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La nonviolenza e' in cammino. 683
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 683
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 23 Sep 2003 18:04:37 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 683 del 24 settembre 2003 Sommario di questo numero: 1. Nanni Salio: incontrare il lupo 2. Lidia Menapace: ancora tre note sulla proposta dell'Europa neutrale e attiva, costruttrice di pace con mezzi di pace 3. Mario Lancisi presenta il suo nuovo libro "Alex Zanotelli. Sfida alla globalizzazione" 4. Un convegno ad Arezzo su "Soggettivita' e diritto alla salute mentale dei cittadini" 5. Presentazione della Rete Radie' Resch 6. Francesca Pilla intervista Ermanno Rea 7. Anna Maria Merlo presenta "Le nouveau desordre mondial" di Tzvetan Todorov 8. Francesco Saldi: tre libri in uscita per la Emi 9. Due libri in uscita per la casa editrice Ombrecorte 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. NANNI SALIO: INCONTRARE IL LUPO [Ringraziamo Nanni Salio (per contatti: regis at arpnet.it) per averci messo a disposizione questo intervento tenuto all'incontro di Gubbio a conclusione della camminata Assisi-Gubbio del 4-7 settembre 2003, intervento che apparira' sul prossmo numero di "Azione nonviolenta", la storica rivista fondata da Aldo Capitini (per contatti: e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org). Nanni Salio, torinese, segretario dell'Ipri (Italian Peace Research Institute), si occupa da diversi anni di ricerca, educazione e azione per la pace, ed e' tra le voci piu' autorevoli della nonviolenza in Italia. Opere di Giovanni Salio: Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?, Movimento Nonviolento, Perugia; Scienza e guerra (con Antonino Drago), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1982; Ipri, Se vuoi la pace educa alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; Le centrali nucleari e la bomba, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Ipri, I movimenti per la pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986-1989; Progetto di educazione alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1991; Le guerre del Golfo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1991; Il potere della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995; Elementi di economia nonviolenta, Movimento Nonviolento, Verona 2001. Per contatti: Centro Studi "Domenico Sereno Regis", via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824, fax: 0115158000, e-mail: regis at arpnet.it, sito: www.arpnet.it/regis] Il lupo cattivo Il lupo e' la metafora del potere, in una molteplicita' di accezioni. Proviamo a elencarle e a vedere che implicazioni hanno per noi. Nella concezione tradizionale dominante il lupo e' il nemico, colui con il quale non ci sono margini di manovra e possibilita' di mediazione. Ricordiamo i tanti slogan urlati negli anni '60 del tipo: "il potere si abbatte e non si cambia", "il potere si regge sulla canna del fucile", e cosi' via. E' questo un significato del potere che non ci appartiene e che intendiamo sfidare e cambiare. * I lupi della P2 I lupi della P2 sono tutte le forme della politica arrogante e centralistica che trasformano la democrazia in oligarchia, il malessere di cui soffrono oggi tutte le principali democrazie del mondo. I lupi della P2 sono i bulli internazionali, con cognomi che, per l'appunto, iniziano quasi tutti per B. Ma alla P2 possiamo attribuire anche un altro significato che, ironicamente, e' simmetrico a quello dominante. Nell'esaminare gli eventi culminati nel 1989, Johan Galtung propone una interpretazione che si basa sulla tripla P2, intesa come manifestazione congiunta del People' Power, del Primato della Politica e della Politica di Pace. Per noi cio' significa ricominciare dal potere dal basso, invece che puntare alla presa del Palazzo d'Inverno. Ogni potere, anche il piu' apparentemente monolitico, si basa sul consenso, e la nonviolenza oltre che il "varco della storia" e' anche "la talpa della storia" che scava e fa implodere le strutture dominanti. Dopo l'implosione dell'impero sovietico, sara' la volta, quanto prima, di quello statunitense. Dobbiamo cominciare a lavorare a partire dalle municipalita', quei luoghi in cui la cittadinanza e' piu' vicina ai centri di potere e piu' in grado di condizionarli e trasformarli. Sono quegli stessi luoghi protagonisti, insieme ai movimenti globali, della nuova stagione di partecipazione dei bilanci partecipativi di Porto Alegre. E sono inoltre i luoghi disarmati in cui gia' si sperimenta la trasformazione nonviolenta dei conflitti. * I lupi dell'economia Ogni pretesa di costruire modelli su larga scala e' segnata dalla possibilita' di commettere errori madornali. L'umanita' ha costruito una scala delle proprie organizzazioni sociali in massima parte non sostenibile, per esempio le citta'. Questo modello funziona grazie al petrolio, ma stiamo entrando (o siamo gia' entrati) nel cosiddetto "picco di produzione geofisica" (picco di Hubbert), che corrisponde metaforicamente ad avere "bevuto" meta' delle risorse disponibili nell'intero pianeta. Uscire dall'economia doppiamente mortifera del petrolio (guerre e cambiamento climatico globale) e' impresa possibile, sebbene impegnativa. L' alternativa piu' coerentemente nonviolenta e' quella delle energie rinnovabili solari, illimitate, decentrate, democratiche, di piccola scala e di piccola potenza, che richiamano l'ideale della rete di villaggi nonviolenti di ispirazione gandhiana, oggi resi ancora piu' possibili dalle nuove tecnologie dell'informazione. La riconversione ecologica e solidale dell'economia e' sempre piu' urgente per contenere e ridurre quella violenza strutturale la cui incidenza e' pari a 100.000 vittime al giorno, ben superiore alla violenza diretta della guerra. Il paradigma della "semplicita' volontaria" e' la chiave di volta per tradurre in concrete esperienze quotidiane questo ambizioso progetto. * I lupi della guerra Contrariamente a quanto si sente spesso dire, i mezzi sono piu' importanti (o lo sono quantomeno altrettanto) del diritto internazionale, che viene bellamente e impunemente calpestato e stracciato dalle strutture di potere dominanti, ogni volta che se ne presenta l'occasione. Il nodo cruciale, istituire o meno un esercito dell'Unione Europea oppure mantenere gli eserciti nazionali, e' riduttivo e fuorviante se non si affronta la questione di quale difesa l'Europa vuole darsi. Il primo passo immediato e' uscire da un modello che e' di fatto offensivo, indipendentemente dalle intenzioni. Finche' si produrranno armi di distruzione di massa, e piu' in generale sistemi d'arma offensivi, ci