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La nonviolenza e' in cammino. 646
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 646
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 18 Aug 2003 01:40:48 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 646 del 18 agosto 2003 Sommario di questo numero: 1. Mohandas Gandhi: nella pratica 2. Maria Luigia Casieri: una sintesi di Emilia Ferreiro, "Jean Piaget: caracterizacion del maestro y su obra", 1980 3. Jacques Ranciere presenta "Il ritorno del figlio prodigo" e "Umiliati" di Jean-Marie Straub e Daniele Huillet 4. Cristina Piccino presenta "Umiliati" di Jean-Marie Straub e Daniele Huillet 5. Giobbe Santabarbara: esacordio per Cuba 6. Augusto Cavadi: un turismo responsabile e solidale 7. Ileana Montini: la Cina che ci interroga ancora 8. Yang Jiang: nuvole 9. Riletture. Angela Ales Bello, Edith Stein. Invito alla lettura 10. Riletture. Angela Ales Bello, Edith Stein. La passione per la verita' 11. Riletture. Angela Ales Bello, Edith Stein. Patrona d'Europa 12. Riletture. Laura Boella, Annarosa Buttarelli, Per amore di altro 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. MAESTRI. MOHANDAS GANDHI: NELLA PRATICA [Da Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973, 1996, p. 241. Mohandas Gandhi e' il fondatore della nonviolenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura della natura, Lef. Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem] Nella pratica lo sviluppo della nonviolenza in me e' andato di pari passo con la mia identificazione con l'umanita' che soffre. 2. MATERIALI. MARIA LUIGIA CASIERI: UNA SINTESI DI EMILIA FERREIRO, "JEAN PIAGET: CARACTERIZACION DEL MAESTRO Y SU OBRA", 1980 [Proseguiamo la pubblicazione di una serie di schede bibliografiche curate da Maria Luigia Casieri relative all'opera di Emilia Ferreiro. Maria Luigia Casieri insegna nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali collaboratrici di questo foglio. Emilia Ferreiro, argentina, docente in Messico, pedagogista illustre, e' una delle piu' grandi studiose viventi del processi di alfabetizzazione; e' di fondamentale importanza il suo contributo sul tema dell'apprendimento della lettura e della scrittura da parte dei bambini. Tra le opere di Emilia Ferreiro si veda in primo luogo l'ormai classico volume scritto insieme ad Ana Teberosky, La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti, Firenze 1985. Jean Piaget (di cui Emilia Ferreiro e' stata allieva e collaboratrice, e su cui ha scritto vari saggi) e' nato a Neuchatel nel 1896 e scomparso a Ginevra nel 1980; e' uno dei maestri della psicologia contemporanea, i suoi studi di psicologia, sui processi cognitivi, sull'infanzia, sull'epistemologia, costituiscono contributi fondamentali in questi campi. Per una prima introduzione cfr. il libro-intervista di taglio divulgativo curato da Richard Evans: Jean Piaget, Cos'e' la psicologia, Newton Compton, Roma 1989 (il libro contiene anche alcuni scritti di e su Piaget, la nota Autobiografia, ed una bibliografia generale); tra le opere su Jean Piaget come punto di partenza segnaleremmo AA. VV., Jean Piaget e le scienze sociali, La Nuova Italia, Firenze 1973. Ovviamente la bibliografia di e su Piaget e' immensa] Data di edizione: 1980. Tipo di documento: conferenza in convegno; testo dattiloscritto. Titolo: Jean Piaget: caracterizacion del maestro y su obra. Luogo di edizione: Mexico. 20 pagine. Fonte: Semana de Piaget, organizzata dalla Universidad pedagogica nacional e dalla Direccion general de educacion especial. Mexico, ottobre 1980. Lingua. spagnolo. Abstract: il testo tratteggia a pennellate rapide e brillanti la figura di Piaget per l'importanza e i contenuti del suo contributo teorico che viene colto nella sua essenzialita' e nella sua originalita', lasciando intravedere la grandezza dell'uomo e dello studioso, attraverso uno sguardo filtrato dall'aver lungamente collaborato, in una vicinanza metodologica e umana. Il testo, con lucidita' di analisi percorsa da vibrante ammirazione, tratteggia la complessita' e l'ampiezza dell'opera che si intreccia con dettagli squisitamente narrativi. Collana: Psicologos - Biografia. * Sintesi Trascureremo in questa breve sintesi, gli aspetti che fanno trasparire la fisionomia della persona dello studioso ginevrino, che ne richiamano alcune tappe della vita e dell'opera, che pure sono tanta parte del fascino del saggio. Ci limiteremo a segnalare quelli che Emilia Ferreiro individua come i nodi concettuali forti della sua opera, perche' questo illumina sia l'opera piagettiana che il senso delle scelte e dell'opera di Emilia Ferreiro. Innanzi tutto si evidenzia la disponibilita' di Piaget a sottoporre a revisione la sua stessa opera, laddove la trovasse inadeguata, fino ad un'eta' molto avanzata. E in effetti a tale processo di revisione sottopose due importanti ambiti di ricerca: la logica e l'"equilibrazione". Per quanto riguarda il primo aspetto, nell'ultimo periodo della sua vita stava lavorando a "stabilire una logica della significazione, una logica basata sulle implicazioni tra azioni la cui formalizzazione condurrebbe a un calcolo proposizionale intenzionale" (p. 1) rivedendo il Trattato di logica del 1949. Il secondo aspetto "e' la modificazione del modello dell'equilibrazione, inizialmente proposto nel 1957 in termini di probabilita' sequenziali, e riformulato totalmente in quell'opera chiave, in quella sintesi ammirevole che e' L'equilibrazione delle strutture cognitive, pubblicata nel 1975" (p. 2). Ma la nota piu' caratteristica di Piaget e' di essere "allo stesso tempo celebre e mal conosciuto". E, soprattutto, afferma la Ferreiro, "mal compreso". Mal compreso perche' l'ampiezza dei suoi interessi, di psicologo, di psicologo dell'eta' evolutiva, di biologo, di epistemologo, esperto di logica, di storia del pensiero scientifico e di filosofia della scienza, ne fanno non solo uno studioso dalla spiccata attitudine interdisciplinare ma, in ciascuno degli ambiti disciplinari citati, uno studioso sui generis che sfugge ai confini e alle convenzioni delle rispettive discipline. A fronte di questa versatile interdisciplinarieta' egli e' "un uomo con un unico progetto (...). Questo unico progetto e' epistemologico. E' costituire l'epistemologia come scienza con diritto proprio, con