Iraq: la guerra delle spie e le menzogne di George W. Bush e Tony Blair.



"INTERNAZIONALE" #3 - Lunedì 23 giugno

Iraq: la guerra delle spie e le menzogne di George W. Bush e Tony Blair.
Sulla pelle di Tarek

di Roberto Di Nunzio - http://www.nuovimondimedia.it

Era sicuro di sé, Tony Blair, quando alla fine dello scorso gennaio, davanti
ai giornalisti che lo aspettavano come ogni mattina davanti al portone del
numero 10 di Downing street affermava che " il dossier del governo sulle
armi di distruzione di massa in possesso del regime di Saddam Hussein si
basa sul lavoro di intelligence dei servizi britannici. Il documento
dimostra al di là di ogni dubbio che l'Iraq possiede armi chimiche e
biologiche ed è in grado di usarle in appena 45 minuti".

Era assai meno sicuro di sé, lo stesso primo ministro inglese quando la
scorsa settimana si è trovato costretto a scrivere una lettera di scuse a
Sir Richard Dearlove capo del "Secret Intelligence Service", ammettendo la
manipolazione che era stata fatta sul lavoro presentato dai servizi segreti
che escludevano di essere in possesso di informazioni tali da poter
affermare con certezza che vi fossero da qualche parte nell'Iraq armi di
distruzione di massa. Nelle ultime righe della missiva, Tony Blair
riconosceva che mai più avrebbe abusato della credibilità e della fiducia
degli agenti di Sua Maestà guidati da Sir Dearlove.

Tarek vive ancora a Baghdad, nel quartiere di Mansùr, subito dietro la
Damascus street, e ricorda bene quel gennaio di cinque mesi fa. Era un
tipografo Tarek, appassionato del suo lavoro. Non un lavoro importante: la
tipografia dove lavorava era specializzata in partecipazioni nuziali e
volantini pubblicitari. Ma era il lavoro che Tarek si era scelto e che tutte
le mattine affrontava con soddisfazione. Sapeva poco Tarek, in quel mese di
gennaio, cosa stesse accadendo nelle capitali del mondo. E non immaginava
che a Londra, New York, Roma e Washington vi fosse un giro tanto vorticoso
di dossier di servizi segreti e riunioni di intelligence militari
riguardanti anche il suo futuro. Come non poteva neppure pensare che la
minaccia della guerra "globale" contro il suo paese si sarebbe
materializzata da lì a poco. E mai e poi mai sarebbe arrivato ad ipotizzare
che quella guerra che avrebbe travolto ed occupato l'Iraq e che si sarebbe
insinuata fin dentro la Damascus street si potesse basare su inganni,
menzogne e bugie.

Non più tardi di un mese fa, Paul Wolfowitz, il braccio destro di Donald
Rumsfeld al Pentagono, in una intervista rilasciata al magazine Vanity Fair
dichiarava con sorprendente sincerità che "sì, è vero abbiamo insistito
molto sulle armi di distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein. Ma
lo abbiamo fatto solo con intenti strumentali, era il solo argomento
convincente intorno al quale tutti potevamo essere d'accordo". Non contento
della rivelazione che giunge come uno schiaffo in faccia all'opinione
pubblica di tutto il mondo, Wolfowitz rincara la dose ed ammette che " il
motivo vero, mai dichiarato esplicitamente, dell'intervento armato in Iraq
era il rovesciamento di Saddam Hussein che avrebbe consentito alla Casa
Bianca ed al Pentagono di poter ridurre il peso della presenza militare Usa
nell'Arabia Saudita e spostare le basi delle truppe proprio in Iraq, una
volta liberato il paese dal rais".

A Londra intanto due autorevoli esponenti del Gabinetto di Tony Blair, Clare
Shot e Robin Cook accusano senza mezzi termini il loro premier di aver
deliberatamente manipolato i dossier preparati dal "MI-5" e dal "MI-6" (i
servizi segreti britannici) forzandone l'interpretazione ed addirittura
arrivando alla riscrittura di alcuni passi chiave per quello che viene
definito come un "disperato bisogno di trovare un pretesto sufficientemente
documentato per ottenere i voti necessari nel parlamento inglese per
lanciare l'offensiva militare in Iraq a fianco degli Usa".