sara' sempre chi vorra' impadronirsene e chi, prima o poi, dittatore o bullo internazionale, ne approfittera', giunto al potere. La tecnica ci ha resi obsoleti come esseri umani perche' non siamo piu' in grado di controllarla. Possiamo avanzare una duplice proposta, per noi e per "gli altri". La nostra ipotesi e' quella di una difesa popolare nonviolenta da raggiungere attraverso il disarmo ma, poiche' non possediamo una bacchetta magica, dobbiamo ammansire i lupi, capire che cosa sognano, parlare con loro. Il primo passaggio e' quello verso una difesa veramente difensiva e questo implica lo smantellamento di tutti i sistemi d'arma offensivi, pertanto di tutte le armi a lungo raggio predisposte per colpire e portare l'offesa oltre i confini. Contemporaneamente e' possibile avviare la transizione, il famoso transarmo, verso una difesa popolare nonviolenta, parzialmente compatibile, finche' la transizione non sara' completata, con la difesa difensiva. E poiche' senza un finanziamento serio ogni progetto rimane lettera morta, una proposta concreta puo' essere quella del 5%: cerchiamo e/o costruiamo una forza politica che inserisca nel suo programma, per la prossima legislatura, una riduzione annuale del 5% delle spese militari per impiegare gli stessi fondi nella costruzione di una forza nonviolenta di pace, sulla scia di quanto gia' e' stato realizzato: Corpi civili di pace, Caschi e Berretti Bianchi, Operazione Colomba, PBI, Donne in Nero. Infine, lanciamo una poderosa campagna di contribuzione fiscale: "Se vuoi la pace, paga per la pace", ovvero finanzia, dal basso, la forza nonviolenta di pace. * I lupi della cultura Chiediamoci "che cosa sognano i lupi ?" e domandiamoci anche qual e' il nostro sogno. Abbiamo un sogno veramente nostro? Siamo capaci di esplicitarlo? Sappiamo confrontarlo con i sogni e i progetti dei lupi? Ma attenti, perche' qualche volta si rischia di sfociare nel delirio di onnipotenza. Dobbiamo imparare a sognare, a dichiarare il nostro sogno, "I Have a Dream", come ha fatto quarant'anni fa, di questi giorni, Martin Luther King. Abbiamo bisogno di coltivare sogni capaci di permetterci di vivere nel regno dell'incertezza che ci sovrasta, perche' siamo esseri finiti e fallibili. Nessuna ingegneria sociale puo' assicurarci un modello a prova di errore. Capire questo e' vitale per una cultura della nonviolenza. Abbiamo bisogno di scavare in profondita'. Su temi quali la globalizzazione, la mondializzazione, i problemi su scala globale, dobbiamo sapere che nessuno possiede una conoscenza tanto ampia ed esaustiva da essere a prova di errore. Gli stessi dati su scala planetaria rispetto all'uso e all'esaurimento delle risorse, o ai mutamenti climatici incipienti non sono facili da verificare. Viviamo in una costante condizione di incertezza e di ignoranza e pertanto dobbiamo rifarci a quell'autentico "principio di responsabilita'" (Jonas), che oggi chiamiamo "principio di precauzione". Siamo man mano passati, quasi senza accorgercene, da una scienza e una tecnologia di laboratorio a una tecnoscienza che ha per laboratorio il mondo intero. Se prima era implicito che potevamo correggere gli errori e imparare da essi, ora dobbiamo evitare di commettere errori non correggibili, su larga scala, che ci impediscano di tornare sui nostri passi. Abbiamo costruito quella che e' ormai riconosciuta da autorevoli sociologi come "societa' del rischio" (Ulrich Beck) o "societa' dell'incertezza" (Zygmunt Bauman), ma ci manca un'etica condivisa con cui far fronte non piu' alla nat ura esterna, ma alla nostra hybris prometeica. E' diventato sempre piu' impellente avviare nell'Unione Europea un' ampia riflessione sulla cultura tecnico-scientifica intesa nella sua complessita': dagli ogm, alla biotecnologia, all'informatica, alle nanotecnologie, alla questione energetica e al cambiamento climatico. Se ben compreso e ben applicato, il principio di precauzione potra' diventare uno degli strumenti operativi principali nella ricerca senza fine di una conoscenza scientifica che ci permetta di comprendere l'ecologia globale del pianeta e degli esseri umani. La scienza e' un percorso di "caccia agli errori", ma oggi piu' che mai tali errori devono essere sufficientemente piccoli per poterli correggere, altrimenti rischiamo la catastrofe. * I diritti dei lupi La figura del lupo puo' essere letta in versione ecologica: i diritti dei lupi, appunto. Il primo passo e' il rispetto per l'avversario. Chiediamoci quali lupi possiamo incontrare, come incontrarli, come parlare con loro. C'e' poi una versione antropologica che ci richiama al lupo che e' dentro di noi. Etty Hillesum ci ricorda che non e' possibile analizzare il male senza scoprire il marcio che e' radicato in noi. E, al contempo, sappiamo che i lupi possono essere tali perche' gli altri sono agnelli, cioe' sono pavidi, incapaci di interrogarsi e di vivere liberi, senza paura, pensando con la propria testa. * Il lupo e Cappuccetto Rosso Il lupo di Cappuccetto Rosso ha suggerito molte chiavi di lettura. Nella cultura femminista la favola rappresenta l'iniziazione di Cappuccetto Rosso alla sessualita'. La bambina non ha paura del lupo, anzi lo cerca. L'incontro e' per lei esperienza di liberazione e scoperta. Dobbiamo insegnare ai lupi ad amare, questo e' un compito che le donne dovranno includere esplicitamente nel loro programma di liberazione della condizione femminile: aiutare i lupi maschi a uscire dai ruoli del machismo, della violenza, della guerra. Insegnare loro l'etica della cura e dell'amore, aiutarli a vivere una sensualita' e sessualita' nonviolenta, ispirandosi alla loro esperienza millenaria che risale a quelle societa' matriarcali che probabilmente ancora non conoscevano la guerra. * Anche i lupi soffrono Che cosa spinge i lupi a condurre una vita che si ritorce contro di loro, a seguire schemi e rituali comportamentali come il vestirsi tutti nello stesso modo come tante copie clonate del capo, concentrati solo sulla conservazione del potere? Vorremmo riuscire a dir loro che quel modo di vivere non e' l'unico possibile, che potrebbero essere molto piu' felici se facessero un diverso utilizzo del loro denaro, della loro intelligenza e della loro intraprendenza. Vorremmo aiutarli a uscire dalle gabbie dorate in cui si sono rinchiusi, perche' la vita e' bella, ha molto da offrire, ma bisogna essere liberi e generosi per gustarne i frutti. * Francesco e il lupo Fare il solletico al lupo: farlo ridere, disorientarlo, raccontargli barzellette nonviolente, impegnarci a dare un'immagine costruttiva della nonviolenza non solo come richiamo etico ma come possibilita' di vivere, qui e ora, nonostante tutto, in maniera felice. In questo modo potremo offrire una proposta appetibile ai giovani che chiedono di incontrare la nostra gioia, il nostro sorriso, il nostro sguardo e scopriremo anche, per ciascuno di noi, un modo per rimanere giovani, una sorta di elisir di lunga e dolce vita lungo i sentieri della nonviolenza. 2. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: ANCORA TRE NOTE SULLA PROPOSTA DELL'EUROPA NEUTRALE E ATTIVA, COSTRUTTRICE DI PACE CON MEZZI DI PACE [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001] Vorrei in primo luogo che nella riflessione non si dimenticasse sempre di citare l'esperienza del movimento delle donne, che in verita' non ha mai ne' teorizzato ne' praticato forme di violenza, mai invocato o sostenuto guerre, si e' sempre lacerato in momenti di conflitto armato dei quali le donne sono vittime piu' di chiunque, ultimi i casi delle donne di Belgrado e della Bosnia, per tacere del Ruanda ecc.ecc. Le Donne in nero hanno inventato e praticato "Visitare i luoghi diifficili" e messo in atto molte iniziative di interposizione in Palestina. Gandhi riconosceva il debito che aveva verso le suffragiste inglesi. Dover sempre chiedere di essere chiamate col proprio nome e' doloroso: la cancellazione e' una forma molto forte di violenza, un genocidio simbolico e finisce per diventare i forse dieci milioni di bambine cinesi prive di qualsiasi diritto perche' non vengono iscritte all'anagrafe. Il movimento delle donne non si confonde con nessun partito, non ha mai ceduto la rappresentanza. * E quando dico movimento operaio intendo movimento operaio, magari nelle sue forme sindacali o associative o mutualistiche, o ricreative come le case del popolo ecc. I partiti che ne hanno spesso usurpato la rappresentanza non mi interessano e non mi riferisco a loro. E' vero che la sinistra ha fatto un mucchio di errori, molti dei quali dipendenti dal non aver proseguito l'iniziale cammino internazionalista e neutralista ed essersi adeguata alla "funzione nazionale della classe operaia" ecc. * Cio' che chiedo e' un confronto su come si possa efficacemente intervenire nel dibattito e poi nelle decisioni a proposito del "Trattato costituzionale europeo" che forse avra' una prima approvazione entro l'anno, per non ripetere gli errori di omissione che ci hanno portato in casa Maastricht Nizza Schengen ecc. Nel testo che chiamero' per brevita' giscardiano la sinistra italiana non c'e' perche' e' stato fatto dai governi, non dai parlamenti: per l'Italia il rappresentante era Fini, che non solo non ha tenuto conto dell 'art. 11 della Costituzione italiana, ma ha lasciato che al posto del lavoro sia messo il mercato ecc. ecc.: insomma i primi 11 articoli della Costituzione che un patto parlamentare solenne ha definito intangibili sono stati bypassati dal trattato costituzionale e di fatto cancellati. Nella bozza del Trattato la pace e' "da promuovere", non non e' un diritto e per promuoverla si usano anche le armi. * La proposta di neutralita' attiva ha il pregio di avere una base di diritto internazionale (e io sono per praticare per quanto possibile la ricomposizione del diritto internazionale e il sostegno alle Nazioni Unite) e quattro precedenti sul territorio europeo, cioe' Svizzera, Svezia, Finlandia e Austria, mentre il transarmo non e' un diritto, ma una proposta politica che quindi dipende dalle maggioranze. Sono da sempre favorevole a tutti i disarmi, unilaterali ecc., ma bisogna vedere se il testo della Costituzione europea consentira' di praticarli. In piu' il transarmo deve essere concordata coi militari e io preferirei accordarmi coi movimenti non militaristi, neutralisti, nonviolenti e pacifisti prima che coi militari e il loro potere fortissimo (il famoso "complesso militare-industriale-scientifico" e adesso anche culturale e mediatico). Marx diceva che e' bene per quanto possibile ancorare nel diritto le conquiste politiche ottenute ben sapendo che esse pure dipendono dai rapporti di forza: tuttavia un ostacolo giuridico e' piu' difficile da scavalcare che una proposta politica, come si vede anche dal tema delle pensioni: se i sindacati non potessero appellarsi a diritti sanciti, nel gestire il conflitto sociale staremmo tutti e tutte ben peggio. 3. LIBRI. MARIO LANCISI PRESENTA IL SUO NUOVO LIBRO "ALEX ZANOTELLI. SFIDA ALLA GLOBALIZZAZIONE" [Siamo assai grati a Mario Lancisi (per contatti: mario.lancisi at tin.it) per averci messo a disposizione questa breve nota di presentazione del suo nuovo libro a giorni in uscita. Mario Lancisi e' giornalista e saggista; studioso del mondo cattolico, soprattutto fiorentino e toscano, ha pubblicato libri e saggi su don Lorenzo Milani, Giorgio La Pira, Nicola Pistelli; e' particolarmente benemerito per gli studi e le raccolte di testimonianze su don Milani. Tra le sue opere: E allora Don Milani fondo' una scuola, Coines, Roma 1977; (a cura di), Don Lorenzo Milani: dibattito aperto, Borla, Roma 1979; Dopo la Lettera. Don Milani e la contestazione studentesca, Cappelli, Bologna 1980; La scuola di Don Lorenzo Milani, Polistampa, 1997; Il segreto di don Milani, Piemme, 2002; (con Alex Zanotelli), Fa' strada ai poveri senza farti strada. Don Milani, il Vangelo e la poverta' nel mondo d'oggi, Emi, Bologna 2003. Alessandro Zanotelli, missionario comboniano, ha diretto per anni la rivista "Nigrizia" conducendo inchieste sugli aiuti e sulla vendita delle armi del governo italiano ai paesi del Sud del mondo, scontrandosi con il potere politico, economico e militare italiano: rimosso dall'incarico e' tornato in Africa a condividere per molti anni vita e speranze dei poveri, solo recentemente e' tornato in Italia; e' direttore responsabile della rivista "Mosaico di pace" promossa da Pax Christi; e' tra i promotori della "rete di Lilliput" ed e' una delle voci piu' prestigiose della nonviolenza nel nostro paese. Tra le opere di Alessandro Zanotelli: La morte promessa. Armi, droga e fame nel terzo mondo, Publiprint, Trento 1987; Il coraggio dell'utopia, Publiprint, Trento 1988; I poveri non ci lasceranno dormire, Monti, Saronno 1996; Leggere l'impero. Il potere tra l'Apocalisse e l'Esodo, La meridiana, Molfetta 1996; Sulle strade di Pasqua, Emi, Bologna 1998; Inno alla vita, Emi, Bologna 1998; Ti no ses mia nat par noi, Cum, Verona 1998; La solidarieta' di Dio, Emi, Bologna 2000; R...esistenza e dialogo, Emi, Bologna 2001; (con Pietro Ingrao), Non ci sto!, Piero Manni, Lecce 2003; (con Mario Lancisi), Fa' strada ai poveri senza farti strada. Don Milani, il Vangelo e la poverta' nel mondo d'oggi, Emi, Bologna 2003] Uscira' in ottobre il mio libro "Alex Zanotelli. Sfida alla globalizzazione", edito da Piemme, in cui ho cercato di ricostruire le tappe salienti della vita di