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La nonviolenza e' in cammino. 698
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 698
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 8 Oct 2003 21:59:23 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 698 del 9 ottobre 2003 Sommario di questo numero: 1. Cinzia Boni, Valeria Boni e Stefano Longagnani intervistano Krishnammal Jagannathan sulla proposta di Lidia Menapace 2. Ausilia Riggi Pignata: sulla proposta di Lidia Menapace (una premessa) 3. Lidia Menapace: verso un incontro 4. Mao Valpiana: la festa per i quindici anni della Casa della nonviolenza a Verona 5. Nella Ginatempo: a proposito delle pratiche del "movimento dei movimenti" 6. Francesco Tullio: violenza, responsabilita' e strategie a Genova (un testo del 2001) 7. Riccardo Orioles ricorda Miria Fracassi 8. Un ricordo di Bepi Tomai 9. Mimmo De Cillis ricorda Annalena Tonelli 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. CINZIA BONI, VALERIA BONI E STEFANO LONGAGNANI INTERVISTANO KRISHNAMMAL JAGANNATHAN SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE [Ringraziamo di tutto cuore Stefano Longagnani (per contatti: longagnani at yahoo.it) per aver realizzato, insieme a Cinzia e Valeria Boni che ringraziamo anch'esse di cuore, questa intervista a Krishnammal Jagannathan (segretaria generale del Lafti, partecipante alla quinta assemblea dell'Onu dei popoli, invitata da Overseas e dall'Ufficio per la pace del Comune di Spilamberto - Mo -), una delle piu' grandi figure della nonviolenza nel mondo, sulla proposta di Lidia Menapace] Krishnammal e' stanca. Ha parlato per tutto il pomeriggio con le amiche e gli amici modenesi del Lafti (Land for Tiller's Freedom - Terra per la liberazione dei braccianti, l'organizzazione del Tamil Nadu, India, di cui e' segretaria generale). Qui in Overseas (http://www.overseas1971.org), il partner italiano del Lafti, il clima e' di gioiosa festa. Sono passati oltre due anni dall'ultima visita di Krishnammal, e i tanti e le tante che l'hanno conosciuta qui in Italia, e/o che sono andate e andati a trovarla direttamente presso i suoi progetti in Tamil Nadu, non vedevano proprio l'ora di rincontrarla. Incontrare questa allieva di Gandhi, Gandhiji come lei lo chiama in segno di riverenza, e' un balsamo per lo spirito, il nostro spirito occidentale ormai assopito e intorpidito dal nostro troppo "benessere". Il Lafti si occupa della promozione del programma costruttivo di Gandhi nelle regioni piu' povere del Tamil Nadu, il grande stato all'estremita' meridionale dell'India. Oltre alla promozione dell'autosufficienza di villaggio, attraverso programmi di sviluppo di piccole attivita' artigianali e di coltivazione comunitaria delle terre strappate ai latifondisti, Krishnammal ed il marito Jagannathan lottano da anni contro la penetrazione delle multinazionali nel tessuto economico dell'India, penetrazione foriera di corruzione e di devastazioni ambientali. "Quit multinational!" una delle ultime parole d'ordine utilizzate durante le manifestazioni e le marce nonviolente, slogan che riprende il famoso "Quit India!" di gandhiana memoria. La piu' nota delle lotte di Jagannathan e Krishnammal, apparsa anche sui nostri distratti quotidiani (e della quale si puo' trovare parecchio in internet, fin nel sito delle Nazioni Unite), e' quella contro l'allevamento intensivo di gamberi e gamberetti. Questa apparentemente innocua attivita' di acquacoltura porta invece a devastazione ambientali multiple: sconvolgimento dell'ecosistema marino, con diminuzione del pescato a causa della rimozione della foresta costiera di mangrovie che funge da luogo di riproduzione per molti pesci; minore protezione della costa dalle mareggiate nella stagione dei monsoni, per la medesima rimozione delle mangrovie costiere; salinizzazione ed inquinamento chimico della terreno circostante le vasche e contaminazione della falda acquifera, a causa del percolamento provocato dalle enormi vasche di acquicoltura costruite a ridosso della costa. Tali vasche per l'allevamento dei gamberi sono inoltre costruite su terreni marginali, spesso l'unica fonte di sostentamento per la popolazione locale piu' povera, che si trova cosi' affamata sia che si tratti di pescatori che di agricoltori, e costretta a bere l'acqua inquinata della falda. Alterne vicende hanno visto "i nostri" vincitori su alcuni fronti: la corte suprema della confederazione indiana ha dichiarato illegale tali allevamenti, ma il governo del Tamil Nadu non ha ancora provveduto ad attuare la sentenza. Nell'impresa ciclopica Krishnammal e Jagannathan, lei 78 anni e lui 91, sono stati aiutati ed affiancati dall'avvocato ambientalista Mehta, che li ha assistiti gratuitamente, e dall'autorevolezza scientifica di Vandana Shiva, della quale scorro di sfuggita indirizzo e numero di telefono nel quaderno che accompagna fedelmente Krishnammal probabilmente da anni. * Ho chiesto a Krishnammal una intervista sulla proposta di Lidia Menapace per un'Europa neutrale. Lei si e' detta disponibile, e mentre saluta gli amici che ormai se ne devono andare per l'ora tarda, mi fa cenno che presto sara' libera per l'intervista. Il tramonto, che mi colpiva in viso, ormai ha lasciato spazio all'oscurita'. Restiamo solo io e le sorelle Boni, Cinzia e Valeria: insieme condurremo l'intervista, e soprattutto mi sosterranno nel mio pessimo inglese. Spieghiamo a Krishnammal la proposta di Lidia Menapace per una Europa neutrale e attiva per la pace, riprendendola dalla lettera ai parlamentari che Peppe Sini ha da poco pubblicato su "La nonviolenza e' in cammino". Quando arriviamo al passo in cui si parla di democrazia, Krishnammal non ci fa continuare e ci interrompe. - Krishnammal: Si parla tanto di democrazia, ma non c'e' vera democrazia senza partecipazione popolare! Che democrazia e' quella dove la gente non interviene, non partecipa alla vita pubblica. La vera democrazia deve essere fatta dalla gente, e in nessuna parte del mondo vedo ora una vera democrazia, dove