problemi definiti in modo tale che possano dar luogo a una verifica scientifica; una epistemologia esplicativa e non normativa, che non pretende di dare norme per la pianificazione scientifica, ma nutrirsi della pratica viva della scienza attuale. Tentare di comprendere il Piaget psicologo senza fare riferimento al progetto epistemologico che lo supporta, e' compito disperato" (pp. 6-7). "Nella misura in cui comprendiamo che cio' che interessa Piaget e' rispondere ai grandi interrogativi classici sulla conoscenza, molte cose oscure divengono chiare. E molto chiare se arriviamo a scorgere che l'importanza di Piaget per la pedagogia risiede, esattamente, nell'essersi occupato del modo in cui si passa 'da uno stadio di minore conoscenza a un altro di maggior conoscenza', tanto nella storia della scienza, come nella storia individuale. Piu' chiare ancora quando iniziamo a vedere che, in termini di conoscenza, non ha senso occuparsi di "risposte corrette", quanto piuttosto di processi di costruzione della conoscenza" (pp. 8-9). "Ben presto, si rende conto che la psicologia sperimentale esistente non gli serve per questi fini. Coerente con il suo progetto, non ha allora altra uscita: convinto dell'importanza dei fatti psicologici per comprendere il passaggio dalle relazioni tra l'individuo biologico e il suo ambiente, da un lato, e tra il soggetto conoscente e l'oggetto di conoscenza, dall'altro, deve affrontare il compito di creare la psicologia necessaria per il suo progetto epistemologico" (p. 10). "Diceva Piaget [che] solamente studiando le modalita' di costituzione di una condotta arriveremo a comprenderla per cio' che e': lo stadio finale prodotto da una duratura evoluzione. Il bambino e' il padre dell'uomo, e in questa incessante ricerca degli antecedenti delle condotte piu' evolute, dei modi di filiazione tra quelle precedenti e quelle successive, non c'e' un inizio assoluto: ogni punto di partenza e' arbitrario" (pp. 11-12). "Se Piaget e', in generale, mal compreso, e' in educazione l'ambito in cui la cattiva comprensione risulta tragica, in virtu' delle sue conseguenze. L'applicazione di Piaget all'educazione passa, generalmente, per una certa maniera particolare di comprendere la nozione di "stadio". E' certo che una delle grandi scoperte piagettiane fu il porre in evidenza che la crescita intellettuale non consiste in una addizione di conoscenze, ma in grandi periodi di ri-strutturazione e, in molti casi, di ristrutturazione delle stesse informazioni precedenti, che cambiano di natura nell'entrare in un nuovo sistema di relazioni. Per esempio, nel caso famoso del travaso dei liquidi, quando versiamo un liquido da un recipiente di certe dimensioni ad un altro piu' alto e piu' stretto, non si tratta del fatto che il bambino pre-operatorio non "veda" le due dimensioni; anche se puo' descrivere adeguatamente le differenze tra i due recipienti, cio' che non puo' e' operare allo stesso tempo sulle due dimensioni che co-variano in senso inverso l'una dall'altra. I grandi cambiamenti nello sviluppo non si relazionano, allora, con incrementi di informazione, ma con le possibilita' di processare, di operare con l'informazione; le nozioni di conservazione che promuovono l'evoluzione sono il risultato della strutturazione delle operazioni. Ma a partire da una certa nozione semplicista di stadio sorgono quattro grandi tentazioni: a) alcuni pretendono di insegnare le nozioni di conservazione come se fossero altrettanti contenuti scolastici" (p. 16): questa posizione, condannata all'insuccesso, ricade nel limite comportamentista di prendere in considerazione la risposta e non l'attivita' strutturante di cui essa e' il frutto; b) "altri, coscienti che le operazioni come tali non possono essere insegnate, concludono che resta solo da aspettare finche' appaiono" (p. 16): "sebbene questa posizione riconosce la realta' dell'attivita' strutturante del soggetto, ignora, da un lato la relativita' delle eta' di accesso ai distinti stadi (...) e, dall'altro, le difficolta' inerenti alla propria ristrutturazione" (p. 17). Ignora il ruolo dell'ambiente nell'insorgere dei conflitti cognitivi e quindi nelle operazioni di ristrutturazione che ne derivano; c) "la terza tentazione consiste nel consultare i libri di Piaget per sapere in che anno scolastico si debba proporre un certo contenuto" (p. 18): in questo caso si scambia la successione degli stadi con "l'eta' media", ma soprattutto, "si dissocia il contenuto dal modo di accesso al contenuto stesso." (p. 18), perdendo di vista il fatto che "non c'e' modo di appropriarsi di una conoscenza senza comprendere il suo meccanismo di costruzione" (p. 18); d) "la quarta tentazione consiste nel prendere la teoria di Piaget come se fosse una pedagogia, peggio ancora, come se fosse un insieme di ricette immediatamente applicabili" (p. 18). "In realta', queste quattro tentazioni si riducono a una solamente: (...) cercare di cambiare appena il necessario perche' non cambi niente. (...) 'Prendere sul serio le operazioni e le strutture operatorie, consiste nel credere che il soggetto possa trasformare la realta'', ci dice Piaget, insistendo che l'intelligenza e', essenzialmente, invenzione, e non rappresentazione di una realta' gia' data. (...) Se accettiamo che l'azione e' l'origine di ogni conoscenza, che l'oggetto cosi' come il soggetto si modificano mutuamente e senza interruzione nel corso della conoscenza, che 'la posizione costruttivista o dialettica consiste nel considerare la conoscenza come legata ad una azione che modifica l'oggetto e solamente lo conquista attraverso delle trasformazioni introdotte da questa azione', non ci stupiremo di ascoltare Piaget dire: 'L'educazione, nella visione corrente, consiste nel tentare di convertire il bambino nel tipo di adulto della societa' alla quale appartiene. Mentre, secondo me, l'educazione consiste nel rendere creatori (...), inventori, innovatori, e non conformisti'" (p. 20). 