La nonviolenza e' in cammino. 657



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 657 del 29 agosto 2003

Sommario di questo numero:
1. Enrico Peyretti: la logica delle armi
2. Associazione per i popoli minacciati: una lettera aperta ai ministri
degli esteri europei per una globalizzazione umana
3. Ivaldo Casula: il convegno nazionale del Centro di educazione alla
mondialita'
4. David Bidussa: lo sguardo indietro dell'angelo di Walter Benjamin
5. L'agenzia "Redattore sociale" presenta dieci libri su temi sociali
6. Jane Austen: allora
7. Letture: Marinella Correggia, Manuale pratico di ecologia quotidiana
8. Letture: Rania Hammad, Palestina nel cuore
9. Letture: Pat Patfoort, Io voglio, tu non vuoi. Manuale di educazione
nonviolenta
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. ENRICO PEYRETTI: LA LOGICA DELLE ARMI
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscalinet.it) per
questo intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di
questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno
di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999. E' diffusa attraverso la rete telematica
(ed abbiamo recentemente ripresentato in questo notiziario) la sua
fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica
delle lotte nonarmate  e nonviolente. Una piu' ampia bibliografia dei
principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 477 del 15 gennaio 2003 di
questo notiziario]
Dopo la piu' ingiustificabile delle guerre, quella "preventiva" degli Usa
all'Iraq, nel marzo-aprile, il presidente statunitense Bush non ha
proclamato ne' celebrato la vittoria, ma, il primo maggio, la "fine dei
combattimenti".
Sembrerebbe una atto di pudore, cioe' un inizio di saggezza. Ma la gestione
della vittoria e dell'occupazione militare rivela tutta l'insipienza della
guerra e l'imprevidenza completa sulla situazione successiva. La gente
dell'Iraq sta peggio da liberata che sotto la dittatura di Saddam, almeno
nei momenti in cui non reprimeva e uccideva gli oppositori. Mancano acqua ed
elettricita' in gran parte del paese. La malavita regna a Baghdad: furti,
omicidi, spari per le strade, rapimenti quotidiani di persone, anche
bambini, tutti fatti che non si verificavano sotto il dittatore. Anche
vivere appena sicuri fa parte della liberta'.
*
Ogni giorno qualche soldato statunitense (sono poveracci andati in una
guerra che credevano facile e breve, per ottenere cittadinanza e diritti:
delitto per diritto!) e' ucciso dalla resistenza. Queste azioni, violente
come ogni guerra, sono chiamate agguati terroristici. La cattura di Saddam,
annunciata alcune settimane fa per le prossime ore, e' rientrata nel
silenzio. Pudore anche questo? Nei giorni tra il 20 e il 22 agosto ho
sentito a Primapagina, la rassegna stampa di Radiotre, che, nel sito della
Casa Bianca, l'espressione di Bush del primo maggio e' stata ora modificata
in "fine dei principali combattimenti". Rimedio di una madornale gaffe
imperiale?
In questi giorni Bush chiede fiumi di miliardi, anche agli alleati, per la
ricostruzione dell'Iraq: non dei diritti politici, ma della vita
sufficiente. Chi ha distrutto l'Iraq? Interessa la vita delle persone o gli
affari?
*
La vittoria militare, cioe' ignorante, si vergogna del suo nome? Infatti,
non e' vittoria, non afferma il positivo sul negativo, la vita sulla morte.
La logica delle armi riproduce il male che crede di combattere. Quell'inizio
di saggezza o di pudore che potrebbe apparire nel linguaggio e' smentito dai
fatti, che non escono dalla stoltezza delle armi.
Un giornale ha scritto che "l'incantesimo della forza si e' dissolto",
nell'inconcludenza cruenta dell'operazione statunitense in Iraq. E' vero
solo per chi sa vedere ora, se non la vedeva gia' prima, questa verita'. Non
e' vero per il contagio di violenza che insanguina citta' e cuori da
Gerusalemme a Bombay, da Gaza all'Indonesia, a luoghi fuori attenzione in
Africa. Epicentro del rilancio Baghdad.
*
Indispensabile per cercare la pace e' vedere la violenza, comunque motivata,
per quello che e'.
E' cio' che deve non essere, perche' l'umanita' cominci ad essere.
E' cio' che mai nulla puo' giustificare.
Chi vuole rappresentare la legge della convivenza tra persone e popoli deve
escludere la violenza per primo, senza condizioni, dal catalogo dei propri
mezzi d'azione, se davvero vuole che ci sia meno violenza nelle societa'.
Piu' grande e' la violenza "legale", piu' diffusa e incitata e' la violenza
"criminale". Questa c'e', nei cuori umani smarriti e nelle societa', ma la
cura non sta nell'opporre male a male, ma forza umana nonviolenta a violenza
disumana.
Il cammino e' tardo e lento, arduo, in ciascuno e nelle societa', ma lo
vediamo, sempre piu' chiaro lo vediamo.

2. APPELLI. ASSOCIAZIONE PER I POPOLI MINACCIATI: UNA LETTERA APERTA AI
MINISTRI DEGLI ESTERI EUROPEI PER UNA GLOBALIZZAZIONE UMANA
[Dall'"Associazione per i popoli minacciati / Gesellschaft fuer bedrohte
Voelker" (per contatti: e-mail: info at gfbv.it, sito: www.fgbv.it) riceviamo e
diffondiamo]
Ai Ministri degli esteri dell'Unione Europea
Per una globalizzazione umana
L'Associazione per i popoli minacciati chiede all'Unione Europea e ai suoi
stati membri la ratifica della Convezione Ilo 169 per la protezione dei
popoli indigeni.
L'Associazione per i popoli minacciati (Apm) appoggia le richieste del
gruppo di lavoro dell'Onu per i popoli indigeni (Wgip) per una
globalizzazione umana, e rifiuta ogni forma di globalizzazione che vuole
escludere o marginalizzare i popoli indigeni. La globalizzazione finora ha
sistematicamente escluso e ignorato i popoli indigeni, tant'e' che la quasi
totalita' degli accordi riguardanti i territori dei popoli indigeni vengono
stipulati tra multinazionali e governi senza che le popolazioni interessate
abbiano la possibilita' di intervenire.
"In quanto popoli indigeni ci sentiamo abbandonati da tutti e senza
qualunque tipo di protezione", ha dichiarato il gruppo di lavoro dell'Onu
durante il suo incontro a Ginevra a fine luglio 2003. "I governi non
dimostrano nessuna volonta' di coinvolgere i popoli indigeni nelle loro
decisioni."
La dichiarazione di Kemberly 2003 fissa inequivocabilmente il diritto dei
popoli indigeni a poter accettare o rifiutare qualsiasi decisione e progetto
che riguardi la loro attivita' o il loro territorio. La realta' dei fatti
pero' si presenta diversamente e i governi prendono decisioni senza
interpellare le popolazioni interessate.
