[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 693
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 693
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 3 Oct 2003 19:44:04 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 693 del 4 ottobre 2003 Sommario di questo numero: 1. Le Donne in nero in piazza con la scelta della nonviolenza per un'Europa che ripudi la guerra 2. Un esposto sulle dichiarazioni del capo di stato maggiore dell'esercito 3. Giobbe Santabarbara: un Vietnam per l'Italia? 4. Luciano Capitini: la camminata Assisi-Gubbio 5. Enrico Peyretti: reti vs catene 6. Uri Avnery: il coraggio dei 27 ufficiali dell'aviazione che hanno detto no 7. Molti nuovi interventi sulla proposta di Lidia Menapace 8. Giancarla Codrignani: una questione di tempo 9. Anna Maria Merlo presenta "Bas les voiles!" di Chahdortt Djavann 10. Giuseppe Allegri: alcuni libri per una riflessione su Europa, istituzioni e movimenti 11. Un corso di accostamento alla nonviolenza a Mantova 12. Un corso di accostamento alla nonviolenza a Lucca 13. Un corso di accostamento alla nonviolenza a Torino 14. Riletture: Renata D'Amico, Mamana Arminda 15. Riletture: Tina Novelli, Dizionario etnologico africano 16. Riletture. Itala Vivan, Africa australe. Panorama letterario 17. Riletture: Itala Vivan, Interpreti rituali 18. Riletture: Itala Vivan (a cura di), Il nuovo Sudafrica 19. La "Carta" del Movimento Nonviolento 20. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. LE DONNE IN NERO IN PIAZZA CON LA SCELTA DELLA NONVIOLENZA PER UN'EUROPA CHE RIPUDI LA GUERRA [Da Nadia Cervoni (per contatti: e-mail: giraffan at tiscalinet.it. sito: www.donneinnero.org) riceviamo e diffondiamo. Nadia Cervoni e' impegnata nelle Donne in nero ed in numerose iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza] Le Donne in nero di Roma partecipano alla manifestazione del 4 ottobre perche' sia sancito nella Costituzione Europea il diritto alla pace. Contro ogni violenza, la necessita' nel mondo di una pace fondata sul diritto, a partire da una pace giusta in Medio Oriente. Contro tutte le guerre, la denuncia delle guerre contro le donne, dello stupro e dei crimini nei confronti delle donne pianificati come "effetti collaterali" delle guerre. Siamo convinte che per far sentire la voce dell'altra Europa, non sia necessario rincorrere o forzare zone chiuse. Come l'acqua inondiamo pacificamente il mondo con colori, parole, immagini e percorsi di pace e con questi costruiamo la nostra politica di pace e di diritti. Appuntamento alle ore 14, stazione Laurentina metro B, con manine e striscioni, insieme alle altre donne, migranti e native, e la voce delle donne che vivono nei luoghi di conflitto e di negazione violenta dei diritti. 2. DOCUMENTI. UN ESPOSTO SULLE DICHIARAZIONI DEL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO [Il responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo ha presentato il 3 ottobre 2003 il seguente esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Viterbo, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, alla Procura Generale della Repubblica] Oggetto: esposto concernente a) le dichiarazioni del capo di Stato Maggiore dell'Esercito sull'intenzione di dispiegare nella guerra in corso in Iraq uomini e mezzi del XXVI Reos (reparto elicotteri operazioni speciali) della Cavalleria dell'Aria di stanza in Viterbo; b) la palese illegalita' e criminalita' della partecipazione italiana alla guerra e all'occupazione militare dell'Iraq; c) la necessita' di un immediato intervento della magistratura affinche' i responsabili della violazione della legalita' costituzionale e degli altri crimini conseguenti e connessi siano perseguiti ai sensi di legge e messi in condizione di non nuocere, ed affinche' sia ripristinata al piu' presto la vigenza della legalita' costituzionale nel nostro paese. * 1. Nella cronaca di Viterbo del quotidiano "Il messaggero" di giovedi' 2 ottobre 2003 compare la notizia che il capo di Stato Maggiore dell'Esercito, tenente generale Giulio Fraticelli, da poco insediatosi al vertice delle Forze Armate, in visita a Viterbo al Comando della Cavalleria dell'Aria ("la piu' giovane specialita' delle forze armate italiane"), "ha comunicato che uomini e mezzi del XXVI Reos (reparto elicotteri operazioni speciali) di Viterbo sono in procinto di partire verso l'Iraq dove saranno impegnati nell'operazione Antica Babilonia". 2. La notizia, se veritiera e correttamente riportata dall'autorevole organo di stampa, configura una ulteriore e piu' intensa partecipazione italiana alla guerra stragista e terrorista tuttora in corso in Iraq e all'occupazione militare straniera - totalmente illegale e criminale - di quel paese. 3. Gia' in passato abbiamo segnalato alle competenti magistrature che la guerra di aggressione all'Iraq e la sua occupazione militare sono con tutta evidenza fatti di terrorismo internazionale, configurano in capo ai promotori ed esecutori le fattispecie di reato concernenti la commissione di crimini di guerra e crimini contro l'umanita', consistono di delitti che flagrantemente violano fondamentali trattati internazionali, gli impegni assunti in sede Onu, e - per quanto concerne il nostro paese - la Costituzione della Repubblica Italiana, fondamento del nostro ordinamento giuridico, che all'art. 11 proibisce esplicitamente la partecipazione italiana alla guerra e all'occupazione militare in corso. 4. E' responsabilita' gravissima del governo italiano, del parlamento e del capo dello stato, aver promosso ed avallato la partecipazione italiana alla guerra e all'occupazione militare illegale e criminale in Iraq. 5. E' responsabilta' gravissima dei comandi militari aver dato e dare esecuzione a decisioni politiche palesemente illegali, inumane, criminali e criminogene, in evidente conflitto con la Costituzione della Repubblica Italiana cui essi comandi militari ed essi poteri politici hanno giurato fedelta'. 6. Sarebbe responsabilita' gravissima del potere giudiziario non intervenire in difesa della legalita' costituzionale ed omettere di perseguire i responsabili di un cosi' grave crimine le cui conseguenze possono essere nefaste oltre ogni previsione. 