All'alba del 21 marzo 2003, sei bombardieri B52 decollano da una base
militare segreta in Inghilterra. Sei ore dopo le prime bombe vengono
sganciate sulla città di Baghdad. E' iniziata la guerra, quella guerra che,
nella totale assenza della minima legalità delle procedure internazionali
stabilite dalle Nazioni Unite, avrebbe dovuto portare al disarmo delle armi
di distruzione di massa custodite dal regime iracheno. Una guerra, come
sappiamo ora, esclusivamente egemonica, una guerra d'occupazione di puro
stampo imperialista, che nulla aveva a che vedere con il target dichiarato
pubblicamente dagli Stati Maggiori congiunti anglo-americani.

Tarek, quel giorno era nervoso come tutti a Baghdad, la guerra era vicina,
si sentiva nell'aria che ormai le decisioni, in quelle capitali del mondo
tanto lontane, erano state prese. La televisione irachena continuava a
trasmettere noiosi documentari sulla vita di Saddam, i notiziari radio erano
impegnati a preparare la popolazione nell'imminenza dell'attacco, e tutti,
compreso Tarek, si affidavano alle tv satellitari che era possibile ricevere
grazie alle parabole di fortuna che spuntano un po' dappertutto sulle
finestre e sui balconi della case di Baghdad. Improvvisamente l'urlo delle
sirene, il crepitio delle armi da contraerea sui tetti dei palazzi annuncia
che l'ora "x" è arrivata. I fischi delle bombe, i boati delle esplosioni, la
fuga della popolazione verso le case, unico insicuro rifugio, i crateri che
si aprono nelle strade squarciando le condutture dell'acqua. Poi il gemito
ed il pianto dei feriti, la polvere ed il sangue impastati insieme.
L'innaturale immobilità dei corpi delle prime vittime.

Una fonte anonima ma molto attendibile, dall'interno delle stanze che
contano dei servizi segreti di Londra, rivela in un programma radio della
Bbc che "avevamo in tutti modi spiegato e scritto al primo ministro Blair
che i nostri uomini più preparati, e da tempo "antenne" presenti in Iraq,
insieme ad i nostri analisti più qualificati erano giunti alla conclusione
che gli scienziati di Saddam Hussein avevano preparato degli studi
approfonditi sulle armi batteriologiche e di distruzione di massa. Ma che
questi studi erano fermi al progetto iniziale, che le armi non erano affatto
state realizzate e di conseguenza non potevano certo essere messe in
funzione. Insomma si poteva mai scatenare una guerra solo per mettere le
mani su degli studi accademici?".

Da Washington, la dichiarazione della senatrice democratica Jane Harman
rende bene l'idea del clima che si respira intorno allo staff del presidente
" pur essendo democratica, ho votato al senato a favore dell'intervento
militare del mio paese in Iraq, convinta dalle informazioni e dalla
documentazione, in alcuni casi a carattere perfino confidenziale e
riservato, che mi ha fornito la Casa Bianca sul pericolo delle armi in
possesso di Saddam e del suo regime. Ora me ne sono pentita amaramente. Ho
capito di essere stata ingannata. Ingannata dal Presidente degli Stati Uniti
d'America".

A Londra, il calo di credibilità di Tony Blair è tale che ha spinto il
deputato laburista Malcom Savidge ha dichiarare all' "Independent on Sunday"
che "la manipolazione dei dossier redatti dai servizi segreti, compiuta con
le sue mani da Blair, ci pone di fronte ad un problema istituzionale di così
enorme gravità che può essere paragonato a quello della vigilia dello
scoppio dello scandalo Watergate negli Stati Uniti. Con le conseguenze per
il presidente Richard Nixon che tutti ricordiamo".

Tarek non sa darsi pace per tutte quelle bombe che stanno sventrando la sua
città, avvelenando la sua vita, che gli impediscono di continuare a lavorare
nella tipografia. Deve ora occuparsi della famiglia, dei fratelli e delle
sorelle, aiutare i genitori a stivare in casa acqua, legumi, farina, frutta
secca. Riempire di sale il pesce pescato nel Tigri per poterlo conservare
meglio, inchiodare assi di legno alle finestre perché all'arrivo delle bombe
non rendano pericolose come proiettili le schegge di vetro nel momento
dell'esplosione. Tarek non sa della guerra delle spie che si combatte nelle
cancellerie e nei parlamenti europei, non conosce nulla delle discussioni in
seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ignora le manipolazioni
dei dossier compiute nella Sala Ovale della Casa Bianca. Pensa alle vecchie
macchine tipografiche di fabbricazione tedesca che sono nella sua officina,
pensa alla carta accumulata disordinatamente nel magazzino, agli ordini di
lavoro ricevuti e che non può soddisfare. E' preoccupato Tarek. Preoccupato
e spaventato.

