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La nonviolenza e' in cammino. 614
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 614
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 16 Jul 2003 19:38:30 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 614 del 17 luglio 2003 Sommario di questo numero: 1. Ileana Montini: se il discorso della comune casa 2. Rino Martinez: oggi a Palermo, in solidarieta' con don Meli 3. Riccardo Orioles: Palermo, undici anni dopo 4. Il 18 luglio a Palermo 5. Un appello per la liberta' di stampa contro la mafia 6. Una lettera aperta sulle violenze di Genova 7. Ida Dominijanni: "Democrazia e diritto" analizza il sistema Berlusconi 8. Chiara Zamboni: la cultura dei diritti e la fine della politica 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. ILEANA MONTINI: SE IL DISCORSO DELLA COMUNE CASA [Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain" di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle" insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne". Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani, Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani, Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "... ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione, insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir". Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia Menapace e Rossana Rossanda] Mi piacerebbe che chi si e' dato da fare per il tema della giustizia, della guerra in Iraq, ecc., organizzasse i cittadini per protestare contro la mancata messa in opera del "Programma nazionale per la lotta alla siccita' e alla desertificazione", documento deliberato dal Cipe nel dicembre del 1999 e presto dimenticato con buona pace di tutti, opposizione al completo. Il governo non ha mai convocato il comitato nazionale che, nella risoluzione del Cipe, avrebbe dovuto dare le indicazioni guida del progetto. Forse, almeno in parte, si sarebbe evitata la catastrofe attuale della siccita' che fa seguito al cambiamento del clima. E' probabile che il prossimo futuro ci riservi amare sorprese per quanto riguarda le risorse idriche del Paese e del pianeta. E' probabile che, come gli esperti vanno scrivendo e dicendo, le prossime guerre si faranno per la proprieta' dell'acqua. I ricchi cercheranno di possedere le riserve di questo bene non infinito e i poveri patiranno ovunque la sete. Ma le "battaglie", le "lotte" (si continua a usare il linguaggio militare), la "militanza" e le convocazioni pubbliche si preferira' farle contro le armi e i soldati, ma piu' o meno mai per le problematiche ambientali. La sinistra, compresa appunto la nuova sinistra, resta debole - o marxista vetero - a questo proposito. L'antropocentrismo e' ancora la base teorica e programmatica di ogni impegno. Infatti, neppure il governo di centro-sinistra ha saputo fare una politica pratica di programma e sensibilizzazione a favore delle energie alternative. In Italia la regione che ha maggiore impianti di energia solare e' l'Alto Adige. E l'Austria ne ha di piu' dell'Italia. Ci supera persino la Turchia dove sono diffusi i pannelli solari per l'acqua calda. Sulla ancora rossa costa romagnola le seconde case, i bagni, non sanno neppure dell'esistenza del solare. Le discussioni politiche di questi giorni sui rischi di blocchi del flusso di energia elettrica a causa della siccita', evitano di fare emergere questo dato di fatto. I verdi, d'altronde, si limitano alle conferenze stampa del loro attuale leader al posto di una prassi politica di mobilitazione sul territorio. Neppure noi donne, noi donne dell'antico femminismo sembriamo tanto sensibili a questi temi che sono i piu' vicini - direi essenziali - alla vita quotidiana. 2. INIZIATIVE. RINO MARTINEZ: OGGI A PALERMO, IN SOLIDARIETA' CON DON MELI [Da Rino Martinez (per contatti: rinomartinez1 at tin.it) riceviamo e diffondiamo. rino martinez, cantautore ed educatore, opera nella solidarieta' concreta a Palermo. Don Baldassarre Meli, da vent'anni parroco dell'Albergheria, e' uno degli eroi palermitani della lotta contro la mafia e per l'umanita'] Giovedi' 17 luglio 2003, alle ore 18, sit-in e marcia da piazza Politeama a Santa Chiara, a Palermo. Tutte le comunita' degli immigrati presenti a Palermo, unitamente alle associazioni ed ai movimenti impegnati con spirito costruttivo e gandhiano per la difesa dei diritti umani, per la difesa della dignita' dei bambini, degli emarginati e degli ultimi, si sono dati appuntamento giovedi' pomeriggio a piazza Politeama per un significativo gesto di solidarieta' nei confronti di don Baldassare Meli e Santa Chiara. Chiediamo di dare continuita' all'esperienza vitale di don Meli, affiancandolo per un altro significativo periodo di tempo al suo successore. Don Baldassare Meli e' una figura che incarna i grandi valori di liberta', solidarieta', giustizia, rispetto della dignita' umana ed amore assoluto per il prossimo. Un autentico salesiano, un uomo mite, saggio, aperto ai bisogni reali della gente. Don Meli e' per noi tutti un grande riferimento, patrimonio e memoria storica della citta', una citta' che rischia ancora una volta di privarsi di risorse umane importantissime, figure che hanno garantito capacita', conoscenza del territorio e dei suoi gravi problemi. In un momento in cui e' necessario dare adeguate risposte al risorgere della mafia, delle terribili violenze sessuali sui minori, al malcostume ed all'imperversare della droga, si rischia l'impoverimento e l'azzeramento di figure positive e di riferimento. In questa importante e significativa azione di solidarieta' a favore di don Baldassare Meli non siamo soli; attraverso documenti ufficiali hanno espresso la loro solidarieta' il sindaco di Palermo, il consiglio comunale di Palermo e buona parte dei consiglieri della Provincia di Palermo, ed ancora centinaia di cittadini. Insieme in cammino, per il bene della nostra citta'. Per il "Comitato pro Santa Chiara": Rino Martinez (cantautore, educatore), Fausto Amato (avvocato), Vincenzo Lo Re (avvocato), Renata Ardizzone (volontaria), le associazioni degli immigrati. Per informazioni e contatti: tel. 3471986569 o anche 0916254269, e-mail: rinomartinez1 at tin.it, o anche: amato.gugliuzzo at virgilio.it 3. MEMORIA. RICCARDO ORIOLES: PALERMO, UNDICI ANNI DOPO [Da "Tanto per abbaiare" n. 187 del 14 luglio 2003 riprendiamo questa serie di testi. Riccardo Orioles (per contatti: riccardoorioles at libero.it) e' giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido impegno civile); militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti"; ha formato al giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli utenti della rete telematica vi e' la possibilita' di leggere una raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene (Einaudi, Torino 1999)] "Qui e' nato Paolo Borsellino". La scritta, su un bel cartello giallo a bordo nero, e' in via della Vetriera, nel cuore della Kalsa, a Palermo. Veniva da un quartiere povero, Paolo Borsellino. Cosa c'e' sotto la scritta? Un bel cumulo d'immondizia, ormai abituale. Periodicamente, i cittadini le danno fuoco, visto che il camion del comune non passa mai. * "Affetto e solidarieta'". Vengono manifestati dai rappresentanti degli industriali siciliani al presidente della regione, coinvolto nella solita inchiesta mafia-politica. Non si chiama piu' Ciancimino (il tempo passa) ma la faccenda e' sempre la stessa: giudici senza criterio istigati dai communisti. E il politico giustamente s'offende e protesta limpida innocenza. * "Questo prete se ne deve andare". Don Baldassarre Meli da vent'anni e' il parroco dell'Albergheria. Vennero i mafiosi a spacciargli droga davanti all'oratorio e lui li mise in fuga a cazzotti. Vennero i disperati da paesi lontani, emigranti per fame come noi siciliani, e lui gli dette un tetto e gli cerco' un lavoro. Vennero gli usurai mafiosi a raccogliere i bambini poveri del quartiere, a venderli ai pedofili in cambio dei debiti non pagati: don Meli difese selvaggiamente i picciriddi, denuncio' i pedofili e li mando' in galera. Adesso, sta facendo le valige. I superiori hanno deciso che c'e' stato anche troppo, un prete come don Meli, a Palermo. Via, trasferito. "Sopire, troncare... padre reverendissimo, lei m'intende". Non c'e' piu' l'antimafia e la rete a difendere preti come don Meli. Lui stringe i pugni, impotente. Che fine faranno, adesso, i suoi bambini? * Questa e' Palermo, undici anni dopo. Dei nostri antichi maestri alcuni - quelli a cui volevamo piu' bene, quelli di cui ci fidavamo come un ragazzo si fida d'un buon professore - hanno cambiato bandiera. A difendere i politici inquisiti oggi s'alza pure la voce di padre Pintacuda. Noi non osiamo giudicare: ognuno risponde a se stesso e alla coscienza sua. Ma voi, ragazzi, tenete duro, per l'amor di Dio. * I nostri soldati. 19 luglio 1992. Catalano Agostino, Cosina Walter, Loi Emanuela, Li Muli Vincenzo, Traina Claudio: caduti combattendo per il popolo siciliano contro la dittatura politico-mafiosa. * Promemoria. Sabato 19 alle 20,30, nell'aula magna di palazzo Steri a Palermo, presentazione del libro "Giustizia e Verita'": gli scritti inediti di Paolo Borsellino. Presenti: Gian Carlo Caselli, don Luigi Ciotti, Rita Borsellino, Giorgio Bongiovanni. Organizzano: Facolta' di Lettere, Libera, Antimafia Duemila. 4. INCONTRI. IL 18 LUGLIO A PALERMO [Riceviamo e diffondiamo; ai promotori dell'appello e dell'incontro (Arci, Centro di documentazione "G. Impastato", Libera, Palermo anno uno) esprimiamo naturalmente la nostra piena solidarieta'] Nel luglio 2001, in seguito a due sentenze del Tribunale civile di Palermo che condannavano Claudio Riolo e Umberto Santino a risarcire, rispettivamente, Francesco Musotto e Calogero Mannino per diffamazione, abbiamo avviato una campagna per la liberta' di stampa nella lotta contro la mafia. Abbiamo rilevato la nuova abitudine assunta da molti esponenti politici della prima o della seconda repubblica che, coinvolti a torto o ragione in disavventure giudiziarie, cercano di far pagare il conto delle loro "sfortune" a chi esercita, per professione o per impegno antimafia, i diritti di cronaca e di critica garantiti dall'articolo 21 della Costituzione. Abbiamo denunziato l'uso distorto e strumentale del ricorso ai procedimenti civili per risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa, che invece di tutelare l'onorabilita' delle persone rischia d'instaurare un clima d'intimidazione nei confronti di chiunque intenda far conoscere, commentare o studiare il persistente fenomeno delle contiguita' tra politica, mafia e affari. Abbiamo rivendicato il diritto e il dovere di sottoporre l'operato di chi ricopre cariche pubbliche o ruoli rappresentativi al vaglio critico dell'opinione pubblica, con la consapevolezza che ciascun politico ha una responsabilita' aggiuntiva rispetto agli altri cittadini nella misura in cui coinvolge la credibilita' delle istituzioni. A distanza di due anni si sono moltiplicate le richieste di risarcimenti milionari o, addirittura, miliardari nei confronti di giornalisti, studiosi e familiari delle vittime. Sono aumentate anche le condanne emesse dai giudici, soprattutto in ambito civilistico, che risentono spesso di una concezione angusta e formalistica della tutela della reputazione individuale, poco sensibile all'esigenza di un giusto contemperamento con l'interesse pubblico all'esercizio della critica politica. In particolare la Prima Sezione Civile della Corte d'Appello di Palermo ha recentemente confermato la condanna di Claudio Riolo a risarcire Francesco Musotto per un vecchio articolo pubblicato nel '94, nel quale si commentava criticamente la decisione del Presidente della Provincia, nonche' avvocato penalista, di mantenere la difesa di un suo cliente, imputato nel processo per la strage di Capaci, mentre l'ente locale si costituiva parte civile nello stesso processo. Si tratta di una condanna molto pesante, che si e' gia' tradotta nel pignoramento di un quinto dello stipendio per l'intera vita lavorativa e, addirittura, dell'indennita' di fine rapporto fino al completamento della cifra di 140 milioni di lire, con l'aggiunta ulteriore delle spese del giudizio di secondo grado. Se e' lecito criticare le sentenze senza delegittimare i giudici, come ha piu' volte affermato il Consiglio Superiore della Magistratura, vorremmo esprimere il nostro disappunto e la nostra preoccupazione. Innanzitutto perche' condividiamo e facciamo nostre le critiche e le analisi contenute nell'articolo, che riteniamo fondate su fatti veri e incontestabili, espresse in forma sarcastica ma civile e finalizzate ad un obiettivo di evidente interesse pubblico, quello di sollecitare partiti e istituzioni a tenere alta la guardia contro i tentativi di condizionamento mafioso. In secondo luogo perche' temiamo che l'effetto di questa e di altre analoghe condanne possa, indipendentemente dalla volonta' dei giudici che le hanno emesse, inibire l'esercizio della liberta' di stampa e del diritto di critica politica contribuendo ad un rischioso restringimento degli spazi democratici. In particolare, sul terreno della lotta contro la mafia, la piena liberta' d'informazione e di opinione e' indispensabile per individuare e stigmatizzare tutti quei comportamenti che configurino delle responsabilita' politiche