La nonviolenza e' in cammino. 683



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 683 del 24 settembre 2003

Sommario di questo numero:
1. Nanni Salio: incontrare il lupo
2. Lidia Menapace: ancora tre note sulla proposta dell'Europa neutrale e
attiva, costruttrice di pace con mezzi di pace
3. Mario Lancisi presenta il suo nuovo libro "Alex Zanotelli. Sfida alla
globalizzazione"
4. Un convegno ad Arezzo su "Soggettivita' e diritto alla salute mentale dei
cittadini"
5. Presentazione della Rete Radie' Resch
6. Francesca Pilla intervista Ermanno Rea
7. Anna Maria Merlo presenta "Le nouveau desordre mondial" di Tzvetan
Todorov
8. Francesco Saldi: tre libri in uscita per la Emi
9. Due libri in uscita per la casa editrice Ombrecorte
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. NANNI SALIO: INCONTRARE IL LUPO
[Ringraziamo Nanni Salio (per contatti: regis at arpnet.it) per averci messo a
disposizione questo intervento tenuto all'incontro di Gubbio a conclusione
della camminata Assisi-Gubbio del 4-7 settembre 2003, intervento che
apparira' sul prossmo numero di "Azione nonviolenta", la storica rivista
fondata da Aldo Capitini (per contatti: e-mail: azionenonviolenta at sis.it,
sito: www.nonviolenti.org). Nanni Salio, torinese, segretario dell'Ipri
(Italian Peace Research Institute), si occupa da diversi anni di ricerca,
educazione e azione per la pace, ed e' tra le voci piu' autorevoli della
nonviolenza in Italia. Opere di Giovanni Salio: Difesa armata o difesa
popolare nonviolenta?, Movimento Nonviolento, Perugia; Scienza e guerra (con
Antonino Drago), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1982; Ipri, Se vuoi la pace
educa alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; Le centrali nucleari e
la bomba, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Ipri, I movimenti per la pace,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986-1989; Progetto di educazione alla pace,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1991; Le guerre del Golfo, Edizioni
Gruppo Abele, Torino 1991; Il potere della nonviolenza, Edizioni Gruppo
Abele, Torino 1995; Elementi di economia nonviolenta, Movimento Nonviolento,
Verona 2001. Per contatti: Centro Studi "Domenico Sereno Regis", via
Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824, fax: 0115158000, e-mail:
regis at arpnet.it, sito: www.arpnet.it/regis]
Il lupo cattivo
Il lupo e' la metafora del potere, in una molteplicita' di accezioni.
Proviamo a elencarle e a vedere che implicazioni hanno per noi. Nella
concezione tradizionale dominante il lupo e' il nemico, colui con il quale
non ci sono margini di manovra e possibilita' di mediazione.
Ricordiamo i tanti slogan urlati negli anni '60 del tipo: "il potere si
abbatte e non si cambia", "il potere si regge sulla canna del fucile", e
cosi' via. E' questo un significato del potere che non ci appartiene e che
intendiamo sfidare e cambiare.
*
I lupi della P2
I lupi della P2 sono tutte le forme della politica arrogante e centralistica
che trasformano la democrazia in oligarchia, il malessere di cui soffrono
oggi tutte le principali democrazie del mondo. I lupi della P2 sono i bulli
internazionali, con cognomi che, per l'appunto, iniziano quasi tutti per B.
Ma alla P2 possiamo attribuire anche un altro significato che, ironicamente,
e' simmetrico a quello dominante. Nell'esaminare gli eventi culminati nel
1989, Johan Galtung propone una interpretazione che si basa sulla tripla P2,
intesa come manifestazione congiunta del People' Power, del Primato della
Politica e della Politica di Pace. Per noi cio' significa ricominciare dal
potere dal basso, invece che puntare alla presa del Palazzo d'Inverno.
Ogni potere, anche il piu' apparentemente  monolitico, si basa sul consenso,
e la nonviolenza oltre che il "varco della storia" e' anche "la talpa della
storia" che scava e fa implodere le strutture dominanti. Dopo l'implosione
dell'impero sovietico, sara' la volta, quanto prima, di quello statunitense.
Dobbiamo cominciare a lavorare a partire dalle municipalita', quei luoghi in
cui la cittadinanza e' piu' vicina ai centri di potere  e piu' in grado di
condizionarli e trasformarli. Sono quegli stessi luoghi protagonisti,
insieme ai movimenti globali, della nuova stagione di partecipazione dei
bilanci partecipativi di Porto Alegre. E sono inoltre i luoghi disarmati in
cui gia' si sperimenta la trasformazione nonviolenta dei conflitti.
*
I lupi dell'economia
Ogni pretesa di costruire modelli su larga scala e' segnata dalla
possibilita' di commettere errori madornali. L'umanita' ha costruito una
scala delle proprie organizzazioni sociali in massima parte non sostenibile,
per esempio le citta'.
Questo modello funziona grazie al petrolio, ma stiamo entrando (o siamo gia'
entrati)  nel cosiddetto "picco di produzione geofisica" (picco di Hubbert),
che corrisponde metaforicamente ad avere "bevuto" meta' delle risorse
disponibili nell'intero pianeta.
Uscire dall'economia doppiamente mortifera del petrolio (guerre e
cambiamento climatico globale) e' impresa possibile, sebbene impegnativa.
L' alternativa piu' coerentemente nonviolenta e' quella delle energie
rinnovabili solari, illimitate, decentrate, democratiche, di piccola scala e
di piccola potenza, che richiamano l'ideale della rete di villaggi
nonviolenti di ispirazione gandhiana, oggi resi ancora piu' possibili dalle
nuove tecnologie dell'informazione.
La riconversione ecologica e solidale dell'economia e'  sempre piu' urgente
per contenere e ridurre quella violenza strutturale la cui incidenza e' pari
a 100.000 vittime al giorno, ben superiore alla violenza diretta della
guerra. Il paradigma della "semplicita' volontaria" e' la chiave di volta
per tradurre in concrete esperienze quotidiane  questo ambizioso progetto.
*
I lupi della guerra
Contrariamente a quanto si sente spesso dire, i mezzi sono piu' importanti
(o lo sono quantomeno altrettanto) del diritto internazionale, che viene
bellamente e impunemente calpestato e stracciato dalle strutture di potere
dominanti, ogni volta che se ne presenta l'occasione.
Il nodo cruciale, istituire o meno un esercito dell'Unione Europea oppure
mantenere gli eserciti nazionali, e' riduttivo e fuorviante se non si
affronta la questione di quale difesa l'Europa vuole darsi.
Il primo passo immediato e' uscire da un modello che e' di fatto offensivo,
indipendentemente dalle intenzioni. Finche' si produrranno armi di
distruzione di massa, e piu' in generale sistemi d'arma offensivi, ci sara'
sempre chi vorra' impadronirsene e chi, prima o poi, dittatore o bullo
internazionale, ne approfittera', giunto al potere. La tecnica ci ha resi
obsoleti come esseri umani perche' non siamo piu' in grado di controllarla.
Possiamo avanzare una duplice proposta, per noi e per "gli altri".
