[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 697
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 697
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 7 Oct 2003 19:00:07 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 697 dell'8 ottobre 2003 Sommario di questo numero: 1. Alcuni incontri ad Asti, Gubbio, Napoli, Roma e Perugia 2. Il "Cos in rete" di ottobre 3. Natalino Albineri: sulla proposta di Lidia Menapace 4. Maria Teresa Gavazza: sulla proposta di Lidia Menapace 5. Carlo Schenone: sulla proposta di Lidia Menapace 6. Giovanni Battista Zucconi: sulla proposta di Lidia Menapace 7. Giancarla Codrignani: nazionalismi, patriarcato, donne 8. Ida Dominijanni: dentro, fuori, in mezzo 9. Monica Lanfranco: dal dialogo alla nonviolenza 10. Peppe Sini: tre subalternita': da Seattle a Praga (un appello del 4 ottobre 2000) 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. ALCUNI INCONTRI AD ASTI, GUBBIO, NAPOLI, ROMA E PERUGIA [Da vari interlocutori riceviamo e diffondiamo] Asti: "Nonviolenza per l'Europa" Il Comune di Asti in collaborazione con il Centro studi "Sereno Regis" ed il polo universitario di Asti promuove giovedi' 9 ottobre, alle ore 17,30, presso l'aula 3 della sede dell'Universita' di Asti in via G. Testa 89, un convegno su: "Nonviolenza per l'Europa". Interverra' la professoressa Angela Dogliotti Marasso, del Centro studi "Sereno Regis" di Torino. Per informazioni: at0047 at biblioteche.reteunitaria.piemonte.it * Gubbio: "Stop the wall" Tra le iniziative che precedono l'Onu dei popoli, "Action for peace", nell'ambito della campagna nazionale contro il muro di separazione avviata nel mese di giugno, con l'adesione della "Rete ebrei contro l'occupazione" e del "Movimento palestinese per la democrazia e la cultura", promuove l'incontro "Stop the wall", l'8 ottobre, alle ore 16,30, presso il Centro servizi S. Spirito, piazzale Frondizi, a Gubbio. Intervengono: Yana Knopova (Coalizione delle donne per la pace - Israele), Riziq Abunasser (rappresentante del villaggio palestinese di Mas'ha), Sergio Bassoli, Gianfranco Benzi, Stefano Cimicchi, Michele De Palma, Andrea Genovali, Roberto Giudici, Sveva Haertter, Renzo Maffei, Alessandra Mecozzi, Gennaro Migliore, Federica Miralto, Luisa Morgantini, Maurizio Musolino, Ali Rashid. * Napoli: "Il Dio delle donne" L'8 ottobre alle ore 17,30 presso l'istituto per gli studi filosofici di Napoli si terra' la presentazione del libro della filosofa Luisa Muraro, il Dio delle donne. Interverranno l'autrice, Bruno Forte e Adriana Valerio. Per informazioni: Associazione culturale Evaluna, e-mail: libreriadelledonne at evaluna.it * Roma: "Dal sud al nord, donne nei media" Mercoledi' 8 ottobre, alle ore 18, alla libreria Zora Neale Hurston, Casa internazionale delle donne, via della Lungara 19, a Roma, si terra' l'incontro organizzato da "Femmis" e "Il paese delle donne" per presentare il libro "Dal sud al nord, donne nei media" ed un progetto di formazione giornalistica di donne in Africa, per parlare della funzione dei mezzi di comunicazione per le donne in Africa e non solo. Saranno presenti Daniela Maccari, suora comboniana redattrice del sito www.femmis.org, dona Cecilia Nampete del Mozambico, che ha partecipato al progetto, e Maria Dulche Araujo dell'Associazione donne capoverdiane in Italia. Per informazioni: www.femmis.org, www.womenews.net * Perugia: Onu dei popoli e marcia Perugia-Assisi Ricordiamo che dal 4 al 12 ottobre, per iniziativa della Tavola della pace e del Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani, si svolge la quinta assemblea dell'Onu dei popoli (le sessioni culminanti si terranno dal 9 all'11 a Perugia, molti altri incontri sono in corso in varie citta' d'Italia) che il 12 ottobre si concludera' con la marcia per la pace da Perugia ad Assisi. Per informazioni: tel. 0755736890, e-mail: info at perlapace.it, sito: www.tavoladellapace.it 2. INFORMAZIONE. IL "COS IN RETE" DI OTTOBRE [Dall'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini (per contatti: e-mail: capitini at tiscalinet.it; sito: www.cosinrete.it) riceviamo e diffondiamo] Vi segnaliamo nell'ultimo aggiornamento di ottobre 2003 del C.O.S. in rete, www.cosinrete.it, una selezione critica di alcuni riferimenti trovati sulla stampa italiana ai temi capitiniani: nonviolenza, difesa della pace, partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso, religione aperta, educazione aperta, antifascismo. Tra cui: L'onore riparato; Torture for ever; La Svezia e le tasse; Petrarca e Battisti; Le due torri e Cancun; Lee e la sinistra; I poveracci; Il mestiere delle armi; Totalitarismo imperfetto; La protesta laureata; Quello strano cristiano; Lo squinternato; Muri e cancelli; Il signore fa i suoi comodi; ed altri ancora. Piu' scritti di e su Capitini utili secondo noi alla riflessione attuale sugli stessi temi. Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al C.O.S. in rete e' libera e aperta a tutti. 3. RIFLESSIONE. NATALINO ALBINERI: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE [Ringraziamo il caro amico Natalino Albineri per aver voluto anche lui contribuire a questa riflessione. Natalino Albineri e' stato insegnante e conduce una vita appartata (e naturalmente rispettiamo la sua privacy)] Cari amici, sui temi evocati e implicati dalla proposta di Lidia Menapace vorrei proporre alla riflessione comune, ed alla franca discussione quindi, tre pensamenti soltanto: i primi due scritti alla brava, il terzo piu' meditato anche se non meno ellittico; e a mo' di congedo una dichiarazione di apprezzamento e sostegno alla proposta che spero si traduca in iniziativa. * 1. Un'Europa, anzi due L'Europa che si e' usi chiamare occidente (la terra del tramonto, quindi) si e' costituita in opposizione alla Persia, a Cartagine, all'Islam, all'impero ottomano, al favoloso oriente e al nuovo mondo. L'Europa e' un'espressione geografica e storica che trae origine dalla reiterazione di un atto di opposizione: il se' contro l'altro, noi versus loro, ed ovviamente - come tutte le culture oppositive ed esclusive - la grottesca pretesa di essere la civilta' contro la barbarie, la storia contro la natura, il soggetto contro l'oggetto. Questa storia va superata (ma nel senso - chiedo venia, e chiedo venia anche dell'ironia - hegeliano del termine). Ma e' anche, questa Europa, e di genti e di tradizioni