberta' religiosa cosi' come si e' andato configurando, mentre continuiamo a sostenere che debba essere data piena attuazione all'articolo 8 della Costituzione e alle Intese". A proposito della Costituzione europea, invece, in un recente incontro con il governo una delegazione della Fcei, in rappresentanza della Conferenza delle chiese europee (Kek), si e' espressa sostanzialmente a favore della menzione delle radici cristiane nel preambolo storico. Con una precisazione: "Non esiste un'unita' di vedute sull'argomento, ma su una cosa i protestanti e gli ortodossi si sono dichiarati d'accordo: il richiamo al cristianesimo non puo' essere fra i principi comuni e fondanti dell'Europa, perche' significherebbe escludere chi in questi valori non si riconosce", ha spiegato Gianni Long, e ha aggiunto: "Personalmente sono convinto che sia meglio una buona costituzione senza preambolo che un buon preambolo e una cattiva - o addirittura nessuna - costituzione". La laicita' non e' solo pluralismo ma il pluralismo ne e' una premessa per non muoversi su posizioni preconcette: una premessa indispensabile per attuare l'impegno preso dalla Fcei per il prossimo triennio, la prosecuzione del dialogo ecumenico ed interreligioso. Da registrare in questa linea la presenza a Torre Pellice di Mohammed Nour Dachan, presidente dell'Unione delle comunita' e organizzazioni islamiche in Italia (Ucoii) e del segretario generale della stessa organizzazione, Hamza Piccardo. L'assemblea della Fcei, con una mozione votata all'unanimita', ha invitato tutte le chiese che ne fanno aprte ad aderire alla giornata del dialogo cristiano-islamico che si terra' l'ultimo venerdi' di Ramadan. I delegati infine si sono rivolti direttamente a quanti hanno in Italia responsabilita' politiche, in una lettera che ribadisce l'urgenza dell'accoglienza e del riconoscimento dei diritti degli immigrati, non solo per ragioni di fede e di solidarieta', ma soprattutto in un'ottica di stabilita' e sicurezza, oltre che di una necessaria condivisione di risorse tra paesi ricchi e paesi poveri. A questo si e' aggiunto un appello per una convinta iniziativa di pace del governo, che investa di piu' "nel campo educativo, nella cooperazione allo sviluppo, nella mediazione diplomatica e nel sostegno alle Nazioni Unite, perche' non prevalga l'idea che la guerra possa servire alla democrazia". 15. LETTURE. MARIANELLA SCLAVI: ARTE DI ASCOLTARE E MONDI POSSIBILI Marianella Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili, Bruno Mondadori, Milano 2003, pp. 352, euro 18. Raccomandiamo vivamente questo nuovo bel libro di Marianella Sclavi, un prezioso volume che tra altre cose e' anche una sorta di utile manuale di accostamento a modalita' relazionali nonviolente. 16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 17. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 723 del 5 novembre 2003
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