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La nonviolenza e' in cammino. 583
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 583
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 16 Jun 2003 17:37:32 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 583 del 16 giugno 2003 Sommario di questo numero: 1. Daniele Lugli, Mao Valpiana: il programma della camminata Assisi-Gubbio per la nonviolenza 2. Strumenti: l'agenda "Giorni nonviolenti 2004" 3. Verso i corpi civili di pace 4. Stephanie Hiller: radici di pace 5. Giobbe Santabarbara: nessun essere umano e' un clandestino 6. Ida Dominijanni: sette voci per una sfera pubblica 7. Franca D'Agostini: un ponte per l'occidente diviso 8. Matteo Soccio: una bibliografia essenziale sulla liberazione 9. "A. Rivista anarchica" di giugno 2003 10. "Amici dei lebbrosi" di giugno 2003 11. "Messaggero cappuccino" di maggio-giugno 2003 12. "Nigrizia" di giugno 2003 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. DANIELE LUGLI, MAO VALPIANA: IL PROGRAMMA DELLA CAMMINATA ASSISI-GUBBIO PER LA NONVIOLENZA [Dal Movimento Nonviolento (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) riceviamo e diffondiamo. Daniele Lugli e' il segretario del Movimento Nonviolento, Mao Valpiana e' il direttore di "Azione nonviolenta"] Il Movimento Nonviolento promuove, come da decisione congressuale dello scorso anno, l'iniziativa In cammino per la nonviolenza, ideale prosecuzione della marcia per la nonviolenza "Mai piu' eserciti e guerre" del 2000. La proponiamo percio' all'attenzione di quanti hanno contribuito al suo successo. Come si potra' ricavare dal seguente programma, si tratta di un percorso di riflessione e di incontro attraverso momenti differenti (camminata, convegno, festa). Ci sarebbe particolarmente caro ritrovare gli amici con i quali gia' abbiamo condiviso un tratto di strada. Per evidenti ragioni organizzative saremmo grati di un sollecito riscontro presso la sede nazionale del Movimento Nonviolento. Fraterni saluti, il segretario del Movimento Nonviolento, Daniele Lugli il direttore di "Azione nonviolenta", Massimo Valpiana * Programma dell'iniziativa "In cammino per la nonviolenza" Si conclude a Gubbio, il 6 e il 7 settembre prossimi, con un convegno sulla soluzione nonviolenta dei conflitti ed un momento di festa per i quarant'anni di "Azione nonviolenta", il percorso avviato dal Movimento Nonviolento lo scorso anno, al ventesimo congresso nazionale. Un prologo di grande interesse e' costituito dalla camminata in due giorni, 4 e 5 settembre, lungo il sentiero francescano della pace Assisi-Gubbio. Il sentiero, molto bello e ben tenuto, di grande interesse naturalistico e storico, ripropone l'antico tracciato piu' volte percorso da Francesco. Si giunge a questo appuntamento dopo un percorso annuale di riflessione su dieci parole ispirate al pensiero della nonviolenza: forza della verita', coscienza, amore, festa, sobrieta', giustizia, liberazione, potere di tutti, bellezza, persuasione. Ci hanno aiutato scritti di amiche ed amici, che hanno collaborato a questo progetto, e frasi di Francesco, Gandhi, Capitini, Luther King. E' stata richiesta l'autorizzazione dell'iniziativa come aggiornamento per gli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado. La segreteria organizzativa e' presso il Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org * Camminata sul sentiero della pace Assisi-Gubbio Giovedi' 4 settembre 2003 Ore 10: partenza da Assisi - Porta S. Giacomo (Possibilita' di parcheggio a San Francesco al Cimitero). Ore 13: pausa pranzo alla Pieve San Nicolo'. Ore 15: ricomincia il cammino. Ore 18: arrivo a Valfabbrica e sistemazione nel centro sportivo comunale. Cena libera. Ore 21: incontro aperto alla cittadinanza. Venerdi 5 settembre 2003 Ore 8: colazione. Ore 9: partenza da Valfabbrica. Ore 11: breve sosta alla diga per uno spuntino. Ore 13: pausa pranzo a Biscina. Ore 15: arrivo a San Pietro in Vigneto, custodito dall'eremita padre Basilio. Ore 16: ripresa del cammino. Ore 20,30: arrivo a Gubbio alla chiesa della Vittorina. Sistemazione in una palestra di Gubbio. Cena libera. * Convegno: "Al posto della guerra. Un'Europa disarmata". Gubbio - Centro Servizi. Sabato 6 settembre Ore 15: relazioni di: - Giuliano Pontara, "L'Occidente? Una buona idea. Provateci"; - Paolo Bergamaschi, "Commissione Europea e corpi civili"; - Gianni Scotto, "Conflitti e movimenti in Europa". Dibattito. Domenica 7 settembre Ore 9,30: prosecuzione dibattito. Ore 10,30: relazioni di: - Antonio Papisca, "L'Europa e la nuova Onu"; - Gianni Tamino, "L'Europa aperta ai 25"; - Marco Revelli, "Partiti e movimenti alla prova della costruzione europea"; - Lidia Menapace, "La convenzione di un'Europa neutrale"; - Nanni Salio, "Il ruolo dei nonviolenti nella nuova Europa". Dibattito. Conclusioni di Daniele Lugli, segretario del Movimento Nonviolento. Ore 13,00: ine dei lavori. Buffet alla bottega del commercio equo-solidale di Gubbio. * Momento corale: festa per i quarant'anni di "Azione nonviolenta" Gubbio, sabato 6 settembre 2003 Ore 12 - piazza Grande: riceviamo il benvenuto dagli sbandieratori di Gubbio. Ore 14,45 - Centro Servizi: inaugurazione della mostra delle copertine di "Azione nonviolenta". Ore 21 - Teatro Romano: grande festa con canzoni, letture e testimonianze, per ripercorrere insieme le dieci parole della nonviolenza. Interviene Ascanio Celestini, raccontastorie. Seguira' un concerto di Paolo Bergamaschi e i suoi suonatori. * Gli spazi espositivi Negli spazi espositivi del Centro Servizi, per tutto l'arco dell'iniziativa, saranno allestiti mostre, sale video e stand di riviste, associazioni e movimenti amici. Durante i lavori del convegno e' previsto un laboratorio per i bambini dal titolo "In bocca al lupo!". * Dove dormire Grazie alla collaborazione delle amministrazioni comunali, due palestre ospiteranno i camminatori nelle notti del 4 settembre (Valfabbrica) e del 5-6 settembre (Gubbio). Chi desiderasse una sistemazione meno "francescana", ad Assisi, Valfabbrica e Gubbio, puo' fare riferimento a: - Assisi: Domus Pacis - Santa Maria degli Angeli, tel. 0758043530, fax 0758040455; Camping Hotel Green - Assisi, tel. 075813710, fax 075812335. Link all'Azienda Turistica di Assisi. - Valfabbrica: Hotel Ristorante Villa Verde, tel/fax 0759029013; Albergo Scavezzi, tel. 075.9029013. - Gubbio: I. A. T. (Azienda Turistica), tel. 0759220693 - 0759220790, fax 0759273409, e-mail info at iat.gubbio.pg.it, sito: www.umbria2000.it * La scheda di adesione Per evidenti motivi organizzativi, alla camminata da Assisi a Gubbio potra' partecipare un numero limitato di persone (al massimo 150/200); il percorso di 46 chilometri e' agevole, ma impegnativo; le condizioni logistiche (cibo e pernottamento) saranno "francescane". Chiediamo percio' un'iscrizione preventiva, con un anticipo di euro 10,00. La quota complessiva per i 4 giorni (camminata, piu' convegno e festa) e' di euro 50,00, riducibile per chi partecipa ad una parte dell'iniziativa o per difficolta' economiche. E' consigliabile iscriversi fin d'ora, compilando e inviando il seguente modulo: "Anch'io cammino per la nonviolenza. Desidero partecipare: - alla camminata Assisi-Gubbio dei giorni 4 e 5 settembre; - al convegno "Al posto della guerra" - Gubbio, 6 e 7 settembre. Cognome e nome, indirizzo, cap e citta', telefono e e-mail. Invio un anticipo di euro 10,00 e resta inteso che ricevero' una lettera di conferma con tutte le indicazioni necessarie. Firma" Riprodurre a spedire a: Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona. 2. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2004" E' possibile (ed opportuno) prenotare fin d'ora l'agenda "Giorni nonviolenti 2004", che sara' possibile ricevere a casa ai primi di ottobre. L'agenda e' realizzata dalle Edizioni Qualevita, che pubblicano il bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta "Qualevita", che hanno stampato molti utilissimi libri, e che ogni anno mettono a disposizione di tutti gli amici della nonviolenza e piu' in generale di tutte le persone di volonta' buona l'agenda "Giorni nonviolenti", che oltre ad essere un pratico diario e' una vera miniera di informazioni, riflessioni, proposte e indirizzi utili per l'impegno di pace e di solidarieta'. E' opportuno che le prenotazioni siano tempestive affinche' le Edizioni Qualevita possano stampare un numero adeguato di copie. Una copia costa 9,50 euro (comprese le spese di spedizione); per chi prenota piu' copie sconti progressivamente sempre piu' consistenti (ad esempio: per cinque copie il costo unitario scende a 8,10 euro; per 10 copie a 7,55; per 50 copie a 6,50 euro, e cosi' via). Per richieste e per informazioni: Edizioni Qualevita, via Buonconsiglio 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 086446448 - 3495843946, e-mail: sudest at iol.it 3. INIZIATIVE. VERSO I CORPI CIVILI DI PACE [Ringraziamo Silvano Tartarini, dei Berretti Bianchi, animatore di tante iniziative di pace e di nonviolenza (per contatti: bebitartari at bcc.tin.it) per averci inviato questo comunicato] Si e' tenuto a Bologna nei giorni 6, 7 e 8 giugno un forum "Verso i corpi civili di pace: per una politica europea nonarmata". Il forum ha preso la decisione di costituire una rete di associazioni e ong che intervengono nelle zone di conflitto esercitando funzioni di prevenzione, di interposizione e di diplomazia popolare. La rete vuole creare una sinergia tra le organizzazioni che: - faciliti il lavoro delle organizzazioni aderenti; - sostenga i volontari/e nel lavoro sul campo; - reperisca i fondi per sostenere la ricerca, la formazione e l'azione; - acquisisca le relazioni dei monitoraggi dei volontari/e sul campo e ne dia diffusione presso la societa' civile, i media e le istituzioni italiane e internazionali; - metta in comune le conoscenze teoriche e pratiche sul tema; - operi per promuovere i contatti con i coordinamenti gia' esistenti sia a livello europeo che internazionale. Si e' altresi' rilevata la necessita' di ottenere un riconoscimento istituzionale dell'utilita' del lavoro dei volontari di pace in zona di conflitto. Come primo passo e' stata lanciata una campagna volta a ottenere la possibilita' per i volontari dell'astensione dal lavoro per un periodo di tre mesi avendo garantito il posto di lavoro, come gia' avviene per la legge sulla protezione civile. E' stata inoltre inviata una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Presidente della Repubblica che richiama la necessita' di inserire il tema dei Corpi civili di pace, collocandolo nella sua giusta luce, nella Carta Costituzionale Europea. Hanno aderito alla rete le seguenti associazioni: Berretti Bianchi onlus, Movimento Nonviolento, Centro studi difesa civile, Associazione Papa Givanni XXIII - Operazione Colomba, Movimento internazionale della riconciliazione, Gavci, Coordinamento obiettori forlivesi. Ha presieduto ai lavori Giancarla Codrignani, presidente della Lega obiettori di coscienza. * Lettera aperta Alla cortese attenzione del Presidente della Repubblica Alla cortese attenzione del Presidente del Consiglio dei Ministri Il valore del servizio civile nella costruzione di un mondo di pace e' stato efficacemente e solennemente richiamato dal Presidente della Repubblica nelle celebrazioni del 2 giugno. Si offre oggi al nostro Paese una straordinaria occasione perche' questa convinzione trovi adeguato spazio nella Convenzione dell'Unione Europea. Era il maggio del 1995 quando, in un dibattito sul futuro dell'Unione, il Parlamento Europeo ha adottato una proposta di Alexander Langer sulla creazione di un Corpo Civile di Pace Europeo, primo passo alla prevenzione dei conflitti. E' certo che un'efficace gestione civile della crisi nei Balcani avrebbe almeno evitato i suoi esiti piu' sanguinosi. La proposta del '95 e' stata ripresa nel '99 dal Parlamento Europeo come raccomandazione al Consiglio. Ancora nella plenaria del 2001 il Parlamento Europeo ha ribadito la necessita' di istituire un