le piu' diverse un crogiuolo; con tutta la sua prosopopea sui propri quarti di nobilta', e' vivaddio meticcia, ed e' grande e ci e' preziosa proprio grazie a questo suo meticciato. Ma anche questo meticciato deve divenire vieppiu' trasparente a se stesso, consapevole che la sua fecondita' e' nel riconoscimento delle peculiarita' e nella necessita' di tutte le sue radici, consapevole che l'incontro si da' solo quando l'altro e' accolto e non subornato, consapevole che uguaglianza e diversita' si implicano e si fondano reciprocamente. Ma nell'Europa geografica l'Unione europea nasce da quella serie di scelte e di accordi (la Cee e via di seguito) che si costituirono, nel continente riemerso dallo scempio delle due guerre mondiali, in opposizione al defunto campo del cosiddetto "socialismo reale", ed in funzione del consolidamento della dominazione capitalistica. Anche qui: cio' che e' morto fa presa su cio' che e' vivo; anche qui, occorrera' un superamento, che sia elaborazione del passato, assunzione di responsabilita', scelta di mutamento - anche di paradigma: nella direzione indicata da Hannah Arendt e Virginia Woolf, da Hans Jonas e Vandana Shiva, da Danilo Dolci e Giuliano Pontara; nella direzione indicata dal movimento delle donne, dalla "corrente calda" del movimento operaio, dai movimenti libertari, ecopacifisti, antirazzisti e solidali; nella direzione della nonviolenza in cammino. E se oggi l'Europa geografica e quella istituzionale tendono ad incontrarsi, con l'espansione ad est dell'Unione fino ai confini di una Russia forse oggi ancora relativamente troppo grande per stare dentro l'Unione (poiche' gia' a sua volta Confederazione, e per cosi' dire balena in una vasca da bagno), questo apre nuove prospettive e contraddizioni nuove; e dipendera' anche da noi se feconde di giustizia e liberta', o di nuovo fascismo: poiche' l'Europa dei paesi e dei popoli ricchi e consumisti e quella dei paesi e dei popoli poveri e consumati dovranno insieme ridefinire molte cose, ed a noi sara' chiesto di condividere molti beni materiali frutto di prvilegio e di rapina, ma sia a noi che a loro sara' chiesto di far cessare la rapina, nostra anche verso di loro, nostra e loro verso il sud del mondo dall'Europa per secoli e tuttora saccheggiato e depauperato. Dovremo pur fare i conti con il nostro passato, per poter fare i conti col nostro futuro. * 2. Due Europe, anzi una Ma venendo all'Europa geografica gia' inscritta nella cornice istituzionale dell'Unione europea, e' una opinione che non mi convince - una delle tante che per esser all'infinito ripetute non per questo diventano persuasive - quella che contrappone un'Europa dei governi autoritari e delle istituzioni asservite al neoliberismo a un'Europa dei movimenti libertari e dei diritti sociali. Perche' invero nell'area dell'Unione vi e' un'Europa soltanto: quella della rapina e del privilegio di cui tutti godiamo. E a vantaggio dei governi vi e' di essere frutto di elezioni democratiche, mentre vari movimenti sono minoranze (sovente infime) che rappresentative si autoproclamano (sovente senza verifica alcuna), e i cui leader talora sono figuri dagli atteggiamenti e dai ragionamenti cosi' lugubri e totalitari che e' una vera fortuna che non abbiano il potere politico. E le istituzioni hanno sui movimenti il vantaggio di essere comunque garanti di civile convivere e di fondarsi su leggi, mentre taluni gruppi in fusione sovente sono affetti da delirio di onnipotenza, e non mancano quelli che con la pretesa millenaristica di salvare il mondo non esiterebbero a distruggerlo secondo l'antico macabro adagio "fiat iustitia, pereat mundus". Ed infine l'Europa istituzionale qualcosa di buono l'ha pur fatto e lo garantisce: stato di diritto, elezioni democratiche, pubblicita' delle decisioni del potere politico, separazione dei poteri, laicita' della cosa pubblica. E se nei sud del mondo l'Unione europea e singoli stati europei sono sovente interpellati da stati e popoli come amici e in funzione di contrappeso alla feroce bulimia americana, vi sono anche ragioni concrete e cogenti. Ma detto tutto questo, va anche detto che i poteri politici europei - dell'Unione, degli stati - anche e ancora di cotte e di crude ne commettono, ed inenarrabili crimini: dalla guerra in giu'. E che solo in un'azione tenace e profonda dei movimenti di pace e di solidarieta', di resistenza e di liberazione, noi vediamo il cuore e il motore di un cambiamento che dal profondo del cuore auspichiamo e per il quale di mettersi in movimento vale la pena. Ma questa azione non basta che sia tenace e profonda: deve essere anche limpida ed esatta (e quindi anche esigente), e - se possiamo usare una parola capitiniana nel peculiare significato che Aldo Capitini le attribuiva - persuasa. Deve essere azione nonviolenta. Pensiero e azione nonviolenta. Nonviolenza in cammino. * 3. Quale federalismo C'e' un nodo politico, giuridico e politologico che non si puo' ne' eludere ne' elidere: ed e' il nodo del federalismo. Su cui molto e acutamente ha riflettuto soprattutto la tradizione anarchica da duecento anni in qua, da Proudhon a Kropotkin a Bookchin, e su cui ovviamente hanno riflettuto altresi' anche i protagonisti grandi di altre tradizioni di pensiero: da Cattaneo a Spinelli. Forse se la sinistra europea si fosse maggiormente interrogata su questo tema, e se i movimenti sociali si fossero occupati di esso con attenzione e rigore, oggi non saremmo in tante e tali aporie. Ma quanto a questo basti avervi qui accennato; solo per dire che nel passaggio dall'Europa fondata sugli stati-nazione a un'Europa che cerca forme nuove di organizzazione istituzionale e di codificazione giuridica, anche alla luce delle catastrofi belliche degli ultimi decenni (le guerre cosiddette "etniche", la "nuova guerra" americana; i conflitti armati cosiddetti "asimmetrici", etc.), occorrerebbe una riflessione che sia capace anche di ricostruire le radici e le forme di un dibattito che ha una storia - in furbesco: una coda - lunga, e perlopiu' negletta o rimossa, cosicche' poi di tanto augusti e venerandi termini - come appunto "federalismo" - si appropriano i ciarlatani e i totalitari (non solo del totalitarismo burocratico, anche di quello plebiscitario e pseudomovimentista) dell'ultim'ora, che ne abusano per coprire pratiche e interessi che in se' sarebbero innominabili. * 