la gente partecipi davvero. E se non c'e' la partecipazione, di quale democrazia si tratta? I politici parlano tanto, dicono "abbiamo fatto quello, abbiamo fatto quest'altro", ma non stimolano la partecipazione dei cittadini. Tutti i paesi cosiddetti democratici sbandierano al mondo la loro "democraticita'", e vorrebbero dare l'esempio, ma in realta' si tratta solo di finzione. Oggi come oggi quel che comanda e' il potere dei soldi, il potere della forza bruta e soprattutto l'aristocrazia, che in ogni paese cosiddetto democratico ha messo radici profonde. - intervistatori: a proposito delle Nazioni Unite, cosa ci puo' dire? - Krishnammal: L'Onu, e' sotto gli occhi di tutti, non sta funzionando assolutamente. E' una organizzazione chiave in questo mondo sempre piu' piccolo, e dovrebbe alzare la voce, eccome se dovrebbe alzare la voce. Ma purtroppo non lo fa abbastanza. Per esempio nel caso della guerra in Iraq... Quando si inizia una guerra non si sa mai dove essa portera', e questo e' molto, molto grave e pericoloso. In Iraq hanno il diritto all'autoderminazione, e l'Onu deve alzare la voce in questo senso. Deve essere il popolo iracheno a scegliere quel che e' giusto per loro. La guerra in Iraq non era affatto necessaria. E' stata fatta per il petrolio, ma sono state coinvolte e uccise persone innocenti che nemmeno sapevano il motivo di questa guerra senza senso. - Intervistatori: Terminiamo di leggere a Krishnammal la proposta di Lidia Menapace, le chiediamo un commento generale, anche e soprattutto sulla sua realizzabilita'. - Krishnammal: La proposta e' ottima, ed e' il momento giusto perche' la gente si faccia avanti, alzi la testa e si metta a pensare e a proporre. E importante che i popoli europei sentano nel loro animo la sofferenza di tanta parte del mondo. Questo genere di proposte deve tradursi il piu' possibile in azione. E piu' che mai necessario oggi, in un mondo pieno di conflitti. Non e' sufficiente sedersi a scrivere belle parole, pero'. E' necessario piu' che mai, ed al piu' presto, agire immediatamente nel concreto. Dovremo fin da subito fare i passi appropriati per promuovere questa idea in tutte le sedi idonee. Dobbiamo coinvolgere il maggior numero di persone su questa idea. Soprattutto persone di valore che possano incidere su quel che si sta facendo ora. Sono necessarie persone di valore che facciano da punto di riferimento e possano parlare in ogni sede di questa importante idea. Questo e' il primo passo da fare, da fare subito. - Intervistatori: Che tipo di persone di valore intende, parla dei politici? - Krishnammal: Certo che no! I politici attuali spesso non credono a quello che fanno. Oggi piu' che mai sono necessarie persone sincere e devote, disponibili a dedicare tempo della loro vita a questioni di questo genere. A volte, per fare un esempio, vengono invitate a parlare persone molto importanti che parlano solo per dare di se' una falsa immagine. Non sono sincere. Noi abbiamo bisogno di persone che abbiano spirito di sacrificio e abnegazione, che si dedichino a portare avanti proposte come questa come fosse una vera e propria missione. - Intervistatori: Bisogna ricominciare a parlare di etica in politica, insomma... - Krishnammal: Quando si parla di violenza e nonviolenza non si coglie il punto. Noi dobbiamo capire che l'unica cosa importante e' stabilire la Verita' sulle questioni, e l'unica strada per far questo e' la nonviolenza. Per questo dico che abbiamo bisogno di persone con spirito missionario. - Intervistatori: Lei pensa che ci siano gli spazi politici per la realizzazione di questa proposta? - Krishnammal: Certo. C'e' una speranza, ed e' fondamentale tentare. E' piu' che mai necessario sperare sempre e in ogni occasione per il meglio. E un nostro dovere anelare sempre verso il meglio. Non possiamo negarci questa speranza. - Intervistatori: Cosa pensa dell'istituzione di corpi civili di pace e di iniziative analoghe? - Krishnammal: Istituzionalizzare questo genere di iniziative e' difficile e rischioso. L'energia che essi esprimono e' fondamentale per la riuscita di tali iniziative, e una istituzionalizzazione fatta in modo sbagliato correrebbe il rischi di soffocare le loro energie e il loro spirito. Le persone che partecipano a iniziative di questo genere sono animate da alti ideali, e mantenere un tale spirito in una situazione istituzionale e' molto difficile. Se penso all'Iraq, per esempio, sarebbe stato quanto mai utile l'invio massiccio di corpi civili di pace, ma non sarebbe stato solo con la loro presenza fisica che avrebbero evitato il conflitto. E piu' che mai indispensabile, in questo genere di iniziative, che sia presente una forte valenza educativa, che si dia insomma per primi il buon esempio. Alla presenza in loco di eventuali corpi civili di pace sarebbe stato necessario affiancare azioni di formazione e sensibilizzazione della popolazione locale, per esempio mediate training nonviolenti, per aumentare la consapevolezza e la coscienza delle popolazioni coinvolte. Questo, oltre ad aumentare l'efficacia della presenza in loco, aumenta di molto i fattori di successo di tali iniziative. - Intervistatori: Ha dei suggerimenti su questa iniziativa? - Krishnammal: Mi ripeto: e' necessario al piu' presto fare qualcosa. E urgente piu' che mai. Dovremo subito fare tutti insieme i passi necessari. E, soprattutto, non bisogna perdere la speranza. Ci saranno sempre tanti e tanti ostacoli sulla nostra strada, ma alla fine ce la faremo, perche' le cause che portiamo avanti sono genuine e autentiche. 