Corpo Civile di Pace Europeo, strumento di intervento dell'Unione in aree di crisi. Nel testo predisposto per la Convenzione Europea, cioe' per la base costituzionale dell'Unione, deve a nostro avviso entrare il ripudio della guerra, come previsto dall'articolo 11 della nostra Costituzione. Si sottolinea poi che nel testo predisposto per la Convenzione Europea il ruolo dei Corpi e del Servizio Civile e' menzionato, ma in modo inadeguato rispetto al compito disegnato dallo stesso Parlamento Europeo. Tali compiti sono infatti confinati al pur importante ambito della protezione civile e degli aiuti umanitari, mentre, a nostro parere, tali compiti dovrebbero far parte dell'ambito della difesa- sicurezza. Un Corpo Civile di Pace Europeo, che sappia unire la miglior professionalita' degli operatori con la valorizzazione delle esperienze compiute da molte organizzazioni volontarie in situazioni di conflitto, costituirebbe certamente uno strumento efficace di costruzione della pace attraverso la mediazione, la riconciliazione, la promozione della fiducia tra le parti, gli aiuti umanitari, il disarmo, la smobilitazione e il reintegro dei profughi e degli ex combattenti, la riabilitazione, i rispetto dei diritti delle donne, il monitoraggio dei diritti umani. Il semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione, nel momento in cui un italiano presiede la Commissione Europea, e' la condizione privilegiata perche' i massimi organi dell'Unione diano seguito concreto a proposte maturate e vagliate a livello parlamentare, portando a compimento la felice intuizione di Alexander Langer. Momento significativo e necessario e' appunto l'inclusione a pieno titolo del Corpo Civile di Pace Europeo nella Convenzione, riprendendo ed esplicitando il richiamo che della stessa e' contenuto cosi' come l'inclusione di questo tema nell'ordine del giorno delle prossime riunioni del Consiglio. E' questo l'appello che come organizzazioni riunite a Bologna dal 6 all'8 giugno sul tema "Verso i Corpi Civili di Pace - Per una politica europea non armata" ci sentiamo di rivolgere a Lei e al Presidente della Repubblica, confidando nell'impegno delle massime autorita' dello Stato Italiano. A loro assicuriamo il contributo della nostra esperienza e del nostro impegno per la realizzazione di un comune obiettivo. Con ogni considerazione, Per le organizzazioni: Associazione Antica come le Montagne (Bologna), Associazione Eticonomia (Prato), Associazione Orlando (Bologna), Associazione Papa Giovanni XXIII - Operazione Colomba (Rimini), Associazione per la Pace (Roma), Associazione radicale Giorgiana Masi (Bologna), Beati i Costruttori di Pace (Padova), Berretti Bianchi (Lucca), Centro Studi Difesa Civile (Roma e Perugia), Centro Studi Sereno Regis (Torino), Coordinamento Obiettori Forlivese (Forli'), Donne in Nero (Roma), Gavci (Bologna), Fondazione Alex Langer (Bolzano), Lega Obiezione di Coscienza (Roma), Movimento Internazionale della Riconciliazione (Torino), Movimento Nonviolento (Verona), Pax Christi (Tavernuzze Firenze), Rete Lilliput - Nodo di Bologna, Volontari di Action for Peace, riunite a Bologna dal 6 all'8 giugno sul tema "Verso i Corpi Civili di Pace - Per una politica europea non armata", per la segreteria del Forum "Verso i Corpi Civili di Pace", Silvano Tartarini (per contatti: Silvano Tartarini, ia F. Carrara 209, 55042 Forte dei Marmi (LU), e-mail:bebitartari at bcc.tin.it, tel. 3357660623 Bologna, 8 giugno 2003 4. INIZIATIVE. STEPHANIE HILLER: RADICI DI PACE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci inviato la traduzione di questo articolo di Stephanie Hiller, direttrice di "Awakened Woman"] Non e' un problema intervistarla. Heidi Kuhn comincia a parlare e una cascata di metafore si riversa dalle sue labbra, una cascata rinforzata dall'entusiasmo che ella prova per il suo lavoro umanitario, l'impresa a cui ha dato inizio: trasformare i campi minati in vigneti. Questa ex corrispondente della Cnn stava allattando il suo quarto bambino quando alzo' un bicchiere di vino per fare un brindisi alla pace: "Possa il mondo mutare le mine in vigne" disse allora, nel settembre 1997. Fondo' allo scopo un'organizzazione nonprofit, "Roots of Peace" (Radici di pace) per continuare il lavoro della Premio Nobel Jody Williams, ovvero l'ingaggiare sminatori per estrarre l'esplosivo nascosto nella terra. Due anni prima, Heidi aveva fatto un voto sacro. Colpita dal cancro, prego' per il dono della vita e promise che se fosse vissuta avrebbe fatto tutto quanto era in suo potere per preservarla. Questa sacra promessa le da' ancora oggi l'incredibile energia con cui affronta uno dei problemi piu' spaventosi al mondo. Ci sono 70 milioni di mine in 70 paesi del nostro pianeta. Il loro costo di produzione va dai 3 ai 30 dollari, ma costa 1.000 dollari rimuoverne una sola. Sebbene 130 nazioni abbiamo sottoscritto il trattato di Ottawa sulle mine (1997) per il quale Jody Williams ricevette il Nobel, 48 paesi fra cui gli Usa, la Russia, la Cina, l'India, il Pakistan, Israele e l'Egitto non l'hanno ancora firmato. Ogni anno, le mine mutilano o uccidono 26.000 innocenti: per la maggior parte si tratta di donne e bambine/i. Le donne che perdono le gambe sono spesso oggetto di ostracismo e ridotte ad una vita di miseria e malattia. In Cambogia, queste donne rifiutate dalla comunita' avevano formato una sorta di colonia nelle montagne. Fortunatamente scoperte da una ong, che ha provveduto loro fondi di microcredito, oggi hanno sviluppato un fiorente commercio di sciarpe di seta. Ma in Cambogia restano dai 4 ai 6 milioni di mine antiuomo conficcate nel terreno e si stima che ci vorranno 200 anni per rimuoverle tutte. Questa e' l'eredita' della guerra: in Cambogia, Serbia, Kosovo, Afghanistan e Iraq, il piccolo peso del piede di una bimba e' sufficiente per far esplodere la mina che spezzera' la sua vita. "Ad ogni seme che piantiamo, spiega Heidi, creiamo letteralmente le radici della pace. Se posso fare questo, con quattro