4. E quindi E quindi ben venga una riflessione e un'iniziativa delle persone amiche della nonviolenza su questa scala e su questi temi; e mi pare che rispetto ad altre proposte quella formulata dalla "Convenzione permanente di donne contro le guerre", e da Lidia Menapace per prima proposta e con piu' convinzione e chiarezza sostenuta, sia fin qui la piu' nitida e acuta. Riprendendo i termini che nel dibattito in corso mi pare siano ampiamente condivisi: un'Europa che si vincoli giuridicamente alla neutralita' attiva; che avvii disarmo e smilitarizzazione creando alternative, sia occupazionali, sia di sicurezza e di difesa, sia di cooperazione internazionale: riconversioni produttive, servizio civile, welfare community; un modello di sviluppo sostenibile, autocentrato, con fonti energetiche pulite e rinnovabili e tecnologie appropriate; difesa popolare nonviolenta, corpi civili di pace; valorizzazione della cooperazione internazionale decentrata ed attivazione delle risorse locali, delle istituzioni di base e delle societa' civili. Un'Europa che sia di sostegno a un'Onu rinnovata e democratizzata, che agisca "per la pace con mezzi di pace", per i diritti, la liberazione e il dialogo e la cooperazione tra i popoli, che sostenga l'impegno affinche' tutti i diritti umani siano riconosciuti a tutti gli esseri umani. Un'Europa insomma che inveri quel che di meglio la sua tradizione giuridica, politica e culturale ha prodotto, ed orienti e ordini la sua azione alla promozione della pace, della democrazia e dei diritti, informandola a quel principio della "nonviolenza giuriscostituente" che e' tanto caro a chi redige questo foglio. 4. RIFLESSIONE. MARIA TERESA GAVAZZA: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE [Ringraziamo Maria Teresa Gavazza (per contatti: teregav at tin.it) per questo intervento. Maria Teresa Gavazza, storica, docente, e' impegnata da sempre nei movimenti per la pace, di solidarieta', per i diritti umani] Non e' facile inserirsi nel dibattito avviato da Lidia Menapace per un'Europa neutrale ed attiva, disarmata, smilitarizzata e nonviolenta. Dal Forum sociale europeo di Firenze il movimento di movimenti si e' presentato come il nuovo interlocutore degli Stati travolgendo ogni steccato ideologico e culturale. Il 4 ottobre a Roma sono tornati a parlare i cittadini, cosi' come sara' per il 14 novembre a Parigi. E' la seconda Europa, dopo quella degli Stati. Non e' disposta a tacere, ma vuole contribuire al grande progetto di un nuovo soggetto politico, tale da bilanciare l'impero americano. Sono due i punti di vista da cui partire: le donne e i giovani. Rappresentano gli esclusi dalla politica tradizionale, cosi' povera di idee e di speranze. La nuova resistenza si basera' sul dono e la gratuita', accompagnati da reti solidali nei piccoli paesi come nelle citta'. La rivoluzione antropologica del nuovo millennio sara' questa persona "inedita": un salto della specie umana che richiedera' grande creativita' per inventare nuove forme della politica, ma anche intelligenza critica per costruire culture che affondino nel nostro piu' ricco passato per aprirsi a sperimentazioni globali. Vorrei sognare cosi' un'Europa che possa superare le contraddizioni del Novecento per ricominciare a lottare. 5. RIFLESSIONE. CARLO SCHENONE: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE [Ringraziamo Carlo Schenone (per contatti: e-mail: schenone at libero.it, sito: www.schenone.8k.com) per questo intervento. Carlo Schenone e' da molti anni a Genova una delle figure piu' impegnate nella riflessione sulla nonviolenza e nella pratica di essa nei movimenti e nei conflitti sociali, particolarmente attivo nella formazione; con una lunga, ampia e qualificata esperienza sia di impegno politico e sociale di base, sia di rappresentanza nelle istituzioni, sia di intervento meditato e propositivo nelle sedi organizzative e di coordinamento, di dibattito e decisionali, dei movimenti per i diritti] Rileggendo il dibattito sulla proposta di una Europa neutrale ho provato un certo disagio derivante da alcune perplessita' che ho fatto un po' di difficolta' a razionalizzare. Tutti gli interventi che sono riuscito a recuperare esaltavano la proposta con alcuni minime osservazioni linguistiche riguardo al termine "neutrale". L'intervento di Tartarini ha catalizzato le mie perplessita'. Contrariamente a cio' che hanno affermato alcuni mi pare che la proposta non sia per niente supportata da una visione costruttiva. Nel contesto attuale sembra piu' un lancio per tacitare la propria coscienza nella certezza di non dover far fatica per farla progredire rimanendo inesorabilmente lettera morta che una proposta che intenda efficacemente raggiungere un risultato. In confronto la richiesta di allontanare le basi Usa dall'Italia, lotta decisamente minoritaria che non ha mai avuto l'appoggio neppure da parte di molta sinistra sarebbe solo una piccola concessione ai pacifisti. Per di piu' l'utilizzo del termine "neutrale" al meglio verrebbe associato alla neutralita' svizzera dove i maschi vengono chiamati per anni ed anni a svolgere un servizio militare intermittente pur nella comune coscienza che non e' quell'esercito che difende la Svizzera da attacchi ma i soldi di chi potrebbe attaccarla depositati nelle sue banche. Alla peggio la neutralita' verrebbe interpretata con un arroccamento iperarmato di tutta l'Europa che sta a guardare pur di non essere coinvolta. Pensare di vedere riconosciuta la "neutralita'/non belligeranza" dell'Europa andrebbe in contrasto con il graduale principio del transarmo che il movimento nonviolento e pacifista propone da anni richiedendo un completo ed improvviso cambio di prospettiva anche all'interno del modello militare arrivando perfino a rafforzarlo, il tutto scelto e digerito nel giro dei pochi mesi che sembrano mancare all'approvazione della Carta. A queste altre perplessita' si sommano (alternativita' ad iniziative gia' in atto, drenaggio di risorse da obiettivi realizzabili ed altre, non ultima la visione iniziale antimaschilista)... Penso sarebbe piu' utile imparare a costruire un dibattito che possa portare ad una proposta condivisa componendo le visioni, le idee e i sentimenti che a poco a poco emergono invece di inseguire proposte personali di alcune personalita', per quanto significative. E questa e' una cosa che io, per esempio, ho imparato soprattutto dalle donne. 