Un esempio indicativo di questo stato di cose e' dato dalla gestione
mondiale dell'acqua. "Riconosciamo l'acqua come portatrice di vita", hanno
dichiarato i 40 rappresentanti indigeni al World Water Forum (3 marzo 2003)
a Kyoto in Giappone. Ciononostante l'acqua e' ovunque sempre piu' inquinata
e il cambiamento climatico comporta gia' conseguenze fatali: uragani,
inondazioni, siccita' e caldo straordinario creano vittime soprattutto tra i
popoli indigeni che vivono in ecosistemi particolarmente sensibili e
delicati.
A Kyoto i rappresentanti dei popoli indigeni hanno anche dichiarato: "La
nostra acqua e' sempre piu' in mano ad un'economia straniera e di stampo
coloniale che commercializza senza pudore ed etica questo bene vitale.
Grazie ai trattati e alle pratiche commerciali ci ritroviamo slegati e
alienati dal nostro sistema ecologico".
I popoli indigeni non sono piu' disposti a sopportare questo stato di cose.
"Abbiamo il diritto all'autodeterminazione e all'autonomia, che include
anche lo sfruttamento, la regolamentazione e la protezione delle fonti
d'acqua. I membri delle Nazioni Unite e dell'Organizzazione Mondiale per il
Commercio (Wto) hanno il dovere legale e morale di rispettare i nostri
fondamentali diritti umani, e devono quindi riconoscere i nostri diritti ed
i nostri interessi sull'acqua".
L'appello e' rivolto in particolar modo alla Banca Mondiale, al Fondo
Monetario Internazionale e a tutte le banche e gli istituti di credito
regionali che dovrebbero d'ora in poi rifiutare di concedere prestiti per
progetti che non contemplano il coinvolgimento dei popoli indigeni
interessati. Essi inoltre chiedono ai singoli stati di proteggere e
rispettare gli accordi internazionali finora presi. I popoli indigeni
esortano anche i propri paesi a rispettare e proteggere l'identita' dei
popoli: senza il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni la
globalizzazione resta solo un'altra parola per colonizzazione.
L'Associazione per i popoli minacciati sostiene la richiesta di ratificare
la convenzione Ilo 169 per la protezione dei popoli indigeni in modo che i
loro diritti siano riconosciuti e resi globali. Il parlamento dell'Unione
Europea si e' espresso a favore della ratifica da parte dell'Unione Europea
dell'Ilo 169 in modo che gli stati membri diventino anch'essi firmatari
della convenzione. L'Italia, la Germania e l'Austria devono finalmente
seguire l'esempio di paesi quali la Danimarca, l'Olanda e la Norvegia,
perche' "300 milioni di indigeni hanno bisogno di diritti riconosciuti e
legalmente ancorati".
La Convenzione Ilo 169 e' attualmente l'unico strumento di diritto
internazionale che fissa i diritti fondamentali degli appartenenti ai circa
5.000 popoli indigeni. Tra i diversi diritti fondamentali, la Ilo 169 fissa
anche i diritti all'identita' culturale, alle strutture comunitarie, al
mantenimento delle tradizioni, alla terra e le sue risorse, al lavoro e a
condizioni lavorative adeguate, all'accesso ai mezzi di comunicazione, alla
partecipazione a tutte le decisioni che riguardano i popoli indigeni, e alla
parita' di trattamento amministrativo e legale. Finora solo 17 stati hanno
firmato la Convezione Ilo 169.

3. INCONTRI. IVALDO CASULA: IL CONVEGNO NAZIONALE DEL CENTRO DI EDUCAZIONE
ALLA MONDIALITA'
[Ringraziamo Ivaldo Casula dell'ufficio stampa del Cem (per contatti:
ivaldocasula at libero.it) per averci inviato questo resoconto del
quarantaduesimo convegno nazionale del Centro di educazione alla mondialita'
(Cem). Per contattare il Cem,  e la redazione della sua bella rivista "Cem
mondialita'": via Piamarta 9, 25121 Brescia, tel. 0303772780, fax:
0303772781, e-mail:cemmondialita at saveriani.bs.it]
"Per un'educazione capace di futuro... sulle rotte dell'arcobaleno". Su
questo tema circa 350 educatori hanno partecipato al quarantaduesimo
convegno nazionale del Cem (Centro di educazione alla mondialita') a
Viterbo, nei giorni 23-28 agosto.
All'apertura gradito e significativo e' stato il saluto del vescovo della
citta', mons. Chiarinelli.
I convegnisti sono stati poi "provocati" con una video-inchiesta curata da
Patrizia Canova, esperta di cinema e linguaggi multimediali, che ha fatto
trasparire con efficacia la crisi del futuro che attraversa oggi il mondo
dei giovani e quello degli adulti.
*
Il tema del convegno e' stato illustrato dal professor Franco Cambi,
ordinario di pedagogia generale dell'Universita' di Firenze e Presidente
dell'Irre Toscana (Istituto regionale di ricerca educativa). La sua
relazione si e' sviluppata sulla traccia "Il futuro dell'educazione e
l'educazione per il futuro", e si e' articolata in quattro punti: la
societa' planetaria e il suo bisogno di educazione; pensare in grande
l'educazione; a partire dal futuro; i compiti piu' urgenti della pedagogia e
le sfide che oggi interpellano la scuola.
Il pedagogista fiorentino ha affermato che nella nostra societa' complessa e
planetaria "solo l'educazione ci puo' salvare" poiche' e' la piu' importante
risorsa di cui l'uomo dispone per formare la coscienza dei cittadini in una
societa' globale e multiculturale.
La globalizzazione non e' solo un fatto economico ma riguarda anche le
culture, gli stili di vita delle persone, l'intero mondo della "noosfera".
Il vero tallone d'Achille dell'educazione attuale e' di essere troppo
esecutiva e poco progettuale, troppo funzionalistica e poco profetica,
troppo adattiva e poco utopico-emancipativa.
Bisogna reagire a questo stato di cose. Non e' accettabile, infatti, che
tanti educatori vengano considerati (e si autopercepiscano) come dei
"funzionari". Non e' questa la vera identita' dell'educatore, il quale, al
contrario, e' sempre portatore di nuove grandi mete umanizzanti, in una
prospettiva di trasformazione sociale e secondo una cultura della
mondialita'.
Oggi l'educazione deve diffondere un pensiero complesso, deve costruire
democrazia e cittadinanza democratica, laicita' e spirito di tolleranza,
assumendo i diritti umani come "meta-regole" e valori condivisi.
La scuola non puo' essere ridotta ad uno spazio di conservazione. Nessuna
societa' puo' fare a meno della scuola, ma e' chiaro che l'educazione deve
"incalzare" il mondo della politica e non lasciarsi pilotare dall'alto e
svuotare dall'interno.
