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La nonviolenza e' in cammino. 611
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 611
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 13 Jul 2003 20:33:21 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 611 del 14 luglio 2003 Sommario di questo numero: 1. Lorella Pica: in cammino da Assisi a Gubbio 2. Hannah Arendt: avere sempre a cuore 3. Simone Weil: il secondo caso 4. Guglielmo Ragozzino intervista Eveline Herfkens 5. Gino Strada: praticare la dichiarazione universale dei diritti umani 6. Augusto Cavadi: del disagio e dell'assuefazione 7. Giobbe Santabarbara: la meglio gioventu' 8. Franca D'Agostini: della metafisica 9. Il 6-9 agosto per un futuro senza armi 10. Letture: Elio Veltri, La legge dell'impunita' 11. Riletture: Nadia Bennuzzi (a cura di), Le donne nei processi di sviluppo dell'Africa subsahariana 12. Riletture: Maria Cristina Pudioli (a cura di), Iran 1941-1991. Dalla monarchia alla repubblica islamica 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. LORELLA PICA: IN CAMMINO DA ASSISI A GUBBIO [Ringraziamo Lorella Pica (per contatti: sullastrada at iol.it) per questo intervento a sostegno della partecipazione alla camminata da Assisi a Gubbio che si terra' dal 4 al 7 settembre 2003 promossa dal Movimento Nonviolento (per maggiori informazioni: www.nonviolenti.org), intervento che estraiamo da una come sempre tenerissima lettera personale. Lorella Pica, che e' ad Attigliano (Terni) - dove e' stata anche apprezzata assessora comunale - una delle persone piu' belle impegnate nella solidarieta', per la pace e la nonviolenza, fa parte dell'associazione "Sulla strada". In questo momento e' in Guatemala impegnata in una esperienza di solidarieta' con i bambini guatemaltechi che l'associazione ha promosso e porta avanti da anni. Ci sia consentito di cogliere l'occasione per mandare a lei, a Michela, a Carlo e a tutte le altre e gli altri un abbraccio] Circa la camminata Assisi-Gubbio noi parteciperemo sicuramente come associazione. I notivi che, personalmente, mi spingono a farlo penso che siano quelli che ci accomunano un po' tutti. Quello che mi piace di piu' di questa iniziativa e' appunto il "camminare": il camminare indica un divenire continuo e in quello mi riconosco e ci riconosco come movimento e come amici della nonviolenza. L'importante e' camminare ed essere coscienti di farlo nella direzione che ci sembra giusta. Importante e' anche essere disposti, nell'umilta' , a cambiare la nostra strada se ci rendiamo conto di essere su un sentiero sbagliato. Essenziale e' l'incontro, e durante il nostro camminare dobbiamo essere sempre disponibili all'incontro con l'altro e questo deve essere piu' importante del nostro camminare... 2. MAESTRE. HANNAH ARENDT: AVERE SEMPRE A CUORE [Da Hannah Arendt, "L'interesse per la politica nel recente pensiero filosofico europeo", testo restato inedito di una conferenza tenuta originariamente nel 1954, in Archivio Arendt. 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003, p. 213. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] La cosiddetta filosofia morale kantiana e' essenzialmente politica, in quanto Kant attribuisce a tutti gli uomini quelle capacita' di legislazione e giudizio che secondo la tradizione erano prerogativa esclusiva degli uomini di stato. L'attivita' morale, secondo Kant, e' legislazione - agire in modo tale che il principio della mia azione possa diventare una legge universale - ed essere un "uomo di buona volonta'" (la sua definizione di uomo buono) significa avere sempre a cuore non l'obbedienza alle leggi esistenti, ma il legiferare stesso. Il principio politico guida di questa attivita' morale di legiferazione e' l'idea di umanita' 3. MAESTRE. SIMONE WEIL: IL SECONDO CASO [Da Simone Weil, Quaderni. Volume secondo, Adelphi, Milano 1985, 1991, p. 100. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, EDB, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994] Si puo' essere ingiusti per volonta' di offendere la giustizia oppure per cattiva lettura della giustizia. Ma e' quasi sempre (o sempre?) il secondo caso. 4. RIFLESSIONE. GUGLIELMO RAGOZZINO INTERVISTA EVELINE HERFKENS [Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 luglio 2003. Guglielmo Ragozzino e' giornalista del "Manifesto" e collaboratore di "Le monde diplomatique". Eveline Herfkens coordina per l'Onu la campagna sugli "obiettivi di sviluppo del millennio"] Eveline Herfkens e' venuta a Roma a presentare il XIV Rapporto dell'Undp. Di norma ha come compito principale quello di coordinare per l'Onu la Campagna sugli obiettivi di sviluppo del millennio. Nella discussione seguita alla sua illustrazione del Rapporto, e' venuto fuori che in passato ha diretto il sensazionale e invidiatissimo movimento olandese del Fair Trade (commercio equosolidale) nato nei Paesi Bassi. E' quindi una persona che conosce il movimento e conosce le istituzioni. Con grande gentilezza ha risposto alle nostre domande. - Guglielmo Ragozzino: E' possibile affiancare al Consiglio di sicurezza attuale con i compiti politici, un altro consiglio di sicurezza umano che si occupi dell'economia e della societa'? - Eveline Herfkens: Se ne e' parlato molte volte, ma sempre in astratto. E' una questione difficile da far accettare ai ministri delle finanze o da quelli del commercio dei vari paesi, di quelli