La nonviolenza e' in cammino. 698



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 698 del 9 ottobre 2003

Sommario di questo numero:
1. Cinzia Boni, Valeria Boni e Stefano Longagnani intervistano Krishnammal
Jagannathan sulla proposta di Lidia Menapace
2. Ausilia Riggi Pignata: sulla proposta di Lidia Menapace (una premessa)
3. Lidia Menapace: verso un incontro
4. Mao Valpiana: la festa per i quindici anni della Casa della nonviolenza a
Verona
5. Nella Ginatempo: a proposito delle pratiche del "movimento dei movimenti"
6. Francesco Tullio: violenza, responsabilita' e strategie a Genova (un
testo del 2001)
7. Riccardo Orioles ricorda Miria Fracassi
8. Un ricordo di Bepi Tomai
9. Mimmo De Cillis ricorda Annalena Tonelli
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. CINZIA BONI, VALERIA BONI E STEFANO LONGAGNANI INTERVISTANO
KRISHNAMMAL JAGANNATHAN SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE
[Ringraziamo di tutto cuore Stefano Longagnani (per contatti:
longagnani at yahoo.it) per aver realizzato, insieme a Cinzia e Valeria Boni
che ringraziamo anch'esse di cuore, questa intervista a Krishnammal
Jagannathan (segretaria generale del Lafti, partecipante alla quinta
assemblea dell'Onu dei popoli, invitata da Overseas e dall'Ufficio per la
pace del Comune di Spilamberto - Mo -), una delle piu' grandi figure della
nonviolenza nel mondo, sulla proposta di Lidia Menapace]
Krishnammal e' stanca.
Ha parlato per tutto il pomeriggio con le amiche e gli amici modenesi del
Lafti (Land for Tiller's Freedom - Terra per la liberazione dei braccianti,
l'organizzazione del Tamil Nadu, India, di cui e' segretaria generale).
Qui in Overseas (http://www.overseas1971.org), il partner italiano del
Lafti, il clima e' di gioiosa festa. Sono passati oltre due anni dall'ultima
visita di Krishnammal, e i tanti e le tante che l'hanno conosciuta qui in
Italia, e/o che sono andate e andati a trovarla direttamente presso i suoi
progetti in Tamil Nadu, non vedevano proprio l'ora di rincontrarla.
Incontrare questa allieva di Gandhi, Gandhiji come lei lo chiama in segno di
riverenza, e' un balsamo per lo spirito, il nostro spirito occidentale ormai
assopito e intorpidito dal nostro troppo "benessere".
Il Lafti si occupa della promozione del programma costruttivo di Gandhi
nelle regioni piu' povere del Tamil Nadu, il grande stato all'estremita'
meridionale dell'India. Oltre alla promozione dell'autosufficienza di
villaggio, attraverso programmi di sviluppo di piccole attivita' artigianali
e di coltivazione comunitaria delle terre strappate ai latifondisti,
Krishnammal ed il marito Jagannathan lottano da anni contro la penetrazione
delle multinazionali nel tessuto economico dell'India, penetrazione foriera
di corruzione e di devastazioni ambientali. "Quit multinational!" una delle
ultime parole d'ordine utilizzate durante le manifestazioni e le marce
nonviolente, slogan che riprende il famoso "Quit India!" di gandhiana
memoria.
La piu' nota delle lotte di Jagannathan e Krishnammal, apparsa anche sui
nostri distratti quotidiani (e della quale si puo' trovare parecchio in
internet, fin nel sito delle Nazioni Unite), e' quella contro l'allevamento
intensivo di gamberi e gamberetti. Questa apparentemente innocua attivita'
di acquacoltura porta invece a devastazione ambientali multiple:
sconvolgimento dell'ecosistema marino, con diminuzione del pescato a causa
della rimozione della foresta costiera di mangrovie che funge da luogo di
riproduzione per molti pesci; minore protezione della costa dalle mareggiate
nella stagione dei monsoni, per la medesima rimozione delle mangrovie
costiere; salinizzazione ed inquinamento chimico della terreno circostante
le vasche e contaminazione della falda acquifera, a causa del percolamento
provocato dalle enormi vasche di acquicoltura costruite a ridosso della
costa. Tali vasche per l'allevamento dei gamberi sono inoltre costruite su
terreni marginali, spesso l'unica fonte di sostentamento per la popolazione
locale piu' povera, che si trova cosi' affamata sia che si tratti di
pescatori che di agricoltori, e costretta a bere l'acqua inquinata della
falda.
Alterne vicende hanno visto "i nostri" vincitori su alcuni fronti: la corte
suprema della confederazione indiana ha dichiarato illegale tali
allevamenti, ma il governo del Tamil Nadu non ha ancora provveduto ad
attuare la sentenza. Nell'impresa ciclopica Krishnammal e Jagannathan, lei
78 anni e lui 91, sono stati aiutati ed affiancati dall'avvocato
ambientalista Mehta, che li ha assistiti gratuitamente, e dall'autorevolezza
scientifica di Vandana Shiva, della quale scorro di sfuggita indirizzo e
numero di telefono nel quaderno che accompagna fedelmente Krishnammal
probabilmente da anni.
*
Ho chiesto a Krishnammal una intervista sulla proposta di Lidia Menapace per
un'Europa neutrale. Lei si e' detta disponibile, e mentre saluta gli amici
che ormai se ne devono andare per l'ora tarda, mi fa cenno che presto sara'
libera per l'intervista.
Il tramonto, che mi colpiva in viso, ormai ha lasciato spazio all'oscurita'.
Restiamo solo io e le sorelle Boni, Cinzia e Valeria: insieme condurremo
l'intervista, e soprattutto mi sosterranno nel mio pessimo inglese.
Spieghiamo a Krishnammal la proposta di Lidia Menapace per una Europa
neutrale e attiva per la pace, riprendendola dalla lettera ai parlamentari
che Peppe Sini ha da poco pubblicato su "La nonviolenza e' in cammino".
Quando arriviamo al passo in cui si parla di democrazia, Krishnammal non ci
fa continuare e ci interrompe.
- Krishnammal: Si parla tanto di democrazia, ma non c'e' vera democrazia
senza partecipazione popolare! Che democrazia e' quella dove la gente non