2. RIFLESSIONE. AUSILIA RIGGI PIGNATA: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE (UNA PREMESSA) [Ringraziamo Ausilia Riggi Pignata (per contatti: donnecosi at virgilio.it) per questo suo impegnativo intervento, di cui pubblichiamo oggi la prima parte in attesa che ci invii il seguito. Ausilia Riggi Pignata e' un'acuta pensatrice e testimone di scelte di forte rigore intellettuale e morale e di profondo anelito alla liberazione di tutte e tutti; "si e' data - come ha scritto lei stessa - un campo circoscritto di impegno per abbattere la violenza istituzionale quando contrasta con la liberta' di coscienza; e nello stesso ambito ha particolarmente approfondito il tema 'donna e sacro' (su cui si veda il sito www.donne-cosi.org)"] Non riesco ad inserirmi nell'interessante dibattito sulla nonviolenza, e in particolare sulla piega che ha preso circa la proposta di Lidia Menapace, senza interrogarmi sulle mie stesse perplessita'. Queste mi sono sempre state compagne utilissime nella ricerca di idee che non svaporino nel gia' trito e che abbiano un minimo di concretezza sul "che fare oggi". Le mie perplessita' si proiettano su un quadro ideale che deve avere, non solo una sua logica, ma anche una sua relazione con i mezzi per accostarvisi. In questo mio intervento, non so perche', mi piace indugiare su tale quadro, perche' ho bisogno di credere, ancora una volta (come mi e' capitato per l'utopia marxiana), che sia attuabile. Non nel senso di far coincidere l'utopia con la realta', ma di inaugurare davvero il nuovo piu' nuovo. Il quale potra' essere calpestato, ma se in esso esplode la creativita', non si potra' fare a meno di tenerne conto. * La nonviolenza come teoria e prassi per una pace estesa a tutti i livelli, apre un capitolo inedito nella storia, tutto da realizzare. Non so fino a che punto ce ne rendiamo conto. Si tratta di un capovolgimento totale dei parametri su cui si regge la convivenza umana, di novita' assoluta. E, si sa, il nuovo ha i suoi fanatici e i suoi indolenti, e percio' puo' avere la durata di una fiammata, cui seguirebbe, immancabile, la curva discendente; e tutto ritornerebbe come prima. Il nuovo della nonviolenza va dato in mano a pazienti indefessi longanimi costruttori: tali da resistere ad ogni logoramento, da scavare in profondita', da sfuggire alla precarieta' da cui e' segnata ogni conquista umana. Non ci si puo' limitare a propagandare l'era della nonviolenza come risultato buono, frutto di laborioso e travagliato impegno che segna una qualsiasi tappa evolutiva; c'e' di piu'. Si tratta di un salto antropologico, tale da mutare l'ordine naturale deterministico, e da far nascere dalle ceneri del passato l'oltre-uomo, di cui parlava Nietzsche in altri contesti. C'e' da riconoscere l'eccezionalita' di questo avvento, almeno nella mente e nel cuore dei piu' seri facitori di verita'. Eccezionalita' da affidare meno all'intellettualita' o alla politica o alla religione o all'etica. Perche' la nonviolenza, o si genera all'interno e al centro della persona e delle societa', o il suo destino verra' assimilato a quanto (soprattutto in campo di conquiste sociali) finora si e' rivelato relativo e da relativizzare, se non da rinnegare. * A questo punto, nella mia mente, condizionata costantemente dalla fede religiosa, mi pare che una garanzia di Novita' (con la maiuscola) non la puo' dare che un principio saldo ed indiscutibile (prendere o lasciare: senza questo le nostre parole sono cembali sonanti): l'essere umano e' perfettibile; tanto piu' perfettibile quanto piu' e' consapevole che l'esistente nel quale e' immerso e' attraversato dall'infinito. I valori via via acquisiti lungo i tempi, abbisognano di un ancoraggio oltre il tempo e lo spazio. In ogni istante c'e' tutto, se vissuto nella pienezza che lo filtra e trasporta al di la' del suo scorrere. Non tutti si accorgono (sottolineo l'uso di questo verbo) che il divino e' nell'istante, in cui si ripete, attraverso di noi, l'atto creativo. Quando si assapora tale consapevolezza, si e' nello stesso tempo carichi della grande responsabilita' di trasportare l'umanita' oltre se stessa. Penso a Simone Weil, alla sua grande fede nell'umanita' capace di infinito. Solo una viva fede puo' usare questo termine, e fondare, su tutte le cadute storiche, una possibilita' che sfidi la caducita' del tempo. Si', per segnare la grande svolta che inclini il cammino storico verso una meta perennemente nuova, quale e' la nonviolenza, unico paradigma che meriti il nome di umano, ci vuole una grande fede nell'infinita' delle potenzialita' umane. In tutti/e coloro che scrivono in questo foglio si sente vibrare la sete di un nuovo ordine che non sia solo quello della legge, dei diritti acquisiti e da acquisire, della pur utilissima solidarieta'. Trovo in loro la ferma volonta' di un nuovo patto sociale, che sia sotteso ed esplicito in ogni convenzione regolatrice dei rapporti umani. Trovo respiro di mondialita', perche' ogni conquista umana, localizzata qua e la', resta tale se sfida, oltre che il tempo, lo spazio. * Nel proporre la nonviolenza a tutti i livelli, non c'e' chi non distingua nettamente i sogni utopici dalla loro realizzazione sempre imperfetta... Come non guardare alla lezione che ci proviene dalla deformazione in cui si sono inceppate tante prospettive lungo le varie epoche? Perfino la Bibbia canta l'idillio della pecorella che sta accanto al lupo. Bisogna assolutamente strappare a tale sorte la volonta' di pace. Questa dovra' restare incontrastata signora della storia, da servire per riedificare un mondo impantanato in mostruosita' indicibili. A nulla serve rifugiarsi nel sogno o proiettarsi nell'indefinito orizzonte di una pace di la' da venire. Essa deve sostanziare l'oggi, e fare da punto fermo, dal quale non tornare mai piu' indietro. Chi afferma che la nonviolenza e' impossibile nella molteplicita' dei suoi presupposti e dei suoi corollari, non capisce che si tratta di una necessita' storica (dato il punto di complessita' al quale siamo approdati); nonche' di un fatto che tracende ogni scelta, e annunzia, non la fine della storia, bensi' il bandolo dell'intricata matassa che l'avviluppa in enormi contraddizioni. * A partire da queste premesse mi accostero' alla proposta di Lidia e ne vagliero' la sua novita'. Convinta, come ho detto sopra, che o l'essere umano del nuovo e' capace, o e' destinato a subire le vicende storiche come se fossero sottratte alla liberta', alla creativita' umana. Il discorso si complica, se