maggiori in modo particolare, ma si puo' tentare. Alcuni pensano che Banca mondiale e Fondo monetario svolgano gia' abbastanza questo ruolo, senza cercare sostituti. - G. R.: Risulta che l'Italia offre lo 0,13% alla cooperazione internazionale, con l'ultimo posto nella classifica dei paesi maggiori. Non e' una vergogna questa avarizia nazionale? - E. H.: Il governo italiano a Evian e a Monterrey si e' pero' impegnato ad aumentare il contributo entro il 2006... - G. R.: Non e' credibile. I governi italiani - destra o sinistra - sono tutti uguali... - E. H.: Il compito di intervenire per modificare lo stato delle cose e' vostro, del movimento, delle ong. Finche' non c'e' un'opinione pubblica che pretenda un certo comportamento dal proprio governo, questo ha sempre altro da fare, altri interessi da curare, altre direttive Ecofin cui rispondere. Se invece la societa' civile, come dite voi, lo incalza, allora vedrete che trovera' i mezzi per fare altrimenti. Solo il popolo, attraverso i parlamentari che ha eletto, puo' imporre a un governo di dirottare una parte del denaro comune verso un obiettivo di carattere umano e di lotta alla poverta' planetaria. - G. R.: Il vostro "programma del millennio" in otto punti e' complicato e sembra fatto apposta per apparire irrealizzabile. Non sarebbe stato meglio puntare tutto su un punto soltanto? E se fosse stato cosi', lei quale avrebbe suggerito? - E. H.: Io non trovo che gli otto punti siano troppi; anzi mi sembra che leghino bene l'uno con l'altro. Che diano dei compiti, delle cose da fare, delle decisioni, anche gravi da prendere, ai governi e alla societa' nel suo complesso. Se poi dovessi indicare un punto indispensabile, allora direi il terzo che riguarda l'equita' nell'educazione entro il 2005, o l'ottavo che indica la partnership globale a favore dello sviluppo: cooperazione, riduzione del debito, regole commerciali piu' eque. - G. R.: Non sottovalutate il problema ambientale? Alcuni lo considerano il problema decisivo. - E. H.: Lei avra' visto che e' presente al settimo punto. E' un problema di grande portata ma io condivido il pensiero di chi pensa che l'inquinamento maggiore sia la poverta'. - G. R.: C'e' anche chi pensa che sia il capitalismo. - E. H.: Anche questo e' vero, talvolta. 5. RIFLESSIONE. GINO STRADA: PRATICARE LA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI [Dal sito di Nonluoghi (www.nonluoghi.it) riprendiamo il testo di Gino Strada che fa da prefazione al libro di AA. VV., Contro la guerra. testimoni di un pianeta senza pace, Nonluoghi libere edizioni, 2003 (pp. 130, euro 11, per ogni copia venduta un euro va a Emergency; per richieste: tel. 3293123483, fax 1786022881, e-mail: edizioni at nonluoghi.org, sito: www.nonluoghi.it). Gino Strada, medico chirurgo impegnato in aree di guerra, fondatore dell'associazione umanitaria "Emergency", e' una delle voci piu' nitide e influenti del movimento pacifista italiano; tra le sue pubblicazioni: Pappagalli verdi, Feltrinelli, Milano; Buskashi', Feltrinelli, Milano] Le persone, i cittadini hanno ripreso a parlarsi, a interrogarsi sulla guerra e sulla pace, a comunicare gli uni agli altri il disagio, l'angoscia - o piu' semplicemente la perplessita' - per un mondo che anziche' progredire si ritrova, un'altra volta, sull'orlo di un conflitto che sara' devastante per tutti. Un mondo sul quale si proietta come un'ombra lo spettro di un conflitto - l'attacco all'Iraq - che potrebbe allargarsi, e nel quale potrebbero essere usati anche ordigni nucleari. Cosi', nonostante la censura, o forse proprio a causa della censura, e' scattato il passaparola in centinaia di citta' dove si sono svolte iniziative contro la guerra. Centinaia di migliaia di cittadini sono stati coinvolti in queste gigantesche dimostrazioni nonviolente per esprimere la loro voglia di pace. Regioni, Province, Comuni, centinaia di scuole, centinaia di associazioni di volontariato cattoliche e laiche, di rappresentanze sindacali, centinaia di migliaia di famiglie hanno detto il loro no alla guerra. In molti hanno capito che e' in pericolo il mondo. "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignita' e diritti" afferma l'articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. E' davvero cosi', per gli esseri umani che nascono nel 2003 sul pianeta Terra? C'e' giustizia nel mondo in cui viviamo, c'e' solidarieta' tra gli esseri umani? Agiscono, come dovrebbero, in base all'articolo 1 della Dichiarazione universale, "gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza"? Il 10 dicembre del 1948, poco dopo la fine di una guerra devastante, e' stata scritta la Dichiarazione universale dei diritti umani. Nel preambolo, l'Assemblea generale dell'Onu considera il riconoscimento dei diritti umani, uguali e inalienabili per tutti gli uomini, come "il fondamento della liberta', della giustizia e della pace nel mondo". La Dichiarazione universale e' stato il tentativo di definire le regole del nostro stare insieme, i diritti di ciascuno di noi, i valori da promuovere perche' l'orrendo massacro non avesse a ripetersi, mai piu'. Per cancellare l'incubo dell'Olocausto e di Hiroshima. A 54 anni da quella Dichiarazione, non uno dei Paesi firmatari puo' affermare di averla rispettata. Siamo convinti che le vittime civili siano la prima e forse l'unica verita' della guerra, e che l'alternarsi di governi e dittatori ne siano soltanto, questi si', effetti collaterali. A cinquantaquattro anni da quella solenne Dichiarazione firmata e poi calpestata, siamo arrivati a un punto critico. Dobbiamo ricostruire i rapporti tra gli uomini sulla giustizia e sulla solidarieta'. Altrimenti saremo condannati all'autodistruzione, non ci saranno vincitori ne' vinti, l'"esperimento umano sara' fallito. Praticare la Dichiarazione universale dei diritti umani e' l'unico antidoto per vincere il cancro della guerra che sta divorando il pianeta. E' il primo dei compiti da scrivere nella nostra agenda, riuscirci e' davvero nelle nostre mani. Basta guerre, basta morti, basta vittime. 