figli, pensa a cio' che ciascuno di noi puo' fare! Ognuno di noi puu' fare la differenza". E' il mito primario della dea ad ispirarla: la sua fertilita', la sua abilita' nel produrre la vita, la sua misteriosa eppur concreta fecondita'. Un miracolo di cui ha fatto esperienza lei stessa, guarendo dal cancro cervicale e restando poi incinta per la quarta volta. L'entusiasmo di Heidi e' contagioso: "Sento una grande passione per tutto cio' che riguarda le donne. Non abbiamo solo il capitale intellettuale da spendere, ma le risorse del cuore. Siamo le portatrici della vita, mettiamo al mondo i bambini, e abbiamo la sapienza dei semi. Sappiamo che ci sono soluzioni!" E la sua soluzione e': via le mine da questo terreno, e piantiamoci delle sementi. Cibo. E' riso in Cambogia, sono fichi in Libano, caffe' in Angola, e nella piana di Shomali, a nord di Kabul, stanno per apparire 120 varieta' di piante a grappoli, uva ed altre. Secondo Heidi, il cibo e' la migliore tecnica antiterrorismo che il mondo puo' adottare. Radici di pace, letteralmente. 5. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: NESSUN ESSERE UMANO E' UN CLANDESTINO Per il fatto di venire al mondo, ogni essere umano acquisisce il diritto a vivere ed a cercare di migliorare le sue condizioni di esistenza. Che esseri umani oppressi da violenze, guerre, fame, si spostino in cerca di un posto in cui vivere meglio, e' la cosa piu' naturale di questo mondo, ed e' un diritto che a nessuno puo' essere negato. E cosi' non esistono clandestini, ma persone. E cosi' se una cosa deve farci paura, e merita la nostra riprovazione, non sono le sorelle e i fratelli che ai fratelli e alle sorelle chiedono aiuto, avendone pieno diritto essendo noi tutti particole di una medesima umanita'; quello che ci e' di scandalo e vergogna e' che potenti razzisti e fascisti, ed i trattati hitleriani e le leggi leonine e antropofaghe da essi proditoriamente imposti, pretendano di negare l'altrui diritto a vivere. 6. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: SETTE VOCI PER UNA SFERA PUBBLICA [Dal quotidiano "Il manifesto" del primo giugno 2003. Ida Dominijanni (per contatti: idomini at ilmanifesto.it) e' una prestigiosa intellettuale femminista] Da sempre fautore della costruzione europea, ma convinto altresi' che essa non si realizzi senza la crescita di una "sfera pubblica" fatta non solo di istituzioni ma soprattutto di coscienza, discussione e partecipazione civile, il filosofo tedesco Juergen Habermas ha preso una efficace iniziativa. In concomitanza con le sessioni finali della Convenzione di Bruxelles che dovrebbe partorire la Costituzione europea, ha preparato un denso articolo sullo stato e sul futuro dell'Unione e ha chiesto ad altri intellettuali europei di scriverne anch'essi uno ciascuno sullo stesso tema e nello stesso giorno su altrettanti quotidiani a larga diffusione. Cosi' ieri l'iniziativa ha preso corpo su "la Repubblica" (Umberto Eco), "La Stampa" (Gianni Vattimo), "El Pai"s (Fernando Savater), la "Neue Zuercher Zeitung" (Adolf Muschg); Habermas stesso firma in coppia con Jacques Derrida sulla "Frankfurter Allgemeine" e su "Liberation", e sulla "Sueddeutsche Zeitung" scrive, unico statunitense, Richard Rorty. E' un classico caso in cui la pratica e' il messaggio, perche' al di la' del contenuto, pur rilevante, dei singoli articoli e' il loro comparire simultaneamente a farsi segno della possibilita' che la sfera pubblica europea prenda effettivamente corpo, e della necessita' che un largo dibattito sul senso dell'Unione ne accompagni la costruzione istituzionale. Per molti versi consonanti (ma non concordati, assicurano gli autori), gli articoli infatti non si soffermano tanto sui nodi controversi che lacerano in queste settimane la Convenzione presieduta da Giscard, quanto sulle questioni dell'identita', della memoria e del progetto dell'Europa, verificate alla luce della configurazione assunta dal mondo globale dopo le grandi cesure dell'89, dell'11 settembre e della guerra in Iraq. * Non che le due prospettive siano separabili, anzi: la seconda, quella dell'identita', acquista un peso prioritario proprio in relazione all'orientamento degli autori sulla prima, quella istituzionale. Proprio se si vuole un'Unione comunitaria e non intergovernativa, da costruire cedendo e non trattenendo sovranita' nazionale, dotata di una iniziativa autonoma nella politica globale, bisogna incardinare queste scelte istituzionali su un patrimonio comune di esperienze, di valori, di memorie. Quali? L'eredita' della cultura greca e giudaico-cristiana, della rivoluzione scientifica moderna, della Rivoluzione francese; l'esperienza di un capitalismo corretto dalla lotta di classe, e di sistemi politici che hanno saputo vivere anche di confronto ideologico; la memoria di una lunga storia di guerre fratricide e la ferita della Shoah, che possono ribaltarsi in un sentimento di rispetto per l'alterita'; l'esperienza del crollo degli imperi coloniali, che puo' vaccinare dall'eurocentrismo; la sedimentazione dello jus publicum, che puo' far barriera alla distruzione del diritto internazionale firmata Usa; il lungo tracciato della secolarizzazione, che immunizza gli europei dalla seduzione di presidenti texani autoinvestiti di una missione divina. * Si tratta, com'e' evidente, di un catalogo non solo storico e culturale ma attualissimo e politico, che serve per delineare i contorni di una Europa che se da un lato e' la matrice dell'Occidente intero, dall'altro lato puo' diventare oggi il contrappeso, e l'alternativa alla deriva di autodistruzione dell'Occidente che incombe dall'altra sponda dell'Atlantico. La sottolineatura della matrice occidentale unitaria non fa mai scivolare gli autori in un antiamericanismo approssimativo; tuttavia e' molto netto il giudizio sulla deriva della politica di potenza armata e del modello sociale individualistico e competitivo d'oltreoceano. E altrettanto netto e' il senso della cesura profonda rappresentata dalla guerra