un personaggio che, come spiega il magistrato Gherardo Colombo nell'intervista-prefazione al libro, convoca alla riflessione e all'impegno le coscienze di credenti e non. Dalle radici trentine alla formazione negli Stati Uniti di Kennedy e Martin Luther King - due personaggi che molto influenzarono il giovane Alex -, in cui importante fu anche l'incontro con la teologia americana. Ordinato sacerdote nel 1964, padre Zanotelli viene inviato in missione nel Sudan, martoriato dalla guerra civile. Qui il giovane missionario prende le parti del popolo dei Nuba, avversato dal governo, e cio' gli costa di fatto l'allontamento da parte del governo. Tornato in Italia dove studia arabo a Roma, nel 1978 Zanotelli viene nominato direttore di "Nigrizia", rivista missionaria che trasforma in una delle voci piu' critiche nel panorama della stampa italiana. Famose le denunce contro il commercio delle armi e l'iniqua cooperazione con i paesi poveri, che presero di mira esponenti di primo piano della classe politica di allora, da Andreotti a Spadolini, da Craxi a Piccoli. Denunce che di fatto anticipano la stagione di tangentopoli. Licenziato da "Nigrizia" su pressioni vaticane, Zanotelli riesce nel 1988 a coronare il sogno che coltivava da anni: fare un'esperienza missionaria in una baraccopoli. La scelta cade su Korogocho, baraccopoli di Nairobi. Qui Zanotelli resta fino al 2002 ma la lontananza dall'Italia non gli impedisce - nei rari ma intensi ritorni - di dar vita all'esperienza della Rete Lilliput e di partecipare da protagonista ai movimenti no global. Il ritorno in Italia segna una nuova tappa della missione di Zanotelli: nel quartiere Sanita' di Napoli, uno dei luoghi simbolo del degrado sociale del nostro Paese. Dal 2002 Zanotelli e' diviso tra Napoli e l'Italia che attraversa in lungo e in largo per affermare le ragioni del no alla guerra e dei valori dell'eguaglianza, della solidarieta', della nonviolenza, dell'accoglienza. 4. INCONTRI. UN CONVEGNO AD AREZZO SU "SOGGETTIVITA' E DIRITTO ALLA SALUTE MENTALE DEI CITTADINI" [Da Paolo Tranchina (per contatti: tranteo at cosmos.it), che ringraziamo, riceviamo e diffondiamo. Paolo Tranchina, prestigioso intellettuale e psicoterapeuta, e' da decenni una delle figure piu' vive del movimento di psichiatria democratica; psicologo analista, ha lavorato a Milano, Arezzo, Firenze, Torino, ha insegnato all'universita' di Verona, dirige la rivista "Fogli di informazione". Tra le opere di Paolo Tranchina: Norma e antinorma, 1978; Il segreto delle pallottole d'argento, 1984; Psicoanalista senza muri, 1989; Portolano di psicologia, 1994] Il Centro "Franco Basaglia" di Arezzo, con il patrocinio della Provincia di Arezzo e della Regione Toscana, promuove il convegno nazionale "Soggettivita' e diritto alla salute mentale dei cittadini", Arezzo, 26-27 Settembre 2003. * Venerdi' 26 settembre. Universita', Sala della Colonia Donne dell'ex Ospedale Psichiatrico, viale L. Cittadini 33 Ore 9: presiede Bruno Benigni, presidente del Centro "Franco Basaglia" di Arezzo; - saluti: Vincenzo Ceccarelli, presidente dell'Amministrazione provinciale di Arezzo; Luigi Lucherini, sindaco di Arezzo; Enrico Rossi, assessore al diritto alla salute della Regione Toscana; - "La soggettivita' nell'esperienza teorico-pratica di Franco Basaglia": relazioni di Franca Ongaro Basaglia, Agostino Pirella, Maria Grazia Giannichedda, Mario Colucci; - discussione. Ore 13: pranzo a cura dell'associazione "Donne insieme". Ore 14,30: presiede Paolo Serra; - "Soggettivita' e oggettivazione nei servizi psichiatrici": relazioni di Rocco Canosa, Peppe Dell'Acqua, Paolo Martini; - interventi di: Consulta salute mentale Toscana, Coordinamento toscano auto-aiuto, "Fuori binario" Firenze (giornale di strada), Gruppo aretino auto-aiuto, "Piazza grande" Bologna (giornale di strada), "Scarpe da tennis" Milano (giornale di strada); - discussione. Ore 21: Psycostage (Ex parterre): serata in collaborazione con Arezzo wave. - Concerto Filofobia e Mantra Turbato. * Sabato 27 settembre. Sala dei Grandi. Provincia di Arezzo. Piazza della Liberta' Ore 9,30: presiede Tina Chiarini; - "Diritti di cittadinanza, partecipazione e salute mentale": relazioni di Giuseppe Cotturri, presidente di Cittadinanzattiva; Donella Mattesini, assessore alle politiche sociali della Provincia di Arezzo; - interventi di: Arci Toscana, Caritas Firenze, Cittadinanzattiva Toscana, Cooperativa So.di.ser. (Arezzo), Coordinamento famiglie toscane, Diapsigra, Gruppo istituzioni totali del Social forum di Firenze, Aresam; - discussione; - conclusioni: Giovanni Berlinguer. * Interverranno inoltre: Adriano Amedei, Luigi Attenasio, Cesare Bondioli, Stefania Borghetti, Nico Casagrande, Marco Cecchini, Caterina Corbascio, Massimo Cozza, Vito D'Anza, Christian De Vito, Gianna Fiore, Giusy Gabriele, Enrica Giacobbi, Paolo Henry, Piero Iozzia, Tommaso Lo Savio, Emilio Lupo, Vincenzo Pastore, Renato Piccione, Guido Pullia, Remigio Raimondi, Sandro Ricci, A. Franca Rinaldelli, Sandra Rogialli, don Piero Sabatini, Enrico Salvi, Mario Serrano, Maria Pia Teodori, Paolo Tranchina, Laura Turini, Ernesto Venturini. * Il Convegno intende riprendere il valore della soggettivita' e della partecipazione dei cittadini, come fondamento di una nuova pratica per la salute e, in particolare, per la salute mentale. Non in astratto, ma a partire dalla riflessione su quella straordinaria pratica che, valorizzando uomini e donne, i piu' fragili e i piu' battuti, si e' dimostrata efficace per il superamento dei manicomi, dall'approfondimento e dall'attualizzazione del pensiero di Franco Basaglia, un intellettuale nuovo che ha saputo coniugare, in un circuito virtuoso e fecondo, l'impegno pratico con l'elaborazione scientifica. Vogliamo capire perche' quelle esperienze e quelle intuizioni si sono, in larga misura, atrofizzate e perse, quando l'iniziativa e' passata dalle istituzioni manicomiali alla comunita', nel campo aperto delle relazioni; vogliamo chiederci se e in quale misura oggi sia possibile rifondare il servizio sanitario pubblico sulla soggettivita' delle persone e sulla partecipazione dei cittadini. Le domande non hanno nulla di nostalgico e di passatista, perche' e' l'attualita' che spinge a riflettere. Infatti, in tutti questi anni, il servizio sanitario nazionale sembra avere perso per strada il fine stesso della salute e il valore centrale del cittadino, come portatore di domande, di diritti, di conoscenze e di risorse per la salute. Molte cose sono cambiate da allora ad oggi e nessuna meccanica trasposizione e' possibile da un tempo all'altro, da un contesto ad un altro. Eppure, ci sono esigenze che ritornano, valori insopprimibili che devono essere ritrovati. La soggettivita' per la salute e' uno di questi. * Per informazioni: B. Benigni, tel. 3395467340; P. Serra, tel. 3488402603; T. Chiarini, tel. 3394426629; C. Bondioli, tel. 3395201857; G. Alpini, tel. 3496425813. 