e morali, indipendentemente dall'accertamento di eventuali responsabilita' penali che spetta esclusivamente alla magistratura. Il principio di distinzione tra responsabilita' politica e responsabilita' penale, approvato dalla Commissione parlamentare antimafia nel 1993 con una larghissima e inedita maggioranza (Dc, Pds, Psi, Lega, Rc, Pri, Pli, Psdi, Verdi, Rete) ma rimasto purtroppo inapplicato, stabiliva che il Parlamento ed i partiti, sulla base di fatti accertati che non necessariamente costituiscono reato, potessero comminare delle precise sanzioni politiche, "consistenti nella stigmatizzazione dell'operato e, nei casi piu' gravi, nell'allontanamento del responsabile dalle funzioni esercitate". L'applicazione rigorosa ed imparziale di questo principio, che rappresenta l'esatto opposto del cosiddetto "giustizialismo", potrebbe risolvere l'annoso conflitto tra politica e magistratura, giacche' eviterebbe di rimandare ogni giudizio politico all'esito delle decisioni penali. Se l'autorita' politica facesse autonomamente il proprio dovere non ci sarebbe alcuna delega di fatto ai giudici, che potrebbero cosi' lavorare con maggiore serenita' e indipendenza. E' del tutto evidente che questa fondamentale distinzione presuppone la massima liberta' di cronaca e di critica, giacche', come ha affermato la stessa Commissione parlamentare, "il presupposto per muovere una contestazione di responsabilita' politica e' la conoscibilita' di fatti o di vicende che a quella contestazione possono dar luogo; se non si conosce, non si e' in grado di esercitare alcun controllo". Se proviamo ad applicare questi principi alle attuali vicende giudiziarie che coinvolgono anche i massimi vertici del Governo siciliano, apparira' chiaro che le eventuali dimissioni del Presidente Cuffaro non dovrebbero dipendere dal fatto che abbia ricevuto o meno un avviso di garanzia, ma dalla valutazione sull'inaffidabilita' di un uomo politico che, quantomeno, ha dimostrato ripetutamente di non saper scegliere i propri collaboratori. Come chiarisce, ancora una volta, la Commissione parlamentare antimafia, "se la persona di fiducia di un uomo politico compie atti di grave scorrettezza o di rilevanza penale, l'uomo politico non risponde dei fatti commessi dalla persona di fiducia, ma risponde per aver dato prova di non saper scegliere o di non aver accertato o di aver tollerato comportamenti scorretti". Cosi' come, per fare altri esempi, se un Ministro, un Sindaco o un Presidente di Provincia partecipa a cene elettorali, battesimi e matrimoni organizzati da personaggi mafiosi, o se nella sua casa di campagna si riuniscono boss latitanti o si nascondono armi delle cosche, le ipotesi possibili sono solo due: o ne e' consapevole e quindi complice, oppure e' inconsapevole ma inaffidabile. In ogni caso spetta esclusivamente alla magistratura stabilire se il suo comportamento abbia o meno una rilevanza penale, ma e' compito della politica valutare, senza strumentalizzazioni di parte e in nome dell'interesse generale, se il personaggio in questione sia adeguato o meno a svolgere le funzioni politiche cui e' preposto. Ed e' altrettanto evidente che spetta a tutti i cittadini, e in particolare ai giornalisti e agli studiosi, il diritto e il dovere di far conoscere, criticare e analizzare liberamente i comportamenti degli uomini pubblici, che devono essere trasparenti e sottoposti al massimo controllo democratico. Ci proponiamo, pertanto, di rilanciare una campagna di sensibilizzazione e di mobilitazione dell'opinione pubblica per: a) sollecitare le forze politiche e istituzionali ad elaborare un codice di autoregolamentazione comune, che si ispiri alle proposte della commissione parlamentare antimafia del '93 sulla distinzione tra responsabilita' politica e responsabilita' penale; b) rivendicare una nuova regolamentazione legislativa in materia di diffamazione, che ristabilisca un giusto equilibrio tra diritto di cronaca e di critica e tutela della persona, e che uniformi procedimento penale e procedimento civile per impedirne un uso distorto e strumentale; c) riaprire la sottoscrizione, avviata nel 2001, per il fondo di solidarieta' in difesa della liberta' di stampa nell'ambito della lotta contro la mafia (il fondo, gestito dal coordinamento delle associazioni promotrici e da un comitato di garanti, composto da Rita Borsellino, Luigi Ciotti e Valentino Parlato, ha raccolto piu' di quaranta milioni di lire e viene gia' utilizzato in sostegno di Riolo). Per sottoscrivere si puo' utilizzare il c/c postale n.10690907, intestato a Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, specificando nella causale: "Campagna per la liberta' di stampa nella lotta contro la mafia". Per informazioni: sito: www.centroimpastato.it, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, libera.palermo at inwind.it Su queste proposte vorremmo avviare una discussione e un confronto con i cittadini, i movimenti, le associazioni e le forze politiche in una assemblea cittadina, che si terra' a Palermo venerdi' 18 luglio, alle ore 21, presso l'oratorio di Santa Chiara, in piazza S. Chiara 11 (nei pressi di piazza Bologni). Arci, Centro di documentazione "G. Impastato", Libera, Palermo anno uno. 5. APPELLI. UN APPELLO PER LA LIBERTA' DI STAMPA NELLA LOTTA CONTRO LA MAFIA [Riproduciamo ancora una volta questo appello del 2001, invitando tutti i nostri interlocutori ad aderire ad esso ed a contribuire finanziariamente al fondo di solidarieta' che esso propone] Due recenti sentenze di primo grado del Tribunale civile di Palermo hanno condannato Claudio Riolo, politologo presso l'Universita' di Palermo, e Umberto Santino, presidente del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", al risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa. Riolo ha pubblicato sulla rivista mensile "Narcomafie", nel novembre '94, un articolo di commento critico alla decisione di Francesco Musotto, presidente della Provincia di Palermo e avvocato penalista, di mantenere la difesa di un suo cliente, imputato nel processo per la strage di Capaci, mentre l'ente locale si costituiva parte civile nello stesso processo. L'articolo, ritenuto diffamatorio dal Musotto che ha chiesto 700 milioni di risarcimento, e' stato ripubblicato nel maggio '95 su "Narcomafie" e sul quotidiano "Il manifesto" a firma di 28 autorevoli esponenti del mondo politico e culturale, che lo hanno sottoscritto "condividendone in pieno i contenuti e ritenendolo legittima espressione dell'esercizio della liberta' di stampa, di opinione e di critica politica". Tuttavia Musotto non ha querelato ne' citato in giudizio nessuno dei nuovi firmatari e, dopo quasi sei anni