7. La partecipazione italiana alla guerra e all'occupazione militare dell'Iraq da parte di potenze straniere, e' un atto illegale e criminale che deve cessare immediatamente; a maggior ragione l'intenzione di inviare nuovi soldati italiani in Iraq dove - come i loro colleghi gia' presenti sul teatro di guerra - correrebbero il rischio di uccidere e di essere uccisi, e dove la loro stessa presenza sarebbe gia' criminale e criminogena, e' una ulteriore scellerata follia, la cui realizzazione deve essere impedita. * Chiediamo pertanto un immediato intervento delle competenti magistrature al fine di ottenere il ripristino della vigenza della legalita' costituzionale ed affinche' siano perseguiti ai sensi di legge i responsabili tanto della gia' avvenuta quanto di ogni eventuale ulteriore - gia' annunciata, e quindi minacciata e tentata - violazione della Costituzione, e degli ulteriori reati conseguenti e connessi. Ricordiamo a tutti che la decisione criminale e golpista della partecipazione italiana alla guerra e all'occupazione militare dell'Iraq ha anche l'effetto di rendere anche l'Italia bersaglio di azioni di guerra, e quindi espone anche il popolo e il territorio italiano al rischio di essere colpito da azioni di guerra... 3. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: UN VIETNAM PER L'ITALIA? Annunciata secondo un autorevole quotidiano dal capo dello stato maggiore dell'esercito italiano, l'intenzione di inviare la "Cavalleria dell'aria" delle forze armate italiane in Iraq, e meglio sarebbe dire: di gettarla nella fornace della guerra in Iraq, evoca ricordi funesti e ci richiama a una tragica realta' e a una responsabilita' che non possiamo eludere. La realta' della partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista in corso in Iraq, e la responsabilita' che abbiamo come cittadini italiani di far cessare questa partecipazione illegale e criminale, di adoperarci perche' finiscano ad un tempo la guerra e l'occupazione militare colonialista ed imperialista. In violazione della nostra carta costituzionale le forze armate italiane stanno partecipando a una guerra e a un'occupazione militare illegali e criminali, stragiste e terroriste. Come e' possibile che questo accada? Come e' possibile che dinanzi a questo le istituzioni garanti dello stato di diritto, della legalita' democratica, dell'Italia repubblicana nata dalla Resistenza, tacciano o peggio siano complici dei golpisti e degli stragisti? E come e' possibile che la nostra stessa azione di persone di volonta' buona sia cosi' oscenamente inane e grottescamente ridicola? Cosa si attende per far cessare questo crimine e questo scandalo? Si attende che i soldati italiani uccidano o siano uccisi? Si attende che la guerra giunga in casa nostra? Perche' prendendo parte alla guerra e all'occupazione militare illegale e criminale dell'Iraq anche l'Italia si e' fatta potenza belligerante e quindi anche il territorio italiano puo' essere investito da azioni di guerra, da azioni terroristiche (tutti gli atti di guerra sono sempre anche terroristici). Siamo di fronte a un crimine orrendo, e un pericolo grande tutti ci sovrasta: possibile che le massime autorita' dello stato e la pubblica opinione non se ne rendano conto? Possibile che il movimento per la pace non sia capace di uscire dai ritualismi e dalle pastette, dalla goliardia e dalla subalternita', dalla rassegnazione e dall'irresponsabilita', e porre finalmente con decisione l'esigenza e l'urgenza del ripristino della legalita' costituzionale, della cessazione della partecipazione italiana alla guerra? Non e' forse scoccata da un pezzo nel nostro paese l'ora di una vera e grande iniziativa nonviolenta, rigorosamente nonviolenta, intransigentemente nonviolenta, in difesa e a costruzione della pace, della democrazia, della Costituzione, dello stato di diritto, del diritto di ogni essere umano a non essere ucciso e dell'umanita' intera a non essere annientata? L'Iraq deve diventare il Vietnam dell'Italia? Non ci fa orrore questa prospettiva? Non ci fa orrore il nostro presente? Non ci fa orrore cosa siamo diventati? 4. TESTIMONIANZE. LUCIANO CAPITINI: LA CAMMINATA ASSISI-GUBBIO [Ringraziamo di cuore Luciano Capitini (per contatti: capitps at libero.it) per questo intervento. Luciano Capitini e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nella Rete di Lilliput e in numerose altre esperienze e iniziative nonviolente; persona di straordinaria mitezza e disponibilita' all'ascolto e all'aiuto, ha condotto a Pesaro una esperienza di mediazione sociale nonviolenta; e' tra i coordinatori della campagna "Scelgo la nonviolenza"] La camminata Assisi-Gubbio dei nonviolenti e' avvenuta dopo una estate che per me e' stata molto negativa: non sono neppure riuscito a fare qualche bella passeggiata per "farmi le gambe". Mi sono pertanto proposto di fungere come persona al servizio dei camminatori: caricando sulla mia auto valigie, bottiglie, camminatori in ritardo o in difficolta'. Cosi' ho partecipato un po' da distante, senza il piacere del contatto continuo con tanti amici, di cui molti nuovissimi. Incrociavamo (c'erano anche altri incaricati delle umili bisogne di supporto) la fila della camminata due o tre volte al giorno, li precedevamo nei luoghi che dovevano essere approntati per il pernottamento, ecc. Poi la sera eravamo tutti insieme, con la gioia di condividere e convivere quei momenti: la serata a Valfabbrica,l'attesa alla chiesetta della Vittorina, a Gubbio... Bellissimo lo spettacolo della sera del sabato - allegria e riflessione, canti, balli e momenti seri, artiste (due) di grande levatura, l'eccezionale Paolo Bergamaschi ed il suo complesso, Paolo Predieri, che sentivamo veramente nostro e capace di esprimere proprio quello che avevamo nel cuore... Al centro servizi l'"Associazione nazionale amici di Aldo Capitini" aveva esposto una mostra consistente in dieci pannelli con foto di Aldo e suoi pensieri, ruotanti tutti sulla proposta politica della omnicrazia, il "potere di tutti". Mi pare che i molti consensi che la mostra ha avuto mi permettano di sperare che in futuro ce la chiederanno, per farne punto di riferimento in occasione di incontri sulla figura e sul pensiero di Aldo. Alla prossima camminata! 5. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: RETI VS CATENE [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscalinet.it) per questo intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; della sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, una edizione a stampa - ma il lavoro e' stato successivamente aggiornato - e' in Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Annuario della pace. Italia / maggio 2000 - giugno 2001, Asterios, Trieste 2001, un'edizione aggiornata e' apparsa recentemente in questo stesso notiziario (e contiamo di presentarne prossimamente un'edizione nuovamente aggiornata). Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 477 del 15 gennaio 2003 di questo notiziario] L'Italia abbuiata ci dimostra che quella elettrica e' chiamata rete, ma e' una catena. Nella struttura a rete, se salta una maglia, tengono le altre, non salta tutto. Il suo pregio e' questo. La cordata alpina e' il contrario del domino: chi cade e' trattenuto da chi fa sicurezza. Nella catena, invece, se salta un anello, salta tutto. Cosi' e' stato nella notte del buio nazionale. Il sistema energetico deve diventare a scompartimenti stagni, autonomi, in rete, non incatenati. E soprattutto deve correre presto 1) verso il massimo risparmio; 2) verso le energie rinnovabili, utilizzate localmente; 3) lontano dal nucleare, che dura poco, e' un obiettivo militare, e inquina gravissimamente con scorie millenarie. 6. RIFLESSIONE. URI AVNERY: IL CORAGGIO DEI 27 UFFICIALI DELL'AVIAZIONE CHE HANNO DETTO NO [Dal quotidiano "Il manifesto" del primo ottobre 2003. Uri Avnery e' nato ad Hannover nel 1924, ed e' emigrato in Palestina all'avvento del nazismo; gia' militante dell'Haganah e combattente nella guerra del 1948; piu' volte parlamentare, giornalista, impegnato nell'opposizione democratica e nel dialogo col popolo palestinese; e' tra le voci più vive del movimento pacifista israeliano. Opere di Uri Avnery: Israele senza sionisti, Laterza, Bari 1970; Mio fratello, il nemico, Diffusioni 84, Milano 1988] Un anno e mezzo fa un gruppo di cittadini israeliani decise di rompere uno dei tabu' piu' radicati del paese cominciando a parlare apertamente di crimini di guerra. Fino a quel momento era stato dato sempre per scontato il fatto che l'Idf [le forze armate israeliane] fosse "l'esercito piu' umano e morale del mondo" e quindi non avrebbe mai potuto compiere atti di quel tipo. Il movimento "Gush Shalom" (del quale faccio parte) convoco' allora a Tel Aviv una riunione nel corso della quale il colonnello Yigal Shohat, un eroe della guerra dello Yom Kippur, con voce tremante per l'emozione lesse un appello ai suoi compagni, i piloti delle forze armate, invitandoli a rifiutare quegli ordini sopra i quali "sventola la bandiera nera dell'illegalita'". Ordini come quello di bombardare i quartieri residenziali palestinesi per delle "esecuzioni mirate". Il suo discorso ebbe una vasta eco ma i comandi dell'esercito riuscirono a "limitare il danno". Alla domanda di come si sentisse mentre sganciava delle bombe su un quartiere residenziale palestinese il comandante dell'aviazione, il generale Dan Haluz, forse il piu' estremista tra gli alti ufficiali israeliani, ad eccezione del capo di stato maggiore Moshe Ya'alon, rispose che dopo tali attacchi non aveva alcuna difficolta' a prendere sonno. In quel momento sembro' che le parole di Shohat fossero evaporate nell'aria, ma quei semi hanno dato lentamente frutto sopratutto dopo che un pilota ha sganciato una bomba da una tonnellata su un quartiere di Gaza per uccidere un leader di Hamas ponendo fine alla vita di diciassette civili, uomini, donne e bambini. Nella mitologia israeliana i piloti da combattimento sono l'elite delle elites. Molti di loro vengono dai kibbutz e venivano considerati l'aristocrazia del paese. Ezer Weitzman, un ex comandante dell'aviazione, una volta conio' la frase "gli uomini migliori per il volo". I piloti vengono cresciuti gia' in giovane eta' nella convinzione di avere sempre ragione, che i nostri avversari non sono altro che vili assassini, che i comandanti dell'esercito non sbagliano mai, che un ordine e' un ordine e non ci sono perche', che la professionalita' e' la massima delle virtu', che i problemi vanno risolti all'interno dell'aviazione, che non si deve mai mettere in dubbio l'autorita' della leadership politica del paese. In questo quadro vi e' una diffusa mitologia sul ruolo giocato dall'aviazione nelle vittorie israeliane in tutte le guerre: dai piccoli aerei Piper del 1948 alla distruzione delle forze aeree egiziane nella guerra dello Yom Kippur del 1973, e cosi' via. L'aviazione ovviamente non accoglie certo chiunque sia anticonformista. I candidati vengono passati al setaccio e vengono scelti solamente giovani solidi e disciplinati dei quali ci si puo' fidare, sia per il loro carattere che per le loro idee, in ultima analisi sicuri sionisti e figlio di sicuri sionisti. Inoltre l'aviazione e' una specie di clan, una setta i cui membri mostrano una feroce lealta' verso l'esercito e l'uno con l'altro. * Nell'aviazione non ci sono mai state discussioni pubbliche e segnali di rivolta. questo spiega come mai i piloti abbiano cosi' a lungo meditato sulle loro mosse. Poi hanno rotto gli indugi e hanno informato i loro comandanti che da quel momento si sarebbero rifiutati di obbedire ad "ordini immorali e illegali" dalla cui esecuzione sarebbe derivata la morte di civili. Alla fine del loro appello i piloti hanno inoltre criticato l'occupazione che starebbe corrompendo il paese e minando la sua sicurezza. Il piu' anziano tra i firmatari e' il generale Yiftah Spector, una vera e propria leggenda vivente. Si tratta del figlio di uno dei "Ventitre uomini della barca", un gruppo che durante la seconda guerra mondiale venne inviato per colpire istallazioni petrolifere in Libano (al tempo sotto il controllo del governo filo-nazista francese di Vichy) dei quali non si e' mai piu' avuta notizia. Yiftah Spector e' stato inoltre l'istruttore di molti degli attuali comandanti dell'aviazione. L'appello e' stato firmato da un generale, due colonnelli, nove tenenti colonnelli, otto maggiori e sette capitani. Si tratta di un fatto senza precedenti nella storia di Israele. * L'establishment dell'esercito, il vero governo di Israele, ha fiutato il pericolo ed ha reagito come non mai, lanciando contro i piloti una campagna di diffamazione, di incitamento all'odio e di distruzione della loro