teniamo conto del fatto che la violenza non dipende unicamente dalle scelte individuali, ma e' intrinseca, strutturalmente, in ogni tipo di aggregazione umana. (continua) 3. INIZIATIVE. LIDIA MENAPACE: VERSO UN INCONTRO [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001] Carissimi/e, non riesco piu' a tenere il conto degli interventi (ma ringrazio sempre per l'attenta considerazione, che allarga e approfondisce la proposta) e mi parrebbe - a questo punto - che forse sarebbe il caso di fissare una qualche iniziativa di incontro al termine della quale avviare una raccolta di adesioni, alcune proposte di pratiche, legami con altre proposte simili o componibili, insomma avviare una azione politica comune. Mi spiace se qualcuno ha avuto l'impressione che volessi "comparire": la proposta e' stata elaborata nella "Convenzione permanente di donne contro le guerre" e appartiene a tutte e tutti quelli che la sostengono, arricchiscono, ecc.: siamo contro i brevetti naturalmente, non solo delle medicine: tuttavia crediamo che la citazione delle fonti resti un fondamento dell'etica della ricerca e solo per questo viene usato il mio nome, dato che della Convenzione sono la decana e la piu' antica portavoce. 4. INCONTRI. MAO VALPIANA: LA FESTA PER I QUINDICI ANNI DELLA CASA DELLA NONVIOLENZA A VERONA [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) per questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario] Sabato 4 ottobre a Verona si e' fatto festa per i quindici anni di vita della Casa per la nonviolenza, che apri' i suoi battenti il 4 ottobre 1988, dando vita a quello che mi piace definire un piccolo miracolo. Il miracolo cioe' di esser riusciti a realizzare il sogno e il progetto del "padre" del pensiero nonviolento in Italia, Aldo Capitini, secondo il quale la nonviolenza, per crescere, non poteva basarsi solo su buona volonta' o buone idee, ma anche su strutture e lavoro costante, proprio come aveva insegnato l'esperienza di Gandhi in India. Negli ultimi tre decenni Verona e' stata un crocevia importante del Movimento Nonviolento. Un crocevia che ha visto fiorire le scelte dei primi obiettori di coscienza al servizio militare, quando obiettare era ancora un reato pagato con il carcere, e poi nascere in Arena quel movimento conosciuto come "Beati i costruttori di pace", la cui prima assemblea si tenne il 4 ottobre 1986 nell'anfiteatro. E ancora l'esperienza del Verona forum che nei primi anni Novanta, nel pieno della crisi dei Balcani, provo' a tessere - con un coordinamento ospitato proprio nella Casa per la nonviolenza - i fili di un possibile dialogo tra popoli in conflitto, per individuare una soluzione pacifica e nuove modalita' di convivenza. In quest'arco di tempo la Casa per la nonviolenza, nel popolare quartiere di San Zeno, ha rappresentato un punto di riferimento non solo in citta', ma anche in Italia e all'estero. Lo testimonia un fatto: e' qui che ha la sede nazionale il Movimento Nonviolento e viene edito il mensile "Azione nonviolenta", la testata storica del Movimento fondata nel 1961 da Capitini. La Casa e' sorta con il contributo generoso e gratuito di molte persone, che hanno donato tempo, denaro, lavoro. Non ci sono padroni ne' riceviamo finanziamenti pubblici: la Casa, che nel frattempo si e' ampliata, vive esclusivamente con i proventi della vendita di libri e riviste, dei servizi offerti e con il contributo di simpatizzanti. * La festa e' stata molto partecipata. E' stata insieme una festa di quartiere (le vivande sono state preparate con cura e maestria dalle signore Lucia, Adriana, Margherita) con la pesca dei tappi, il commercio equo e solidale, la lotteria nonviolenta (tutti vincevano qualcosa e chi voleva poteva scegliersi il premio che preferiva) e una festa politica con la riflessione affidata al segretario nazionale del Movimento Nonviolento, Daniele Lugli, che ci ha parlato dell'influenza della figura di Francesco d'Assisi nel pensiero di Aldo Capitini, e di Paola Forasacco dell'Associazione antroposofica, che ha approfondito la biografia di Francesco. Un bel momento della festa e' stato quello musicale, con il pianoforte di Paolo ed il violino di Cesare che ci hanno emozionati suonando musiche polacche, zigane, ebraiche, russe. Gli intervenuti hanno potuto visitare la mostra, curata da Marco Brandini, "Quarant'anni di storia in copertina" che riproduce, una per anno, le copertine storiche di "Azione nonviolenta", dal 1964 al 2003. Un bel momento e' stato il laboratorio per bambini "Quando siamo a casa" condotto da Loretta Viscuso, che si e' concluso con un coloratissimo cartellone dove ogni bambini ha espresso la propria idea di casa. Prima e dopo cena abbiamo cantato insieme, accompagnati da Paolo Predieri, le canzoni di Rodari-Endrigo e il bell'inno "Il varco della storia", un'opera collettiva, ispirata dallo stesso Predieri, che fa cosi': * Il varco della storia Nelle periferie della memoria Negli angoli piu' fertili della storia Uomini e donne scoprono che La forza piu' forte nelle armi non e' Eserciti interi si sono fermati Folli assassini i coltelli han gettato Tiranni feroci hanno abdicato Quando con questa si son misurati (Ritornello) Nonviolenza e' il varco della storia Senz'armi combatti con molta piu' gloria Nonviolenza e' sempre piu' da organizzare Il male col male non si puo' cancellare Nonviolenza e' il varco della storia Senz'armi combatti con molta piu' gloria Nonviolenza e' sempre piu' da organizzare Il male in bene si puo' trasformare Dove c'e' l'odio l'amore portiamo Amiamo il nemico a lui la mano tendiamo Ma se con noi si scontra il suo fare Possiamo e dobbiamo non collaborare (Rit.) Nonviolenza non e' stare ad aspettare Che qualcuno cattivo del male stia a fare Nonviolenza sara' o non esistenza Nel futuro dell'uomo c'e' questa esigenza Bandiere di pace su tutti i balconi Figli di schiavi e figli di padroni Come fratelli insieme abbracciati a cantare Campane in festa l'aria san colorare (Rit.) Nonviolenza e' antica come le montagne Nasce in citta' nasce nelle campagne Nonviolenza e' la forza dell'amore Diamogli vita con le mani e col cuore. 