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riflessioni su Cancun
- Subject: riflessioni su Cancun
- From: f.martone at senato.it (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Wed, 24 Sep 2003 00:39:49 +0100
Vi invio per opportuna conoscenza . RIFLESSIONI SU CANCUN Francesco Martone www.francescomartone.it Il palcoscenico ufficiale di Cancun ha celato dietro le quinte una trama fitta di interessi, poste in gioco, alleanze e tradimenti. Gli attori studiano la loro parte, rivedono gli schemi negoziali, si preparano ad improvvisare, oppure ad inventare battute ad effetto ogni qualvolta il pubblico o le esigenze dell'impresario lo richiedano. Cosi' vanno i negoziati: a guardarli con occhio distaccato si delineano con chiarezza, dietro le quinte, i fili conduttori, e gli snodi cruciali, le agende ufficiali e quelle nascoste. Se Cancun si rivelera' sulla lunga distanza per quello che e' sembrato fin dall'inizio, allora questo spettacolo stavolta e' stato un mezzo flop, soprattutto per la tenuta dell'OMC. Passata l'onda lunga di Doha, del dopo 11 settembre l'OMC vede riemergere tutte le contraddizioni che allora erano state rimosse collettivamente, per poi rifare capolino in altri incontri multilaterali. Se il multilateralismo tradizionale delle Nazioni Unite e' oggi in crisi, certamente lo e' anche quello dell'OMC, alla merce' degli interessi specifici degli stati membri, o meglio delle piu' potenti coalizioni di stati membri. Di fronte alle sue contraddizioni interne, il segretariato ha ripiegato su vecchie formule di negoziato dietro le quinte, di incontri informali, delle famigerate "Green room" che escludono i paesi in via di sviluppo. Gia' a Seattle questa pratica antidemocratica aveva provocato la rivolta di questi ultimi. Un blocco che con la nascita del gruppo dei cosiddetti 23 rappresenta forse il risultato politico piu' rilevante di Cancun. Contemporaneamente si si profila un altro fronte, i G90, paesi dell'Unione Africana, i LDC, (paesi meno sviluppati) e quelli di Asia Caraibi e Pacifico (ACP) che se riuscissero a trovare punti in comune con i G23 nel corso del negoziato dopo Cancun, potrebbero dare molto filo da torcere ai negoziatori ed al segretariato del WTO. Al di la' del merito, cioe' la tematica commerciale, le contraddizioni e le dinamiche che si innestano in questi appuntamenti sono essenzialmente politiche. C'e' il Brasile, che forte di un patto economico e politico siglato qualche mese fa con India e Sudafrica cerca di ritagliarsi un ruolo di leadership non solo a livello continentale ma anche globale. A livello nazionale per recuperare credito in vista di momenti delicati, quali l'avvio del nuovo negoziato con il Fondo Monetario, a livello regionale per mantenere una posizione negoziale forte nei confronti dell'ALCA, e rafforzare l'asse con l'Argentina, ed il patto commerciale del Mercosur. La coalizione del G23 dovra' certamente passare varie prove prima di poter pensare o sperare ad un embrione di un nuovo movimento dei non-allineati. L'unico comun denominatore oggi sembrerebbe essere quello di creare un fronte compatto per rompere il duopolio USA-UE nel settore agricolo, viste anche le profonde differenze politiche tra i governi dei tre paesi guida: di sinistra moderata il Brasile come anche il Sudafrica di Mbeki, di destra reazionaria quello Indiano. Resta il fatto che a Cancun, finalmente si e' aperta una partita che non vede piu' solo l'Europa e gli USA protagonisti assoluti. Paradossalmente proprio dalle rovine del multilateralismo, caduto sotto i colpi dell'intervento militare in Iraq e della politica unilaterale americana, si aprono gli spazi per un nuovo modello di multilateralismo nel quale gruppi di paesi con interessi o vocazioni affini possano confrontarsi in maniera piu' democratica. Insomma un multilateralismo multipolare? Staremo a vedere. Come se la sono cavata gli europei e gli americani? Il negoziatore americano Zoellick lo aveva dato ad intendere subito, prima ancora dell'inizio del negoziato: "un rinvio di due anni della scadenza del round di Doha non ci preoccuperebbe piu' di tanto". Ciononostante, dopo qualche giorno di letargo, l'aquila americana si e' svegliata, con la delicatezza dell'elefante che contraddistingue la diplomazia dell'amministrazione Bush. Minacce, forzature, ultimatum, per provare a rompere il fronte dei G23 che pero' sono stati respinti al mittente. Poco conta, per gli USA ispirati