6. RIFLESSIONE. AUGUSTO CAVADI: DEL DISAGIO E DELL'ASSUEFAZIONE [Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at lycos.com) per averci messo a disposizione questo suo articolo apparso sull'edizione palermitana di "Repubblica" l'11 luglio 2003. Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e' impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, seconda ed.; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa)] Come abbiamo letto piu' volte in queste settimane, la Sicilia non ha smesso di importare droghe (soprattutto derivati della coca). La novita' e' che, ormai, fette sempre piu' consistenti della merce sono destinate al consumo locale piuttosto che a mercati lontani. Si registra una "democratizzazione" dei circuiti: i pusher dei ceti popolari non vogliono rinunziare ad assaggiare l'oggetto proibito del desiderio e, dall'altra parte, individui appartenenti a ceti agiati (o, addirittura, rappresentanti delle istituzioni) non disdegnano di riciclarsi come spacciatori. Le notizie - necessariamente generiche - suscitano in molti ricordi precisi: il volto di una collega, un tempo luminoso e attraente, devastato dall'abuso, o la confidenza straziante dell'amico al funerale di un giovane deceduto per cause naturali ("Vorrei essere al posto di suo padre, pur di mettere fine alla tragedia che sto vivendo con mio figlio"). Proprio a causa di simili coinvolgimenti emotivi, s'impone l'esercizio del discernimento. Provo, telegraficamente, a richiamare tre o quattro considerazioni basilari. La prima e' che il fenomeno delle tossicodipendenze non costituisce un blocco monolitico. Mettere sullo stesso piano droghe leggere e droghe pesanti, solo perche' il passaggio dalle une alle altre non e' infrequente, significa cedere - in buona o in cattiva fede - all'allarmismo. Gli esperti sanno distinguere con sufficiente precisione i diversi effetti delle sostanze sull'organismo e, soprattutto, differenziare i gradi di dipendenza psicologica possibile (cfr. ad esempio il volume di Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga, che il Gruppo Abele di Torino ha pubblicato alcuni anni fa in quattro lingue). Chi esperto non e', farebbe bene ad informarsi prima di sprecare filippiche altisonanti quanto approssimative. La seconda considerazione e' strettamente collegata. Per quanto un certo moralismo inconscio tenda a dimenticarlo, nel nostro Paese si muore piu' per incidenti stradali, per tabagismo, per alcolismo che per consumo di cannabis o di allucinogeni. Eppure in alcuni settori si lavora (e pigramente) per una regolamentazione che riduca i danni, mentre in altri s'invoca la "tolleranza zero" (senza neppure preoccuparsi della sua concreta fattibilita' e senza tener conto della lezione della storia sul fallimento di tutte le politiche proibizionistiche). Anche un bambino intuisce quanto pesino in proposito gli interessi economici dei privati (vedi industrie automobilistiche) e persino dello Stato (vedi imposte sulle sigarette). Questa differenza di criteri nel modo di contrastare, ad esempio, l'indisciplina automobilistica e il commercio del crack dipende certamente da condizionamenti culturali, ma anche - e siamo ad una terza considerazione - da alcuni pregiudizi inverificati: quale la convinzione che le tossicodipendenze riguardino quasi esclusivamente le fasce giovanili. Questo poteva essere vero nelle fasi aurorali - o pionieristiche - del consumo di sostanze psicoattive considerate illegali in Occidente: ma ormai, a decenni dal Sessantotto, le generazioni anagrafiche coinvolte sono numerose. Con un pizzico di paradossalita' si potrebbe arrivare ad affermare che - anche in questo campo - non ci sarebbe una questione giovanile se non ci fosse una crisi nel mondo degli adulti. Non mi pare superfluo richiamare queste osservazioni, peraltro abbastanza scontate negli ambienti professionalmente attrezzati, pur sapendo di rischiare il fraintendimento. Non si tratta di minimizzare certi rischi sociali ne', ancor meno, di offrire legittimazione a chi prova gusto - o piu' spesso ricava profitti - nell'incrementarli: se mai, si tratta di restituire alle emergenze le loro esatte dimensioni. Anche per poterle affrontare in maniera piu' incisiva. Con tutto il rispetto doveroso per l'azione degli inquirenti e delle forze di polizia, nessuna persona di buon senso puo' seriamente sperare di ridurre questo genere di fenomeni a problemi di ordine pubblico. Il fatto che casalinghe cinquantenni o bancari quarantenni o studenti ancora adolescenti ricorrono a narcotici o a stimolanti e' solo il sintomo di un disagio piu' radicato e piu' diffuso. E' lo stesso disagio che spinge altri alla dipendenza dagli psicofarmaci o alla cronicizzazione di comportamenti compulsivi (bulimia, anoressia, gioco d'azzardo, shopping, navigazione via internet, sperimentazione di emozioni sessuali sempre piu' forti...), per non fare facile ironia su chi si aliena quotidianamente tramite il televisore di casa, immedesimandosi in improbabili assetti domestici o illudendosi di partecipare a parodie di dibattiti politici. Insomma: non si decrementera' il commercio, legale o illegale, delle droghe (al plurale) sino a quando resteranno immutati gli attuali livelli di infelicita' pubblica. I motivi per smettere sono tanti, ma la gente ne vuole qualcuno per non ricominciare. E non e' facile trovarne in un contesto sociale nel quale si ridicolizzano la vita intellettuale, il rispetto delle bellezze naturali, la cura per il patrimonio artistico, l'impegno per la pace, la sincerita' nelle relazioni umane, il dolore per gli affamati e gli assetati del pianeta. La' dove sembra vincere il modello antropologico del piu' furbo, del piu' disonesto e del piu' violento (e qui, ormai, si e' raggiunta la tragica parita' fra il nord e il sud del Paese), non e' facile indicare direzioni costruttive a chi e' tentato di trovare in qualche grammo di polvere bianca una possibile via di fuga dal conformismo e dall'assuefazione. 7. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: LA MEGLIO GIOVENTU' Degli amici che avevo al paese quando ero ragazzo non pochi sono morti massacrati dalla roba. Di overdose, di epatite, di aids, con una corda al collo. Si salvarono solo quelli che a cavallo tra gli anni sessanta e settanta incontrammo la lotta politica, che fu una ragione per vivere e per non farsi, per non farsi annientare. Ricordo ancora la notte che ficcai due dita in gola ad U. per farlo vomitare; o la notte che con L. e F. passammo in una cabina telefonica cercando inutilmente di dormire mentre tutt'intorno diluviava; o quando M. volle anche lui, per fiducia verso di me, candidarsi nella nostra lista alle elezioni comunali; o l'ultima birra con M. che poi si appese a un albero; o G. che piangeva sulla mia spalla e qualche giorno dopo non resse piu'. Sono troppi, non posso dir qui di tutti, ma nel mio cuore non ne ho dimenticato nessuno. E' anche per fedelta' a loro che ho tenuto duro. * Se c'e' una cosa che non cesso di ripetere agli amici che mi richiedono di un parere sul che fare nelle piu' svariate situazioni difficili e' la seguente: che non si deve mai abbandonare nessuno. Tu volti la schiena, e l'orco lo inghiotte. Ma dir questo ancora e' niente. Occorre anche saperle aiutare le persone. Che richiede conoscenza e non solo (ma anche) saggezza e misericordia. E' per questo che ho anche lungamente studiato oltre che meditato sull'argomento (e come non ricordare qui con gratitudine l'opera grande svolta dall'indimenticabile Giancarlo Arnao?); che ho cercato di combinare qualcosa di utile anche in questa materia nelle istituzioni in cui ho rappresentanto i cittadini; che mi e' capitato di dare consigli e di dare una mano (sempre inadeguata) sia ad amici - e sconosciuti - nelle peste, sia ad amici che operano nei servizi pubblici, in comunita', associazioni e centro sociali. E soprattutto ho tenuto aperta la porta di casa, ed ho cercato di accorrere ogni volta che mi hanno chiamato. Non sempre riuscendovi, non sempre arrivando in tempo. Ma anche quando nulla ho saputo o potuto fare, come ha detto una volta il mio amico G. almeno ho ascoltato. * E so, ovvero credo, alcune cose che vorrei frettolosamente aggiungere a quelle dette da Augusto qui sopra (tra molte altre che tralascio perche' penso che ogni lettore le abbia gia' ruminate da se' un'infinita' di volte: che occorre distinguere tra sostanza e sostanza, tra usi diversi, tra uso e abuso, eccetera; che occorre - come in tutti i campi - innanzitutto procedere nell'ottica della riduzione del danno e del salvare la pelle delle persone; che e' necessario combattere le mafie - per le quali il traffico di droghe come quello di armi e' uno dei business principali, e che nel contesto della crescente finanziarizzazione dell'economia e del consumismo piu' distruttivo costituiscono la punta di lancia della globalizzazione neoliberista - e i loro complici, e tra i loro complici ci sono non solo i piu' variegati potentati economici e vaste rappresentanze istituzionali e parte non piccola dei soggetti politici organizzati, ma anche, e con un ruolo decisivo, gli apparati ideologici, la cosiddetta industria culturale - in primis i mass-media, la pubblicita' - che veicola falsi bisogni e modelli comportamentali dereistici fino al delirio, consumisti fino al suicidio, immorali fino al crimine; e cosi' via). E le cose che vorrei aggiungere sono le seguenti. Che le politiche e la legislazione vigenti nel nostro paese in questa materia sono criminali e criminogene: il Dpr 9 ottobre 1990, n. 309, sulle sostanze psicotrope e le tossicodipendenze particolarmente nel titolo VIII, agli articoli 72 e seguenti, e' semplicemente delirante e assassino. Ed ha rovinato la vita e guastato l'anima di innumerevoli giovani, ed ogni giorno miete nuove vittime, ragazzi innocenti. So di che parlo, con crescente fatica e frustrazione, e infinito strazio, ho cercato di assisterne e salvarne alcuni. E tremo a pensare alle ulteriori stragi che possono provocare in sovrappiu' i governanti odierni nella loro stupidita' e ferocia. Che sarebbe necessario tirar fuori dalle galere tutti i