6. RIFLESSIONE. GIOVANNI BATTISTA ZUCCONI: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE [Ringraziamo Giovanni Battista Zucconi per questo intervento, che estraiamo da una piu' ampia lettera personale. Giovanni Battista Zucconi e' impegnato in iniziative di pace e di solidarieta'] ... A me sembra ovvio che questa proposta [la proposta di Lidia Menapace di un'Europa "neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta" - ndr] non presume di risolvere tutti i mali del mondo e neppure quelli del continente e neppure i malesseri di ognuna e ognuno di noi miserelli. Ha il merito infatti di essere definita, ovvero di avere un oggetto e per cosi' dire un perimetro precisi, tali per cui su di essa si puo' discutere anche con soggetti portatori di interessi e progetti diversi, cercando di costruire il consenso su scelte specifiche, senza pretendere di imporre un "programma massimo" irricevibile dalla gran parte non solo dei governi, ma anche dei cittadini europei cosi' come oggi sono, con i loro vizi e le loro virtu', i loro privilegi e le loro ragioni. Ma insieme essa giustamente rifiuta la logica del "programma minimo" che solitamente porta non solo a pessimi compromessi al ribasso, ma ad essere subornati se non addirittura cooptati - e resi ad un tempo sudditi e vassalli - dai detentori del potere fondato sulla dominazione dell'ingiustizia. Alle persone che dicono che e' inutile battersi per qualcosa di meno che per abbattere il capitalismo e cosi' e solo cosi' instaurare il "regno della liberta'", vorremmo rispondere che, non avendo noi frequentato il corso per corrispondenza per maghi e stregoni, cosi' come non abbiamo la sfera di cristallo non abbiamo neppure la bacchetta magica che certo deve essere stata data loro in dotazione con il relativo kit, e che non siamo poi cosi' sicuri che "abbattuto il capitalismo" coi metodi che ingenuamente propugnano (il famigerato forcipe, pessima occasionale battuta che e' contraddetta da tutto cio' che vale dell'immenso lascito teorico e pratico di Marx) ci lascerebbero un mondo abitabile; e viste le pregresse esperienze ne dubitiamo assai. Alle persone che dicono che il mondo (anzi: il Mondo) sara' sempre il letamaio dei letamai perche' l'essere umano (anzi: l'Uomo) e' la sentina delle sentine, vorremmo rispondere che per questo atteggiamento c'e' una locuzione precisa, ed e': crogiolarsi nel brago. Alle persone che fanno questione di paternita' e primogeniture vorremmo far rilevare che questa e' proprio la logica patriarcale e maschilista cui la tradizione di pensiero e di esperienze da cui la proposta di Lidia Menapace scaturisce si oppone riconoscendovi una delle scaturigini dell'oppressione che tutte e tutti ci offende o offusca. Alle persone che storcono il naso dinanzi al linguaggio giuridico (e specificatamente dinanzi alla parola "neutralita'" di cui gran scandalo si mena) nulla possiamo dire, se non che esso purtuttavia esiste, perche' le leggi fortunatamente esistono, ed altrettanto fortunatamente possono essere mutate e migliorate; e chi pensa di poterlo e poterle evitare chiudendo gli occhi non si stupisca se poi il naso lo sbatte; del resto cosi' Diogene cinico confutava chi negava l'esistenza del moto: semplicemente camminando. * Mi pare quindi che questa di Lidia Menapace sia una proposta forte, rigorosa e adeguata. Dovremo trovare il modo di sostenerla e diffonderla, di farne oggetto di un dibattito pubblico che arrivi a conseguenze operative, e ad esiti pratici: e particolarmente sia in relazione alla stesura definitiva della cosiddetta "Costituzione" europea, sia nei confronti delle forze politiche e dei candidati (e dei programmi e degli impegni degli uni e delle altre) che comporranno il parlamento europeo che verra' fuori dalle elezioni del 2004. La proposta di un'Europa "neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta", mi pare racchiuda un concreto "programma costruttivo" (per usare l'opportuna terminologia gandhiana) che si articola altresi' in processi, istituti, strutture ed azioni specifiche: dalla difesa popolare nonviolenta ai corpi civili di pace, per citare solo due punti qualificanti su cui la riflessione e' gia' particolarmente avanzata. * Naturalmente avanzare e praticare questa proposta comporta dover poi nella pratica concreta, nel dibattito e nella lotta, affrontare alcuni nodi con cui essa confligge, e che non sono bazzecole. E' evidente infatti che: a) si trattera' di contrastare le industrie belliche nazionali e transnazionali: e il peso fortissimo del complesso militare-industriale, e la sua possente capacita' lobbistica, e' confermato ad esempio dal recente peggioramento della legislazione italiana sulla produzione e il traffico di armi (peggioramento fondato proprio sulla strumentalizzazione a proprio vantaggio del processo di integrazione e sinergia europea); b) si trattera' di arrivare all'abolizone della Nato, che implica anche una rottura con gli Usa che non e' detto che sara' proprio una quisquilia; c) si trattera' di negoziare nell'Europa e tra Europa e partner dell'Unione e di singoli stati e governi nuovi e diversi accordi rispetto ad impegni in essere; d) si trattera' di ridiscutere quel nevralgico argomento che sono i consumi: e quindi l'approvvigionamento, la gestione e l'uso delle risorse; ambito nel quale le scelte di giustizia, e anche solo di ragionevolezza, impongono una drastica riduzione dell'attuale dissennato sperpero; e) si trattera' di avviare una diversa politica in materia di migrazione (fondata sul diritto universale degli esseri umani alla mobilita' e alla ricerca di una vita degna e di una ragionevole felicita' cosi' precisamente definito da Kant; sull'accoglienza e sulla responsabilita' globale; e sul basare i diritti di cittadinanza sullo "jus soli" anziche' sull'arcaico "jus sanguinis"), cosi' come in materia di "capacita' di carico" ecologica (in una visione globale, in una scelta di responsabilita'-responsivita' rispetto all'intera famiglia umana); f) si trattera' di fronteggiare il mare magnum di aggrovigliate contraddizioni concernenti le comunicazioni di massa e quelli che una volta erano detti gli "apparati ideologici": ambito insidioso quanto altri mai, ma se si vuole promuovere i diritti umani, la democrazia, la pace e la solidarieta', bisognera' pur essere consapevoli