*
Pertanto, in una prospettiva di globalizzazione "spirituale", la stessa
educazione e' chiamata a ripensarsi, come il Cem sta proponendo da tempo,
valorizzando in particolare le proposte di Edgar Morin.
Il grande pensatore, in una video-intervista proiettata nel corso del
convegno, ha affermato, tra le altre cose, che "tutto cio' che non si
rigenera, degenera", sollecitando gli educatori a mettersi sulla strada
della rigenerazione e della ri-educazione di tutti. Cosi' dal convegno del
Cem e' emersa anche una volonta' generale di impegnarsi per un'altra
educazione e per un'altra scuola, poiche' quella delle cosiddette "3 i"
(inglese, informatica, impresa) non appare capace di futuro ma funzionale al
mantenimento dello status quo. Infatti in quelle "3 i" non c'e' il
riferimento al futuro (immaginazione, interculturalita', intelligenze
multiple...) ma adattamento passivo all'impero del presente.
*
Iniziato sabato 23 agosto, il convegno "Educazione capace di futuro" del
Centro di educazione alla mondialita' e' proseguito fino a giovedi' 28
agosto con 14  "laboratori di ricerca" nei quali i partecipanti - guidati da
esperti - hanno ripreso il tema del convegno e cercato di elaborare percorsi
alternativi nel campo della musica e della narrazione, del disegno e
dell'immagine, della poetica e della "mappatura del territorio", della
drammaturgia e della "ricostruzione della memoria", dell'esperienza del
sacro e della comprensione dell'identita' culturale, della corporeita' e del
gioco.
Ricche sono state le serate, su Palestina, Neve' Shalom/Waahat al Salaam,
Sud Africa, e sempre con molta musica e messaggi a cura dei numerosi
giovani.
*
Ha concluso il convegno padre Alex Zanotelli con un ispirato messaggio per
il futuro. Tra l'altro ha detto: "La prima educazione fondamentale capace di
futuro e' proprio quella  dell'accoglienza dell'altro, il quale e' ricco per
me perche' e' differente da me... Non c'e' umanita' se non al plurale... Ma,
purtroppo, siamo tutti prigionieri del 'bozzolo'. Facciamo parte del
'sistema', di comportamenti sociali che ci tengono schiavi. Viviamo in un
sistema che e' assurdo. La sfida enorme che pongo nelle vostre mani e' di
aprire gli occhi e di leggere la realta'. Se si resta dentro il 'bozzolo' si
muore".
*
L'educazione che il Cem intende promuovere - ha detto il direttore padre
Arnaldo De Vidi - e' quella che cammina sulle rotte dell'arcobaleno, una
sola luce in sette colori, ossia verso un mondo di pace e di giustizia a
partire dal cuore e dalla mente di ogni persona.

4. RIFLESSIONE. DAVID BIDUSSA: LO SGUARDO INDIETRO DELL'ANGELO DI WALTER
BENJAMIN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 agosto 2003.
David Bidussa, studioso e saggista di grande finezza e rigore, direttore
della biblioteca della Fondazione Feltrinelli di Milano. Opere di David
Bidussa: Ebrei moderni, Bollati Boringhieri, Torino 1989; Oltre il ghetto,
Morcelliana, Brescia 1992; Il sionismo politico, Unicopli, Milano 1993; Il
mito del bravo italiano, Il Saggiatore, Milano 1994; La France de Vichy,
Feltrinelli, Milano 1996; Identita' e storia degli ebrei, Franco Angeli,
Milano 2000.
Walter Benjamin, nato a Berlino nel 1892, saggista di sconvolgente
profondita', all'avvento del nazismo abbandona la Germania, si uccide nel
1940 al confine tra Francia e Spagna per sfuggire ai nazisti. Opere di
Walter Benjamin: in italiano fondamentale e' la raccolta di saggi e
frammenti Angelus novus, Einaudi, Torino; e quella che prende il titolo da
L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilita' tecnica, Einaudi,
Torino. Sempre presso Einaudi (che ha in corso la pubblicazione delle Opere,
a cura di Giorgio Agamben) cfr. anche: Avanguardia e rivoluzione, Critiche e
recensioni, Diario moscovita, Il concetto di critica nel romanticismo
tedesco (Scritti 1919-1922), Il dramma barocco tedesco, Immagini di citta',
Infanzia berlinese, Metafisica della gioventu' (Scritti 1910-1918), Ombre
corte (Scritti 1928-1929), Parigi capitale del XIX secolo, Strada a senso
unico, Sull'hascisch, Teologia e utopia (Carteggio 1933-1940 con Gershom
Scholem), Tre drammi radiofonici, e le Lettere (1913-1940). Presso Adelphi
cfr. la sua antologia di lettere commentate di autori del passato, Uomini
tedeschi. Opere su Walter Benjamin: per la bibliografia: M. Brodersen,
Walter Benjamin. Bibliografia critica generale (1913-1983), Aesthetica,
Palermo 1984; R. Cavagna, Benjamin in Italia. Bibliografia italiana,
1956-1980, Sansoni, Firenze 1982. Saggi: cfr. almeno AA. VV. (a cura di
Franco Rella), Materiali su Walter Benjamin, Venezia 1982; AA. VV., Paesaggi
benjaminiani, fascicolo monografico della rivista "aut aut", nn. 189-190,
1982; AA. VV., Walter Benjamin. Tempo storia linguaggio, Editori Riuniti,
Roma 1983;  Hannah Arendt, Il pescatore di perle, Mondadori, Milano 1993
(saggio incluso anche in Hannah  Arendt, Il futuro alle spalle, Il Mulino,
Bologna); Fabrizio Desideri, Walter Benjamin. Il tempo e le forme, Editori
Riuniti, Roma 1980; Hans Mayer, Walter Benjamin, Garzanti, Milano 1993;
Gershom Scholem, Walter Benjamin e il suo angelo, Adelphi, Milano 1978;
Gershom Scholem, Walter Benjamin. Storia di un'amicizia, Adelphi, Milano
1992. Cfr. anche Paolo Pullega, Commento alle "Tesi di filosofia della
storia" di Walter Benjamin, Cappelli, Bologna 1980. Le Tesi di filosofia
della storia di Benjamin sono state pubblicate anche su questo notiziario
nel n. 344 del 16 gennaio 2002 nella classica traduzione di Renato Solmi]
La IX delle Tesi di filosofia della storia di Walter Benjamin (quella in cui
egli accenna alla figura dell'angelo della storia e al suo guardare
"indietro") e' forse il luogo letterario e metaforico piu' visitato dalla
critica e anche il testo che simbolicamente ha segnato la "scoperta" di
Benjamin negli ultimi trent'anni.
