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La nonviolenza e' in cammino. 582
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 582
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 15 Jun 2003 00:17:36 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 582 del 15 giugno 2003 Sommario di questo numero: 1. Severino Vardacampi: due volte si' 2. Matteo Soccio: una bibliografia essenziale su sobrieta', stili di vita, economia nonviolenta 3. Alessandro Marescotti: un libro sull'esperienza delle bandiere di pace 4. Francesca Borrelli intervista Susan Sontag sul suo libro "Davanti al dolore degli altri" 5. Paola Springhetti intervista Luisa Muraro sul suo libro "Il Dio delle donne" 6. Maria Luisa Boccia presenta "A piu' voci" di Adriana Cavarero 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. SEVERINO VARDACAMPI: DUE VOLTE SI' Votero' si' al referendum che, in quanto vi e' di limpido e condivisibile nelle intenzioni dei promotori, cerca di difendere il diritto alla salute minacciato dall'imposizione degli elettrodotti. Votero' si' al referendum che, in quanto vi e' di limpido e condivisibile nelle intenzioni dei promotori, cerca di difendere i diritti (mi sia consentito di dire: i diritti umani) dei lavoratori dipendenti delle piccole imprese. Votero' si', in uno stato di costrizione che detesto. 2. MATERIALI. MATTEO SOCCIO: UNA BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE SU SOBRIETA', STILI DI VITA, ECONOMIA NONVIOLENTA [Da "Azione nonviolenta" di gennaio-febbraio 2003 riprendiamo questa bibliografia a cura di Matteo Soccio, una delle piu' autorevoli figure dell'impegno di pace e della riflessione nonviolenta] Sobrieta' - G. Bologna - F. Gesualdi - F. Piazza - A. Saroldi, Invito alla sobrieta' felice, 3a ed. Bologna, Emi, 2001. - G. Bormolini, I vegetariani nelle tradizioni spirituali, Torino, Il Leone Verde, 2000. - R. Dahlke, Digiuno e consapevolezza, Milano, Tecniche Nuove, 1999. - G. Gazzeri (a cura di), Il segreto di Igea. Guida pratica al digiuno autogestito, 2a ed., Genova, Manca, 1990. - R. Lejeune, Digiunare. Guarigione e festa del corpo e dello spirito, Milano, Ancora, 1990. - A. Nicora, Sobrieta' e castita': virtu' del cristiano, Casale Monferrato, Piemme, 1997. - J. Pieper, La temperanza, Brescia, Morcelliana, 2001. - G. Savonarola, La semplicita' della vita cristiana, Milano, Ares, 1996. - G. Zanga, Filosofia del vegetarianesimo, Torino, Bresci, 1987. * Stili di vita - C. Baker, Ozio lentezza e nostalgia. Decalogo mediterraneo per una vita piu' conviviale, Bologna, Emi,2001. - G. Battistella, Nuovi stili di vita. Intuizioni ed esperienze, 3a ed., Bologna, Emi,1997. - G. Martirani, La civilta' della tenerezza. Nuovi stili di vita per il terzo millennio, 3a ed., Milano, Paoline Editoriale Libri,1997. - A. Naess, Ecosofia. Ecologia, societa' e stili di vita, Como, Red/Studio Redazionale,1994. - W. Pasini, I tempi del cuore. Lentezza e fretta nella vita e nell'amore, Milano, Mondadori, 1996. - P. Sansot, Passeggiate, Milano, Pratiche, 2001. - P. Sansot, Sul buon uso della lentezza. Il ritmo giusto della vita, Milano, Pratiche, 1999. - P. Sansot, Vivere semplicemente, Milano, Pratiche, 2000. - A. Saroldi, Giusto movimento. Piccola guida al paese inesplorato dei nuovi stili di vita, 2a ed., Bologna, Emi, 1997. - T. Troglodita, Uso libero e libero uso. Barattare, regalare, condividere, ospitare: nuove ricchezze per diversi stili di vita, Milano, Stampa Natura Solidarieta', 1997. - B. Vallely, Stili di vita. Manuale di ecologia quotidiana. 1001 modi per salvare il pianeta, Padova, Muzzio, 2000. * Poverta' volontaria, poverta' francescana - M. V. Breton, La poverta', Milano, Biblioteca Francescana, 1982. - L. Crippa, Poverta' amata poverta' beata, Milano, Ancora, 1989. - J. Dupont - G. Augustin, La poverta' evangelica, Brescia, Queriniana, 1973. - L. Foley - J. Weigel - P. Normile, Vivere come Francesco, Padova, Messaggero, 2002. - A. Jacquard, Il valore della poverta'. Un grande scienziato ateo riscopre l'attualita' del messaggio di Francesco di Assisi, Vicenza, Neri Pozza,1996. - A. G. Melani (a cura di), La poverta', S. Maria degli Angeli (Pg), Porziuncola, 1967. - C. Squarise (a cura di), La poverta' religiosa. Un approccio interdisciplinare, Bologna, Edb, 1991. - D. M. Turoldo, Profezia della poverta', Sotto il Monte (Bg), Servitium, 1998. * Consumo responsabile - Centro nuovo modello di sviluppo, Guida al consumo critico. Informazioni sul comportamento delle imprese per un consumo consapevole, 7a ed., Bologna, Emi, 2001. - G. Garbillo, Consumo sostenibile. Per consumare solo cio' che e' necessario, Milano, Stampa Natura Solidarieta', 1996. - F. Gesualdi, Manuale per un