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La nonviolenza e' in cammino. 684
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 684
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 24 Sep 2003 22:58:24 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 684 del 25 settembre 2003 Sommario di questo numero: 0. Comunicazione di servizio 1. Un appello contro la legge Gasparri 2. Piercarlo Racca: la camminata da Assisi a Gubbio 3. Lidia Menapace: ancora per l'Europa neutrale e attiva, disarmata, smilitarizzata e nonviolenta 4. Peppe Sini: io dico seguitando (sulla proposta di Lidia Menapace) 5. Anna Casalino: la cisterna 6. Adriana Zarri: una buona notizia 7. Mario Lancisi intervista Alessandro Zanotelli 8. Letture: Alma Daddario, Se scrivere potesse dire... 9. Letture: Michael Moore, Stupid White Men 10. Letture: Arundhati Roy, Guida all'impero per la gente comune 11. Riedizioni: Thich Nhat Hanh, Insegnamenti sull'amore 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 0. COMUNICAZIONE DI SERVIZIO Negli ultimi giorni abbiamo avuto alcuni problemi di connessione ad internet, ed e' probabile che alcuni messaggi inviati alla nostra redazione siano andati perduti. Saremmo grati a chi ce ne ha inviati se volesse inviarceli di nuovo. Grazie. 1. APPELLI. UN APPELLO CONTRO LA LEGGE GASPARRI [Dall'agenzia Metamorfosi (per contatti: agenzia at studio-metamorfosi.com) riceviamo e diffondiamo il seguente appello] La cosiddetta "legge Gasparri" sul sistema radiotelevisivo, approvata dal Senato, viola lo spirito e la lettera della Costituzione italiana, esprime il livello di pericolo che stiamo tutti correndo a proposito della liberta' di informazione. Non solo e' in gioco il pluralismo dell'informazione (cosa gia' evidente in atto), ma si precostituisce la sua fine attraverso ulteriori concentrazioni editoriali e pubbliciatarie. L'estensione del tetto antitrust dal 30% del solo mercato televisivo al 20% dell'intero mercato pubblicitario significa dare un colpo mortale all'informazione indipendente. Si prevede una Rai privatizzata - cosa che riteniamo assolutamente errata in linea di principio, poiche' l'intera vicenda mondiale delle privatizzazioni dei mezzi di comunicazione di massa ha ampiamente dimostrato di condurre dovunque non a un maggiore pluralismo ma a una formidabile serie di concentrazioni in poche mani di enormi poteri mediatici- posta sotto il controllo diretto del potere esecutivo. Sarebbe la formalizzazione sostanziale di un regime di monopolio informativo in mano al governo e a privati che sono alleati del governo. Anche su questi aspetti chiediamo ai parlamentari dell'opposizione di non ammettere cedimenti tra le loro file. Essa non tiene assolutamente conto delle indicazioni in materia che il Presidente della Repubblica affido' alle Camere con il messaggio del 23 luglio scorso, e con le quali anzi si pone in esplicito e clamoroso contrasto. Il disegno di legge "Gasparri" ci appare un attacco diretto al pluralismo informativo-comunicativo e, come tale, costituisce una violazione dei diritti di tutti, sia di quelli che hanno votato contro, sia di quelli che hanno votato per Berlusconi (ne siano essi, o meno, consapevoli). E' un terreno dal quale non si puo' retrocedere. Senza democrazia nella e della comunicazione non puo' esistere democrazia reale in un paese moderno... Chiediamo a tutte le forze democratiche, ai lavoratori, agli intellettuali, ai giornalisti, agli operatori di cultura di mobilitare tutte le forze per la liberta' d'informazione. Anche per questa ragione noi confidiamo nel fatto che il Presidente della Repubblica sapra' valutare il contenuto della legge, quando essa giungera' sul suo tavolo per la promulgazione, valutarne a fondo la conformita' ai principi di liberta' e di pluralismo espressi dalla Carta Costituzionale. Primi firmatari: Alex Zanotelli, Luigi Ciotti, Gino Strada, Giulietto Chiesa, Antonio Vermigli. Per adesioni e informazioni: Antonio Vermigli, Rete Radie' Resch di Quarrata (Pt), tel. 3395910178, e-mail: a.vermigli at rrrquarrata.it 2. EDITORIALE. PIERCARLO RACCA: LA CAMMINATA DA ASSISI A GUBBIO [Ringraziamo Piercarlo Racca (per contatti: piercarloracca at libero.it) per aver scritto per il nostro foglio questa testimonianza sulla camminata Assisi-Gubbio del 3-7 settembre 2003. Piercarlo Racca e' uno dei militanti "storici" dei movimenti nonviolenti in Italia ed ha preso parte a pressoche' tutte le esperienze piu' vive e piu' nitide di impegno di pace] La camminata da Assisi a Gubbio, promossa dal Movimento Nonviolento, che ci ha visti coinvolti dal 4 al 7 settembre, aveva un preciso significato: andare oltre Assisi nel senso di offrire anche proposte positive al semplice "no alla guerra" delle marce per la pace. Quindi una camminata che permettesse di socializzare, scambiare opinioni, fare conoscenza ecc. Ed un convegno in cui formulare proposte nella direzione di un corpo civile europeo di pace. La camminata vera e propria (4 e 5 settembre), che ha coinvolto un centinaio di persone, e' stata un'esperienza altamente positiva. Erano anni che il Movimento Nonviolento non riproponeva una marcia di piu' giorni (l'ultima era stata la Catania-Comiso nel 1982) dove lo stare assieme significa anche superare le precarieta' di dove dormire, dove fare la doccia, ecc. Un dato positivo e' stata sicuramente la varieta' di eta' dei partecipanti, da gente matura negli anni a bambini in eta' di scuola elementare, famiglie intere con la gioia di portarsi appresso il proprio cane. Per me e per molti altri che hanno vissuto l'esperienza delle marce antimilitariste (1967-1976) questa iniziativa e' stata anche una iniezione di ottimismo e gioia, scegliere di partecipare significa anche essere liberi, la consapevolezza di sapere di non essere omologati da questa societa'. Nella parte propositiva, vale a dire il convegno finale (6-7 settembre a Gubbio), non solo abbiamo potuto confrontarci fra il nostro idealismo, cui mai dobbiamo rinunciare, e la cosiddetta "realpolitik", ma soprattutto siamo usciti rafforzati nella convinzione che occorre avere il coraggio di perseverare nelle nostre scelte di nonviolenza. Tutti quanti nel partecipare e fare nostra questa iniziativa del Movimento Nonviolento ne siamo usciti arricchiti, questa ricchezza non va dispersa ma investita rafforzando questa nostra piccola associazione che si chiama Movimento Nonviolento. Nelle impressioni, commenti e parole scambiate ritengo senza ombra di dubbio che i partecipanti siano stati piu' stimolati ad essere presenti a questa iniziativa dal richiamo della "camminata" e molto meno dal richiamo del "convegno", pero' emerge anche che la camminata senza il convegno sarebbe stata un'iniziativa incompleta, o se vogliamo molto meno politica. Infine la festa dei 40 anni di "Azione nonviolenta" al teatro comunale e' stata un successo di creativita' con un buon coinvolgimento del pubblico presente. Tutto questo e' anche il nostro modo di fare politica, politica accessibile a tutti e non sempre e solo delegata agli specialisti. Visto il consenso e il successo ottenuto mi auguro che questa iniziativa o una analoga venga riproposta. 3. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: ANCORA PER L'EUROPA NEUTRALE E ATTIVA, DISARMATA, SMILITARIZZATA E NONVIOLENTA [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001] Cominciamo ad elencare le proposte sulle quali siamo d'accordo: cio' e' bene dal punto di vista del metodo, sgombra la mente da parole contrapposte, mette via una serie di faccende gia' viste oppure ne riparla per andare avanti, non solo per dirle. Dunque siamo d'accordo sulla Difesa popolare nonviolenta: anche la Convenzione di Donne contro la guerra propone un diffuso addestramento di difesa popolare nonviolenta a livello europeo, anche come strumento utile per la riconversione di spese militari in spese civili ecc. Lo stesso scopo ha la proposta di un progetto di protezione civile europea che pure serve date le vicende climatiche e pure sottrae molti mezzi alle spese militari (noi proponiamo che la riconversione delle spese militari sia appunto destinata a finanziare difesa popolare nonviolenta, protezione civile e servizio civile in modo da non lasciare senza risposta i lavoratori e le lavoratrici delle fabbriche di armi ecc.). Fino a qui va bene? basta solo che chi cita difesa popolare nonviolenta, protezione civile, servizio civile, non dimentichi di citare tra i soggetti favorevoli la Convenzione di donne contro le guerre. Noi naturalmente ci ricordiamo sempre di citare le proposte del Centro Sereno Regis ecc. Le proposte sul fisco vorrei conoscerle meglio. Noi siamo in genere favorevoli (e questa mi pare una differenza tra alcune e alcuni di noi) a fissare per legge alcune cose, dato che abbiamo sperimentato che chi e' forte non ha bisogno della legge, ma chi e' debole si': abbiamo sperimentato ad esempio che l'aborto sarebbe comunque rimasto un reato (tranne che come aborto "terapeutico" deciso da altri e non dalla madre) se non avessimo ottenuto una legge; che la violenza sessuale sarebbe ancora una oscura vergogna delle donne invece di essere un reato. A Pechino (1995) abbiamo ottenuto l'assenso dei governi del mondo, contro le mutilazioni genitali, sulla nostra definizione: "l'integrita' fisica e' bene non disponibile" e non ne puo' disporre nessuno, ne' il padre o il marito o l'iman o lo stato o la religione. Le donne senegalesi hanno cominciato, prendendo spunto da qui, delle pratiche per liberare le loro sorelle dal tremendo uso delle mutilazioni genitali, quelle keniote ottenuto che lo stato dichiari reato tali pratiche, percio' possono inventare riti gioiosi di passaggio dalla fanciullezza alla puberta'. Lo stupro etnico o di guerra, pratica comune che alcuni codici militari consentivano e alcune culture patriarcali ancora scusano sono diventati crimine contro l'umanita' dopo l'arrivo alle Nazioni Unite di dieci milioni di firme raccolte da associazioni di donne in tutto il mondo. Ci siamo mosse perche' donne bosniache stuprate ci hanno fatto sapere che si sarebbero suicidate perche' dopo lo stupro le loro famiglie padri mariti e fratelli le ripudiavano come impure e adultere e la chiesa le incitava a mettere al mondo gli eventuali concepiti da adottare successivamente. Donne condannate ad essere lapidate per adulterio sono state salvate da raccolte di firme, ma non si ha notizia di iniziative di uomini democratici (dopo Gesu' Cristo) che dicono ai loro simili che non si puo' fare cio': passa tutto sotto il segno spesso ambiguo e in questi casi del tutto ipocrita che "e' la loro cultura" (sic!). Possiamo comunque discutere anche della utilita' relativa di un ancoraggio di legge. L'argomento mi pare urgente dato che e' in arrivo una proposta di trattato costituzionale europeo, e ammaestrata da Maastricht e Schengen e Nizza vorrei che mi si dicesse come si fa a sottrarsi a un testo che dichiara che il mercato e' il regolatore supremo: dunque l'Italia non sara' piu' una repubblica democratica fondata sul lavoro, ma sul mercato, poiche' tutte le politiche debbono rispondere al mercato; dove non vi saranno piu' servizi pubblici (scuola, sanita', trasporti) perche' tutto potra' essere privatizzato, pure l'acqua. So che un gruppo di parlamentari europei di Rifondazione ha presentato un emendamento per introdurre nel trattato costituzionale europeo che "L'Europa rifiuta la guerra come strumento ecc.", una specie di art.11: e' una iniziativa da appoggiare? a noi pare di si'. Inoltre - che io sappia - l'unico stato europeo che gia' ha un ordinamento positivo di difesa popolare nonviolenta e' l'Austria, non per caso paese neutrale. Ma in generale si ritiene che la neutralita' dei paesi gia' neutrali debba essere difesa nel progetto europeo, o no? perche' se si', la prospettiva della neutralita' resta aperta, altrimenti esce di scena definitivamente, e l'Europa si unifica cancellando il movimento operaio sottoposto al mercato, lo stato sociale sostituito da una "assistenza moderna" e da servizi a pagamento, senza citare la cittadinanza sessuata, nessun diritto universale per chi vi immigra, e anche senza la possibilita' di essere neutrali. Solo quattro stati europei al mondo, che io sappia, scelsero la neutralita' per evitare di fare guerre. Insomma dell'Europa resta in piedi il passato imperiale. Non per nulla il confronto e' tra Bush e Chirac: due imperatori; e non vorrei dover scegliere Chirac solo perche' e' piu' laico e palesemente meno fuori di testa di Bush che adesso si considera anche campione del "Bene". Avendo tempo potrei anche dedicarmi a convertire i militari o gli uomini in generale ad essere dolci, gentili, e a praticare una sessualita' nonviolenta, ma - sorry - davvero: prima vengono le mie sorelle. 4. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: IO DICO SEGUITANDO (SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE) Mi sembra che ampie convergenze nei movimenti per la pace e i diritti potrebbero raggiungersi - e in qualche misura in non piccole aree sono gia' raggiunte - sia sulla Difesa popolare nonviolenta, sia sui Corpi civili di pace, sia sulla proposta di codificazione dell'equivalente dell'articolo 11 nella cosiddetta Costituzione europea di cui - come al solito acutamente - dice Lidia qui sopra, ma anche su altro ancora, e vorrei provare a formulare un piccolo elenco parziale e provvisorio, forse non disutile. a) Politiche e pratiche di disarmo e di riconversione dell'industria bellica; ed in questo ambito occorrono sia scelte istituzionali, sia scelte politiche, sia scelte legislative, sia scelte economiche ed ecologiche, sia scelte sociali e culturali; sia anche, infine e decisivamente, campagne che queste scelte definiscano con chiarezza e promuovano e sostengano, ed inverino almeno parzialmente - come dire: in figura e in concreto ad un tempo -, campagne comprensive di un ampio e variegato ventaglio di iniziative inclusive anche di azioni dirette nonviolente, poiche' se si aspetta che sua sponte il potere dominante si orienti in questa direzione non se ne fara' mai nulla essendo la tendenza piuttosto orientata in senso inverso; esperienze significative ce ne sono gia', si tratta di rivisitarle criticamente, illimpidirle ove occorra e potenziarle, estenderle; b) scelte di smilitarizzazione e di passaggio a forme di difesa civile, protezione civile, ma meglio e decisivamente: di difesa popolare nonviolenta; ed al riguardo valorizzare anche quanto gia' e' finanche nel corpus legislativo italiano; c) sostegno alle pratiche di obiezione alla guerra e ai suoi strumenti e apparati; fondando queste pratiche anche precisamente sul rispetto di leggi fondamentali e imperative, come il preambolo della carta delle Nazioni Unite, come la Dichiarazione dei diritti umani del '48, come l'opposizione alla pena di morte (che e' posizione condivisa e qualificante nella e della Unione europea: e la guerra consistendo nell'uccidere, ne consegue che il rifiuto della pena di morte implica l'impegno al ripudio della guerra e quindi anche dei suoi strumenti, apparati e logiche), come anche - nello specifico delle legislazioni nazionali - nel caso dell'Italia l'art. 11 della Costituzione; d) collegamento e svolgimento delle pratiche di obiezione alla guerra - e a i suoi strumenti e apparati -, con programmi costruttivi in termini di servizio civile locale e internazionale, di welfare state e welfare community, di pratica della cittadinanza attiva e della solidarieta' inveratrice di diritti in loco ed internazionale; e) un programma costruttivo di alternative fin d'ora praticabili: in primo luogo i Corpi cvili di pace, valorizzando quanto gia' a suo tempo assunto come impegno dal Parlamento europeo su impulso di Alex Langer e gia' praticato da molte esperienze di volontariato; f) adottando la terminologia in uso nella specifica giurisprudenza, tra posibilita' di belligeranza e scelta del suo opposto, la neutralita' (e, come e' noto, tertium non datur, checche' ne dicano certi ipocriti ciarlatani complici delle guerre), promuovere un'iniziativa perche' la scelta della neutralita' (nel senso forte definito da Lidia, cioe' gramscianamente "attiva e operante" come e' stato ricordato; e che poi effettualmente in gran parte coincide con il significato tecnico del termine giuridico nella sua opposizione polare al termine inverso) non solo venga salvaguardata per gli stati europei che l'hanno gia' fatta, ma diventi principio costituente dell"assetto giuridico ed istituzionale europeo; g) ma ancor piu' decisivo a me pare quanto segue: che diventi giuriscostituente la scelta della nonviolenza nella pienezza e dirompenza della sua proposizione come ipotesi non solo metodologica ed organizzativa, assiologica ed ermeneutica, ma anche politica, giuridica, istitutrice d'istituzioni oltre che di costumi e condotte; h) naturalmente questo impegno per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e disarmista, smilitarizzata e antibellica, solidale e nonviolenta, richiede altresi' un collegamento forte a scelte di giustizia, ecologicamente sostenibili, socialmente orientate al riconoscimento e alla promozione dei diritti umani per tutti gli esseri umani; poiche' e' ovvio che il potere e l'attivita' miltare sono connessi al potere economico, e a quello politico e a quello ideologico - oggi si ama dire mediatico, ma ideologico e' piu' preciso e piu' ampio poiche' in estensione include anche gli "apparati ideologici di stato" e in profondita' apre al tema decisivo e concreto quant'altri mai dell'alienazione; i) ed ovviamente occorrera' altresi' un lavoro educativo, dentro e fuori le istituzioni e le agenzie della socializzazione, dell'educazione, della cultura, della ricerca: ed anche in questo ambito proprio all'anno zero non siamo; l) occorrera' ovviamente anche ragionare sull'approntamento delle risorse finanziarie necessarie ed efficienti ad avviare questo processo: cose ragionevoli hanno scritto gia' altri intervenuti e ad esse rinvio (in particolare a questo passo dell'intervento di Nanni Salio riportato nel notiziario di ieri: "poiche' senza un finanziamento serio ogni progetto rimane lettera morta, una proposta concreta puo' essere quella del 5%: cerchiamo e/o costruiamo una forza politica che inserisca nel suo programma, per la prossima legislatura, una riduzione annuale del 5% delle spese militari per impiegare gli stessi fondi nella costruzione di una forza nonviolenta di pace, sulla scia di quanto gia' e' stato realizzato: Corpi civili di pace, Caschi e Berretti Bianchi, Operazione Colomba, PBI, Donne in Nero. Infine, lanciamo una poderosa campagna di contribuzione fiscale: 'Se vuoi la pace, paga per la pace', ovvero finanzia, dal basso, la forza nonviolenta di pace"). Aggiungerei solo che delle due articolazioni dell'approntamento di tali risorse (i finanziamenti pubblici, i finanziamenti volontari), ebbene, sul versante dell'impegno finanziario volontario abbiamo gia' esperienze significative: dalla campagna di obiezione di coscienza alle spese militari (e - appunto - per la difesa popolare nonviolenta), alle competenze acquisite con l'avvio dell'esperienza della banca etica; ergo sul lato dell'impegno della societa' civile vi e' gia' un patrimonio conoscitivo ed esperienziale che potra' dare buoni frutti. Invece sul versante dei finanziamento pubblico credo che dovremmo anche, in primo luogo, andare a una verifica sia di quanto chiesto, ottenuto, realizzato e rendicontato da ong, onlus ed altri soggetti ancora che da lungo tempo per ativita' di pace e solidarieta' attingono variamente e consistentemente a fondi pubblici (per quanto amaro possa essere fare una ricognizione critica in tale ambito, cio' e' necessario e propedeutico), sia delle scelte degli organismi internazionali, dei governi e degli enti locali; ma occorrera' anche coinvolgere piu' intensamente le grandi strutture associative, le organizzazioni sindacali, le chiese, e le fondazioni e le agenzie della ricerca e della cultura. E mi fermo qui perche' questa schidionata non diventi infinita e ancor piu' abborracciata di quanto gia' non sia. Credo che quanto emerso dal convegno di Gubbio, come dalla elaborazione del movimento delle donne (ed in particolare dalla Convenzione permanente di donne contro le guerre, nel cui ambito da tempo la proposta di Lidia e' divenuta riflessione condivisa e ricerca collettiva) e degli altri movimenti pacifisti e nonviolenti (e decisivo il lavoro della rete impegnata da tempo per i Corpi civili di pace), e anche dagli interventi apparsi