alla dottrina del multilateralismo selettivo, cosa che deve terrorizzare quei paesi e quelle istituzioni che ritengono la presenza USA un fattore imprescindibile, Se cosi' fosse stato non ci sarebbe stato pero' alcun protocollo di Kyoto, o Tribunale Penale Internazionale. Allora piuttosto che multilateralismo multipolare o selettivo, sara' opportuno configurare un multilateralismo "meno uno"?. Certo per gli Usa oggi anche questo sarebbe irrilevante, visto che possono persino rinunciare alla partita degli investimenti, in grado come sono di continuare a concludere accordi bilaterali, dove possono flettere a volonta' i loro muscoli , lontano dai riflettori dei media globali, e dall'occhio attento dei movimenti e delle ONG. Basta leggere il capitolo sul libero commercio come strumento di politica estera di potenza contenuto nella "National Security Strategy of the USA", la dottrina di sicurezza nazionale. Il "coup de teatre" pero' gli USA lo hanno fatto abbandonando la nave che affonda, quella dell'Unione Europea con la quale qualche settimana prima dell'inizio dei lavori avevano concluso un accordo per una linea comune sulla spinosa questione agricola. Un accordo respinto dai Paesi in via di sviluppo poiche' continua a non dare garanzie e scadenze certe sulla rimozione dei sussidi e l'accesso ai mercati per i loro prodotti, e ridimensionato nella sua portata politica anche da Washington, che ha avuto gioco facile nell'imporre le sue condizioni nella bozza di negoziazione salutata come l'ultima ancora di salvezza per la Conferenza di Cancun. A forza di voler riallacciare il dialogo transatlantico, Bruxelles rischia di lasciare tutto all'altra sponda dell'Atlantico, ed il commissario Lamy, pur di tener duro sulle sue convinzioni (soprattutto sui temi di Singapore, in primis gli investimenti) ha contribuito ad indebolire fortemente la credibilita' dell'Unione Europea e la sua compattezza interna. Che dire degli alleati europei del presidente Bush, in particolare del governo Berlusconi e dei suoi ministri presenti a Cancun? Presentatisi con una unica vera priorita' , quella di avere maggiori garanzie sulle indicazioni geografiche tipiche, per i prodotti "made in Italy", ha svolto un ruolo di bassissimo profilo, senza alcuna "vision" che potesse contibuire a superare l'impasse negoziale, e ricollocare il negoziato WTO nell'alveo di un impegno globale per lo sviluppo e la lotta alla poverta'. Eppure anche il Parlamento italiano ci aveva provato, con una mozione firmata da 70 parlamentari dell'opposizione che recepiva le sollecitazioni delle ONG e dei movimenti della societa' civile, e nella quale si delineava un percorso che avrebbe potuto dare all'Italia una posizione di intermediazione importante con i paesi in via di sviluppo. Ciononostante, il governo ha preferito far slittare il voto finale al dopo Cancun, per evitare di presentarsi a Cancun senza una posizione "bipartizan" del Parlamento. Al margine dell'incontro di Cancun, si e' riunita anche la rete parlamentare internazionale, la rete di parlamentatri costituitasi a Porto Alegre e che comprendere parlamentari progressisti di ogni parte del mondo. Nella dichiarazione finale vengono recepite molte delle istanze dei movimenti e della societa' civile organizzata, che qui a Cancun ha dimostrato tutta la sua potenzialita'. Organizzazioni internazionali come Oxfam o ActionAid, e campagne a rete come "Questo Mondo non e' in Vendita" hanno dimostrato di essere capaci di agevolare la costruzione di alleanze tra governi affini, e - grazie alla loro costante opera di elaborazione, analisi e critica - di fornire sia ai negoziatori che al pubblico dei non addetti strumenti importanti di lavoro e di comprensione. E' variegato e variopinto il mondo delle ONG, semmai il termine riesca a racchiuderne tutte le connotazioni. Megio usare quello di Organizzazioni della societa' civile, attori imprescindibili che sopravvivono alle impennate ed ai deflussi carsici dei movimenti, questi ultimi del tutto evidenti a Cancun. E' una conferma importante, questa, che dovra' fornire un'occasione di verifica e confronto per i movimenti e le organizzazioni nongovernative italiane, al fine di esplorare nuove sinergie e forme di collaborazione tra chi dimostra il suo dissenso con l'autorevolezza delle argomentazioni e delle proposte e chi decide di farlo con l'autorita' dei numeri della piazza.
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