5. RIFLESSIONE. NELLA GINATEMPO: A PROPOSITO DELLE PRATICHE DEL "MOVIMENTO DEI MOVIMENTI" [Ringraziamo Nella Ginatempo (per contatti: nellagin at tiscali.it) per averci messo a disposizione questo intervento che riproduciamo pressoche' integralmente. Nella Ginatempo e' una prestigiosa intellettuale impegnata nei movimenti delle donne, contro la guerra, per la globalizzazione dei diritti; e' docente di sociologia urbana e rurale all'universita' di Messina; ha tenuto per alcuni anni il corso di sociologia del lavoro, svolgendo ricerche sul tema del lavoro femminile; attualmente svolge ricerche nel campo della sociologia dell'ambiente e del territorio. Tra le sue pubblicazioni: La casa in Italia, 1975; La citta' del Sud, 1976; Marginalita' e riproduzione sociale, 1983; Donne al confine, 1996; Luoghi e non luoghi nell'area dello Stretto, 1999. Vi sono in questo intervento dell'autorevole studiosa alcune cose che non possiamo condividere - e ci e' parso doveroso e necessario segnalarlo qui (ad esempio quanto si dice en passant su Genova ingiustificatamente sottovaluta e quindi inammissibilmente rimuove il fatto che vi furono anche responsabilita' morali gravissime di personaggi e settori del "movimento dei movimenti" nella promozione dello scatenamento anche della violenza di sadici e nazisti presenti nelle forze dell'ordine); ma molte altre ve ne sono del tutto condivisibili e che apprezziamo molto, con la speranza che sempre piu' ci sia anche da parte di intellettuali influenti nel cosiddetto movimento dei movimenti un accostamento allo nonviolenza fondato sullo studio attento e sulla ricerca e la pratica del rigore intellettuale e morale] Disobbedienza civile Parto dalla mia esperienza. Molte volte ho partecipato a pratiche di disobbedienza civile. Occupazioni di case e facolta' universitarie. Catene umane e blocchi stradali. Piu' di recente, col gruppo di lavoro Bastaguerra, ho rischiato varie volte l'arresto e altre seccature con la "giustizia". Dalla contestazione del Ministro Frattini dentro la seduta del Senato, ai blocchi stradali davanti all'ambasciata Usa e a palazzo Chigi, alla contestazione della parata militare del 2 giugno, alle azioni di disturbo al cambio della guardia al Quirinale. Con le compagne di Ya basta e del Forum delle donne abbiamo fatto una bella azione di occupazione e blocco del Ministero della Difesa. Insomma disobbedire mi piace, pero' non mi piace lo stile militare. Dal punto di vista culturale ed estetico disapprovo il fronteggiamento e lo scontro organizzato piu' o meno soft con le forze dell'ordine. Si puo' dire che l'estetica e' un fatto personale, tuttavia credo che i gusti siano influenzati da una cultura lungamente introiettata. La mia cultura e' femminista e pacifista, mi viene dall'esperienza delle Donne in nero a Messina, dalle manifestazioni a Comiso e dalla Lega per il disarmo unilaterale, poi dalle esperienze romane, dal Forum delle donne del Prc, dalla Convenzione permanente di donne contro le guerre, dal gruppo di lavoro che ho contribuito a costruire (Bastaguerra del Forum sociale europeo). Mi sono fatta l'idea che bisogna smilitarizzare le menti e le pratiche di piazza, come il linguaggio e i territori, cosi' qualunque mimesi della forza, anche simbolica, mi sembra sgradevole e vecchia. * Regole Un movimento plurale fatto di tante anime diverse deve necessariamente seguire delle regole di convivenza se vuole evitare il verificarsi di eccessi di competizione o di predominio di un pezzo rispetto ad altri pezzi. Credo sia necessario richiamare due regole che oggi mi sembrano appannate dalla manifestazione del 4 ottobre. Prima regola: le pratiche di movimento seguono il metodo della nonviolenza ed escludono il danneggiamento a persone e cose (Carta di Porto Alegre I). Seconda regola: quando si producono iniziative unitarie di massa, alle quali partecipano tutte le anime del movimento ed a cui si chiama a partecipare tutta la societa' civile, bisogna evitare ogni forzatura, stimolare il massimo coinvolgimento e la piena condivisione del programma. Cio' perche' l'obiettivo del movimento e' allargare la partecipazione e dunque bisogna evitare accuratamente di coinvolgere in pratiche non pienamente condivise masse di persone, esponendole a rischi e conseguenze che non hanno deciso di affrontare. Percio' credo che le azioni di disobbedienza civile che comportano rischi personali non siano opportune, parlando in generale, nei cortei unitari di massa, oppure debbano avvenire in un modo lungamente concordato e in condizioni di sicurezza per la maggioranza dei partecipanti al corteo (la quale maggioranza non partecipa direttamente all'azione - innanzitutto per motivi logistici - ma e' esposta alle conseguenze generali dell'azione di pochi). * Violenza e nonviolenza La cosa peggiore che ci puo' accadere e' assomigliare al nostro avversario... una lunghissima catena di violenza del potere che si fonda sugli interessi e le strategie dei signori della guerra e del capitale che hanno potere di vita e di morte su milioni di esseri umani... Banale. Ma non sara' banale assumere il punto di vista che se rispondiamo alla violenza con la violenza non facciamo che alimentare lo stesso mito della forza che da millenni abita il mondo e che e' stato alimentato dal patriarcato e dal capitalismo. Vogliamo resistere, disobbedire, confliggere. Eppure dobbiamo controllare "la parte oscura della forza" che e' in noi, cosi' come la nostra creativita' controlla e frena la nostra distruttivita'. Perche' dobbiamo? Perche' il messaggio di vita che e' nel nostro movimento puo' sommergere e fermare il messaggio di morte che il capitalismo globalizzato ci lancia ogni momento. E' possibile alzare il livello di conflitto senza ricorrere alla violenza? Secondo me si'. Dobbiamo ancora cercare. Ribellarsi puo' significare anche sottrarsi allo scontro fisico per cercare forme piu' efficaci. Piu' efficaci, si'. Infatti