su questo foglio, di Lidia Menapace, di Enrico Peyretti, di Nanni Salio, e altri spero seguiranno; cosi' come quanto emergera' dall'assemblea dell'Onu dei popoli che si svolgera' per iniziativa della Tavola della pace nei giorni precedenti l'edizione del prossimo 12 ottobre della marcia Perugia-Assisi, ebbene, offrano ed offriranno utili contributi a una riflessione e a un'iniziativa indifferibili. Di mio, per cosi' dire, aggiungerei costi' soltanto una duplice urgenza e un "pensiero dominante": - la prima urgenza: non lasciare che nel dibattito sulla cosiddetta Costituzione europea sia cancellata la voce antimilitarista, disarmista e nonviolenta delle donne, dei movimenti di solidarieta', pacifisti e nonviolenti, del sud del mondo martoriato dalle guerre del mercato e dal mercato delle guerre, del cosiddetto popolo della pace (trovo peggio che ambigua la formula della "societa' civile organizzata mondiale", ed altre similari e correnti, mi si dispensera' dall'usarle); condivido infatti con Lidia la persuasione che se non riusciamo ad influire sul testo del trattato ora in discussione poi ci troveremo tutti in condizioni di gran lunga peggiori; - la seconda urgenza: non permettere che si arrivi alle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo senza che il tema e la proposta dell'Europa neutrale (disarmata, smilitarizzata, nonviolenta, costruttrice di pace con mezzi di pace) e le sue applicazioni (Difesa popolare nonviooenta, Corpi civili di pace, "articolo 11" nella Costituzione europea, etc.), divengano, come e' necessario, un elemento centrale del dibattito, dei programmi e delle scelte delle forze politiche e dei candidati, con esiti impegnativi per esse ed essi; - il pensiero dominante: che la nonviolenza sappia divenire principio giuriscostituente, riconosciutamente fondatrice di convivenza civile, legislazione ed istituzioni, come e' accaduto ad esempio in Sudafrica - e in un ambito, il diritto penale, che parrebbe quanto di puo' estraneo alla nonviolenza come principio giuriscostituente; anche qui esperienze e riflessioni vi sono, vanno riconosciute, valorizzate, praticate, estese. 5. POESIA E VERITA'. ANNA CASALINO: LA CISTERNA [Da Anna Casalino, Verso la tundra, Passigli, Firenze 1993, p. 66. Anna Casalino, poetessa, storica dell'arte, coordinatrice degli "Amici dell'associazione Centro Montale", promotrice di cultura, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato le raccolte di versi Parole senza inchiostro (1988); La forma dell'aria (Lacaita, 1990, con prefazione di Maria Luisa Spaziani); Verso la tundra (Passigli, 1993, con prefazione di Sergio Quinzio); La meta dell'ombra (Campanotto, 1996); ha condotto un progetto di ricerca sul tema del museo d'arte per bambini per l'Universita' di Siena, e collabora con Giovanni Bollea alla definizione di un modello teorico sull'utilizzo del museo come ambiente di apprendimento per i bambini; su questo argomento ha recentemente scritto il libro Musei per bambini, Pendragon, Bologna 2002] Pazientemente contro la tempesta va la cisterna raccogliendo l'acqua Non altrimenti - dopo e con sgomento io nei miei figli vado disperdendo. 6. MAESTRE. ADRIANA ZARRI: UNA BUONA NOTIZIA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 settembre 2003. Adriana Zarri, nata a S. Lazzaro di Savena nel 1919, e' teologa e saggista. Tra le sue opere segnaliamo almeno: Nostro Signore del deserto, Cittadella, Assisi; Erba della mia erba, Cittadella, Assisi; Dodici lune, Camunia, Milano; Il figlio perduto, La Piccola, Celleno. Adriana Valerio (per contatti: avalerio at unina.it), teologa, e' da piu' di vent'anni impegnata nel reperire fonti e testimonianze per la ricostruzione della memoria delle donne nella storia del cristianesimo. Laureata in Storia e Filosofia e in Teologia (dopo aver conseguito la Licenza a Fribourg in Svizzera), lavora attualmente alla Federico II di Napoli (cattedra di Storia del Cristianesimo). Ha diretto per tre anni il "Centro Adelaide Pignatelli per la ricerca storico-religiosa delle donne" ed e' oggi coordinatrice italiana dell'Afert (Associazione Femminile europea per la ricerca teologica) e delegata Onu e affari internazionali per l'"Associazione Internazionale Giovanna d'Arco" per la difesa dei diritti della donna nella societa' e nella chiesa. Dirige dal 1990 la collana La Dracma su Donne e Cristianesimo preso la casa editrice D'Auria di Napoli. Tra le tante pubblicazioni: Cristianesimo al femminile (Napoli 1990), Domenica da Paradiso. Profezia e politica in una mistica del Rinascimento (Spoleto 1993), Donna potere e profezia (Napoli 1995), Savonarola. Fede e speranza di un profeta (Paoline, Milano 1998), Donne in viaggio (Bari-Roma 1999), I sermoni di Domenica da Paradiso (Firenze 1999), Donne e Religione a Napoli (con G. Galasso, Franco Angeli 2001). Anche la redazione di questo foglio si associa alle congratulazioni e agli auguri ad Adriana Valerio, persona buona e - come dire - maestra di color che sanno, ed anche di quelle e quelli - come noi - che non sanno ma cercano] Una buona notizia: Adriana Valerio e' stata eletta presidente delle teologhe europee. L'Italia, pur contando ottimi teologi (e teologhe), non e' mai stata considerata patria di una grande teologia (paragonabile all'Olanda o alla Francia o alla Germania). Ragion di piu' per rallegrarci della prestigiosa carica oggi ricoperta dalla Valerio. Alla collega (posto che la qualifica di teologa mi competa), amica e omonima Adriana, tutte le mie congratulazioni e i miei auguri per una proficua presidenza. 7. RIFLESSIONE. MARIO LANCISI INTERVISTA ALESSANDRO ZANOTELLI [Dal sito della Rete Radie' Resch (www.rrrquarrata.it) riprendiamo questa intervista di Mario Lancisi a padre Alessandro Zanotelli. Mario Lancisi e' giornalista e saggista; studioso del mondo cattolico, soprattutto fiorentino e toscano, ha pubblicato libri e saggi su don Lorenzo Milani, Giorgio La Pira, Nicola Pistelli; e' particolarmente benemerito per gli studi e le raccolte di testimonianze su don Milani. Tra le sue opere: E allora Don Milani fondo' una scuola, Coines, Roma 1977; (a cura di), Don Lorenzo Milani: dibattito aperto, Borla, Roma 1979; Dopo la Lettera. Don Milani e la contestazione studentesca, Cappelli, Bologna 1980; La scuola di Don Lorenzo Milani, Polistampa, 1997; Il segreto di don Milani, Piemme, Casale Monferrato (Al) 2002; (con Alex Zanotelli), Fa' strada ai poveri senza farti strada. Don Milani, il Vangelo e la poverta' nel mondo d'oggi, Emi, Bologna 2003. Alessandro Zanotelli, missionario comboniano, ha diretto per anni la rivista "Nigrizia" conducendo inchieste sugli aiuti e sulla vendita delle armi del governo italiano ai paesi del Sud del mondo, scontrandosi con il potere politico, economico e militare italiano: rimosso dall'incarico e' tornato in Africa a condividere per molti anni vita e