tossicodipendenti, poiche' e' semplicemente insensato e catastrofico che stiano li'. Ne va sovente della loro vita o morte. E ancora, che prima di pontificare in tanto dolorosa materia occorrerebbe accollarsi tutti il dovere di solidarieta', ascolto e aiuto alle e con le persone in difficolta', ed il carico di angoscia che ne consegue, e che oggi e' perlopiu' lasciato ai familiari - che sono sovente del tutto indifesi, ignari, abbandonati, e quindi in sommo grado inadeguati e tratti sovente alla disperazione -, ed ai pochi operatori che si danno da fare come possono (ed anch'essi, anche i migliori - e naturalmente qui non diciamo di ciarlatani, affaristi e torturatori - non sempre azzeccandoci). La lotta agli abusi autodistruttivi e ai trafficanti assassini ci riguarda tutti; il dovere di aiutare chi e' piu' in difficolta' ci convoca tutti. E infine, che occorre avere delle ragioni per vivere. Per voler vivere. Per scegliere di convivere. In un mondo che sia riconoscibile, in cui si sia riconosciuti. E questo mondo della dignita' e della solidarieta' umana che l'antico esule di Treviri chiamo' il regno della liberta' comincia quando tu decidi che almeno tu lo fai esistere, e lo fai esistere con la tua azione buona, facendo la cosa giusta. E basta cosi'. 8. RIFLESSIONE. FRANCA D'AGOSTINI: DELLA METAFISICA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 6 luglio 2003. Franca D'Agostini e' autrice di fondamentali ricognizioni sulla riflessione filosofica contemporanea europea ed americana, ed ha particolarmente tematizzato la differenza di approccio tra "continentali" (area europea) ed "analitici" (area angloamericana)] E' possibile pronunciarsi sul destino degli embrioni crioconservati, o sull'aborto, o sull'eutanasia, senza avere le idee chiare sulla differenza (o l'affinita') tra gli esseri umani e le cose e gli altri animali, su quando un essere umano incomincia a essere un essere umano, e quando finisce di esserlo? E' possibile ragionare sui diritti umani, e sul modo giusto di difenderli, senza essersi messi d'accordo circa che cosa sono o si presume dovrebbero essere gli esseri umani? Probabilmente no, ma non si tratta di domande retoriche. Il dibattito su questi temi, anche se vasto, e vario, e spesso disperso, percorre la filosofia di oggi, ma anche il pensiero comune, i romanzi, i ragionamenti al caffe', le perplessita' confessate alla posta del cuore. C'e', ed e' abbastanza avvertibile, un po' ovunque, un certo bisogno di ridefinizioni delle basi teoriche, di riconsiderazione dei parametri. Forse si potra' anche parlare di una certa irruzione del tema dei fondamenti nel discorso comune: un affiorare dei fondamenti. Ma c'e' anche una diffusa incertezza circa le modalita' - e la stessa legittimita' - di porre e svolgere discorsi "fondamentali" di questo tipo. La fortunata-sfortunata disciplina filosofica che dovrebbe occuparsi di simili argomenti e' la metafisica. E' una disciplina fortunata, perche' per lungo tempo e' stata considerata coincidente quasi con l'intera filosofia, o vista come la sezione piu' alta e piu' importante della filosofia. E' sfortunata perche', come ognuno sa, ha avuto negli ultimi due secoli una grande quantita' di avversari e nemici, tanto che anche nel linguaggio ordinario al termine "metafisica" si associa un'idea di ottusa fuga dalla realta', o di colpevole vaghezza, o di risibile irrilevanza. Un po' meno noto, e mai penetrato nel pensiero comune, e' il fatto che i tentativi di riabilitare e rilanciare la metafisica nel Novecento sono stati almeno tanti quante le imprese denigratorie. Nel complesso, la disparita' di opinioni sul tema (e su un tema cosi' vitale: visto che, a quanto sembra, sono in gioco le definizioni e le idee che abbiamo della vita, della morte, della natura umana, ecc.) e' stata tale, che anche dal punto di vista "tecnico", ossia da parte dei filosofi che si occupano professionalmente di metafisica, non c'e' una vera omogeneita' di vedute sulla sua natura, il suo uso, i suoi possibili metodi, e i suoi rapporti con altre sezioni della filosofia, e con altre discipline. Va notato come tale acceso dibattito, che sembra riguardare solo le istituzioni della filosofia - le querelles sulle sue cattedre, i suoi insegnamenti e le modalita' e le sedi della sua ricerca - abbia molte ripercussioni proprio in relazione alla questione di fondo: deve-puo' la filosofia occuparsi di definire e ridefinire gli esseri umani, la natura umana, l'identita' personale? Posto che possa e debba, quale potrebbe essere la relazione tra tali definizioni teoriche e le pratiche del giurista, del politico, del medico, dello scienziato, dell'uomo comune, che si trovano alle prese con problemi "fondamentali"? Molti ritengono che sia buona regola, in questi contesti, evitare accuratamente le disquisizioni teoriche di fondo, ossia rispondere senz'altro di no alle domande poste all'inizio dell'articolo: non e' necessario sapere che cosa e' un essere umano per decidere che posizione prendere riguardo all'aborto o all'eutanasia. Dunque, la metafisica - in quanto pretende di dar lezioni su cio' - e' insensata e irrilevante. Altri ritengono che la domanda sull'essere delle persone, sull'inizio, il finire e il persistere delle loro identita' nel tempo, sulla natura delle cose, degli enti sociali, dell'ambiente, non debba essere di competenza di una (sola) disciplina, ma debba riguardare, caso per caso, le singole scienze: cosi' ci sara' una "ontologia regionale" della fisica, fatta da fisici (se mai con l'aiuto dei filosofi), e una "ontologia regionale" dell'ecologia, della politica, della biologia. La metafisica, in quanto vorrebbe pronunciarsi sull'essere in generale di tutte queste regioni dell'essere, sarebbe percio' inutile e vaga, e sbagliata nel suo principio, in quanto assegnerebbe alla filosofia il compito di trattare questioni specifiche, che sono di giusta e specifica competenza dei saperi specializzati. Altri ancora pensano che invece la filosofia generale (o come oggi si usa dire "teorica", ossia non applicata a quello o a quell'altro settore di studi) debba affrontare il problema, ma che certo non dovrebbe farlo in modo "metafisico". Per costoro la metafisica non e' un ambito di indagine filosofica, ma e' un modo di fare filosofia: e costoro sono molto numerosi, in diverse parti del mondo (anche se forse la tesi corrisponde a una linea dominante in Europa). Per la maggior parte di loro la metafisica e' il frutto di una fatale confusione di ruoli tra scienza e filosofia: si pretende di parlare dell'essere, e della realta', in termini teorici generali, non empirici, non scientifici; si pretende di parlare dell'essere e della realta' come se essere e realta' fossero "oggetti" qualsiasi, da osservare ed esaminare al modo in cui un mineralogista esamina un pezzo di roccia. Pero' oggi si sta assistendo a una certa rivoluzione nell'ambito delle opinioni filosofiche medie circa la pratica della "metafisica", e nell'uso stesso del termine. In gran parte questo si deve al diffondersi di tendenze e correnti della filosofia analitica (dai continuatori diretti o indiretti di Strawson a quelli di Kripke e di David Lewis) che non sono mai state nemiche della metafisica, e che non hanno mai avuto grandi imbarazzi nel considerarla come una disciplina filosofica legittima, di tutto rispetto, e capace di offrire buoni risultati al dibattito teorico generale. Per avere un'idea delle fortune della metafisica in ambito analitico (a dispetto delle esplicite avversioni di Wittgenstein e dei neopositivisti al riguardo) si potra' partire dalla raccolta dei Classics of Analytical Metaphysics di Blackman (University Press of America, 1984) per giungere alla recente Blackwell Guide to Metaphysics, curata da Richard Gale. Nell'accezione analitica la metafisica e' un settore ben regimentato, con sotto-sezioni specializzate su temi come l'identita' personale, la causalita', il tempo, la modalita' (ossia: il possibile, il necessario, l'impossibile). L'ontologia, ovvero l'indagine sull'"essere" (fondamentalmente, al modo di Quine, la risposta alla domanda: che cosa c'e'? o: che cosa esiste?), e' considerata una sua ripartizione interna. Negli ultimi anni, si e' assistito a una vera "esplosione" bibliografica su temi metafisici e ontologici nella pubblicistica anglo-americana. Si e' addirittura parlato di un "ontological turn", che ha dato materia per infinite presentazioni complessive, companions, introduzioni. In Italia, in verita', non e' facile ancora trovare aggiornamenti sul tema, anche se gia' da diversi anni molti se ne occupano, per esempio nelle universita' di Torino, di Bergamo e di Padova. Un lavoro introduttivo davvero consigliabile e' Parole, oggetti, eventi di Achille Varzi (Carocci), che spiega con estrema cura e chiarezza quanto ci si puo' aspettare da una riproposizione in stile analitico delle tematiche metafisiche in ontologia. E' inoltre in corso di pubblicazione (Angeli) una raccolta di saggi su temi ontologici curata da Claudia Bianchi e Andrea Bottani, Significato e ontologia, con saggi di autori italiani (tra gli altri: Berti, Bonomi, Giaretta, Usberti, Varzi, Vassallo) e stranieri (Engel, Hughes, Sainsbury). Il "primo convegno italiano di ontologia analitica", che si svolge a Padova dal 7 al 9 luglio, forse non permettera' di misurare con esattezza quanto l'apporto analitico possa dare all'elaborazione dei grandi temi ontologici dell'attualita', ma potra' contribuire a una prima ricognizione sulle risorse umane e teoriche oggi disponibili anche in Italia per restituire alla filosofia tale compito di elaborazione. La tavola rotonda prevista in conclusione sulla "ricerca italiana in ontologia" forse potra' riprendere anche la questione (che da molti anni viene posta e per lo piu' lasciata irrisolta) della integrabilita' di tali ricerche analitiche con la tradizione dell'ontologia e della metafisica europee, i cui presupposti sono parzialmente diversi. E' interessante notare che nell'uso analitico la metafisica corrisponde a un significato che non e' molto lontano da quel che Heidegger intendeva con questo termine nel 1929, nel saggio Was ist Metaphysik?, molto maltrattato da Carnap. Ossia: una "ontologia fondamentale", una indagine che si occupa di tutto cio' che riguarda l'essere in generale, i suoi modi di presentazione e il suo distendersi nel tempo (o identificarsi con il tempo). Ma e' anche utile osservare che l'uso analitico, in fondo, non e' neanche molto lontano da quel che Aristotele stesso, autore dei libri che poi ricevettero il nome Metafisica, intendeva per questa "scienza prima". Nel primo di questi libri, infatti, Aristotele definisce la scienza di cui si tratta come scienza che "ha per oggetto i principi e le cause prime". Dunque per Aristotele la metafisica