di lungaggini processuali, Riolo e' stato condannato a pagare complessivamente 118 milioni. A sua volta, l'ex ministro Calogero Mannino ha chiesto una riparazione pecuniaria di 200 milioni a Umberto Santino, ritenendosi diffamato per la pubblicazione di alcuni stralci di un "testo anonimo" nel libro "L'alleanza e il compromesso" edito nel '97. Nonostante l'autore si fosse limitato ad analizzare criticamente quel documento, prendendone le distanze con l'affermazione esplicita che esso proviene "piu' o meno direttamente da ambienti mafiosi", e nonostante quel testo, circolato nel '92 subito dopo la strage di Capaci, fosse gia' stato integralmente e ripetutamente pubblicato da altri, Santino e' stato condannato a pagare circa 20 milioni. Due miliardi e', invece, la richiesta di risarcimento rivolta dallo stesso ex ministro ad Alfredo Galasso, docente di diritto civile presso l'Universita' di Palermo, per aver riportato il medesimo testo anonimo nel libro "La mafia politica", pubblicato nel '93. Ma il procedimento e' ancora in corso e si attende la conclusione. Questi fatti non rappresentano dei casi isolati, ma si inquadrano in una preoccupante tendenza generale alla limitazione del "diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione" garantito dall'articolo 21 della nostra Costituzione. Negli ultimi anni, parallelamente ad un preoccupante processo di concentrazione della proprieta' dei mezzi di comunicazione di massa, gli attacchi dei poteri forti alla liberta' di informazione e di opinione si sono moltiplicati, e cio' e' tanto piu' grave e significativo quando esponenti della prima o della seconda repubblica, coinvolti a torto o ragione in procedimenti penali, cercano di far pagare il conto delle loro "sfortune" a chi esercita per professione o per impegno antimafia il diritto di cronaca e di critica. In particolare stiamo assistendo ad un crescente uso indiscriminato del ricorso ai procedimenti civili per risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa. Il procedimento civile, infatti, offre una serie di vantaggi rispetto a quello penale: il risarcimento danni puo' essere chiesto a distanza di cinque anni dai fatti, mentre per sporgere querela non si possono superare i novanta giorni; nel civile si puo' ottenere la condanna del presunto diffamatore senza l'onere di dover dimostrare l'esistenza del reato di diffamazione; e', per di piu', possibile ottenere risarcimenti sproporzionati per "danno morale" anche quando non si riesca a dimostrare l'esistenza di un effettivo "danno patrimoniale"; la condanna, infine, e' immediatamente esecutiva, senza dover attendere l'espletazione di tutti i gradi del giudizio. Oltre a tutto cio' il giudizio civile comporta un minor clamore rispetto a quello penale, clamore che comunque e' sempre controproducente anche per il presunto "diffamato". Si sono, pertanto, moltiplicate le richieste di risarcimenti miliardari nei confronti di giornalisti, studiosi e familiari delle vittime (basti, qui, ricordare i 20 miliardi chiesti da Berlusconi a Luttazzi, Freccero e Travaglio per la trasmissione televisiva Satyricon, o il miliardo chiesto da Mannino a Giuseppina La Torre per alcune interviste rilasciate nel '95, o ancora il miliardo e 150 milioni chiesti da Musotto ad Attilio Bolzoni per gli articoli su "Repubblica" riguardanti le sue traversie giudiziarie del '95) il cui effetto non e' la legittima tutela dell'onorabilita' della persona, ma l'instaurazione di un clima d'intimidazione nei confronti di chiunque intenda far conoscere, commentare o studiare il persistente fenomeno delle contiguita' tra politica, mafia e affari. Con questo appello intendiamo rivendicare con forza il diritto e il dovere di sottoporre l'operato di chi ricopra cariche pubbliche o ruoli rappresentativi al vaglio critico dell'opinione pubblica, con la consapevolezza che ciascun politico ha una responsabilita' aggiuntiva rispetto agli altri cittadini nella misura in cui coinvolge la credibilita' delle istituzioni. In particolare, sul terreno della lotta contro la mafia, la piena liberta' d'informazione e di opinione e' indispensabile per individuare e stigmatizzare tutti quei comportamenti che configurino delle responsabilita' politiche e morali, indipendentemente dall'accertamento di eventuali responsabilita' penali che spetta esclusivamente alla magistratura. Ci proponiamo, pertanto, di avviare una campagna di sensibilizzazione e di mobilitazione dell'opinione pubblica per la realizzazione dei seguenti obiettivi: a) una nuova regolamentazione legislativa in materia di "diffamazione", che ristabilisca un giusto equilibrio tra diritto di cronaca e di critica e tutela della persona, e che uniformi procedimento penale e procedimento civile per impedirne un uso distorto e strumentale; b) la costituzione di un fondo di solidarieta' tramite la sottoscrizione del presente appello (ad ogni firma corrispondera' la sottoscrizione di una quota minima di centomila lire); il fondo sara' utilizzato, a cominciare dalle due condanne citate, per difendere la liberta' di informazione, di opinione e di ricerca limitatamente all'ambito della lotta contro la mafia (sara' gestito, sulla base di un regolamento, da un comitato di garanti, di cui faranno parte, tra gli altri, Rita Borsellino, Luigi Ciotti e Valentino Parlato). Per sottoscrivere l'appello si puo' utilizzare il c/c postale n. 10690907, intestato a Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, specificando nella causale: "Campagna per la liberta' di stampa nella lotta contro la mafia". Per comunicazioni e informazioni: tel. 091333773 (Miro Barbaro c/o Arci) o 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi at tin.it (c/o Centro Impastato). I promotori: Arci, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Centro sociale "San Francesco Saverio", Il manifesto, Libera, Mezzocielo, Micromega, Narcomafie, Palermo anno uno, Promemoria Palermo, Scuola di formazione etico-politica "Giovanni Falcone", Segno, Uisp. Prime adesioni: Arcidonna, Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, Associazione Nuova Generazione, Associazione palermitana della Stampa, Cepes, Circolo Arci "Due strade" di Firenze, Cooperativa teatrale Dioniso, Gruppo Abele, Gruppo Solidarieta' di Ancona, Istituto Gramsci Siciliano, Meridiana, Movimento d'azione "Giustizia e Liberta'" di Torino, Nuvole, Unci siciliana. Giovanni Abbagnato, Laura Abbozzo, Accardi Tina, Valeria Ajovalasit, Leonardo Alagna, Antonella Albino, Anna Alleruzzo, Nicola Alosi, Gabriella Alu', Emilio Arcuri, Flora Arcuri, Francesca Arici, Fabio Armao, Massimo Attanasio, Fulvio Attina', Cristiana Balzano, Giuseppe Barbera, Marzia