interviene, non partecipa alla vita pubblica. La vera democrazia deve essere
fatta dalla gente, e in nessuna parte del mondo vedo ora una vera
democrazia, dove la gente partecipi davvero. E se non c'e' la
partecipazione, di quale democrazia si tratta? I politici parlano tanto,
dicono "abbiamo fatto quello, abbiamo fatto quest'altro", ma non stimolano
la partecipazione dei cittadini. Tutti i paesi cosiddetti democratici
sbandierano al mondo la loro "democraticita'", e vorrebbero dare l'esempio,
ma in realta' si tratta solo di finzione. Oggi come oggi quel che comanda e'
il potere dei soldi, il potere della forza bruta e soprattutto
l'aristocrazia, che in ogni paese cosiddetto democratico ha messo radici
profonde.
- intervistatori: a proposito delle Nazioni Unite, cosa ci puo' dire?
- Krishnammal: L'Onu, e' sotto gli occhi di tutti, non sta funzionando
assolutamente. E' una organizzazione chiave in questo mondo sempre piu'
piccolo, e dovrebbe alzare la voce, eccome se dovrebbe alzare la voce. Ma
purtroppo non lo fa abbastanza. Per esempio nel caso della guerra in Iraq...
Quando si inizia una guerra non si sa mai dove essa portera', e questo e'
molto, molto grave e pericoloso. In Iraq hanno il diritto
all'autoderminazione, e l'Onu deve alzare la voce in questo senso. Deve
essere il popolo iracheno a scegliere quel che e' giusto per loro. La guerra
in Iraq non era affatto necessaria. E' stata fatta per il petrolio, ma sono
state coinvolte e uccise persone innocenti che nemmeno sapevano il motivo di
questa guerra senza senso.
- Intervistatori: Terminiamo di leggere a Krishnammal la proposta di Lidia
Menapace, le chiediamo un commento generale, anche e soprattutto sulla sua
realizzabilita'.
- Krishnammal: La proposta e' ottima, ed e' il momento giusto perche' la
gente si faccia avanti, alzi la testa e si metta a pensare e a proporre. E
importante che i popoli europei sentano nel loro animo la sofferenza di
tanta parte del mondo. Questo genere di proposte deve tradursi il piu'
possibile in azione. E piu' che mai necessario oggi, in un mondo pieno di
conflitti. Non e' sufficiente sedersi a scrivere belle parole, pero'. E'
necessario piu' che mai, ed al piu' presto, agire immediatamente nel
concreto. Dovremo fin da subito fare i passi appropriati per promuovere
questa idea in tutte le sedi idonee. Dobbiamo coinvolgere il maggior numero
di persone su questa idea. Soprattutto persone di valore che possano
incidere su quel che si sta facendo ora. Sono necessarie persone di valore
che facciano da punto di riferimento e possano parlare in ogni sede di
questa importante idea. Questo e' il primo passo da fare, da fare subito.
- Intervistatori: Che tipo di persone di valore intende, parla dei politici?
- Krishnammal: Certo che no! I politici attuali spesso non credono a quello
che fanno. Oggi piu' che mai sono necessarie persone sincere e devote,
disponibili a dedicare tempo della loro vita a questioni di questo genere. A
volte, per fare un esempio, vengono invitate a parlare persone molto
importanti che parlano solo per dare di se' una falsa immagine. Non sono
sincere. Noi abbiamo bisogno di persone che abbiano spirito di sacrificio e
abnegazione, che si dedichino a portare avanti proposte come questa come
fosse una vera e propria missione.
- Intervistatori: Bisogna ricominciare a parlare di etica in politica,
insomma...
- Krishnammal: Quando si parla di violenza e nonviolenza non si coglie il
punto. Noi dobbiamo capire che l'unica cosa importante e' stabilire la
Verita' sulle questioni, e l'unica strada per far questo e' la nonviolenza.
Per questo dico che abbiamo bisogno di persone con spirito missionario.
- Intervistatori: Lei pensa che ci siano gli spazi politici per la
realizzazione di questa proposta?
- Krishnammal: Certo. C'e' una speranza, ed e' fondamentale tentare. E' piu'
che mai necessario sperare sempre e in ogni occasione per il meglio. E un
nostro dovere anelare sempre verso il meglio. Non possiamo negarci questa
speranza.
- Intervistatori: Cosa pensa dell'istituzione di corpi civili di pace e di
iniziative analoghe?
- Krishnammal: Istituzionalizzare questo genere di iniziative e' difficile e
rischioso. L'energia che essi esprimono e' fondamentale per la riuscita di
tali iniziative, e una istituzionalizzazione fatta in modo sbagliato
correrebbe il rischi di soffocare le loro energie e il loro spirito. Le
persone che partecipano a iniziative di questo genere sono animate da alti
ideali, e mantenere un tale spirito in una situazione istituzionale e' molto
difficile. Se penso all'Iraq, per esempio, sarebbe stato quanto mai utile
l'invio massiccio di corpi civili di pace, ma non sarebbe stato solo con la
loro presenza fisica che avrebbero evitato il conflitto. E piu' che mai
indispensabile, in questo genere di iniziative, che sia presente una forte
valenza educativa, che si dia insomma per primi il buon esempio. Alla
presenza in loco di eventuali corpi civili di pace sarebbe stato necessario
affiancare azioni di formazione e sensibilizzazione della popolazione
locale, per esempio mediate training nonviolenti, per aumentare la
consapevolezza e la coscienza delle popolazioni coinvolte. Questo, oltre ad
aumentare l'efficacia della presenza in loco, aumenta di molto i fattori di
successo di tali iniziative.
- Intervistatori: Ha dei suggerimenti su questa iniziativa?
- Krishnammal: Mi ripeto: e' necessario al piu' presto fare qualcosa. E
urgente piu' che mai. Dovremo subito fare tutti insieme i passi necessari.
E, soprattutto, non bisogna perdere la speranza. Ci saranno sempre tanti e
tanti ostacoli sulla nostra strada, ma alla fine ce la faremo, perche' le
cause che portiamo avanti sono genuine e autentiche.