Ben altre sono le preoccupazioni a Downing Street e alla Casa Bianca. Ormai
la guerra è stata portata termine con l'occupazione militare dell'Iraq,
l'espansionistica strategia politico-economico-militare compiuta. E' rimasto
solo di ridurre alla ragione a suon di mitra e colpi di cannone quella
popolazione civile che non sembra affatto contenta di essere stata
"liberata", che proprio non ne vuol sapere di essere dominata e comandata da
Londra e Washington. "Irriconoscenti" li ha definiti Donald Rumsfeld.

A londra Tony Blair è stato costretto a nominare una commissione d'inchiesta
che dovrà far luce sul suo operato e sulle bugie che egli ha dichiarato
davanti al Parlamento. Ma ha già messo le mani avanti affermando che non si
farà mai interrogare dalla commissione.

A Washington, gli uomini del presidente si preparano per tempo alle elezioni
del prossimo anno, le politiche del 2004, e appaiono infastiditi sulle
polemiche e sull'irritazione dell'opinione pubblica americana che ha fatto
precipitare nei sondaggi la popolarità di George W.: da un trionfale 84% del
primo giorno del conflitto ad un ben più misero 54% di oggi. (Ultimo dato
disponibile: 18 giugno 2003, ndr). Anzi, proprio Donald Rumsfeld, dalla
tribuna del Pentagono ammonisce e ripete ogni giorno che la prossima tappa
delle forze armate americane sarà l'Iran. Come non credergli? Tuttavia non
devono essere ore tranquille alla Casa Bianca, come rivela l'Associated
Press scrivendo che "Bush ha lasciato intendere all'opinione pubblica
americana e mondiale, al parlamento ed al senato degli Stati Uniti d'America
che Saddam Hussein dava il suo appoggio e garantiva un' impermeabile
copertura alla rete terroristica di Bin Laden. L'Iraq, in relazione agli
attacchi dell'11 settembre, è stato citato continuamente dal presidente come
base logistica dei guerriglieri di Al-Qaeda. Ad oggi dobbiamo confermare che
di questo presunto legame non vi è traccia alcuna".

E due commissioni del senato Usa hanno chiesto un'audizione pubblica del
presidente Bush per porgli delle domande circa la manipolazione dei dossier
dei servizi segreti americani giunti alla Casa Bianca. Gli uffici del
presidente non hanno risposto neppure con una nota alle sollecitazioni dei
senatori del Congresso.

Tarek intanto non lavora più in tipografia. Il palazzo dove si trovava
l'officina, e dove aveva iniziato a lavorare quando non aveva ancora 7 anni
come facchino, è venuto giù colpito da un missile. Rovistando tra le macerie
ha trovato un grande televisore Philips ormai inservibile. Ma non tanto
inservibile per Tarek. Svuotato dai pezzi e dai congegni che conteneva è
rimasto come contenitore vuoto, ed è stato inaugurato come teatro dalla
fervida fantasia di un ex tipografo appassionato. Tutti i giorni Tarek si
siede al centro del mercato vicino alla Chiesa Armena con quel telaio di
televisore davanti le gambe ed apre il sipario sullo schermo che non c'è
più. Velocemente e dall'alto muove con le mani i fili di quattro burattini
vestiti da califfi che improvvisano uno spettacolo di mezzora che attira un
mucchio di spettatori. Alla fine qualcuno lascia sempre un pugno di monete
nella scatola di scarpe posta a lato del "palcoscenico", e sulla quale Tarek
ha scritto "grazie" anche in inglese. Perché ormai a Baghdad ci sono gli
americani e gli inglesi. I liberatori.

Roberto Di Nunzio

DOCUMENTI
"Iraq Weapons of Mass Destruction": il dossier del governo inglese sulle
armi di distruzione di massa irachene
"Saddam Hussein: crimes and human rights abuses" - Il dossier del Ministero
degli Esteri britannico
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