5. ESPERIENZE. PRESENTAZIONE DELLA RETE RADIE' RESCH [Dal sito della Rete Radie' Resch (www.rrrquarrata.it) riprendiamo questa scheda di presentazione] Cos'e' la Rete Radie' Resch La Rete venne fondata nel 1964 per iniziativa del giornalista e scrittore Ettore Masina e vi aderiscono uomini e donne impegnati nella solidarieta' con i popoli oppressi. La questione delle disuguaglianze tra il nord e il sud del mondo e' quindi al centro dell'azione della rete. La Rete vuole realizzare un'associazione il piu' possibile partecipativa e non burocratica, e vuole porre nel presente alcuni segni di umanita' futura con l'attuazione, fin da ora, di piccole ma significative realta' alternative a quelle attuali. * Il nome dell'associazione Radie' Resch era il nome di una bambina palestinese che mori' di stenti in un tugurio di Nazareth mentre la sua famiglia attendeva l'assegnazione di una casa; una delle case per lavoratori palestinesi che la Rete contribui' a costruire con il suo primo intervento. * Come agisce La Rete si impegna in iniziative di concreta solidarieta' nel mondo, collaborando con uomini e donne delle comunita' per instaurare una societa' fondata non piu' sulla sopraffazione ma sulla giustizia, sulla fratellanza e sulla pace. Si impegna per realizzare un tipo di sviluppo che appoggia la crescita culturale e la coscientizzazione popolare. Si propone di realizzare un interscambio di amicizia, di valori ed esperienze per la crescita reciproca, nella convinzione che per costruire giustizia e pace sul pianeta occorra un profondo cambiamento dei paesi del nord. * L'adesione alla Rete si esprime: - con l'impegno ad approfondire le cause dei mali sociali e a prendere coscienza delle nostre corresponsabilita', per divenire fonte di informazione e mezzo di sensibilizzazione, per essere "una voce al servizio di chi non e' ascoltato"; - con una autotassazione periodica (generalmente mensile), libera ma costante, che consente di programmare e realizzare la collaborazione con le comunita' con cui la Rete viene in contatto. I fondi raccolti vengono interamente indirizzati verso situazioni definite e ben conosciute, al fine di sostenere progetti di liberazione, coscientizzazione e promozione, concepiti e autogestiti localmente. * Le operazioni Gli interventi della Rete vengono chiamati "operazioni". Sono attualmente alcune decine, la massima parte in America Latina, specialmente in Brasile, altre in Palestina e in Italia ed una in Africa. Per esempio: - Palestina: l'impegno e' rivolto al finanziamento di strutture sanitarie e all'organizzazione delle donne. - Brasile: sostegno alle attivita' della "pastorale della terra", alla sindacalizzazione in alcune zone, sia rurali che urbane, allo sviluppo di cooperazione popolare, a centri di accoglienza dei bambini di strada, ai movimenti delle donne e degli afro-brasiliani, a centri di difesa dei diritti umani e alla medicina popolare. - Paesi del Cono Sud (Uruguay, Argentina, Cile, Peru', Ecuador): sostegno a centri sanitari, sindacalizzazione rurale, Madri di Plaza de Mayo, borse di studio, sostegno a periodici, scuole popolari e cooperative agricole e artigianali. - Centro America (El Salvador, Guatemala, Haiti, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Cuba): sostegno alle iniziative di scolarizzazione primaria, formazione professionale e sanitaria, coscientizzazione popolare, a cooperative di contadini e alla potabilizzazione dell'acqua. - Africa (Guinea Equatoriale): sostegno ad una cooperativa di contadini. - In Italia e altrove si aiutano esiliati politici e organismi che lavorano per i diritti dei popoli e per il recupero psicofisico delle vittime della tortura. * L'organizzazione La Rete non ha sedi proprie: luogo di incontro e di lavoro sono le abitazioni degli aderenti, sale parrocchiali, sedi sindacali, centri culturali ecc. Si articola a livello nazionale in gruppi (o "reti locali") che svolgono anche un'attivita' propria e autonoma. Non ha cariche elettive, ma solo incarichi di coordinamento dei gruppi che la compongono. Un coordinamento nazionale, espressione delle Reti locali, si riunisce ogni tre mesi per definire le linee di intervento e per le opportune verifiche; esprime inoltre una segreteria di tre persone - una di queste quale "portavoce" della Rete - con compiti esecutivi. Seminari di studio (alcuni per giovani) e convegni regionali sono occasione di incontro e di approfondimento. Sono organizzati viaggi di studio e di conoscenza nelle comunita' dove avvengono le operazioni. Periodicamente alcuni testimoni del sud visitano le reti locali per comunicare la loro esperienza, rafforzare i vincoli di amicizia e portare informazione diretta a comunita' piu' larghe della Rete. Ogni due anni la Rete tiene un convegno nazionale nel quale l'impegno si rinsalda nel confronto con le testimonianze dirette dei "poveri che fanno la storia". * Come comunica Una lettera circolare mensile scritta da una Rete locale, con eventuali altri apporti, viene inviata a tutti gli aderenti. Contiene riflessioni e notizie ed e' strumento efficace per il lavoro comune. Il "Notiziario della Rete Radie' Resch" e' il trimestrale di informazione e approfondimento su attivita' e tematiche della Rete. E' curato dalla rete di Quarrata (Pistoia), ma e' aperto alla collaborazione di tutti. 6. INCONTRI. FRANCESCA PILLA INTERVISTA ERMANNO REA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 settembre 2003. Francesca Pilla, dottoressa in scienze politiche, collabora al quotidiano "Il manifesto". Ermanno Rea e' giornalista e scrittore. Dal sito di "Giro di vite" (www.girodivite.it) riprendiamo la seguente scheda: "Ermanno Rea e' nato a Napoli nel 1927. Ha lavorato come giornalista, per numerose testate - quotidiani e settimanali -. Ha vissuto a Milano e a Roma. Il mestiere di giornalista ha consentito a Rea di avvicinarsi alla realta' non solo con la curiosita' del cronista, ma soprattutto con la concretezza di chi parte dal caso specifico umano, documentato. La sua prova migliore e' stata Mistero napoletano: Rea torna a Napoli per una "inchiesta" riguardante la vicenda di una sua amica, Francesca Spada, militante del partito comunista morta suicida. Attraverso la vicenda personale, lo spaccato di un periodo della storia di Napoli e dell'Italia tra gli anni Cinquanta e Sessanta, le speranze di un rinnovamento civile e politico e la forza del contesto di una citta' e di un meridione in cui agiscono spinte di diversa matrice - tra camorra, corrusione