che la partecipazione democratica alla cosa pubblica e' largamente dipendente dall'accesso ad un'informazione adeguata e non manipolata, alla conoscenza riconosciuta come diritto di ogni essere umano, e non degradata a merce e narcosi. Cose da far tremar le vene e i polsi, certo, ma questioni la cui analisi ed il cui affrontamento non possiamo rinviare. Ed altro si potrebbe aggiungere ancora, certo, ma le infinite tassonomie non mi affascinano se non quando le redige Borges, e bastera' pertanto aver fornito questi semplici esempi. * Qui dalle nostre parti c'e' un'espressione che suona "dopo li fochi", e che indica l'amara situazione di chi arriva in ritardo e manca il kairos, l'ora, il momento decisivo. Lidia Menapace ha il merito di aver formulato per tempo questa proposta di analisi, di programma, di intervento. I movimenti per la pace e la giustizia hanno il demerito di aver cincischiato per anni tra genericita', sottovalutazioni e una diffusa subalternita' di cui si e' gia' ripetutamente scritto su questo foglio; e di arrivare solo adesso - quelli che ci sono arrivati, e non sono ancora che una piccola parte del cosiddetto "popolo della pace" - alla consapevolezza che il tempo e' poco, e che tanto nelle segrete stanze quanto sui prosceni della politica e delle istituzioni europee alcune scelte decisive ed irreversibili si vanno compiendo ora. Quindi siamo, more solito, in ritardo. Ma forse ancora in tempo per evitare il peggio e costruire le condizioni per un'alternativa. E se una possibilita' vi e' ancora, ebbene, facciamo anche noi la nostra parte. La proposta di Lidia Menapace mi pare un buon punto di partenza. 7. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: NAZIONALISMI, PATRIARCATO, DONNE [Ringraziamo Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri at libero.it) per averci inviato questo intervento scritto per il sito del "Centro di documentazione delle donne" di Bologna (e-mail: redazione at porticodonne.it, sito: www.porticodonne.it). Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994] Due flashes disomogenei: l'avvocata palestinese che si fa kamikaze e le ragazze davanti a tutti che reggono il primo urto nella dimostrazione newglobal per un Europa migliore. Sono dati di realta' abbastanza ovvii, con cui, pero', ci si deve confrontare per ridire cose forse abusate, ma che vanno riprese nei contesti della modernita', perche' ricompaiono, sia pure in veste mutata, vecchi fantasmi da cui le donne possono essere, come in passato, fagocitate. Il terrorismo ha operato nella storia creando "eroismi" speculari a quelli degli eserciti regolari: quando l'indipendenza e la liberta' sono conculcati, si formano controspinte mortali irrefrenabili. Dietro ogni ideologia nazionalistica (penso a quella risorgimentale italiana, tanto per non favorire interpretazioni emotive) c'e' l'accettazione di ogni violenza. Vale anche per le donne? certamente si', quando tutte le vie di riconoscimento delle differenze si sono consumate. Ma non in linea di principio. Le nazioni le facciamo noi. L'origine della parola riporta alla "nascita" e siamo noi che riproduciamo gli umani. Ma non risale a noi la definizione astratta e giuridica della nazione e dei conseguenti - legittimi o illegittimi - nazionalismi. Perche' noi non rivendicheremmo mai la proprieta' dei nati in quanto nati in un contesto definibile in termine di sangue, lingua, confini. Alle origini generavamo quasi solo quelli che il patriarcato avrebbe definito i "bastardi" perche' il "diritto del padre" avrebbe legittimato i figli per legge e non per nascita, e discriminato le bambine rispetto ai maschi. Ancor oggi la maternita' non ha valore proprio autonomo nelle categorie nazionali e patriottiche: un "combattente" serbo avrebbe potuto ingravidare per odio contro il nemico una donna bosniaca che fosse nata serba e avesse "ricevuto" (per legge) la nazionalita' del marito. C'e' qualcosa che, in ogni confronto con le strutture del patriarcato, deve continuare (perche' non con i contributi anche di studiosi maschi?) ad approfondire le conseguenze di discorsi forse da rinnovare sulla "differenza di genere". Anche perche' nessuna donna chiede una "matria" sostitutiva dell'imbroglio linguistico rappresentato dal termine "patria" e perche' le soldate ci interpellano circa un "mestiere come un altro", quello che non intende attraversare i conflitti, ma li fronteggia direttamente (altrimenti la Difesa dipenderebbe dagli Esteri e dalla diplomazia, riforma che si potrebbe pur fare con vantaggio anche economico di tutti). Anche i newglobal si interrogano poco sui"generi" di cui sono composti; ma li usano secondo schemi gia' visti sulla scena pubblica da sempre (vedi lotte sindacali con le contadine sugli argini davanti alla polizia, le mondine in prima fila nei cortei, le partigiane che facevano la parte piu' rischiosa di portare armi e ordini ed erano chiamate"staffette"). A me sembra che siano problemi su cui riflettere, non foss'altro per evitare di entrare nel ruolo protettivo non solo di figli e compagni, ma perfino di patrie e movimenti che, senza curare le nostre proposte, i nostri desideri e i nostri interessi, ci omologano a un modello unico che non dovrebbe andare piu' bene nemmeno ai maschi. 8. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: DENTRO, FUORI, IN MEZZO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 5 ottobre 2003. Ida Dominijanni (per contatti: idomini at ilmanifesto.it), giornalista e saggista, e' una prestigiosa intellettuale femminista] Lo spettro della giovane kamikaze palestinese e dei diciannove israeliani saltati in aria con lei a Haifa si aggira innominato nelle conferenze stampa che con fredda reticenza resocontano lo stato dei lavori in corso all'Eur sull'Unione europea. Ma e' la', a Haifa, lo specchio dell'Europa che non c'e'. A Haifa, a Baghdad, a Kabul, e prima a Sarajevo e a Belgrado, e ovunque nel mondo globale la politica sia stata ridotta a guerra e martirio, martirio e guerra, cioe' a un macabro circuito della disperazione che fa capo a una potenza unica e unilaterale. Incapaci di guardarsi dentro quello specchio, i grigi capi di stato riuniti nel palacongressi oscillano fra le consuete genuflessioni di Berlusconi verso l'America che salvo' l'Europa dal nazismo e dal comunismo, e la vuota rivendicazione identitaria di chi vuol salvare