immagine. Gli eroi di ieri nel giro di una notte sono cosi' diventati "nemici del popolo". Tutti i settori del governo - dall'ex presidente Weizman al procuratore generale, dal ministero degli esteri ai politici del Labour e del Meretz - si sono mobilitati per schiacciare la rivolta dei piloti. L'aggressione e' stata guidata dai media. Tutti i canali televisivi, tutti i canali radio e tutti i giornali - senza eccezione - si sono rivelati servitori e megafoni dei comandi militari. Perfino il quotidiano liberal "Haaretz" ha pubblicato in prima pagina un feroce attacco ai piloti. Per molti giorni e' stato impossibile passare da un canale all'altro senza vedere apparire il comandante dell'aviazione e dopo di lui una lunga fila di esponenti dell'establishment che, uno dopo l'altro, hanno condannato il gesto dei piloti. Le caserme sono state aperte alle telecamere e ufficiali lealisti hanno definito i loro compagni come traditori che "ci hanno pugnalato alle spalle". Ad eccezione di una sola intervista su Channel 2 i refuseniks non hanno avuto alcuna possibilita' di esporre le loro ragioni. Non c'e' dubbio che l'establishment sia preoccupato. Forse potra' anche riuscire a contenere la protesta e a scoraggiare altri potenziali dissidenti, ma il messaggio dei 27 piloti e' stato ormai scritto e nulla puo' cambiare questo dato di fatto. Con la loro presa di posizione i piloti hanno servito il loro paese piu' di tanti altri ufficiali, e Israele un giorno non potra' non riconoscere il grande debito che ha nei loro confronti. 7. RIFLESSIONE. MOLTI NUOVI INTERVENTI SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE Ci sono giunti nelle utlime ore vari nuovi preziosi e appassionati interventi sulla proposta di Lidia Menapace per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, nonviolenta. Dato il numero e l'ampiezza, ed il fatto che alcuni di essi sono in vivace dialettica reciproca, mentre ringraziamo fin d'ora le persone amiche che ce li hanno inviati, contiamo di pubblicarne almeno una parte nel notiziario di domani, il notiziario di oggi essendo gia' stracolmo di altri materiali. Naturalmente continuiamo a sollecitare interventi ulteriori da parte di tutte le interlocutrici e tutti gli interlocutori. Segnaliamo en passant come anche la marcia Perugia-Assisi del 12 ottobre, e l'assemblea dell'Onu dei popoli che la preparara' nei giorni immediatamente precedenti, pone esplicitamente l'esigenza di un'Europa di pace, dell'inclusione del principio del ripudio della guerra nell'articolo 1 della cosiddetta Costituzione europea, della scelta della nonviolenza. Nella conferenza stampa tenuta a Roma Flavio Lotti, portavoce della Tavola della pace, ha detto parole inequivocabili ed incoraggianti, che vanno nella direzione auspicata da Lidia Menapace, dalla Convenzione permanente di donne contro le guerre, dai movimenti nonviolenti. Avanti dunque. 8. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: UNA QUESTIONE DI TEMPO [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo questo intervento di Giancarla Codrignani. Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994] Al ritorno dalle vacanze capita di sentire donne sotto i trent'anni che esplicitamente hanno voglia di mollare e mettersi a "fare torte". Si arrendono? A molte di noi sembra di si', anche se non si possono fare confronti con le esperienze di chi ha vissuto i movimenti degli anni '70 e '80 (del secolo scorso). Era il tempo in cui risolutamente la casalinghe italiane furono definite, anche nelle statistiche (finalmente!), "disoccupate". Ma quelle donne credevano di poter 'cambiare il mercato del lavoro' con le strategie femminili e nel Pci fu consentito rendere pubblico una filosofia del tempo - che ancor oggi sarebbe un efficace strumento di lavoro - ma che fu irrimediabilmente declassata in termini di "orari". Vennero le "pari opportunita'" e le "azioni positive" (per dire il vero, vennero le leggi relative, non certo universalmente applicate) e, con esse, non a caso, la spinta all'omologazione: chi e' dis-pari, vuole diventare pari rispetto al modello dato. Si e' trattato di norme "per noi", ma non "governate da noi". Ma venne anche la modernizzazione, per giunta globale: flessibilita', prepensionamenti, precarizzazione, forme in cui le donne avevano una personalissima competenza per averle subite fin dai tempi della prima emancipazione. Non divennero leader politiche o consulenti di tavoli tecnici e nessuno si accorse che, invece, erano non solo piu' preparate al nuovo che si imponeva, ma che erano piu' vicine ai postmoderni (del fordismo ricordavano la catena di montaggio, che non era stata il massimo) o addirittura a quel Paul Lafargue, autore dell'Elogio dellíozio, che era tanto piaciuto al movimento operaio di fine Ottocento. Voler "fare le signore" potrebbe, quindi, voler dire andare avanti in un'altra storia e con altri modi. Oggi sembra che non si sappiano i pericoli che abbiamo davanti: un governo che aspetta solo di poter scaricare sulle nostre spalle i servizi tagliati usandoci come ammortizzatori sociali e la famiglia-sanguisuga in cui l'aspettativa di mariti e figli e' quella di trovare che a casa la mamma ha fatto tutto. E la famiglia rischiera' molto perche' le giovani sono meno pazienti delle loro madri che pur erano "femministe". C'e' anche uní'altra distinzione grande da fare: quello che viene rifiutato non e' ne' il lavoro ne' l'indipendenza. Si rifiuta l'ansia. Per questo le donne sono disposte a rinunciare a un figlio o cercano di lavorare privatamente piuttosto che nel pubblico. Vorrebbero poter "spalmare" l'orario secondo le proprie esigenze, senza per questo diventare cattive lavoratrici. La flessibilita' non fa loro paura, perche' ha a che vedere piu' che con la carriera con il proprio modo di usare il tempo. Si va incontro al capestro? Certamente si'; ma, dopo che le madri hanno offerto competenze per fare della flessibilita' un beneficio - e nel tempo dell'elettronica almeno la composizione a scala variabile degli orari e' ben fattibile - non possono tornare a far politica per negoziare le priorita' dei maschi. E' anche questa una questione di "tempo". La sinistra non sembra curarsene. E, infatti, il tempo lo perde. 