speranze dei poveri, solo recentemente e' tornato in Italia; e' direttore responsabile della rivista "Mosaico di pace" promossa da Pax Christi; e' tra i promotori della "rete di Lilliput" ed e' una delle voci piu' prestigiose della nonviolenza nel nostro paese. Tra le opere di Alessandro Zanotelli: La morte promessa. Armi, droga e fame nel terzo mondo, Publiprint, Trento 1987; Il coraggio dell'utopia, Publiprint, Trento 1988; I poveri non ci lasceranno dormire, Monti, Saronno 1996; Leggere l'impero. Il potere tra l'Apocalisse e l'Esodo, La meridiana, Molfetta 1996; Sulle strade di Pasqua, Emi, Bologna 1998; Inno alla vita, Emi, Bologna 1998; Ti no ses mia nat par noi, Cum, Verona 1998; La solidarieta' di Dio, Emi, Bologna 2000; R...esistenza e dialogo, Emi, Bologna 2001; (con Pietro Ingrao), Non ci sto!, Piero Manni, Lecce 2003; (con Mario Lancisi), Fa' strada ai poveri senza farti strada. Don Milani, il Vangelo e la poverta' nel mondo d'oggi, Emi, Bologna 2003; Nel cuore del sistema: quale missione? Emi, Bologna 2003. Va da se' che su varie opinioni qui sostenute si puo' non essere d'accordo. E ad esempio chi scrive queste poche righe di presentazione - vecchio filologo bizantino di scuola feuerbachiana e gia' per anni, decenni fa, finanche funzionario di partito - qua e la' non lo e', e nel merito di alcune riflessioni, e nel modo talora apodittico e propagandistico - e talatra paradossale ed effettistico - di proporle, che certo dipende e dall'abitudine ai moduli retorici dell'omiletica e dalla "forma-intervista" giornalistica con quel che di sovente ipersemplificato l'una ed ortativo l'altra comportano. Ma proprio per questo ci mettiamo all'ascolto delle voci altrui, per conoscere il punto di vista dell'altro, cogliere cio' che esso ci reca, e discuterlo in dialogo fecondo. E non vi e' dubbio che Alex Zanotelli sia autentico un testimone (e Mario Lancisi un acuto, attento - dell'attenzione di Simone Weil - e straordinariamente sensibile e fededegno tramite ed accompagnatore). Segnaliamo infine che sara' a giorni il libreria il nuovo libro di Mario Lancisi, Alex Zanotelli. Sfida alla globalizzazione, Piemme, Casale Monferrato (Al) 2003, di cui una breve presentazione dell'autore abbiamo pubblicato nel notiziario di ieri (Giobbe Santabarbara)] - Mario Lancisi: Chi e' padre Alex Zanotelli? - Alessandro Zanotelli: Io sono le persone che ho incontrato nella mia vita. Gli incontri mi hanno segnato sempre molto. A chi mi chiede da dove derivi in me la forza per compiere certe scelte radicali rispondo che essa proviene dagli incontri con la gente. Gli altri sono per me grazia e ricchezza. Il papa in questi giorni ha usato una bella immagine, quella del bozzolo. L'uomo e' prigioniero del bozzolo rappresentato dalla classe sociale, dall'ideologia e dall'ambiente familiare in cui vive. La crescita spirituale consiste nel rompere il bozzolo in cui ciascuno di noi e' racchiuso. Uno diventa uomo man mano che riesce a rompere il bozzolo e si apre agli altri. - M. L.: Nella sua vita di prete e di missionario da cosa e' stato mosso? - A. Z.: Dalla vocazione. La vocazione e' in definitiva la sequela di Gesu'. Uno dei punti piu' affascinanti del Vangelo e' la' dove Gesu' spiega che se uno la sua vita la tiene a denti stretti finira' per perderla mentre se la "buttera'" per qualcosa di importante allora la conquistera'. La vita e' bella quando decidiamo di perderla. La gioia la sperimentiamo nella capacita' di dare. Erich Fromm nell'Arte di amare afferma che le nostre societa' occidentali sono necrofile perche' non facciamo altro che guardarci l'ombelico. - M. L.: Quale e' la sua esperienza personale? - A. Z.: Le mie radici affondano in un ambiente familiare e paesano molto chiuso. Sono infatti nato e cresciuto nella Valle di Non, in Trentino, in una comunita' montana e in una famiglia che mi hanno dato molto. L'educazione ricevuta pero' e' stata reprimente, individualista. Anche sul piano politico quella e' una terra cattolica, democristiana e assai tradizionalista. - M. L.: Nei suoi incontri pubblici lei parla spesso di sua madre. Che ruolo ha avuto nella sua vita? - A. Z.: La mamma e' stata la persona piu' altruista che abbia mai conosciuto: la sua vita erano gli altri. Questo e' stato il suo insegnamento. Nel giorno del matrimonio ha chiesto al Signore che il primo figlio maschio fosse consacrato a Dio. Piangeva di gioia il giorno della prima messa. Spesso mi ha ripetuto che e' stato il giorno piu' bello della sua vita. Insieme con papa', splendida figura di montanaro e di resistente, e' stato un punto fermo della mia vita. Sono grato ai miei genitori per avermi seguito con amore grande sulle strade del mondo anche nei momenti piu' duri e burrascosi. - M. L.: Dal Trentino agli Usa. Un bel salto. - A. Z.: Si', a sedici anni, andando a studiare dai Comboniani a Cincinnati, negli Stati Uniti, dove sono rimasto fino all'ordinazione sacerdotale, a ventiquattro anni, ho compiuto la prima svolta importante della mia vita. Quelli americani sono stati otto anni belli ma duri, faticosi. L'America mi ha affascinato. E' il discreto fascino della borghesia: le cose belle, il benessere e una cultura disinibita e liberal, difficile da accettare per uno come me proveniente dal chiuso mondo trentino. - M. L.: Che cosa degli anni americani l'ha piu' segnato? - A. Z.: Lo studio della teologia, soprattutto della Bibbia, fatto con il metodo della critica letteraria, che anticipava le novita' del Concilio Vaticano II. Da li' e' iniziato un processo di ripensamento della mia fede. Ma Dio c'e', non c'e'? Tante domande, dubbi, tarli interiori. Mi e' saltato tutto, non riuscivo piu' a capire nulla. E' stato un processo interiore molto doloroso. A tal punto che piu' volte, nei momenti di sconforto, finivo per maledire il giorno in cui mi ero messo a studiare la Bibbia dal punto di vista della critica letteraria e testuale. E questa crisi interiore avveniva proprio alla vigilia dell'ordinazione sacerdotale, per cui non sapevo cosa fare: se mollare tutto oppure andare avanti. - M. L.: Come ha superato la crisi? - A. Z.: Pregando molto. Alla fine sono arrivato ad una conclusione molto importante per me. Se Dio esiste, mi sono detto, non puo' essere che amore e l'amore non posso scoprirlo che "buttando" la mia vita. E cosi', come dice il Vangelo, ho deciso di perdere la mia vita per donarla agli altri. Questo in fondo credo che significhi essere prete. - M. L.: Dopo l'America, il Sudan, la prima missione. Che ricordi ha? - A. Z.: Come di un altro passaggio culturale importante della mia vita. Sono stato sbattuto in un contesto arabo e islamico agli antipodi di quello americano. Un'esperienza durissima, soprattutto nei primi tre-quattro anni. Sono stato preso piu' volte dalla voglia matta di scappare. Ma poi ho resistito. Ho imparato infatti che dalle crisi non bisogna