politica, degrado. L'ultima lezione: la solitudine di Federico Caffe' scomparso e mai piu' ritrovato (1992), e' una "inchiesta" documentaria sulla scomparsa dell'economista Federico Caffe' avvenuta il 15 aprile 1987, nel contesto della fine di una civilta' etica, quella degli intellettuali che avevano lavorato per la modernizzazione sociale dell'Italia dal dopoguerra - la fine dell'idea della societa' del welfare e il dominio delle ideologie "liberiste". Del 2002 e' La dismissione: Rea torna a Napoli per seguire la storia dello smantellamento dell'acciaieria Ilva di Napoli, simbolo di una citta' che cercava nell'industrializzazione la via per uscire dal sottosviluppo. E', dopo Mistero napoletano, un altro tassello che si aggiunge alla storia sociale e personale di Napoli di Rea". Opere di Ermanno Rea: L'ultima lezione, Einaudi, Torino 1992; Mistero napoletano, Einaudi, Torino 1996; La dismissione, Rizzoli, Milano 2002. Federico Caffe' e' stato uno dei piu' illustri economisti italiani del Novecento, dapprima presso la Banca d'Italia, poi docente universitario a Messina, a Bologna ed infine e lungamente a Roma. Come studioso e docente ha lasciato nei suoi interlocutori, colleghi ed allievi un'impronta straordinaria, divenendo una figura quasi leggendaria sia per la sua profonda umanita', sia per il suo rigore morale e intellettuale, sia per il suo intenso ed incessante impegno scientifico, pedagogico e civile. E' scomparso misteriosamente nell'aprile 1987. Opere di Federico Caffe': tra le sue numerose opere scientifiche, didattiche e d'intervento civile segnaliamo almeno: Saggi sulla moderna "economia del benessere", Torino 1956; Politica economica, due volumi, Torino 1966 e 1970; Teorie e problemi di politica sociale, Bari 1970; Un'economia in ritardo, Torino 1976; Lezioni di politica economica, Torino 1978, nuova edizione 1990; In difesa del welfare state, Torino 1986; La solitudine del riformista, Torino 1990. Opere su Federico Caffe': si veda in primo luogo la biografia scritta da Ermanno Rea, L'ultima lezione, Einaudi, Torino 1992. A Caffe' sono stati dedicati vari volumi di saggi, lezioni, convegni (ad esempio cfr. AA. VV., Federico Caffe'. Realta' e critica del capitalismo storico, Meridiana Libri e Donzelli, Catanzaro-Roma 1995). Un consistente archivio di materiali miscellanei di e su Federico Caffe' si trova presso Paolo Lupi (un suo antico allievo che ne mantiene viva la memoria e la lezione), via della stazione, 01013 Cura di Vetralla (Vt)] Il tradizionale concorso letterario "Premio Napoli" quest'anno cambia volto. Non solo perche' e' stato trasformato in una festa del libro lunga una settimana (dal 22 al 27 settembre) che coinvolgera' l'intera citta', ma soprattutto perche' nell'edizione 2003 si e' deciso di affiancare al tradizionale itinerario per giungere al conferimento del premio tra i finalisti delle quattro sezioni (narrativa italiana e straniera, saggistica internazionale e poesia) un convegno dedicato alla profonda correlazione tra "Poverta', diseguaglianze e mondo globale'. Il merito del rinnovamento di un concorso nato quarantanove anni fa e' opera della Fondazione premio Napoli che spiega il cambiamento adducendolo alla volonta' di non voler piu' essere "un premio con una sua vita distaccata ed elitaria, avulsa dal contesto sociale in cui si colloca e da quanto accade nel mondo", ma ancora di piu' la spinta per una auto-rifondazione e' arrivata dallo scrittore napoletano Ermanno Rea, al quale e' stata appunto affidata la direzione. Autore di numerosi romanzi d'impegno sociale come Mistero napoletano (premio Viareggio 1996), e La dismissione (Rizzoli, 2002), che racconta il difficile vissuto dei lavoratori dell'ex Italsider durante lo smantellamento dell'acciaieria di Bagnoli, Rea precedentemente ne L'ultima lezione (Einaudi 1992), aveva voluto ripercorrere il mistero della scomparsa di Federico Caffe', l'economista "disobbediente", fermo sostenitore di un stato sociale senza cedimenti a compromessi e clientele, uscito di casa la mattina del 15 aprile 1987 e mai piu' ritrovato. Non e' un caso quindi che il convegno sulle ripercussioni sociali del neoliberismo sara' aperto con un "Rapporto sulla poverta'" stilato da sei professori di economia gia' allievi di Caffe', che da parte sua ha sempre teorizzato la possibilita' di un sistema piu' equo da contrapporre a logiche di mercato aggressive e senza controlli. * - Francesca Pilla: Come e' nata l'idea anche un po' insolita di accompagnare il Premio Napoli a un convegno sulle tendenze economiche globali che generano disuguaglianza? - Ermanno Rea: La decisione intreccia sicuramente vari elementi, volontari e involontari, con la mia biografia, le mie scelte, con quello insomma che sono le mie convinzioni. Innanzitutto pero' ritengo Napoli un palcoscenico ideale per discutere di poverta' e diseguaglianze. La citta' infatti non puo' non sentire proprie problematiche che la interessano direttamente, alla luce delle grandi contraddizioni di una capitale europea che alterna momenti di raffinatezza culturale a depressione sociale locale. Non vorrei fare il passo piu' lungo della gamba, ma ho intenzione di promuovere un osservatorio permanente per individuare percorsi che aiutino a pacificare le grandi tensioni del Mediterraneo, sottraendo appunto gli elementi economico-sociali di discriminazione e esclusione. - F. P.: Ma come collega l'iniziativa con il concorso? - E. R.: La domanda sul senso di un convegno affiancato al concorso e' legittima, ma annuncio sin da ora che continueremo a farlo nelle prossime edizioni. Questo perche' un dibattito approfondito su temi che mi auguro saranno presi di anno in anno collettivamente s'intreccia direttamente con la creazione dei comitati di lettura che affiancano la giuria tecnica. Il convegno dovra' infatti essere la traccia del dibattito aperto all'interno dell'associazione "Amici del premio Napoli" lungo dodici mesi. Una traccia che rimane alla riflessione della citta', un cemento affinche' la giuria popolare non abbia una vita breve ed effimera, ma sia una reale possibilita' di confronto, di presa di coscienza, di crescita culturale. - F. P.: Lei ha studiato nel profondo il pensiero di Federico Caffe', immergendosi nei suoi scritti e cercando di ricostruire gli ultimi mesi precedenti alla sua scomparsa. Oggi gli dedica una parte del convegno che analizza le cause di poverta'... - E. R.: Ovviamente perche' Caffe' era un uomo molto attento ai problemi che impediscono l'equita' sociale. Un tema che per lui e' stato sempre motivo di profonda angoscia, nel tentativo di trovare un modello di giustizia che si facesse carico degli anelli piu' deboli della societa'. Tutte le sue lezioni vertono su questo tema, cui ha dedicato la sua ricerca scientifica. Martedi' in ogni caso sara' presentato un "Rapporto sulla poverta'" redatto da sei economisti, suoi allievi che hanno deciso di dedicare il libro, pubblicato in veste provvisoria, alla sua memoria. Mentre gia' tre editori napoletani si sono offerti di pubblicare non solo questo libro, ma un volume che raccogliera' i documenti dell'intero convegno. 