Una proposta di Lidia Menapace



Cari amici,
vi inviamo la proposta di Lidia Menapace apparsa su "La nonviolenza e' in
cammino" di oggi.
La proponiamo alla vostra riflessione e vi saremmo grati di un vostro
intervento.
Cordialmente,

La redazione de "La nonviolenza e' in cammino"
e-mail: nbawac at tin.it

Viterbo, 25 giugno 2003

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1. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: UNA PROPOSTA PER LE BANDIERE DELLA PACE
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]
Il grande successo delle bandiere della pace e' un fatto, e mi attengo alle
disposizioni date da chi le propose e terro' dunque la bandiera esposta
anche se col sole dell'estate forse diventera' bianca: del resto a me la
bandiera bianca va pure benissimo.
Ma a parte tutto, mi vien voglia invece di dire qualcosa in merito, anche a
seguito di un discorso scambiato con Giovanni Catti in quanto membri ambedue
del comitato scientifico della Scuola di pace del Comune di Senigallia.
Dice Catti che bisognera' trovare un modo di gestire le bandiere, altrimenti
si sporcano, sbrindellano, ecc. Propone di dare indicazione di ritirarle,
lavarle e metterle via, e di stenderle sempre ad ogni inzio di stagione come
per chiedere una stagione di pace dopo l'altra: dunque adesso passato il 21
di giugno si ritirano e si rimettono fuori un giorno o una settimana il 21
di settembre, il 21 dicembre e poi il 21 di marzo.
A mia volta propongo che tassativamente si espongano sempre il 2 giugno per
protestare contro la deriva militarista della festa della Repubblica.
A me pare che se si lasciano sempre, a parte che via via stingono e si
sbrindellano, non si vedono piu', fanno parte del paesaggio: invece bisogna
rinnovare ritmi e riti per ancorarli nella  coscienza e nella memoria: che
ve ne pare?

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