fuggire, ma rimanerci dentro. Lentamente ho poi scoperto i Nuba, le popolazioni del Sudan costrette a fare i lavori piu' umili. Tra noi e' sbocciata un'amicizia molto bella. Cosi' ho chiesto di rimanere in Sudan e per capire meglio la gente di li' ho chiesto di poter seguire per due anni corsi di specializzazione sull'Islam. Sono stati due anni bellissimi. Ma quando mi sentivo pronto e desideroso di tornare in Sudan il governo di quel Paese mi ha negato il rientro. La mia amicizia con i Nuba era vista in maniera ostile dal governo. - M. L.: Dopo il Sudan un altro passaggio importante e' stata la direzione di "Nigrizia". Che cosa ha significato questa esperienza nella sua vita? - A. Z.: A "Nigrizia" ho acquisito gli strumenti per capire la politica, l'economia e la realta' non solo africana. E man mano che sono andato avanti nella comprensione sono ripiombato in un'altra grave crisi perche' di fronte ad un mondo politico, economico, finanziario e militarizzato mi sono trovato davanti il disastro di una Chiesa incapace di denunciare le storture del mondo e pagare di persona. La mia domanda era: come mai la Chiesa non riesce a mettere in piedi tentativi di societa' alternative all'Impero, cioe' al sistema capitalista, che consuma con il suo 20% di persone l'83% delle risorse del mondo. Uno scandalo dinanzi al quale non potevamo tacere. - M. L.: Da qui le denunce clamorose di "Nigrizia" contro il commercio delle armi, il sistema di aiuti della cooperazione al Terzo mondo e cosi' via. Nel mirino politici importanti come Spadolini, Andreotti, Craxi, insomma il fior fiore della classe dirigente al governo del Paese. Quando sono iniziate queste battaglie e come le ha affrontate? - A. Z.: Tutto e' cominciato nel gennaio 1985 con la pubblicazione dell'editoriale "Il volto italiano della fame africana", una pesante denuncia del sistema di aiuti ai paesi del Terzo Mondo. Scoppio' un finimondo. Tangentopoli poteva scoppiare allora, c'erano gia' tutti gli elementi. Dalla fame passammo poi alle armi, ai problemi legati all'ambiente, insomma mettemmo a nudo il sistema. Spadolini sull'"Espresso" attacco' pesantemente i cosiddetti "preti rossi". Giunse persino ad accusarmi di incitamento alla delinquenza terroristica internazionale. - M. L.: Le reazioni furono enormi e pesanti. Lei come reagi'? - A. Z.: Provai una grande sofferenza umana. Ricordo ad esempio il vuoto intorno che mi venne fatto dalla Chiesa: in tre anni di battaglie sono stato invitato a parlare solo in 4-5 parrocchie. Dal 1985 all'87 sono stato sballottato da tutte le parti. Ce' stato un mese in cui per venti giorni ho dormito in treno. A volte mi mettevo a piangere, volevo mollare, mi ripetevo: "Basta. Non voglio piu' parlare. Sono stufo di beghe, di querele, di polemiche". Altre volte andavo a piangere in cappella perche' la preghiera e' anche pianto. E solo davanti a Dio interpellavo la mia coscienza: "Sono davvero sicuro di aver detto la verita'? E' possibile che 50 milioni di italiani non vedano gli scandali?". - M. L.: Estromesso da "Nigrizia", nel gennaio del 1990 sbarca a Korogocho, una delle baraccopoli di Nairobi. Perche'? - A. Z.: Era gia' da anni che ai miei superiori avevo chiesto di fare un'esperienza missionaria. Mi sentivo infatti un piccolo borghese, un prete intellettuale, e sentivo dentro di me l'esigenza spirituale di scendere nei sotterranei della storia. Con il passare degli anni e' cresciuto in me il desiderio di andare oltre, di spaccare il mio bozzolo. Ogni vita umana e' chiamata infatti a fare i salti umani, ad andare sempre piu' in la'. Devo anche aggiungere che per me andare in missione significa fare quello che ha fatto Gesu', il quale non ha scelto Gerusalemme ma la Galilea, che era una terra povera e oppressa dall'imperialismo romano. Alla stregua di Gesu' Cristo anche i suoi seguaci devono annunciare il Vangelo ai poveri, agli oppressi, agli emarginati. - M. L.: E il "salto" di Korogocho, i dodici anni che vi ha trascorso, che cosa hanno rappresentato nel suo cammino di uomo e di prete? - A. Z.: Un'esperienza incredibile, durissima, ma anche una grazia di Dio. Quando e' venuto a Korogocho l'abate generale dei cistercensi ad un certo punto mi ha detto: "Tu non ti meriti questa grazia, e' grazia gratuitamente data. Devi essere estremamente grato al Signore". E io lo sono perche' per me Korogocho e' stato un vero battesimo. E' il battesimo dei poveri come quello di Gesu' quando entro' nelle acque del Giordano con i poveri della Galilea. - M. L.: Che cosa in concreto questo battesimo ha significato per lei? - A. Z.: Il battesimo dei poveri sconquassa l'anima, fa un male boia, ma e' anche una grazia perche' uno e' costretto a ripensare a tutto: al suo stile di vita, alla visione del mondo, alla teologia che ha studiato, al sistema economico, finanziario e politico. Korogocho spiritualmente mi ha fatto rinascere e riscoprire la dimensione vera dell'eucarestia e del sacerdozio. Qui ho imparato che cosa significa essere prete: buttare via la vita, non appartenersi piu', ma essere "mangiato dai poveri" per cui l'eucaristia non consiste piu' nel celebrare la messa per gli altri ma diventare pane spezzato per i poveri e gli oppressi. - M. L.: Perche' ha deciso di lasciare Korogocho? - A. Z.: Intanto perche' e' un rischio grosso quello di rimanere a lungo in situazioni come quelle di Korogocho: il rischio di girare su te stesso, di fare l'eroe mentre sei la' per camminare con un popolo e aiutarlo ad alzarsi in piedi. In secondo luogo e' fondamentale non costruire su te stesso per cui per me e' stato importante convincere i comboniani ad assumere Korogocho come luogo di missione per dare continuita' all'esperienza da me iniziata. Scelte come quelle di Korogocho hanno infatti un senso se poi vengono prese in mano dalle istituzioni. E infatti oggi al mio posto c'e' padre Daniele Moschetti. Infine, terza ragione, e' stato ritenuto che fosse importante che io tornassi in Italia in questo particolare momento politico e storico. - M. L.: Chi e' Dio? - A. Z.: Intanto vorrei dire che stiamo abusando di Dio: tutti i sistemi tentano di cooptarlo. Forse ha ragione Beppe Grillo che, durante un incontro che abbiamo tenuto insieme, ha dichiarato in maniera provocatoria l'intenzione di depositare il copyright su "Dio" in modo da far pagare un sacco di soldi a chi lo usa indebitamente. A Korogocho riflettendo sul distacco di Dio rispetto al dolore e alla miseria ho pensato che forse l'unico modo di pensarlo e' fare riferimento a una donna. Una donna che puo' dare alla luce un figlio gravemente malato ma che poi cerchera' di far di tutto per guarirlo e che, se morira' prima di lei, lo terra' tra le sue braccia e lo cullera'. Penso che anche Dio sia distrutto dal dolore. Generando l'uomo libero Dio non puo' prenderlo per i capelli: rispetta le sue decisioni ma e' ferito