personalmente non credo che violare una zona rossa o sfondare un cordone di polizia sia efficace. Il prezzo che si paga in termini di cariche, scontri, scompaginamento di un corteo di massa, tensione, cupezza e alla fine sfiducia e' troppo alto. Il risultato viene presto deformato mediaticamente dall'avversario che ti assimila ai teppisti dello stadio. Il messaggio di ribellione e cambiamento non raggiunge il grosso della societa' che vogliamo raggiungere. Per questo credo che non sia efficace. O forse per efficacia si intende la nostra capacita' di condizionare le scelte dei potenti. Ma si pensa davvero che il vertice del Wto a Cancun sia saltato perche' le donne hanno tagliato le reti? Io credo che il movimento nostro in tutto il mondo, con la capacita' che ha avuto di influenzare la vita e il pensiero di milioni di persone, ha modificato i rapporti di forza, fino a dare ad alcuni paesi sfruttati dall'occidente il coraggio, attraverso i loro rappresentanti, di puntare i piedi, di coalizzarsi, di dire no. Credo che sarebbe avvenuto lo stesso con altre forme di protesta e di contestazione visibile. Continuo a ritenere che i cortei unitari di massa, pacifici e oceanici come il 15 febbraio siano la forma piu' efficace, proprio per condizionare i potenti delle cosiddette democrazie occidentali. Non e' stato ancora sufficiente a fermare la guerra permanente globale, ma, come dice Arundhati Roy, ha reso l'impero nudo. Adesso si tratta di diffondere in modo capillare la disubbidienza civile al mercato attraverso il boicottaggio economico e le pratiche quotidiane di ribellione e contestazione. L'impero non si puo' contrastare con la forza ma con la determinazione di miliardi di deboli che lo dissolvono dall'interno, obiettando, disobbedendo, cambiando consumi e modelli di vita. * Firenze e noi Ieri ho pensato che Firenze e' stato il nostro trionfo (e poi il 15 febbraio il nostro miracolo). Non il gesto esemplare di poche avanguardie (che pure serve anche quello per lanciare messaggi) ma l'occasione di partecipare per un milione di persone. Abbiamo dimostrato la forza immensa dell'unione del popolo della pace e la bellezza di una protesta democratica, pacifica, sicura, gioiosa. Da Firenze a Roma del 4 ottobre e' successo qualcosa che ci ha fatto perdere: siamo come pesci che hanno perso il contatto con l'acqua in cui devono nuotare. E sono terrorizzata all'idea che le persone che hanno visto le immagini degli scontri all'Eur possano aver cambiato idea su di noi. Non avevamo dimostrato al mondo ed ai razzisti che siamo l'esatto contrario dei teppisti, dei devastatori, dei violenti? Non avevamo dimostrato col nostro corteo di un milione di persone che il massacro di Genova era stato provocato dallo Stato e dalle sue forze del disordine? Che gioia far vedere il nostro amore per Firenze, il nostro amore per la pace, per la liberta' dei popoli, per la giustizia. Ambasciatori di un altro mondo possibile. Che pena vedere alcuni di noi usare metodi simili a quelli dei nostri avversari! Pensiamo di usare come leva del nostro successo politico e mediatico la rabbia metropolitana dei ragazzetti di periferia? Dovrebbe farci paura quella distruttivita', dovremmo saperla volgere in nuovo amore. Se non siamo capaci di produrre subito un messaggio di creativita' saremo travolti. Che bel regalo a tutti i razzisti del mondo! 6. HERI DICEBAMUS. FRANCESCO TULLIO: VIOLENZA, RESPONSABILITA' E STRATEGIE A GENOVA (UN TESTO DEL 2001) [Siamo assai gati a Francesco Tullio (per contatti: psicosoluzioni at francescotullio.it) per averci messo a disposizione questo suo scritto gia' pubblicato all'indomani della tragedia di Genova nell'estate 2001. Francesco Tullio, prestigioso studioso e amico della nonviolenza, e' uno dei piu' noti peace-researcher a livello internazionale e animatore di molte iniziative per la pace e la gestione e risoluzione nonviolenta dei conflitti; nato a Roma il 18 giugno 1952, laurea in medicina e chirurgia, specializzazione in psichiatria, libero professionista, psicoterapeuta, esperto di gestione delle risorse umane, di prevenzione e trasformazione dei conflitti, di problem solving organizzativo; docente di psicoterapia breve alla Universita' di Perugia, docente di psicologia al master "Esperto in cultura d'impresa" all'Universita' di Perugia, 2001, ricercatore a contratto con il Centro militare di studi strategici nell'anno 1998-1999, presidente onorario del Centro studi difesa civile (sito: www.pacedifesa.org) di cui e' stato e resta infaticabile animatore, ha coordinato ricerche per diversi enti, tra cui quella per l'Ufficio Onu del Ministero Affari Esteri su "Ong e gestione dei conflitti. Il confidence-building a livello di comunita' nelle crisi internazionali. Analisi, esperienze, prospettive"; promotore del Centro di ricerca e formazione sui conflitti e la pace presso l'Universita' di Perugia e dell'Istituto internazionale di ricerca sui conflitti e per la pace; numerose le sue esperienze come medico, in Germania, in Nicaragua ed in Italia, sia in reparti di medicina che di chirurgia ed in particolare in pronto soccorso, come medico di famiglia, inoltre come psichiatra nei servizi pubblici ed in un servizio di medicina legale, infine come libero professionista psicosomatista e psicoterapeuta; le sue attivita' di studioso e formatore si sono incentrate sulla ricerca teorica, la gestione pragmatica dei conflitti, sulla mediazione e la gestione delle risorse umane per e nelle emergenze; e' impegnato dal 1970 in attivita' di volontariato per la prevenzione della violenza e lo sviluppo umano; quale conduttore di incontri, seminari, laboratori teorico-pratici, si e' occupato di gestione dei conflitti, d'affiatamento di gruppi di lavoro, di gruppi di terapia e di crescita umana; in ambito sociale tale interesse si e' tradotto in un contributo culturale per la prevenzione e la gestione dei conflitti intergruppali. In particolare ha coordinato ricerche e convegni sui temi della violenza organizzata e della guerra; e' autore e