Pubblicate per la prima volta nel 1942, solo a meta' degli anni '70 le Tesi
iniziano ad essere valutate come un testo normativo e non piu' solo "oscuro"
o "intrigante". Sono Giulio Schiavoni, Fabrizio Desideri, Franco Rella e
Enzo Rutigliano (rispettivamente: Walter Benjamin. Sopravvivere alla
cultura, Sellerio; Walter Benjamin. Il tempo e le forme, Editori riuniti; Il
silenzio e le parole, Feltrinelli; Lo sguardo dell'angelo, Dedalo) ad aprire
una nuova stagione della critica e a fare delle Tesi un testo esemplare del
legame inquieto tra individuo e storia. Un tema su cui, da allora, molti
sono tornati proprio riflettendo sulla figura dell'angelo, da Massimo
Cacciari (L'angelo necessario, Adelphi) a Stephane Moses (La storia e il suo
angelo, Anabasi) a Michel Loewy (Redenzione e utopia, Bollati Boringhieri).
A monte di quel cambio di registro si colloca la crisi dello storicismo, la
fine dell'idea che la storia sia uno "sgomitolamento lineare", la percezione
nella sinistra che il materialismo storico non sia solo una filosofia della
certezza proiettata verso l'avvenire.
Tuttavia anche cosi' la pregnanza delle sollecitazioni proposte nelle Tesi
resta vaga, sospesa tra una metafora accattivante, in cui la crisi celebra
se stessa come nuova metafisica della storia, e il rischio di una
riscrittura complessiva di una filosofia della storia che per quanto critica
alla fine fonda solo la retorica della sua enunciazione, ma si priva di una
qualsiasi ipotesi di lettura critica.
Al centro di quelle pagine non risiede solo la critica allo storicismo, ma
anche l'analisi critica del ruolo dello storico e la confutazione di quel
suo presunto oggettivismo indotto dall'uso acritico delle fonti e dei
documenti con cui troppo spesso surrettiziamente si ritiene di riscrivere
oggettivamente la storia, ovvero di scrivere la storia "com'e' andata
davvero".
Perche' l'angelo della storia guarda indietro?
*
Proviamo allora a riprendere in mano il testo della tesi IX e a sondarlo da
un differente angolo prospettico (riprendo il testo da Walter Benjamin, Sul
concetto di storia, a cura di Gianfranco Bonola e Michele Ranchetti, Einaudi
1997, che costituisce l'edizione critica piu' articolata e documentata del
testo delle Tesi e da cui riprendero' piu' avanti anche le citazioni dai
materiali preparatori per la loro stesura).
"C'e' un quadro di Klee - scrive Benjamin - che si chiama Angelus novus. Vi
e' rappresentato un angelo che sembra in procinto di allontanarsi da
qualcosa su cui ha fisso lo sguardo. I suoi occhi sono spalancati, la bocca
e' aperta, e le ali sono dispiegate. L'angelo della storia deve avere questo
aspetto. Ha il viso rivolto al passato. La' dove davanti a noi appare una
catena di avvenimenti, egli vede un'unica catastrofe, che ammassa
incessantemente macerie su macerie e le scaraventa ai suoi piedi. Egli
vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e riconnettere i frantumi. Ma dal
paradiso soffia una bufera che si e' impigliata nelle sue ali, ed e' cosi'
forte che l'angelo non puo' piu' chiuderle. Questa bufera lo spinge
inarrestabilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre cresce
verso il cielo il cumulo delle macerie davanti a lui. Cio' che chiamiamo
progresso, e' questa bufera".
*
Prevalentemente l'attenzione e' stata rivolta al quadro di Klee, ai temi di
carattere messianico o mistico o cabalistico, al rapporto tra visione
messianica della redenzione e dimensione utopica della storia, alla visione
antistoricistica della storia. Al centro si colloca l'immagine complessiva
dell'angelo, l'accumulo delle macerie ai suoi piedi, la bufera, la visione
della catastrofe. Tutti aspetti che in qualche modo hanno fatto convergere
la riflessione di Benjamin con quella di Scholem, una riflessione che ha un
tema comune e punti di divergenza.
Il tema e' la conciliazione tra attesa ed evento, tra investimento sul farsi
della storia e delusione del suo accadere. Diversamente: tra risorse
interiori e fattualita' storica.
Una lettura della e sulla storia che entrambi riversano sulla storia e sul
vissuto ebraico e che allude (al di la' dell'esperienza ebraica nella
storia) a una possibile interpretazione rinnovata del vissuto mistico e del
vissuto utopico.
Per Scholem il problema e' la possibilita' che la trasgressione renda
possibile in una condizione di catastrofe la redenzione e dunque
l'inaugurazione di una qualche ipotesi messianica.
Per Scholem guardare indietro significa cogliere il nesso tra catastrofe e
redenzione e dunque permettere l'individuazione del principio di catastrofe
come luogo generativo di una nuova identita' (e' questo in breve il nucleo
fondativo di tutta la sua ricerca sul nichilismo religioso che egli disegna
nel primo saggio dedicato a questo tema che costituisce il primo nucleo del
Sabbatay Sevi, Einaudi, l'opera di una vita).
Per Benjamin, l'ipotesi della redenzione non produce automatismi o
possibilita' che si originano dalla catastrofe ma nasce nella possibilita'
di guardare al presente attraverso le risorse sconfitte o bloccate da un
passato che si propone come strumento di replica. Il futuro non e' dato, non
e' lineare ne' e' sviluppo progressivo.
Lo sguardo indietro dell'angelo, cosi', richiama non solo il principio della
catastrofe come macchina generativa, ma e' proprio la dimensione della
catastrofe ad avere altro valore e altro significato nell'ambito della sua
riflessione.
L'angelo della storia, si potrebbe dire, e' obbligatoriamente rivolto al
passato, proprio perche' per fondare futuro e' necessario impossessarsi del
passato. E' un dato meccanico ed entro certi aspetti anche scontato.
*
E tuttavia in questo volgersi indietro non risiede una domanda di sapere. Si
guarda al passato - e dunque indietro - per impossessarsi del passato. E
occorre possedere il passato per usarlo. "Lo storico e' un profeta rivolto
all'indietro", aveva scritto Benjamin nel 1917 (Walter Benjamin, Metafisica
della gioventu', Einaudi).
E riprendendo le stesse parole nelle note preparatorie alle Tesi, prosegue:
"Egli volta le spalle al proprio tempo; il suo sguardo di veggente si
accende davanti alle vette degli eventi precedenti che svaniscono nel
crepuscolo del passato. E' a questo sguardo di veggente che il proprio tempo
e' piu' chiaramente presente di quanto non lo sia ai contemporanei che
'tengono il passo' con lui".
Una notazione che per certi aspetti allude a quanto Lucien Febvre aveva
detto nel corso della sua lezione inaugurale al College de France ("L'uomo
non si ricorda del passato: lo ricostruisce. (...) Ma muove dal presente, e
solo attraverso il presente, sempre, conosce, interpreta il passato" (Lucien
Febvre, Problemi di metodo storico, Einaudi).