e' studio dei fondamenti, e solo derivatamente e secondariamente, come sottolinea Enrico Berti (che e' stato uno dei rarissimi difensori italiani della metafisica nell'epoca della sua recente sfortuna storica), "ontologia". Per Aristotele in effetti l'ontologia (ma Aristotele non usava questo termine, coniato nel Seicento, proprio nell'epoca in cui le sorti della metafisica iniziavano a vacillare), ossia l'indagine sull'essere in quanto essere, e' solo uno dei temi dei libri "metafisici", che trattano di una grande varieta' di cose: da analisi concettuali a ricognizioni storiografiche, da riflessioni sulla "sostanza" a considerazioni sull'essere di Dio. Dunque disciplina "fondamentale", o interessata ai fondamenti, ma anche disciplina plurimetodica, e interessata a ogni aspetto dell'essere: all'essere in quanto essere come alla sostanza, agli universali concettuali come all'essere di Dio, ai modi di considerare l'essere, e alle loro aporie. Forse bisognerebbe ritornare (come consiglia Berti, e come hanno consigliato altri difensori della metafisica contro le proscrizioni di neopositivisti e heideggeriani, per esempio Hans Georg Gadamer) a un consapevole recupero della nozione (pseudo)aristotelica di metafisica come filosofia prima, o meglio filosofia dei fondamenti, delle premesse, delle condizioni, dei concetti fondamentali dell'essere e delle definizioni di base del nostro ragionare e argomentare sulla realta', su entita' e identita'. Cio' permetterebbe di chiarire, forse, molti enigmi del lavoro filosofico contemporaneo, per esempio il fatto che i nemici della metafisica in quanto nemici dei fondamenti e dei discorsi sui fondamenti, di solito fanno gia' della metafisica, almeno in due sensi: in quanto devono pur avere dei fondamenti per criticarla, e in quanto anche una indagine critica dei fondamenti e' pur sempre una indagine "fondamentale", dunque e' "metafisica" quanto al suo tema. Ora, anche l'uso analitico di "normalizzare" la metafisica, precisando come essa sia una sottosezione della filosofia, offre buone ragioni contro i suoi detrattori. Posto che si tratti di un campo di studi, e non di una prospettiva filosofica, o una metodologia, non ha molto senso dichiararsi "avversari" della metafisica, o progettare il suo "oltrepassamento" (come tanto Heidegger quanto Carnap in epoche diverse proponevano): esattamente come non avrebbe molto senso dichiararsi nemici della teologia. Si puo' certo dire che non si crede in Dio, o che non si giudicano interessanti gli argomenti teologici, ma perche' dichiararsi nemici di chi studia il concetto di Dio, e le problematiche relative? C'e' pero' una questione che forse rimane non risolta, ed e' la buona ragione dei ragionevoli critici della metafisica. Esistono davvero metodi "filosofici" per porre e svolgere la domanda sulla realta' in generale, i suoi modi di essere, le cose che "ci sono" e la loro natura? Non e' forse vero che anche per noi, come per i neopositivisti, ci sono solo due modi in cui la filosofia si occupa della realta': il primo e' esaminando quel che dice la scienza al riguardo, e il secondo e' esaminando il linguaggio o le strutture concettuali che usiamo per descrivere la realta'? Di fatto la "metafisica" analitica si muove spesso come una disciplina ausiliare o un commento delle scienze empiriche, oppure e' analisi concettuale. In linea di principio non si vedono serie controindicazioni per entrambe le operazioni: perche' la metafisica non dovrebbe poter essere un commento alla scienza, e/o una analisi dei concetti? Ma forse c'e' anche qualcosa di piu', nella stessa scelta di assegnare ancora alla filosofia il compito di porre le domande classiche sui fondamenti e i modi della realta'. Anzitutto c'e' l'idea che forse la realta' e' piu' ampia di quel che la scienza empirica dice; per esempio si puo' pensare che sia anche fatta di possibilita', di enti matematici, di enti storico-linguistici, di eventi. Ci sono immagini possibili di realta', con cui occorrera' misurarsi. E l'analisi potrebbe vertere non soltanto su concetti gia' esistenti e formati, ma su possibili modi di pensare, e di parlare, e se mai (conseguentemente) di vivere. "Le teorie metafisiche - ha scritto Varzi - si reggono (...) sull'argomentazione e sull'immaginazione, e per questo motivo gli aspetti metodologici acquistano un'importanza maggiore in metafisica che in altri settori". L'idea di una filosofia che articola metodicamente argomentazione e immaginazione, e cioe' si avventura anche a immaginare nuovi modi di essere e di pensare, ma si preoccupa al tempo stesso di difenderne argomentativamente la plausibilita', mi sembra particolarmente incoraggiante per le prospettive attuali del lavoro filosofico. 9. INIZIATIVE. IL 6-9 AGOSTO PER UN FUTURO SENZA ARMI [Da Lisa Clark (per contatti: lisa.clark at libero.it) riceviamo e diffondiamo questo comunicato dei Beati i costruttori di pace (per informazioni e contatti: e-mail: beati at libero.it, sito: www.beati.org)] "Io sono certo che verra' un giorno in cui gli uomini si vergogneranno di aver fatto le armi" (Ernesto Balducci). 