2. RIFLESSIONE. AUSILIA RIGGI PIGNATA: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE (UNA
PREMESSA)
[Ringraziamo Ausilia Riggi Pignata (per contatti: donnecosi at virgilio.it) per
questo suo impegnativo intervento, di cui pubblichiamo oggi la prima parte
in attesa che ci invii il seguito. Ausilia Riggi Pignata e' un'acuta
pensatrice e testimone di scelte di forte rigore intellettuale e morale e di
profondo anelito alla liberazione di tutte e tutti; "si e' data - come ha
scritto lei stessa - un campo circoscritto di impegno per abbattere la
violenza istituzionale quando contrasta con la liberta' di coscienza; e
nello stesso ambito ha particolarmente approfondito il tema 'donna e sacro'
(su cui si veda il sito www.donne-cosi.org)"]
Non riesco ad inserirmi nell'interessante dibattito sulla nonviolenza, e in
particolare sulla piega che ha preso circa la proposta di Lidia Menapace,
senza interrogarmi sulle mie stesse perplessita'. Queste mi sono sempre
state compagne utilissime nella ricerca di idee che non svaporino nel gia'
trito e che abbiano un minimo di concretezza sul "che fare oggi".
Le mie perplessita' si proiettano su un quadro ideale che deve avere, non
solo una sua logica, ma anche una sua relazione con i mezzi per
accostarvisi.
In questo mio intervento, non so perche', mi piace indugiare su tale quadro,
perche' ho bisogno di credere, ancora una volta (come mi e' capitato per
l'utopia marxiana), che sia attuabile. Non nel senso di far coincidere
l'utopia con la realta', ma di inaugurare davvero il nuovo piu' nuovo. Il
quale potra' essere calpestato, ma se in esso esplode la creativita', non si
potra' fare a meno di tenerne conto.
*
La nonviolenza come teoria e prassi per una pace estesa a tutti i livelli,
apre un capitolo inedito nella storia, tutto da realizzare.
Non so fino a che punto ce ne rendiamo conto.
Si tratta di un capovolgimento totale dei parametri su cui si regge la
convivenza umana, di novita' assoluta. E, si sa, il nuovo ha i suoi fanatici
e i suoi indolenti, e percio' puo' avere la durata di una fiammata, cui
seguirebbe, immancabile, la curva discendente; e tutto ritornerebbe come
prima.
Il nuovo della nonviolenza va dato in mano a pazienti indefessi longanimi
costruttori: tali da resistere ad ogni logoramento, da scavare in
profondita', da sfuggire alla precarieta' da cui e' segnata ogni conquista
umana.
Non ci si puo' limitare a propagandare l'era della nonviolenza come
risultato buono, frutto di laborioso e travagliato impegno che segna una
qualsiasi tappa evolutiva; c'e' di piu'. Si tratta di un salto
antropologico, tale da mutare l'ordine naturale deterministico, e da far
nascere dalle ceneri del passato l'oltre-uomo, di cui parlava Nietzsche in
altri contesti.
C'e' da riconoscere l'eccezionalita' di questo avvento, almeno nella mente e
nel cuore dei piu' seri facitori di verita'. Eccezionalita' da affidare meno
all'intellettualita' o alla politica o alla religione o all'etica. Perche'
la nonviolenza, o si genera all'interno e al centro della persona e delle
societa', o il suo destino verra' assimilato a quanto (soprattutto in campo
di conquiste sociali) finora si e' rivelato relativo e da relativizzare, se
non da rinnegare.
*
A questo punto, nella mia mente, condizionata costantemente dalla fede
religiosa, mi pare che una garanzia di Novita' (con la maiuscola) non la
puo' dare che un principio saldo ed indiscutibile (prendere o lasciare:
senza questo le nostre parole sono cembali sonanti): l'essere umano e'
perfettibile; tanto piu' perfettibile quanto piu' e' consapevole che
l'esistente nel quale e' immerso e' attraversato dall'infinito.
I valori via via acquisiti lungo i tempi, abbisognano di un ancoraggio oltre
il tempo e lo spazio. In ogni istante c'e' tutto, se vissuto nella pienezza
che lo filtra e trasporta al di la' del suo scorrere. Non tutti si accorgono
(sottolineo l'uso di questo verbo) che il divino e' nell'istante, in cui si
ripete, attraverso di noi, l'atto creativo.
Quando si assapora tale consapevolezza, si e' nello stesso tempo carichi
della grande responsabilita' di trasportare l'umanita' oltre se stessa.
Penso a Simone Weil, alla sua grande fede nell'umanita' capace di infinito.
Solo una viva fede puo' usare questo termine, e fondare, su tutte le cadute
storiche, una possibilita' che sfidi la caducita' del tempo. Si', per
segnare la grande svolta che inclini il cammino storico verso una meta
perennemente nuova, quale e' la nonviolenza, unico paradigma che meriti il
nome di umano, ci vuole una grande fede nell'infinita' delle potenzialita'
umane.
In tutti/e coloro che scrivono in questo foglio si sente vibrare la sete di
un nuovo ordine che non sia solo quello della legge, dei diritti acquisiti e
da acquisire, della pur utilissima solidarieta'. Trovo in loro la ferma
volonta' di un nuovo patto sociale, che sia sotteso ed esplicito in ogni
convenzione regolatrice dei rapporti umani. Trovo respiro di mondialita',
perche' ogni conquista umana, localizzata qua e la', resta tale se sfida,
oltre che il tempo, lo spazio.
*
Nel proporre la nonviolenza a tutti i livelli, non c'e' chi non distingua
nettamente i sogni utopici dalla loro realizzazione sempre imperfetta...
Come non guardare alla lezione che ci proviene dalla deformazione in cui si
sono inceppate tante prospettive lungo le varie epoche? Perfino la Bibbia
canta l'idillio della pecorella che sta accanto al lupo.
Bisogna assolutamente strappare a tale sorte la volonta' di pace. Questa
dovra' restare incontrastata signora della storia, da servire per
riedificare un mondo impantanato in mostruosita' indicibili. A nulla serve
rifugiarsi nel sogno o proiettarsi nell'indefinito orizzonte di una pace di
la' da venire. Essa deve sostanziare l'oggi, e fare da punto fermo, dal
quale non tornare mai piu' indietro.
Chi afferma che la nonviolenza e' impossibile nella molteplicita' dei suoi
presupposti e dei suoi corollari, non capisce che si tratta di una
necessita' storica (dato il punto di complessita' al quale siamo approdati);
nonche' di un fatto che tracende ogni scelta, e annunzia, non la fine della
storia, bensi' il bandolo dell'intricata matassa che l'avviluppa in enormi
contraddizioni.
*
A partire da queste premesse mi accostero' alla proposta di Lidia e ne
vagliero' la sua novita'. Convinta, come ho detto sopra, che o l'essere
umano del nuovo e' capace, o e' destinato a subire le vicende storiche come
se fossero sottratte alla liberta', alla creativita' umana. Il discorso si
complica, se teniamo conto del fatto che la violenza non dipende unicamente
dalle scelte individuali, ma e' intrinseca, strutturalmente, in ogni tipo di
aggregazione umana.
(continua)