9. LIBRI. ANNA MARIA MERLO PRESENTA "BAS LES VOILES!" DI CHAHDORTT DJAVANN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 ottobre 2003. Anna Maria Merlo e' corrispondente da Parigi del quotidiano] Un nuovo fatto di cronaca - due ragazze sospese dai corsi in un liceo della periferia parigina perche' non hanno voluto sostituire il velo islamico con un semplice foulard annodato dietro la nuca - ha riportato in primo piano l'ormai decennale querelle sulla presenza ingombrante di questo segno religioso nelle scuole francesi. Il governo ha nominato una commissione, presieduta dal deputato Bernard Stasi, che tra qualche mese dovra' dare un parere sull'eventualita' di fare una legge apposita che bandisca il velo. In Francia, in effetti, gia' esiste una legge che impedisce "segni ostentatori" di appartenenza religiosa a scuola, ma una circolare di qualche anno fa ha lasciato ai presidi il compito di valutare, caso per caso, cosa sia "ostentatorio". In questo clima, c'e' un libro che sta creando profonda irritazione tra coloro che vorrebbero una soluzione politicamente corretta alla questione, in un periodo in cui l'islam di Francia sta nominando i propri rappresentanti ufficiali per dialogare con i poteri pubblici. La scrittrice iraniana Chahdortt Djavann, che vive ormai da dieci anni a Parigi, pubblica da Gallimard Bas les voiles!, un appello risoluto contro il velo: "quando ritrovo il ricordo e l'immagine delle bambine velate delle scuole iraniane, quando penso a quelle che, in Francia, vengono utilizzate malgrado loro o per effetto di una terribile strumentalizzazione islamista, per servire da emblema alle propagandiste del'''identita' attraverso il velo', la tristezza e la collera mi dividono". Djavann afferma: "ho portato il velo per dieci anni. Era o il velo o la morte. So di cosa parlo". E accusa gli intellettuali francesi, il pensiero differenzialista, di trovare delle giustificazioni culturali a questa forma di schiavitu'. Il suo discorso irrita perche' si pone risolutamente dalla parte delle bambine obbligate a portare il velo. "Che cosa si cerca di inculcare, in loro?" si chiede la scrittrice. Risponde che "il velo non e' per nulla un segno religioso, come la croce, che ragazze e ragazzi possono portare al collo. Il velo, hijab, non e' un semplice foulard sulla testa; deve dissimulare totalmente il corpo. Il velo, innanzi tutto, abolisce lo spazio misto e materializza la separazione radicale e draconiana dello spazio femminile e dello spazio maschile o, piu' esattamente, definisce e limita lo spazio femminile". Per Djavann e' equiparabile a un abuso, a uno stupro, "portare il velo mette la bambina o la giovane adolescente sul mercato del sesso e del matrimonio, la definisce attraverso lo sguardo degli uomini, del sesso e del matrimonio". Inculca "la vergogna di abitare un corpo vergognoso". La scrittrice refuta la tesi dell'"identita'", spesso avanzata in occidente. E accusa con particolare forza le musulmane occidentali che mettono qui il "velo identitario" e con cio' stesso "sono un incoraggiamento alla repressione di tutte le donne che, nei paesi musulmani, cercano di sfuggire al controllo totalitario del hijab a rischio della vita". Chahdortt Djavann chiede una legge che metta al bando il velo, in nome della protezione dei diritti umani. "Autorizzare il velo a scuola sara' un incoraggiamento a portare il velo qui in Francia e rimettera' le adolescenti che vivono nei quartieri delle periferie sotto il giogo dei dogmi islamici rendendo le loro legittime aspirazioni all'emancipazione ancora piu' difficili". 10. LIBRI. GIUSEPPE ALLEGRI: ALCUNI LIBRI PER UNA RIFLESSIONE SU EUROPA, ISTITUZIONI E MOVIMENTI [Dal quotidiano "Il manifesto" del primo ottobre 2003. Giuseppe Allegri e' studioso delle questioni giuridiche e politiche del processo di unificazione europea, e collabora alla riflessione e alle iniziative del "movimento dei movimenti"] E'possibile pensare alla formazione di un'Europa politica che sia anche (ma non solo) "pacifica, cooperativa, aperta ad altre culture, capace di dialogare" e percio' in grado di "bilanciare l'unilateralismo egemonico degli Stati Uniti", drammaticamente radicalizzato dalla pratica dei neo-conservatori dell'amministrazione Bush? Questo e' sicuramente uno dei quesiti che attraversa l'opinione pubblica inquieta dei movimenti sociali europei da ormai qualche tempo a questa parte e non e' forse un caso che le espressioni virgolettate siano state riprese dall'ormai celebre intervento del 31 maggio 2003 scritto da Juergen Habermas e condiviso con Jacques Derrida. In quell'occasione i due maggiori filosofi continentali sostenevano, tra l'altro, che la data del 15 febbraio 2003 (giornata di mobilitazione globale contro la guerra preventiva all'Iraq dell'amministrazione Bush, in cui nella sola vecchia Europa manifestarono diversi milioni di persone) "potrebbe essere indicata retrospettivamente nei libri di storia come il segnale della nascita di un'opinione pubblica europea". In realta' una sezione embrionale di opinione pubblica continentale, critica ed in formazione, gia' aveva preso la parola, subito dopo Genova 2001, nella preparazione e poi nella riunione del forum sociale europeo di Firenze del novembre del 2002, in cui si erano coniugate forme di elaborazione collettiva di pensiero critico sull'Europa e sull'incancrenirsi dei processi di globalizzazione neo-liberista, insieme con la pratica di un corteo di diverse centinaia di migliaia di persone che dichiaro' una prima radicale opposizione all'attacco unilaterale americano che si prospettava in Iraq, dopo quello in Afghanistan. Da queste due parziali considerazioni si deduce che le domande su quale Europa e perche' Europa hanno attraversato tutti i livelli culturali, sociali, politici, istituzionali, rimanendo troppo spesso senza risposte adeguate, in un momento in cui il cosiddetto processo di "costituzionalizzazione" dell'Unione Europea - che puo' essere interpretato anche come un tendenziale processo costituente auto-imposto - assume tardivamente una dimensione pubblica, proprio nella sua fase conclusiva di integrazione-adozione del progetto di trattato costituzionale da parte della Conferenza intergovernativa che si aprira' il 4 ottobre a Roma. A questo proposito e' forse utile fare una rapida e parziale rassegna di quel pensiero critico (continentale e non) che si e' interrogato