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La nonviolenza e' in cammino. 633
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 633
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 4 Aug 2003 19:08:22 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 633 del 5 agosto 2003 Sommario di questo numero: 1. Lidia Menapace: indignazione 2. I quaderni di "Azione nonviolenta" 3. Guenther Anders: tesi sull'eta' atomica 4. Norberto Bobbio: il volto di un bambino 5. Paulo Freire: amore e coraggio 6. Virginia Woolf: due frammenti da "Una stanza tutta per se'" 7. Maxine Kumin: dopo l'amore 8. Pier Mattia Tommasino presenta "Istruzioni per un genocidio" di Daniele Scaglione 9. Riletture: Jose' Antonio Castorina, Emilia Ferreiro, Marta Kohl de Oliveira, Delia Lerner, Piaget-Vigotsky: contribuciones para replantear el debate 10. Riletture: Emilia Ferreiro, Clotillde Pontecorvo, Nadja Moreira, Isabel Garcia Hidalgo, Cappuccetto rosso impara a scrivere 11. Riletture: Marina Formisano, Clotilde Pontecorvo, Cristina Zucchermaglio, Guida alla lingua scritta 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: INDIGNAZIONE [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001] Davvero non posso trattenere ogni giorno una rinnovata indignazione per la situazione in Iraq: uccisi i due figli di Saddam e un nipotino di 14 anni, tenuti prigionieri e inseguiti come selvaggina i suoi sostenitori. Vedo che qualcuno con acre cinismo dice "Anche Mussolini fu ammazzato e appeso in piazza". Non vedo perche' si debbano seguire i cattivi esempi. E in ogni modo sull'uccisione di Mussolini senza processo e della Petacci la condanna fu molto diffusa anche tra gli appartenenti alla Resistenza, e soprattutto non fu un ordine di un governo. Una delle cose piu' gravi delle atroci vicende cui oggi assistiamo quasi senza sorpresa e' che un capo di stato nel corso del suo legittimo mandato ordina di uccidere a vista i suoi nemici dopo la conclusione della guerra. E quanto ai prigionieri della precedente, quella in Afghanistan, viola tutte le convenzioni e adesso dichiara che i detenuti a Guantanamo saranno giudicati da un tribunale segreto e se capita anche condannati a morte, tranne i due sudditi inglesi per i quali vige evidentemente un diritto speciale. Un tribunale segreto? sarebbe l'Inquisizione, oppure la Gpu, oppure il Kgb? La distruzione di ultime vestigia di civilta' giuridica continua senza opposizione, e quella che c'e' vien censurata. Gli Usa sono una grande nazione ricca di tradizioni di ogni genere: ma un glorioso passato non mette nessuno al riparo da rischi mortali e involuzioni paurose. Anche la Germania e' una grande nazione con tradizioni culturali, giuridiche e politiche eccellenti, la filosofia moderna, la musica, eccetera: cio' non la mise al riparo dal nazismo; anche l'Italia e' una nobile nazione ricca di tradizioni umane, culturali e artistiche eccellenti: ma cio' non ci mise al riparo dal fascismo. A certe cose bisogna opporsi subito e subito gridare "nessuno uccida Caino" dato che Saddam sia Caino. I prigionieri di guerra sono protetti dal diritto internazionale e qualsiasi accusa mossa a una entita' collettiva e' giuridicamente obbrobriosa: In Italia certo furono perseguiti e condannati per crimini dei fascisti, ma individualmente e su basi per lo piu' dimostrate (salvo possibili errori giudiziari, sempre rimediabili dove non esiste la pena di morte). Una delle prime azioni del governo della Liberazione fu del resto un'ampia amnistia per crimini commessi durante la guerra. 2. STRUMENTI. I QUADERNI DI "AZIONE NONVIOLENTA" [Dalle Edizioni del Movimento Nonviolento (per contatti: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo] La collana dei Quaderni, che si affianca al mensile "Azione nonviolenta", e ne riprende in modo piu' approfondito e organico alcuni temi, intende fornire a quanti si riconoscono nella posizione nonviolenta o vi sono orientati, degli strumenti immediati e agili di documentazione e di riflessione sugli aspetti piu' rilevanti del dibattito e dell'iniziativa nonviolenta in Italia e nel mondo. Direttore responsabile e' Pietro Pinna; direttore editoriale e' Mao Valpiana. Sono usciti finora, tutti richiedibili al prezzo unitario di 2 euro, i seguenti quaderni: 1) Giovanni Salio, Difesa armata o difesa popolare nonviolenta? 2) Giuliano Pontara, Il satyagraha; 3) Jeremy Bennet, La resistenza contro l'occupazione tedesca in Danimarca; 4) Lorenzo Milani, L'obbedienza non e' piu' una virtu'; 5) Skodvin Magne, Resistenza nonviolenta in Norvegia sotto l'occupazione tedesca; 6) Aldo Capitini, Teoria della nonviolenza; 7) Jean Marie Muller, Significato della nonviolenza; 8) Jean Marie Muller, Momenti e metodi dell'azione nonviolenta; 9) Charles Walker, Manuale per l'azione diretta nonviolenta; 10) Campagna osm, Paghiamo per la pace anziche' per la guerra; 11) Domenico Gallo, Dal dovere di obbedienza al diritto di resistenza; 12) Leonardo Basilissi, I cristiani e la pace; 13) Pat Patfoort, Una introduzione alla nonviolenza; 14) Martin Luther King, Lettera dal carcere di Birmingham; 15) Lev Tolstoj, La legge della violenza e la legge dell'amore (quaderno doppio, 4 euro); 16) Giovanni Salio, Elementi di economia nonviolenta; 17) AA. VV., Dieci parole della nonviolenza. I quaderni possono essere ordinati, al costo di 2 euro a quaderno, alla redazione di "Azione nonviolenta", anche per e-mail: azionenonviolenta at sis.it, e verranno inviati in contrassegno. Oppure versare l'importo sul ccp n. 10250363 intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. Per informazioni e contatti: "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org 3. MATERIALI. GUENTHER ANDERS: TESI SULL'ETA' ATOMICA [Ancora una volta ripubblichiamo questo breve ma capitale testo di Guenther Anders. Ancora una volta proponendolo a tutti i nostri interlocutori come una occasione di riflessione e come uno strumento ermeneutico. Guenther Anders e' stato forse il pensatore che con piu' rigore e concentrazione e tenacia ha pensato la condizione dell'umanita' nell'epoca delle armi che mettono in pericolo la sopravivvenza stessa della civilta' umana. Insieme a Hannah Arendt, ad Hans Jonas (e ad altre e altri, certo) e' tra gli ineludibili punti di riferimento del nostro riflettere e del nostro agire. Il testo riprendiamo dall'appendice all'edizione italiana del libro di Guenther Anders, Der Mann auf der Brueke. Tagebuch aus Hiroshima und Nagasaki, apparso col titolo Essere o non essere, presso Einaudi, Torino 1961, nella traduzione di Renato Solmi (questo maestro grande e generoso che cogliamo l'occasione per salutare). Come li' si specifica, queste Tesi sull' eta' atomica sono "un testo improvvisato dall'autore dopo un dibattito sui problemi morali dell'eta' atomica organizzato da un gruppo di studenti dell'Universita' di Berlino-Ovest, e uscito nell'ottobre 1960 nella rivista "Das Argument - Berliner Hefte fuer Politik und Kultur" [nota del traduttore]". Guenther Anders (pseudonimo di Guenther Stern, "anders" significa "altro" e fu lo pseudonimo assunto quando le riviste su cui scriveva gli chiesero di non comparire col suo vero cognome) e' nato a Breslavia nel 1902, fu allievo di Husserl e si laureo' in filosofia nel 1925. Costretto all'esilio dall'avvento del nazismo, trasferitosi negli Stati Uniti d'America, visse di disparati mestieri. Tornato in Europa nel 1950, si stabili' a Vienna. E' scomparso nel 1992. Strenuamente impegnato contro la violenza del potere e particolarmente contro il riarmo atomico, e' uno dei maggiori filosofi contemporanei. Opere di Guenther Anders: Essere o non essere, Einaudi, Torino 1961; La coscienza al bando. Il carteggio del pilota di Hiroshima Claude Eatherly e di Guenther Anders, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992 (col titolo: Il pilota di Hiroshima ovvero: la coscienza al bando); L'uomo e' antiquato, vol. I (sottotitolo: Considerazioni sull'anima nell'era della seconda rivoluzione industriale), Il Saggiatore, Milano 1963, poi Bollati Boringhieri, Torino 2003; L'uomo e' antiquato, vol. II (sottotitolo: Sulla distruzione della vita nell'epoca della terza rivoluzione industriale), Bollati Boringhieri, Torino 1992, 2003; Discorso sulle tre guerre mondiali, Linea d'ombra, Milano 1990; Opinioni di un eretico, Theoria, Roma-Napoli 1991; Noi figli di Eichmann, Giuntina, Firenze 1995; Stato di necessita' e legittima difesa, Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole (Fi) 1997. Si vedano inoltre: Kafka. Pro e contro, Corbo, Ferrara 1989; Uomo senza mondo, Spazio Libri, Ferrara 1991; Patologia della liberta', Palomar, Bari 1993. In rivista testi di Anders sono stati pubblicati negli ultimi anni su "Comunita'", "Linea d'ombra", "Micromega". Su Anders cfr. ora la bella monografia di Pier Paolo Portinaro, Il principio disperazione. Tre studi su Guenther Anders, Bollati Boringhieri, Torino 2003] Tesi sull'eta' atomica * Hiroshima come stato del mondo. Il 6 agosto 1945, giorno di Hiroshima, e' cominciata un nuova era: l'era in cui possiamo trasformare in qualunque momento ogni luogo, anzi la terra intera, in un'altra Hiroshima. Da quel giorno siamo onnipotenti modo negativo; ma potendo essere distrutti ad ogni momento, cio' significa anche che da quel giorno siamo totalmente impotenti. Indipendentemente dalla sua lunghezza e dalla sua durata, quest'epoca e' l'ultima: poiche' la sua differenza specifica, la possibilita' dell'autodistruzione del genere umano, non puo' aver fine - che con la fine stessa. * Eta' finale e fine dei tempi. La nostra vita si definisce quindi come "dilazione"; siamo quelli-che-esistono-ancora. Questo fatto ha trasformato il problema morale fondamentale: alla domanda "Come dobbiamo vivere?" si e' sostituita quella: "Vivremo ancora?". Alla domanda del "come" c'e' - per noi che viviamo in questa proroga - una sola risposta: "Dobbiamo fare in modo che l'eta' finale, che potrebbe rovesciarsi ad ogni momento in fine dei tempi, non abbia mai fine; o che questo rovesciamento non abbia mai luogo". Poiche' crediamo alla possibilita' di una "fine dei tempi", possiamo dirci apocalittici; ma poiche' lottiamo contro l"apocalissi da noi stessi creata, siamo (e' un tipo che non c'e' mai stato finora) "nemici dell'apocalissi". * Non armi atomiche nella situazione politica, ma azioni politiche nella situazione atomica. La tesi apparentemente plausibile che nell'attuale situazione politica ci sarebbero (fra l'altro) anche "armi atomiche", e' un inganno. Poiche' la situazione attuale e' determinata esclusivamente dall'esistenza di "armi atomiche", e' vero il contrario: che le cosiddette azioni politiche hanno luogo entro la situazione atomica. * Non arma ma nemico. Cio' contro cui lottiamo, non e' questo o quell'avversario che potrebbe essere attaccato o liquidato con mezzi atomici, ma la situazione atomica in se'. Poiche' questo nemico e' nemico di tutti gli uomini, quelli che si sono considerati finora come nemici dovrebbero allearsi contro la minaccia comune. Organizzazioni e manifestazioni pacifiche da cui sono esclusi proprio quelli con cui si tratta di creare la pace, si risolvono in ipocrisia, presunzione compiaciuta e spreco di tempo. * Carattere totalitario della minaccia atomica. La tesi prediletta da Jaspers fino a Strauss suona: "La minaccia totalitaria puo' essere neutralizzata solo con la minaccia della distruzione totale". E' un argomento che non regge. 1) La bomba atomica e' stata impiegata, e in una situazione in cui non c'era affatto il pericolo, per chi la impiego', di soccombere a un potere totalitario. 2) L'argomento e' un relitto dell'epoca del monopolio atomico; oggi e' un argomento suicida. 3) Lo slogan "totalitario" e' desunto da una situazione politica, che non solo e' gia' essenzialmente mutata, ma continuera' a cambiare; mentre la guerra atomica esclude ogni possibilita' di trasformazione. 4) La minaccia della guerra atomica, della distruzione totale, e' totalitaria per sua natura: poiche' vive del ricatto e trasforma la terra in un solo Lager senza uscita. Adoperare, nel preteso interesse della liberta', l'assoluta privazione della stessa, e' il non plus ultra dell'ipocrisia. * Cio' che puo' colpire chiunque riguarda chiunque. Le nubi radioattive non badano alle pietre miliari, ai confini nazionali o alle "cortine". Cosi', nell'eta' finale, non ci sono piu' distanze. Ognuno puo' colpire chiunque ed essere colpito da chiunque. Se non vogliamo restare moralmente indietro agli effetti dei nostri prodotti (che non ci procurerebbe solo ignominia mortale, ma morte ignominiosa), dobbiamo fare in modo che l'orizzonte di cio' che ci riguarda, e cioe' l'orizzonte della nostra responsabilita', coincida con l'orizzonte entro il quale possiamo colpire o essere colpiti; e cioe' che diventi anch'esso globale. Non ci sono piu' che "vicini". * Internazionale delle generazioni. Cio' che si tratta di ampliare, non e' solo l'orizzonte spaziale della responsabilita' per i nostri vicini, ma anche quello temporale. Poiche' le nostre azioni odierne, per esempio le esplosioni sperimentali, toccano le generazioni venture, anch'esse rientrano nell'ambito del nostro presente. Tutto cio' che e' "venturo" e' gia' qui, presso di noi, poiche' dipende da noi. C'e', oggi, un'"internazionale delle generazioni", a cui appartengono gia' anche i nostri nipoti. Sono i nostri vicini nel tempo. Se diamo fuoco alla nostra casa odierna, il fuoco si appicca anche al futuro, e con la nostra cadono anche le case non ancora costruite di quelli che non sono ancora nati. E anche i nostri antenati appartengono a questa "internazionale": poiche' con la nostra fine perirebbero anch'essi, per la seconda volta (se cosi' si puo' dire) e definitivamente. Anche adesso sono "solo stati"; ma con questa seconda morte sarebbero stati solo come se non fossero mai stati. * Il nulla non concepito. Cio' che conferisce il massimo di pericolosita' al pericolo apocalittico in cui viviamo, e' il fatto che non siamo attrezzati alla sua stregua, che siamo incapaci di rappresentarci la catastrofe. Raffigurarci il non-essere (la morte, ad esempio, di una persona cara) e' gia' di per se' abbastanza difficile; ma e' un gioco da bambini rispetto al compito che dobbiamo assolvere come apocalittici consapevoli. Poiche' questo nostro compito non consiste solo nel rappresentarci l'inesistenza di qualcosa di particolare, in un contesto universale supposto stabile e permanente, ma nel supporre inesistente questo contesto, e cioe' il mondo stesso, o almeno il nostro mondo umano. Questa "astrazione totale" (che corrisponderebbe, sul piano del pensiero e dell'immaginazione, alla nostra capacita' di distruzione totale) trascende le forze della nostra immaginazione naturale. "Trascendenza del negativo". Ma poiche', come homines fabri, siamo capaci di tanto (siamo in grado di produrre il nulla totale), la capacita' limitata della nostra immaginazione (la nostra "ottusita'") non deve imbarazzarci. Dobbiamo (almeno) tentare di rappresentarci anche il nulla. * Utopisti a rovescio. Ecco quindi il dilemma fondamentale della nostra epoca: "Noi siamo inferiori a noi stessi", siamo incapaci di farci un'immagine di cio' che noi stessi abbiamo fatto. In questo senso siamo "utopisti a rovescio": mentre gli utopisti non sanno produrre cio' che concepiscono, noi non sappiamo immaginare cio' che abbiamo prodotto. * Lo "scarto prometeico". Non e' questo un fatto fra gli altri; esso definisce, invece, la situazione morale dell'uomo odierno: la frattura che divide l'uomo (o l'umanita') non passa, oggi, fra lo spirito e la carne, fra il dovere e l'inclinazione, ma fra la nostra capacita' produttiva e la nostra capacita' immaginativa. Lo "scarto prometeico". * Il "sopraliminare". Questo "scarto" non divide solo immaginazione e produzione, ma anche sentimento e produzione, responsabilita' e produzione. Si puo' forse immaginare, sentire, o ci si puo' assumere la responsabilita', dell'uccisione di una persona singola; ma non di quella di centomila. Quanto piu' grande e' l'effetto possibile dell'agire, e tanto piu' e' difficile concepirlo, sentirlo e poterne rispondere; quanto piu' grande lo "scarto", tanto piu' debole il meccanismo inibitorio. Liquidare centomila persone premendo un tasto, e' infinitamente piu' facile che ammazzare una sola persona. Al "subliminare", noto dalla psicologia (lo stimolo troppo piccolo per provocare gia' una reazione), corrisponde il "sopraliminare": cio' che e' troppo grande per provocare ancora una reazione (per esempio un meccanismo inibitorio). * La sensibilita' deforma, la fantasia e' realistica. Poiche' il nostro orizzonte vitale (l'orizzonte entro cui possiamo colpire ed essere colpiti) e l'orizzonte dei nostri effetti e' ormai illimitato, siamo tenuti, anche se questo tentativo contraddice alla "naturale ottusita'" della nostra immaginazione, a immaginare questo orizzonte illimitato. Nonostante la sua naturale insufficienza, e' solo l'immaginazione che puo' fungere da organo della verita'. In ogni caso, non e' certo la percezione. Che e' una "falsa testimone": molto, ma molto piu' falsa di quanto avesse inteso ammonire la filosofia greca. Poiche' la sensibilita' e' - per principio - miope e limitata e il suo orizzonte assurdamente ristretto. La terra promessa degli "escapisti" di oggi non e' la fantasia, ma la percezione. Di qui il nostro (legittimo) disagio e la nostra diffidenza verso i quadri normali (dipinti, cioe', secondo la prospettiva normale): benche' realistici in senso tradizionale, sono (proprio loro) irrealistici, perche' sono in contrasto con la realta' del nostro mondo dagli orizzonti infinitamente dilatati. * Il coraggio di aver paura. La viva "rappresentazione del nulla" non si identifica con cio' che si intende in psicologia per "rappresentazione"; ma si realizza in concreto come angoscia. Ad essere troppo piccolo, e a non corrispondere alla realta' e al grado della minaccia, e' quindi il grado della nostra angoscia. - Nulla di piu' falso della frase cara alle persone di mezza cultura, per cui vivremmo gia' nell'"epoca dell'angoscia". Questa tesi ci e' inculcata dagli agenti ideologici di coloro che temono solo che noi si possa realizzare sul serio la vera paura, adeguata al pericolo. Noi viviamo piuttosto nell'epoca della minimizzazione e dell'inettitudine all'angoscia. L'imperativo di allargare la nostra immaginazione significa quindi in concreto che dobbiamo estendere e allargare la nostra paura. Postulato: "Non aver paura della paura, abbi coraggio di aver paura. E anche quello di far paura. Fa' paura al tuo vicino come a te stesso". Va da se' che questa nostra angoscia deve essere di un tipo affatto speciale: 1) Un'angoscia senza timore, poiche' esclude la paura di quelli che potrebbero schernirci come paurosi. 2) Un'angoscia vivificante, poiche' invece di rinchiuderci nelle nostre stanze ci fa uscire sulle piazze. 3) Un'angoscia amante, che ha paura per il mondo, e non solo di cio' che potrebbe capitarci. * Fallimento produttivo. L'imperativo di allargare la portata della nostra immaginazione e della nostra angoscia finche' corrispondano a quella di cio' che possiamo produrre e provocare, si rivelera' continuamente irrealizzabile. Non e' nemmeno detto che questi tentativi ci consentano di fare qualche passo in avanti. Ma anche in questo caso non dobbiamo lasciarci spaventare; il fallimento ripetuto non depone contro la ripetizione del tentativo. Anzi, ogni nuovo insuccesso e' salutare, poiche' ci mette in guardia contro il pericolo di continuare a produrre cio' che non possiamo immaginare. * Trasferimento della distanza. Riassumendo cio' che si e' detto sulla "fine delle distanze" e sullo "scarto" tra le varie facolta' (e solo cosi' ci si puo' fare un'idea completa della situazione), risulta che le distanze spaziali e temporali sono state bensi' "soppresse"; ma questa soppressione e' stata pagata a caro prezzo con una nuova specie di "distanza": quella, che diventa ogni giorno piu' grande, fra la produzione e la capacita' di immaginare cio' che si produce. * Fine del comparativo. I nostri prodotti e i loro effetti non sono solo diventati maggiori di cio' che possiamo concepire (sentire, o di cui possiamo assumerci la responsabilita'), ma anche maggiori di cio' che possiamo utilizzare sensatamente. E' noto che la nostra produzione e la nostra offerta superano spesso la nostra domanda (e ci costringono a produrre appositamente nuovi bisogni e richieste); ma la nostra offerta trascende addirittura il nostro bisogno, consiste di cose di cui non possiamo avere bisogno: cose troppo grandi in senso assoluto. Cosi' ci siamo messi nella situazione paradossale di dover addomesticare i nostri stessi prodotti; di doverli addomesticare come abbiamo addomesticato finora le forze della natura. I nostri tentativi di produrre armi cosiddette "pulite", sono senza precedenti nel loro genere: poiche' con essi cerchiamo di migliorare certi prodotti peggiorandoli, e cioe' diminuendo i loro effetti. L'aumento dei prodotti non ha quindi piu' senso. Se il numero e gli effetti delle armi gia' oggi esistenti bastano a raggiungere il fine assurdo della distruzione del genere umano, l'aumento e miglioramento della produzione, che continuano ancora su larghissima scala, sono ancora piu' assurdi; e dimostrano che i produttori non si rendono conto, in definitiva, di che cosa hanno prodotto. Il comparativo - principio del progresso e della concorrenza - ha perduto ogni senso. Piu' morto che morto non e' possibile diventare. Distruggere meglio di quanto gia' si possa, non sara' possibile neppure in seguito. * Richiamarsi alla competenza e' prova d'incompetenza morale. Sarebbe una leggerezza pensare (come fa, per esempio, Jaspers) che i "signori dell'apocalissi", quelli che sono responsabili delle decisioni, grazie a posizioni di potere politico o militare comunque acquisite, siano piu' di noi all'altezza di queste esigenze schiaccianti, o che sappiano immaginare l'inaudito meglio di noi, semplici "morituri"; o anche solo che siano consapevoli di doverlo fare. Assai piu' legittimo e' il sospetto: che ne siano affatto inconsapevoli. Ed essi lo provano dicendo che noi siamo incompetenti nel "campo dei problemi atomici e del riarmo", e invitandoci a non "immischiarci". L'uso di questi termini e' addirittura la prova della loro incompetenza morale: poiche' in tal modo essi mostrano di credere che la loro posizione dia loro il monopolio e la competenza per decidere del "to be or not to be" dell'umanita'; e di considerare l'apocalissi come un "ramo specifico". E' vero che molti di loro si appellano alla "competenza" solo per mascherare il carattere antidemocratico del loro monopolio. Se la parola "democrazia" ha un senso, e' proprio quello che abbiamo il diritto e il dovere di partecipare alle decisioni che concernono la "res publica", che vanno, cioe', al di la' della nostra competenza professionale e non ci riguardano come professionisti, ma come cittadini o come uomini. E non si puo' dire che cosi' facendo ci "immischiamo" di nulla, poiche' come cittadini e come uomini siamo "immischiati" da sempre, perche' anche noi siamo la "res publica". E un problema piu' "pubblico" dell'attuale decisione sulla nostra sopravvivenza non c'e' mai stato e non ci sara' mai. Rinunciando a "immischiarci", mancheremmo anche al nostro dovere democratico. * Liquidazione dell'"agire". La distruzione possibile dell'umanita' appare come un'"azione"; e chi collabora ad essa come un individuo che agisce. E' giusto? Si' e no. Perche' no? Perche' l'"agire"" in senso behavioristico non esiste pressoche' piu'. E cioe': poiche' cio' che un tempo accadeva come agire, ed era inteso come tale dall'agente, e' stato sostituito da processi di altro tipo: 1) dal lavorare; 2) dall'azionare. 1) Lavoro come surrogato dell'azione. Gia' quelli che erano impiegati negli impianti di liquidazione hitleriani non avevano "fatto nulla", credevano di non aver fatto nulla perche' si erano limitati a "lavorare". Per questo "lavorare" intendo quel tipo di prestazione (naturale e dominante, nella fase attuale della rivoluzione industriale) in cui l'eidos del lavoro rimane invisibile per chi lo esegue, anzi, non lo riguarda piu', e non puo' ne' deve piu' riguardarlo. Caratteristica del lavoro odierno e' che esso resta moralmente neutrale: "non olet", nessuno scopo (per quanto cattivo) del suo lavoro puo' macchiare chi lo esegue. A questo tipo dominante di prestazione sono oggi assimilate quasi tutte le azioni affidate agli uomini. Lavoro come mimetizzamento. Questo mimetizzamento evita all'autore di un eccidio di sentirsi colpevole, poiche' non solo non occorre rispondere del lavoro che si fa, ma esso - in teoria - non puo' rendere colpevoli. Stando cosi' le cose, dobbiamo rovesciare l'equazione attuale ("ogni agire e' lavorare") nell'altra: "ogni lavorare e' un agire". 2) Azionare come surrogato del lavoro. Cio' che vale per il lavoro, vale a maggior ragione per l'azionare, poiche' l'azionare e' il lavoro in cui e' abolito anche il carattere specifico del lavoro: lo sforzo e il senso dello sforzo. Azionare come mimetizzamento. Oggi, in realta', si puo' fare in tal modo pressoche' tutto, si puo' avviare una serie di azionamenti successivi schiacciando un solo bottone; compreso, quindi, il massacro di milioni. In questo caso (dal punto di vista behavioristico) questo intervento non e' piu' un lavoro (per non parlare di un'azione). Propriamente parlando non si fa nulla (anche se l'effetto di questo non-far-nulla e' il nulla e l'annientamento). L'uomo che schiaccia il tasto (ammesso che sia ancora necessario) non si accorge piu' nemmeno di fare qualcosa; e poiche' il luogo dell'azione e quello che la subisce non coincidono piu', poiche' la causa e l'effetto sono dissociati, non puo' vedere che cosa fa. "Schizotopia", in analogia a "schizofrenia". E' chiaro che solo chi arriva a immaginare l'effetto ha la possibilita' della verita'; la percezione non serve a nulla. Questo genere di mimetizzamento e' senza precedenti: mentre prima i mimetizzamenti miravano a impedire alla vittima designata dell'azione, e cioe' al nemico, di scorgere il pericolo imminente (o a proteggere gli autori dal nemico), oggi il mimetizzamento mira solo a impedire all'autore di sapere quello che fa. In questo senso anche l'autore e' una vittima; in questo senso Eatherly e' una delle vittime della sua azione. * Le forme menzognere della menzogna attuale. Gli esempi di mascheramento ci istruiscono sul carattere della menzogna attuale. Poiche' oggi le menzogne non hanno piu' bisogno di figurare come asserzioni ("fine delle ideologie"). La loro astuzia consiste proprio nello scegliere forme di travestimento davanti a cui non puo' piu' sorgere il sospetto che possa trattarsi di menzogne; e cio' perche' questi travestimenti non sono piu' asserzioni. Mentre le menzogne, finora, si erano camuffate ingenuamente da verita', ora si camuffano in altre guise: 1) Al posto di false asserzioni subentrano parole singole, che danno l'impressione di non affermare ancora nulla, anche se, in realta', hanno gia' in se' il loro (bugiardo) predicato. Cosi', per esempio, l'espressione "armi atomiche" e' gia' un'asserzione menzognera, poiche' sottintende, poiche' da' per scontato, che si tratta di armi. 2) Al posto di false asserzioni sulla realta' subentrano (e siamo al punto che abbiamo appena trattato) realta' falsificate. Cosi' determinate azioni, presentandosi come "lavori", sono rese diverse e irriconoscibili; cose' irriconoscibili, e diverse da un'azione, che non rivelano piu' (neppure all'agente) quello che sono (e cioe' azioni); e gli permettono, purche' lavori "coscienziosamente', di essere un criminale con la miglior coscienza del mondo. 3) Al posto di false asserzioni subentrano cose. Finche' l'agire si traveste ancora da "lavorare", e' pur sempre l'uomo ad essere attivo; anche se non sa che cosa fa lavorando, e cioe' che agisce. La menzogna celebra il suo trionfo solo quando liquida anche quest'ultimo residuo: il che e' gia' accaduto. Poiche' l'agire si e' trasferito (naturalmente in seguito all'agire degli uomini) dalle mani dell'uomo in tutt'altra sfera: in quella dei prodotti. Essi sono, per cosi' dire, "azioni incarnate". La bomba atomica (per il semplice fatto di esistere) e' un ricatto costante: e nessuno potra' negare che il ricatto e' un'azione. Qui la menzogna ha trovato la sua forma piu' menzognera: non ne sappiamo nulla, abbiamo le mani pulite, non c'entriamo. Assurdita' della situazione: nell'atto stesso in cui siamo capaci dell'azione piu' enorme - la distruzione del mondo - l'"agire", in apparenza, e' completamente scomparso. Poiche' la semplice esistenza dei nostri prodotti e' gia' un "agire", la domanda consueta: che cosa dobbiamo "fare" dei nostri prodotti (se, ad esempio, dobbiamo usarli solo come "deterrent"), e' una questione secondaria, anzi fallace, in quanto omette che le cose, per il fatto stesso di esistere, hanno sempre agito. * Non reificazione, ma pseudopersonalizzazione. Con l'espressione "reificazione" non si coglie il fatto che i prodotti sono, per cosi' dire, "agire incarnato", poiche' essa indica esclusivamente il fatto che l'uomo e' ridotto qui alla funzione di cosa; ma si tratta invece dell'altro lato (trascurato, finora, dalla filosofia) dello stesso processo: e cioe' del fatto che cio' che e' sottratto all'uomo dalla reificazione, si aggiunge ai prodotti: i quali, facendo qualcosa gia' per il semplice fatto di esistere, diventano pseudopersone. * Le massime delle pseudopersone. Queste pseudopersone hanno i loro rigidi principii. Cosi', per esempio, il principio delle "armi atomiche" e' affatto nichilistico, poiche' per esse "tutto e' uguale". In esse il nichilismo ha toccato il suo culmine, dando luogo all'"annichilismo" piu' totale. Poiche' il nostro agire si e' trasferito nel lavoro e nei prodotti, un esame di coscienza non puo' consistere oggi soltanto nell'ascoltare la voce nel nostro petto, ma anche nel captare i principii e le massime mute dei nostri lavori e dei nostri prodotti; e nel revocare e rendere inoperante quel trasferimento: e cioe' nel compiere solo quei lavori dei cui effetti potremmo rispondere anche se fossero effetti del nostro agire diretto; e nell'avere solo quei prodotti la cui presenza "incarna" un agire che potremmo assumerci come agire personale. * Macabra liquidazione dell'ostilita'. Se il luogo dell'azione e quello che la subisce sono, come si e' detto, dissociati, e non si soffre piu' nel luogo dell'azione, l'agire diventa agire senza effetto visibile, e il subire subire senza causa riconoscibile. Si determina cosi' un'assenza d'ostilita', peraltro affatto fallace. La guerra atomica possibile sara' la piu' priva d'odio che si sia mai vista. Chi colpisce non odiera' il nemico, poiche' non potra' vederlo; e la vittima non odiera' chi lo colpisce, poiche' questi non sara' reperibile. Nulla di piu' macabro di questa mitezza (che non ha nulla a che fare con l'amore positivo). Cio' che piu' sorprende nei racconti delle vittime di Hiroshima, e' quanto poco (e con che poco odio) vi siano ricordati gli autori del colpo. Certo l'odio sara' ritenuto indispensabile anche in questa guerra, e sara' quindi prodotto come articolo a se'. Per alimentarlo, si indicheranno (e, al caso, s'inventeranno) oggetti d'odio ben visibili e identificabili, "ebrei" di ogni tipo; in ogni caso nemici interni: poiche' per poter odiare veramente occorre qualcosa che possa cadere in mano. Ma quest'odio non potra' entrare minimamente in rapporto con le azioni di guerra vere e proprie: e la schizofrenia della situazione si rivelera' anche in cio', che odiare e colpire saranno rivolti a oggetti completamente diversi. * Non solo per quest'ultima tesi, ma per tutte quelle qui formulate, bisogna aggiungere che sono state scritte perche' non risultino vere. Poiche' esse potranno non avverarsi solo se terremo continuamente presente la loro alta probabilita', e se agiremo in conseguenza. Nulla di piu' terribile che aver ragione. Ma a quelli che, paralizzati dalla fosca probabilita' della catastrofe, si perdono di coraggio, non resta altro che seguire, per amore degli uomini, la massima cinica: "Se siamo disperati, che ce ne importa? Continuiamo come se non lo fossimo!". 4. MAESTRI. NORBERTO BOBBIO: IL VOLTO DI UN BAMBINO [Da Norberto Bobbio, Elogio della mitezza, Linea d'ombra, Milano 1994, p. 154. Norberto Bobbio e' nato a Torino nel 1909, antifascista, filosofo della politica e del diritto, e' autore di opere fondamentali sui temi della democrazia, dei diritti umani, della pace. E' uno dei piu' prestigiosi intellettuali italiani viventi. Opere di Norberto Bobbio: per la biografia (che si intreccia con decisive vicende e cruciali dibattiti della storia italiana di questo secolo) si vedano il volume di scritti autobiografici De Senectute, Einaudi, Torino 1996; e l'Autobiografia, Laterza, Roma-Bari 1997; tra i suoi libri di testimonianze su amici scomparsi (alcune delle figure piu' alte dell'impegno politico, morale e intellettuale del Novecento) cfr. almeno Italia civile, Maestri e compagni, Italia fedele, La mia Italia, tutti presso l'editore Passigli, Firenze. Per la sua riflessione sulla democrazia cfr. Il futuro della democrazia; Stato, governo e societa'; Eguaglianza e liberta'; tutti presso Einaudi, Torino. Sui diritti umani si veda L'eta' dei diritti, Einaudi, Torino 1990. Sulla pace si veda Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna, varie riedizioni; Il terzo assente, Sonda, Torino 1989; Una guerra giusta?, Marsilio, Venezia 1991; Elogio della mitezza, Linea d'ombra, Milano 1994. A nostro avviso indispensabile e' anche la lettura di Politica e cultura, Einaudi, Torino 1955, 1977; Profilo ideologico del Novecento, Garzanti, Milano 1990; Teoria generale del diritto, Giappichelli, Torino 1993. Opere su Norberto Bobbio: segnaliamo almeno Enrico Lanfranchi, Un filosofo militante, Bollati Boringhieri, Torino 1989; Piero Meaglia, Bobbio e la democrazia: le regole del gioco, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1994; Tommaso Greco, Norberto Bobbio, Donzelli, Roma 2000] Per convincersi della sostanziale unita' del genere umano non c'e' bisogno di escogitare argomenti filosofici. Basta guardare il volto di un bambino in ogni parte del mondo. 5. MAESTRI. PAULO FREIRE: AMORE E CORAGGIO [Da Paulo Freire, L'educazione come pratica della liberta', Mondadori, Milano 1973, 1977, p. 117. Paulo Freire e' nato a Recife (Brasile) nel 1921; nel 1961 ha fondato il Movimento di cultura popolare, cominciando ad elaborare ed applicare il metodo di alfabetizzazione legato al suo nome; nel 1964 dopo il colpo di stato militare e' imprigionato; successivamente e' costretto all'esilio; tra i massimi esperti di problematiche educative (con particolar riferimento al Sud del mondo), ha continuato la ricerca e l'attivita' di alfabetizzazione in varie parti del pianeta; e' deceduto nel 1997. Opere di Paulo Freire: La pedagogia degli oppressi, Mondadori, Milano 1980; L'educazione come pratica della liberta', Mondadori, Milano 1977; Pedagogia in cammino, Mondadori, Milano 1979. Cfr. anche il libro-intervista a cura di Edson Passetti, Conversazioni con Paulo Freire, Eleuthera, Milano 1996. Opere su Paulo Freire: Moacir Gadotti, Leggendo Paulo Freire, Sei, Torino 1995; Leandro Rossi, Paulo Freire profeta di liberazione, Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi 1998; ovviamente di Freire si occupano pressoche' tutti i manuali recenti di teoria e storia della pedagogia contemporanea. Per un rapido avvio alla conoscenza cfr. anche Stefano Del Grande (a cura di), Memorabilia: Paulo Freire, fascicolo monografico del "Notiziario Cdp" n. 161, gennaio-febbraio 1999, Centro di documentazione di Pistoia] L'educazione e' un atto di amore, percio' un atto di coraggio. Non si puo' aver paura del dibattito, dell'analisi della realta'. Non si puo' sfuggire alla discussione creatrice, se non si vuole trasformare tutto in una farsa. 6. MAESTRE. VIRGINIA WOOLF: DUE FRAMMENTI DA "UNA STANZA TUTTA PER SE'" [Da Virginia Woolf, Una stanza tutta per se', Newton Compton, Roma 1993, p. 23 e p. 90. Virginia Woolf, scrittrice tra le piu' grandi del Novecento, nacque a Londra nel 1882, promotrice di esperienze culturali ed editoriali di grande rilievo, oltre alle sue opere letterarie scrisse saggi di cui alcuni fondamentali per una cultura della pace. Mori' suicida nel 1941. E' uno dei punti di riferimento della riflessione dei movimenti delle donne, di liberazione, per la pace. Opere di Virginia Woolf: le sue opere sono state tradotte da vari editori, un'edizione di Tutti i romanzi (in due volumi, comprendenti La crociera, Notte e giorno, La camera di Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro, Orlando, Le onde, Gli anni, Tra un atto e l'altro) e' stata qualche anno fa pubblicata in una collana ultraeconomica dalla Newton Compton di Roma. Tra i saggi due sono particolarmente importanti per una cultura della pace: Una stanza tutta per se', Newton Compton, Roma 1993; Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1987. Numerosissime sono le opere su Virginia Woolf: segnaliamo almeno Quentin Bell, Virginia Woolf, Garzanti, Milano 1974; Mirella Mancioli Billi, Virginia Woolf, La Nuova Italia, Firenze 1975; Paola Zaccaria, Virginia Woolf, Dedalo, Bari 1980. segnaliamo anche almeno le pagine di Erich Auerbach, "Il calzerotto marrone", in Mimesis, Einaudi, Torino 1977] Ma, direte, Le abbiamo chiesto di parlare delle donne e il romanzo - cosa c'entra avere una stanza tutta per se'? (...) La liberta' intellettuale dipende da cose materiali. La poesia dipende dalla liberta' intellettuale. E le donne sono sempre state povere, non solo in questi ultimi duecento anni, ma dall'inizio dei tempi. Le donne hanno avuto meno liberta' intellettuale dei figli degli schiavi ateniesi. Percio' le donne non hanno avuto uno straccio di opportunita' di scrivere poesia. Per questo ho insistito tanto sul denaro e sulla stanza tutta per se'. 7. POESIA E VERITA'. MAXINE KUMIN: DOPO L'AMORE [Da AA. VV. (a cura di Nadia Fusini e Mariella Gramaglia), La poesia femminista, Savelli, Roma 1974, p. 167; la poesia che riportiamo reca in calce la data del 1970. Poetessa americana nata nel 1925, Maxine Kumin, come recita la nota di presentazione contenuta in questa antologia di testi poetici del movimento femminista (soprattutto americani) "ha pubblicato molti libri tra cui The privilege, Up country, Trough dooms of love, e libri per bambini. Insegna"; piu' recentemente ha pubblicato tra l'altro Nurture (1989); Looking for luck: poems (1992); Connecting the dots: poems (1996); oltre a varie raccolte di versi ha pubblicato anche opere narrative e saggistiche] Dopo, il compromesso. I corpi ritornano nei loro confini. Queste gambe, ad esempio, sono mie. Le tue braccia ti riaccolgono. Cucchiai delle nostre dita, le labbra riconoscono i loro padroni. Le lenzuola sbadigliano, una porta si schiude per inerzia e da sopra discende un aereo cantilenando. Niente e' cambiato, salvo che c'e' stato un momento in cui il lupo, il lupo maligno che aspetta l'io al varco s'abbandono' lieve, e s'addormento'. 8. LIBRI. PIER MATTIA TOMMASINO PRESENTA "ISTRUZIONI PER UN GENOCIDIO" DI DANIELE SCAGLIONE [Dal quotidiaiano "Il manifesto" del 31 luglio 2003. Pier Mattia Tommasino collabora al quotidiano citato. Daniele Scaglione e' impegnato in Amnesty International, della cui sezione italiana e' stato presidente] Alla luce della visita che Bush ha condotto in vari paesi africani, per estendere anche all'Africa il nuovo ordine mondiale, sarebbe utile sfogliare Istruzioni per un genocidio, di Daniele Scaglione, appena pubblicato dalle Edizioni Gruppo Abele (pp. 160, euro 12). Tra l'oblio totale dell'Africa, e il vagheggiamento letterario degli afflitti di mal d'Africa che, nella loro nostalgia di scrittori-viaggiatori, cercano di "vomitare questa sporca anima europea", vi sarebbe una terza possibilita'. La prefazione di Mimmo Candido individua questa terza via proprio nel libro-ricerca di Scaglione. Scrive l'autore: "L'11 settembre del 2001 l'attentato al World Trade Center ha causato la morte di 2.893 persone. Dal 6 aprile al 19 luglio del 1994 e' come se in Rwanda le Twin Towers fossero state abbattute tre volte al giorno. Tre volte al giorno, entrambe le torri distrutte, per 104 giorni di fila". Questa sembra la linea adottata dall'autore, linea di denuncia e memoria di un massacro che non puo' essere dimenticato, soprattutto ora che gli Usa tornano, con la loro prepotenza, a dettare legge e promettere aiuti nel continente africano. A quasi dieci anni dal massacro rwandese, l'autore ricostruisce il genocidio del 1994, "secondo solo a Auschiwitz", ripercorrendo la storia del paese dall'indipendenza ai giorni del massacro, e mette in luce la connivenza dell'Occidente e le conseguenze di quel massacro, ad esempio la guerra nel Congo (oggi di estrema attualita', accanto alla situazione liberiana, alle rivolte in Burundi, agli scioperi in Nigeria) e la sconfitta dell'Onu come organo "portatore di pace". Scaglione, presidente di Amnesty International per quattro anni, ed esperto del "paese dalle mille colline", svela come le divisioni etniche siano state portate alle estreme conseguenze dal colonialismo, tedesco prima e belga poi, che ha consegnato il potere nelle mani della minoranza tutsi, potere rovesciato dagli hutu che prenderanno il comando dopo la "rivoluzione sociale" del 1961, proclamando la Repubblica del Rwanda, guidata da Kayibanda e in seguito dal corrotto Habyarimana, con l'aiuto del clan Akazu e della Francia di Mitterand. L'autore, forse immedesimandosi troppo nella figura di Romeo Dallaire, il generale "inascoltato" che guidava i caschi blu in Rwanda, denuncia le colpe dell'Onu (nelle persone di Boutros Ghali, Kofi Annan, Iqbal Riza, Maurice Baril) definendole "crimini politici", della chiesa cattolica rwandese e degli Usa, cosi' solletici a preventivare guerre ma non a prevenire massacri, che non sono riusciti o non hanno voluto, dopo le sconfitte dell'Unosom in Somalia, sradicare l'Hutu Power e fermare il genocidio dei tutsi. Al catastrofico fallimento dell'Unamir avrebbe contribuito l'ingerenza della Francia che, per confermare la propria presenza nella ricca zona dei Laghi, ha trasformato in pochi anni il piccolo paese centro africano in un arsenale da guerra. La causa del genocidio non fu "uno scontro folle di risentimenti tribali", come fu detto dai mezzi di distrazione di massa occidentali, ma una pianificazione raffinatissima che utilizzo' radio, giornali e cantautori (alla stregua di Julius Streicher che dalle pagine del suo "Der Stuermer" incitava allo sterminio degli ebrei) per fomentare tutte le classi sociali e fornire le liste dei tutsi da uccidere. Il genocidio era ben noto, ma fu ignorato anche da altre nazioni europee, compresa l'Italia, che furono scrupolosissime a evacuare i loro connazionali dalla capitale Kigali, e a dimenticare le migliaia di rwandesi che finivano sgozzati sotto i machete degli interhamwe, ubriachi di birra di banane. Scaglione, dotato di una distesa narrazione piu' che di fine analisi politica, ci lascia con il suo libro anche un tentativo di analisi del ruolo degli attivisti per i diritti umani, che ha tutto il sapore del mea culpa: "Noi di Amnesty International siamo stati colti impreparati dai fatti del Rwanda, forse perche' impegnati allo spasimo a indagare le violazioni dei diritti umani in tutto il mondo non ne abbiamo colto la specificita', l'unicita'. Probabilmente non abbiamo ancora riflettuto a sufficienza su quale lezione dovremmo trarre da quell'evento". Il lettore potrebbe chiedersi in che direzione si rivolga la riflessione di Kofi Annan su quegli eventi. Secondo quanto riporta un'intervista fatta per il "New Yorker" di Philip Gourevitch e apparsa in Italia su "Internazionale" (18-23 aprile 2003), le reazioni di Annan, che visito' il Rwanda nel 1998, furono contrastanti. Prima espresse il suo cordoglio: "Dobbiamo ammettere che il mondo ha abbandonato il Rwanda in quel periodo di malvagita'", ma a chi commentava il fatto che l'allarme di Dallaire fosse stato lanciato tre mesi prima del genocidio, rispose: "E' aria fritta e rifritta". Il suo imbarazzo fu risolto un anno dopo quando dichiaro' il suo fallimento: "A nome delle Nazioni Unite riconosco questo fallimento ed esprimo il mio piu' profondo rimorso". Ci concediamo ancora una nota di Scaglione che, in questi tempi di caccia alle streghe saracene e di crociata culturale, dovrebbe far riflettere: "L'unica comunita' religiosa che sin dall'inizio contrasto' senza ambiguita' il genocidio fu quella musulmana". 9. RILETTURE. JOSE' ANTONIO CASTORINA, EMILIA FERREIRO, MARTA KOHL DE OLIVEIRA, DELIA LERNER: PIAGET-VIGOTSKY: CONTRIBUCIONES PARA REPLANTEAR EL DEBATE Jose' Antonio Castorina, Emilia Ferreiro, Marta Kohl de Oliveira, Delia Lerner, Piaget-Vigotsky: contribuciones para replantear el debate, Paidos, Mexico 1996, 1998, pp. 142. Quattro interventi nati dall'Incontro latinoamericano di didattica della lingua scritta tenuto a Montevideo nel 1993. 10. RILETTURE. EMILIA FERREIRO, CLOTILDE PONTECORVO, NADJA MOREIRA, ISABEL GARCIA HIDALGO: CAPPUCCETTO ROSSO IMPARA A SCRIVERE Emilia Ferreiro, Clotillde Pontecorvo, Nadja Moreira, Isabel Garcia Hidalgo, Cappuccetto rosso impara a scrivere, La Nova Italia, Scandicci (Fi) 1996, pp. XIV + 330 + un disk allegato. Alcuni esiti di una ricerca sull'acquisizione della lingua scritta in diversi contesti linguistici ed educativi. 11. RILETTURE. MARINA FORMISANO, CLOTILDE PONTECORVO, CRISTINA ZUCCHERMAGLIO: GUIDA ALLA LINGUA SCRITTA Marina Formisano, Clotilde Pontecorvo, Cristina Zucchermaglio, Guida alla lingua scritta, Editori Riuniti, Roma 1986, 1992, pp. 128, lire 15.000. Un agile, utile libro per insegnanti della scuola elementare e dell'infanzia. 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 633 del 5 agosto 2003
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