Barbera, Letizia Battaglia, Walter Bellomo, Sabrina Benenati, Franco Berlanda, Gianfranco Bergesio, Angelo Bertucci, Monica Bertucci, Daniele Billitteri, Pia Blandano, Antonio Blandino, Roberto Blandino, Sergio Blandino, Luigi Bobbio, Francesco Bonanno, Tommaso Bonavita, Giorgio Bongiovanni, Diego Bonsangue, Paola Bonsangue, Maria Donatella Borsellino, Aldo Brigaglia, Anna Brigiano, Giovanni Burgio, Roberta Bussolari, Margherita Cacioppo, Carlo Calabro', Rita Calapso, Luigi Calderaro, Rino Calderaro, Giorgio Calderoni, Letizia Calio', Rosolino Camarda, Angelica Camassa, Rita Camisani, Orazio Cancila, Augusto Canonico, Antonino Caponnetto, Antonio Caputo, Vincenza Capirsi, Antonio Caputo, Bruno Carbone, Renata Carloni, Rino Cascio, Luciana Castellina, Dario Castiglione, Giusi Catalfamo, Giusto Catania, Augusto Cavadi, Luigi Cavallaio, Filomena Cavallone, Franco Cazzola, Bruno Celano, Mario Centorrino, Furio Cerutti, Marta Cimino (gruppo Ausl 6), Anna Maria Ciancimino, Gaetano Cipolla, Nicola Cipolla, Giuseppe Cipriani, Salvo Ciulla, Emilia Colajanni, Amalia Collisani, Claudio Collova', Piero Corrao, Rita Coscarella, Aldo Costa, Giacomo Costadura, Antonello Cracolici, Quintina Crespino, Amelia Crisantino, Mari D'Agostino, Nando dalla Chiesa, Pasquale D'Andretta, Nicola De Domenico, Anne Clemence de Grolee, Donatella Della Porta, Franca De Mauro, Raffaella De Pasquale, Gabriella Di Buono, Maria Di Carlo, Alberto Di Paola, Sergio Di Vita, Davide Fais, Amedeo Falci, Giulia Fanara, Gaetana Farfaglio, Maria Luisa Farfaglio, Francesco Farsetta, Nino Fasullo, Silvio Fasullo, M. Cristina Fatta Del Bosco, Claudio Fava, Fausto Fava, Donatella Favalli, Giovanni Ferro, Anna Ficarra, Michele Figurelli, Giuseppe Filardo, Paolo Flores D'Arcais, Pietro Folena, Francesco Forgione, Alfio Foti, Antonella Franchina, Rosa Fucarino, Mose' Galluzzo, Costantino Garraffa, Aldo Garzia, Mario Genco, Vincenzo Gervasi, Antonio Giaimo, Francesca Giannone, Domenico Giannopolo, Marco Tullio Giordana, Amalia Giovenco, Giovanni Giudice, Luciana Grasso, Marina Grasso, Salvatore Grasso, Emidio Greco, Gioacchino Greco, Sabina Grimaudo, gruppo Assessorato Regionale Bilancio, gruppo Neurologia II, gruppo psichiatria ex Usl 59 (E. Cardinale, G. Cascio, A. Favara, M. Raspante), gruppo specializzandi di Psichiatria, Carlotta Guarascio, Maurizio Guarneri, Vincenzo Guarrasi, Umberto Gulli, Gaetano Gullo, Maria Immordino, Gabriella Indovina, Serena Indovina, Antonino Infranca, Leonardo Insinua, Daniele La Barbera, Giovanni La Fiura, Teresa La Rocca, Margherita Lauro, Raniero La Valle, Giancarlo Licata, Giovanni Li Cheri, Salvo Lipari, Umberto Lo Faso, Bibi Loffredo, Santo Lombino, Lorenzo Lo Piccolo, Chiara Lumia, Giuseppe Lumia, Salvatore Lupo, Simona Mafai, Giulio Mangano, Giandomenico Maniscalco, Maria Maniscalco, Giovanni Marci', Giuseppe Carlo Marino, Giacomo Marramao, Francesca Martino, Oreste Massari, Alfio Mastropaolo, Antonio Mastropaolo, Luigi Mastropaolo, Teresa Mastropaolo, Tecla Mazzarese, Antonio Mazzeo, Elena Medi, Mariangela Melato, Pierpaolo Melis, Ernesto Melluso, Dario Miceli, Vincenzo Mignosi, Igor Mineo, Claudia Mirto, Salvo Mirto, Gisella Mizio, Giuseppe Molinari, Eva Montalbano, Andrea monte, Diletta Monte, Gabriello Montemagno, Titti Morello, Patrizia Muccioli, Daniela Musumeci, Pietro Nastasi, Vera Nastasi, Laura Nastri, Franco Nicastro, Rita Nicoletti, Salvatore Nicosia, Gaspare Nuccio, Gianluca Onorato, Antonio Ortoleva, Delia Parrinello, Beatrice Pasciuta, Marini Pasini, Dino Paternostro, Marco Pavone, Cristina Pecoraro, Fulvio Pedone, Nicola Petrucci, Paolo Pezzino, Patrizia Picciotto, Federico Piccoli, Vincenzo Pinello, Rosanna Pirajno, Franco Piro, Marco Pirrone, Maurizio Pizzuto, Rosalba Pugliesi, Danelia Raia, Annibale Raineri, Gianna Ratto, Olga Ravelli, Francesco Renda, Alfonso Riccardo, Elio Rindone, Alessandro Riolo, Fernando Riolo, Francesca Riolo, Pietro Riolo, Salvatore Rizzo, Santi Rizzo, Nino Rocca, Stefano Rocca, Massimo Roccella, Riccardo Romano, Giovanni Rosciglione, Roberto Rovelli, Giovanni Ruffino, Gabriella Russo, Giovanni Russo Spena, Giovanna Sagona, Bice Salatiello, Giuseppe Salemi, Roberto Salerno, Leonardo Samona', Giovanni Santangelo, Giovanni Savettieri, Salvatore Savoia, Giuseppe Pacifico Scamardella, Renato Scarpa, Elio Sciarrino, Silvana Sciarrino, Rocco Sciarrone, Franca Serafino, Armando Sorrentino, Carmelo Sottile, Pietro Spalla, Luca Spatocco, Antonino Spotorno, Sergio Staino, Corrado Stajano, Salvatore Stira, Maria Vittoria Strazzeri, Giovanna Tarantino, Liliana Tedesco, Marina Terrana, Filippo Terranova, Giacomo Terranova, Giovanna Tornabene, Nicola Tranfaglia, Maria Trezzo, Alberto Tulumello, Diamante Turri, Michele Tutone, Mirella Urso, Salvo Vaccaio, Giacomo Vaiarelli, Fulvio Vassallo, Silvana Vecchio, Nichi Vendola, Emanuele Villa, Vittorio Villa, Franco Viola, Paolo Viola, Piero Violante, Maria Letizia Vittorelli, Marco Wigi, Gianfranco Zanna. 6. DOCUMENTAZIONE. UNA LETTERA APERTA SULLE VIOLENZE DI GENOVA [Da vari interlocutori riceviamo e diffondiamo. Come e' noto in relazione alle gravissime violenze di Genova questo foglio si e' associato alla denuncia delle gravissime responsabilita' criminali - che devono essere penalmente perseguite - di autorita' ed apparenenti alle forze dell'ordine; ma a differenza di molti altri non ha mai sottaciuto, oltre alle responsabilita' ugualmente criminali di piccoli gruppi di manifestanti verosimilmente anche infiltrati da provocatori - come sempre avviene in questi contesti -, le diffuse responsabilita' morali, anch'esse assai gravi, di non piccoli ne' marginali settori e portavoce dei movimenti impegnati nelle manifestazioni di quelle giornate] Alla cortese attenzione di: Gianni De Gennaro, capo della Polizia di Stato, Vincenzo Canterini, comandante del I reparto mobile di Roma, Roberto Castelli, ministro della Giustizia, Francesco Colucci, ex questore di Genova Gentili signori, Vi scriviamo a nome del Comitato verita' e giustizia per Genova e del Comitato piazza Carlo Giuliani, per invitarVi ad un incontro pubblico che si svolgera' a Genova il 19 luglio prossimo. Sin dal 2001, assieme ad altri autorevoli rappresentanti delle Istituzioni, avete dichiarato di essere fermamente disposti a voler fare chiarezza sui fatti del luglio 2001, e pertanto saremmo interessati alla vostra presenza nel pomeriggio del 19 luglio, per fare luce su alcuni interrogativi rimasti ancora in sospeso dopo due anni. * Signor Castelli, come mai nella Caserma di Bolzaneto il Ministero della Giustizia ha proibito che gli arrestati potessero comunicare con i loro familiari e con i loro avvocati, con i rappresentanti di Ambasciate e Consolati, cosi' come e' garantito dal codice di procedura penale? E' possibile che in futuro, davanti a situazioni analoghe, il Ministero che Lei rappresenta decida di emanare nuovamente un divieto del genere oppure si puo' escludere il ripetersi di questa scelta? Come mai molti manifestanti sono rimasti a Bolzaneto, per piu' di 24 ore in attesa di essere trasferiti in carcere, per quella che doveva essere, come da Lei dichiarato al Comitato Parlamentare d'Indagine, una permanenza di poche ore in attesa del trasferimento? Perche' i manifestanti sono stati obbligati a rimanere per molte ore in piedi con le braccia alzate contro un muro, senza acqua, senza cibo, senza coperte, senza sapere dove si trovassero e perche'? Come mai Lei ha dichiarato davanti al Comitato Parlamentare d'Indagine che "Il campo di concentramento e' oggettivamente un termine che non ha un'accezione negativa di per se'"? * Signor Canterini, come mai in una intervista del 16 gennaio ha richiesto un'inchiesta parlamentare sui fatti di Genova per chiarire tra l'altro "la presenza di esponenti politici in una sala operativa e non nell'altra"? Come mai gli uomini del Primo Reparto Mobile da Lei guidato hanno raccontato che al termine dell'operazione effettuata all'interno della scuola Pertini/Diaz gli agenti del Nucleo Prevenzione Crimine "si inquadravano con noi, ma dopo un po' se la sono svignata"? * Signor Colucci, come mai a distanza di due anni non risulta che nessuno dei poliziotti coinvolti nei fatti di Genova abbia subito provvedimenti disciplinari? Questo non e' accaduto neppure in palese flagranza di reato, quando il vicecapo della Digos di Genova Alessandro Perugini e' stato filmato dalle telecamere mentre assieme ad altri poliziotti a viso coperto si accanisce contro un giovane disarmato, che verra' ferito con una grave tumefazione dell'occhio sinistro? Per emanare dei provvedimenti disciplinari a carico di funzionari di Polizia sono necessarie delle sentenze definitive da parte della magistratura oppure e' nei Suoi poteri disporre delle sanzioni anche in assenza di una verita' giudiziaria definitiva? Se e' vera quest'ultima ipotesi, come mai non ha ritenuto opportuno sollecitare dei provvedimenti almeno per il caso eclatante di Perugini? Come mai non sono stati emanati dei provvedimenti disciplinari neppure per i funzionari di Polizia che in piazza Alimonda hanno permesso che due camionette si ritrovassero isolate, perdendo il contatto con il resto delle Forze dell'Ordine presenti nella zona? * Signor De Gennaro, il Questore Fioriolli ha dichiarato che tra venerdi' 20 luglio e sabato 21 sono stati lanciati 6.152 candelotti lacrimogeni. Tutto cio' rientra nella normale gestione dell'ordine pubblico oppure e' una violazione della circolare da Lei emanata nel febbraio 2001, in base alla quale i lacrimogeni "devono essere considerati rimedio estremo per fronteggiare situazioni di particolare gravita' non altrimenti gestibili, anche in considerazione del forte impatto che provocano sulla folla"? Visto che questi lanci di lacrimogeni sono avvenuti su due cortei autorizzati, rispettivamente in via Tolemaide il venerdi' 20 e in corso Italia il sabato 21, come mai tutti questi lacrimogeni sono stati lanciati in situazioni dove non era garantita ai manifestanti una possibilita' di rapido deflusso? Lei ritiene che questo sia in contrasto con la circolare interna del Dipartimento di Pubblica Sicurezza intitolata "Note sui servizi di Ordine Pubblico" e datata 1969, dove si dichiara testualmente che "gli artifici lacrimogeni non debbono essere lanciati verso una folla radunata in localita' che non abbia vie di rapido deflusso"? Ed inoltre vorremmo sapere come ha potuto scrivere al "Secolo XIX" di Genova, il 30 dicembre 2002, che la gestione dell'ordine pubblico a Genova e' stata "complessivamente corretta ed efficace", come mai a Genova sono stati esplosi almeno 18 colpi da arma da fuoco, mentre Lei aveva dichiarato prima del G8 che nessun colpo sarebbe stato sparato? Per provare a rispondere assieme a tutte queste domande, ci permettiamo di sollecitare la Vostra presenza in occasione dell'incontro pubblico che si svolgera' sabato 19 luglio dalle 15 alle 18 presso la Sala Mercato del Teatro Modena a Sampierdarena. Per una risposta affermativa al nostro invito confidiamo nella Vostra sensibilita' democratica, nella Vostra disponibilita' al confronto e nel fatto che Voi non abbiate nulla da nascondere di fronte all'opinione pubblica, che sara' sicuramente interessata a tutto cio' che vorrete comunicarle. Cordiali Saluti, Per il Comitato verita' e giustizia per Genova: la presidente, Enrica Bartesaghi (www.veritagiustizia.it) Per il Comitato piazza Carlo Giuliani: il presidente, Giuseppe Coscione (www.piazzacarlogiuliani.org) 7. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: "DEMOCRAZIA E DIRITTO" ANALIZZA IL SISTEMA BERLUSCONI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 luglio 2003. Ida Dominijanni (per contatti: idomini at ilmanifesto.it) e' una prestigiosa intellettuale femminista] Altri tre anni? si chiedeva nell'editoriale del "Manifesto" di domenica Rossana Rossanda di fronte al rischio assai concreto che l'opposizione dissolva in una visione contemplativa della democrazia dell'alternanza qualunque strategia di contrasto attivo del governo Berlusconi e dei danni che sta provocando sul tessuto economico, sociale, politico, costituzionale del paese. Il fatto e' che per contrastare attivamente ed efficacemente Berlusconi bisognerebbe avere un'idea credibile di che cos'e' il berlusconismo e a quale morfologia economica e antropologia sociale corrisponda, al di qua e al di la' dei fuochi d'artificio emanati un giorno si' e l'altro pure dalla persona (nel senso dell'uomo e della maschera) del premier. In mancanza di questa idea, di cui nel discorso dell'opposizione (parlamentare nonche', a mio modesto avviso, di movimento) non si vede neanche l'ombra, l'ideologia dell'alternanza, correlato diretto della religione della democrazia elettorale, serve all'opposizione per prendere tempo e per evitare di interrogarsi sulla risposta che essa dovrebbe elaborare al mutamento sociale che il Cavaliere rappresenta perversamente. * Questa premessa fa da sfondo implicito all'ultimo numero della rivista "Democrazia e diritto", che inaugura la nuova serie diretta da Umberto Allegretti per l'appunto con un esercizio a piu' voci del Sistema Berlusconi: per "sistema" intendendosi, spiega il neodirettore, "qualcosa non di estemporaneo e di episodico ma di organico e solidale in tutte le sue parti, un cambiamento che investe l'intera societa' e l'intero ordinamento italiano e che