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LETTERA APERTA AL MINISTRO CASTELLI
- Subject: LETTERA APERTA AL MINISTRO CASTELLI
- From: "carlo" <carlo at inventati.org>
- Date: Tue, 30 Sep 2003 09:24:55 +0200
LETTERA APERTA AL MINISTRO CASTELLI Nei giorni scorsi lei ha dichiarato (in merito alla chiusura delle indagini su Diaz e Bolzaneto) che "ci tiene a difendere il buon nome degli agenti della polizia penitenziaria" e, si stupisce perché "nessun magistrato ha avuto la curiosità di chiederle cosa ha visto", nonostante lei fosse presente a Bolzaneto nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001. Ebbene, glielo chiedo io signor ministro, cosa ha visto nella Caserma di Genova Bolzaneto? Vuol rispondere di nuovo, come già fece davanti alla commissione d'indagine il 6 settembre 2001, che "la situazione era tutto sommato normale?" che "Nelle celle c'erano una decina di ragazzi, da una parte con un agente della polizia penitenziaria e una ragazza dall'altra parte?". Che quando alla sua domanda "come mai si trovassero in quella posizione, rivolti verso il muro, in piedi" e le è stato risposto che "avevano fatto così per evitare il pericolo che gli uomini potessero dar fastidio alla ragazza" lei ci ha creduto? Risponderebbe di nuovo che "Al di là di casi singoli malaugurati, non si sono verificati gravissimi problemi. Qualcuno ha pagato il prezzo di rimanere troppe ore in piedi. Non so se sia una cosa gravissima.. I metalmeccanici per 35 anni lavorano in piedi dalla mattina alla sera. E non li ho mai sentiti lamentarsi?" E di fronte all'accusa di aver costituito un lager risponderebbe di nuovo che "Un lager non è un campo di concentramento, e che diverso è costituire un campo di concentramento, termine che non ha un'accezione negativa di per sé"? Vede signor ministro, le conclusioni della procura di Genova, che si prepara a chiedere il rinvio a giudizio di 42 tra poliziotti, agenti e medici della penitenziaria e carabinieri, dice cose un po' diverse. Parla di violenze e torture, trattamenti inumani e degradanti, sospensione di diritti umani fondamentali, mancate cure mediche a persone già ferite, mancate telefonate a familiari, avvocati, consolato per gli stranieri, tutti i detenuti scomparsi nel nulla, "desaparecidos". E non parla di "alcuni casi isolati" ma di centinaia di persone che durante quei giorni passarono molte ore a Bolzaneto e che coraggiosamente hanno poi denunciato i fatti alla magistratura. Racconta di mani spezzate a Bolzaneto, di suture senza anestesia, di ragazze trascinate per la collottola e coperte di sputi ed ingiurie da due ali di agenti, prese a calci durante il tragitto verso il bagno. Parla di canzonette fasciste, di ragazze e ragazzi nudi, derisi ed umiliati. (Viva il duce, bastardi comunisti, ebrei di merda, un due tre viva Pinochet, a morte tutti gli ebrei, troie, puttane, ne abbiamo ammazzato uno ma dovevamo ammazzarne cento, manganello, manganello, ecc, ecc.) Ci dice che non furono somministrati né cibo, né acqua, che i giovani furono coperti di pugni e calci, costretti a rimanere per ore in piedi col volto verso il muro, gambe divaricate, braccia alzate, anche se feriti, spruzzati da gas urticante, minacciati di morte e di altre violenze. (Mancava solo l'olio di ricino per completare il quadro) Vede, signor ministro, quanto descritto dalla procura di Genova non mi è nuovo. La notte tra il 21 e il 22 luglio 2001, durante la sua visita a Bolzaneto, c'era anche mia figlia Sara di 21 anni, di Lecco, come lei. Dopo essere stata ferita dalle manganellate alla scuola Diaz ed una breve permanenza in ospedale nonostante un "trauma cranico" è stata sequestrata e portata, ammanettata a Bolzaneto e vi è rimasta fino al 23 luglio; più di 24 ore nel lager (pardon, campo di concentramento). Io e mio marito l'abbiamo cercata ovunque senza trovarla, scomparsa in Italia, per più di 30 ore, forse avremmo dovuto chiedere a lei se l'aveva vista? Se davvero lei vuol difendere il buon nome degli agenti e dei medici penitenziari lo dimostri. Si legga le conclusioni della Procura di Genova e sospenda tutti quelli che sono indagati per questi gravissimi fatti, chieda scusa, a nome dello Stato Italiano che lei rappresenta, a tutti quelli che, italiani e stranieri, hanno vissuto, sulla loro pelle, i giorni più bui della nostra democrazia negli ultimi anni. Enrica Bartesaghi - Presidente comitato verità e giustizia per Genova
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