sulla necessita' di ripensare l'Europa, in particolare nel suo rapporto con la formazione di un'opinione pubblica continentale. * Gia' nell'estate del 1999 Pierre Bourdieu (in un intervento pubblicato in Idem, Controfuochi 2. Per un nuovo movimento europeo, Manifestolibri, Roma 2001, pp. 124, euro 9) auspicava la formazione di "un movimento sociale europeo", ponendo l'attenzione sull'importanza di quegli embrionali movimenti sociali transnazionali che avrebbero avuto la loro epifania pubblica con Seattle pochi mesi dopo, e sul loro effetto inducente nell'avviare processi pubblici di rivendicazione di un'Europa sociale. * In questo senso e' lo stesso Juergen Habermas che in un saggio del 1999 pubblicato nel volume La costellazione postnazionale (Feltrinelli, pp. 135, euro 18), assegnando un ruolo decisivo ai cittadini che si autorganizzano nei movimenti sociali (e parzialmente a quei partiti politici che aprono "delle prospettive normativamente soddisfacenti nell'elaborazione dei conflitti dapprima percepiti come insolubili"), riteneva necessaria la creazione di "un'Europa sociale", che fosse "capace di gettare il suo peso sull'equilibrio cosmopolitico complessivo". * E' l'idea dell'Europa come cuneo di regolazione sociale nei processi di globalizzazione neo-liberista che si riempie di un ulteriore significato nel contesto globale post-11 settembre, come si puo' leggere tra le righe della "lettera aperta di un americano al resto del mondo: help" (contenuta nel volume collettivo La guerra dei mondi. Scenari d'occidente dopo le Twin Towers, DeriveApprodi, 2002, pp. 225, euro 10,50), in cui lo storico statunitense Jeremy Brecher invocava un aiuto da parte degli alleati - in particolare ai movimenti sociali e governi europei - per imporre un radicale ripensamento alle scelte interventiste dell'amministrazione Bush. * Ma nella cruda materialita' delle relazioni internazionali ci troviamo dinanzi ad un'"Europa senza progetto", che sembra "stia perdendo la propria anima e, piu' ancora, la possibilita' di esistere come entita' originale" nell'attuale dis-ordine globale, per dirla con il crudo, esasperato pessimismo di Marc Auge' (Diario di guerra, Bollati Boringhieri, pp. 99, euro 9,50). * In realta' proprio questa mancanza di progettualita' continentale sembra essere un passaggio decisivo nel tentativo di mettere in connessione l'elaborazione di un pensiero critico sull'Europa con le pratiche creative, dal punto di vista dell'immaginazione politica, dei nuovi movimenti: "mai e' stato piu' urgente un altro pensiero dell'Europa", scrivera' Jacques Derrida pochi giorni dopo l'11 settembre (Il sogno di Benjamin, Bompiani, euro 5) e lo ribadira' nel libro-intervista di Giovanna Borradori, Filosofia del terrore. Dialoghi con. Habermas e Derrida (Laterza, pp. 234, euro 15), dove viene evocata la promessa europea: la "possibilita' di un altro discorso e di un'altra politica" sulla e dell'Europa. Questo orizzonte di riflessioni costituisce il contesto di riferimento del dibattito pubblico e dell'elaborazione di senso comune di quella multiforme porzione di opinione pubblica continentale che compone - e/o si riconosce - nell'articolazione reticolare e variegata del movimento dei movimenti. * In questo senso meriterebbe un'apposita ricognizione l'elaborazione svolta all'interno dei siti e delle mailing list vicine al "movimento dei movimenti" (penso in particolare alla discussione che si e' sviluppata nel sito Internet Rekombinant all'indomani di un doppio intervento su di una suggestione di Europa minore da parte di Franco Berardi, nel secondo dei quali riprendeva l'articolo di Habermas e Derrida) e di alcune riviste di analisi politica e riflessione teorica che si relazionano in modo diretto con i nuovi movimenti sociali continentali: si vedano in particolare i numeri recenti di riviste francesi come Multitudes o Vacarme, oppure delle italiane DeriveApprodi, Carta, Posse, Global magazine. Del resto questo era anche l'ambito di confronto proposto dal volume polifonico Europa politica. Ragioni di una necessita' (Manifestolibri, pp. 287, euro 16,50; gia' richiamato da Luigi Cavallaro su queste pagine lo scorso 20 settembre), in cui continuo era il rinvio alla necessita' di pensare l'"Europa dei 'cittadini globali'": "costruzione politica continentale intesa come spazio dei nuovi movimenti sociali". E' questa la scommessa di vedere l'opinione pubblica critica dei nuovi movimenti sociali come soggetto attivo nella definizione di un'Europa politica che, nel suo essere sempre a venire, sia in continua tensione rispetto alla mortificante lettura unidimensionale del funzionalismo tecnocratico ed economicistico. Questa aspirazione dovrebbe essere ulteriormente rivendicata in una fase come quella vissuta attualmente dalle istituzioni comunitarie che nel maggio 2004 vorrebbero chiudere il percorso di rifondazione istituzionale - dotandosi del Trattato costituzionale continentale elaborato dalla Convenzione e ratificato dalla Conferenza intergovernativa, sul quale si dovra' necessariamente aprire un confronto analitico - e compiere l'allargamento dell'Unione europea ai dieci nuovi paesi centro-orientali e del sud Europa. In particolare l'atteggiamento dei movimenti sociali sembra voler imporre che il processo di costituzionalizzazione dell'Unione europea divenga - paradossalmente nella sua fase conclusiva - finalmente un processo pubblico, aperto, in grado di realizzare una partecipazione diffusa delle soggettivita' plurali che vivono lo spazio politico continentale in modo innovativo rispetto alla tradizionale postura nei confronti degli spazi politici statuali. Con una battuta verrebbe da dire che l'opinione pubblica europea in formazione (e quella parte del pensiero critico disponibile a pensare altrimenti l'Europa) voglia reclamare la portata costituente delle proprie rivendicazioni, provando ad immaginare un processo costituente diffuso nel tempo, procedura porosa al protagonismo sociale, alle istanze di cui i movimenti sono portatori, e che possa alludere alla disponibilita' di un continente, come porzione di mondo dove dispiegare azioni che mirino ad avere portata globale. Quasi che si possano immaginare dei movimenti costituenti che accettino questo piano di costituzionalizzazione continentale, in cui