3. INIZIATIVE. LIDIA MENAPACE: VERSO UN INCONTRO
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]
Carissimi/e,
non riesco piu' a tenere il conto degli interventi (ma ringrazio sempre per
l'attenta considerazione, che allarga e approfondisce la proposta) e mi
parrebbe - a questo punto - che forse sarebbe il caso di fissare una qualche
iniziativa di incontro al termine della quale avviare una raccolta di
adesioni, alcune proposte di pratiche, legami con altre proposte simili o
componibili, insomma avviare una azione politica comune.
Mi spiace se qualcuno ha avuto l'impressione che volessi "comparire": la
proposta e' stata elaborata nella "Convenzione permanente di donne contro le
guerre" e appartiene a tutte e tutti quelli che la sostengono,
arricchiscono, ecc.: siamo contro i brevetti naturalmente, non solo delle
medicine: tuttavia crediamo che la citazione delle fonti resti un fondamento
dell'etica della ricerca e solo per questo viene usato il mio nome, dato che
della Convenzione sono la decana e la piu' antica portavoce.

4. INCONTRI. MAO VALPIANA: LA FESTA PER I QUINDICI ANNI DELLA CASA DELLA
NONVIOLENZA A VERONA
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) per
questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle
della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera
come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato
nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza
come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato
di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della
Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico,
scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n.
435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario]
Sabato 4 ottobre a Verona si e' fatto festa per i quindici anni di vita
della Casa per la nonviolenza, che apri' i suoi battenti il 4 ottobre 1988,
dando vita a quello che mi piace definire un piccolo miracolo. Il miracolo
cioe' di esser riusciti a realizzare il sogno e il progetto del "padre" del
pensiero nonviolento in Italia, Aldo Capitini, secondo il quale la
nonviolenza, per crescere, non poteva basarsi solo su buona volonta' o buone
idee, ma anche su strutture e lavoro costante, proprio come aveva insegnato
l'esperienza di Gandhi in India.
Negli ultimi tre decenni Verona e' stata un crocevia importante del
Movimento Nonviolento. Un crocevia che ha visto fiorire le scelte dei primi
obiettori di coscienza al servizio militare, quando obiettare era ancora un
reato pagato con il carcere, e poi nascere in Arena quel movimento
conosciuto come "Beati i costruttori di pace", la cui prima assemblea si
tenne il 4 ottobre 1986 nell'anfiteatro. E ancora l'esperienza del Verona
forum che nei primi anni Novanta, nel pieno della crisi dei Balcani, provo'
a tessere - con un coordinamento ospitato proprio nella Casa per la
nonviolenza - i fili di un possibile dialogo tra popoli in conflitto, per
individuare una soluzione pacifica e nuove modalita' di convivenza.
In quest'arco di tempo la Casa per la nonviolenza, nel popolare quartiere di
San Zeno, ha rappresentato un punto di riferimento non solo in citta', ma
anche in Italia e all'estero. Lo testimonia un fatto: e' qui che ha la sede
nazionale il Movimento Nonviolento e viene edito il mensile "Azione
nonviolenta", la testata storica del Movimento fondata nel 1961 da Capitini.
La Casa e' sorta con il contributo generoso e gratuito di molte persone, che
hanno donato tempo, denaro, lavoro. Non ci sono padroni ne' riceviamo
finanziamenti pubblici: la Casa, che nel frattempo si e' ampliata, vive
esclusivamente con i proventi della vendita di libri e riviste, dei servizi
offerti e con il contributo di simpatizzanti.
*
La festa e' stata molto partecipata.
E' stata insieme una festa di quartiere (le vivande sono state preparate con
cura e maestria dalle signore Lucia, Adriana, Margherita) con la pesca dei
tappi, il commercio equo e solidale, la lotteria nonviolenta (tutti
vincevano qualcosa e chi voleva poteva scegliersi il premio che preferiva) e
una festa politica con la  riflessione affidata al segretario nazionale del
Movimento Nonviolento, Daniele Lugli, che ci ha parlato dell'influenza della
figura di Francesco d'Assisi nel pensiero di Aldo Capitini, e di Paola
Forasacco dell'Associazione antroposofica, che ha approfondito la biografia
di Francesco.
Un bel momento della festa e' stato quello musicale, con il pianoforte di
Paolo ed il violino di Cesare che ci hanno emozionati suonando musiche
polacche, zigane, ebraiche, russe.
Gli intervenuti hanno potuto visitare la mostra, curata da Marco Brandini,
"Quarant'anni di storia in copertina" che riproduce, una per anno, le
copertine storiche di "Azione nonviolenta", dal 1964 al 2003. Un bel momento
e' stato il laboratorio per bambini "Quando siamo a casa" condotto da
Loretta Viscuso, che si e' concluso con un coloratissimo cartellone dove
ogni bambini ha espresso la propria idea di casa.
Prima e dopo cena abbiamo cantato insieme, accompagnati da Paolo Predieri,
le canzoni di Rodari-Endrigo e il bell'inno "Il varco della storia",
un'opera collettiva, ispirata dallo stesso Predieri, che fa cosi':
*

Il varco della storia

Nelle periferie della memoria
Negli angoli piu' fertili della storia
Uomini e donne scoprono che
La forza piu' forte nelle armi non e'

Eserciti interi si sono fermati
Folli assassini i coltelli han gettato
Tiranni feroci hanno abdicato
Quando con questa si son misurati

(Ritornello)
Nonviolenza e' il varco della storia
Senz'armi combatti con molta piu' gloria
Nonviolenza e' sempre piu' da organizzare
Il male col male non si puo' cancellare
Nonviolenza e' il varco della storia
Senz'armi combatti con molta piu' gloria
Nonviolenza e' sempre piu' da organizzare
Il male in bene si  puo' trasformare

Dove c'e' l'odio l'amore portiamo
Amiamo il nemico a lui la mano tendiamo
Ma se con noi si scontra il suo fare
Possiamo e dobbiamo non collaborare

(Rit.)

Nonviolenza non e' stare ad aspettare
Che qualcuno cattivo del male stia a fare
Nonviolenza sara' o non esistenza
Nel futuro dell'uomo c'e' questa esigenza

Bandiere di pace su tutti i balconi
Figli di schiavi e figli di padroni
Come fratelli insieme abbracciati a cantare
Campane in festa l'aria san colorare

(Rit.)