7. LIBRI. ANNA MARIA MERLO PRESENTA "LE NOUVEAU DESORDRE MONDIAL" DI TZVETAN TODOROV [Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 settembre 2003. Anna Maria Merlo e' corrispondente da Parigi del quotidiano. Tzvetan Todorov e' nato a Sofia nel 1939, a Parigi dal 1963. Muovendo da studi linguistici e letterari e' andato sempre piu' lavorando su temi antropologici e di storia della cultura e su decisive questioni morali. Riportiamo il seguente brano dalla scheda dedicata a Todorov nell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche: "Dopo i primi lavori di critica letteraria dedicati alla poetica dei formalisti russi, l'interesse di Todorov si allarga alla filosofia del linguaggio, disciplina che egli concepisce come parte della semiotica o scienza del segno in generale. In questo contesto Todorov cerca di cogliere la peculiarità del 'simbolo' che va interpretato facendo ricorso, accanto al senso materiale dell'enunciazione, ad un secondo senso che si colloca nell'atto interpretativo. Ne deriva l'inscindibile unita' di simbolismo ed ermeneutica. Con La conquista dell'America, Todorov ha intrapreso una ricerca sulla categoria dell'"alterita'" e sul rapporto tra individui appartenenti a culture e gruppi sociali diversi. Questo tema, che ha la sua lontana origine psicologica nella situazione di emigrato che Todorov si trova a vivere in Francia, trova la sua compiuta espressione in un ideale umanistico di razionalita', moderazione e tolleranza". Opere di Tzvetan Todorov: segnaliamo particolarmente il recente volume: Memoria del male, tentazione del bene, Garzanti, Milano; ma l'intera opera di Todorov a nostro avviso costituisce un contributo fondamentale per una cultura della pace, della nonviolenza, della dignita' umana] La razionalita' contro l'ideologia. Lo storico delle idee e filosofo Tzvetan Todorov, nel suo ultimo libro Le nouveau desordre mondial. Reflexions d'un Europeen (Robert Laffont, 112 pagine, euro 10, in Italia uscira' da Garzanti il prossimo 8 ottobre), usa le armi della ragione per riflettere sulla passionalita' provocata dalla guerra degli Stati Uniti in Iraq, quando la popolazione europea si e' trovata lacerata di fronte a due atteggiamenti: "condannare la guerra o condannare la dittatura di Saddam Hussein - mentre la guerra ha avuto come effetto la scomparsa della dittatura". Secondo Todorov, questa lacerazione ha messo in questione l'identita' stessa dell'Europa e potrebbe essere la leva per la costruzione dell'Europa di domani. Le giustificazioni date dagli Stati Uniti per intervenire non hanno tenuto alla prova dei fatti: in Iraq non sono state trovate armi di distruzione di massa (c'e' stata anche una prova in senso contrario: l'Iraq non vi ha fatto ricorso) e non c'e' nessuna prova convincente dei legami tra Saddam Hussein e Al Qaida. Ma anche le ragioni non confessabili che sono state individuate - tentativo di incarnare il Cristianesimo conquistatore, Usa al servizio della politica di Israele, volonta' di appropriarsi del petrolio, Bush che vuole assicurarsi la rielezione, giustificazione per aumentare il bilancio militare - benche' forse esistano non sono state determinanti, secondo Todorov. L'autore parte dalle affermazioni dell'amministrazione statunitense - un intervento per portare la liberta' agli iracheni - per smontarne la logica. Non solo la politica degli Usa non e' stata mai dominata dal desiderio di portare la liberta' (basti pensare all'America latina o alla Palestina) ma la giusta difesa della sicurezza nazionale non va necessariamente assieme alla liberta' nelle altre nazioni. "Quando, per le necessita' della nostra sicurezza, andiamo a casa altrui e imponiamo loro un regime che noi riteniamo il migliore, abbandoniamo l'ottica liberale e entriamo nella logica imperiale". Todorov smonta il concetto di "imperialismo liberale", "una contraddizione in termini" degna della neolingua di Orwell. Alla stessa categoria appartengono le espressioni "bombe umanitarie" (Vaclav Havel), "guerra misericordiosa" (generale Gay Garner) o "nazionalismo universalista" (Robert Kagan). Gli Usa oggi, come l'Urss un tempo, insistono sulla "liberazione dei popoli", perche' "il linguaggio della virtu' e' superiore a quello della forza". Il ricorso alla "guerra preventiva" fa passare dalla difesa all'attacco. Una politica che Todorov definisce non conservatrice, ma "neofondamentalista": "fondamentalisti perche' fanno riferimento a un Bene assoluto che vogliono imporre a tutti; neo - perche' questo Bene non e' costituito da Dio, ma dai valori della democrazia liberale". Un pensiero dunque che congiunge ideale e potere e che nel passato aveva costituito le radici dell'ordine teologico-politico. Esattamente al'opposto, quindi, dell'ideale democratico. Imporre il bene con la forza: qui "il fine nobile non giustifica i mezzi ignobili". Secondo Todorov, anche la nozione di "diritto d'ingerenza" e' incompatibile con lo spirito democratico. L'intervento in Iraq non e' dissimile da quello in Kosovo: l'ingerenza nasce "umanitaria", poi viene evocata la necessita' di proteggere militarmente i lavoratori dell'umanitario e, in un terzo momento, si arriva alla "guerra umanitaria" (altra espressione della neolingua). Ci sono evidentemente casi in cui l'intervento e' giustificato: di fronte a un genocidio, per dovere di umanita', ma "fortunatamente - sottolinea Todorov - non ogni violazione dei diritti umani e' un genocidio, ne' tutti i tiranni sono degli Hitler". In altri termini, "le democrazie non sono veramente obbligate a scegliere tra Monaco (vile capitolazione) e Dresda (bombardamenti sanguinosi)". In piu', la "guerra preventiva" occulta due questioni: il numero di vittime nei paesi occupati come se esistesse un "giusto prezzo" della guerra (quante tra gli iracheni, dal momento che solo il conteggio dei morti della coalizione viene comunicato giornalemente?) e la domanda se il proclamato rafforzamento della democrazia in Iraq giustifichi l'indebolimento della stessa negli Usa (Guantanamo, leggi antiterrorismo). Non sara' l'Onu a fermare questa logica, secondo Todorov. Non lo sara' neppure l'invocazione del "diritto contro la forza", come ha fatto il ministro degli esteri francese, Dominique de Villepin, al Consiglio di sicurezza. Todorov si fa