la multiplanare dimensione politica europea sembrerebbe adatta all'articolazione di un dibattito pubblico aperto ad una radicalizzazione di contenuti (inizialmente solo linguistico-concettuali) ulteriormente agita dai movimenti sociali, percorrendo linee di fuga debordanti dalla sfera comunicativa a quella socio-istituzionale. L'ottica a piu' livelli dello spazio politico europeo permette una nuova declinazione del conflittuale confronto sociale, aprendo spazi per un dialogo ininterrotto tra le istanze anche radicali dei movimenti e le diverse pratiche di gestione della cosa pubblica, creando connessioni multidimensionali altrimenti impraticabili nella sola dimensione statual-nazionale. Percio' sembra essere questo il momento in cui mettere in gioco l'immaginazione costituente dei movimenti sociali, nel loro sforzo creativo di disegnare l'Europa come uno spazio politico inedito e globale. L'Europa dunque come luoghi multilevel (locali, statuali, continentali) dove sperimentare pratiche democratiche che eccedano la forma rappresentativa, coniugando prassi di federalismo democratico postnazionale (cooperativo e solidale, che permetta la formulazione di un nuovo welfare incentrato sul dispositivo costituente del reddito di cittadinanza, come esigenza primaria per condurre una vita dignitosa) con l'autonomia politica di una democrazia radicale praticata a livello locale; ibridando i meccanismi istituzionali esistenti, ma anche auspicando la formazione di nuove istituzioni. Ma anche Europa come spazio politico globale, dove superare definitivamente le dinamiche di esclusione-inclusione della cittadinanza statuale, in cui le lotte per i diritti alludano a rivendicazioni di portata universale, per le liberta' di circolazione, movimento e soggiorno. Un'Europa quindi postcoloniale che possa farsi portatrice di pratiche multilaterali nelle relazioni internazionali e che sappia essere il contrario di quello che e' stata storicamente, nella sua plurisecolare odiosa tradizione coloniale: e' la rivendicazione prima dei movimenti antiglobalizzazione neo-liberista, ma ora e' divenuta anche la parola d'ordine per avviare nuove relazioni tra i diversi nord e sud di un mondo interamente sottoposto a guerre globali permanenti. * Questi sembrano essere alcuni dei nodi in cui diverrebbe possibile intrecciare quella parte di pensiero critico disponibile a mettersi in discussione nel confronto con l'opinione pubblica continentale dei movimenti sociali che aspira ad incidere materialmente nell'attuale processo di costituzionalizzazione dell'Unione Europea; ben sapendo che la portata dei movimenti - nella loro attitudine a fare dell'autorganizzazione una forma di protagonismo sociale - eccede qualsiasi dimensione istituzionale e allude sempre ad un nuovo vocabolario. Per concludere, quello proposto e' un contributo che pecca sicuramente per semplicismo ed approssimazione (nell'enunciazione delle letture, cosi' come nella narrazione delle rivendicazioni dei movimenti); ma si voglia leggere questo intervento come un invito a dipanare le possibilita' sopite nelle condizioni locali, continentali e globali in cui siamo immersi. Con l'aspirazione di veder realizzati principi di giustizia sociale, emancipazione, liberta' su scala sempre maggiore, ma anche l'augurio che si avvii un dibattito pubblico su tutte le altre possibilita' (o gli altri mondi possibili, se si preferisce) e soprattutto con l'auspicio che le pratiche sociali dei nuovi movimenti sappiano sempre sorprenderci nella capacita' di immaginare percorsi per ora solo vagheggiati; nel solco di un sotterraneo tracciato continentale che aspiri finalmente a realizzare almeno alcune delle sue promesse troppo spesso disattese, ma che abbia anche la capacita' visionaria di cartografare contrade a venire, evitando di idealizzare un passato che a volte andrebbe sottoposto a continua critica e ripensamento. 11. FORMAZIONE. UN CORSO DI ACCOSTAMENTO ALLA NONVIOLENZA A MANTOVA [Dal "Coordinamento per la pace" di Mantova (per contatti: codipax at libero.it) riceviamo e diffondiamo] Il "Coordinamento per la pace" di Mantova, in collaborazione con la Provincia di Mantova - assessorato alle politiche sociali giovanili e dell'immigrazione e "Insegnanti per la pace" promuove il progetto di formazione 2003-2004 "Alle radici della violenza. Violenza e nonviolenza nella vita quotidiana". La violenza e la guerra, sua massima espressione, hanno origine e radici nella cultura e nei comportamenti. Accade cosi' che, anche nel nostro quotidiano, subiamo e riproduciamo violenza. Rendere esplicite queste strutture culturali profonde, queste dinamiche e questi comportamenti e' il primo passo per poter attivare una trasformazione personale e sociale, che non nega il conflitto, ma si impegna a gestirlo in modo costruttivo e nonviolento. * Programma: - 25-26 ottobre 2003: Tiziana Bortuzzo (Teatro dell'Oppresso), "Mettere in gioco il se': gestione creativa e nonviolenta del conflitto"; - 15 novembre 2003: Marianella Sclavi, "L'ascolto attivo: imparare ad ascoltare e ad ascoltarsi"; - 29-30 novembre 2003: Maria G. Di Rienzo, "Il linguaggio come strumento di violenza e come possibilita' di cambiamento"; - 17-18 gennaio 2004: Pat Patfoort, "Io voglio tu non vuoi: la gestione nonviolenta dei conflitti" (l seminario con Pat Patfoort e' di secondo livello, per chi non la conoscesse, sabato 6 dicembre 2003 e' prevista una lezione introduttiva sul suo metodo). * Per iscrizioni e informazioni: tel. 3299614394 (Marisa), 3357126578 (Guido), e-mail: codipax at libero.it 12. FORMAZIONE. UN CORSO DI ACCOSTAMENTO ALLA NONVIOLENZA A LUCCA [Da Silvano Tartarini (per contatti: bebitartari at bcc.tin.it) riceviamo e diffondiamo] Il gruppo di Lucca dei "Berretti bianchi", in collaborazione con la Scuola della pace della Provincia di Lucca, Arci nuova associazione, Associazione nuova solidarieta'-Equinozio, Gvai, Tucam, con il patrocinio del Cesvot, promuove il corso di formazione per volontari su "Nonviolenza: il potere di tutti", che si terra' a Lucca dal 25 ottobre 2003 al 27 marzo 2004. * Partendo dalla conoscenza del pensiero nonviolento, sia dal punto di vista dei principi teorici sia da quello delle realizzazioni storiche, intendiamo offrire alla cittadinanza un percorso formativo per l'acquisizione delle