3. CINEMA. JACQUES RANCIERE PRESENTA "IL RITORNO DEL FIGLIO PRODIGO" E "UMILIATI" DI JEAN-MARIE STRAUB E DANIELE HUILLET [Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 agosto 2003 (che lo riprende da "Le monde diplomatique" dell'aprile 2003). Jacques Ranciere e' professore all'universita' di Paris VIII, autore tra l'altro di La fable cinematographique, Seuil, Paris 2001. Jean-Marie Straub (nato a Metz nel 1933, abbandono' la Francia condannato in contumacia a un anno di prigione dal tribunale delle forze armate di Metz per essersi rifiutato di fare il servizio militare in Algeria) e Daniele Huillet (nata a Parigi nel 1936) sono due cineasti (non solo compagni di lavoro ma anche nella vita) che hanno realizzato un cinema di straordinario valore sia formale che politico. Tutti i loro film, a parere di chi scrive, sono di grande potenza euristica e preziosa qualita' espressiva. In volume cfr. Testi cinematografici, Editori Riuniti, Roma 1992] Il dittico di Jean-Marie Straub e Daniele Huillet Il ritorno del figlio prodigo e Umiliati si basa su un romanzo di Elio Vittorini, Le donne di Messina, storia di un'effimera comunita' costruita alla fine della seconda guerra mondiale in Italia, da persone provenienti da regioni diverse. La trama di un libro non interessa mai particolarmente Straub e Huillet. Il loro lavoro consiste sempre nel tirarne fuori delle tensioni - nel duplice senso del termine: dei confronti di pensiero e delle differenze di intensita' sensibile. Delle Donne di Messina non restano che brevi frammenti: in un film precedente tratto dallo stesso romanzo, Operai, contadini (2001) erano quattro capitoli composti da monologhi intrecciati nei quali la comunita' operaia e contadina si autodefiniva attraverso le argomentazioni dei suoi scontri e l'affermazione della sua potenza sensibile. Se Il ritorno del figlio prodigo riporta in scena l'immagine di quella comunita', Umiliati circoscrive i capitoli in cui questa viene messa brutalmente di fronte alla legge economica e politica esterna: la guerra finita, la Repubblica, il nascente miracolo economico. La continuita' sembra scontata. Non c'e' niente da fare. La destra logica che simpatizza con le utopie prima di sacrificarle alla dialettica della storia non appartiene a Straub e Huillet. Cio' che li ha attratti nel libro di Vittorini, e' il riconoscervi la stessa tensione che muove il loro cinema e il loro marxismo: tensione che si puo' riassumere in due nomi, Bertolt Brecht e Friedrich Hoelderlin: l'artista che voleva fare un teatro il piu' rigorosamente possibile con la dialettica marxista e il poeta che e' stato tra i primi a immaginare quella rivoluzione delle forme sensibili di cui il materialismo marxiano riprende a suo modo l'idea. Brecht e Hoelderlin: da una parte il gioco dialettico dei pensieri tradotti nei corpi per smontare i meccanismi del potere e i loro effetti su chi li subisce; dall'altra l'affermazione della nuova comunita' sensibile e del rischio che corrono quanti si avventurano in questo ignoto. L'arte di Daniele Huillet e Jean-Marie Straub non cessa di tendersi tra questi due poli, libera nel manifestarne la segreta parentela. All'epoca di Lezioni di storia, i cineasti mettevano in rilievo il cinismo dei senatori romani, che sbrigavano nel lusso dei loro giardini gli "affari del signor Giulio Cesare", ovvero la legge del profitto, trionfante grazie alle prodezze dei guerrieri e alle congiure di palazzo. E' ancora una lezione di economia politica che in Umiliati viene rinfacciata agli artigiani della comunita' dai rappresentanti della nuova Italia. Ma il senso della lezione di storia come il dispositivo delle voci che l'enunciano e dei corpi che ricevono e' cambiato. Operai contadini sembrava persino escludere ogni lezione. La comunita' era sottratta alla logica che vuole per ogni storia un finale e per i bei sogni un finale triste. I molteplici conflitti messi in atto dai protagonisti - operai/contadini; capi/masse; uomini/donne; traditori/fedeli - confluivano in un unico tono di fondo, nel lirismo di una parola che esprimeva, nella lingua piu' alta, la potenza dei costruttori di un nuovo mondo, incarnato nel gusto e nel profumo di un fuoco, nella cottura della ricotta o in un'escursione alla ricerca dell'alloro. La comunita' non aveva fine, soltanto dei momenti sensibili, presenti per sempre. Spesso chini per leggere il quaderno con il loro testo, i protagonisti li rivelavano regolarmente per sfidare uno spettatore immaginario che il testo designava con un' ironica frase interrogativa : "l'inquirente, il giudice, Dio?". Nessuna fine del percorso, nessun tribunale o astuzie della storia. Di fronte al giudice assente stava diritta, in Operai, contadini come in Sicilia (1998), la stessa figura di donna del popolo incarnata dalla stessa attrice, Angela Nugara, che affermava nell'eloquio delle tragedie la capacita' collettiva o il possesso di "una vita propria". Ora, dei dodici protagonisti di Operai, contadini, soltanto lei e' scomparsa in Umiliati, sostituita da un vecchio contadino che interviene col gesto della mano a chiedere una parola che non gli e' concessa. Questa scomparsa diventa simbolo, come la sostituzione di una musica apocalittica, presa a prestito da Varese, al canto di speranza di una cantata di Bach. La prospettiva e' brutalmente cambiata. Il presente della comunita' ha stavolta una fine. Il tribunale della storia ha luogo, e non tanto per esprimere delle sentenze ma per umiliare uomini e donne della comunita'. I quali, inizio su un poggio, in piena luce, coi loro abiti sciupati, gli occhi spesso bassi, le mani talvolta dietro alle spalle, sono sottoposti al tiro incrociato dei giudici sistemati a un livello inferiore nella frescura di un vallone e nella certezza delle loro ragioni. In effetti non ci sono piu' quaderni. Il procuratore e i tre giudici conoscono la loro lezione - di economia e di storia - secondo le sue due versioni: borghese (la legge della proprieta' illustrata da un personaggio dalla posizione non identificata) e proletaria (la legge della storia spiegata dai tre partigiani con il fazzoletto rosso). Di fronte - se cosi' si puo' dire, visto che nessuna inquadratura mettera' mai insieme le due parti di cui al contrario e' sottolineata l'assenza di un luogo comune - le parole e i gesti della comunita' sembrano ridursi a scatti di collera o di impotenza. Si tratta comunque di un tribunale bizzarro. "Chi sei?" viene chiesto al "procuratore". Nessuna risposta. Nel libro di Vittorini questo "Carlo il Calvo" armato del doppio metro dell'agrimensore, appariva come un enigmatico manipolatore. Qui e' solo una voce che anima un corpo: una voce quasi