all'Iraq: Habermas in particolare data al 15 febbraio di quest'anno, giornata delle oceaniche manifestazioni no-war, la nascita della sfera pubblica europea che gli sta a cuore, e a tutta la fase di preparazione della guerra il precipitare di fratture politiche e culturali decisive fra modello europeo-continentale e modello atlantico. Eco allunga la vista in avanti: se con l''89 l'Europa ha perso la centralita' geopolitica che aveva quando era la perenne posta in gioco del conflitto fra Usa e Urss, oggi che gli Stati Uniti volgono lo sguardo al Pacifico l'Europa rischia addirittura di scomparire nello scenario planetario. Il vecchio continente non ha scelta: o declina ripiegando su se stesso, o rilancia ricollocandosi nel mondo globale. Contro gli Usa? Si' e no. Richard Rorty: "Sia in Europa che in America milioni di persone vedono chiaramente che la pretesa egemonica degli Usa e' un errore terribile. Gli americani che ne sono consapevoli hanno bisogno di ogni possibile aiuto per convincere i loro concittadini che Bush sta portando il paese su una strada sbagliata. Il consolidamento dell'Unione europea sarebbe visto da questa parte dell'opinione pubblica americana non come espressione di un antiamericanismo risentito, ma come una reazione adeguata e benvenuta al pericolo che l'attuale politica estera americana rappresenta per il mondo". Una e' la matrice, uno, o almeno legato a doppio filo, resta il destino dell'Occidente. 7. RIFLESSIONE. FRANCA D'AGOSTINI: UN PONTE PER L'OCCIDENTE DIVISO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 giugno 2003. Franca D'Agostini e' autrice di fondamentali ricognizioni sulla riflessione filosofica contemporanea europea ed americana, ed ha particolarmente tematizzato la differenza di approccio tra "continentali" (area europea) ed "analitici" (area angloamericana)] L'evento mediatico progettato da Habermas e realizzato, sabato 31 maggio, consistente nel far intervenire simultaneamente su grandi quotidiani europei un certo numero di intellettuali - oltre allo stesso Habermas, Jacques Derrida, Fernando Savater, Gianni Vattimo, Adolf Muschg , Richar Rorty e Umberto Eco - tutti invitati a pronunciarsi sul tema dell'identita' dell'Europa, e' gia' in se stesso, nel suo concepimento e nella sua effettiva realizzazione, il frutto di un'ipotesi o una speranza tipicamente europea: la speranza habermasiana che esista o si possa costruire qualcosa come una sfera pubblica, in cui qualche intellettuale possa intervenire con la forza spirituale delle proprie idee, e pertanto agire sulla effettivita' politica, o contribuire alla messa a punto di un progetto politico. Cosi', al di la' di quel che hanno scritto i partecipanti a questo gesto di stile situazionista (qui evidentemente il medio era il messaggio), solo l'idea e l'effettuazione di un pronunciamento di questo tipo si rivela un prodotto di marca europea. In particolare, cio' risulta tanto piu' evidente se si considera che gli invitati a pronunciarsi sono tutti piu' o meno definibili - o si sono per un certo tempo definiti - come "filosofi", e tutti - piu' o meno radicalmente - di orientamento continentale (non e' intervenuto per esempio Tugendhat, che pure gia' da molti anni e' un sostenitore del ruolo anti-egemonico dell'Europa). Per via indiretta, dunque, la scelta dei partecipanti voleva dire (o poteva voler dire) che nella questione dell'identita' europea "la filosofia" - e soprattutto l'uso politico-culturale delle idee, della teoria - gioca un ruolo del tutto particolare, e particolarmente significativo. Nessuno lo ha rilevato apertamente, e questo non sorprende: anche se avessero avuto una mezza idea al riguardo - se mai ricordando quanto Heidegger insistesse sulle colpe e i meriti del logos nei destini dell'Occidente - tanto Habermas, quanto Vattimo, quanto Eco e Derrida (il quale si e' limitato a scrivere una breve nota di approvazione del testo di Habermas) si sarebbero ben guardati dal renderla esplicita: in qualita' di vecchie volpi della teoria concreta tutti loro sanno perfettamente che gia' solo nominare la parola filosofia puo' evocare nel politico, nell'economista o nel giurista in ascolto un sorriso di scherno; cosi' che, di li' in avanti, qualunque cosa si dica sara' irrilevante antiquata e astratta. * Eppure, proprio "la filosofia", piu' del cinema o dell'arte, o di qualsiasi altro prodotto dell'intelletto (o della ragione), sembra essere in gioco nel l'attuale confronto tra Europa e America, tra mondo anglo-americano e "vecchia Europa". Ed e' in gioco, mi sembra, almeno a tre livelli: anzitutto, in quanto c'e' oggi una divergenza che ha anche connotati ideali, e riguarda orientamenti teorici di fondo; in secondo luogo perche' l'uso europeo delle idee, della teoria, e' diverso da quello che si prevede in ambito anglo-americano; in terzo luogo perche' (e questo non riguarda l'America in generale, ma l'attuale presidenza) e' probabile che i difetti dell'amministrazione Bush, e di altre amministrazioni affini, consista proprio in una effettiva e sistematica sottovalutazione o ignoranza dei problemi teorici ad ampio raggio, e in profondita', quali sono quelli generalmente messi in campo dalla filosofia. * Circa il fatto che nel problema dell'identita' dell'Europa siano in gioco valori, idealita' e culture, Rorty non sembra essere d'accordo. Nel suo appassionato intervento ha insistito su un punto: oggi l'Europa e' chiamata ad essere unita contro la politica di Bush; e' questa l'unica e l'ultima possibilita' per l'Europa non soltanto di assumere un ruolo decisivo nella futura configurazione mondiale, ma anche di "salvare il mondo". La politica "forte" di cui l'America di Bush oggi si vanta sara' perpetuata dai suoi successori (per "non essere da meno"), e questo portera' prima o dopo alla catastrofe atomica. Soluzione? Nessuna in particolare, salvo il fatto che - dice Rorty - l'appello di Habermas e Derrida all'unita' europea e allo stabilimento di un ordine cosmopolita pluralista, antiegemonico, e