l'Europa dalla barbarie americana. Ma al cospetto del mondo, piu' che un passo avanti sull'allestimento di un esercito (un passo sbagliato, perche' non contesta la logica di potenza degli Stati uniti ma la fa propria in sedicesimo) l'Unione non riesce a fare. E se il vertice scorre via "senza valore aggiunto", come dice il premier del Lussemburgo, questa opacita' sul fondale internazionale, sui rapporti transatlantici e su come si pronuncia "Europa" in linguaggio globale non e' certo l'ultima ragione. Senza valore aggiunto e senza aggiungersi valore, grandi e piccoli europei preferiscono tenere ciascuno il proprio punto, Giscard e Schroeder per difendere a oltranza la bozza blindata di Costituzione, Aznar e Miller per delegittimarla, Prodi per ripulirla almeno delle trovate piu' peregrine, e tutti insieme continuano a battere sordi sui soliti tasti: ruolo del presidente, numero dei commissari, ministro degli esteri, voti ponderati, a maggioranza, all'unanimita'. Tasti decisivi, per carita'. Ma senza suono per chi, fuori, domanda pace, diritti, semafori verdi per i migranti. Battendo anche fuori, tuttavia, il ritmo della ripetizione. Genova fu l'inizio, o forse fu Seattle, da allora la citta' cambia ma il set e' lo stesso e la sceneggiatura pure. Dentro un vertice grigio e blindato, fuori un controvertice colorato all'assalto della blindatura (con l'inquietante novita', stavolta, delle ragazze nel ruolo di apripista). In mezzo, le forze dell'ordine (e alla fine il conto dei pestaggi). Come se fra il potere e i senza potere, fra il palazzo e il sociale, fra le conferenze stampa e gli slogan altra mediazione non fosse possibile che un'insulsa esibizione di forza. Roma oggi come Genova ieri, specchi di un mondo che funziona cosi', con i potenti asserrragliati a difesa di se stessi e i senza potere tenuti a bada con gli eserciti o con la minaccia degli eserciti. Un'altra mediazione e' possibile? Il potere e' diventato cosi' impotente da riuscire a parlare solo il linguaggio della forza? E al linguaggio della forza non si puo' rispondere altrimenti che mimandone gesti e ritualita'? Chiusi nei palazzi e nelle auto blu, i capi di stato e di governo appaiono tutti irrimediabilmente inadeguati a porsi queste domande. Ma chi li contesta non puo' eluderle. La posta in gioco irrinunciabile, nella costruzione dell'Unione, non e' solo il modello sociale europeo: e' il primato politico europeo, il di piu' di cultura, di immaginazione, di pratica della politica che il vecchio continente puo' vantare nella sua lunga storia. O l'Europa ritrova questo primato e sa farlo giocare, all'interno come all'esterno dei suoi confini, per garantire diritti e per garantire pace, o nel gioco fra il modello americano vincente oggi e il modello cinese emergente domani precipitera' rapidamente nell'irrilevanza. La sinistra europea conosce questo argomento ma non ha le gambe per farlo camminare, e in tempi di crisi della rappresentanza suona vuoto anche l'appello a una sinistra istituzionale che non c'e'. Pero' un'altra Europa e' possibile solo se un'altra politica e' possibile. L'immaginazione e' difficile che vada al potere e lo abbiamo capito qualche lustro fa, ma puo' dare linfa a chi il potere lo contesta e questo siamo sempre in tempo a sperimentarlo. 9. RIFLESSIONE. MONICA LANFRANCO: DAL DIALOGO ALLA NONVIOLENZA [Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: e-mail: mochena at tn.village.it, siti: www.marea.it, www.marea.it/lanfranco) per averci messo a disposizione questa lettera. Monica Lanfranco, giornalista professionista, nata a Genova il 19 marzo 1959, vive a Genova; collabora con le testate delle donne "DWpress" e "Il paese delle donne"; ha fondato il trimestrale "Marea"; dirige il semestrale di formazione e cultura "IT - Interpretazioni tendenziose"; dal 1988 al 1994 ha curato l'Agendaottomarzo, libro/agenda che veniva accluso in edicola con il quotidiano "l'Unita'"; collabora con il quotidiano "Liberazione", i mensili "Il Gambero Rosso" e "Cucina e Salute"; e'' socia fondatrice della societa' di formazione Chance. Nel 1988 ha scritto per l'editore PromoA Donne di sport; nel 1994 ha scritto per l'editore Solfanelli Parole per giovani donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi, ristampato in due edizioni. Per Solfanelli cura una collana di autrici di fantasy e fantascienza. Ha curato dal 1990 al 1996 l'ufficio stampa per il network europeo di donne "Women in decision making". Nel 1995 ha curato il libro Valvarenna: nonne madri figlie: un matriarcato imperfetto nelle foto di fine secolo (Microarts). Nel 1996 ha scritto con Silvia Neonato, Lotte da orbi: 1970 una rivolta (Erga): si tratta del primo testo di storia sociale e politica scritto anche in braille e disponibile in floppy disk utilizzabile anche dai non vedenti e rintracciabile anche in Internet. Nel 1996 ha scritto Storie di nascita: il segreto della partoriente (La Clessidra). Cura e conduce corsi di formazione per gruppi di donne strutturati (politici, sindacali, scolastici) sulla storia del movimento delle donne e sulla comunicazione] Ciao Noemi, prima del g8 di Genova alcune e alcuni, tra cui la sottoscritta, avevano proposte due cose che sono cadute nel vuoto: la prima era fare una grande manifestazione nudi e nude..., e la seconda fare deserto, ovvero lasciare Genova e andare in un milione poco lontano, cosicche' gli "8" e la corte sarebbero stati surclassati anche mediaticamente dai contenuti che, altrove, vincevano la loro penosa e blindata pantomima di democrazia. A parte le ovvie difficolta' sulla prima proposta (perche' anche nell'antagonismo c'e' moralismo e poca creativita': vedi ad esempio la gente che veste di nero) sai perche' penso, e lo pensavo allora, che sia davvero l'unica rivoluzione che non si e' (ancora) in grado di fare, quella di una manifestazione non fronteggiatrice? perche' anche dentro ai nostri movimenti, e in alcuni luoghi - mi permetto di dire - piu' che in altri, sta vincendo l'ignoranza, l'arroganza, la fretta: in una parola si fa benissimo cio' che vent'anni di tv hanno preordinato per noi, ma lo si fa nel nome del mondo diverso possibile. Smesso di studiare e di approfondire, si corre qua e la' seguendo le agende altrui, in particolare quelle dei potenti invece che lavorare meno mediaticamente nel quotidiano: ecco la frettolosa e certo piu' facile adesione