curatore di diverse pubblicazioni] Le manifestazioni di Genova hanno dimostrato che una minoranza di gruppi organizzati favorevoli alla violenza, con l'apporto di poche migliaia di cani sciolti, disperati e rabbiosi, o teppisti o rivoluzionari che dir si voglia, sono in grado di condizionare gravemente il movimento di piazza. Ma una situazione del genere, con la sua scia di fatti tragici, si realizza solo a certe condizioni. Sicuramente la violenza che si e' innescata a Genova non viene considerata positiva dalla maggioranza dei manifestanti. Probabilmente e' anche vero, che alcuni settori del potere, dell'economia e delle istituzioni hanno interesse a che la violenza blocchi la capacita' del movimento di sostenere alcune proposte costruttive nel senso ad esempio della invenzione di un sistema democratico mondiale come indicato da Padoa Schippa sul "Corriere della sera" del 19 luglio. Quindi la violenza sarebbe funzionale al potere autoritario, alla difesa di privilegi ingiusti e di uno sviluppo insostenibile. Ma a maggior ragione, se vi sono gruppi che riescono a sfruttare i giovani violenti, il punto resta che il movimento di piazza ha mostrato i propri limiti. Oppure no ? C'e' chi e' convinto che sia stata una prova di forza e che questi eventi malgrado tutto condizionino positivamente i potenti del mondo e favoriscano le sorti dello sviluppo e dell'equilibrio umani? Questa e' la trappola per la societa' civile. Hanno vinto i violenti di una parte e dell'altra, alleati fra di loro, spesso senza saperlo o senza volerlo riconoscere. * Tutta quella parte di manifestati e sostenitori che non approvano la violenza e sono preoccupati per le sorti del mondo, non possono piu' cadere in queste trappole. Ma allora devono fare delle scelte chiare, anche separarsi da coloro che creano delle zone di ambiguita' e rendono verosimile la credenza che in fondo i teppisti riuscivano a sfuggire alla polizia perche' rientravano nella manifestazione pacifica. Questo non e' completamente vero perche' a Genova vi sono anche stati scontri fra i teppisti e chi ha cercato di impedire loro di usare la manifes tazione pacifica come retrovia, ma questa notizia fa fatica a diffondersi nell'opinione pubblica ed in fondo i teppisti si muovevano per la citta' e si confondevano con la gente. Per cui alla polizia non e' stato facile identificarli e bloccarli. Se anche questa fosse una scusa e le forze dell'ordine avessero giocato su questa scusa per ragioni loro, il punto strategico resta di fare in modo che questa scusa non possa piu' essere credibile. Per impedire che in futuro questo avvenga di nuovo e' necessario che vengano separati nettamente i destini delle frange che non rispettano i patti e la volonta' della larga maggioranza e che vengano chiarite le zone di contiguita' progressive all'interno del movimento. Fra quelli che la violenza la applicano e quelli che la teorizzano; fra quelli che la teorizzano e quelli che la approvano a certe condizioni, fra quelli che solo a certe condizioni e quelli che solo per legittima difesa, fra quelli che giustificano e quelli che capiscono, fra quelli che la approvano e quelli che indulgono, fra quelli che indulgono e quelli che coprono. Fra quelli che la favoriscono e quelli che "forse, vediamo un po', intanto questi che fanno casino sono bravi ragazzi e la responsabilita' e' sempre solo degli altri". * Se non e' possibile isolare quelli che impediscono al movimento di applicare la propria linea in piazza ci sono altri incisivi metodi di lotta e di resistenza, piu' utili delle grandi parate, per raggiungere gli obiettivi. Per un movimento di massa e' piu' importante costruire delle proposte costruttive, chiare, credibili e fattibili, che non protestare in piazza insieme agli ambigui. La piazza come si e' visto puo' essere facilmente manipolata. Se inoltre gli obiettivi non sono chiari ovviamente i governi rispondono su quelli piu' comodi per loro. C'e' infatti chi chiede maggiore attenzione ed aiuti verso i poveri ed i malati del mondo, c'e' chi vuole un diverso sistema di potere, piu' giustizia, la fine dell'inquinamento ecc. ecc. Quello che infine risalta non e' la indicazione costruttiva, ma la protesta; quello che viene colto dai governanti non e' la proposta per un miglioramento strutturale, ma l'elemosina ai malati, che non e' una cosa malvagia ma non basta. Se questo movimento vuole essere efficace, oltre a chiarire gli obiettivi deve quindi chiarire i metodi e le strategie e non lasciare spazio ai vandali. E i problemi che questo movimento pone sono troppo importanti perche' esso permetta che altri gli preparino il biglietto da visita. Non e' facile poi far sapere a tutti quelli che lo hanno ricevuto che il biglietto era falso. 7. LUTTI. RICCARDO ORIOLES RICORDA MIRIA FRACASSI [Da "Tanto per abbaiare" n. 199 del 6 ottobre 2003. Riccardo Orioles (per contatti: riccardoorioles at libero.it) e' giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido impegno civile); militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti"; ha formato al giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli utenti della rete telematica vi e' la possibilita' di leggere una raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene (Einaudi, Torino 1999). La ricordo anch'io, Miria Fracassi, le sue telefonate e il suo piglio le rare volte che sottraendo ad altre piu' urgenti e necessarie cose prezioso il poco tempo andai a riunioni da "Avvenimenti" convocate che ogni volta trovavo cosi' ingenue, strascicate e "romane" (aggettivo che per noi vecchi militanti cromwelliani e' sinonimo di perdigiorno e confusione); la ricordo adesso con affetto e tenerezza, e di colpo sento forte un dolore anche per questo mondo che si svuota e che ahime' presto non piu' sapra', non ricordera' piu', cosa fu la passione e il cruccio e la tenacia della sinistra del Novecento, la vicenda cui in tanti abbiamo dedicato la parte migliore - quella cosciente tutta, e lacerata - della nostra vita (p. s.)] Persone. E' morta Miria Fracassi, che nell'88 fu tra i fondatori di "Avvenimenti" e che anzi, in quel periodo iniziale, fu forse la persona che con piu' determinazione spinse per quell'impresa che allora pareva impossibile, e che probabilmente non sarebbe sorta senza la sua ostinazione. I miei rapporti con lei negli ultimi anni di "Avvenimenti" non sono stati amichevoli, eravamo in contrasto durissimo praticamente su tutto. Il suo tratto piu' forte era una volonta' ferrea di non arrendersi, di portare avanti a ogni costo l'eredita', in cui credeva moltissimo, del vecchio popolo comunista; e questo in un periodo in cui Andreotti e Craxi sembravano destinati a durare cent'anni. Questo di lei ricordo in questo momento, e anche la gentilezza sincera dei primi incontri, quando il lavoro era ancora tutto da iniziare e i contrasti che piu' tardi ci avrebbero divisi erano ancora da venire. 