deve essere indagato in tutte le sue dimensioni". Detto in altri termini: per capire l'esito della transizione italiana e' ora di uscire da quella retorica pubblica, condivisa a destra e a sinistra, che ha preteso di leggerla unicamente nella chiave del sistema politico, con gli occhi bendati di fronte alle dinamiche economiche e culturali del capitalismo e della societa' italiani. "Democrazia e diritto" prende il "sistema Berlusconi" di petto e lo seziona con ampio impiego di competenze specialistiche in tutte le sue parti, dalle politiche del lavoro, dell'ambiente, della ricerca ai tentativi di riforma costituzionale alle piraterie nell'informazione; ne risulta un catalogo completo che meriterebbe di essere segnalato in tutti i suoi capitoli, e che ciascuno puo' consultare secondo le sue esigenze. Qui mi limito a segnalare quelli piu' innovativi ai fini dell'inversione della retorica politica di cui sopra, o meglio quelli che riattivano - pur senza dichiararlo - una feconda linea di analisi del berlusconismo come creatura politica del postfordismo all'italiana, che non manco' ai tempi della scesa in campo di Berlusconi (mi viene in mente un volume collettaneo italo-francese curato da Alisa Del Re, l'Italie postmoderne, del '94), ma e' stata sovrastata lungo il decennio o dalla ricerca di ricette di ingegneria politica e istituzionale volte a "normalizzare" la nuova destra, o all'opposto dalle grida di scandalo contro "l'anomalia" italiana e la sua inemendabile immoralita'. * E' bene invece ripartire da alcuni dati di realta', come quelli che in "Democrazia e diritto" fornisce il sociologo Aldo Bonomi a sostegno della sua diagnosi del "sistema Berlusconi" come "convivenza di ipermodernita' e nostalgia, massimo di innovazione e massimo di modernita'" radicata nella "citta' infinita" che si estende fra Varese, Orio e il Serio, un laboratorio politico del "glocale" con la villa di Arcore nel cuore della Brianza, la sede della Lega ad Affori in Comasina, e Tremonti commercialista dei nuovi ricchi locali. 4 milioni di abitanti, 3.850.000 autoveicoli, 460.000 imprese, 1.600.000 posti di lavoro; poli della circolazione di merci, persone, informazioni e saperi come Malpensa 2000, l'universita' di filosofia del San Raffaele, il distretto tecnologico di Vimercate, e intorno megastore, megasale cinematografiche e tutto il catalogo dei "non luoghi" del consumo postmoderno. Qui la mutazione antropologica che segna il passaggio dal fordismo al postfordismo, dall'operaio massa al lavoratore autonomo che ha introiettato l'etica neocapitalistica competitiva e privatistica, e' cosa compiuta. Qui la decomposizione del lavoro fra forme di neo-schiavitu', neo-baratto e autosfruttamento e' cosa solidificata. Qui il panorama sociale era pronto al messaggio del "presidente-operaio": "fate tutti come me e ce la farete". Infatti quel messaggio e' passato, ma attenzione: grazie non all'abilita' del media-man, bensi' alla competenza dell'imprenditore televisivo, che le trasformazioni del processo produttivo e della virtual society le aveva sperimentate di persona nella sua azienda. Morale: "Il fenomeno Berlusconi rimanda a una profonda riflessione su cosa sia oggi il capitalismo italiano e la composizione sociale conseguente", e o la sinistra torna a esercitarsi nell'arte di analizzarli e di trovare delle risposte proprie o Berlusconi continuera' a incassare i profitti della sua specularita' al modello sociale che rappresenta. * E su questo specchio si sofferma con acutezza il saggio di Franco Cassano, che apre il numero della rivista gettando a sua volta alcune sonde sul nuovo "popolo" emerso nell'Italia post-novecentesca: piccoli commercianti e piccoli imprenditori, avvocati e giovani broker, pensionati con la casa allargata abusivamente, piccoli imprenditori in quotidiana guerriglia con le tasse, commercianti in quotidiana lotta con gli scontrini fiscali. Tutti uniti dalla diffidenza verso quell'etica del pubblico di cui la sinistra e' storicamente portatrice, e che viene ora percepita come barriera moralista e repressiva al fai-da-te. Siamo precisamente in quel cuore dell'illegalita' di massa autoassolutoria su cui si e' impiantato il messaggio antilegale, anticomunista e antipolitico della Casa delle liberta', che Cassano ribattezza appropriatamente "Casa delle licenze". * Siamo anche sul basamento sociale duro e oscuro di quello stravolgimento costituzionale incardinato sul conflitto d'interessi, che Ferrajoli analizza con la consueta maestria in tutti i suoi risvolti nel suo contributo. E siamo, altresi', sul basamento sociale della relazione pericolosissima che Berlusconi ha stabilito con l'America di Bush e relativi uomini d'affari, stravolgendo la tradizione della politica estera italiana sulla base di interessi economici piu' che politici (ne parla Rita Di Leo in una ricostruzione preziosa della spaccatura Europa-Usa sull'Iraq). Io pero' voglio chiudere con uno spunto di Cassano, che efficacemente paragona il "nessuno mi puo' giudicare" di Berlusconi al "nessuno mi puo' giudicare" di Caterina Caselli anni '60: dove allora c'era l'esigenza di liberta' di una generazione (femminile) nel passaggio dall'Italia rurale all'Italia industriale moderna, oggi c'e' pretesa di licenza nel passaggio dall'Italia industriale moderna all'Italia postfordista postmoderna. Si puo' e si deve aggiungere che l'Italia non avrebbe partorito Berlusconi, se a quell'esigenza di liberta' la sinistra avesse prestato maggiore ascolto e se ne avesse saputo fare una risorsa su cui investire invece di percepirla come un'oscura minaccia da tenere paternalisticamente a bada. Li' stava il nodo, fra anni '60 e anni '70, ed e' quel nodo che la sinistra si rifiuta ancora oggi di sciogliere. 