*
Ma questo primo livello apre verso una diversa lettura.
Rievocando una sua radicata convinzione Benjamin scrive, a meta' degli anni
'30, nelle sue note su Parigi: "L'elemento distruttivo o critico della
storiografia si esplica nello scardinare la continuita' storica. La
storiografia autentica non sceglie il suo oggetto a man leggera. Non lo
afferra, lo estrae a forza dal decorso storico. Questo elemento distruttivo
nella storiografia va concepito come reazione a una costellazione di
pericoli che minacciano tanto il contenuto della tradizione quanto il suo
destinatario. Contro questa costellazione di pericoli muove la storiografia:
sta ad essa dar prova della sua presenza di spirito. In questa costellazione
di pericoli l'immagine dialettica guizza fulmineamente. Tale immagine e'
identica all'oggetto storico; essa giustifica lo scardinamento del
continuum" (Walter Benjamin, Parigi capitale del XIX secolo, Einaudi).
Lo sguardo indietro dell'angelo non si presenta solo come "nostalgia" o come
ispirazione per un possibile futuro diverso - per un futuro anteriore -, ma
come segno di un diverso modo di concepire la storia. Al centro del rapporto
con la storia non sta un dato gnoseologico (ovvero "conoscere la storia"),
ma connettere al presente le possibilita' interrotte nel passato e
riammetterle come strumenti per un futuro possibile. In questa seconda
ipotesi conoscere la storia e' "impossessarsi del passato", ovvero saperlo
tradurre in atto politico. In questo senso riscattarlo.
Nel linguaggio di Benjamin l'espressione "impossessarsi del passato",
implica una doppia operazione. La prima e' quella che essenzialmente e'
rivolta alla riscoperta di una dimensione dimenticata, nascosta o comunque
sopita del passato. La storia in questo senso e' anche una contro-storia.
Ma "impossessarsi del passato" implica saper cogliere cio' che in questo
presente si rende immediato, necessario e anche scardinante del possibile
recupero di quel passato. Non cio' che del passato e' utilizzabile nel
presente come antidoto, ma cio' che nel passato si propone come oppositivo a
questo presente.
*
Negli appunti per la stesura delle Tesi scrive Benjamin: "Non e' che il
passato getti la sua luce sul presente o che il presente getti la sua luce
sul passato: l'immagine e' piuttosto cio' in cui il passato viene a
convergere con il presente in una costellazione. L'immagine del passato che
balena nell'adesso della sua conoscibilita' - ovvero di un passato che non
e' morto - e', secondo le sue determinazioni ulteriori, un'immagine del
ricordo. Assomiglia alle immagini del proprio passato che si presentano alla
mente degli uomini nell'attimo del pericolo. Queste immagini, come si sa,
vengono involontariamente. La storia, in senso rigoroso, e' dunque
un'immagine che viene dalla rammemorazione involontaria, un'immagine che
s'impone improvvisamente al soggetto della storia nell'attimo del pericolo".
Tuttavia nel processo di rammemorazione non sta tanto una dimensione
salvifica del ricordo, quanto una possibile contromossa. La rammemorazione -
e dunque la riemersione da una precedente condizione di oblio - non implica
la riattivazione di un ricordo e dunque non richiama la funzione della
memoria. Si fonda su un processo attivo, non rievocativo.La rammemorazione
si accredita percio' come la fonte da cui proviene la storia.
Guardare indietro implica, cosi', ritrovare quelle circostanze che
permettono di recuperare cio' che si e' interrotto nella storia, e dunque di
rimetterlo tra le cose che consentono un diverso sviluppo del presente e
dunque una chance di diverso futuro.
"Marx - scrive Benjamin negli appunti per la stesura delle Tesi - dice che
le rivoluzioni sono la locomotiva della storia universale. Ma forse le cose
stanno in modo del tutto diverso. Forse le rivoluzioni sono il ricorso al
freno d'emergenza da parte del genere umano in viaggio su questo treno". La
rivoluzione, cosi', e' contemporaneamente la rottura del continuum storico e
la sua possibile inversione. In altre parole le rivoluzioni sono
l'interruzione del processo lineare della storia, o meglio il non-momento
della storia.
Ma questo significato non e' proprio solo della rivoluzione, ovvero del
processo di rovesciamento di potere, evento straordinario che interviene
sulla linearita' temporale inaugurando un "nuovo tempo". Piu' generalmente
esso allude a qualsiasi gesto - o a un insieme di atti - che renda
impossibile la ripetizione e la prosecuzione nel tempo indefinito di un
sistema dato di potere e di oppressione.
*
Aspetto che impone un diverso approccio - o almeno un approccio maggiormente
articolato - intorno alla riflessione sui "giusti" (certamente piu'
problematico di quanto non sia stato proposto da Todorov nel corso degli
anni '90; per tutti si veda Tentazione del bene, tentazioni del male,
Garzanti).
Si potrebbe osservare piu' generalmente come tutta la riflessione
concernente i "giusti", ovvero la possibilita' che in condizione di
oppressione totalitaria si dia replica e risposta diversa da quella statuita
e prevista dal sistema, sia collocabile all'interno di questa riflessione.
Un gesto che e' reso possibile dal fatto di evocare e proporre un diverso
modo di spiegare e fondare il presente.
In questo senso il concetto di "giusto" o di "banalita' del bene" se colto
come "sguardo indietro" dell'angelo della storia ha un valore non riducibile
a quello etico o caritativo con cui di solito si e' pronti ad accogliere
quell'atto. In altre parole, quell'atto e' tale in relazione all'effetto di
"blocco del processo lineare", di pietra d'inciampo dentro il carattere
lineare del farsi della storia che si accredita come l'alleato "naturale"
degli oppressori.
*
Ma all'interno di questa vicenda non risiede solo la contingenza dell'atto o
la sua imperscrutabilita'. "L'omaggio di una cipollina", ovvero privarsi di
un qualcosa di completamente superfluo, non e' sufficiente perche' possa
prodursi un gesto altruistico, comunque rovesciato rispetto alla norma
vigente. Lo sguardo indietro dell'angelo dunque suggerisce ancora una cosa
diversa. Dice che solo dal ricordo dell'oppressione e delle umiliazioni
vissute e provate nel passato, si puo' produrre una forza capace di
invertire o rovesciare la logica imperativa del presente. In altre parole,
l'angelo della storia guarda indietro - e si rivolge al passato - perche' il
passato non e' passato, perche' tutti gli orrori del passato che possiamo
anche ritenere lontani e superati, comunque collocati dietro di noi, hanno
sempre la possibilita' di ripresentarsi.
Lo sguardo indietro dell'angelo costituisce, allora, un possibile principio
per una diversa dimensione della convinzione e della retorica politica.