realista, escludendo ogni possibilita' per il pacifismo: ci vuole la forza, non la morale. E propone la "potenza tranquilla" che potrebbe costituire l'Unione europea, per non essere condannati "alla scelta tra imperialismo e impotenza". Una forza militare europea, non imperialista, alleata degli Usa ma senza seguirli nelle loro avventure, in grado di difendere i valori dell'Europa, cio' che costituisce l'identita' del continente dove "la guerra tra paesi che lo costituiscono e' diventata inconcepibile": giustizia, democrazia, liberta' individuale, laicita' (intesa come seprazione dello stato dalle chiese, rifiuto di imporre i valori cristiani con la spada, l'opposto dell'ideologia), tolleranza (Habermas: il riconoscimento delle differenze, il mutuo riconoscimento dell'altro nella sua alterita', puo' diventare il segno di un'identita' comune europea). Non tutti gli stati membri dell'Unione europea vorranno aderire subito a questa idea (soprattutto i nuovi membri dell'est, ossessionati dalla Russia e per questo fiduciosi negli Usa). Ma secondo Todorov questa e' la strada che permettera' di porre l'argine della ragione al fondamentalismo ideologico che sta avanzando. 8. LIBRI. FRANCESCO SALDI: TRE LIBRI IN USCITA PER LA EMI [Da Francesco Saldi, dell'ufficio stampa della Emi (per contatti: stampa at emi.it) riceviamo e diffondiamo. La Emi, storica casa editrice cattolica, e' una delle case editrici italiane piu' impegnate nella promozione di una cultura della pace, dell'incontro e della comprensione tra i popoli e le culture, della nonviolenza; per informazioni e contatti: Emi, Editrice missionaria italiana, via di Corticella 181, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax 051/327552, sito: www.emi.it] Vi segnaliamo tre nuovi importanti testi che la nostra editrice ha pubblicato e che saranno disponibili dalla prossima settimana: - Debito ecologico, Chi deve a chi? Nuove economie e predazione delle risorse economiche mondiali. Gli autori sono Daniela Russi e Miguel Ortega Cerda'. - Guida all'altra informazione sul web. Il sistema della comunicazione e i grandi gruppi di potere del pianeta. Il volume e' di Roberto Bosio. - Economie senza denaro. I sistemi di scambio non monetario nell'economia di mercato. Una nuova economia non basata sul denaro ma sulla reciprocita', la generosita', la condivisione. Il volume e' di Maurizio Pittau. 9. LIBRI. DUE LIBRI IN USCITA PER LA CASA EDITRICE OMBRECORTE [Dalla casa editrice Ombrecorte (per contatti: ombrecorte at tiscalinet.it) riceviamo e diffondiamo questa segnalazione di due libri di prossima pubblicazione] C .L. R. James, Marinai, rinnegati e reietti. La storia di Herman Melville e il mondo in cui viviamo. Postfazioni di Bruno Cartosio e Giorgio Mariani, nota biografica di Enzo Traverso, Collana "americane", pp. 220, euro 14,50. Vittima del maccartismo, nel 1952 James fu rinchiuso a Ellis Island in quanto "straniero indesiderato". In quei mesi scrisse Marinai, rinnegati e reietti, senza dubbio la piu' sorprendente e originale interpretazione dell'opera di Melville mai pubblicata. Per James, la genialita' e la grandezza dello scrittore americano stanno nell'aver saputo cogliere nel suo tempo i primi segni di quella degenerazione della democrazia che e' il totalitarismo, nell'averci offerto con Achab un'attenta descrizione "del tipo sociale piu' pericoloso e distruttivo mai apparso nella civilta' occidentale" e nell'aver prefigurato, attraverso la letteratura, i conflitti sociali generati dalla rivoluzione industriale. Il Pequod, la nave di "Moby Dick", gli appare come un'allegoria della societa' capitalistica moderna, in cui i marinai sono simbolo del proletariato industriale e il capitano Achab della borghesia, decisa a dominare e controllare la sua creazione demoniaca - la civilta' capitalistica - o a soccombere insieme ad essa in una catastrofe generale. Nella lotta contro la balena, Achab era disposto a sacrificare la sua nave e il suo equipaggio, cosi' come la borghesia ha dimostrato, con Auschwitz e Hiroshima, di essere disposta a distruggere l'umanita' intera pur di preservare il proprio sistema di dominio. Cyril Lionel Robert James, nato a Port of Spain (Trinidad) nel 1901, emigra in Inghilterra nel 1932. Teorico marxista, pioniere del movimento panafricanista, storico, scrittore, critico letterario e specialista di cricket, e' meglio conosciuto per il suo I giacobini neri. La prima rivolta contro l'uomo bianco. Nel 1938 si trasferisce negli Stati Uniti, dove scrive, tiene conferenze e organizza le attivita' del Socialist Worker's Party. Nel 1953 viene espulso e ritorna in Inghilterra dove continua la propria attivita' di scrittore e militante fino alla morte, avvenuta a Londra nel 1989. * Federico Rahola, Zone definitivamente temporanee. I luoghi dell'umanita' in eccesso, collana "culture", pp. 236, euro 14,50. Emergency Temporary Locations, Temporary Protected Areas, Zones d'attente, Centri di permanenza temporanea, sono nomi che denotano una particolare provvisorieta', ma dietro cui agisce una definitiva forma di confinamento. Nomi che indicano luoghi di transito, piu' o meno recintati, dove e' relegata l'umanita' "in eccesso". Nomi che nascondono, in realta', cio' che essi sono veramente: campi di internamento. Il libro si confronta con questo specifico dispositivo di potere, probabilmente il piu' estremo, sicuramente quello che ha impresso un sigillo indelebile al Novecento. Ne delinea una genealogia, dalle prime forme coloniali agli attuali campi per migranti, profughi, sfollati, rifugiati. A partire da una ricerca su un campo profughi nel disastrato Kosovo del dopoguerra, l'autore riflette inoltre sulla relazione che salda il riemergere dei campi all'affermarsi della figura "vuota" dei diritti umani quale unica prerogativa attribuita a soggetti che eccedono ogni forma di appartenenza. Dalle logiche umanitarie che ispirano i campi profughi, alle politiche sicuritarie che producono l'internamento dei migranti, l'ipotesi e' che la "forma" campo determini sempre un'esclusione radicale, per certi versi irrecuperabile, restituendo l'immagine di un'umanita' "superflua". Federico Rahola e' assegnista e dottore di ricerca in sociologia dei processi culturali all'Universita' di Genova. Tra le sue pubblicazioni recenti: In mezzo alle diaspore ("aut aut", 298, luglio-agosto 2000), Beyond the mask. Person as an artifice (Londra-Helsinki 2001), Pratiche etnografiche e sapere antropologico (in A. Dal Lago, R. De Biasi (a cura di), Un certo sguardo. Introduzione all'etnografia sociale, Laterza, Roma-Bari 2002). 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 683 del 24 settembre 2003
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