Nonviolenza e' antica come le montagne
Nasce in citta' nasce nelle campagne
Nonviolenza e' la forza dell'amore
Diamogli vita con le mani e col cuore.

5. RIFLESSIONE. NELLA GINATEMPO: A PROPOSITO DELLE PRATICHE DEL "MOVIMENTO
DEI MOVIMENTI"
[Ringraziamo Nella Ginatempo (per contatti: nellagin at tiscali.it) per averci
messo a disposizione questo intervento che riproduciamo pressoche'
integralmente. Nella Ginatempo e' una prestigiosa intellettuale impegnata
nei movimenti delle donne, contro la guerra, per la globalizzazione dei
diritti; e' docente di sociologia urbana e rurale all'universita' di
Messina; ha tenuto per alcuni anni il corso di sociologia del lavoro,
svolgendo ricerche sul tema del lavoro femminile; attualmente svolge
ricerche nel campo della sociologia dell'ambiente e del territorio. Tra le
sue pubblicazioni: La casa in Italia, 1975; La citta' del Sud, 1976;
Marginalita' e riproduzione sociale, 1983; Donne al confine, 1996; Luoghi e
non luoghi nell'area dello Stretto, 1999. Vi sono in questo intervento
dell'autorevole studiosa alcune cose che non possiamo condividere - e ci e'
parso doveroso e necessario segnalarlo qui (ad esempio quanto si dice en
passant su Genova ingiustificatamente sottovaluta e quindi inammissibilmente
rimuove il fatto che vi furono anche responsabilita' morali gravissime di
personaggi e settori del "movimento dei movimenti" nella promozione dello
scatenamento anche della violenza di sadici e nazisti presenti nelle forze
dell'ordine); ma molte altre ve ne sono del tutto condivisibili e che
apprezziamo molto, con la speranza che sempre piu' ci sia anche da parte di
intellettuali influenti nel cosiddetto movimento dei movimenti un
accostamento allo nonviolenza fondato sullo studio attento e sulla ricerca e
la pratica del rigore intellettuale e morale]
Disobbedienza civile
Parto dalla mia esperienza.
Molte volte ho partecipato a pratiche di disobbedienza civile. Occupazioni
di case e facolta' universitarie. Catene umane e blocchi stradali. Piu' di
recente, col gruppo di lavoro Bastaguerra, ho rischiato varie volte
l'arresto e altre seccature con la "giustizia". Dalla contestazione del
Ministro Frattini dentro la seduta del Senato, ai  blocchi stradali davanti
all'ambasciata Usa e a palazzo Chigi, alla contestazione della parata
militare del 2 giugno, alle azioni di disturbo al cambio della guardia al
Quirinale. Con le compagne di Ya basta e del Forum delle donne abbiamo fatto
una bella azione di occupazione e blocco del Ministero della Difesa. Insomma
disobbedire mi piace, pero' non mi piace lo stile militare.
Dal punto di vista culturale ed estetico disapprovo il fronteggiamento e lo
scontro organizzato piu' o meno soft con le forze dell'ordine. Si puo' dire
che l'estetica e' un fatto personale, tuttavia credo che i gusti siano
influenzati da una cultura lungamente introiettata. La mia cultura e'
femminista e pacifista, mi viene dall'esperienza delle Donne in nero a
Messina, dalle manifestazioni a Comiso e dalla Lega per il disarmo
unilaterale, poi dalle esperienze romane, dal Forum delle donne del Prc,
dalla Convenzione permanente di donne contro le guerre, dal gruppo di lavoro
che ho contribuito a costruire (Bastaguerra del Forum sociale europeo).
Mi sono fatta l'idea che bisogna smilitarizzare le menti e le pratiche di
piazza, come il linguaggio e i territori, cosi' qualunque mimesi della
forza, anche simbolica, mi sembra sgradevole e vecchia.
*
Regole
Un movimento plurale fatto di tante anime diverse deve necessariamente
seguire delle regole di convivenza se vuole evitare il verificarsi di
eccessi di competizione o di predominio di un pezzo rispetto ad altri pezzi.
Credo sia necessario richiamare due regole che oggi mi sembrano appannate
dalla manifestazione del 4 ottobre.
Prima regola: le pratiche di movimento seguono il metodo della nonviolenza
ed escludono il danneggiamento a persone e cose (Carta di Porto Alegre I).
Seconda regola: quando si producono iniziative unitarie di massa, alle quali
partecipano tutte le anime del movimento ed a cui si chiama a partecipare
tutta la societa' civile, bisogna evitare ogni forzatura, stimolare il
massimo coinvolgimento e la piena condivisione del programma. Cio' perche'
l'obiettivo del movimento e' allargare la partecipazione e dunque bisogna
evitare accuratamente di coinvolgere in pratiche non pienamente condivise
masse di persone, esponendole a rischi e conseguenze che non hanno deciso di
affrontare.
Percio' credo che le azioni di disobbedienza civile che comportano rischi
personali non siano opportune, parlando in generale, nei cortei unitari di
massa, oppure debbano avvenire in un modo lungamente concordato e in
condizioni di sicurezza per la maggioranza dei partecipanti al corteo (la
quale maggioranza non partecipa direttamente all'azione - innanzitutto per
motivi logistici - ma e' esposta alle conseguenze generali dell'azione di
pochi).
*
Violenza e nonviolenza
La cosa peggiore che ci puo' accadere e' assomigliare al nostro
avversario... una lunghissima catena di violenza del potere che si fonda
sugli interessi e le strategie dei signori della guerra e del capitale che
hanno potere di vita e di morte su milioni di esseri umani... Banale. Ma non
sara' banale assumere il punto di vista che se rispondiamo alla violenza con
la violenza non facciamo che alimentare lo stesso mito della forza che da
millenni abita il mondo e che e' stato alimentato dal patriarcato e dal
capitalismo.
Vogliamo resistere, disobbedire, confliggere. Eppure dobbiamo controllare
"la parte oscura della forza" che e' in noi, cosi' come la nostra
creativita' controlla e frena la nostra distruttivita'. Perche' dobbiamo?
Perche' il messaggio di vita che e' nel nostro movimento puo' sommergere e
fermare il messaggio di morte che il capitalismo globalizzato ci lancia ogni
momento.
E' possibile alzare il livello di conflitto senza ricorrere alla violenza?
Secondo me si'.
Dobbiamo ancora cercare. Ribellarsi puo' significare anche sottrarsi allo
scontro fisico per cercare forme piu' efficaci. Piu' efficaci, si'. Infatti
personalmente non credo che violare una zona rossa o sfondare un cordone di
polizia sia efficace.
Il prezzo che si paga in termini di cariche, scontri, scompaginamento di un
corteo di massa, tensione, cupezza e alla fine sfiducia e' troppo alto. Il
risultato viene presto deformato mediaticamente dall'avversario che ti
assimila ai teppisti dello stadio. Il messaggio di ribellione e cambiamento
non raggiunge il grosso della societa' che vogliamo raggiungere. Per questo
credo che non sia efficace. O forse per efficacia si intende la nostra
capacita' di condizionare le scelte dei potenti. Ma si pensa davvero che il
vertice del Wto a Cancun sia saltato perche' le donne hanno tagliato le
reti?
Io credo che il movimento nostro in tutto il mondo, con la capacita' che ha
avuto di influenzare la vita e il pensiero di milioni di persone, ha
modificato i rapporti di forza, fino a dare ad alcuni paesi sfruttati
dall'occidente il coraggio, attraverso i loro rappresentanti, di puntare i
piedi, di coalizzarsi, di dire no. Credo che sarebbe avvenuto lo stesso con
altre forme di protesta e di contestazione visibile.
Continuo a ritenere che i cortei unitari di massa, pacifici e oceanici come
il 15 febbraio siano la forma piu' efficace, proprio per condizionare i
potenti delle cosiddette democrazie occidentali. Non e' stato ancora
sufficiente a fermare la guerra permanente globale, ma, come dice Arundhati
Roy, ha reso l'impero nudo.
Adesso si tratta di diffondere in modo capillare la disubbidienza civile al
mercato attraverso il boicottaggio economico e le pratiche quotidiane di
ribellione e contestazione. L'impero non si puo' contrastare con la forza ma
con la determinazione di miliardi di deboli che lo dissolvono dall'interno,
obiettando, disobbedendo, cambiando consumi e modelli di vita.
*
Firenze e noi
Ieri ho pensato che Firenze e' stato il nostro trionfo (e poi il 15 febbraio
il nostro miracolo). Non il gesto esemplare di poche avanguardie (che pure
serve anche quello per lanciare messaggi) ma l'occasione di partecipare per
un milione di persone. Abbiamo dimostrato la forza immensa dell'unione del
popolo della pace e la bellezza di una protesta democratica, pacifica,
sicura, gioiosa.
Da Firenze a Roma del 4 ottobre e' successo qualcosa che ci ha fatto
perdere: siamo come pesci che hanno perso il contatto con l'acqua in cui
devono nuotare. E sono terrorizzata all'idea che le persone che hanno visto
le immagini degli scontri all'Eur possano aver cambiato idea su di noi. Non
avevamo dimostrato al mondo ed ai razzisti che siamo l'esatto contrario dei
teppisti, dei devastatori, dei violenti? Non avevamo dimostrato col nostro
corteo di un milione di persone che il massacro di Genova era stato
provocato dallo Stato e dalle sue forze del disordine?
Che gioia far vedere il nostro amore per Firenze, il nostro amore per la
pace, per la liberta' dei popoli, per la giustizia. Ambasciatori di un altro
mondo possibile.
Che pena vedere alcuni di noi usare metodi simili a quelli dei nostri
avversari! Pensiamo di usare come leva del nostro successo politico e
mediatico la rabbia metropolitana dei ragazzetti di periferia? Dovrebbe
farci paura quella distruttivita', dovremmo saperla volgere in nuovo amore.
Se non siamo capaci di produrre subito un messaggio di creativita' saremo
travolti. Che bel regalo a tutti i razzisti del mondo!