8. LUTTI. UN RICORDO DI BEPI TOMAI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 ottobre 2003. Bepi Tomai , costruttore di pace, educatore di educatori, persona serena e gentile, appassionata e benigna, e' stato direttore generale del Formez. Tra le sue opere: Il volontariato. Istruzioni per l'uso, Feltrinelli, Milano 1994] Ad alcuni giorni dalla sua scomparsa, vogliamo ricordare Bepi Tomai. Lo rivediamo, sorridente e sollecito nella Milano del '68, poi, ai tempi della rivista "L'Erba voglio", nei movimenti che mettevano al centro la critica delle istituzioni autoritarie e la ricerca di una scuola nuova, in cui circolasse un sapere rigoroso e aperto alle contaminazioni e innovazioni. Per quelli che avevano a cuore i diritti di emarginati, immigrati, esuli, senza casa, Bepi era un riferimento certo, un interlocutore che aveva il dono del dialogo, dell'attenzione concreta all'altro, alla sua identita' e storia. La generosita' di Bepi non era solo un tratto del carattere, era uno stile di vita e d'azione. Di Bepi ci manchera' il sorriso, sigillo del suo stare al mondo con gli altri e per gli altri. L. Melandri, A. Prete, P. Redaelli, P. Melchiorri, S. Natoli, S. Antoniazzi, A. Volpi, A. Sonego, M. Nadotti, G. Rossetti Pepe, M. Miegge, D. Pazzini, e molti altri amici 9. LUTTI. MIMMO DE CILLIS RICORDA ANNALENA TONELLI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 7 ottobre 2003. Mimmo De Cillis e' giornalista di "Lettera 22"] "Luigi Pintor, un cosiddetto ateo, scrisse un giorno che non c'e' nella vita cosa piu' importante da fare che chinarsi perche' un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi. Cosi' e' per me. Nell'inginocchiarmi perche', stringendomi il collo, essi possano rialzarsi e riprendere il cammino, trovo pace e una carica fortissima". Sono parole tratte dal diario di Annalena Tonelli, missionaria laica di sessant'anni, uccisa domenica sera a colpi di fucile nella sua abitazione a Borama, nel Somaliland, in circostanze non ancora ben definite. Mandanti ed esecutori dell'omicidio non sono ancora chiari, mentre le ipotesi spaziano dal furto alla strage per motivi religiosi. Eppure la Tonelli era un personaggio sui generis perche', pur professandosi cristiana, non era incasellata in nessuna organizzazione, ordine religioso o associazione di volontariato. Libera da qualsiasi etichetta, le risultava facile apprezzare personaggi come Gandhi, Schweitzer, Pintor, accomunati dalla "passione per l'umanita'". Era un'umanita' povera, diseredata, reietta quella che la Tonelli si era chinata a soccorrere. Nata a Forli' sessanta anni fa, aveva sentito il bisogno di dedicarsi ai poveri, prima nel suo quartiere di nascita, poi nella scelta di vita per l'Africa, in Kenya e in Somalia. Viveva a Borama, nel Somaliland, provincia dichiaratasi indipendente dalla Somalia, dove aveva riattivato l'ospedale e l'ambulatorio locali per la cura e prevenzione della tubercolosi. Un'oasi di speranza per molti malati, un flusso di un migliaio al giorno, nonostante i 200 posti letto. Oltre a dispensare cure mediche, aveva organizzato anche scuole di alfabetizzazione per bambini e adulti tubercolotici, corsi di istruzione sanitaria al personale paramedico, una scuola per bambini sordomuti e minorati fisici. Nella sua fragilita' fisica - magrissima, capelli grigi raccolti sulla nuca - aveva realizzato opere coraggiose che le sono valse premi di alto valore internazionale. Nell'aprile di una anno fa aveva ricevuto il "Nansen Refugee Award", assegnato dall'Alto commissario Onu per i rifugiati a quanti si distinguono nell'assistenza umanitaria ai profughi. Pur non essendo un medico di professione (era laureata in legge) aveva anche ottenuto un riconoscimento dall'Organizzazione mondiale della sanita': la Tonelli aveva ideato un progetto sanitario innovativo, la Directly Observed Therapy, cioe' l'attenta osservazione e cura dell'ammalato di tubercolosi appartenente a gruppi nomadi o seminomadi, avvalendosi di un sistema di monitoraggio e prevenzione estremamente dettagliato e tecnicamente aggiornato che serva a debellare il morbo. "Era una donna straordinaria e arrivo' in Africa quasi per sbaglio", ha detto il missionario comboniano Alex Zanotelli all'agenzia Misna, ricordando come la Tonelli sia giunta in Somalia dopo essere stata espulsa dal Kenya per le critiche al governo di Nairobi, al quale aveva rimproverato un tentativo di genocidio contro una tribu' di nomadi. La Tonelli non e' la prima volontaria a perdere la vita in Somalia. Nel 1995, un'altra italiana, Graziella Fumagalli, era stata uccisa a Merca, dove dirigeva l'ospedale antitubercolare della Caritas italiana. Nel Somaliland oggi regnano solo dolore, sgomento e indignazione. Il presidente Dahir Riyalew Kahin ha condannato il delitto definendo la dottoressa "grande eroina" e promettendo la cattura di esecutori e mandanti. Il problema che si pone ora e' la prosecuzione del suo impegno. La salma verra' traslata in Kenya e poi tornera' a Forli', dove e' stato proclamato il lutto cittadino. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 698 del 9 ottobre 2003
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