ventriloqua a cui corrisponde uno sguardo allucinato. Cio' che viene affermato attraverso questa voce insieme rassicurante e laboriosa, e' la legge senza tempo della proprieta': terreni e case, terre, fiumi, mari e vulcani, spiega, compongono una trama senza smagliature in cui ogni cosa appartiene a qualcuno: cio' che non e' di Caio e' di Tizio e quello che non appartiene ne' all'uno ne' all'altro e' dell'amministrazione pubblica. Non c'e' sul catasto un luogo in cui comunita' come la loro possono esistere. Ma il monologo risuona come un'orazione funebre piu' che come una requisitoria. Su quei fiumi e crateri che sono tutti di un padrone, la voce di questo strano procuratore sembra stendere un velo man mano che la sua parola li evoca. E' come se la voce impersonale si sdoppiasse, e nel discorso del furbo manipolatore di Vittorini entrasse clandestinamente la voce del poeta, un Hoelderlin svegliato bruscamente dal suo sonno che misura cosa sono divenuti il suo mondo e il suo sogno. La voce dei partigiani ("i cacciatori" in Vittorini) non rivela emozioni nello spiegare alla gente del villaggio cosa e' la loro comunita': una cooperativa come tutte le altre se non si distinguesse per la ristrettezza delle sue operazioni, l'arretratezza del suo materiale e una produttivita' ridicola. Le scansioni fortemente articolate del testo, che Daniele Huillet ha disposto in sequenza ritmica, giocando anche su quelle hoelderliniane "sospensioni antiritmiche" che offre il risalire degli accenti nella lingua italiana, assumono qui una diversa funzione. Nel monologo allucinato del "procuratore" contibuiscono a sottrarre un mondo. Nella retorica dei fazzoletti rossi, rigirano nella piaga il coltello dell'ironia. Se Carlo il Calvo esprime la legge senza tempo dello spazio, loro sono i portaparola dei tempi, la giovinezza del mondo. Possono allegramente lanciarsi la palla del gioco dialettico senza guardare coloro a cui parlano, e che sono come dietro le loro spalle, a correre a piedi dopo il treno della storia. Loro conoscono la Repubblica, la legge del mercato e il boogie-woogie. Dei buoni brechtiani insomma. Questo brechtismo non appartiene decisamente ai registi. I cacciatori ripartono, col treno della storia, senza avere catturato l'uomo che cercavano, pero' hanno raggiunto un altro scopo: distruggere la comunita'. Gli Straub, rimangono dietro, a piedi, constatando che il treno e' passato e rifiutandosi di dargli ragione. Nell'ultima inquadratura, Siracusa, la compagna del capo che non ha piu' niente da dire a quelli che se ne vanno, si tiene la testa tra le braccia sulla soglia chiusa della casa, nella posa della Derelitta di Botticelli. Ma un ultimo grido, un "Eh, si'", che passa dalla rassegnazione all'affermazione ultima, distende le sue braccia, mentre la macchina da presa scende in un ultimo movimento che inquadra, all'altezza dei piedi nudi, le braccia pendenti col pugno chiuso. 4. CINEMA. CRISTINA PICCINO PRESENTA "UMILIATI" DI JEAN-MARIE STRAUB E DANIELE HUILLET [Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 agosto 2003. Cristina Piccino e' giornalista e critica cinematografica e teatrale] L'anteprima italiana di Umiliati, l'ultimo film di Jean-Marie Straub e Daniele Huillet sara' al prossimo Festival del film di Torino (nuova direzione Roberto Turigliatto e Giulia D'Agnolo Vallan), pure se una proiezione c'e' gia' stata, quasi clandestina (il 26 luglio) al festival teatrale di Radicondoli, dedicato all'incontro tra teatro di attori professionisti e non come sono quelli con cui lavorano i registi. Ma in video visto che non si disponeva di sale cinematografiche, il che e' un paradosso pensando al lavoro magnifico su ogni immagine, movimenti interiori, respiro dello sguardo che compone l'opera di Straub e Huillet. Comunque non e' il solo, almeno per quanto riguarda il nostro paese dove il cinema di questi due preziosi registi viene sistematicamente respinto se non censurato: troppo scomodo, malato di una lucidita' che spaventa specie oggi, nella situazione italiana di informazione blindata, azzeramento di memoria e "caccia alle streghe" che sono quegli immaginari inafferabili, endemicamente fuori controllo. Ci ironizza Straub quando dice che l'Italia non sa neanche dell'esistenza di questo film, eppure, dice lui, e' dal '69 che paghiamo le bollette e viviamo qui. In Francia Umiliati (prodotto dalla complice di sempre Martine Marignac per Pierre Grise Production) e' uscito con una tenitura a Parigi di sette settimane in tre piccole sale, e a Lyon di tre. Dopo Torino sara' al festival di Roma di Edoardo Bruno, Enrico Ghezzi lo ha preso per Fuori orario, e pero' nessun distributore si sogna di farlo uscire nelle sale italiane, non parliamo della Venezia di De Hadeln che i suoi "scandali" preferisce costruirli su misura. Lo ha voluto invece il festival di Locarno dove si vedra' oggi e domani nella sezione "Cineasti del presente". Eppure Umiliati che si presenta in forma di dittico, una prima parte, Il ritorno del figlio prodigo, "seguito" del precedente Operai, contadini, e Umiliati, in cui la stessa comunita' contadina, anch'essa fuori controllo, viene stritolata dalle logiche che formano la nuova Italia del dopoguerra, e' un film italiano nel senso profondo del termine. Non ovviamente nei dogmi nazionali (o europei o altro) che non appartengono per definizione al cinema: piuttosto nella capacita' di rendere concreti i meccanismi di storia, cultura, politica, economia nella piacevolezza inconsumabile della luce di Renato Berta, catturata in quei boschi intorno a Buti - che ai cineasti ha dato la cittadinanza onoraria. Nei volti degli attori, tutti appunto non professionisti che li hanno accompagnati in questa trilogia nata dalla scrittura di Elio Vittorini (stavolta come per Operai, contadini, la partenza e' Le donne di Messina), impastandosi con la poetica dell'immaginario feroce eppure giocoso di Straub-Huillet. Nella musica, qui di Edgar Varese, che dissolve in bianco lo schermo e ricompone i frammenti narrativi. Anche stavolta come nei due film precedenti, il primo atto passa per la regia teatrale, stessi attori che troveremo poi sullo schermo, stesse parole e uguale intensita', ma come in tutto il loro cinema che si intreccia comunque intimamente alla teatralita', il legame e' poetica, realta' e suo straniamento, potere, antagonismi, rivolte spezzate, e quel germe di storia italiana (ma non solo) che e' nel passaggio all'economia industriale come chiave di modernita'. La radice insomma di quanto oggi significa globalizzazione, che riguarda i contadini costretti a piegarsi alle regole del "boom economico" e per altri aspetti il pensiero, la produzione intellettuale, fino alla stessa natura del cinema. Il ritorno del figlio prodigo riprende una sequenza di Operai, contadini: un ragazzo, Spina, torna dalla citta' dove e' andato a vendere un asino e un barroccio: lo hanno deriso, e' ingenuo, "antico", fuori dal tempo. In Umiliati si consuma la sconfitta, uomini e donne della comunita' diventano i perdenti, inghiottiti dalle necessita' del potere, dai compromessi che non escludono nessuno. C'e' ad esempio l'immagine provocatoria dei tre ragazzi col fazzoletto rosso al collo, tre partigiani trionfanti perche' dentro alla loro epoca, che loro, i contadini lavorano per niente e in America con la stessa fatica si producono quintali di grano, e in citta' si guadagna bene, e ci si diverte, si balla il boogie-woogie. Non e' comunque questione di nostalgia, di tradizioni e di comunita' nel senso "spaventoso" del termine, luoghi cioe' di chiusura, dinamica di controllo o a sua volta di altri poteri. Il processo con cui il "nuovo" condanna il "vecchio" rimanda ad altro, tocca la liberta', l'utopia, l'intuzione di quel mondo migliore possibile in cui si mescolano passato, presente, futuro. Lo sguardo di Straub-Huillet e' uno sguardo allargato: sara' questo a renderlo intollerabile? 5. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: ESACORDIO PER CUBA [Giobbe Santabarbara, come e' noto, e' una delle principali firme di questo foglio, ed impenitente un bastian contrario] In un recente articolo (La difficile anomalia di essere Cuba, sul quotidiano "Il manifesto" del 20 luglio 2003, anticipazione di un editoriale del n. 83/84 della rivista "Latinoamerica" in uscita il primo agosto), il giornalista Gianni Mina' (per contatti: g.mina at giannimina.it), che del popolo cubano e' sincero e devoto amico, ed il cui impegno per la democrazia e i diritti umani e' tenace e notissimo, ha scritto giustamente: "Se [Cuba] perde la sua indipendenza, la sua decorosa poverta', il domani della stessa isola potra' solo avvicinarsi o alla disperazione del Guatemala, o alla violenza della Colombia (dove il presidente Uribe governa concedendo mano libera ai paramilitari che hanno trucidato mille persone in sei mesi) o alla tragedia del Peru' ... Ai cubani, insomma, nell'era di Bush jr (che deve pagare il debito elettorale agli anticastristi della Florida che gli hanno fatto vincere in modo rocambolesco le elezioni) tocchera' la vita miseranda che le multinazionali e la finanza speculativa degli Stati Uniti (e anche dell'Unione Europea?) sceglieranno per loro... "Per questo se non si e' ipocriti non e' fuori luogo ricordare la quotidianita' del Guatemala oggi parlando di Cuba. Magari per cercare di capire cosa sta accadendo nell'Isola dove la sindrome dell'assedio Usa ha portato purtroppo il governo a scegliere scorciatoie brutali invece di aperture democratiche... "'Come faccio a parlare di diritti umani a Cuba - ha dichiarato una volta Frei Betto, teologo della liberazione - quando in America latina milioni di persone non hanno conquistato ancora i diritti animali, quelli di avere un tetto, uno straccio per ripararsi dalla pioggia o dal sole, il cibo di tutti i giorni da dare ai propri figli e ai piu' deboli?'. "E allora, come mi ha chiesto Maria Suino, consigliere regionale Ds del Piemonte, sconcertata dall'iniziativa del suo partito, 'e' legittimo giudicare un paese non per cio' che ha conquistato (educazione, sanita', tutele sociali, cultura, pratica sportiva) ma per cio' che ha fallito (diritti politici, liberta' di informazione)?'. "Io dico che e' legittimo perche' ogni coercizione va respinta. "Quello che non e' accettabile e' favorire con le proprie azioni chi ha deciso di cancellare a qualunque costo, anche con la provocazione e il terrorismo, uno straordinario momento di emancipazione collettiva come e' stata la rivoluzione cubana, pur fra tante contraddizioni, errori, miopie, durezze". Cosi' Gianni Mina'. E due cose vorremmo sottolineare di questo intervento (che vorremmo invitare i lettori a leggere integralmente, ed integralmente merita di essere letta altresi' la bella rivista da Mina' diretta, "Latinoamerica"): che "ogni coercizione va respinta" (ovvero che occorre opporsi intransigentemente alle violazioni dei diritti umani commesse dal regime cubano), e che alle manovre statunitensi per riasservire a se' l'isola e condannare alla violenza e alla fame e alla morte il popolo cubano occorre opporsi ugualmente. Ma detto questo qualche considerazione ancora vorremmo aggiungere. * 1. Parlare di Cuba vuol dire parlare di due cose distinte: in concreto (ma quasi a nessuno di coloro che contano, e di coloro che le fandonie di coloro che contano si bevono, interessa granche' la realta' concreta dell'esistenza altrui e quella cosa preziosa e difficile che ha nome verita') vuol dire parlare di un popolo e un'isola, di una storia, una societa' e uno stato; per metafora, invece, vuol dire parlare della vicenda del movimento comunista del Novecento; vuol dire parlare della lotta del sud del mondo contro la plurisecolare e persistente conquista e rapina, il colonialismo e l'imperialismo del nord del mondo; vuol dire parlare dei fini e dei mezzi dei movimenti di liberazione. * 2. Che a Cuba, nella Cuba rivoluzionaria, si commettano gravi violazioni dei diritti umani e' una verita' indiscutibile. A cominciare dai plotoni di esecuzione comandati da Che Guevara subito dopo la vittoria della rivoluzione. Quello che c'era prima era molto peggio, tutti lo sappiamo e nessuno e' autorizzato a dimenticarlo: ma questa non e' una giustificazione per gli errori e gli orrori compiuti dalla rivoluzione, che pur tanti meriti ha avuto ed ha. A chi ci chiede cosa pensiamo del regime cubano non abbiamo mai avuto esitazioni a rispondere che esso e' illiberale e autocratico, e che ha commesso crimini assai gravi. Ma a chi ci chiedesse cosa pensiamo del governo statunitense non avremmo esitazioni a dire che si tratta della piu' mostruosa macchina criminale dei