all'estetica del gesto, ecco la logica continua dell'assalto, del corpo a corpo, di dannunziana memoria, di memoria fascista: c'e' scritto nei libri di storia. Qualcuna, qualcuno ci ha riflettuto su questo, sul fatto che i modi di fare antagonismo sono direttamente legati ai contenuti? Le ragazze in casco e respingenti (tra cui numerose smaglianti ragazze di trentacinque anni) dicono cose tipo "che loro sono per il dialogo, che le donne sono per natura per il dialogo", e che i maschi del movimenti avrebbero molto da imparare da questa attitudine. Come fa Berlusconi ora qualcuna dira' che le parole, pubblicate da tutti i giornali, sono state travisate, quello che mi interessa sono i fatti (queste donne non hanno fatto nulla di nuovo e di diverso rispetto ai maschi, hanno solo i genitali diversi da Caruso e Casarini e non mi sembra un fattore di diversita' sufficiente) e le motivazioni che stanno dietro ai loro gesti. Volevano farsi vedere? Ottimo, pero' allora diciamo che si tratta di marketing, il movimento e il mondo diverso possibile non c'entra nulla. Volevano sorprendere? lo sanno tutti che c'e' stata la solita trattativa con la polizia. Una domanda seria: abbiamo, hanno ottenuto qualcosa di vantaggioso, a parte la ribaltina mediatica, che anche quell'annunciatrice televisiva ha avuto lamentando la sua destituzione da annunciatrice? Certo, finalmente abbiamo avuto il bene di sapere su tutta la stampa che il femminismo loro lo hanno superato, cosi' come le giovani che hanno soppiantato la gia' citata annunciatrice hanno detto che loro mai avrebbero fatto il pianto in diretta come la vecchia carampana. Permettetemi, da vecchia carampana femminista nonviolenta, ex portavoce del Genova Social forum, e soprattutto amante dei gatti e del pesto, ma solo di quello con la cagliata, di dire che questo e' un film gia' visto: affermazioni come "le donne per natura sono piu' portate al dialogo" le usano da secoli uomini e donne che vogliono lasciare tutto come e', anche se oggi chi le fa ha un casco in testa. Un'altra vecchia carampana femminista pacifista, Audre Lord, dice che "non si puo' abbattere la casa del padrone usando gli strumenti del padrone". Va molto di moda dire che ognuno ha diritto di manifestare come vuole, anche tirando sampietrini e magari legnate contro altri manifestanti che non vogliono che si sfascino vetrine. Ma not in my name, please. 10. HERI DICEBAMUS. PEPPE SINI: TRE SUBALTERNITA': DA SEATTLE A PRAGA (UN APPELLO DEL 4 OTTOBRE 2000) [Riproponiamo qui integralmente un intervento diffuso il 4 ottobre 2000 "per promuovere una riflessione che ci sembra improcrastinabile" e gia' pubblicato su "La nonviolenza e' in cammino" n. 7 del 6 ottobre 2000] Una lettera aperta a tanti amici che sono nel giusto e in errore Tre subalternita': da Seattle a Praga * La prima subalternita' La prima subalternita' e' nei confronti dei potenti: essi decidono quando concedere sfogo alla protesta, essi decidono di fatto luoghi e forme. Manifestare solo in occasione dei meeting ufficiali in cui come e' noto solitamente si fa pressappoco solo passerella, e' poca cosa, seppur necessaria; e rispetto a certe forme della protesta gia' Guenther Anders aveva spiegato bene che recitare la rivoluzione nei week-end e' una mistificazione, una ridicolaggine ed infine una resa e una complicita', tanto piu' grave quanto piu' ambigua e ignara (si legga almeno il duro volumetto andersiano: Stato di necessita' e legittima difesa). La Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, l'Organizzazione Mondiale del Commercio, insomma la "trinita' satanica" della globalizzazione neoliberista (come l'ha definita con linguaggio icastico Alessandro Zanotelli concludendo la stupenda marcia per la nonviolenza del 24 settembre), va contrastata giorno dopo giorno, tutti i giorni, e non "semel in anno" (una volta all'anno) come fosse un carnevale. Certo: anche le manifestazioni a Seattle, a Praga, ed il prossimo anno a Genova, servono: e servono molto. Ma non ci si limiti a quelle come fossero eventi taumaturgici. * La seconda subalternita' La seconda subalternita' e' nei confronti dei mass-media: troppo spesso si calibrano le iniziative in forme adatte ad essere masticate dalle televisioni; si decidono le forme espressive in ossequio alle stritolatrici esigenze dei network tv; non si dice ne' si fa cio' che pensiamo e come lo pensiamo noi, ma quello che i mass-media pretendono di sentirci dire e fare. Ma anche i mass-media sono parte del potere oppressivo, ed una parte rilevantissima. Il potere mediale su cui Enrico Chiavacci (nella sua utilissima Teologia morale, e particolarmente nei tomi 3/1 e 3/2, che tutto il movimento farebbe bene a leggere) ha scritto pagine decisive. Cosi' come Anders nel suo straordinario L'uomo e' antiquato. * La terza subalternita' La terza subalternita' e' nei confronti della violenza: che e' sempre l'arma dei ricchi, che e' sempre strumento di oppressione, che e' sempre nemica della dignita' umana. E' necessario essere chiari: se puo' talora suscitare ammirazione chi sacrifica la propria vita, proviamo solo orrore per chi sacrifica quella altrui. Non e' ammissibile manifestare insieme a persone che da come agiscono danno a vedere che si augurano che accada l'incidente, che desiderano fare "la battaglia", che auspicano che ci scappi il morto. Non e' ammissibile essere complici degli adoratori della morte. Poi magari anni dopo i sopravvissuti te li ritrovi professori, scrittori, giornalisti, parlamentari, capitani d'industria: ed i morti restano morti. Io provo orrore e disgusto di chi marcia sui cadaveri. Come ebbe a dire all'incirca Albert Camus: preferisco essere sconfitto senza aver causato vittime, che aver ragione su un cumulo di cadaveri. E quindi trovo inaccettabile organizzare una manifestazione che preveda, per usare il linguaggio orwelliano e kafkiano della recente vicenda di Praga, la presenza dei cosiddetti "blu" (ovvero di manifestanti che programmaticamente intendono provocare uno scontro fisico): e trovo che da parte degli organizzatori della protesta aver accettato, cooptato e coordinato la presenza dei cosiddetti "blu" nel movimento che manifestava a Praga abbia sporcato e reso correi di una ambiguita' inammissibile anche i cosiddetti "gialli" e i cosiddetti "rosa". Sia chiaro: nulla giustifica le violenze militari e poliziesche, nulla