tollerante, va senz'altro ascoltato. Con queste osservazioni, pero', Rorty porta inavvertitamente un certo danno al progetto di Habermas. Se si trattasse soltanto di un disguido legato alla sventurata amministrazione Bush (e alle sue eredita' future), allora non si comprenderebbe molto la richiesta habermasiana di riflettere da intellettuali sull'identita' europea. Quel che Habermas chiede di fatto alle idee dei suoi amici, e' di costituirsi come principi "catalizzatori" in grado di raccogliere le forze della "vecchia Europa" contro l'egemonia americana, e soprattutto contro l'ideologia egemonica che coinvolge le nazioni europee filoamericane. La questione di fondo e' dunque una questione di identita' polemica e politica: come essere e riconoscersi avversari di qualcuno, come essere e riconoscersi alleati di qualcun altro. Non puo' bastare, evidentemente, dire che l'Europa deve costituire un polo egemonico alternativo a Bush: sarebbe come dire che l'Europa deve raccogliersi intorno al proprio puro e semplice essere Europa, dunque il proprio non essere l'America di Bush. D'altra parte, non puo' bastare neppure dire che il polo catalizzatore potrebbe essere un generico cosmopolitismo tollerante e pluralista. Non si tratta piu' di questo, e lo dimostra il fatto che riguardo al tema piu' scottante, la guerra, non c'e' pluralismo che tenga, ma si richiede una dura discussione su valori di fondo. La guerra figura nei ragionamenti di tutti come una malattia, e un disagio della storia: anche i piu' bellicisti in sede argomentativa si adattano di buon grado all'idea della dolorosa necessita'. E naturalmente quando si tratta di valutare i limiti e le forme di una necessita', tanto piu' se dolorosa, sono di mezzo i significati, valori, orientamenti, fondamenti, premesse, destini, obiettivi di una cultura, ossia quell'insieme di teorie di supporto e di sfondo che da' forma alle societa' umane. In altre parole: niente e' umanamente necessario se non rispetto a urgenze ed esigenze determinate, e la modifica di principi preliminari come "non uccidere" puo' essere considerata necessaria (o non necessaria) solo in rapporto a urgenze ed esigenze altrettanto fondamentali (se ne esistono). * Vattimo e Eco hanno suggerito qualche contenuto su cui potrebbe puntare la ricerca di una identita' europea. Ed entrambi hanno toccato (Vattimo piu' distesamente) un tema di natura teorico-politica: il "socialismo" e il "collettivismo" presenti nel Dna europeo, e assenti in quello americano. Va notato che - perlomeno in questo contesto e in questa forma - si tratta di un tema che si dovrebbe definire metafisico (se il termine non spiacesse a Vattimo e a Habermas), perche' riguarda proprio quelle impostazioni fondamentali del pensiero, concepite in relazione a certe strutture fondamentali dell'essere, che guidano il giudizio sulle finalita' di tipo "cosmopolita" (questioni di diritti umani e di esseri umani). * Ora, si puo' forse approfondire il suggerimento, accentuandone il tratto metafisico. E' indubbio che la cultura filosofica angloamericana maggioritaria ha saltato a pie' pari (o ha preferito non assimilare) tutta quella parte della filosofia contemporanea che, dopo Hume, ha specificamente posto la questione della natura collettiva e non propriamente individuale della soggettivita'. In autori come Donald Davidson o Robert Brandom certamente l'idea che il "noi" abbia una certa priorita' (epistemologica e ontologica) sull'"io" e' avanzata ripetutamente, ma la filosofia di fondo che ha orientato e tuttora orienta la societa' americana e' ben evidenziata nel fenomenismo scettico e leggermente paranoide di film come Matrix o Truman show. Il brivido cartesiano del dio ingannatore e' bene accetto all'individualismo medio della cultura angloamericana, e non per nulla e' un tema che percorre gli esperimenti mentali di tutta una serie di teorici per i quali l'io individuale e' senza dubbio l'unico punto di partenza possibile (la piu' facile vittima, peraltro, su cui possa esercitarsi il gioco sadico della tecnica, che ci permette di ipotizzare cervelli in vasche di liquido fisiologico, trapianti di identita' e di cervello, casi di ubiquita' dovuti a paradossi spazio-temporali). Questo ci permettera' di dire, con buone ragioni, che Rumsfeld nel ridicolizzare la "vecchia Europa" ha sbagliato valutazione: l'America e' piu' vecchia della vecchia Europa, almeno in quanto i suoi presupposti filosofici risalgono al Settecento, mentre quelli europei risalgono perlomeno all'Ottocento. * La dominanza dell'idea di collettivita' naturalmente e' la segreta premessa metafisica di quella idea di teoria concreta che domina la tradizione europea, a partire dalla sinistra hegeliana: una visione della teoria come direttamente votata all'intervento pratico-politico e a incidere direttamente sui modi di vita e di pensiero. E' di qui che Habermas stesso trae la sua intuizione della sfera pubblica come terreno di esercizio e vocazione propria della filosofia. Il ruolo piu' proprio per un filosofo, ha scritto altrove Habermas, e' quello di "intellettuale pubblico" che fornisce (perlopiu' non richiesto) la coscienza critica di una societa'. L'ipotesi e' sicuramente il retaggio di un'epoca e di un contesto in cui la filosofia aveva una certa egemonia culturale (l'Ottocento tedesco). In ogni caso e' evidente che il luogo proprio di tale filosofia non sono le universita' e gli istituti di ricerca, ma precisamente la sfera pubblica, o in altri termini: un teatro di intervento mediatico, cioe' le televisioni, i giornali. E' utile allora ricordare che questo tipo di lavoro non esiste in America. Li' pero', all'opposto, esiste ed e' riconosciuto un ruolo scientifico della famiglia di discipline detta "filosofia", e gli imbarazzi degli intellettuali europei al riguardo non sono per nulla condivisi (forse perche' non si teme di dover identificare con questa parola la costruzione del sistema dello spirito assoluto). Non e' un caso che neppure Rorty, unico americano