Nella lotta politica, la forza, la capacita' persuasiva, sono state
riconosciute nel mito politico, nella capacita' di proiezione sul futuro e
nella prefigurazione di scenari armonici di radiosi domani. Forse la pratica
di quello sguardo indietro - per quanto spesso intesa come rifondazione del
mito politico utopico - andra' colta come capacita' operativa e riflessiva
della memoria, ovvero come la possibilita' che si mediti sul passato per
evitare una sua ripetizione.
*
In questo conto con la storia, in questo "corpo a corpo" col passato,
tuttavia, viene a decadere una funzione che tradizionalmente le grandi
collettivita' nazionali e i gruppi comunitari hanno affidato alla storia
come fissazione di un calendario civile e come narrazione della propria
origine.
La funzione assegnata alla storia a partire dalla costruzione dei grandi
sistemi nazionali e' stata quella di fondare il criterio di identita'.
Ovvero ad essa e' stato affidato il compito di definire l'essenza di se'. In
breve la costruzione del kit di simboli e gesti per rispondere alla domanda:
"Chi sono?".
Riconsiderare il passato non in relazione a cio' che si e' o in relazione a
una metafisica dell'identita' ma in funzione a cio' che si e' fatto, implica
scegliere la storia come luogo in cui non si aderisce a una formula, ma si
rimedita su cio' che e' accaduto e si agisce per un esito diverso non
garantito da alcuna metafisica, ne' automatico.
Non c'e' alcun futuro salvifico nella riflessione sulla storia e sul
passato, ma solo la possibilita' di inventare e trovare nuove vie per non
uscire nuovamente sconfitti. Lo sguardo al passato senza nostalgia alla fine
allude a questa possibilita'.

5. LIBRI. L'AGENZIA "REDATTORE SOCIALE" PRESENTA DIECI LIBRI SU TEMI SOCIALI
[Dagli amici di "Redattore sociale" (e-mail: info at redattoresociale.it,sito:
www.redattoresociale.it), la bella ed  utile agenzia quotidiana
d'informazione, riceviamo e diffondiamo il n. 9 del 27 agosto 2003 di "Dieci
libri sociali", supplemento di indicazioni bibliografiche alla loro
newsletter giornaliera]
1. Paramici Husovic, Volti, famiglie e racconti di una Parma sconosciuta, a
cura dell'Associazione Kwa Dunia, 2002, pp. 93, Edizioni Forum
Solidarieta' - Associazione Kwa Dunia.
"E' necessario conoscere meglio queste persone cosi' vicine alla nostra
citta' ma cosi' lontane al nostro modo di vivere...". A Parma e' nato un
progetto "Parma con i Rom" che ha visto coinvolte le associazioni di
volontariato che hanno a cuore le tematiche relative a questa popolazione.
Il tema centrale di tale progetto e' quello di far avvicinare i cittadini di
Parma alla realta' dei Rom residenti nei comuni e studiare percorsi di
inserimento lavorativo, nel contesto produttivo della citta'.
Un percorso di avvicinamento e sensibilizzazione che ha visto anche la
realizzazione, nell'ambito dello stesso progetto, di un video "Fiori di
campo: un anno tra i campi Rom di Parma" della durata di 50 minuti. Un
viaggio con la telecamera in spalla verso un popolo senza voce, antico e
moderno allo stesso tempo, dalla ricchezza culturale sconosciuta. Per far
conoscere la cultura Rom e svelare - come sottolinea Monica Di Mauro,
coordinatrice del progetto - parte dei molti stereotipi e pregiudizi che si
sono sviluppati nei loro confronti.
*
2. Prostituzione e tratta. Manuale di intervento sociale, a cura
dell'Associazione On The Road, 2002, euro 25, pp. 503, Franco Angeli.
Un manuale di programmazione e intervento sociale, che grazie alla pratica
quotidiana riesce ad offrire ipotesi teoriche e attraverso denominatori
comuni tenta di catalogare gli eventi della prostituzione e della tratta. Un
testo che da una parte  propone criteri, metodologie, strumenti e
professionalita', e dall'altra racconta un'esperienza che rivela donne e
uomini capaci di mettersi in gioco, di creare nuovi servizi e strutture. Il
manuale propone una sistematizzazione strutturale di ragionamenti,
riflessioni e strumentazioni nell'ambito del mondo della prostituzione, che
spesso viene ancora approcciato per slogan, ideologie e luoghi comuni.
Curato da On The Road, una delle prime associazioni che in Italia si sono
misurate nella attivazione di interventi sociali nell'ambito della
prostituzione e della tratta, vede il contributo dei maggiori esperti
italiani nel settore che, attraverso una regia armonica, offrono analisi di
scenario del fenomeno, riferimenti legislativi, metodologie applicative (sul
lavoro di strada, sull'accoglienza, sull'inserimento socio-lavorativo, sul
lavoro di comunita'), modelli di intervento, profili professionali. Il
pianeta della prostituzione, nella molteplicita' di dimensioni che lo
connotano tra condizione volontaria e forzata delle persone che la vivono,
nella complessificazione che e' stata determinata dal fenomeno della tratta,
rappresenta da alcuni anni oggetto di attenzione, curiosita' ed interesse,
sia nella pubblica opinione, che nel mondo della comunicazione di massa, ma
anche campo di intervento di varie istituzioni ed enti del pubblico e del
privato sociale.
*
3. I cambiamenti climatici, di Dinyar Godrej, 2003, euro 10,50, pp. 160,
Carocci.
Le conseguenze del cambiamento climatico colpiranno quasi tutti su questo
pianeta. La maggior minaccia per l'ambiente mondiale - buco dell'ozono,
uragani, inondazioni, frane, terremoti - negli ultimi anni ha avuto un
aumento vertiginoso di manifestazioni climatiche "estreme" che non ha
mancato di generare in molti di noi qualche preoccupazione. E' necessaria
una cooperazione fra gli individui a livello mondiale, la soluzione al
problema deve interessare e coinvolgere tutti. Occorre cambiare il nostro
modo di produrre energia. Bisogna indirizzarsi verso un'economia basata su
un'energia sostenibile. All'interno capitoli di approfondimento sul ruolo
dell'ozono, sull'impatto sulla salute umana, l'agricoltura, la produzione
alimentare, le foreste e la natura. Inoltre una panoramica iniziale sul
cambiamento climatico e in chiusura le politiche del cambiamento climatico e
le soluzioni durature per una crisi mondiale. La prefazione al testo e'
curata da Athena Ronquillo-Ballestreros, attivista nelle campagne per
l'energia regionale, coordinatrice Greenpeace per l'Asia sudorientale.
Evitando i tecnicismi del lessico scientifico, Dinyar Godrej affronta il
tema del cambiamento climatico e del suo impatto sugli esseri umani, sugli
animali e sugli ecosistemi, per un verso invitandoci a una maggiore
consapevolezza dell'ambiente che ci circonda anche nella nostra vita
quotidiana e per l'altro proponendo alcune soluzioni politiche a livello
globale.
*
4. Psicologia dei legami familiari, di Eugenia Scabini, Raffaella Iafrate,
2003, euro 16,50, pp. 251, Il Mulino.
Il volume prende avvio a partire dalle due domande fondamentali che hanno
segnato il percorso storico-teorico della riflessione delle scienze
psicosociali sulla famiglia: la domanda sull'identita' (cos'e' la famiglia e
come definirla) e la domanda sul mutamento familiare (come si evolve la
famiglia). Nella prima parte del volume, teorico-fondativa, le autrici hanno
cercato di individuare come a livello storico-teorico si sia tentato di
rispondere a tali domande; in particolare nel secondo capitolo viene
presentata la proposta del paradigma interpretativo sull'identita' e sul
cambiamento familiare, ossia il paradigma "relazionale-simbolico", frutto di
un lungo lavoro di elaborazione interdisciplinare attuato all'interno del
Centro studi e ricerche sulla famiglia dell'Universita' Cattolica di Milano.
Nella seconda parte del volume, dopo una panoramica sulle recenti
trasformazioni sociali della famiglia, sono affrontate le diverse
transizioni critiche che caratterizzano il percorso familiare, gli obiettivi
e i compiti di sviluppo intergenerazionali associati alle transizioni del
legame coniugale e di quello genitoriale, al distacco dei figli e alla lunga
transizione alla vita adulta, fino all'ultima transizione e ai suoi
"precursori". L'intento del volume e' di proporre una chiave di lettura
innovativa della psicologia dei legami familiari, all'interno della quale le
dimensioni teoriche, metodologiche e di intervento siano strettamente
connesse tra loro e coerenti con uno specifico paradigma di riferimento.
*
5. Diversi da chi? Gay; lesbiche, transessuali in un'area metropolitana, di
Chiara Bertone, Alessandro Casiccia, Chiara Saraceno, Paola Torrioni, a cura
di Chiara Saraceno, 2003, euro 21,50, pp. 268, Guerini e associati.
I dati di un'ampia ricerca, svolta a Torino, che per la prima volta ha
intervistato un campione simile di uomini e donne che si definiscono
omosessuali, rivela quanto sia difficile ancora parlare di una "identita'
omosessuale" omogenea. Gay e lesbiche di oggi, soprattutto quelli inseriti
in contesti metropolitani, si trovano a vivere le loro preferenze sessuali
in un'epoca in cui i modelli e le appartenenze di genere - maschile e
femminile - sono in evoluzione e gli stessi confini tra i due generi sono
oggetto di contestazione. Comune e' pero' l'esperienza di una societa' che
continua ad associare all'omosessualita' uno stigma negativo, nonostante
segnali importanti di modifica negli atteggiamenti della popolazione. Ancora
piu' gravi i problemi di stigmatizzazione e discriminazione subite dalle
persone transessuali in un mondo in cui, se vi e' una pluralizzazione dei
modelli di genere, si puo' comunque soltanto essere uomini o donne, e
l'ambiguita' o la transizione non sono previsti.
*
6. Colombia, il paese dell'eccesso. Droga e privatizzazione della guerra
civile, di Guido Piccoli, 2003, euro 12, pp. 203, Feltrinelli.
Il libro ripercorre il fenomeno della privatizzazione dell'uso della forza e
il parallelo degrado dello stato. Racconta le imprese dei guerrieri
"privati", dai pajaros come il Condor o il Vampiro, al Negro Vladimir e King
Kong, fino all'italiano Mancuso e i capi dei capi, Fidel e Carlos Castano. E
racconta quelle degli istruttori stranieri, dal colonnello Oliver North e
l'israeliano Yair Klein fino agli anonimi mercenari delle Military Private
Companies. E infine racconta dei loro impresari, i politici e gli strateghi
che hanno progettato e approvato il sistema senza sporcarsi le mani, come i
presidenti da Kennedy a Uribe, i ministri e gli oligarchi colombiani. E poi,
di coloro che spesso se le sporcano: generali, colonnelli, capitani e
tenenti. Questo libro parla anche di droga e di guerriglia. Qualcuno
obiettera' che ne parla poco. Da molti anni si sostiene che la barbarie
colombiana dipenda dalla droga e si spaccia l'idea che finirebbe, se venisse
eliminata la guerriglia. Eppure queste affermazioni ripetute non cento, ma
un milione di volte, sono e rimangono soltanto bugie.
*
7. Un figlio all'altro capo del mondo. L'adozione a distanza in Italia, di
Giuseppe Caffulli, 2000, euro 10,33, pp. 187, Edizioni Monti.
Un lungo viaggio nel mondo delle adozioni a distanza; le speranze, le
emozioni, la gioia, talvolta il dolore, di "vedere" un bambino crescere
dall'altro capo del mondo. Aiutare a crescere i bambini nei paesi piu'
poveri, senza voler offrire il benessere della nostra vita da "occidentali",
senza pretendere di strapparli dalla loro comunita', ma desiderando di
renderli capaci di affrontare e risolvere i problemi nel loro Paese.
Giuseppe Caffulli ha deciso di occuparsi del fenomeno delle adozioni a
distanza da quando ha conosciuto Basil, un bambino indiano di cui si sta
prendendo cura, per capire, al di la' dell'emotivita' del momento, i
contorni di questo "canale di solidarieta'" tanto diffuso in Italia. Ma
Caffulli desidera lanciare un messaggio di enorme portata e valore: non e'
certo una quota di denaro che fa diventare genitori o sostenitori a
distanza; c'e' qualcosa di piu', un coinvolgimento emotivo che si manifesta
in diversi modi. Questa forma di aiuto diventa cosi' uno "straordinario
strumento per promuovere l'educazione alla mondialita', la presa di
coscienza dei problemi del Terzo Mondo, un cambiamento di mentalita', una
revisione dei propri stili di vita, una riscoperta contro ogni tipo di
spreco". Fare adozione a distanza significa dunque aprirsi agli altri
attraverso un profondo e consapevole gesto di solidarieta'.
*
8. Vite d'azzardo. Storie vere di giocatori estremi, di Silvana Mazzocchi,
2002, euro 15, pp. 208, Sperling & Kupfer.