competenze necessarie ad un approccio nonviolento nei rapporti interpersonali, al fine di promuovere un cambiamento personale, sviluppare la capacita' di esercitare una cittadinanza attiva e consapevole, migliorare il servizio e orientarlo verso la nonviolenza. Il corso si articola in piu' fasi che affrontano i diversi livelli e tipi di conflitto che ognuno puo' incontrare nella propria vita (personale, interpersonale, di gruppo, sociale). Lo scopo del progetto e' quello di fornire strumenti e metodologie educative, coerenti con la nonviolenza, che siano d'aiuto alle associazioni che nella societa' civile operano in vari settori (ecologisti, pacifisti, donne, comunita', consumatori, anziani, portatori di handicap, adolescenti, minoranze...) per valorizzare al meglio il potenziale di ciascuno. Si intende lavorare per la creazione di una comunicazione "ecologica", che coltivi le risorse di ogni persona rispettandone la diversita', e nel contempo mantenga una coesione globale in modo che le persone possano agire insieme per un obiettivo comune. Imparare, dunque, ad esercitare una critica costruttiva, la risoluzione dei conflitti, lo sviluppo dei progetti e la cooperazione con le altre associazioni. Sono previsti tre tipi di azioni formative: training, conferenze, visioni di film e in conclusione la visita di un centro di azione nonviolenta. Il training prevede la partecipazione attiva dei corsisti attraverso lo svolgimento di lavori di gruppo, simulazioni, giochi di ruolo. * Programma - 25 ottobre 2003, conferenza: Volontariato e nonviolenza: esperienze per una difesa alternativa al militare, Angelo Cavagna (sacerdote dehoniano); - 7 novembre 2003, film: Bowling for Colombine; - 8 novembre 2003, conferenza: I principi della nonviolenza tra esperienze concrete e radici etico-religiose, Nanni Salio (ricercatore, segretario dell'Ipri) e Rocco Altieri (docente universitario, direttore di "Quaderni satyagraha"); - 15-16 novembre 2003, training: la gestione partecipativa dei gruppi, Jerome Liss (formatore); - 29 novembre 2003, film:Il buio oltre la siepe; - 6-7 dicembre 2003, training:I conflitti interpersonali: sperimentare la nonviolenza a due, Anna Mirenzi (formatrice); - 24-25 gennaio 2004, training :I conflitti intrapersonali: come gestire e trasformare le emozioni, Antonella Sapio (psicologa); - 31 gennaio 2004, conferenza: La Difesa popolare nonviolenta e i Corpi civili di pace, Alberto L'Abate (professore universitario) e Antonino Drago (professore universitario); - 6 febbraio 2004, film: Gandhi; - 14-15 febbraio 2004, training: Le azioni dirette nonviolente per influire sulle dinamiche sociali, Gianni Scotto (ricercatore universitario) e Natascia Berlincioni (formatrice); - 6 marzo 2004, conferenza: "Il potere di tutti" nel pensiero di Aldo Capitini e la possibilita' di costruire una economia di giustizia attraverso consumo critico e stili di vita, Rocco Altieri (docente universitario) e Francuccio Gesualdi (ricercatore); - 27 marzo 2004, visita al centro di azione nonviolenta in costruzione a Gricigliana (Prato). * Per informazioni rivolgersi alla segreteria organizzativa: Berretti Bianchi, gruppo di Lucca, c/o Sara Tomei, via Fontanella 663, tel. e fax: 0583955370, e-mail: sara.tomei at tin.it, berrettibianchi.lu at libero.it 13. FORMAZIONE. UN CORSO DI ACCOSTAMENTO ALLA NONVIOLENZA A TORINO [Dal Centro studi "Sereno Regis" (per contatti: regis at arpnet.it) riceviamo e diffondiamo] L'approccio nonviolento ai conflitti. Corso di primo livello. - Mercoledi' 29 ottobre: Cos'e' la nonviolenza. Introduzione alla teoria e pratica della nonviolenza, a cura di Angela Marasso (formatrice del gruppo Edap). - Mercoledi' 5 novembre: proiezione del film "Bowling a Columbine" di M. Moore. Introduzione e riflessione a cura di Anna Mirenzi (formatrice del gruppo Edap). - Mercoledi' 12 novembre: Da una societa' centrata sulla sicurezza verso una societa' centrata sulla fiducia. Spunti e riflessioni a partire dal film visto, a cura di Anna Mirenzi (formatrice del gruppo Edap). - Mercoledi' 19 novembre: La trasformazione nonviolenta dei conflitti, a cura di Giorgio Barazza (formatore del gruppo Edap). - Mercoledi' 26 novembre: La riconciliazione come prassi di trasformazione dei conflitti: il caso Sudafrica, a cura di Enrico Peyretti (Centro Studi Sereno Regis). - Mercoledi' 3 dicembre: Esperienze di intervento nonviolento in situazioni di conflitto acuto: dalle PBI ai Caschi Bianchi, a cura di Nanni Salio (presidente del Centro Studi Sereno Regis). - Sabato 13 dicembre: gioco di ruolo su Israele/Palestina, a cura di Angela Marasso (formatrice del gruppo Edap) e Maria Chiara Tropea. Per informazioni: segreteria del Centro Studi Sereno Regis, tel. 011532824, e-mail: regis at arpnet.it 14. RILETTURE. RENATA D'AMICO: MAMANA ARMINDA Renata D'Amico, Mamana Arminda, Erre Emme (ora Roberto Massari Editore), Pomezia (Roma) 1995, pp. 208, lire 20.000. Un "romanzo antropologico mozambicano" di una studiosa italiana nata a Maputo e innamorata dell'Africa. 15. RILETTURE. TINA NOVELLI: DIZIONARIO ETNOLOGICO AFRICANO Tina Novelli, Dizionario etnologico africano, Jaca Book, Milano 1975 (ma 1976), tre volumi per complessive pp. 916. E' ancora un'opera ben utile sia per lo studio che per la consultazione. 16. RILETTURE. ITALA VIVAN: AFRICA AUSTRALE. PANORAMA LETTERARIO Itala Vivan, Africa australe. Panorama letterario, Cies, Roma 1987, pp. 40. Un agile ed accurato profilo, un'utile guida bibliografica ragionata. 17. RILETTURE. ITALA VIVAN: INTERPRETI RITUALI Itala Vivan, Interpreti rituali, Dedalo, Bari 1978, pp. 256. Un acuto studio sul romanzo nell'Africa nera, con capitoli dedicati a Chinua Achebe, Amos Tutuola, Wole Soyinka, Ngugi Wa Thiong'o, Ezekiel Mphahlele. 18. RILETTURE. ITALA VIVAN (A CURA DI): IL NUOVO SUDAFRICA Itala Vivan (a cura di), Il nuovo Sudafrica, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996, pp. XXXII + 384, lire 35.000. Un volume a piu' voci curato dall'illustre studiosa. 19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 20. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 693 del 4 ottobre 2003
- Prev by Date: ---Bollettino di Bandieragialla---
- Next by Date: LE TV IN MARCIA
- Previous by thread: ---Bollettino di Bandieragialla---
- Next by thread: LE TV IN MARCIA
- Indice: