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La nonviolenza e' in cammino. 622
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 622
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 24 Jul 2003 21:30:53 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 622 del 25 luglio 2003 Sommario di questo numero: 1. Aldo Capitini: nonviolenza e potere di tutti dal basso 2. Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto: tra tutte le soluzioni 3. "Un ponte per": via i soldati italiani dall'Iraq 4. Elettra Deiana: contro la partecipazione italiana all'occupazione militare dell'Iraq 5. Giuliana Sgrena: a Nasiriya un pessimo inizio 6. Il Comune di Alcamo mette al bando gli ogm 7. Franca Ongaro Basaglia: una frattura 8. Gregory Bateson: le premesse errate 9. Prossime pubblicazioni di Nonluoghi 10. Letture: Tich Nhat Hanh, Il segreto della pace 11. Riletture: Roland Barthes par Roland Barthes 12. Riletture: Raissa Maritain, Senza dimora 13. Riletture: Dorothee Soelle, Fantasia e obbedienza 14. Riletture: Edith Stein, La scelta di Dio 15. La "Carta" del Movimento Nonviolento 16. Per saperne di piu' 1. MAESTRI. ALDO CAPITINI: NONVIOLENZA E POTERE DI TUTTI DAL BASSO [Da Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, p. 399 (e' un brano da un articolo apparso originariamente su "Azione nonviolenta" di aprile-giugno 1966). Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.cosinrete.it] La sintesi di nonviolenza e di potere di tutti dal basso diventa cosi' un orientamento costante per le decisioni nel campo politico-sociale. Si realizza in questo modo quella "rivoluzione permanente", che se fosse armata e violenta non potrebbe essere "permanente", e sboccherebbe in un duro potere autoritario, cioe' nella violenza concentrata dell'oppressione: nessuna societa' puo' durare nella continua violenza e si appiglia a qualsiasi soluzione pur di farla finire; percio' la violenza, anche rivoluzionaria, prepara la strada ai tiranni. Altra cosa e' la rivoluzione permanente nonviolenta, perche' essa non bagna le strade e le case di sangue, ma unisce gruppi e moltitudini di persone (perfino i cinquecento milioni di indiani per l'indipendenza) nelle loro campagne rinnovatrici, ora per una parte, ora per l'altra, della societa'; e posto anche che questo porti, pur nell'uso delle tecniche nonviolente, talvolta qualche disagio, esso sara' infinitamente minore di quello che puo' portare un "governo" con una sola mezz'ora di guerra. 2. MAESTRI. GIUSEPPE GIOVANNI LANZA DEL VASTO: TRA TUTTE LE SOLUZIONI [Da Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto, Introduzione alla vita interiore, Jaka Book, Milano 1989, p. 241. Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto e' una delle figure piu' grandi della nonviolenza; nato nel 1901 a San Vito dei Normanni da madre belga e padre siciliano, studi a Parigi e Pisa. Viaggia e medita. Nel 1937 incontra Gandhi nel suo ashram. Tornato in Europa fonda la "Comunita' dell'Arca", un ordine religioso e un'esperienza comunitaria nonviolenta, artigianale, rurale, ecumenica. Promuove e partecipa a numerose iniziative per la pace e la giustizia. E' deceduto in Spagna nel 1981. Tra le opere di Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto segnaliamo particolarmente: Pellegrinaggio alle sorgenti, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, Che cos'e' la nonviolenza, L'arca aveva una vigna per vela, Introduzione alla vita interiore, tutti presso Jaca Book, Milano (che ha pubblicato anche altri libri di Lanza del Vasto); Principi e precetti del ritorno all'evidenza, Gribaudi; Lezioni di vita, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze; In fuoco e spirito, La Meridiana, Molfetta (Ba). Le comunita' dell'Arca - cosi' come gruppi e persone amiche di questa esperienza - sono diffuse in vari paesi e proseguono la riflessione e l'esperienza del fondatore; per informazioni e contatti: digilander.libero.it/arcadilanzadelvasto/ e anche (in francese) www.canva.org. Segnaliamo anche che il Comune di San Vito dei Normanni (Br), luogo di nascita di Lanza del Vasto (per contatti: segreteria del sindaco, tel. 0831955205, fax: 0831955230, e-mail: svitonormgab at mail6.clio.it), ha recentemente istituito un premio "per una tesi di laurea avente come tema il pensiero, l'insegnamento e l'opera di Lanza del Vasto, illustre concittadino apostolo della pace"] La nonviolenza, tra tutte le soluzioni, e' la piu' umana. 3. REPETITA IUVANT: "UN PONTE PER": VIA I SOLDATI ITALIANI DALL'IRAQ [Dall'organizzazione umanitaria "Un ponte per" (per contatti: posta at unponteper.it) riceviamo e diffondiamo] 232 milioni di finanziamento per "proteggere" 22 milioni di aiuti umanitari: queste due cifre, contenute nel decreto portato in discussione alla Camera dei deputati, bastano a chiarire la finalita' della cosiddetta "Missione Babilonia": non sono i soldati a servire da protezione agli aiuti, ma gli aiuti a costituire il pretesto per inviare 3.000 soldati che, inquadrati sotto il comando britannico, avranno funzione di controllo territoriale e di ordine pubblico nella regione di Nassiriya. L'Italia si aggiunge cosi' agli Usa e alla Gran Bretagna come potenza occupante, e mentre si inviano soldati che dovranno fronteggiare il malcontento iracheno, le aziende italiane si mettono in fila (oltre 200 di cui una dozzina gia' vincitrici di appalti) per partecipare alla torta della ricostruzione. La protezione degli aiuti e' un pretesto, anzi l'invio dei militari puo' mettere a rischio gli operatori umanitari italiani. In Iraq operano da mesi centinaia di volontari e cooperanti internazionali, delle ong, della Croce Rossa, delle agenzie delle Nazioni Unite, senza bisogno di nessuna protezione militare, anzi e' proprio questa indipendenza che ha garantito sinora la loro incolumita'. L'eventuale legame con le forze di occupazione potrebbe compromettere la loro sicurezza. Chiediamo che la Camera ritiri subito la missione militare e che i fondi cosi' risparmiati (232 milioni di euro) vengano integralmente utilizzati per interventi umanitari e di cooperazione allo sviluppo. Via i soldati italiani dall'Iraq. Per firmare la petizione: www.tavoloiraq.org/petizione.asp Per scrivere alle commissioni difesa del parlamento: www.unponteper.it/it/letteracommissioni.htm 4. DOCUMENTAZIONE. ELETTRA DEIANA: CONTRO LA PARTECIPAZIONE ITALIANA ALL'OCCUPAZIONE MILITARE NELL'IRAQ [Riportiamo l'intervento svolto il 22 luglio dall'on. Elettra Deiana nel dibattito parlamentare sulla conversione in legge del decreto-legge n. 165 del 2003 avente ad oggetto "Interventi urgenti a favore della popolazione irachena e proroga partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali" e concernente di fatto - tra altre cose - la prosecuzione ed intensificazione della illegale e criminale partecipazione militare italiana alla guerra effettuamente tuttora in corso in Iraq. Elettra Deiana (per contatti: deiana_e at camera.it), parlamentare, e' da sempre impegnata per la pace e i diritti] Signor presidente, ho gia' avuto modo di sottolineare durante la discussione svoltasi nelle Commissioni congiunte che il provvedimento in esame rappresenta un vero e proprio imbroglio. E' un imbroglio del governo ai danni del Parlamento, dell'opinione pubblica e delle Forze armate. Queste ultime vengono invocate continuamente come baluardo della nostra credibilita' all'estero e sono, invece, costrette da una forsennata campagna ideologica a svolgere un ruolo letteralmente in contrasto con la Costituzione. Si tratta di un imbroglio, caro sottosegretario Cicu, fondato su un castello di bugie micidiali che sono partite dall'amministrazione Bush e dal Pentagono e che il governo Berlusconi ha avvalorato, legittimato, sostenuto e continua a sostenere indefessamente in questo periodo. Mi riferisco a bugie a sostegno di una guerra che appartiene alla schiera di quelle che, non io ma uno storico esimio della destra, Franco Cardini, definisce guerre saggiamente vili. Queste costano apparentemente poco per la nostra parte del mondo e dovrebbero produrre, nelle intenzioni di chi le fa, grandi spostamenti di potere sul piano mondiale. Vi sono bugie su tutti i fronti: ad esempio, quella sulle armi di distruzioni di massa mai trovate. Negli accurati tentativi di ricostruzione delle ragioni che renderebbero valida questa legge non vi e' mai un accenno alle ragioni che hanno portato a giustificare la guerra e che sono state fatte proprie da questo governo: e' un capitolo scomparso, non c'e' piu'. Vi sono bugie sulle armi, bugie sull'imminente attacco di Saddam Hussein agli Stati Uniti e all'occidente, bugie sulla natura della missione italiana in Iraq. Chiedo - ma una risposta la do' - perche' insistete tanto, contraffacendo in maniera addirittura banale la realta', sul carattere umanitario della missione quando i fatti contraddicono apertamente tale asserzione? Voi parlate di missione umanitaria perche' e' il modo per intontire ed obnubilare l'opinione pubblica. Quest'ultima, anche nelle fila del vostro elettorato, e' larghissimamente contraria alla guerra e lo ha dimostrato in tutti i modi. Manifestazioni, appelli ed altri fatti hanno dimostrato come vi sia stata una grandissima opposizione alla guerra. Dunque, in che modo imbrogliare l'opinione pubblica? Far credere che l'Italia si sia imbarcata non in un'impresa di partecipazione alla strategia degli Stati Uniti di controllo del territorio mediorientale e centroasiatico, ma in una generosa missione umanitaria per fare del bene e portare vantaggi, cura e tutele, come si e' affannato a dimostrare l'onorevole Landi di Chiavenna nella sua relazione. E' un imbroglio mastodontico e micidiale spacciare per missione umanitaria un'impresa che, invece, ha tutte le caratteristiche, da una parte, dell'impresa militare, della partecipazione ad un'occupazione neocoloniale, dall'altra, di aprire la strada per un grande business italiano in Iraq (quando e come sara' possibile fare affari in quel disgraziato paese). Sono assolutamente sconcertata dell'assoluta impermeabilita' che gli esponenti del Governo continuano a mostrare, cosi' come anche l'appassionato intervento del sottosegretario Cicu, agli argomenti della realta' (e non alle sciocchezze dell'ideologia). Vi sono dei fatti; a tali fatti non si da' alcuna risposta, bensi' si risponde con delle costruzioni mitiche, con delle favole, anzi delle favolette, perche' non hanno neanche la dignita' delle grandi favole della tradizione classica: favolette per ragazzini stupidi, con un tentativo di ridurre questo Parlamento ad un luogo dove si ascoltano delle sciocchezze, dove non si procede ad effettuare nessun approfondimento della realta' e dove praticamente si mette a disposizione un voto, per salvare la faccia di un governo che sta prendendo delle decisioni gravissime per quanto riguarda la collocazione del nostro paese nel contesto internazionale. * Credo, allora, che oggi questo Parlamento, per evitare un coinvolgimento in un'avventura che rischia di essere veramente senza fine e di portarci assai lontano dagli elementi ancora fondativi del nostro paese, oltre che lontano dalla saggezza politica sul piano internazionale, dovrebbe fare alcune cose fondamentali: innanzitutto chiedere l'immediato rientro in Italia del contingente militare (perche' questo dovrebbe essere deciso immediatamente); allo stesso tempo, dovrebbe chiedere che il ministro (italiano) della cultura, che il nostro governo ha installato nel governo Bremer, cioe' nel governo fantoccio filoamericano che regge in questo periodo le sorti dell'Iraq, venga destituito e richiamato nel nostro paese, per non avallare quell'operazione incredibile di costruzione appunto di un governo fantoccio. Il Parlamento dovrebbe, inoltre, chiedere al governo di ricercare una soluzione internazionale seria della questione irachena: una soluzione alternativa, radicalmente alternativa, a quella dell'occupazione da parte delle truppe angloamericane. Una soluzione che dovrebbe articolarsi su alcuni punti essenziali: - in primo luogo, la richiesta che le truppe alleate se ne tornino a casa, perche' questa e' la condizione primaria affinche' in Iraq possa riavviarsi un processo di pacificazione; - in secondo luogo, contestualmente al rientro delle truppe angloamericane nei loro paesi, ci dovrebbe essere l'assunzione piena e centrale da parte dell'Onu della responsabilita' di garantire, sul piano politico ed istituzionale, ma anche militare (appunto con i caschi blu), le condizioni per l'avvio di un processo di pacificazione e di stabilizzazione democratica nel paese, che puo' avvenire soltanto attraverso il circolo virtuoso tra la responsabilita', in funzione terza, dell'Onu, e l'attivazione di un processo di responsabilita' delle forze irachene; - in terzo luogo, ci deve essere la promozione di forme di aiuto umanitario, in coordinamento con le agenzie delle Nazioni Unite, fino a che non si sia formato un governo iracheno legittimo e riconosciuto internazionalmente. Credo che il Parlamento italiano debba lavorare su questo pacchetto di proposte, facendo assumere al nostro paese un ruolo importante, propositivo e costruttivo all'interno della comunita' internazionale. Questa deve essere la strada, altrimenti l'altra strada e' quella di continuare a seguire gli Stati Uniti d'America nella loro strategia di guerra al mondo e di continuo tentativo di assoggettare l'Europa, l'Onu, l'Italia, i paesi cosiddetti volenterosi - cioe' quelli piu' disponibili a seguire la strategia americana - a muoversi in questo contesto verso una rimappatura delle relazioni internazionali e una ridefinizione delle regole della politica internazionale. * La guerra contro l'Iraq ha segnato un vero e proprio salto di qualita' non soltanto sul piano della violazione del diritto internazionale e dell'evidente illegittimita' delle giustificazioni addotte per colpire quel paese, ma anche su quello del tentativo degli Stati Uniti di ridisegnare una mappa delle relazioni internazionali, delle regole, delle funzioni. Ci siamo incamminati sulla strada che ci conduce a farci carico della responsabilita' di condividere questa nuova strategia imperiale degli Stati Uniti. Dunque, responsabilita' gravissime che pesano innanzitutto sul governo, ma anche sul Parlamento. Intendo sottolineare un aspetto che per noi e' di estrema importanza. La missione italiana in Iraq non e' legittimata ne' sul piano internazionale - come ricordato dai colleghi che mi hanno preceduta - ne' su quello interno. La risoluzione n. 1438, alla quale continuamente i colleghi della maggioranza e gli esponenti del governo fanno riferimento, non legittima affatto la partecipazione italiana e l'occupazione militare. Tant'e' vero che alcuni paesi importanti della comunita' internazionale finora hanno rifiutato di inviare aiuti militari, chiedendo una nuova risoluzione che deve avere quale aspetto fondamentale quello della ridefinizione della centralita' dell'Onu nella fase postbellica. L'Italia compie una scelta di guerra - ritengo che su cio' si debba essere molto chiari - in quanto vi e' continuita' con le scelte precedenti. Vi e' continuita' con la scelta di appoggiare, legittimare ed offrire tutti gli aiuti militari, che il governo Berlusconi ha operato con riferimento alla guerra contro l'Iraq. Una scelta di continuita' e di legittimazione delle nuove strategie americane, di accettazione dell'unilateralismo della Casa Bianca, di accettazione della posta in gioco di tale strategia che e' quella di far deflagrare il contesto internazionale di regole e di funzioni istituzionali previste dalle Nazioni Unite, dal diritto internazionale e dalle convenzioni. Insomma, si vuole far deflagrare tutto quello che, nella seconda meta' del Novecento, ha significato il tentativo di escludere la guerra come scelta automatica per la risoluzione delle controversie internazionali. Non c'e' stata nessuna soluzione di continuita' tra la guerra e il dopoguerra ne' sul piano politico ne' su quello istituzionale e giuridico. Tant'e' vero che gli Stati Uniti hanno continuato ad affermare che loro avrebbero dovuto governare il dopoguerra e che l'Onu - che nelle intenzioni degli americani viene ridotta ad un'agenzia umanitaria -, al massimo, avrebbe dovuto svolgere una funzione di supporto logistico. Neanche oggi gli Stati Uniti d'America, che in Iraq sono in gravissima difficolta', chiedono l'intervento di tutti per essere aiutati e per essere supportati; neanche adesso dicono che l'Onu dovrebbe avere un ruolo diverso, cioe' praticamente dovrebbe essere un loro supporto e non certo un soggetto centrale in questa nuova fase. Quindi, si tratta di una scelta di guerra perche' non c'e' stata alcuna soluzione di continuita' con la guerra e perche' questo dopoguerra rischia di entrare - ed in parte gia' e' entrato - in una dinamica di guerriglia e di conflitto armato. * Quello che sta avvenendo in Iraq puo' essere definito come ognuno crede ma, sicuramente, e' tutto fuorche' quella pacificazione e quel processo di democratizzazione che il presidente Bush, non si sa bene in preda a quale raptus di narcisismo, aveva dichiarato che si sarebbe avviato con il suo discorso alla nazione, proclamando la fine della guerra e l'avvento di una nuova era di pacificazione e democrazia per l'Iraq. Sostenere, come il Pentagono e l'amministrazione Bush fanno, che gli attentati ai militari anglo-americani siano atti di delinquenza comune, di terroristi o di settori reazionari e dire che questa e' la verita', come fa anche il governo italiano, significa non capire quello che sta avvenendo in quel luogo e continuare a tessere la storia della vicenda irachena sulla base di menzogne, di bugie e di imbrogli. Nell'Iraq del dopoguerra si e' scatenata una situazione di estrema instabilita', che e' assolutamente spiegabile in termini di dialettica tra occupanti e popolazioni residenti. Esiste un caos incredibile perche' c'e' stata la deflagrazione di tutti gli assetti autoritari, repressivi e ignobili del regime di Saddam Hussein - che, comunque, funzionavano da contesto politico, istituzionale e sociale - e le truppe occupanti, gli americani, non hanno fatto nulla ne' avevano intenzione di fare alcunche' per ristabilire un nuovo ordine. Si e' aperta una situazione di massimo all'erta per quanto riguarda le condizioni sanitarie, di sicurezza e di tutela delle popolazioni, che si e' aggiunta al degrado gia' operante nel paese a causa dei dieci anni di embargo contro Saddam Hussein. E' una situazione che la commissione d'inchiesta del Pentagono, inviata a verificare le condizioni dell'Iraq, ha definito di estremo allarme, arrivando a dire che, se entro tre mesi non si ristabilisce una situazione di normalizzazione, la situazione e' destinata ad evolvere ancora piu' negativamente e a diventare incontrollabile. E' da questa analisi e da questa valutazione, fatta dalla stessa commissione istituita dal Pentagono, che sono venute fuori le richieste di aiuto e di coinvolgimento di altri paesi: quindi, si tratta di una situazione di estrema e crescente insicurezza. * Anche su tutto questo non c'e' nulla nelle relazioni che il governo ha presentato, come non c'e' assolutamente nulla di quello che, invece, i rappresentanti delle organizzazioni non governative - persone che da sin dai tempi dell'embargo lavorano in Iraq e che alcuni di noi hanno incontrato questa mattina - sottolineano, cioe' l'estremo rischio, ormai molto palpabile, che tutte le forze militari di occupazione vengano identificate come truppe occupanti dalle popolazioni e dai gruppi locali, sia religiosi sia politici, che si stanno costituendo. Praticamente, vi e' il rischio che vengano identificati come nemici da abbattere, nemici da colpire, nemici contro cui attivare le forme di una resistenza, nell'unico modo possibile, vista la disparita' enorme delle forze militari e tecniche tra truppe occupanti e popolazioni e gruppi locali. Di fronte a tutto questo, il tentativo dell'amministrazione americana e' quello di lavorare su due piani. Da una parte, si stabiliscono regole interne assolutamente discutibili, come quella di organizzare squadre di poliziotti privati iracheni stipendiati dagli americani. Ovviamente, si tratta di gente che corre il rischio di far parte del calderone dei collaborazionisti, introducendo, quindi, altri elementi di insicurezza incredibile. Vi sono misure su cui mi piacerebbe che il governo italiano dicesse qualcosa, come per esempio il decreto che stabilisce rigidi limiti nella liberta' di stampa e di movimento dei giornalisti. Sul piano internazionale, invece, si lavora alla richiesta di aiuto: Onu, Nato, Unione Europea, in una strategia multiforme di utilizzazione degli strumenti a disposizione, secondo le esigenze del momento, che le teste d'uovo dei centri studi strategici americani chiamano cherry picking, vale a dire prendere dove si puo', prendere il meglio, dove si puo'. Quindi, se la Nato e' disponibile, chiamiamo la Nato. Se allarghiamo lo schieramento dei paesi volenterosi, vediamo di coinvolgere l'Onu. Usiamo quello che c'e': praticamente, si tratta della famosa strategia a geometria variabile che gli Stati Uniti hanno inaugurato con la guerra in Afghanistan e che, ovviamente, noi accettiamo acriticamente ma, soprattutto, accettiamo senza alcuna volonta' di chiarificazione. Questo Parlamento parla di argomenti che sono di una portata storica e politica grandissima, come se si trattasse di favolette. Lo ripeto. L'ho gia' detto prima e mi dispiace per il sottosegretario Cicu. Noi siamo buoni. I nostri soldati sono buoni. L'Italia e' un paese buono. Noi amiamo gli altri e, quindi, andiamo la' ad aiutare gli iracheni, dopo che, per dieci anni, non abbiamo detto assolutamente nulla - lo ripeto: assolutamente nulla - degli effetti disastrosi che l'embargo produceva sui bambini, sulle donne, sugli anziani, sui settori sociali piu' indifesi. Noi abbiamo taciuto. Noi abbiamo partecipato all'operazione di strangolamento di quel paese, che ha fatto la fortuna di Saddam Hussein, che ha fatto la fortuna del regime autoritario. Se l'Iraq fosse stato aiutato democraticamente, questo avrebbe favorito una grande dialettica interna. I regimi dittatoriali crescono nell'isolamento, crescono quando la gente non vede altro spiraglio fuori dal regime e vede l'isolamento e l'emarginazione. Allora, siamo stati responsabili di questa operazione di gravissimo depauperamento della nazione irachena, di isolamento e di impoverimento estremo. Oggi, invece scopriamo che siamo "italiani brava gente" e, quindi, andiamo la'. Sono favolette. Sono favolette che, tra l'altro, si possono raccontare soltanto in questo Parlamento, sui giornali, in questo paese, perche', su questi fatti, in altri grandi paesi occidentali la discussione, perlomeno - lo ripeto: perlomeno - si fonda sulla realta' dei fatti e non sulle favole che il governo pretende di raccontare ai parlamenti e all'opinione pubblica. * Dicevo prima che la missione non ha alcuna legittimazione sul piano internazionale - e l'ho spiegato -, perche' la risoluzione Onu n. 1483 non da' alcuna autorizzazione all'occupazione da parte di altre truppe "volenterose". Ma questa missione non e' autorizzata neanche sul piano interno. Anche qui alcuni esponenti dell'opposizione l'hanno ripetuto e qui lo ribadisco. La mozione approvata in questo Parlamento dalla vostra maggioranza, sottosegretario Cicu, non vi autorizza a fare questa operazione militare e ad organizzare una presenza militare e militarizzata di italiani la', in supporto degli angloamericani. Lei dice, sottosegretario, che ci vanno gli sminatori, ci vanno gli nbc, ci vanno esperti di questioni tecnologiche e di questioni logistiche. Ma mi pare evidente che ci debba andare gente come questa: chi ci deve andare? I fanti della prima guerra mondiale? Ci devono andare i soldatini? Chi ci deve andare? Ci vanno i massimi esperti di questioni militari, ci vanno uomini e qualche donna addestrati alle grandi questioni tecnologiche, visto che siamo un paese in grado di fornire questo tipo di aiuto militare, quasi alla pari della tecnologia e delle capacita' sul campo, logistiche ed operative delle altre forze armate, degli angloamericani, degli australiani, dei polacchi e di chi piu' ne ha piu' ne metta. Sarebbe assolutamente ridicolo, invece, che noi mandassimo chissa' chi. Sono esattamente questi: vanno la' perche' sono queste le funzioni militari che servono. Infatti, se non va gente cosi', altro che impallinatura di uno, due o tre militari al giorno! Se ci andasse altra gente, figuriamoci che cosa succederebbe. La mozione del Parlamento assolutamente non legittimava questa missione militare, perche' la mozione approvata dalla maggioranza era costruita tutta sulla bugia della missione umanitaria, per le ragioni che ho detto prima, dal momento che neanche la vostra maggioranza in Parlamento era disponibile - e forse non lo e' neppure ora - ad approvare una mozione che dica chiaramente che le truppe italiane vanno la' a sostenere l'occupazione militare, a sostenere un governo illegittimo, un governo fantoccio filoamericano, e ad aprire la strada al business italiano. Io credo che questo non possa essere detto chiaramente e quindi si costruisce l'imbroglio della missione umanitaria. Il Governo ha operato una gravissima torsione negativa di quella mozione e l'ha usata a proprio agio, a proprio vantaggio. Tra l'altro, le continue dichiarazioni dei ministri competenti Frattini e Martino, a leggerle bene, contenevano diverse e spesso contrastanti interpretazioni del carattere e della natura di questa missione. Comunque, il testo parla chiaro: si tratta di una missione militare, con finalita' militari, con scopi di concorrere alla occupazione e alla ridisegnatura del paese iracheno, cosi' come pretendera', vorra' e cerchera' di imporre l'amministrazione Bush. * Io credo che la scelta operata sia estremamente grave, cosi' come credo che sia stata grave e continui ad essere grave la scelta di mandare i militari italiani in Afghanistan. Su questo punto concludo, perche' non voglio continuare a ragionare su queste questioni: tuttavia, anche la questione dell'Afghanistan e' di estrema gravita'. Riprendo molto brevemente la sottolineatura fatta dai colleghi che mi hanno preceduto sulla necessita' che d'ora in poi le varie missioni vengano affrontate con provvedimenti distinti, visto che sono assolutamente diverse, in quanto io rivendico, come parlamentare, il diritto di poter votare diversamente su ciascuna di esse, secondo il giudizio che ho su ciascuna di esse. Infatti, questa e' una privazione del diritto democratico e parlamentare di poter liberamente esprimermi e diversamente esprimermi sui carabinieri a Hebron - su cui credo sia giusto che stiano la': anzi ce ne dovrebbero essere molti di piu' - e sulla missione in Afghanistan. Si tratta anche per essa di una missione di guerra: con riferimento alla medesima e' stato detto, come risulta da notizie apparse sui giornali, che esiste un dossier del Sismi nel quale si parla di gravissimi rischi sia a Khost (abbiamo gia' avuto notizia dei medesimi) sia a Kabul. La calma, dicono gli agenti del Sismi, e' solo apparente, ed il rischio e' gravissimo. Anche a tale riguardo, si puo' esprimere un voto sul rifinanziamento di una missione cruciale e nodale, come quella in Afganistan (sia sotto il profilo della missione Isaf sia sotto quello dell'operazione Enduring Freedom), senza che si svolga una discussione politica sul contesto, su cio' che sta avvenendo, sulle voci che si stanno diffondendo in merito al tentativo degli Stati Uniti, del Pentagono, di riallacciare i legami con i talebani, espressione dell'etnia piu' numerosa dei Pashtun, di fronte alla quale l'alleanza del nord risulta essere inadeguata per quanto riguarda il controllo dell'intero territorio? Noi apprendiamo le notizie dai giornali (soprattutto se qualcuno di noi ha voglia di leggere la stampa estera da Internet), ma non sappiamo nulla di cio' che dovremmo sapere dal governo, dai ministri competenti. Per tutte le ragioni che ho esposto (lo ribadiremo domani nella discussione), mi sembra evidente che la nostra contrarieta' sia assoluta; inoltre, la nostra richiesta di ritiro delle truppe italiane dall'Iraq, del ministro italiano della cultura dal Governo Bremer e la ridiscussione radicale delle due missioni italiane in Afganistan sono per noi elementi assolutamente fondamentali. 5. IRAQ. GIULIANA SGRENA: A NASIRIYA UN PESSIMO INIZIO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 luglio 2003. Giuliana Sgrena, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza (tra cui: a cura di, La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma; Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma); e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso] Probabilmente nessuno aveva detto a Silvio Berlusconi che il contingente italiano sarebbe stato schierato in quella che e' considerata dagli iracheni "la citta' dei comunisti", Nasiriya. Sarebbe stata una ulteriore conferma delle sue ossessioni. Ma il caso ha voluto che il primo "incidente" delle truppe italiane si verificasse proprio con i comunisti, non dello storico Partito comunista iracheno, che proprio a Nasiriya era stato fondato nel 1934 da Fahed al-Khaled che qui era nato, e poi sarebbe stato ucciso. La presenza di un forte partito laico, che ha mantenuto le sue radici nonostante la repressione durante il regime di Saddam, rende piu' duro lo scontro con le forze islamiste radicali che stanno cercando di imporre i loro diktat. Gli assalti alle sedi di partiti laici sono gia' iniziati tempo fa a Bassora, ma a Nasiriya l'attacco alla sede del piu' piccolo Partito comunista operaio iracheno - fondato nel 1993 in Kurdistan dove ha una presenza piu' rilevante - e' stato particolarmente violento, tanto da far intervenire le truppe incaricate di garantire la sicurezza, quelle italiane, che, invece di proteggere gli aggrediti li hanno arrestati. Vediamo come si sono svolti i fatti, dall'inizio, secondo la ricostruzione fornita dal Partito comunista operaio iracheno. Il 16 luglio un gruppo di islamisti, chiamato "al-Hawza al-Elmyia", aveva attaccato la sede del Partito comunista operaio di Nasiriya ma era stato respinto. Poi, approfittando della chiusura degli uffici durante il week end, gli islamisti erano tornati all'attacco sfondando la porta e, dopo aver dato fuoco ad alcune suppellettili, si erano impossessati dei locali. Il 20 gli occupanti venivano buttati fuori dai militanti del partito, ma la storia non era finita. Lunedi' gli estremisti islamici tornavano accompagnati da altre forze, armate, con l'appoggio dell'Alto consiglio islamico e di gruppi tribali per riprendere possesso dei locali. Ne nasceva un nuovo violento scontro e, nel frattempo, gli assalitori riuscivano a rapire quattro militanti comunisti che sono stati torturati selvaggiamente. Dopo questi incidenti sono intervenuti i carabinieri italiani, al loro esordio in operazione di sicurezza nella citta' del sud dell'Iraq, che hanno pensato bene di compiere una perquisizione degli uffici arrestando tutti i militanti del partito presenti, che fino a ieri pomeriggio non erano ancora stati liberati, e portando via anche documenti politici. Immediata e dura la protesta del partito preso di mira. "L'azione e la posizione degli italiani e' un servizio fornito al terrorismo islamico che ha cosi' liberta' d'azione. Le forze alleate... sono ritenute responsabili della vita e della salvezza dei nostri compagni rapiti, e gli italiani devono rilasciare immediatamente i nostri compagni che hanno arrestato. E non dovrebbero frapporre nessun ostacolo alla nostra attivita' di partito, dovrebbero essere impegnati per garantire la liberta' politica e la sicurezza del popolo". Fonti del Comando generale dei Carabinieri hanno confermato a "Il manifesto" di essere intervenuti e di aver fermato - ma solo due - militanti comunisti e di averli poi consegnati alla polizia locale. Hanno aggiunto che erano armati, anche di fucili K-47. Del resto, in Iraq sono tutti armati e non avrebbero potuto respingere l'assalto degli islamisti a mani nude. Anche perche', dicono i carabinieri, quando loro sono arrivati gli islamisti non c'erano piu'. Il perche' dell'assalto? Il Partito comunista operaio ha fatto dichiarazioni a favore della laicita'! Lo scontro che si prospetta nell'Iraq del dopo-Saddam e' proprio tra le forze laiche e quelle integraliste. Dopo la caduta del regime, gli islamisti - soprattutto sciiti - hanno approfittato del vuoto di potere e dell'anarchia per costituire una sorta di potere parallelo e in alcune zone controllano settori importanti, come quello dell'educazione e della sanita'. Non si tratta di iniziative separate, a coordinarle e' al hawza, il consiglio dei marja, con sede a Najaf, costituito dai leader religiosi. Finora hanno potuto agire indisturbati, anche perche' non sono entrati direttamente in conflitto con le forze occupanti che, per esempio a Najaf e a Kerbala, si mantengono ai margini delle citta' sante. A limitarne il potere e' stata la divisione tra i vari leader che aspirano alla rappresentanza politica della comunita' sciita. I piu' "moderati" o forse solo pragmatici - l'Alto consiglio per la rivoluzione islamica in Iraq e il piu' antico partito religioso, il Dawa - sono entrati a far parte del Consiglio governativo, che invece e' pesantemente contestato dal fautore della radicalizzazione del movimento sciita, Muktada al-Sadr, che sta entrando in rotta di collisione con gli americani e ha annunciato la costituzione di un esercito islamico. Inoltre, ieri, l'amministratore Bremer ha fatto chiudere il giornale "al Mustaqila" per "problemi di sicurezza", aveva titolato "´Morte a tutte le spie e a tutti coloro che collaborano con gli americani; ucciderli e' un dovere religioso". Americani e italiani stanno entrando nello scontro. 6. DOCUMENTAZIONE. IL COMUNE DI ALCAMO METTE AL BANDO GLI OGM [Riportiamo il testo della delibera approvata all'unanimita' dal Consiglio Comunale di Alcamo nella seduta del 7 luglio 2003. Ringraziamo gli amici di "Girodivite" per averla pubblicata e commentata nel n. 110 della loro sempre utilissima rivista (cfr. www.girodivite.it/giro/2003/110/no_ogm.html), e gli amici del Movimento Nonviolento di Palermo (per contatti: pxp at interfree.it) per avercela trasmessa] Il Consiglio Comunale di Alcamo * Premesso Che gli alimenti transgenici nascono dalla manipolazione del patrimonio genetico di vegetali o animali al fine di sviluppare, bloccare o creare caratteristiche particolari che permettano una produzione di prodotti alimentari piu' funzionale agli interessi delle grandi aziende; Che la modificazione di organismi animali e vegetali tramite l'alterazione genetica e' irreversibile ed introduce nell'ambiente nuovi esseri che non esistono in natura e dei quali non si conosce il relativo impatto sull'equilibrio vegetale ed animale; Che gli effetti dell'inquinamento genetico sono irreversibili, in quanto una volta che geni associati a nuove specie sono immessi nell'ambiente non possono, alla luce delle odierne conoscenze, piu' essere isolati; Che i risultati della modifica del patrimonio genetico di vegetali ed animali sono imprevedibili effetti a lungo termine (nuovi allergeni e tossine, uso dei pesticidi e degli erbicidi, perdita della biodiversita', potenziale infezione o mutazione di cellule umane, danni permanenti nei confronti della fauna selvatica, ecc.); Che l'ingegneria genetica consentendo il trasferimento di informazioni genetiche tra organismi viventi correlati e non, ha sollevato evidenti preoccupazioni anche tra gli addetti ai lavori ed e' oggetto di una forte opposizione di principio da parte di organizzazioni ambientaliste e dei consumatori; Che il nuovo modello di agricoltura proposto e' in netta contrapposizione con quello tipico della nostra zona, fortemente legato alla tradizione ed alle caratteristiche del territorio; Che l'introduzione in agricoltura degli organismi geneticamente modificati (ogm) ha sollevato notevoli dubbi e perplessita' nell'opinione pubblica: a) per motivi etici; b) per le conseguenze possibili sulla salute dei cittadini; c) per i rischi di danni irreversibili sull'ecosistema; d) per l'ulteriore divario che si creerebbe tra paesi ricchi ed in via di sviluppo. * Ritenuto pertanto di prendere posizione, per quanto di competenza, contro l'introduzione in agricoltura degli organismi geneticamente modificati; * Delibera: 1. di dichiarare il Comune di Alcamo "Comune antitransgenico"; 2. di aggiornare il proprio sito internet con la medesima dicitura dedicando lo spazio necessario per illustrarne le motivazioni; 3. di vigilare affinche' si scoraggi, con opportuni interventi, su tutto il territorio comunale la sperimentazione, coltivazione ed allevamento di organismi viventi, sia vegetali che animali, ottenuti mediante manipolazione genetica; e di inserire nel Capitolato delle mense scolastiche il divieto di somministrazione di prodotti contenenti organismi geneticamente manipolati; 4. di informare, attraverso incontri, manifesti e comunicazioni scritte, tutte le aziende che operano nel campo agroalimentare del territorio comunale sui rischi di utilizzo degli ogm nella catena produttiva; 5. di informare i rivenditori presenti sul territorio comunale sui rischi di vendita di alimenti di aziende che utilizzano prodotti ogm nella catena produttiva; 6. di informare i cittadini sui rischi legati al consumo di prodotti ottenuti con ogm; e di avviare una seria campagna di educazione alimentare legata al consumo di prodotti tradizionali di qualita'; 7. di prevedere una efficace promozione dei prodotti locali divulgando in modo efficace il messaggio contro i prodotti geneticamente modificati. * Visto lo Statuto Comunale; Vista la L. R. 48/91; Visto il D. Lgs. 267/2000; Lo schema di deliberazione ha riportato il parere favorevole di cui all'art. 49 del D. Lgs. 267/2000 recepito con la lettera i), comma primo, art. 1 della L. R. 11/12/91, n. 48, modificata dall'art. 12 della L. R. 30/2000, espresso relativamente alla sola regolarita' tecnica dal Dirigente del Settore Promozione Economica, e contabile dal Responsabile di Ragioneria, pareri che fanno parte integrante e sostanziale della presente. La proposta sottoposta ai voti viene approvata con voti unanimi espressi per alzata e seduta. Indi, con separata votazione, il presente provvedimento viene dichiarato di immediata esecuzione ai sensi dell'art. 12, comma secondo, della L. R. 44/91. 7. MAESTRE. FRANCA ONGARO BASAGLIA: UNA FRATTURA [Da Franca Ongaro Basaglia, Salute/malattia, Einaudi, Torino 1982, p. 101 (vorremmo ancora una volta segnalare che questo libro, composto in parte di voci redatte per l'Enciclopedia Einaudi, e' di uno strardinario valore; ed ogni volta che ne rileggiamo alcune parti ci confermiamo nell'opinione che siamo di fronte a una pensatrice grandissima, e fondamentale. Franca Ongaro Basaglia, intellettuale italiana di straordinario impegno civile, insieme al marito Franco Basaglia e' stata, ed e' tuttora, tra i protagonisti del movimento di psichiatria democratica. E' stata anche parlamentare. Opere di Franca Ongaro Basaglia: tra i suoi libri segnaliamo particolarmente: Salute/malattia, Einaudi, Torino 1982; Manicomio perche'?, Emme Edizioni, Milano 1982; Una voce: riflessioni sulla donna, Il Saggiatore, Milano 1982; in collaborazione con Franco Basaglia ha scritto La maggioranza deviante, Crimini di pace, Morire di classe, tutti presso Einaudi; ha collaborato anche a L'istituzione negata e Che cos'e' la psichiatria e a molti altri volumi collettivi. Ha curato l'edizione degli Scritti di Franco Basaglia] La nascita dell'era industriale e l'immissione del principio del profitto comportano una frattura nel rapporto dell'uomo con la natura e con la propria cultura, e la creazione di una mediazione attraverso la quale questo rapporto verra' a mano a mano codificato e istituzionalizzato. 8. MAESTRI. GREGORY BATESON: LE PREMESSE ERRATE [Da Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano 1976, 1990, p. 498 (e' un passo della relazione di Bateson alla "Second conference on mental health in Asia and the Pacific", tenuta nel 1969 all'East-west center, Hawaii). Gregory Bateson e' nato nel 1904 in Inghilterra, figlio di un eminente scienziato; compie studi naturalistici ed antropologici, di logica, cibernetica e psichiatria; un matrimonio con la grande antropologa Margaret Mead; Bateson ha dato contributi fondamentali in vari campi del sapere ed e' uno dei pensatori piu' influenti del Novecento; e' scomparso nel 1980. Opere di Gregory Bateson: Naven, Einaudi, Torino; Verso un'ecologia della mente; Mente e natura; Una sacra unita'; Dove gli angeli esitano (in collaborazione con la figlia Mary Catherine Bateson), tutti editi da Adelphi, Milano. Si vedano anche i materiali del seminario animato da Bateson, "Questo e' un gioco", Raffaello Cortina Editore, Milano. Opere su Gregory Bateson: per un avvio cfr. AA. VV. (a cura di Marco Deriu), Gregory Bateson, Bruno Mondadori, Milano; Sergio Manghi (a cura di), Attraverso Bateson, Raffaello Cortina Editore, Milano. Cfr. anche Rosalba Conserva, La stupidita' non e' necessaria, La Nuova Italia, Scandicci (Fi), particolarmente sulle implicazioni educative e la valorizzazione in ambito pedagogico della riflessione e dell'opera di Bateson. Una bibliografia fondamentale e' alle pp. 465-521 di Una sacra unita', citato sopra. Indicazioni utili (tra cui alcuni siti web, ed una essenziale bibliografia critica in italiano) sono anche nel servizio con vari materiali alle pp. 5-15 della rivista pedagogica "Ecole", n. 57, febbraio 1998. Tra i frutti e gli sviluppi del lavoro di Bateson c'e' anche la "scuola di Palo Alto" di psicoterapia relazionale: di cui cfr. il classico libro di Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio-Ubaldini, Roma; e su cui cfr. Edmond Marc, Dominique Picard, La scuola di Palo Alto, Red Edizioni, Como] Le premesse errate, in effetti, funzionano. D'altra parte, le premesse funzionano solo fino a un certo limite, e se uno si porta dietro gravi errori epistemologici, a qualche stadio o in certe circostanze si accorgera' che quelle premesse non funzionano piu'; e a questo punto scoprira' con orrore che e' tremendamente difficile liberarsi dall'errore che ci sta appiccicato addosso. E' come se avessimo toccato del miele. Come il miele, la falsificazione si propaga: ogni cosa con cui si cerca di sbrattarla diventa appiccicosa, e le mani restano sempre appiccicose. 9. LIBRI. PROSSIME PUBBLICAZIONI DI NONLUOGHI [Dal sito di Nonluoghi (www.nonluoghi.it) riprendiamo la seguente segnalazione delle prossime pubblicazioni della casa editrice promotrice di una cultura libertaria e nonviolenta Nonluoghi Libere Edizioni] Segnaliamo alcuni dei titoli appena usciti e in programma nei prossimi mesi. * A chi il potere? Dialogo sulla democrazia, oggi. Di andra Carrettin (poetessa e scrittrice) e Nino Recupero (docente di scienze politiche all'Universita' Statale di Milano). Gli autori hanno pubblicato nel 2001, con Dedalo, Il mobbing in Italia. Terrorismo psicologico nei rapporti di lavoro. Un gruppo di persone "normali" discute del degrado della democrazia italiana. Dal dialogo immaginario escono alcuni proposte concrete di riforma in senso democratico delle istituzioni. A cominciare da un mandato politico non rinnovabile e revocabile dagli elettori prima della scadenza delal legislatura. Disponibilita': luglio 2003. * La mia eresia. Tra anarchismo e socialismo per un'altra sinistra. Di Francesco Saverio Merlino. A cura di Lucio Gabellini, giornalista e studioso di Merlino. Collana I libertari, spillato, formato 10 x 15 cm, pagine 100, 4 euro (dato provvisorio). Merlino e' stato un esponente di primo piano del movimento anarchico e poi del socialismo italiano. Un pensatore e un teorico originale e di notevole spessore culturale, in grado di fornire ancora oggi spunti di riflessione su alcuni nodi teorici e politici rilevanti. Disponibilita': luglio 2003. * UN altro computer e' possibile. Codice aperto: la rivoluzione del software libero. Di Mario Alexandro Santini (programmatore di software, esperto di Linux e Open Source). La "rivoluzione" informatica permessa dal sistema "aperto" Linux. L'attualita' e i riflessi sociali di un movimento che sconvolge un paradigma nel nome di relazioni "collaborative". Open source e', infatti, prima di tutto risolvere i problemi insieme. Quasi l'affermazione di un giusnaturalismo elettronico che diffondendosi invita a riflettere anche su tutti gli altri aspetti della convivenza umana. Disponibilita': settembre 2003. * Socialismo e liberta'. Lettere a Carlo Rosselli e altri scritti. Di Andrea Caffi. A cura di Alberto Castelli, ricercatore universitario, studioso di Caffi. Andrea Caffi e' uno degli intellettuali piu' interessanti e dimenticati della sua generazione. Al suo impegno per un socialismo libertario e pacifista e contro ogni forma di autoritarismo fanno da sfondo le piu' drammatiche vicende della prima meta' del '900. Attraverso le lettere ad amici e compagni di lotta, come Rosselli e Capitini, si percorre un itinerario intellettuale di grande profondita'. L'opera presenta anche uno scritto degli anni '30, nel quale Caffi esamina la presa del potere fascista in Italia, e un profilo biografico. Pagine 130, euro 9 (dato provvisorio). Disponibilita': novembre 2003. * Mercato killer. I costi sociali nell'epoca del profitto. Di Pietro Frigato (ricercatore, Universita' di Pisa). L'autore mette a nudo i meccanismi del mercato che producono malattia, morte e danni ambientali. Urge monitorare, quantificare e rendere visibili nel Pil le perdite, reversibili e non, che persone, classi sociali, gruppi di popolazione e l'intera collettivita' sono costretti a sopportare. E vanno introdotte riforme correttive a tutela di noi tutti. Disponibilita': ottobre 2003. 10. LETTURE. TICH NHAT HANH: IL SEGRETO DELLA PACE Tich Nhat Hanh, Il segreto della pace, Mondadori, Milano 2003, pp. XVI + 164, euro 9,80. Nello stile piano della conversazione amichevole le proposte di meditazione del monaco buddhista zen vietnamita. 11. RILETTURE. ROLAND BARTHES PAR ROLAND BARTHES Roland Barthes par Roland Barthes, Seuil, Paris 1975, 1993, pp. 192. Un libro cosi' personale e cosi' segreto - Barthes vi si ostende e vi si cela con un pudore ed un riserbo delicatissimi - come raramente accade di incontrarne; ed anche una via regia di accostamento ad una scrittura, un'opera, un pensiero, un autore di rilevanza grande nell'approntar strumenti e piste utili a chiarire a noi stessi il nostro modo di rappresentarci il mondo e quel suo specchio che e' l'opera umana, d'arte e di pensiero. In italiano e' disponibile nella traduzione di Gianni Celati presso Einaudi. 12. RILETTURE. RAISSA MARITAIN: SENZA DIMORA Raissa Maritain, Senza dimora, Mondadori, Milano 1999, pp. XXVI + 102, lire 12.000. Una raccolta di versi e prose della pensatrice e poetessa compagna - di vita, di studio, di ricerche, di impegno - di Jacques Maritain. 13. RILETTURE. DOROTHEE SOELLE: FANTASIA E OBBEDIENZA Dorothee Soelle, Fantasia e obbedienza, Morcelliana, Brescia 1970, pp. 106. Alcune "riflessioni per una futura etica cristiana" della grande teologa tedesca. 14. RILETTURE. EDITH STEIN: LA SCELTA DI DIO Edith Stein, La scelta di Dio, Citta' Nuova, Roma 1974, Mondadori, Milano 1997, pp. 144, lire 12.000. Una raccolta di lettere della grande pensatrice morta ad Auschwitz. 15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 16. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 622 del 25 luglio 2003
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