Storie di vita quotidiana, di vita vissuta nell'azzardo, alla ricerca di
forti emozioni che possano, per brevi istanti, nascondere la grigia e noiosa
realta' che attanaglia l'anima. Ossessioni necessarie per godersi il brivido
velocissimo di vivere al massimo, per sentire "la vertigine di innalzarsi
fino a un mondo dove e' possibile trascurare la realta' e dimenticare se
stessi". In Italia il gioco d'azzardo e' ormai un fenomeno di vaste
proporzioni eppure ancora poco raccontato. In una societa' di rapide
trasformazioni, di diffuso benessere, di crescente bisogno di trasgressione
e liberta', l'azzardo diventa un diversivo molto accattivante e addirittura
un "bene di consumo promosso e pubblicizzato come occasione di incontro e di
scambio", con regole semplici e promesse di vincite facili e sempre piu'
elevate. Ma non e' proprio cosi'. E Silvana Mazzocchi ci fa capire, tra le
righe, che andrebbe ridefinita una cultura della prevenzione, che dovrebbero
essere prese misure urgenti per arginare e contenere il fenomeno - ridurre
l'offerta di gioco, limitare la pubblicita', informare il pubblico sui
pericoli della dipendenza. Ma allo stesso tempo l'autrice desidera riportare
le testimonianze di vita raccolte a Campoformido, in un centro di terapia
per giocatori e loro familiari: storie vive, realmente vissute, complesse,
in cui il cammino della terapia di gruppo diviene un'occasione unica e
irripetibile di cambiamento. Leggendo queste pagine si va ben oltre il punto
di partenza, e si arriva a capire che il gioco e' solo uno dei tanti
possibili modi per fuggire dalla noia di tutti i giorni, per ricercare
sensazioni estreme, per sfidare persino la morte... si arriva a capire che
in gioco bisogna mettere sempre e in ogni caso se stessi.
*
9. Matti, indemoniate e vagabondi. Dinamiche di internamento manicomiale tra
Otto e Novecento, di Vinzia Fiorino, 2002, euro 22,40, pp. 254, Marsilio.
Il presente lavoro analizza il modo in cui si e' realizzato il moderno
progetto di gestione della malattia mentale e indaga su come il paradigma
psichiatrico ottocentesco abbia interagito con le dinamiche di emarginazione
e di espulsione di taluni soggetti dal tessuto sociale. Il tema centrale di
questo lavoro e' quindi la medicalizzazione, quel processo cioe' che ha
segnato, tra continuita' e cesure, il passaggio da una concezione secondo
cui la follia era uno stato di alterazione dell'anima, una disamornia
morale, o una realta' oscura, a una vera e propria malattia che rientrava
essenzialmente nella sfera di competenza medica. La ricerca, basata in
prevalenza sulla documentazione conservata presso l'archivio storico del
manicomio di Santa Maria della Pieta', tenta, quindi, di capire quali
condizioni sociali e culturali resero possibile la costruzione di villaggi
entro cui trattenere i malati di mente, quale tipo di relazione univa i
manicomi al territorio circostante e in che modo la definizione di un sapere
medico e la messa a punto di precise classificazioni psichiatriche hanno
inciso sulle dinamiche di esclusione e di emarginazione sociale.
*
10. Adolescenza e poesia. Esplorazione dell'universo giovanile attraverso
una raccolta di poesie scritte da adolescenti, di Luisa Gorlani, 2003, euro
12, pp. 239, Magi.
Poesia dei desideri, del mondo ideale, delle ipotesi, dello specchio, dei
miti, dei passaggi, della trasgressione, del proibito, delle paure, dei
segreti, delle cose amate e odiate, Poesie cattedrali... Poesie per dar voce
ad una delle eta' dell'uomo tra le piu' complesse, inquietanti e
determinanti per l'individuazione personale, ossia quella adolescenziale. La
Gorlani nei suoi trent'anni di lavoro ha portato avanti in qualita' di
docente e successivamente di psicologa una sperimentazione psico-didattica
sull'adolescenza nelle piu' disparate scuole d'Italia (prevalentemente nelle
classi di scuola media) consistente nel proporre a centinaia di ragazzi
dagli 11 ai 16 anni la produzione di poesie su tematiche specifiche da cui
potessero emergere bisogni e caratteristiche della loro eta'. "Ho cercato -
scrive la Gorlani nella sua introduzione - grazie alla poesia, di offrire a
tutti, anche agli alunni con maggiori difficolta' espressive, ma non per
questo privi di una loro ricchezza interiore, gli strumenti
logico-linguistici necessari a facilitare la spontanea espressione personale
di idee, pensieri, sentimenti ed emozioni... Pur non essendo vere e proprie
poesie, presentano pero' una grande poeticita' di pensiero, un apprezzabile
tentativo di sintesi e di efficacia espressiva e soprattutto sono
incandescente materiale di studio del mondo adolescenziale".

6. FRASI COLTE AL VOLO. JANE AUSTEN: ALLORA
[Da Jane Austen, Emma, Garzanti, Milano 1965, p. 235. Jane Austen
(1775-1817) e' scrittrice di acutezza sovrana e sensibilita' cosi' profonda
e vibratile che leggendola ci si chiede sovente se non sia sottovalutata per
il fatto che nella scrittura e nell'invenzione evito' sempre il fracasso e
il vortice, e quel linguaggio espressionistico che equivale all'abuso dei
timpani in un'esecuzione musicale, preferendo invece la levita', l'ironia,
l'ellissi, il ritegno espressivo, l'arte del fluire e del sottrarre anziche'
quella delle cataste e delle cascate. Opere di Jane Austen: Senno e
sensibilita' (1811), Orgoglio e pregiudizio (1813), Mansfield Park (1814),
Emma (1816), L'abbazia di Northanger (1817), Persuasione (1817)]
Allora la sua vanita' cambio' d'oggetto.

7. LETTURE. MARINELLA CORREGGIA: MANUALE PRATICO DI ECOLOGIA QUOTIDIANA
Marinella Correggia, Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori,
Milano 2002, pp. 432, euro 9,30. Un utile repertorio per scelte quotidiane
consapevoli, sostenibili, eque e solidali, scritto da una apprezzata
giornalista, saggista e attivista per l'ambiente, i diritti, la pace e la
nonviolenza.

8. LETTURE. RANIA HAMMAD: PALESTINA NEL CUORE
Rania Hammad, Palestina nel cuore, Sinnos editrice, Roma 1998, 2002, pp.
168, euro 8,50. Nella collana "I mappamondi" (testi bilingui scritti da
autori immigrati per ragazzi italiani) un fluido ed appassionato libro della
pacifista e femminista palestinese da molti anni in Italia, figlia del
prestigioso ambasciatore palestinese in Italia Nemer Hammad; con prefazione
dell'artista e pacifista israeliana Ronit Dovrat.

9. LETTURE. PAT PATFOORT: IO VOGLIO, TU NON VUOI. MANUALE DI EDUCAZIONE
NONVIOLENTA
Pat Patfoort, Io voglio, tu non vuoi. Manuale di educazione nonviolenta,
Edizioni gruppo Abele, Torino 2001, pp. 158, euro 11,36. Ancora un utile
libro della nota biologa, antropologa, studiosa e amica della nonviolenza.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 657 del 29 agosto 2003