6. HERI DICEBAMUS. FRANCESCO TULLIO: VIOLENZA, RESPONSABILITA' E STRATEGIE A
GENOVA (UN TESTO DEL 2001)
[Siamo assai gati a Francesco Tullio (per contatti:
psicosoluzioni at francescotullio.it) per averci messo a disposizione questo
suo scritto gia' pubblicato all'indomani della tragedia di Genova
nell'estate 2001. Francesco Tullio, prestigioso studioso e amico della
nonviolenza, e' uno dei piu' noti peace-researcher a livello internazionale
e animatore di molte iniziative per la pace e la gestione e risoluzione
nonviolenta dei conflitti; nato a Roma il 18 giugno 1952, laurea in medicina
e chirurgia, specializzazione in psichiatria, libero professionista,
psicoterapeuta, esperto di gestione delle risorse umane, di prevenzione e
trasformazione dei conflitti, di problem solving organizzativo; docente di
psicoterapia breve alla Universita' di Perugia, docente di psicologia al
master "Esperto in cultura d'impresa" all'Universita' di Perugia, 2001,
ricercatore a contratto con il Centro militare di studi strategici nell'anno
1998-1999, presidente onorario del Centro studi difesa civile (sito:
www.pacedifesa.org) di cui e' stato e resta infaticabile animatore, ha
coordinato ricerche per diversi enti, tra cui quella per l'Ufficio Onu del
Ministero Affari Esteri su "Ong e gestione dei conflitti. Il
confidence-building a livello di comunita' nelle crisi internazionali.
Analisi, esperienze, prospettive"; promotore del Centro di ricerca e
formazione sui conflitti e la pace presso l'Universita' di Perugia e
dell'Istituto internazionale di ricerca sui conflitti e per la pace;
numerose le sue esperienze come medico, in Germania, in Nicaragua ed in
Italia, sia in reparti di medicina che di chirurgia ed in particolare in
pronto soccorso, come medico di famiglia, inoltre come psichiatra nei
servizi pubblici ed in un servizio di medicina legale, infine come libero
professionista psicosomatista e psicoterapeuta; le sue attivita' di studioso
e formatore si sono incentrate sulla ricerca teorica, la gestione pragmatica
dei conflitti, sulla mediazione e la gestione delle risorse umane per e
nelle emergenze; e' impegnato dal 1970 in attivita' di volontariato per la
prevenzione della violenza e lo sviluppo umano; quale conduttore di
incontri, seminari, laboratori teorico-pratici, si e' occupato di gestione
dei conflitti, d'affiatamento di gruppi di lavoro, di gruppi di terapia e di
crescita umana; in ambito sociale tale interesse si e' tradotto in un
contributo culturale per la prevenzione e la gestione dei conflitti
intergruppali. In particolare ha coordinato ricerche e convegni sui temi
della violenza organizzata e della guerra; e' autore e  curatore di diverse
pubblicazioni]
Le manifestazioni di Genova hanno dimostrato che una minoranza di gruppi
organizzati favorevoli alla violenza, con l'apporto di poche migliaia di
cani sciolti, disperati e rabbiosi, o teppisti o rivoluzionari che dir si
voglia, sono in grado di condizionare gravemente il  movimento di piazza. Ma
una situazione del genere, con la sua scia di fatti tragici, si realizza
solo a certe condizioni.
Sicuramente la violenza che si e' innescata a Genova non viene considerata
positiva dalla maggioranza dei manifestanti.
Probabilmente e' anche vero, che alcuni settori  del potere, dell'economia e
delle istituzioni hanno interesse a che la violenza blocchi la capacita' del
movimento di sostenere alcune  proposte costruttive nel senso ad esempio
della invenzione di un sistema democratico mondiale come indicato da Padoa
Schippa sul "Corriere della sera" del 19 luglio. Quindi la violenza sarebbe
funzionale al  potere autoritario, alla difesa di  privilegi ingiusti e di
uno sviluppo insostenibile.
Ma a maggior ragione, se vi sono gruppi che riescono a sfruttare i giovani
violenti, il punto resta che il movimento di piazza ha mostrato i propri
limiti. Oppure no ? C'e' chi e' convinto che sia stata una prova di forza e
che questi eventi malgrado tutto condizionino positivamente i potenti del
mondo e favoriscano le sorti dello  sviluppo e dell'equilibrio umani? Questa
e' la trappola per la societa' civile.
Hanno vinto i violenti di una parte e dell'altra, alleati fra di loro,
spesso senza saperlo o senza volerlo riconoscere.
*
Tutta quella parte di manifestati e sostenitori che non approvano la
violenza e  sono preoccupati per le sorti del mondo, non possono piu' cadere
in queste trappole.
Ma allora devono  fare delle scelte chiare, anche separarsi da coloro che
creano delle zone di ambiguita' e rendono verosimile la credenza che in
fondo i teppisti riuscivano a sfuggire  alla polizia perche' rientravano
nella manifestazione pacifica.
Questo non e' completamente vero perche' a Genova vi sono anche stati
scontri fra i teppisti e chi ha cercato di impedire loro di usare la manifes
tazione pacifica come retrovia, ma questa notizia fa fatica a diffondersi
nell'opinione pubblica ed in fondo i teppisti si muovevano per la citta' e
si confondevano con la gente. Per cui alla polizia non e' stato facile
identificarli e bloccarli. Se anche questa fosse  una scusa e le forze
dell'ordine avessero giocato  su questa scusa per ragioni loro, il punto
strategico resta di fare in modo che questa scusa non possa piu' essere
credibile.
Per impedire che in futuro questo avvenga di nuovo e' necessario che vengano
separati nettamente i destini delle frange che non rispettano i patti e la
volonta' della larga maggioranza e che vengano chiarite le  zone di
contiguita' progressive all'interno del movimento. Fra quelli che la
violenza la applicano e quelli che la teorizzano; fra quelli che la
teorizzano e quelli che la approvano a certe condizioni, fra quelli che solo
a certe condizioni e quelli che solo per legittima difesa, fra quelli che
giustificano e quelli che capiscono, fra quelli che la approvano e quelli
che indulgono, fra quelli che indulgono e quelli che coprono. Fra quelli che
la favoriscono e quelli che "forse, vediamo un po', intanto questi che fanno
casino sono bravi ragazzi e la responsabilita' e' sempre solo degli altri".
*
Se non e' possibile isolare quelli che impediscono al movimento di applicare
la propria linea in piazza ci sono altri incisivi metodi di lotta e di
resistenza, piu' utili delle grandi parate, per raggiungere gli obiettivi.
Per un movimento di massa e' piu' importante costruire delle proposte
costruttive, chiare, credibili e fattibili, che non protestare in piazza
insieme agli ambigui. La piazza come si e' visto puo' essere facilmente
manipolata. Se inoltre gli obiettivi non sono chiari ovviamente i governi
rispondono su quelli piu' comodi per loro. C'e' infatti chi chiede maggiore
attenzione ed aiuti verso i poveri ed i malati del mondo, c'e' chi vuole un
diverso sistema di potere, piu' giustizia, la fine dell'inquinamento ecc.
ecc. Quello che infine risalta  non e' la indicazione costruttiva, ma la
protesta; quello che viene colto dai governanti non e' la proposta per un
miglioramento strutturale, ma l'elemosina ai malati, che non e' una cosa
malvagia ma non basta.
Se questo movimento vuole essere efficace, oltre a chiarire gli obiettivi
deve quindi chiarire i metodi e le strategie e  non lasciare spazio ai
vandali. E i problemi che questo movimento pone sono troppo importanti
perche' esso permetta che altri gli preparino il biglietto da visita.  Non
e' facile poi far sapere a tutti quelli che lo hanno ricevuto che il
biglietto era falso.