intervenuto, abbia accennato all'idea di una responsabilita' o di un ruolo della filosofia nei destini dell'occidente: per lui, per la sua tradizione culturale, il filosofo e' un "esperto scientifico" (per usare ancora una categoria habermasiana), e non certo un intellettuale che interviene sui giornali, e sfida i poteri con la forza delle proprie idee. Sembra pero', in ultimo, che la differenza non stia soltanto tra tipi di filosofia e orientamenti filosofici, e pratiche e luoghi deputati della filosofia, ma tra chi usa la filosofia e ne tiene conto, e chi la ignora, tra chi prende sul serio le idee, e chi le sottovaluta, o le ignora. Se e' vero che le idee possono fare danno, come ci dice la storia, e' anche vero che l'aspetto irresponsabile di molte politiche (americane ed europee) consiste visibilmente in una certa carenza di idealita', o in una certa difficolta' a pensare in prospettiva e in profondita'. E qui, su questo punto, ha ragione Habermas nell'accennare al fatto che c'e' una responsabilita' degli intellettuali. Su questo punto infatti i filosofi continentali, pur lodabili in quanto alacri lavoratori della teoria concreta, che dedicano notte e giorno alla faticosa costruzione della sfera pubblica (o del dialogo), hanno qualche colpa. A loro principalmente (almeno ad alcuni di loro) si deve infatti una immagine disfattista e anti-teorica della filosofia che e' profondamente radicata nella nostra cultura. E anche a loro si deve quella vasta pragmatizzazione del discorso politico che ha tolto la teoria dalla prassi, e con cio' ha consegnato la prassi stessa nelle mani della televisione. E' anche per questo, e non certo per sudditanza all'imperialismo culturale americano, che oggi sul continente molti cercano soluzioni nella filosofia analitica, tipica espressione della cultura angloamericana del Novecento. Se non altro, la' sicuramente la ricerca teorica, ancorche' chiusa nelle universita', sdegnosamente lontana dal mondo dei media, e spesso legata a una metafisica di tipo soggettivista, ha avuto e ha tuttora un certo spazio. Ma si ha l'impressione, almeno per ora, di passare dalla padella alla brace, e viceversa: da una parte una filosofia (continentale), che avendo fatto della prassi la propria bandiera ha finito per essere portata dal vento degli interessi politici e delle mode culturali (fino al punto da sfiorare il suicidio, avvertendo di non essere piu' del tutto a' la page); dall'altra, una filosofia (analitica) afflitta da un eccesso di specialismo, e da una pericolosa distanza dalla concretezza delle urgenze politico-sociali (oltre che da una tendenziale sottovalutazione della filosofia europea dell'Ottocento e del Novecento). Forse qualcosa sta cambiando, e la ricerca sull'identita' dell'Europa lanciata da Habermas potrebbe essere una buona palestra in cui i teorici dell'Occidente diviso (continentali e non) possano verificare le opportunita' delle rispettive tradizioni culturali. Se e' vero che l'identita' polemica dell'Europa non deve costruirsi contro gli americani, ma contro quella degenerazione estrema dell'individualismo che e' l'imperialismo planetario, ovvero "l'estremo occidente" delle politiche alla Bush, forse sara' il caso di pensare che l'unico nemico comune e' il mondo pragmatizzato, in cui non balena neppure lontanamente l'ipotesi di creare convergenze ideali, come quella cercata da Habermas (e in cui con tutta probabilita' ci si mantiene cautamente ignari degli sforzi habermasiani in questo senso). 8. MATERIALI. MATTEO SOCCIO: UNA BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE SULLA LIBERAZIONE [Da "Azione nonviolenta" di aprile 2003 riprendiamo questa bibliografia a cura di Matteo Soccio, una delle piu' autorevoli figure dell'impegno di pace e della riflessione nonviolenta] Filosofia ed etica della liberazione - A. Arendt, Vita activa. La condizione umana, Milano, Bompiani, 1989; - F. Battistrada, Per un umanesimo rivisitato. Da Heidegger a Gramsci, a Jonas, all'etica di liberazione, Milano, Jaca Book, 1999; - A. Bausola, La liberta', Brescia, La Scuola, 1985; - L. Boff, Il creato in una carezza. Verso un'etica universale: prendersi cura della terra, Assisi, Cittadella, 2000; - E. Dussel, Filosofia della liberazione, Brescia, Queriniana, 1992. - A. Elenjimittam, Mukti. La liberazione nella filosofia indiana, Milano, Mursia, 1996; - E. Fromm, Fuga dalla liberta', Milano, Edizioni di Comunita', 1985; - R. Garaudy, Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1985; - R. Guardini, Persona e liberta', Brescia, La Scuola, 1987; - A. Heschel, Il canto della liberta'. La vita interiore e la liberazione dell'uomo, Comunita' di Bose, Magnano (Biella), Quiqajon, 1999; - J. Maritain, Strutture politiche e liberta', Brescia, Morcelliana, 1968; - J. Maritain, Per una politica piu' umana, Brescia, Morcelliana, 1968; - J. Maritain, La conquista della liberta', Brescia, La Scuola, 1981; - L. Pareyson, Ontologia della liberta', Torino, Einaudi, 2000. * Liberazione come educazione - E. Balducci, Educazione come liberazione, Firenze, Chiari, 1999; - A. Capitini, Il fanciullo nella liberazione dell'uomo, Pisa, Nistri Lischi, 1953; - P. Freire, La pedagogia degli oppressi, Milano, Mondadori, 1971, 2a ediz., Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2002; - P. Freire, L'educazione come pratica della liberta', Milano, Mondadori, 1977; - M. K. Gandhi, La mia vita per la liberta', Roma, Newton Compton, 1973; - E. Guidolin - R. Bello, Paulo Freire. Educazione come liberazione, Padova, Gregoriana Libreria Editrice, 1989; - M. Laeng, Educazione alla liberta', Teramo, Lisciani e Giunti, 1980; - E. Passetti, Conversazioni con Paulo Freire, Milano, Eleuthera, 1996; - L. Rossi, Paulo Freire profeta di liberazione, Torre dei Nolfi, Edizioni Qualevita; - V. Zangrilli, Pedagogia del dissenso, Firenze, La Nuova Italia, 1973. * Liberazione della donna - Aa. Vv., Diotima. Il pensiero della differenza sessuale, Milano, La Tartaruga, 1987; - C. Gilligan, Con voce