dalla sua sofferenza. - M. L.: Nell'inferno di Korogocho ha mai dubitato di Dio? - A. Z.: Non una ma molte volte. Quando uno si trova in situazioni cosi' assurde, davanti ad una sofferenza innocente, come e' capitato a me a Korogocho, il primo dubbio che viene e' proprio su Dio. Perche' uno si chiede: ma se tu, Dio, ci sei, e' impossibile che non intervenga di fronte ad una sofferenza cosi' atroce. Ma oggi Dio e' impotente, e' malato. Potra' guarire solo quando guariremo noi. Solo noi oggi possiamo far qualcosa. Dio non puo' piu'. Ognuno di noi e' importante perche' vinca la vita. - M. L.: Dio non e' onnipotente? - A. Z.: Piu' ci rifletto e piu' mi convinco che forse Dio non e' l'onnipotente che pensiamo noi. E' il Dio della croce. Perche' non ha ascoltato la preghiera di Gesu' morente? E' un mistero. Forse e' un Dio debole, che si e' autolimitato, che puo' salvarci solo attraverso di noi. Forse e' un Dio, come ho detto prima, con un volto di donna. Questa riflessione ci apre all'idea di un Dio tenero, che cammina a fianco del suo popolo, che soffre per il nostro dolore. Non c'e' nessun deus ex machina che ci salvera': tocca a noi darci da fare, siamo noi responsabili del nostro destino. - M. L.: Nel suo ritorno in Italia quali segni di speranza ha trovato? - A. Z.: Almeno due, molto importanti: l'esplosione della societa' civile organizzata e il mutamento antropologico che si e' registrato sulla guerra. - M. L.: Cominciamo dal primo. - A. Z.: Non c'e' dubbio che stiamo vivendo un momento epocale. Girando l'Italia ho potuto incontrare realta' di base bellissime: gruppi, gruppuscoli, associazioni di tutti i tipi e di tutte le razze. Nessun paese in Europa ha una tale ricchezza civile. C'e' una societa' civile che si sta organizzando in tutto il mondo. Il "New York Times" ha scritto che il 15 febbraio 2003, con le manifestazioni sulla pace che si sono tenute in tutto il mondo, e' nata la seconda superpotenza: l'opinione pubblica, un termine che a me non piace, al quale preferisco quello di societa' civile organizzata. Il rischio e' che questa ricchezza rimanga sommersa e non abbia uno sbocco. - M. L.: Il problema degli sbocchi chiama in causa la politica. Quale rapporto tra politica e movimenti? - A. Z.: Dare uno sbocco politico ai movimenti e' importante. Pero' bisogna che i movimenti stiano molto attenti a non fare passi falsi che li vincolino ad una posizione politica determinata e nemmeno devono farsi strumentalizzare dai partiti. Devono saper costruire un movimento sociale, che abbia una proiezione politica a partire dal basso e che si proponga di orientare la politica nazionale al servizio dei ceti deboli. - M. L.: E la seconda ragione di speranza? - A. Z.: Per la prima volta nella storia umana l'uomo della strada, che finora era convinto che una guerra, una volta dichiarata, fosse giusta, oggi e' preso dal tarlo del dubbio. - M. L.: Per molti opinionisti la decisione angloamericana di dichiarare guerra all'Iraq ha rappresentato pero' una sconfitta per il movimento pacifista. - A. Z.: No, non sono d'accordo perche' dobbiamo renderci conto che la mobilitazione per la pace che c'e' stata per scongiurare la guerra e' stata di dimensioni planetarie: un fenomeno assolutamente nuovo. E anche originale: si', perche' per la prima volta nell'opinione pubblica si e' affermata l'idea che la guerra e' una gran balla, che e' fatta per interessi e non certo per scopi nobili quali la liberta' o la democrazia, e che essa puo' essere definitivamente cacciata via dalla storia. Insomma nella gente si e' insinuato il tarlo del dubbio. Cio' rappresenta un salto antropologico enorme: questo cambio di mentalita', questo tarlo del dubbio e' l'inizio della fine della guerra. I salti avvengono cosi' dentro la storia. Noi oggi viviamo un passaggio epocale. - M. L.: Si puo' fare a meno della guerra? - A. Z.: E' proprio questo che sta affiorando nella coscienza dell'opinione pubblica: l'idea cioe' che la guerra e' violenza che genera violenza, la quale alla fine ci travolgera'. Spero che non sia lontano il tempo in cui per l'umanita' la guerra possa essere considerata un tabu' come l'incesto, ad esempio. - M. L.: Quando e' scoppiata la seconda guerra mondiale lei era ancora un bambino. Che ricordi ha? - A. Z.: Ricordi nitidi e terribili. Io sono nato nel 1938, quindi al tempo della guerra ero davvero piccolo. Pero' mi porto dietro ricordi terribili, come quando sopra il cielo passavano gli aerei per bombardare: ci si buttava gia', pancia a terra. Poi la vicinanza dei tedeschi e' stata molto dura. Ricordo volti di gente distrutta e disperata. La guerra infine l'ho vissuta attraverso il papa', che e' stato prigioniero dei tedeschi in Francia e ci ha allevati con i ricordi della sua prigionia, infondendo a noi figli il senso molto profondo del rifiuto e dell'assurdita' della guerra. - M. L.: Che idee aveva suo padre? - A. Z.: Era profondamente cattolico ma anche antifascista. Quando torno' dalla prigionia scese in piazza per manifestare contro le guardie fasciste e gli spararono. La pallottola gli e' rimasta dentro il corpo, non se lí'e' mai voluta togliere, ha finito per portarsela nella tomba. - M. L.: Come giudica la posizione della Chiesa nei confronti della guerra in Iraq? - A. Z.: Una straordinaria posizione. Questa scelta portera' prima o poi a qualche documento magisteriale in cui, all'opposto del catechismo, si affermera' che non c'e' piu' alcuna guerra giusta. - M. L.: Lei e' molto critico con Berlusconi, il governo e il centrodestra. Poi pero' piu' volte, sulla guerra all'Iraq e sulla legge 185, si e' incontrato con esponenti della "casa delle liberta'". Perche'? - A. Z.: Io ho sempre detto che dialogo con tutti perche' certi temi, come la pace, ad esempio, sono trasversali a tutti gli schieramenti politici. Credo che occorra uscire dalla logica per cui certe tematiche sono prerogativa solo delle sinistre. Magari lo fossero? - M. L.: Quando e' partito per Korogocho in Italia governavano gli uomini della prima Repubblica, con alcuni dei quali lei ha avuto scontri molto duri. Al suo ritorno si trova nella seconda Repubblica. L'Italia e' migliorata? Che differenze coglie tra le due classi dirigenti del Paese? - A. Z.: L'Italia poteva cambiare con i processi per tangentopoli. Li' c'e' stata una grande occasione di cambiamento ma purtroppo non e' avvenuta quella rivoluzione morale e politica che in molti ci aspettavamo. Quando io ero a Korogocho ho avvertito la novita' che stava producendo l'inchiesta "Mani pulite" e pensavo "ma che bello!". E' stata una grazia che abbiano alzato quel coperchio e abbiamo visto la realta' per quella che e'. Il problema e' stato che dietro "Mani pulite" non e' nato nulla di nuovo in questo Paese, cioe' voglio dire che non si e' affermato alcun movimento di trasparenza morale, di ricambio della classe dirigente. Purtroppo