7. LUTTI. RICCARDO ORIOLES RICORDA MIRIA FRACASSI
[Da "Tanto per abbaiare" n. 199 del 6 ottobre 2003.
Riccardo Orioles (per contatti: riccardoorioles at libero.it) e' giornalista
eccellente ed esempio pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e
quindi di limpido impegno civile); militante antimafia tra i piu' lucidi e
coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de "I Siciliani",
poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti"; ha formato al
giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli
utenti della rete telematica vi e' la possibilita' di leggere una raccolta
dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico
Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile
leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori
di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due
ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa,
Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene
(Einaudi, Torino 1999).
La ricordo anch'io, Miria Fracassi, le sue telefonate e il suo piglio le
rare volte che sottraendo ad altre piu' urgenti e necessarie cose prezioso
il poco tempo andai a riunioni da "Avvenimenti" convocate che ogni volta
trovavo cosi' ingenue, strascicate e "romane" (aggettivo che per noi vecchi
militanti cromwelliani e' sinonimo di perdigiorno e confusione); la ricordo
adesso con affetto e tenerezza, e di colpo sento forte un dolore anche per
questo mondo che si svuota e che ahime' presto non piu' sapra', non
ricordera' piu', cosa fu la passione e il cruccio e la tenacia della
sinistra del Novecento, la vicenda cui in tanti abbiamo dedicato la parte
migliore - quella cosciente tutta, e lacerata - della nostra vita (p. s.)]
Persone. E' morta Miria Fracassi, che nell'88 fu tra i fondatori di
"Avvenimenti" e che anzi, in quel periodo iniziale, fu forse la persona che
con piu' determinazione spinse per quell'impresa che allora pareva
impossibile, e che probabilmente non sarebbe sorta senza la sua ostinazione.
I miei rapporti con lei negli ultimi anni di "Avvenimenti" non sono stati
amichevoli, eravamo in contrasto durissimo praticamente su tutto. Il suo
tratto piu' forte era una volonta' ferrea di non arrendersi, di portare
avanti a ogni costo l'eredita', in cui credeva moltissimo, del vecchio
popolo comunista; e questo in un periodo in cui Andreotti e Craxi sembravano
destinati a durare cent'anni. Questo di lei ricordo in questo momento, e
anche la gentilezza sincera dei primi incontri, quando il lavoro era ancora
tutto da iniziare e i contrasti che piu' tardi ci avrebbero divisi erano
ancora da venire.