8. RIFLESSIONE. CHIARA ZAMBONI: LA CULTURA DEI DIRITTI E LA FINE DELLA POLITICA [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso su "L'Unita'" del 12 luglio 2003. Chiara Zamboni e' docente di filosofia del linguaggio all'Universita' di Verona, partecipa alla comunita' filosofica femminile di "Diotima". Tra le opere di Chiara Zamboni: Favole e immagini della matematica, Adriatica, 1984; Interrogando la cosa. Riflessioni a partire da Martin Heidegger e Simone Weil, IPL, 1993; L'azione perfetta, Centro Virginia Woolf, Roma 1994; La filosofia donna, Demetra, Colognola ai Colli (Vr) 1997. Va da se' che la premessa di questa riflessione e' l'impegno a lottare per il pieno riconoscimento e la concreta assicurazione dei diritti fondamentali a tutte e tutti coloro che ne vengono esclusi da pratiche violente, di sopraffazione, discriminatorie] Ricevo una lettera dal Circolo Pink di Verona, associazione di gay e lesbiche. Tema: mostrare che i diritti degli e delle omosessuali non sono una faccenda privata, ma che si tratta di una questione di riconoscimento di diritto alla cittadinanza. Nella lettera viene ricordato che "nel 1995 sono passate nel Comune di Verona, come fosse niente, delle mozioni che discriminavano le persone omosessuali. In quel caso si arrivo' a dire che: 'I diritti dei gay e delle lesbiche non hanno diritto di cittadinanza in una societa' civile'". Si tratto' di un atto molto violento della giunta di allora, che poi ha perso le elezioni, nei confronti di una comunita' che si era mossa in modo attento anche a questioni legate all'esperienza omosessuale in rapporto a quella religiosa. La giunta escludeva il diritto alla cittadinanza, la lettera dei gay e delle lesbiche lo vuole. Sia da una parte che dall'altra cio' che e' in gioco e' dunque questo. C'e' oggi un'insistenza sul diritto alla cittadinanza che ha radici storiche. E' una parola che viene adoperata soprattutto in rapporto agli immigrati senza permesso di soggiorno. I patti di Schengen tra i diversi stati europei hanno definito chi aveva diritto a chiamarsi cittadino europeo e chi no e ha rafforzato l'idea di confine chiuso che include ed esclude. Che costruisce l'identita' di chi e' dentro, definendo per differenza l'identita' dell'escluso. Considero giusta la battaglia delle donne e degli uomini immigrati per avere una condizione di vita che abbia dignita' e senso. Cosi' come mi sembra sacrosanto che i gay e le lesbiche chiedano di poter visitare la compagna o il compagno malato in ospedale - come i familiari - e di poter mantenere una casa che avevano in comune, perche' ci sono legami d'amore e d'affetto che si formano nel tempo e che hanno una forza simbolica diversa da quella della famiglia ma altrettanto profonda. Ritengo invece pericoloso l'uso della parola "diritto di cittadinanza" esteso a queste questioni. E' pericoloso perche' pone lo Stato e le sue norme come fonte di identita' personale e di gruppo. Si sarebbe cittadini dello Stato - o locale o europeo - o non si avrebbe esistenza, o meglio si cadrebbe in un privato ingoiante, senza forma, una mezza realta' che e' come nulla. Forse per me e' piu' facile capire il pericolo di questa espressione per il fatto che sono una donna e molte donne sanno che, se il patriarcato le rinchiudeva nell'ambito del privato, non e' certo, oggi, nella dimensione pubblica della cittadinanza, definita da pratiche maschili, che trovano lo spazio per una loro esistenza libera, che piuttosto va e viene attraverso questi confini. Lo slittamento di senso avvenuto da un po' di tempo, per il quale ha valore solo cio' che ha dimensione di cittadinanza, rende come unica posizione di esistenza significativa l'area che il diritto e lo stato definiscono. Ed il resto? Una mia amica che insegna diritto un giorno mi ha detto: prima siamo cittadine e cittadini, poi donne e uomini. E' paradossale quest'inversione. Che io, sul piano dell'essere, sia prima cittadina e poi donna, solo la rivoluzione francese ed Hegel l'avrebbero sottoscritto in modo cosi' definitivo. Mi sono chiesta quale sia il bisogno nascosto che muove molte e molti a chiedere un riconoscimento del proprio essere nella forma del diritto di cittadinanza. Un'amica tempo fa mi ha aiutato a capire. Perche', mi ha chiesto, vuoi portare tutto alla luce di una visibilita' pubblica il tuo esserci nel mondo? Non e' che forse vuoi che quello che fai e vivi - tra privato e pubblico - venga assolto come buono, togliendoti dall'angoscia e dal senso di colpa che il rischio dell'agire nel mondo porta con se'? Non e' forse che vorresti un'istanza, un tribunale piu' alto, che non fa che riprodurre quello che noi ci immaginiamo del ruolo di un tempo dei nostri genitori? Uno sguardo superiore, che ti dicesse che in fondo sei "una brava figliola", assolvendoti? Si sa invece che un po' di segreto, una zona in ombra della nostra vita e' cio' che le permette di essere creativa, perche' si accetta il rischio che non tutto sia visibile e assolvibile da tribunale piu' alto. Non c'e' niente di piu' del richiedere un diritto per gruppi sociali marginali che incastra in una identita' rigida. Occorre dichiararsi gay, ad esempio, per avere dei diritti in quanto omosessuali, ma qual e' il confine preciso tra omosessualita' e eterosessualita' nella storia lunga e a zig zag della vita di una donna o di un uomo? Quanto la solitudine sessuale puo' essere un momento formativo nella vita individuale? Foucault aveva ragione: il potere produce comportamenti ritagliando identita' e portandole a discorso, separandole dal fluire mobile dell'esperienza. In Europa, se con la Controriforma era la chiesa a creare identita' prima inesistenti, ora, nello stato laico, e' la cultura dei diritti che contribuisce a costruire identita' e a produrre comportamenti riconoscibili. Ci si dichiara "qualcosa" e si scorpora tutto cio' che non vi rientra. La frammentazione in tante identita' e la cultura dei diritti, che asseconda e allo stesso tempo provoca tutto questo, vanno di pari passo con la fine della politica. Ricordo Alexander Langer, altoatesino di lingua tedesca, ecologista, uomo sensibile alla politica: mi ha molto fatto ragionare il suo rifiuto al censimento con la dichiarazione obbligatoria di appartenenza linguistica che l'Altoadige aveva imposto. Il dichiararsi di lingua tedesca, accanto a coloro che si dichiaravano di lingua italiana o ladina, gli avrebbe portato dei vantaggi in termini di diritti. Sosteneva, pero', che lo scambio vivo con le donne e gli uomini altoatesini, a partire dalle loro differenze di lingua e cultura, aveva un valore politico e un effetto culturale piu' ricco che non richiudersi - ognuno - nelle proprie case identitarie per una manciata di benefici istituzionali. Arroccandosi nel proprio, non si incontra piu' l'altro. Non ci si imbatte piu' in quel limite a se', che ci toglie dall'onnipotenza, ci conduce alla necessita' e al piacere di modificarci e che fa il tessuto primo dell'agire politico. Nell'attuale dibattito se l'Europa deve essere l'Europa dei diritti o quella della sicurezza contro il terrorismo, io non mi sento neanche "tirata" dalla parte dei diritti di cittadinanza, nonostante che buona parte della sinistra indichi questa come la scelta ovvia da seguire. Strada da aprire mi sembra piuttosto quella di una politica che sappia portare ad un guadagno condiviso le relazioni di differenza. Cio' comporta piu' rischio? Piu' senso di colpa? Certo, ma anche piu' piacere e gusto del vivere. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 614 del 17 luglio 2003
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