ci sono stati molti riciclati e la politica ha perso una grande occasione di rinnovarsi in profondita'. - M. L.: E per quanto riguarda il confronto tra la classe dirigente della prima e quella della seconda Repubblica quale differenza coglie? - A. Z.: Io sono nato e cresciuto in un ambiente familiare e personale che mi faceva guardare con enorme rispetto a deputati e senatori. Quando a "Nigrizia" fui costretto, in seguito alle polemiche scatenate dai miei articoli sulle armi e la cooperazione nel mondo, a confrontarmi in pubblici dibattiti con alcuni parlamentari avevo il terrore addosso. Ricordo pero' che la paura si tramuto' ben presto in sconcerto. - M. L.: Perche'? - A. Z.: Non mi aspettavo onestamente che i politici fossero cosi' ignoranti. La mia impressione e' che la classe dirigente della prima Repubblica fosse nel complesso impreparata. Ad eccezione di alcune personalita', come ad esempio Andreotti, che invece era culturalmente e politicamente molto preparato. - M. L.: E la nuova classe dirigente? - A. Z.: La definirei la business class. Una classe dirigente che nasce dagli affari, da un mondo nuovo, in cui c'e' facile accesso ai soldi, i quali schiudono le porte del potere. I nuovi politici in genere sono piu' arroganti e piu' impreparati rispetto a quelli della prima Repubblica, dove i due partiti maggiori, il Pci e la Dc, attraverso le loro scuole, sapevano almeno offrire un minimo di preparazione politica ai propri appartenenti. - M. L.: Nei suoi scritti talvolta sembra affacciarsi l'idea di un impegno diretto dei cristiani in politica in quanto credenti, di una sorta di neo-integralismo di sinistra. - A. Z.: No, la sua impressione e' totalmente sbagliata. Io sono contro ogni forma di integralismo. Tra preti e talebani c'e' pochissima differenza: guai quando arrivano al potere. Sono invece favorevole ad un impegno del cristiano assieme agli altri uomini. - M. L.: Cristianesimo e Islam: quale rapporto? - A. Z.: Confesso che non mi e' stato facile capire la cultura dei fratelli musulmani. Ci ho impiegato anni. Ho studiato il Corano, l'arabo classico, la teologia e la mistica islamica. Alla fine mi sono sentito toccato dentro: e' stata una grande esperienza. Dobbiamo dialogare con l'Altro. Solo attraverso il dialogo possiamo superare la paura che rischia di prendere le religioni. E la paura genera il fondamentalismo, che puo' essere superato solo se le religioni tornano alle loro origini. Ritengo importante la riscoperta della matrice della nonviolenza presente nelle religioni. La realta' pero' oggi sembra evidenziare piu' la paura. Basti pensare alle polemiche sulla costruzione delle moschee. E' una vergogna lo spirito di intolleranza verso le comunita' di fede che chiedono di poter pregare nella nostra terra. Anche se sono d'accordo sulla necessita' della reciprocita'. La reciprocita' implica uno scambio che va nei due sensi. L'esclusivismo sbocca inevitabilmente nel fondamentalismo. - M. L.: Quale dovrebbe essere il compito della Chiesa oggi? - A. Z.: La Chiesa deve tornare al Vangelo. Solo cosi' potra' assolvere alla funzione di essere coscienza critica della societa'. Una critica chiara, senza compromessi al sistema politico, economico e culturale dominante. E i valori che la Chiesa intende proporre li deve proporre con gioia, perche', come dice Roberto Benigni, la vita e' bella, se vissuta per ideali importanti, anziche' per i soldi, il successo e il potere. La Chiesa deve sapere proporre questa alternativa. Penso che spetti alle grandi religioni e alle Chiese il ruolo di dare un'anima a questo mondo. - M. L.: Come dare un'anima nuova al mondo? - A. Z.: Il problema e' quello di far diventare strutturali i valori in cui crediamo. Farli diventare politica, economia, cultura. Prima di tutto occorre convertirsi ai valori nuovi ed e' questo un passaggio difficile, ma la conversione da sola non basta. Io mi posso convertire ai valori piu' belli, ma se questi rimangono dentro di me il sistema non cambia. E alla fine il sistema dentro mi riportera' ad essere l'uomo che ero prima della conversione. Ma tradurre nel sociale i valori in cui crediamo non e' facile. E' fondamentale saper costruire comunita' alternative al sistema. La Chiesa inoltre deve affrontare un altro problema: quello di un Vangelo che ci sta troppo stretto. - M. L.: A cosa si riferisce? - A. Z.: Al fatto che su certe tematiche, ad esempio sulla morale sessuale, la Chiesa e' dura, intransigente, su altre invece chiude uno o addirittura entrambi gli occhi. Trovo una grave contraddizione ad esempio che una donna che prende la pillola, secondo l'insegnamento papale, non possa fare la comunione, mentre un uomo che ha i miliardi in banca, quando c'e' gente che muore di fame, possa accostarsi tranquillamente all'eucarestia. - M. L.: In questa Chiesa lei si sente un prete scomodo, messo ai margini? - A. Z.: No, io mi sento un prete-prete. Ci tengo ad essere prete, non ai margini ma al centro della Chiesa. Lotto perche' la Chiesa prenda sul serio il Vangelo e annunci la sua radicalita' al mondo. 8. LETTURE. ALMA DADDARIO: SE SCRIVERE POTESSE DIRE... Alma Daddario, Se scrivere potesse dire..., Selene Edizioni, Milano 1999, pp. 112, lire 19.000. L'autrice - giornalista, saggista, drammaturga - presenta sette scrittrici e ripropone altrettante interviste con esse sulla loro vita, le loro esperienze, le loro riflessioni: le interlocutrici sono Anita Desai, l'indimenticabile Natalia Ginzburg, Sahar Khalifa, Dacia Maraini, Alda Merini, Joyce Carol Oates, Jacqueline Risset. Con prefazione di Sandra Petrignani. 9. LETTURE. MICHAEL MOORE: STUPID WHITE MEN Michael Moore, Stupid White Men, Mondadori, Milano 2003, pp. 308, euro 14. Nonostante il linguaggio insistitamente paradossale e provocatorio, buffonesco e sovente fin volgare, e' un libro di notevole valore, sia sul piano analitico che documentario, la cui lettura ci sembra assai utile per tutte le persone impegnate per la pace e amiche della nonviolenza. L'autore, come e' noto, e' il prestigioso documentarista impegnato per la pace e i diritti umani autore di Bowling a Columbine, vincitore al festival di Cannes nel 2002 e dell'Oscar nel 2003. 10. LETTURE. ARUNDHATI ROY: GUIDA ALL'IMPERO PER LA GENTE COMUNE Arundhati Roy, Guida all'impero per la gente comune, Guanda, Parma 2003, pp. 176, euro 11. Un raccolta di interventi degli ultimi due anni della scrittrice indiana impegnata per la pace, l'ambiente, i diritti umani, la giustizia globale. 11. RIEDIZIONI. THICH NHAT HAHN: INSEGNAMENTI SULL'AMORE Thich Nhat Hanh, Insegnamenti sull'amore, Neri Pozza, Vicenza 1999, 2003, pp. 176, euro 7,50. Una bella raccolta di meditazioni del monaco buddhista vietnamita maestro di nonviolenza. 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 684 del 25 settembre 2003
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