nostri giorni. E che se a Cuba violazioni ai diritti umani si danno di gran lunga le piu' aberranti son quelle che si consumano nella base militare statunitense di Guantanamo. Non solo: che Cuba, la Cuba rivoluzionaria, ovvero la sua leadership, abbia per decenni pensato ed agito nel continente e altrove la strategia fochista e guerrigliera, strategia militarista i cui esiti a noi sembrano oggi a un giudizio d'insieme nefasti (ma ancora una volta il giudizio storico deve essere complesso e dialettico e contestuale, qui noi parliamo ovviamente dal nostro punto di vista, che e' il punto di vista della nonviolenza, e intransigentemente antimilitarista, che anche nella critica piu' dura alle scelte e alle azioni salva la dignita' delle persone e ne comprende le ragioni e le tensioni anche laddove non le giustifica e fin le contrasta), e' un dato di fatto. Drammatico, roccioso, ineludibile. Ma insieme: che il popolo cubano abbia - anche negli errori ed orrori della sua leadership, e comunque anche sull'impulso di quella leadership - dato prova di una generosita' internazionalista luminosa e magnanima, neppur questo puo' essere contestato, ed e' merito storico che non ha eguali (puo' avvicinarvisi forse il moto che si ebbe nella coscienza europea quando Franco aggredi' la repubblica spagnola, e da Rosselli a Orwell, da Simone Weil a Tomaso Serra, tutta l'Europa civile accorse a difesa della terra e del popolo di Cervantes, e di Federico). Leggendo Marx e Brecht apprendemmo la necessita' di uno sguardo contestuale, di un approccio dialettico. Ma leggendo Serge e Solzenicyn apprendemmo la necessita' di uno sguardo concreto, di una visione che ritenga come fondamento e parametro il diritto alla vita e alla dignita' di ogni essere umano. Cosi' Cuba ci sta a cuore una volta di piu' perche', nel mare di sangue dell'America Latina dominata dalle oligarchie e dalle multinazionali e dalle mafie e dal fascismo autoctoni e da quelli globali e globalizzati, essa e' nel suo popolo ancora una resistenza e una speranza e un esempio della e per l'umanita'; e una volta di piu' ci sta a cuore perche' quanto vi e' negli assetti di potere e nei modelli organizzativi e nei macchinismi ideologici in essa dominanti di liberticida e di disumanato abolito ha da essere. * 3. Non vale per me l'argomento che il resto dell'America latina e' assai peggio. Lo so. E' vero. Ed e' un merito grande di Cuba. Ma questo non giustifica ingiustizie e crimini. E non vale per me l'argomento che Cuba e' un paese assediato, sotto embargo, con un pezzo di territorio in cui la potenza giugulatrice tiene una base militare che e' gia' una testa di ponte e una camera di tortura. Lo so. E' vero. Ed e' un merito grande di Cuba aver resistito. Ma questo non giustifica ingiustizie e crimini. * 4. E quindi non ho esitazioni nel dire che occorre sostenere l'impegno affinche' i diritti politici e civili a Cuba siano finalmente rispettati. Cosi' come non ho esitazioni nel dire che oltre i diritti civili e politici vi sono anche quelli sociali e che a questo riguardo per molti aspetti Cuba e' superiore di gran lunga agli Stati Uniti e all'Europa. * 5. Ma detto questo ancora non e' detto nulla. Perche' il nocciolo della questione e' che Cuba deve essere aiutata e difesa. La popolazione cubana, la dignita' di Cuba, la sua indipendenza. Perche' Cuba non deve tornare ad essere un gigantesco postribolo nelle citta' e un regime schiavista nelle campagne; perche' Cuba non deve tornare ad essere il retrobottega e la bisca dei mafiosi americani; perche' Cuba non deve piu' essere teatro di uno sterminio come gia' al tempo della Conquista. * 6. Ma non voglio eludere l'altro aspetto - quello simbolico - della questione, e mi perdoneranno i ventiquattro lettori se me la sbrigo di fretta in pochissime righe: d'altronde chi mi conosce da qualche decennio sa quanto complesso sia cio' che mi capita di pensare in questo ambito, e chi non mi conosce non ci perde niente a risparmiarsi il mio lungo e fors'anche labirintico argomentare. E quindi: a) troppo frettolosamente mi pare si liquidi la vicenda del movimento comunista del Novecento, che e' ancora, per dirla con Sartre, il nostro "affaire", la cosa che ci riguarda: nelle sue tragedie e nella sua ricerca, in cio' che di falso e di atroce ha implicato ed in cio' che di giusto e di vero ha inverato. Chi scotomizza il proprio passato e' condannato a ripeterlo: per questo mi sembra cosi' necessario replicare e finanche dar sulla voce a chi preferirebbe non parlarne piu', a chi mitologizza nel demonico o nell'angelicato, a chi troppo facilmente storicizza ed archivia, insomma a tutti gli immemori e i pusillanimi, agli ignoranti e agli astuti. Ancora occorre farci i conti con quella vicenda che tutti vivamente ci tocca, e cavarne il nocciolo razionale e radicalmente ripudiare quel che di osceno e infero in essa e' stato, schierandosi sempre, e sempre e solo, dalla parte delle vittime, e dal punto di vista delle vittime anche quella storia leggendo. in dolore e rigore. Vi sono stati due comunismi nel Novecento: da un lato quello di chi ha eretto campi di concentramento e organizzato plotoni d'esecuzione, e dall'altro lato quello di chi nei campi di concentramento ha sofferto e di fronte ai plotoni di esecuzione si e' trovato, e per abolirli per sempre e subito sempre e per sempre si e' battuto. E questo secondo comunismo, sogno di una cosa e uscita dalla preistoria, scelta morale e agire quotidiano, deliberare in comune e condividere il pane, se cosi' posso dire, e' ancora il nostro. b) E piu' in generale tutte le vicende dei movimenti novecenteschi di resistenza e di liberazione, di rivendicazione della dignita' umana, di eguaglianza e di riconoscimento di umanita', di promozione comune e di universale solidarieta', vanno ereditate, criticate e - con un unico movimento di distanziamento e recupero a un tempo - superate (se questo vecchio linguaggio della filosofia classica tedesca piu' essere ancora utilizzato): cogliendone e combattendone limiti ed errori ed orrori, certo, ed insieme cogliendone e accogliendone tensione e attenzione, passione e idealita', anelito e calore, quanto in esse vi e' di aggettante e sorgivo, di liberante e fraterno e sororale, tutto quel che e' implicato nell'emblema da antico bestiario (e moderna esperienza) della talpa, la vecchia talpa ancora. c) E per concludere: sul rapporto tra i fini e i mezzi si gioca tutto il futuro dell'umanita': o il movimento di quante e quanti si battono per il diritto e la liberazione dei popoli e delle persone, per la solidarieta' internazionale e la dignita' umana, per la verita' e la giustizia, per la pace e la convivenza, avra' la capacita' di scegliere la nonviolenza, ovvero quella teoria-prassi esistenziale, sociale e politica, quella riforma morale e intellettuale, che afferma la necessita' della coerenza tra mezzi e fini nell'agire nel mondo e sul mondo, con e tra le persone ed i popoli (quel sinolo che Gandhi affermava con la splendida equazione e metafora del seme e della pianta come chiave ed emblema del rapporto che i mezzi e i fini lega) - oppure vincera' la catastrofe - che sta gia' vincendo del resto - e l'umanita' sara' annientata. Decidersi occorre, e il tempo stringe. Stringe come un cappio. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. * In guisa di postilla ricordar vorremmo anzitutto alcune buone letture: quella sintesi ottima di Giuliano Pontara che e' nelle voci da lui compilate - e particolarmente quelle su Gandhismo e Nonviolenza - nel Dizionario di politica diretto da Bobbio, Matteucci e Pasquino (Utet, poi Tea); di Tzvetan Todorov, Memoria del male, tentazione del bene, edito da Garzanti; di Franco Fortini le voci Comunismo e Marxismo (nate come articoli di giornale, poi riprese in volume rispettivamente in Extrema ratio, Garzanti e in Non solo oggi, Editori Riuniti; riprodotte l'una e l'altra anche su questo notiziario); di Guenther Anders le Tesi sull'eta' atomica (piu' volte riprodotte su questo foglio nella traduzione di Renato Solmi per Einaudi); la grande Memoria del fuoco di Eduardo Galeano (Sansoni); vari libri di Giulio Girardi; e come sempre I sommersi e i salvati di Primo Levi (presso Einaudi, naturalmente). Su Cuba in particolare vorremmo segnalare anche almeno: Carlos Franqui, Diario della rivoluzione cubana, Alfani; Janette Habel, Cuba fra continuita' e rottura, Erre emme (ora Massari Editore); Aldo Garzia, C come Cuba, Elleu Multimedia. Ed oltre alle buone e utili letture anche quest'altra - se ci e' concesso: un articolo a firma del direttore responsabile di questo foglio, Tre tesi per una riflessione necessaria, apparso nel volume terzo dei sempre utilissimi "Quaderni della fondazione Che Guevara", Massari Editore, Bolsena (Vt) 2000 (e riprodotto qualche anno fa anche su questo notiziario). 6. ESPERIENZE. AUGUSTO CAVADI: UN TURISMO RESPONSABILE E SOLIDALE [Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at lycos.com) per averci messo a disposizione questo suo articolo (di cui pubblichiamo uno stralcio) apparso sull'edizione palermitana di "Repubblica" il 14 agosto 2003. Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e' impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, seconda ed.; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa)] E' preziosa un'iniziativa del Ciss ("Cooperazione internazionale sud-sud") cui, proprio in questi giorni, ad alcuni di noi e' dato partecipare a titolo per cosi' dire di cavie. Il Ciss (organizzazione non governativa nata a Palermo da una ventina d'anni) cogestisce qui ad Olinda e Recife nel nord-est brasiliano - fra altre decine di progetti nelle zone piu' disparate del globo - un intervento triennale di promozione di ragazzi (e soprattutto di ragazze) di quartieri difficili. Ancora adolescenti, vengono accolti in un centro sociale polivalente, coinvolti in attivita' ricreative e formative (dalla capoeira all`alfabetizzazione informatica), avviati all'inserimento sociale e - nei limiti del possibile - professionale. Ebbene, nell'ottica di un turismo "responsabile", il Ciss ha anche organizzato per queste settimane di agosto un viaggio in Brasile che consenta non solo di conoscere da vicino l`effettiva realizzazione di questo e di simili progetti, ma in qualche modo di contribuirvi. Infatti, mediante una selezione dei posti dove si dorme, si mangia, si acquistano i prodotti dell`artigianato, e' possibile saltare la mediazione delle grandi agenzie multinazionali e far guadagnare, direttamente ed esclusivamente, la gente del luogo. Inoltre i servizi turistici abituali (prenotazioni, accompagnamento durante i trasporti, guida durante le visite ai monumenti, traduzioni estemporanee...) vengono svolti gratuitamente da operatori dello stesso Ciss - residenti sia in Italia che nello stesso Brasile - e in cambio una percentuale della quota di partecipazione al viaggio viene destinata al finanziamento dei progetti. Superfluo aggiungere che questa modalita' organizzativa consente un contatto con persone e ambienti che i circuiti turistici tradizionali neppure sfiorano. Non altrettanto superfluo specificare che turismo equo e solidale non equivale necessariamente a noia o seriosita': i ritmi dei balli nella praia della Gunga o le sfumature del verde oceanico che lambisce il bianco abbacinante delle dune di Mango Secco non risultano meno emozionanti solo perche' qualcuno tenta di accostarvisi con atteggiamento rispettoso della bellezza della natura e della dignita' delle persone. 7. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: LA CINA CHE CI INTERROGA ANCORA [Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain" di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle" insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne". Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani, Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani, Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "... ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione, insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir". Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia Menapace e Rossana Rossanda] In estate si viaggia, ma come si viaggia? Gli aeroporti sono gremiti di gente che transita in uscita e in entrata carica di valigie e piena di entusiasmo. Viaggiare, vedere luoghi sconosciuti e tornare per raccontare e' ormai un comportamento quasi obbligato, se ci si vuole sentire moderni. I tour operator mettono a disposizione le guide in lingua che, piu' o meno, spiegano la storia e i monumenti del Paese visitato ad ascoltatori spesso totalmente a digiuno di tali conoscenze. Ora, tra i viaggi accessibili c'e' anche la Cina. Quella Cina che e' stata, fino alla morte del "grande timoniere" Mao Tse Tung, per molta sinistra internazionale l'esempio di un socialismo perfettamente adeguato alla storia e alla civilta' dell'"Impero di mezzo". A quei tempi ricevevo dall'ambasciata cinese in Italia dei bellissimi calendari annuali dove, tra una foto e l'altra di straordinari paesaggi di canne di bambu' e panda, si raccontava degli eroici "medici scalzi" o della manutenzione, opera del popolo, contro l'inquinamento del grande fiume Giallo. In realta' i "medici scalzi" erano delle normali persone che non avevano studiato mai medicina e che ricevevano un'investitura dall'alto (della politica). In quanto all'inquinamento dopo la rivoluzione con l'industrializzazione era diffuso come ovunque sull'intero globo. Ci abbiamo creduto alla "rivoluzione culturale" e forse non in pochi abbiamo pianto la morte, nel 1976, di Mao. Poi il silenzio. Nessuno di noi ricorda piu' la Cina di quei tempi e nessuno analizza il motivo di quella cieca fede. Com'e' potuto accadere? Ora i turisti che a frotte invadono la Cina e ne sentono, imperioso, il fascino, non hanno la minima idea di come era la Cina di prima dell'avvento del maoismo. Pechino e' una citta' immensa, dove grandi palazzi e grattaceli convivono, ancora per poco, con residue catapecchie della vecchia citta'. Ma e' una citta', una citta' inquinata e brutta. I turisti vengono accompagnati a visitare la "Citta' Proibita" e pochi altri monumenti del passato. Perche' pochi monumenti sono rimasti. Uno di questi e' il "Tempio dei Lama" (Yung He Gong), che serve come attrazione turistica con i pochi vecchi monaci residui importati dalla Mongolia. Questo tempio era famoso per le sue statue e i suoi dipinti erotici, ma molti degli originali sono scomparsi, o sono stati rubati o venduti. Nella odierna Pechino non esiste piu' un solo vero tempio o palazzo o giardino, perche' tutto cio' che odorava di "borghesia" e' stato distrutto. Il regime socialista aveva un sogno: abbattere la civilta' passata e ergervi sopra quella nuova, con nuovi palazzi, case e fabbriche. Pechino aveva le mura e tantissimi templi, ma il regime comunista li hanno resi "utili" per farne una citta' "produttiva" con le fabbriche e le case collettive. Cioe' li ha trasformati in caserme o cose del genere. Tutto o quasi di cio' che era antico in Cina e' andato distrutto con una furia e una precisione "religiosa" inimitabili. Ma ai turisti non viene detto ne' dai tour operator, ne', ovviamente, dalle solerti e simpatiche guide cinesi che devono ogni tanto recitare la formula: "Come dice il nostro Presidente...". Dove c'erano le grandi stupende mura ore corre l'autostrada che gira intorno alla citta'. E dove c'era la seconda cerchia a sud di Tienanmen, corre una lunga fila di blocchi di appartamenti per i quadri del partito. Ma qualcosa del genere e' accaduta anche in altre epoche e in altri paesi. Facciamo un solo esempio. I turisti che visitano la Scozia apprendono che la rivoluzione protestante ha distrutto monasteri e chiese cattoliche magnifiche, come la famosa cattedrale di Elgin. Che cosa voglio dimostrare? Che i moderni regimi marxisti come quello d'impronta maoista, gli antichi regimi religiosi o i piu' vicini sistemi politici, come e' accaduto nell'ex Jugoslavia dove i musulmani hanno distrutto le chiese ortodosse e gli ortodossi le moschee, quando devono impiantarsi o imporsi tendono a distruggere il passato. Perche' il passato e' portatore di segni e simboli. Perche' il passato architettonico, urbanistico, degli oggetti, della cultura in genere, e' un rievocatore del potere precedente. Ma cosi' facendo si cancella la memoria dell'umanita', la catena delle conoscenze scientifiche e ideologiche nell'illusione dell'azzeramento punitivo, celebrativo e come apertura innovativa. Che l'abbiano fatto i protestanti in Scozia ci sembra comprensibile, ma che la stessa operazione l'abbiano condotta i marxisti maosti in Cina o sovietici in Russia, non siamo disposti a farci i conti e cosi' stendiamo sopra una pietosa censura. Invece no. E' tempo di studio e riflessione. Prima domanda. Come mai e' potuto accadere tutto questo in un regime anticapitalistico? Con quali strumenti culturali possiamo interpretare questi fatti? 8. TESTIMONIANZE. YANG JIANG: NUVOLE [Da Yang Jiang, Il te' dell'oblio, Einaudi, Torino 1994, p. 48. Nata nel 1911 a Wuxi, nello Jiangsu, autrice di romanzi e racconti, Yang Jiang era una studiosa di letteratura che stava traducendo il Chisciotte quando in Cina divampo' il movimento noto come "rivoluzione culturale"; nel libro autobiografico da cui abbiamo ripreso il brano che segue l'autrice, che fu vittima delle violenze e del totalitarismo di quell'esperienza, racconta con dignita', pudore ed amore per la verita' grandi la vicenda sua e del suo paese] Si dice che "le nuvole rosa si disperdono facilmente". Ma anche quelle nere non durano in eterno. 9. RILETTURE. ANGELA ALES BELLO: EDITH STEIN. INVITO ALLA LETTURA Angela Ales Bello, Edith Stein. Invito alla lettura, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 1999, pp. 94, euro 6,20. Una sintetica introduzione e un'essenziale antologia. 10. RILETTURE. ANGELA ALES BELLO: EDITH STEIN. LA PASSIONE PER LA VERITA' Angela Ales Bello, Edith Stein. La passione per la verita', Edizioni Messaggero Padova, 1998, 2003, pp. 142, euro 11. L'itinerario esistenziale, filosofico e spirituale di Edith Stein nella lettura della sua piu' profonda studiosa italiana. 11. RILETTURE. ANGELA ALES BELLO: EDITH STEIN. PATRONA D'EUROPA Angela Ales Bello, Edith Stein. Patrona d'Europa, Piemme, Casale Monferrato (Al), 2000, pp. 156, euro 10,33. La riflessione di Edith Stein su alcuni dei temi decisivi del pensare, dell'agire, dell'esistere umano. 12. RILETTURE. LAURA BOELLA, ANNAROSA BUTTARELLI: PER AMORE DI ALTRO Laura Boella, Annarosa Buttarelli, Per amore di altro. L'empatia a partire da Edith Stein, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000, pp. 118, euro 8,25. Due delle piu' rilevanti pensatrici italiane in dialogo con la testimonianza e l'opera della grande filosofa e religiosa assassinata ad Auschwitz. 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 646 del 18 agosto 2003
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