La nostra ipotesi e' quella di una difesa popolare nonviolenta da
raggiungere attraverso il disarmo ma, poiche' non possediamo una bacchetta
magica, dobbiamo ammansire i lupi, capire che cosa sognano, parlare con
loro. Il primo passaggio e' quello verso una difesa veramente difensiva e
questo implica lo smantellamento di tutti i sistemi d'arma offensivi,
pertanto di tutte le armi a lungo raggio predisposte per colpire e portare
l'offesa oltre i confini. Contemporaneamente e' possibile avviare la
transizione, il famoso transarmo, verso una difesa popolare nonviolenta,
parzialmente compatibile, finche' la transizione non sara' completata, con
la difesa difensiva.
E poiche' senza un finanziamento serio ogni progetto rimane lettera morta,
una proposta concreta puo' essere quella del 5%: cerchiamo e/o costruiamo
una forza politica che inserisca nel suo programma, per la prossima
legislatura, una riduzione annuale del 5% delle spese militari per impiegare
gli stessi fondi nella costruzione di una forza  nonviolenta di pace, sulla
scia di quanto gia' e' stato realizzato: Corpi civili di pace,  Caschi e
Berretti Bianchi, Operazione Colomba, PBI, Donne in Nero. Infine, lanciamo
una poderosa campagna di contribuzione fiscale: "Se vuoi la pace, paga per
la pace", ovvero finanzia, dal basso, la forza nonviolenta di pace.
*
I lupi della cultura
Chiediamoci "che cosa sognano i lupi ?" e domandiamoci anche qual e' il
nostro sogno. Abbiamo un sogno veramente nostro? Siamo capaci di
esplicitarlo? Sappiamo confrontarlo con i sogni e i progetti dei lupi?
Ma attenti, perche' qualche volta si  rischia di sfociare nel delirio di
onnipotenza. Dobbiamo imparare a sognare,  a dichiarare il nostro sogno, "I
Have a Dream", come ha fatto quarant'anni fa, di questi giorni, Martin
Luther King.
Abbiamo bisogno di coltivare sogni capaci di permetterci di vivere nel regno
dell'incertezza che ci sovrasta, perche' siamo esseri finiti e fallibili.
Nessuna ingegneria sociale puo' assicurarci un modello a prova di errore.
Capire questo e' vitale per una cultura della nonviolenza.
Abbiamo bisogno di scavare in profondita'. Su temi quali la globalizzazione,
la mondializzazione, i problemi su scala globale, dobbiamo sapere che
nessuno possiede una conoscenza tanto ampia ed esaustiva da essere a prova
di errore. Gli stessi dati su scala planetaria rispetto all'uso e
all'esaurimento delle risorse, o ai mutamenti climatici incipienti non sono
facili da verificare. Viviamo in una costante condizione di incertezza e di
ignoranza e pertanto dobbiamo rifarci a quell'autentico "principio di
responsabilita'" (Jonas), che oggi chiamiamo "principio di precauzione".
Siamo man mano passati, quasi senza accorgercene, da una scienza e una
tecnologia di laboratorio a una tecnoscienza che ha per laboratorio il mondo
intero. Se prima era implicito che potevamo correggere gli errori e imparare
da essi, ora dobbiamo evitare di commettere errori non correggibili, su
larga scala, che ci impediscano di tornare sui nostri passi. Abbiamo
costruito quella che e' ormai riconosciuta da autorevoli sociologi come
"societa' del rischio" (Ulrich Beck) o "societa' dell'incertezza" (Zygmunt
Bauman), ma ci manca un'etica condivisa con cui far fronte non piu' alla nat
ura esterna, ma alla nostra hybris prometeica.
E' diventato sempre piu' impellente avviare nell'Unione Europea un' ampia
riflessione sulla cultura tecnico-scientifica intesa nella sua complessita':
dagli ogm, alla biotecnologia, all'informatica, alle nanotecnologie, alla
questione energetica e al cambiamento climatico. Se ben compreso e ben
applicato, il principio di precauzione potra' diventare uno degli strumenti
operativi principali  nella ricerca senza fine di una conoscenza scientifica
che ci permetta di comprendere l'ecologia globale del pianeta e degli esseri
umani.
La scienza e' un percorso di "caccia agli errori", ma oggi piu' che mai tali
errori devono essere sufficientemente piccoli per poterli correggere,
altrimenti  rischiamo la catastrofe.
*
I diritti dei lupi
La figura del lupo puo' essere letta in versione ecologica: i diritti dei
lupi, appunto. Il primo passo e' il rispetto per l'avversario. Chiediamoci
quali lupi possiamo incontrare, come incontrarli, come parlare con loro.
C'e' poi una versione antropologica che ci richiama al lupo che e' dentro di
noi. Etty Hillesum ci ricorda che non e' possibile analizzare il male senza
scoprire il marcio che e' radicato in noi. E, al contempo, sappiamo che i
lupi possono essere tali perche' gli altri sono agnelli, cioe' sono pavidi,
incapaci di interrogarsi e di vivere liberi, senza paura, pensando con la
propria testa.
*
Il lupo e Cappuccetto Rosso
Il lupo di Cappuccetto Rosso ha suggerito  molte chiavi di lettura. Nella
cultura femminista la favola rappresenta l'iniziazione di Cappuccetto Rosso
alla sessualita'. La bambina non ha paura del lupo, anzi lo cerca.
L'incontro e' per lei esperienza di liberazione e scoperta.
Dobbiamo insegnare ai lupi ad amare, questo e' un compito che le donne
dovranno includere esplicitamente nel loro programma di liberazione della
condizione femminile: aiutare i lupi maschi a uscire dai ruoli del machismo,
della violenza, della guerra. Insegnare loro l'etica della cura e
dell'amore, aiutarli a vivere una sensualita' e sessualita' nonviolenta,
ispirandosi alla loro esperienza millenaria  che risale a quelle societa'
matriarcali che probabilmente ancora non conoscevano la guerra.
*
Anche i lupi soffrono
Che cosa spinge i lupi a condurre una vita che si ritorce contro di loro, a
seguire schemi e rituali comportamentali come il vestirsi tutti nello stesso
modo come tante copie clonate del capo, concentrati solo sulla conservazione
del potere? Vorremmo riuscire a dir loro che quel modo di vivere non e'
l'unico possibile, che potrebbero essere molto piu' felici se facessero un
diverso utilizzo del loro denaro, della loro intelligenza e della loro
intraprendenza. Vorremmo aiutarli a uscire dalle gabbie dorate in cui si
sono rinchiusi, perche' la vita e' bella, ha molto da offrire, ma bisogna
essere liberi e generosi per gustarne i frutti.
*
Francesco e il lupo
Fare il solletico al lupo: farlo ridere, disorientarlo, raccontargli
barzellette nonviolente, impegnarci a dare un'immagine costruttiva della
nonviolenza non solo come richiamo etico ma come possibilita' di vivere, qui
e ora, nonostante tutto, in maniera felice. In questo modo potremo offrire
una proposta appetibile ai giovani che chiedono di incontrare la nostra
gioia, il nostro sorriso, il nostro sguardo e scopriremo anche, per ciascuno
di noi, un modo per rimanere giovani, una sorta di elisir di lunga e dolce
vita lungo i sentieri della nonviolenza.

2. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: ANCORA TRE NOTE SULLA PROPOSTA DELL'EUROPA
NEUTRALE E ATTIVA, COSTRUTTRICE DI PACE CON MEZZI DI PACE
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]
Vorrei in primo luogo che nella riflessione non si dimenticasse sempre di
citare l'esperienza del movimento delle donne, che in verita' non ha mai ne'
teorizzato ne' praticato forme di violenza, mai invocato o sostenuto guerre,
si e' sempre lacerato in momenti di conflitto armato dei quali le donne sono
vittime piu' di chiunque, ultimi i casi delle donne di Belgrado e della
Bosnia, per tacere del Ruanda ecc.ecc.
Le Donne in nero hanno inventato e praticato "Visitare i luoghi diifficili"
e messo in atto molte iniziative di interposizione in Palestina.
Gandhi riconosceva il debito che aveva verso le suffragiste inglesi.
Dover sempre chiedere di essere chiamate col proprio nome e' doloroso: la
cancellazione e' una forma molto forte di violenza, un genocidio simbolico e
finisce per diventare i forse dieci milioni di bambine cinesi prive di
qualsiasi diritto perche' non vengono iscritte all'anagrafe.
Il movimento delle donne non si  confonde con nessun partito, non ha mai
ceduto la rappresentanza.
*
E quando dico movimento operaio intendo movimento operaio, magari nelle sue
forme sindacali o associative o mutualistiche, o ricreative come le case del
popolo ecc.
I partiti che ne hanno spesso usurpato la rappresentanza non mi interessano
e non mi riferisco a loro.
E' vero che la sinistra ha fatto un mucchio di errori, molti dei quali
dipendenti dal non aver proseguito l'iniziale cammino internazionalista e
neutralista  ed essersi adeguata alla "funzione nazionale della classe
operaia" ecc.
*
Cio' che chiedo e' un confronto su come si possa efficacemente intervenire
nel dibattito e poi nelle decisioni a proposito del "Trattato costituzionale
europeo" che forse avra' una prima approvazione entro l'anno, per non
ripetere gli errori di omissione che ci hanno portato in casa Maastricht
Nizza Schengen ecc.
Nel testo che chiamero' per brevita' giscardiano la sinistra italiana non
c'e' perche' e' stato fatto dai governi, non dai parlamenti: per l'Italia il
rappresentante era Fini, che non solo non ha  tenuto conto dell 'art. 11
della Costituzione italiana, ma ha lasciato che al posto del lavoro sia
messo il mercato ecc. ecc.: insomma i primi 11 articoli della Costituzione
che un patto parlamentare solenne ha definito intangibili sono stati
bypassati dal trattato costituzionale e di fatto cancellati. Nella bozza del
Trattato la pace e' "da promuovere", non non e' un diritto e per promuoverla
si usano anche le armi.
*
La proposta di neutralita' attiva ha il pregio di avere una base di diritto
internazionale (e io sono per praticare per quanto possibile la
ricomposizione  del diritto internazionale e il sostegno alle Nazioni Unite)
e quattro precedenti sul territorio europeo, cioe' Svizzera, Svezia,
Finlandia e Austria, mentre il transarmo non e' un diritto, ma una proposta
politica che quindi dipende dalle maggioranze.
Sono da sempre favorevole a tutti i disarmi, unilaterali ecc., ma bisogna
vedere se il testo della Costituzione europea consentira' di praticarli. In
piu' il transarmo deve essere concordata coi militari e io preferirei
accordarmi coi movimenti non militaristi, neutralisti, nonviolenti e
pacifisti prima che coi militari e il loro potere fortissimo (il famoso
"complesso militare-industriale-scientifico" e adesso anche culturale e
mediatico).
Marx diceva che e' bene per quanto possibile ancorare nel diritto le
conquiste politiche ottenute ben sapendo che esse pure dipendono dai
rapporti di forza: tuttavia un ostacolo giuridico e' piu' difficile da
scavalcare che una proposta politica, come si vede anche dal tema delle
pensioni: se i sindacati non potessero appellarsi a diritti sanciti, nel
gestire il conflitto sociale staremmo tutti e tutte ben peggio.

3. LIBRI. MARIO LANCISI PRESENTA IL SUO NUOVO LIBRO "ALEX ZANOTELLI. SFIDA
ALLA GLOBALIZZAZIONE"
[Siamo assai grati a Mario Lancisi (per contatti: mario.lancisi at tin.it) per
averci messo a  disposizione questa breve nota di presentazione del suo
nuovo libro a giorni in uscita.
Mario Lancisi e' giornalista e saggista; studioso del mondo cattolico,
soprattutto fiorentino e toscano, ha pubblicato libri e saggi su don Lorenzo
Milani, Giorgio La Pira, Nicola Pistelli; e' particolarmente benemerito per
gli studi e le raccolte di testimonianze su don Milani. Tra le sue opere: E
allora Don Milani fondo' una scuola, Coines, Roma 1977; (a cura di), Don
Lorenzo Milani: dibattito aperto, Borla, Roma 1979; Dopo la Lettera. Don
Milani e la contestazione studentesca, Cappelli, Bologna 1980; La scuola di
Don Lorenzo Milani, Polistampa, 1997; Il segreto di don Milani, Piemme,
2002; (con Alex Zanotelli), Fa' strada ai poveri senza farti strada. Don
Milani, il Vangelo e la poverta' nel mondo d'oggi, Emi, Bologna 2003.
Alessandro Zanotelli, missionario comboniano, ha diretto per anni la rivista
"Nigrizia" conducendo inchieste sugli aiuti e sulla vendita delle armi del
governo italiano ai paesi del Sud del mondo, scontrandosi con il potere
politico, economico e militare italiano: rimosso dall'incarico e' tornato in
Africa a condividere per molti anni vita e speranze dei poveri, solo
recentemente e' tornato in Italia; e' direttore responsabile della rivista
"Mosaico di pace" promossa da Pax Christi; e' tra i promotori della "rete di
Lilliput" ed e' una delle voci piu' prestigiose della nonviolenza nel nostro
paese. Tra le opere di Alessandro Zanotelli: La morte promessa. Armi, droga
e fame nel terzo mondo, Publiprint, Trento 1987; Il coraggio dell'utopia,
Publiprint, Trento 1988; I poveri non ci lasceranno dormire, Monti, Saronno
1996; Leggere l'impero. Il potere tra l'Apocalisse e l'Esodo, La meridiana,
Molfetta 1996; Sulle strade di Pasqua, Emi, Bologna 1998; Inno alla vita,
Emi, Bologna 1998; Ti no ses mia nat par noi, Cum, Verona 1998; La
solidarieta' di Dio, Emi, Bologna 2000; R...esistenza e dialogo, Emi,
Bologna 2001; (con Pietro Ingrao), Non ci sto!, Piero Manni, Lecce 2003;
(con Mario Lancisi), Fa' strada ai poveri senza farti strada. Don Milani, il
Vangelo e la poverta' nel mondo d'oggi, Emi, Bologna 2003]
Uscira' in ottobre il mio libro "Alex Zanotelli. Sfida alla
globalizzazione", edito da Piemme, in cui ho cercato di ricostruire le tappe
salienti della vita di un personaggio che, come spiega il magistrato
Gherardo Colombo nell'intervista-prefazione al libro, convoca alla
riflessione e all'impegno le coscienze di credenti e non.