6 - 9 agosto 1945: Hiroshima - Nagasaki. Per piu' di cinquant'anni abbiamo pensato che fossero date anniversario da commemorare come monito per l'umanita'. L'atomica: la strada sbarrata e rifiutata dall'umanita'. Invece, dopo undici anni di sospensione, per decisione del presidente Bush potrebbero ricominciare i test nucleari nel Nevada per una nuova generazione di atomiche tattiche da usare come armi di primo colpo. Stanno aumentando gli Stati che vogliono dotarsi di armi nucleari. La guerra non e' solo decisione politica, e' anche industria. E che industria, se confrontiamo le spese per le armi con i fondi destinati all'alimentazione, all'istruzione e alla sanita' a livello mondiale. E aumentano gli investimenti nella ricerca tecnologica e per la realizzazione di nuovi sistemi d'arma. La lobby statunitense delle armi sta premendo perche' l'Europa abbia a dotarsi di un forte esercito. L'Europa pensa di confrontarsi o mettersi in concorrenza con gli Stati Uniti per governare il mondo con la forza? Questa sarebbe la morte definitiva dell'Onu: un palazzo di vetro stretto tra due giganti di ferro. Ma prima ancora che economico e politico, il problema e' culturale. Tutti risentiamo del pregiudizio che la sicurezza debba essere garantita dalla forza. Molti, sia politici che uomini di cultura, pensano che i diritti umani rimangono petizione di principio se dietro non c'e' una forza armata che li possa garantire. Nessuno pensa che sia possibile battere la criminalita' organizzata senza le armi. Molti dicono: la violenza e' insita nell'uomo, la guerra c'e' sempre stata, quindi... e' impossibile un mondo senz'armi. * Per un futuro senza armi il 6 - 9 agosto 2003 "Beati i costruttori di pace" invita a partecipare ad un seminario per mettere in piedi una campagna di opinione pubblica mondiale contro la produzione di tutte le armi. Sappiamo che facciamo in tempo a morire anche come associazione prima di vedere i risultati; ma sappiamo che se vogliamo dare un'inversione di tendenza dobbiamo pur cominciare. Come partenza abbiamo pensato di elaborare un vademecum, da scrivere insieme durante i giorni del seminario, per dare risposta a tutte le motivazioni, le paure e i luoghi comuni che giustificano la necessita' e la legittimita' dell'uso delle armi. Come soggetti attivi della societa' civile per realizzare la campagna abbiamo pensato a scuole e universita', mezzi di informazione, chiese, sindacati, mondo della politica, della cultura e dello spettacolo, enti locali ed istituzioni. Questa iniziativa si colloca come contributo, che si aggiunge e si collega a tutto il lavoro che si sta facendo per il disarmo da associazioni, organizzazioni e movimenti. Programma: il 6 agosto, alle 8 di mattina, saremo davanti alla caserma Ederle di Vicenza, dove cercheremo di coinvolgere i militari statunitensi nella presa di posizione contro l'atomica e contro la guerra. Il seminario si svolgera' nella sede dei Beati i costruttori di pace, via Antonio da Tempo 2, Padova, ogni mattina e pomeriggio dei giorni 6-7-8 agosto. Sono gia' state invitate varie persone (ricercatori, storici, facilitatori, ecc.) che con la propria competenza ed esperienza ci aiuteranno nel lavoro di studio, condivisione ed elaborazione. Ogni sera, dopo cena, e' prevista la proiezione di un film, seguito da dibattito. Il 9 agosto, alle 11, concluderemo l'iniziativa davanti alla base di Longare, sito atomico ed attuale sede di una scuola di simulazione di guerra. Nei limiti della disponibilita', sara' possibile alloggiare presso la sede dell'associazione (munirsi di sacco a pelo). Ma ci sono anche altre offerte di ospitalita' a Padova e dintorni. Per questo chiediamo a tutti di far presente le loro esigenze in modo da trovare una sistemazione dignitosa per ciascuno. Per i pasti condivideremo con molta semplicita'. Per informazioni e contatti: Beati i costruttori di pace, via Antonio da Tempo 2, 35131 Padova, tel. 0498070522, fax 0498070699, e-mail: beati at libero.it, sito: www.beati.org 10. LETTURE. ELIO VELTRI: LA LEGGE DELL'IMPUNITA' Elio Veltri, La legge dell'impunita', "L'Unita'", Roma 2003, pp. 160, euro 4 (come supplemento al quotidiano "L'Unita'"). Un volumetto di taglio pubblicistico che ricostruisce la vicenda dell'istituto delle guarentigie per i parlamentari, dell'articolo 68 della Costituzione, della sua modifica del '93, con un'analisi cursoria della legislazione sulle immunita' parlamentari in Europa, ed una appassionata demistificazione delle menzogne e della malafede di coloro che con spudorate ed inammissibili acrobazie legislative hanno come fine di garantire l'impunita' dei potenti e soprattutto hic et nunc del presidente del Consiglio dei Ministri. Un lavoro comunque benemerito e utile, ma frettoloso e molto migliorabile. 11. RILETTURE. NADIA BENNUZZI (A CURA DI): LE DONNE NEI PROCESSI DI SVILUPPO DELL'AFRICA SUBSAHARIANA Nadia Bennuzzi (a cura di), Le donne nei processi di sviluppo dell'Africa subsahariana, Comune di Bologna - Centro Amilcar Cabral, Bologna 1989, pp. 190, s. i. p. Una rassegna bibliografica dei materiali sul tema disponibili nelle biblioteche del Centro Amilcar Cabral e del Centro di documentazione delle donne a Bologna. 12. RILETTURE. MARIA CRISTINA PUDIOLI: IRAN 1941-1991. DALLA MONARCHIA ALLA REPUBBLICA ISLAMICA Maria Cristina Pudioli (a cura di), Iran 1941-1991. Dalla monarchia alla repubblica islamica, Comune di Bologna - Centro Amilcar Cabral, Bologna 1992, pp. 150, s. i. p. Una ancora utile bibliografia dei materiali esistenti all'epoca sul tema nelle biblioteche di Bologna 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 611 del 14 luglio 2003
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