8. LUTTI. UN RICORDO DI BEPI TOMAI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 ottobre 2003. Bepi Tomai , costruttore
di pace, educatore di educatori, persona serena e gentile, appassionata e
benigna, e' stato direttore generale del Formez. Tra le sue opere: Il
volontariato. Istruzioni per l'uso, Feltrinelli, Milano 1994]
Ad alcuni giorni dalla sua scomparsa, vogliamo ricordare Bepi Tomai. Lo
rivediamo, sorridente e sollecito nella Milano del '68, poi, ai tempi della
rivista "L'Erba voglio", nei movimenti che mettevano al centro la critica
delle istituzioni autoritarie e la ricerca di una scuola nuova, in cui
circolasse un sapere rigoroso e aperto alle contaminazioni e innovazioni.
Per quelli che avevano a cuore i diritti di emarginati, immigrati, esuli,
senza casa, Bepi era un riferimento certo, un interlocutore che aveva il
dono del dialogo, dell'attenzione concreta all'altro, alla sua identita' e
storia. La generosita' di Bepi non era solo un tratto del carattere, era uno
stile di vita e d'azione. Di Bepi ci manchera' il sorriso, sigillo del suo
stare al mondo con gli altri e per gli altri.
L. Melandri, A. Prete, P. Redaelli, P. Melchiorri, S. Natoli, S. Antoniazzi,
A. Volpi, A. Sonego, M. Nadotti, G. Rossetti Pepe, M. Miegge, D. Pazzini, e
molti altri amici

9. LUTTI. MIMMO DE CILLIS RICORDA ANNALENA TONELLI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 7 ottobre 2003. Mimmo De Cillis e'
giornalista di "Lettera 22"]
"Luigi Pintor, un cosiddetto ateo, scrisse un giorno che non c'e' nella vita
cosa piu' importante da fare che chinarsi perche' un altro, cingendoti il
collo, possa rialzarsi. Cosi' e' per me. Nell'inginocchiarmi perche',
stringendomi il collo, essi possano rialzarsi e riprendere il cammino, trovo
pace e una carica fortissima".
Sono parole tratte dal diario di Annalena Tonelli, missionaria laica di
sessant'anni, uccisa domenica sera a colpi di fucile nella sua abitazione a
Borama, nel Somaliland, in circostanze non ancora ben definite. Mandanti ed
esecutori dell'omicidio non sono ancora chiari, mentre le ipotesi spaziano
dal furto alla strage per motivi religiosi. Eppure la Tonelli era un
personaggio sui generis perche', pur professandosi cristiana, non era
incasellata in nessuna organizzazione, ordine religioso o associazione di
volontariato. Libera da qualsiasi etichetta, le risultava facile apprezzare
personaggi come Gandhi, Schweitzer, Pintor, accomunati dalla "passione per
l'umanita'".
Era un'umanita' povera, diseredata, reietta quella che la Tonelli si era
chinata a soccorrere. Nata a Forli' sessanta anni fa, aveva sentito il
bisogno di dedicarsi ai poveri, prima nel suo quartiere di nascita, poi
nella scelta di vita per l'Africa, in Kenya e in Somalia. Viveva a Borama,
nel Somaliland, provincia dichiaratasi indipendente dalla Somalia, dove
aveva riattivato l'ospedale e l'ambulatorio locali per la cura e prevenzione
della tubercolosi. Un'oasi di speranza per molti malati, un flusso di un
migliaio al giorno, nonostante i 200 posti letto. Oltre a dispensare cure
mediche, aveva organizzato anche scuole di alfabetizzazione per bambini e
adulti tubercolotici, corsi di istruzione sanitaria al personale paramedico,
una scuola per bambini sordomuti e minorati fisici.
Nella sua fragilita' fisica - magrissima, capelli grigi raccolti sulla
nuca - aveva realizzato opere coraggiose che le sono valse premi di alto
valore internazionale. Nell'aprile di una anno fa aveva ricevuto il "Nansen
Refugee Award", assegnato dall'Alto commissario Onu per i rifugiati a quanti
si distinguono nell'assistenza umanitaria ai profughi. Pur non essendo un
medico di professione (era laureata in legge) aveva anche ottenuto un
riconoscimento dall'Organizzazione mondiale della sanita': la Tonelli aveva
ideato un progetto sanitario innovativo, la Directly Observed Therapy, cioe'
l'attenta osservazione e cura dell'ammalato di tubercolosi appartenente a
gruppi nomadi o seminomadi, avvalendosi di un sistema di monitoraggio e
prevenzione estremamente dettagliato e tecnicamente aggiornato che serva a
debellare il morbo. "Era una donna straordinaria e arrivo' in Africa quasi
per sbaglio", ha detto il missionario comboniano Alex Zanotelli all'agenzia
Misna, ricordando come la Tonelli sia giunta in Somalia dopo essere stata
espulsa dal Kenya per le critiche al governo di Nairobi, al quale aveva
rimproverato un tentativo di genocidio contro una tribu' di nomadi.
La Tonelli non e' la prima volontaria a perdere la vita in Somalia. Nel
1995, un'altra italiana, Graziella Fumagalli, era stata uccisa a Merca, dove
dirigeva l'ospedale antitubercolare della Caritas italiana.
Nel Somaliland oggi regnano solo dolore, sgomento e indignazione. Il
presidente Dahir Riyalew Kahin ha condannato il delitto definendo la
dottoressa "grande eroina" e promettendo la cattura di esecutori e mandanti.
Il problema che si pone ora e' la prosecuzione del suo impegno. La salma
verra' traslata in Kenya e poi tornera' a Forli', dove e' stato proclamato
il lutto cittadino.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 698 del 9 ottobre 2003