giustifica i pestaggi e le umiliazioni e le nefandezze fatte subire ai giovani manifestanti picchiati, fermati, arrestati, gravemente maltrattati; ma neanche le molotov e le sassaiole possono essere giustificate. Per il futuro chiedo: che quando si manifesta, e manifestare e' necessario, si sia chiari dall'inizio nel chiedere a tutti i partecipanti di attenersi rigorosamente alle regole di condotta della lotta nonviolenta; chi non ci sta, se ne resti a casa o manifesti un'altra volta per conto suo. Non intendo precludere a nessuno il diritto di manifestare, ma a tutti va chiesto rispetto per la vita e l'integrita' fisica altrui. Ad iniziative ambigue e pericolose per l'incolumita' altrui credo che non si possa partecipare. * L'urgenza di una discussione onesta Di tutto questo credo sia urgente discutere onestamente tra le persone impegnate nel movimento che si batte contro la globalizzazione neoliberista e per l'umanita'. Dobbiamo essere capaci di illimpidire, e cosi' fortificare il movimento, uscire dalla subalternita' e dalle ambiguita', che non sono meno pericolose dell'apatia e della rassegnazione. * Contrastare la violenza Occorre contrastare la violenza, quella cristallizzata come quella dispiegata, nel modo piu' rigoroso: con la nonviolenza. Occorre lottare contro la violenza ed i suoi strumenti: le armi, esse si', sono sempre nostri nemici; occorre lottare contro i poteri oppressivi avendo a cuore le sorti del mondo; occorre lottare agendo in modo che ogni nostra azione possa essere fondativa di socialita', possa essere esempio di azione solidale, istitutiva di convivenza, promotrice di giustizia e fraternita': solo la nonviolenza garantisce questo. Occorre lottare seguendo il "principio responsabilita'" (Hans Jonas): la nonviolenza e' l'unica forma di lotta (strategia, tecnica, progetto, empatia) che quel principio invera. Occorre lottare in modo coerente con i nostri scopi, che sono la liberazione dell'umanita' oppressa, e la dignita' di ogni essere umano: dunque occorre la nonviolenza come unico metodo coerente con questi obiettivi, unica scelta che questi obiettivi realizza nel corso stesso della lotta. Alle menzogne dei potenti occorre contrapporre la verita' che e' sempre rivoluzionaria: dunque occorre la nonmenzogna, che e' un altro nome, ed una decisiva specificazione, della nonviolenza. * Il diritto fondamentale e' il diritto a vivere Dobbiamo essere chiari su un punto: il diritto e' sempre in ultima istanza il diritto di persone. E se ad una persona si toglie la vita, si estingue per sempre la possibilita' di riconoscerle qualsivoglia diritto. La dittatura, il potere oppressivo, e' nella sua essenza uccidere l'altro (lo ha spiegato definitivamente Elias Canetti in Massa e potere). Alla dittatura, al potere oppressivo dobbiamo contrapporci nel modo piu' rigoroso, mirando sempre a salvare la vita dell'altro, di ogni altro; l'altro: il cui muto volto sofferente ci interroga e convoca alla responsabilita' (Emmanuel Levinas). Mi permetto una postilla ad uso di chi ha una visione del mondo materialista (come il sottoscritto, che e' un vecchio leopardiano): proprio perche' si ritiene che nulla vi sia per il singolo, per ogni singolo essere umano, oltre questa vita, ebbene, a maggior ragione occorre difendere la sua vita, la sua unica, fragile, addolorata e meravigliosa vita. Il principio del "non uccidere" vale a maggior ragione per chi non aderisce a fedi religiose e non ha speranze di vita oltremondana. * La scelta della nonviolenza La scelta della nonviolenza e' quindi una necessità intellettuale e morale; e' l'unica strategia e metodologia di lotta coerente con la dignita' umana e la liberazione degli oppressi; e' l'unica teoria-prassi di intervento solidale e di iniziativa rivoluzionaria che realizzi nel suo stesso farsi democrazia, diritti umani, difesa della biosfera. * Tutto cio' andava pur detto Tutto cio' andava pur detto, e non avendolo fin qui dichiarato persone piu' note ed autorevoli di me, ho infine sentito di doverlo dire io. Spero che a queste considerazioni altri vogliano rispondere, e che possa aprirsi una riflessione ed una discussione ampia e profonda, anche aspra perche' urgente e concreta, condivisa in quanto polifonica. * Analisi concreta della situazione concreta Chiedo solo che mi si risparmino le solite inquietanti scempiaggini in nome di un Marx teologizzato e mistificato sulla "violenza levatrice della storia" e simili arcaismi (di prima di Auschwitz, di prima dell'eta' atomica), arcaismi che sarebbero amenita' se non producessero orrori: Marx avrebbe riso di cuore, omericamente, se qualcuno invece di analizzare la situazione reale attuale avesse bloccato il proprio cervello ad analisi riferite ad un contesto di centocinquant'anni prima. Si usi di Marx quel che di Marx resta straordinariamente valido e fecondo, l'unico marxismo onesto e' quello concreto e creativo. * La nonviolenza e' lotta Analogamente mi si risparmi la solita serqua di stupidaggini secondo cui chi propugna la nonviolenza e' uno squallido quietista, un losco attendista e dunque un complice degli oppressori: mi permetto di preventivamente controreplicare che Mohandas Gandhi, Martin Luther King, Marianella Garcia, e come loro tanti altri lottatori nonviolenti sono stati assassinati; che la nonviolenza non solo non rimuove, ma anzi suscita e organizza il conflitto contro la violenza, l'ingiustizia, la menzogna. Come amici della nonviolenza esortiamo alla lotta, esortiamo alla rivoluzione: ma una lotta coerente ed intransigente, di autentica resistenza e autentica liberazione, la lotta nonviolenta; ma una rivoluzione che non rinvii la dignita' umana in un futuro che mai arriva, bensi' inveri la dignita' umana nel suo stesso farsi: la rivoluzione nonviolenta. Di tutto il resto, discutiamo. Peppe Sini, responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo Viterbo, 4 ottobre 2000 (che per avventura e' il giorno in cui si ricorda un grande rivoluzionario egualitario e nonviolento di diversi secoli fa: Francesco d'Assisi) 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 697 dell'8 ottobre 2003
- Prev by Date: Forum sociale europeo 2003, richiedete il programma !
- Next by Date: Newsletter del 07/10/2003
- Previous by thread: Forum sociale europeo 2003, richiedete il programma !
- Next by thread: Newsletter del 07/10/2003
- Indice: