Un'altra comunicazione e' possibile...



Un'altra comunicazione e' possibile...

Controinformazione: “Informazione che, in opposizione a quella ufficiale,
diffonde notizie da questa taciute o distorte”. La definizione dell’
enciclopedia Zanichelli coglie, meglio di tante – pur dotte – chiacchiere,
il succo di quella che in molti individuano come la questione centrale della
nostra epoca: l’informazione e l’uso che se ne fa. Ecco quindi che a Viterbo
diverse realtà di movimento locali, hanno sentito l’urgenza di affiancare e
sovrapporre al vertice (“ufficiale”) dei ministri europei delle
Telecomunicazioni di giovedi’ 4 settembre una serie di lavori, alternativi e
in contemporanea agli altri, di controinformazione. Una sorta di vero e
proprio controforum, “in opposizione” alle parole, ma soprattutto alle
proposte del summit europeo.

Mentre al “Consiglio informale dei ministri delle Telecomunicazioni” nella
mattinata si dibatteva intorno al tema “Situazione larga banda e prospettive
future”, la domanda cui cercavano di dare risposta le assemblee ed i
workshop che si svolgevano nelle stesse ore al Campus del Riello dell’
Universita’ della Tuscia era: “Quale ruolo devono svolgere i poteri
pubblici, in tema di informazione e comunicazione, se vogliono portare a
compimento la missione democratica che è inscritta nelle carte
 fondamentali?”. Il tutto sotto l’egida di uno striscione che recitava: “Un’
altra comunicazione e’ possibile”, slogan un po’ scontato forse, ma che
calza come un guanto rispetto alla definizione enciclopedica riportata all’
inizio.

Gli interventi dei relatori hanno spaziato su piu’ temi: dal mediattivismo
tout court; alla relazione tra globalizzazione ed informazione vista dal
versante antropologico; ad un’analisi di quanto la comunicazione ufficiale
(non solo di tipo informativo) sia funzionale al modello capitalistico; alla
situazione dei contenuti cinematografici, sempre piu’ sbilanciata a favore
delle major hollywoodiane e sempre piu’ povera di contenuti prodotti in
Europa.

Il primo intervento è stato quello di Fabio Santori, che ha affrontato il
tema del mediattivismo, definendolo come “uno dei nuovi, tanti modi del fare
politica, di partecipazione che l’affermarsi globale della nuova stagione di
movimento ha visto emergere”. E’ il pensiero unico che “ha generato come
risposta, come reazione, come resistenza la ricerca di spazi da liberare, la
proliferazione di centri indipendenti di produzione e di emittenza
comunicativa”. Il tutto grazie ad una miscela sapiente di nuove tecnologie
(mailing-list, siti, chat, forum tematici) e mezzi di comunicazione
“classici” (pubblicazioni cartacee, radio, etc).  Questo e’ cio’ che Santori
chiama “primo livello d’azione dell’attivismo mediatico”, che consiste nella
“produzione di una informazione vera, obiettiva, indipendente rispetto a
quella dei media ufficiali e dominanti”. Lo scopo e’ quello di
“riappropriarsi dei media non soltanto come mezzi di rappresentazione, ma
soprattutto come mezzi di produzione economica, come mezzi di produzione
dell’immagine del mondo, come mezzi di produzione di bisogni e desideri”. Ma
l’aspetto del mediattivismo che il relatore ritiene ancora piu’ pregnante e’
quello del “fare societa’, il tentativo di costruire un tassello dell’altro
mondo possibile, una metafora della societa’ e delle relazioni sociali che
stiamo provando a costruire. Quasi provocatoriamente potremmo dire che il
mediattivismo acquista piu’ valore come produttore di nuove soggettivita’,
come centro di aggregazione che come produttore di informazione libera”.

La relazione tra globalizzazione ed informazione non riguarda solo Internet
e dintorni, ma viene da piu’ lontano. L'antropologa Clara Gallini ha
incentrato la sua relazione sull’analisi di alcune parole-chiave.
Innanzitutto la globalizzazione, vista come “un modo di produzione
capitalistico operante a livello mondiale nella duplice forma di
circolazione di merci e capitali finanziari e di allocazione su diversi
territori di varie fasi della produzione. Ma la parola” sostiene la Gallini
“contiene anche il riferimento agli effetti sociali, culturali, ambientali
di questo immane processo.” Quando si parla di globalizzazione c’e’ poi
naturalmente anche un rimando “ai nuovi strumenti di una comunicazione –
mass media, infromatica – che e’ tendenzialmente monopolistica, ma che si
autocelebra come fonte di liberta’ ed eguaglianza, rappresenta il mondo come
unificato o unificabile all’interno di una rete comunicativa governata o
governabile dai suoi utenti”.

Altra parola chiave e’ il muro. “Separazione e controllo marcano
potentemente la nostra vita, a tutti i livelli. Case private, ville sempre
piu’ difese come fortini ci separano da un mondo avvertito come attentatore
al nostro benessere raggiunto, ma minacciato”. E questo vale per il singolo
individuo, come per le nazioni nel loro insieme. “Ma muri, steccati
simbolici non si sono eretti, in questi ultimi anni, per tutto il mondo,
dando luogo a sanguinosissimi conflitti combattuti in nome di varie e nuove
identificazioni etniche, a nuove “pulizie” di territori depurati questa
volta in nome di presunte purezze storico-culturali? Anche questo e’ un
frutto marcio di quella globalizzazione che ha visto i grandi della terra
schierarsi per una partizione del mondo, in questo modo, a loro avviso,
forse piu’ controllabile”. L’antropologa e’ poi passata ad analizzare la
teoria, nata nell’ambito della sociologia della comunicazione, della
deterritorializzazione, indicando con questo termine abbastanza
impronunciabile “il distacco che ogni navigatore assume dal proprio
territorio e la potenzialita’ di trasferire l’altrove da noi e noi altrove.
Tra rete e territorio ci sarebbe dunque un rapporto di incompatibilita’. La
tesi e’ convincente, ma solo per una parte di una realta’ assai piu’
complessa. I soggetti che si definiscono come appartenenti a una comunita’
diasporica costruiscono attraverso Internet una comunita’ che non e’ ne’
quella di partenza ne’ quella di arrivo, ma le contiene entrambe e le
trasforma in un nuovo prodotto dell’immaginario. Si viene cosi’ determinando
un processo di riterritorializzazione che assegna le nuove patrie al piano
della realta’ virtuale”. Nel concludere il suo intervento, Clara Gallini ha
sottolineato che “ogni uso alternativo delle reti di comunicazione non puo’
non scontrarsi con le difficolta’, le trappole che questo sistema produce
dissimulando sotto l’immagine aperta della rete la possibilita’ che nuovi
muri si costruiscano, al di la’ delle buone intenzioni di tutti”.

L’intervento a mio parere piu’ interessante e’ stato quello di Sergio
Galezzi, presidente dell’Agenzia per l’innovazione nell’Amministrazione e
nei Servizi pubblici locali, che ha riportato il discorso in ambito
economicistico. “L’esportazione del modello capitalistico ha dei limiti
fisici” ed e’ per questo che periodicamente “cambia il paradigma, la
modalita’ capitalistica”. Nella societa’ attuale possiamo osservare il
paradosso per cui “da un verso la socialita’ viene stimolata, mentre dall’
altro viene repressa perche’ confligge con il modello capitalistico”. Lo
schema e’ semplice. “I contenuti vengono riportati a merce e poi rivenduti”.
Un esempio sotto gli occhi (e le orecchie!) di tutti e’ quello del
telefonino. “Il parlare – attivita’ umana essenziale – viene mercificato.
Per comunicare devi usare uno strumento. E paghi. Viene mercificata una
forma di relazione”. Come accennato sopra, “c’e’ bisogno di un aumento di
relazioni e di socialita’, che deve essere pero’ controllato dal comando
capitalistico. Ma cio’ gli crea parecchie contraddizioni”.

A sostegno della sua tesi, Galezzi ha poi riportato un altro esempio, meno
scontato del precedente. “Anche la politica viene espropriata del suo
significato originario e riportata a merce. Il fare politica viene vissuto
nell’immaginario collettivo alla stregua di un mestiere come gli altri”. In
questo modo la politica viene praticamente annullata. Ma anche qui vi e’ una
contraddizione, perche’ il capitalismo non puo’ fare a meno della politica.

La proposta del relatore e’ quella di “inserire un articolo nella
Costituzione europea dove si dica che l’Europa mette a disposizione per se
stessa un ruolo “fisico e logico” per garantire un utilizzo pubblico degli
spazi e delle reti”.

Nel pomeriggio i lavori sono proseguiti per gruppi. Quando ci si e’
ritrovati per l’assemblea plenaria conclusiva, si e’ giunti ad una bozza di
documento del controvertice, la cui divulgazione ufficiale avverra’ nei
prossimi giorni.

Livio Mascellari