Dalle radici trentine alla formazione negli Stati Uniti di Kennedy e Martin
Luther King - due personaggi che molto influenzarono il giovane Alex -, in
cui importante fu anche l'incontro con la teologia americana. Ordinato
sacerdote nel 1964, padre Zanotelli viene inviato in missione nel Sudan,
martoriato dalla guerra civile. Qui il giovane missionario prende le parti
del popolo dei Nuba, avversato dal governo, e cio' gli costa di fatto
l'allontamento da parte del governo.
Tornato in Italia dove studia arabo a Roma, nel 1978 Zanotelli viene
nominato direttore di "Nigrizia", rivista missionaria che trasforma in una
delle voci piu' critiche nel panorama della stampa italiana. Famose le
denunce contro il commercio delle armi e l'iniqua cooperazione con i paesi
poveri, che presero di mira esponenti di primo piano della classe politica
di allora, da Andreotti a Spadolini, da Craxi a Piccoli. Denunce che di
fatto anticipano la stagione di tangentopoli.
Licenziato da "Nigrizia" su pressioni vaticane, Zanotelli riesce nel 1988 a
coronare il sogno che coltivava da anni: fare un'esperienza missionaria in
una baraccopoli. La scelta cade su Korogocho, baraccopoli di Nairobi. Qui
Zanotelli resta fino al 2002 ma la lontananza dall'Italia non gli
impedisce - nei rari ma intensi ritorni - di dar vita all'esperienza della
Rete Lilliput e di partecipare da protagonista ai movimenti no global.
Il ritorno in Italia segna una nuova tappa della missione di Zanotelli: nel
quartiere Sanita' di Napoli, uno dei luoghi simbolo del degrado sociale del
nostro Paese. Dal 2002 Zanotelli e' diviso tra Napoli e l'Italia che
attraversa in lungo e in largo per affermare le ragioni del no alla guerra e
dei valori dell'eguaglianza, della solidarieta', della nonviolenza,
dell'accoglienza.

4. INCONTRI. UN CONVEGNO AD AREZZO SU "SOGGETTIVITA' E DIRITTO ALLA SALUTE
MENTALE DEI CITTADINI"
[Da Paolo Tranchina (per contatti: tranteo at cosmos.it), che ringraziamo,
riceviamo e diffondiamo. Paolo Tranchina, prestigioso intellettuale e
psicoterapeuta, e' da decenni una delle figure piu' vive del movimento di
psichiatria democratica; psicologo analista, ha lavorato a Milano, Arezzo,
Firenze, Torino, ha insegnato all'universita' di Verona, dirige la rivista
"Fogli di informazione". Tra le opere di Paolo Tranchina: Norma e antinorma,
1978; Il segreto delle pallottole d'argento, 1984; Psicoanalista senza muri,
1989; Portolano di psicologia, 1994]
Il Centro "Franco Basaglia" di Arezzo, con il patrocinio della Provincia di
Arezzo e della Regione Toscana, promuove il convegno nazionale
"Soggettivita' e diritto alla salute mentale dei cittadini", Arezzo, 26-27
Settembre 2003.
*
Venerdi' 26 settembre. Universita', Sala della Colonia Donne dell'ex
Ospedale Psichiatrico, viale L. Cittadini 33
Ore 9: presiede Bruno Benigni, presidente del Centro "Franco Basaglia" di
Arezzo;
- saluti: Vincenzo Ceccarelli, presidente dell'Amministrazione provinciale
di Arezzo; Luigi Lucherini, sindaco di Arezzo; Enrico Rossi, assessore al
diritto alla salute della Regione Toscana;
- "La soggettivita' nell'esperienza teorico-pratica di Franco Basaglia":
relazioni di Franca Ongaro Basaglia, Agostino Pirella, Maria Grazia
Giannichedda, Mario Colucci;
- discussione.
Ore 13: pranzo a cura dell'associazione "Donne insieme".
Ore 14,30: presiede Paolo Serra;
- "Soggettivita' e oggettivazione nei servizi psichiatrici": relazioni di
Rocco Canosa, Peppe Dell'Acqua, Paolo Martini;
- interventi di: Consulta salute mentale Toscana, Coordinamento toscano
auto-aiuto, "Fuori binario" Firenze (giornale di strada), Gruppo aretino
auto-aiuto, "Piazza grande" Bologna (giornale di strada), "Scarpe da tennis"
Milano (giornale di strada);
- discussione.
Ore 21: Psycostage (Ex parterre): serata in collaborazione con Arezzo wave.
- Concerto Filofobia e Mantra Turbato.
*
Sabato 27 settembre. Sala dei Grandi. Provincia di Arezzo. Piazza della
Liberta'
Ore 9,30: presiede Tina Chiarini;
- "Diritti di cittadinanza, partecipazione e salute mentale": relazioni di
Giuseppe Cotturri, presidente di Cittadinanzattiva; Donella Mattesini,
assessore alle politiche sociali della Provincia di Arezzo;
- interventi di: Arci Toscana, Caritas Firenze, Cittadinanzattiva Toscana,
Cooperativa So.di.ser. (Arezzo), Coordinamento famiglie toscane, Diapsigra,
Gruppo istituzioni totali del Social forum di Firenze, Aresam;
- discussione;
- conclusioni: Giovanni Berlinguer.
*
Interverranno inoltre: Adriano Amedei, Luigi Attenasio, Cesare Bondioli,
Stefania Borghetti, Nico Casagrande, Marco Cecchini, Caterina Corbascio,
Massimo Cozza, Vito D'Anza, Christian De Vito, Gianna Fiore, Giusy Gabriele,
Enrica Giacobbi, Paolo Henry, Piero Iozzia, Tommaso Lo Savio, Emilio Lupo,
Vincenzo Pastore, Renato Piccione, Guido Pullia, Remigio Raimondi, Sandro
Ricci, A. Franca Rinaldelli, Sandra Rogialli, don Piero Sabatini, Enrico
Salvi, Mario Serrano, Maria Pia Teodori, Paolo Tranchina, Laura Turini,
Ernesto Venturini.
*
Il Convegno intende riprendere il valore della soggettivita' e della
partecipazione dei cittadini, come fondamento di una nuova pratica per la
salute e, in particolare, per la salute mentale.
Non in astratto, ma a partire dalla riflessione su quella straordinaria
pratica che, valorizzando uomini e donne, i piu' fragili e i piu' battuti,
si e' dimostrata efficace per il superamento dei manicomi,
dall'approfondimento e dall'attualizzazione del pensiero di Franco Basaglia,
un intellettuale nuovo che ha saputo coniugare, in un circuito virtuoso e
fecondo, l'impegno pratico con l'elaborazione scientifica.
Vogliamo capire perche' quelle esperienze e quelle intuizioni si sono, in
larga misura, atrofizzate e perse, quando l'iniziativa e' passata dalle
istituzioni manicomiali alla comunita', nel campo aperto delle relazioni;
vogliamo chiederci se e in quale misura oggi sia possibile rifondare il
servizio sanitario pubblico sulla soggettivita' delle persone e sulla
partecipazione dei cittadini.
Le domande non hanno nulla di nostalgico e di passatista, perche' e'
l'attualita' che spinge a riflettere. Infatti, in tutti questi anni, il
servizio sanitario nazionale sembra avere perso per strada il fine stesso
della salute e il valore centrale del cittadino, come portatore di domande,
di diritti, di conoscenze e di risorse per la salute.
Molte cose sono cambiate da allora ad oggi e nessuna meccanica trasposizione
e' possibile da un tempo all'altro, da un contesto ad un altro.
Eppure, ci sono esigenze che ritornano, valori insopprimibili che devono
essere ritrovati.
La soggettivita' per la salute e' uno di questi.
*
Per informazioni: B. Benigni, tel. 3395467340; P. Serra, tel. 3488402603; T.
Chiarini, tel. 3394426629; C. Bondioli, tel. 3395201857; G. Alpini, tel.
3496425813.

5. ESPERIENZE. PRESENTAZIONE DELLA RETE RADIE' RESCH
[Dal sito della Rete Radie' Resch (www.rrrquarrata.it) riprendiamo questa
scheda di presentazione]
Cos'e' la Rete Radie' Resch
La Rete venne fondata nel 1964 per iniziativa del giornalista e scrittore
Ettore Masina e vi aderiscono uomini e donne impegnati nella solidarieta'
con i popoli oppressi.
La questione delle disuguaglianze tra il nord e il sud del mondo e' quindi
al centro dell'azione della rete.
La Rete vuole realizzare un'associazione il piu' possibile partecipativa e
non burocratica, e vuole porre nel presente alcuni segni di umanita' futura
con l'attuazione, fin da ora, di piccole ma significative realta'
alternative a quelle attuali.
*
Il nome dell'associazione
Radie' Resch era il nome di una bambina palestinese che mori' di stenti in
un tugurio di Nazareth mentre la sua famiglia attendeva l'assegnazione di
una casa; una delle case per lavoratori palestinesi che la Rete contribui' a
costruire con il suo primo intervento.
*
Come agisce
La Rete si impegna in iniziative di concreta solidarieta' nel mondo,
collaborando con uomini e donne delle comunita' per instaurare una societa'
fondata non piu' sulla sopraffazione ma sulla giustizia, sulla fratellanza e
sulla pace.
Si impegna per realizzare un tipo di sviluppo che appoggia la crescita
culturale e la coscientizzazione popolare. Si propone di realizzare un
interscambio di amicizia, di valori ed esperienze per la crescita reciproca,
nella convinzione che per costruire giustizia e pace sul pianeta occorra un
profondo cambiamento dei paesi del nord.
*
L'adesione alla Rete si esprime:
- con l'impegno ad approfondire le cause dei mali sociali e a prendere
coscienza delle nostre corresponsabilita', per divenire fonte di
informazione e mezzo di sensibilizzazione, per essere "una voce al servizio
di chi non e' ascoltato";
- con una autotassazione periodica (generalmente mensile), libera ma
costante, che consente di programmare e realizzare la collaborazione con le
comunita' con cui la Rete viene in contatto.
I fondi raccolti vengono interamente indirizzati verso situazioni definite e
ben conosciute, al fine di sostenere progetti di liberazione,
coscientizzazione e promozione, concepiti e autogestiti localmente.
*
Le operazioni
Gli interventi della Rete vengono chiamati "operazioni". Sono attualmente
alcune decine, la massima parte in America Latina, specialmente in Brasile,
altre in Palestina e in Italia ed una in Africa.
Per esempio:
- Palestina: l'impegno e' rivolto al finanziamento di strutture sanitarie e
all'organizzazione delle donne.
- Brasile: sostegno alle attivita' della "pastorale della terra", alla
sindacalizzazione in alcune zone, sia rurali che urbane, allo sviluppo di
cooperazione popolare, a centri di accoglienza dei bambini di strada, ai
movimenti delle donne e degli afro-brasiliani, a centri di difesa dei
diritti umani e alla medicina popolare.
- Paesi del Cono Sud (Uruguay, Argentina, Cile, Peru', Ecuador): sostegno a
centri sanitari, sindacalizzazione rurale, Madri di Plaza de Mayo, borse di
studio, sostegno a periodici, scuole popolari e cooperative agricole e
artigianali.
- Centro America (El Salvador, Guatemala, Haiti, Nicaragua, Repubblica
Dominicana, Cuba): sostegno alle iniziative di scolarizzazione primaria,
formazione professionale e sanitaria, coscientizzazione popolare, a
cooperative di contadini e alla potabilizzazione dell'acqua.
- Africa (Guinea Equatoriale): sostegno ad una cooperativa di contadini.
- In Italia e altrove si aiutano esiliati politici e organismi che lavorano
per i diritti dei popoli e per il recupero psicofisico delle vittime della
tortura.
*
L'organizzazione
La Rete non ha sedi proprie: luogo di incontro e di lavoro sono le
abitazioni degli aderenti, sale parrocchiali, sedi sindacali, centri
culturali ecc.
Si articola a livello nazionale in gruppi (o "reti locali") che svolgono
anche un'attivita' propria e autonoma.
Non ha cariche elettive, ma solo incarichi di coordinamento dei gruppi che
la compongono.
Un coordinamento nazionale, espressione delle Reti locali, si riunisce ogni
tre mesi per definire le linee di intervento e per le opportune verifiche;
esprime inoltre una segreteria di tre persone - una di queste quale
"portavoce" della Rete - con compiti esecutivi.
Seminari di studio (alcuni per giovani) e convegni regionali sono occasione
di incontro e di approfondimento.
Sono organizzati viaggi di studio e di conoscenza nelle comunita' dove
avvengono le operazioni. Periodicamente alcuni testimoni del sud visitano le
reti locali per comunicare la loro esperienza, rafforzare i vincoli di
amicizia e portare informazione diretta a comunita' piu' larghe della Rete.
Ogni due anni la Rete tiene un convegno nazionale nel quale l'impegno si
rinsalda nel confronto con le testimonianze dirette dei "poveri che fanno la
storia".
*
Come comunica
Una lettera circolare mensile scritta da una Rete locale, con eventuali
altri apporti, viene inviata a tutti gli aderenti. Contiene riflessioni e
notizie ed e' strumento efficace per il lavoro comune.
Il "Notiziario della Rete Radie' Resch" e' il trimestrale di informazione e
approfondimento su attivita' e tematiche della Rete. E' curato dalla rete di
Quarrata (Pistoia), ma e' aperto alla collaborazione di tutti.

6. INCONTRI. FRANCESCA PILLA INTERVISTA ERMANNO REA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 settembre 2003.
Francesca Pilla, dottoressa in scienze politiche, collabora al quotidiano
"Il manifesto".
Ermanno Rea e' giornalista e scrittore. Dal sito di "Giro di vite"
(www.girodivite.it) riprendiamo la seguente scheda: "Ermanno Rea e' nato a
Napoli nel 1927. Ha lavorato come giornalista, per numerose testate -
quotidiani e settimanali -. Ha vissuto a Milano e a Roma. Il mestiere di
giornalista ha consentito a Rea di avvicinarsi alla realta' non solo con la
curiosita' del cronista, ma soprattutto con la concretezza di chi parte dal
caso specifico umano, documentato. La sua prova migliore e' stata Mistero
napoletano: Rea torna a Napoli per una "inchiesta" riguardante la vicenda di
una sua amica, Francesca Spada, militante del partito comunista morta
suicida. Attraverso la vicenda personale, lo spaccato di un periodo della
storia di Napoli e dell'Italia tra gli anni Cinquanta e Sessanta, le
speranze di un rinnovamento civile e politico e la forza del contesto di una
citta' e di un meridione in cui agiscono spinte di diversa matrice - tra
camorra, corrusione politica, degrado. L'ultima lezione: la solitudine di
Federico Caffe' scomparso e mai piu' ritrovato (1992), e' una "inchiesta"
documentaria sulla scomparsa dell'economista Federico Caffe' avvenuta il 15
aprile 1987, nel contesto della fine di una civilta' etica, quella degli
intellettuali che avevano lavorato per la modernizzazione sociale
dell'Italia dal dopoguerra - la fine dell'idea della societa' del welfare e
il dominio delle ideologie "liberiste". Del 2002 e' La dismissione: Rea
torna a Napoli per seguire la storia dello smantellamento dell'acciaieria
Ilva di Napoli, simbolo di una citta' che cercava nell'industrializzazione
la via per uscire dal sottosviluppo. E', dopo Mistero napoletano, un altro
tassello che si aggiunge alla storia sociale e personale di Napoli di Rea".
Opere di Ermanno Rea: L'ultima lezione, Einaudi, Torino 1992; Mistero
napoletano, Einaudi, Torino 1996; La dismissione, Rizzoli, Milano 2002.
Federico Caffe' e' stato uno dei piu' illustri economisti italiani del
Novecento, dapprima presso la Banca d'Italia, poi docente universitario a
Messina, a Bologna ed infine e lungamente a Roma. Come studioso e docente ha
lasciato nei suoi interlocutori, colleghi ed allievi un'impronta
straordinaria, divenendo una figura quasi leggendaria sia per la sua
profonda umanita', sia per il suo rigore morale e intellettuale, sia per il
suo intenso ed incessante impegno scientifico, pedagogico e civile. E'
scomparso misteriosamente nell'aprile 1987. Opere di Federico Caffe': tra le
sue numerose opere scientifiche, didattiche e d'intervento civile segnaliamo
almeno: Saggi sulla moderna "economia del benessere", Torino 1956; Politica
economica, due volumi, Torino 1966 e 1970; Teorie e problemi di politica
sociale, Bari 1970; Un'economia in ritardo, Torino 1976; Lezioni di politica
economica, Torino 1978, nuova edizione 1990; In difesa del welfare state,
Torino 1986; La solitudine del riformista, Torino 1990. Opere su Federico
Caffe': si veda in primo luogo la biografia scritta da Ermanno Rea, L'ultima
lezione, Einaudi, Torino 1992. A Caffe' sono stati dedicati vari volumi di
saggi, lezioni, convegni (ad esempio cfr. AA. VV., Federico Caffe'. Realta'
e critica del capitalismo storico, Meridiana Libri e Donzelli,
Catanzaro-Roma 1995). Un consistente archivio di materiali miscellanei di e
su Federico Caffe' si trova presso Paolo Lupi (un suo antico allievo che ne
mantiene viva la memoria e la lezione), via della stazione, 01013 Cura di
Vetralla (Vt)]
Il tradizionale concorso letterario "Premio Napoli" quest'anno cambia volto.
Non solo perche' e' stato trasformato in una festa del libro lunga una
settimana (dal 22 al 27 settembre) che coinvolgera' l'intera citta', ma
soprattutto perche' nell'edizione 2003 si e' deciso di affiancare al
tradizionale itinerario per giungere al conferimento del premio tra i
finalisti delle quattro sezioni (narrativa italiana e straniera, saggistica
internazionale e poesia) un convegno dedicato alla profonda correlazione tra
"Poverta', diseguaglianze e mondo globale'.
Il merito del rinnovamento di un concorso nato quarantanove anni fa e' opera
della Fondazione premio Napoli che spiega il cambiamento adducendolo alla
volonta' di non voler piu' essere "un premio con una sua vita distaccata ed
elitaria, avulsa dal contesto sociale in cui si colloca e da quanto accade
nel mondo", ma ancora di piu' la spinta per una auto-rifondazione e'
arrivata dallo scrittore napoletano Ermanno Rea, al quale e' stata appunto
affidata la direzione.
Autore di numerosi romanzi d'impegno sociale come Mistero napoletano (premio
Viareggio 1996), e La dismissione (Rizzoli, 2002), che racconta il difficile
vissuto dei lavoratori dell'ex Italsider durante lo smantellamento
dell'acciaieria di Bagnoli, Rea precedentemente ne L'ultima lezione (Einaudi
1992), aveva voluto ripercorrere il mistero della scomparsa di Federico
Caffe', l'economista "disobbediente", fermo sostenitore di un stato sociale
senza cedimenti a compromessi e clientele, uscito di casa la mattina del 15
aprile 1987 e mai piu' ritrovato. Non e' un caso quindi che il convegno
sulle ripercussioni sociali del neoliberismo sara' aperto con un "Rapporto
sulla poverta'" stilato da sei professori di economia gia' allievi di
Caffe', che da parte sua ha sempre teorizzato la possibilita' di un sistema
piu' equo da contrapporre a logiche di mercato aggressive e senza controlli.
*
- Francesca Pilla: Come e' nata l'idea anche un po' insolita di accompagnare
il Premio Napoli a un convegno sulle tendenze economiche globali che
generano disuguaglianza?
- Ermanno Rea: La decisione intreccia sicuramente vari elementi, volontari e
involontari, con la mia biografia, le mie scelte, con quello insomma che
sono le mie convinzioni. Innanzitutto pero' ritengo Napoli un palcoscenico
ideale per discutere di poverta' e diseguaglianze. La citta' infatti non
puo' non sentire proprie problematiche che la interessano direttamente, alla
luce delle grandi contraddizioni di una capitale europea che alterna momenti
di raffinatezza culturale a depressione sociale locale. Non vorrei fare il
passo piu' lungo della gamba, ma ho intenzione di promuovere un osservatorio
permanente per individuare percorsi che aiutino a pacificare le grandi
tensioni del Mediterraneo, sottraendo appunto gli elementi economico-sociali
di discriminazione e esclusione.
- F. P.: Ma come collega l'iniziativa con il concorso?
- E. R.: La domanda sul senso di un convegno affiancato al concorso e'
legittima, ma annuncio sin da ora che continueremo a farlo nelle prossime
edizioni. Questo perche' un dibattito approfondito su temi che mi auguro
saranno presi di anno in anno collettivamente s'intreccia direttamente con
la creazione dei comitati di lettura che affiancano la giuria tecnica. Il
convegno dovra' infatti essere la traccia del dibattito aperto all'interno
dell'associazione "Amici del premio Napoli" lungo dodici mesi. Una traccia
che rimane alla riflessione della citta', un cemento affinche' la giuria
popolare non abbia una vita breve ed effimera, ma sia una reale possibilita'
di confronto, di presa di coscienza, di crescita culturale.
- F. P.: Lei ha studiato nel profondo il pensiero di Federico Caffe',
immergendosi nei suoi scritti e cercando di ricostruire gli ultimi mesi
precedenti alla sua scomparsa. Oggi gli dedica una parte del convegno che
analizza le cause di poverta'...