di donna. Etica e formazione della personalita', Milano, Feltrinelli, 1991; - L. Muraro, L'ordine simbolico della madre, Roma, Editori Riuniti, 1991; - Osho, La donna. Una nuova visione, Arona, New Services Corporation, 1997; - A. Seroni, La questione femminile in Italia 1970-1977, Roma, Editori Riuniti, 1977; - S. Ulivieri (a cura di), Educazione e ruolo femminile. La condizione della donna in Italia 1945-1990, Firenze, La Nuova Italia, 1992. * Teologia della liberazione - Aa. Vv., Verso una teologia della violenza?, Brescia, Queriniana, 1969; - J. M. Aubert, Diritti umani e liberazione evangelica, Brescia, Queriniana, 1989; - L. Boff - E. Dussel - F. Betto, La chiesa dei poveri. Venticinque anni di teologia della liberazione, Roma, Datanews, 1998; - L. Boff - C. Boff, Come fare teologia della liberazione, Assisi, 4a ed., 1986; - L. Boff, La grazia come liberazione, Roma, Borla, 1978; - L. Boff, Grido della terra grido dei poveri. Per una ecologia cosmica, Assisi, Cittadella, 1996; - I. Ellacuria - J. Sobrino, Mysterium liberationis. I concetti fondamentali della teologia della liberazione, Roma, Borla, 1992; - G. Gutierrez, Teologia della liberazione, Brescia, Queriniana, 1a ed. 1972, 5a ed. 1992; - I. Jesudasan, La teologia della liberazione in Gandhi, Assisi, Cittadella, 1986; - B. Mondin, I teologi della liberazione, Roma, Borla, 1977; - J. Ramos Regidor, Gesu' e il risveglio degli oppressi, Milano, Mondadori, 1981. * Violenza o nonviolenza? - Aa. Vv., Violenza e nonviolenza, Roma, Citta' Nuova, 1969; - Aa.Vv., Nonviolenza e marxismo, Milano, Libreria Feltrinelli, 1976; - Aa.Vv, Marxismo e nonviolenza, Genova, Editrice Lanterna, 1977; - Aa. Vv., Violenza o nonviolenza, Milano, Linea d'ombra, 1991; - A. Arendt, Sulla violenza, Milano, Mondadori, 1971; - A. Arendt, Sulla rivoluzione, Milano, Comunita',1983; - A. Capitini, Teoria della nonviolenza, "Quaderni di Azione Nonviolenta", Verona; - M. K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Torino, Einaudi, 1973; - R. Girard, La violenza e il sacro, Milano, Adelphi, 1980; - J. M. Muller, Il vangelo della nonviolenza, Genova, Editrice Lanterna, 1976; - P. Ricoeur, La questione del potere. L'uomo nonviolento e la sua presenza nella storia, Lungro (Cosenza), Marco Editore, 1992; - K. Satish, Nonviolenza o non esistenza, Roma, Citta' Nuova, 1970; - J. Semelin, Per uscire dalla violenza, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1985; - G. Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, 3 voll., Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1985-1997. * Liberazione animale - P. Singer, Il movimento di liberazione animale, Torino, Sonda, 1989; - P. Singer, Liberazione animale, Milano, Mondadori, 1991. * Liberazione come risveglio interiore - E. Barella, La via della consapevolezza: un cammino senza sentieri, Torino, Psiche, 1997; - J. Brosse, Satori, Pordenone, Edizioni Studio Tesi, 1994; - P. Confalonieri, La saggezza che libera, Milano, Mondadori, 1995; - T. Gyatso (Dalai Lama), Il sentiero per la liberazione, Pomaia, Edizioni Chiara Luce, 1997; - T. Gyatso (Dalai Lama), La via della liberazione, Milano, Pratiche editrice, 2000; - J. Krishnamurti, Verso la liberazione interiore, Parma, Guanda, 1998; - A. M. La Sala Bata', La via della liberazione dalla sofferenza, Roma, Edizioni Armonia e Sintesi, 1998; - C. Maccari, Liberazione buddhista e salvezza cristiana, Leumann (Torino), LDC, 1995; - Osho, Tecniche di liberazione, Arona, New Services Corporation, 2000; - U. P. Sayadaw, Proprio in questa vita. Gli insegnamenti del Buddha sulla liberazione, Roma, Astrolabio, 1998; - A. W. Watts, La via della liberazione. Saggi e discorsi sull'autotrasformazione, Roma, Astrolabio, 1992. 9. RIVISTE. "A. RIVISTA ANARCHICA" DI GIUGNO Lo ripetiamo una volta di piu': "A. Rivista anarchica" e' una delle migliori riviste mensili di politica e cultura che vi siano in Italia. Ogni numero e' una miniera di materiali di riflessione, di documentazione, di dibattito. Nel fascicolo di giugno 2003 tra molte altre notevoli cose segnaliamo particolarmente una relazione tenuta da Lia Cigarini all'Universita' di Verona l'11 ottobre 2002 su "Relazione, differenza e altro..." e il dibattito ad essa seguito. "A. Rivista anarchica" e' disponibile anche in rete nel sito: www.anarca-bolo.ch/a-rivista; per contatti: c.p. 17120, 20170 Milano, tel. 022896627, fax: 0228001271, e-mail: arivista at tin.it 10. RIVISTE. "AMICI DEI LEBBROSI" DI GIUGNO 2003 "Amici dei lebbrosi" e' l'utilissimo mensile, da leggere dalla prima all'ultima riga, promosso dall'Aifo (Associaizone italiana amici di Raoul Follereau"), via Borselli 4-6, 40135 Bologna, tel. 051433402, fax 051434046, e-mail: info at aifo.it, sito: www.aifo.it. Nel fascicolo di giugno segnaliamo particolarmente il dossier di Sunil Deepak su "Donne: quale accesso ai servizi sanitari?". 11. RIVISTE. "MESSAGGERO CAPPUCCINO" DI MAGGIO-GIUGNO 2003 Il "Messaggero cappuccino" e' il bimestrale d'informazione dei cappuccini bolognesi-romagnoli; per richieste e contatti: via Villa Clelia 16, 40026 Imola (Bo), tel. 054240265, fax: 0542626940, e-mail: fraticappuccini at imolanet.com, sito: www.imolanet.com/fraticappuccini; e' una lettura che sempre riconcilia e fortifica, e che vivamente raccomandiamo. Il fascicolo di maggio-giugno e' sul tema "L'empatia della preghiera". 12. RIVISTE. "NIGRIZIA" DI GIUGNO 2003 "Nigrizia" e' una lettura indispensabile. Questo "mensile dell'Africa e del mondo nero" curato dai padri comboniani e' (con "Le monde diplomatique" e pochi altri periodici) una delle fonti d'informazione e dei luoghi di riflessione imprescindibili per il movimento della pace. L'ampio dossier del mese e' su "Africa patrimonio dell'umanita'". Per richieste e contatti: vicolo Pozzo 1, 37129 Verona, tel. 0458092390, fax: 0458001737, e-mail: redazione at nigrizia.it, sito: www.nigrizia.it 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 583 del 16 giugno 2003
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