- E. R.: Ovviamente perche' Caffe' era un uomo molto attento ai problemi che
impediscono l'equita' sociale. Un tema che per lui e' stato sempre motivo di
profonda angoscia, nel tentativo di trovare un modello di giustizia che si
facesse carico degli anelli piu' deboli della societa'. Tutte le sue lezioni
vertono su questo tema, cui ha dedicato la sua ricerca scientifica. Martedi'
in ogni caso sara' presentato un "Rapporto sulla poverta'" redatto da sei
economisti, suoi allievi che hanno deciso di dedicare il libro, pubblicato
in veste provvisoria, alla sua memoria. Mentre gia' tre editori napoletani
si sono offerti di pubblicare non solo questo libro, ma un volume che
raccogliera' i documenti dell'intero convegno.

7. LIBRI. ANNA MARIA MERLO PRESENTA "LE NOUVEAU DESORDRE MONDIAL" DI TZVETAN
TODOROV
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 settembre 2003. Anna Maria Merlo e'
corrispondente da Parigi del quotidiano. Tzvetan Todorov e' nato a Sofia nel
1939, a Parigi dal 1963. Muovendo da studi linguistici e letterari e' andato
sempre piu' lavorando su temi antropologici e di storia della cultura e su
decisive questioni morali. Riportiamo il seguente brano dalla scheda
dedicata a Todorov nell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche:
"Dopo i primi lavori di critica letteraria dedicati alla poetica dei
formalisti russi, l'interesse di Todorov si allarga alla filosofia del
linguaggio, disciplina che egli concepisce come parte della semiotica o
scienza del segno in generale. In questo contesto Todorov cerca di cogliere
la peculiarità del 'simbolo' che va interpretato facendo ricorso, accanto al
senso materiale dell'enunciazione, ad un secondo senso che si colloca
nell'atto interpretativo. Ne deriva l'inscindibile unita' di simbolismo ed
ermeneutica. Con La conquista dell'America, Todorov ha intrapreso una
ricerca sulla categoria dell'"alterita'" e sul rapporto tra individui
appartenenti a culture e gruppi sociali diversi. Questo tema, che ha la sua
lontana origine psicologica nella situazione di emigrato che Todorov si
trova a vivere in Francia, trova la sua compiuta espressione in un ideale
umanistico di razionalita', moderazione e tolleranza". Opere di Tzvetan
Todorov: segnaliamo particolarmente il recente volume: Memoria del male,
tentazione del bene, Garzanti, Milano; ma l'intera opera di Todorov a nostro
avviso costituisce un contributo fondamentale per una cultura della pace,
della nonviolenza, della dignita' umana]
La razionalita' contro l'ideologia. Lo storico delle idee e filosofo Tzvetan
Todorov, nel suo ultimo libro Le nouveau desordre mondial. Reflexions d'un
Europeen (Robert Laffont, 112 pagine, euro 10, in Italia uscira' da Garzanti
il prossimo 8 ottobre), usa le armi della ragione per riflettere sulla
passionalita' provocata dalla guerra degli Stati Uniti in Iraq, quando la
popolazione europea si e' trovata lacerata di fronte a due atteggiamenti:
"condannare la guerra o condannare la dittatura di Saddam Hussein - mentre
la guerra ha avuto come effetto la scomparsa della dittatura".
Secondo Todorov, questa lacerazione ha messo in questione l'identita' stessa
dell'Europa e potrebbe essere la leva per la costruzione dell'Europa di
domani. Le giustificazioni date dagli Stati Uniti per intervenire non hanno
tenuto alla prova dei fatti: in Iraq non sono state trovate armi di
distruzione di massa (c'e' stata anche una prova in senso contrario: l'Iraq
non vi ha fatto ricorso) e non c'e' nessuna prova convincente dei legami tra
Saddam Hussein e Al Qaida. Ma anche le ragioni non confessabili che sono
state individuate - tentativo di incarnare il Cristianesimo conquistatore,
Usa al servizio della politica di Israele, volonta' di appropriarsi del
petrolio, Bush che vuole assicurarsi la rielezione, giustificazione per
aumentare il bilancio militare - benche' forse esistano non sono state
determinanti, secondo Todorov.
L'autore parte dalle affermazioni dell'amministrazione statunitense - un
intervento per portare la liberta' agli iracheni - per smontarne la logica.
Non solo la politica degli Usa non e' stata mai dominata dal desiderio di
portare la liberta' (basti pensare all'America latina o alla Palestina) ma
la giusta difesa della sicurezza nazionale non va necessariamente assieme
alla liberta' nelle altre nazioni. "Quando, per le necessita' della nostra
sicurezza, andiamo a casa altrui e imponiamo loro un regime che noi
riteniamo il migliore, abbandoniamo l'ottica liberale e entriamo nella
logica imperiale".
Todorov smonta il concetto di "imperialismo liberale", "una contraddizione
in termini" degna della neolingua di Orwell. Alla stessa categoria
appartengono le espressioni "bombe umanitarie" (Vaclav Havel), "guerra
misericordiosa" (generale Gay Garner) o "nazionalismo universalista" (Robert
Kagan). Gli Usa oggi, come l'Urss un tempo, insistono sulla "liberazione dei
popoli", perche' "il linguaggio della virtu' e' superiore a quello della
forza". Il ricorso alla "guerra preventiva" fa passare dalla difesa
all'attacco. Una politica che Todorov definisce non conservatrice, ma
"neofondamentalista": "fondamentalisti perche' fanno riferimento a un Bene
assoluto che vogliono imporre a tutti; neo - perche' questo Bene non e'
costituito da Dio, ma dai valori della democrazia liberale".
Un pensiero dunque che congiunge ideale e potere e che nel passato aveva
costituito le radici dell'ordine teologico-politico. Esattamente al'opposto,
quindi, dell'ideale democratico. Imporre il bene con la forza: qui "il fine
nobile non giustifica i mezzi ignobili". Secondo Todorov, anche la nozione
di "diritto d'ingerenza" e' incompatibile con lo spirito democratico.
L'intervento in Iraq non e' dissimile da quello in Kosovo: l'ingerenza nasce
"umanitaria", poi viene evocata la necessita' di proteggere militarmente i
lavoratori dell'umanitario e, in un terzo momento, si arriva alla "guerra
umanitaria" (altra espressione della neolingua).
Ci sono evidentemente casi in cui l'intervento e' giustificato: di fronte a
un genocidio, per dovere di umanita', ma "fortunatamente - sottolinea
Todorov - non ogni violazione dei diritti umani e' un genocidio, ne' tutti i
tiranni sono degli Hitler". In altri termini, "le democrazie non sono
veramente obbligate a scegliere tra Monaco (vile capitolazione) e Dresda
(bombardamenti sanguinosi)". In piu', la "guerra preventiva" occulta due
questioni: il numero di vittime nei paesi occupati come se esistesse un
"giusto prezzo" della guerra (quante tra gli iracheni, dal momento che solo
il conteggio dei morti della coalizione viene comunicato giornalemente?) e
la domanda se il proclamato rafforzamento della democrazia in Iraq
giustifichi l'indebolimento della stessa negli Usa (Guantanamo, leggi
antiterrorismo).
Non sara' l'Onu a fermare questa logica, secondo Todorov. Non lo sara'
neppure l'invocazione del "diritto contro la forza", come ha fatto il
ministro degli esteri francese, Dominique de Villepin, al Consiglio di
sicurezza. Todorov si fa realista, escludendo ogni possibilita' per il
pacifismo: ci vuole la forza, non la morale. E propone la "potenza
tranquilla" che potrebbe costituire l'Unione europea, per non essere
condannati "alla scelta tra imperialismo e impotenza". Una forza militare
europea, non imperialista, alleata degli Usa ma senza seguirli nelle loro
avventure, in grado di difendere i valori dell'Europa, cio' che costituisce
l'identita' del continente dove "la guerra tra paesi che lo costituiscono e'
diventata inconcepibile": giustizia, democrazia, liberta' individuale,
laicita' (intesa come seprazione dello stato dalle chiese, rifiuto di
imporre i valori cristiani con la spada, l'opposto dell'ideologia),
tolleranza (Habermas: il riconoscimento delle differenze, il mutuo
riconoscimento dell'altro nella sua alterita', puo' diventare il segno di
un'identita' comune europea). Non tutti gli stati membri dell'Unione europea
vorranno aderire subito a questa idea (soprattutto i nuovi membri dell'est,
ossessionati dalla Russia e per questo fiduciosi negli Usa). Ma secondo
Todorov questa e' la strada che permettera' di porre l'argine della ragione
al fondamentalismo ideologico che sta avanzando.

8. LIBRI. FRANCESCO SALDI: TRE LIBRI IN USCITA PER LA EMI
[Da Francesco Saldi, dell'ufficio stampa della Emi (per contatti:
stampa at emi.it) riceviamo e diffondiamo. La Emi, storica casa editrice
cattolica, e' una delle case editrici italiane piu' impegnate nella
promozione di una cultura della pace, dell'incontro e della comprensione tra
i popoli e le culture, della nonviolenza; per informazioni e contatti: Emi,
Editrice missionaria italiana, via di Corticella 181, 40128 Bologna, tel.
051326027, fax 051/327552, sito: www.emi.it]
Vi segnaliamo tre nuovi importanti testi che la nostra editrice ha
pubblicato e che saranno disponibili dalla prossima settimana:
- Debito ecologico, Chi deve a chi? Nuove economie e predazione delle
risorse economiche mondiali. Gli autori sono Daniela Russi e Miguel Ortega
Cerda'.
- Guida all'altra informazione sul web. Il sistema della comunicazione e i
grandi gruppi di potere del pianeta. Il volume e' di Roberto Bosio.
- Economie senza denaro. I sistemi di scambio non monetario nell'economia di
mercato. Una nuova economia non basata sul denaro ma sulla reciprocita', la
generosita', la condivisione. Il volume e' di Maurizio Pittau.

9. LIBRI. DUE LIBRI IN USCITA PER LA CASA EDITRICE OMBRECORTE
[Dalla casa editrice Ombrecorte (per contatti: ombrecorte at tiscalinet.it)
riceviamo e  diffondiamo questa segnalazione di due libri di prossima
pubblicazione]
C .L. R. James, Marinai, rinnegati e reietti. La storia di Herman Melville e
il mondo in cui viviamo. Postfazioni di Bruno Cartosio e Giorgio Mariani,
nota biografica di Enzo Traverso, Collana "americane", pp. 220, euro 14,50.
Vittima del maccartismo, nel 1952 James fu rinchiuso a Ellis Island in
quanto "straniero indesiderato". In quei mesi scrisse Marinai, rinnegati e
reietti, senza dubbio la piu' sorprendente e originale interpretazione
dell'opera di Melville mai pubblicata. Per James, la genialita' e la
grandezza dello scrittore americano stanno nell'aver saputo cogliere nel suo
tempo i primi segni di quella degenerazione della democrazia che e' il
totalitarismo, nell'averci offerto con Achab un'attenta descrizione "del
tipo sociale piu' pericoloso e distruttivo mai apparso nella civilta'
occidentale" e nell'aver prefigurato, attraverso la letteratura, i conflitti
sociali generati dalla rivoluzione industriale. Il Pequod, la nave di "Moby
Dick", gli appare come un'allegoria della societa' capitalistica moderna, in
cui i marinai sono simbolo del proletariato industriale e il capitano Achab
della borghesia, decisa a dominare e controllare la sua creazione
demoniaca - la civilta' capitalistica - o a soccombere insieme ad essa in
una catastrofe generale. Nella lotta contro la balena, Achab era disposto a
sacrificare la sua nave e il suo equipaggio, cosi' come la borghesia ha
dimostrato, con Auschwitz e Hiroshima, di essere disposta a distruggere
l'umanita' intera pur di preservare il proprio sistema di dominio.
Cyril Lionel Robert James, nato a Port of Spain (Trinidad) nel 1901, emigra
in Inghilterra nel 1932. Teorico marxista, pioniere del movimento
panafricanista, storico, scrittore, critico letterario e specialista di
cricket, e' meglio conosciuto per il suo I giacobini neri. La prima rivolta
contro l'uomo bianco. Nel 1938 si trasferisce negli Stati Uniti, dove
scrive, tiene conferenze e organizza le attivita' del Socialist Worker's
Party. Nel 1953 viene espulso e ritorna in Inghilterra dove continua la
propria attivita' di scrittore e militante fino alla morte, avvenuta a
Londra nel 1989.
*
Federico Rahola, Zone definitivamente temporanee. I luoghi dell'umanita' in
eccesso, collana "culture", pp. 236, euro 14,50.
Emergency Temporary Locations, Temporary Protected Areas, Zones d'attente,
Centri di permanenza temporanea, sono nomi che denotano una particolare
provvisorieta', ma dietro cui agisce una definitiva forma di confinamento.
Nomi che indicano luoghi di transito, piu' o meno recintati, dove e'
relegata l'umanita' "in eccesso". Nomi che nascondono, in realta', cio' che
essi sono veramente: campi di internamento. Il libro si confronta con questo
specifico dispositivo di potere, probabilmente il piu' estremo, sicuramente
quello che ha impresso un sigillo indelebile al Novecento. Ne delinea una
genealogia, dalle prime forme coloniali agli attuali campi per migranti,
profughi, sfollati, rifugiati. A partire da una ricerca su un campo profughi
nel disastrato Kosovo del dopoguerra, l'autore riflette inoltre sulla
relazione che salda il riemergere dei campi all'affermarsi della figura
"vuota" dei diritti umani quale unica prerogativa attribuita a soggetti che
eccedono ogni forma di appartenenza.
Dalle logiche umanitarie che ispirano i campi profughi, alle politiche
sicuritarie che producono l'internamento dei migranti, l'ipotesi e' che la
"forma" campo determini sempre un'esclusione radicale, per certi versi
irrecuperabile, restituendo l'immagine di un'umanita' "superflua".
Federico Rahola e' assegnista e dottore di ricerca in sociologia dei
processi culturali all'Universita' di Genova. Tra le sue pubblicazioni
recenti: In mezzo alle diaspore ("aut aut", 298, luglio-agosto 2000), Beyond
the mask. Person as an artifice (Londra-Helsinki 2001), Pratiche
etnografiche e sapere antropologico (in A. Dal Lago, R. De Biasi (a cura
di), Un certo sguardo. Introduzione all'etnografia sociale, Laterza,
Roma-Bari 2002).

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 683 del 24 settembre 2003