consumo responsabile. Dal boicottaggio al commercio equo e solidale, Milano, Feltrinelli, 2002. - Movimento gocce di giustizia, Miniguida al consumo critico e al boicottaggio, 5a ed. Padova, Coop. spes Editrice, 2001. - A. Valer, Bilanci di giustizia, Bologna, Emi, 1999. * Economia nonviolenta - AA.VV., Denaro e fede cristiana. Testimonianza e fede dei cristiani per un uso consapevole del denaro, Bologna, Emi, 2001. - E. Baldessone - M. Ghiberti - G. Viaggi, L'Euro solidale. Carta d'intenti per la finanza etica in Italia, 2a ed. Bologna, Emi, 2000. - Centro nuovo modello di sviluppo, Guida al risparmio responsabile, Bologna, Emi, 2002. - M. K. Gandhi, La voce della verita', Roma, Newton Compton, 1991. (Cfr. cap.: "Idee economiche", pp. 200-247). - M. K. Gandhi, Il mio credo il mio pensiero, Roma, Newton Compton, 1992. (Cfr.: pp. 201-275). - I. Ghizzoni (a cura di), Manuale del risparmiatore etico e solidale, 2a ed., Piacenza, Berti, 2002. - T. Perna, Fair Trade, Torino, Bollati Boringhieri, 1998. (Sul commercio "equo e solidale"). - G. Salio, Elementi di economia nonviolenta, Quaderni di "Azione Nonviolenta", n. 16, Verona, Edizioni del Movimento Nonviolento, 2001. - G. Stiz - cooperativa "Il seme", Guida alla finanza etica, Bologna, Emi, 1999. - Wuppertal Institut (a cura di), Futuro sostenibile. Riconversione ecologica, nord-sud, nuovi stili di vita, 3a ed., Bologna, Emi, 1999. 3. LIBRI. ALESSANDRO MARESCOTTI: UN LIBRO SULL'ESPERIENZA DELLE BANDIERE DI PACE [Alessandro Marescotti e' presidente della rete telematica pacifista Peacelink (per contatti: sito: www.peacelink.it, tel. 0997303686, e-mail: info at peacelink.it)] Il libro "Bandiere di Pace - Il mondo in costruzione", Chimienti editore, sara' presentato ufficialmente a Roma presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio il 26 giugno 2003 alle ore 10 alla presenza degli autori, tra i quali Giulietto Chiesa e padre Alex Zanotelli. Invitato a partecipare il sindaco Walter Veltroni. Il progetto editoriale e' stato promosso dal Comitato per la campagna "Pace da tutti i balconi" (www.bandieredipace.org), dall'associazione telematica PeaceLink (www.peacelink.it) e dall'associazione MegaChip di Giulietto Chiesa (www.megachip.it). Dalla politica internazionale al ruolo geopolitico e culturale dell'Italia nel piu' generale contesto dei rapporti tra Oriente ed Occidente, dal "progetto" americano alla risposta pacifista, passando attraverso i sentimenti, i pensieri, le paure, le speranze del "popolo delle bandiere arcobaleno". Un libro che parla alla societa' e al mondo politico, che si spinge a delineare le future strategie dell'azione nonviolenta, che vuole essere il segno tangibile di un'iniziativa di pace che non si arresta. Si e' ragionato molto attorno alla domanda: come si possono rilanciare le bandiere della pace? Una delle risposte e' stata questa: per rilanciare le bandiere e' utile partire da un libro e da un dibattito appassionato attorno ai suoi temi. Lo abbiamo fatto soprattutto perche' crediamo che tutte le istanze del popolo della pace, raccolte simbolicamente nelle bandiere arcobaleno che a milioni hanno colorato le nostre citta', possono mettere radici salde e durature solo se si promuove la cultura di pace. Costruire un mondo nuovo e' possibile. * Indice: - Prefazione di Nicoletta Landi (Comitato "Pace da tutti i balconi"); - Introduzione di don Albino Bizzotto ("Beati i Costruttori di Pace"); - Giulietto Chiesa, La sopravvivenza dell'Impero (il progetto americano, il ruolo dell'informazione, la Chiesa, i pacifisti. Un'analisi severa e puntuale della situazione politica internazionale e dei suoi possibili sviluppi); - Giuseppe Goffredo, "Scontro di civilta'" o "crisi di civilta'"? (il ruolo geopolitico e culturale dell'Italia fra Europa e Mediterraneo e fra Oriente e Occidente); - Gisella Desiderato, Il simbolo e le testimonianze: I. La bandiera arcobaleno tra storia e leggenda; II. L'onda che sommerge i leader (si tratta dei messaggi - circa 4.000 - inviati da coloro che hanno aderito alla campagna "Pace da tutti i balconi". I messaggi sono stati letti, selezionati ed analizzati da G. Desiderato. E' la fotografia di un popolo, dei suoi sentimenti, delle sue paure e speranze, della sua voglia di lottare, urlare, agire, pregare per la pace. Il database, curato dall'Associazione Peacelink, puo' essere consultato andando sul sito www.bandieredipace.org oppure all'indirizzo http://db.peacelink.org/volontari/search2.php?id=5 ); - Carlo Gubitosa e Alessandro Marescotti, Le strategie dei pacifisti tra efficacia e consenso sociale (una lettura sociologica del movimento pacifista condotta attraverso un'analisi dei linguaggi e della sua trasversalita'. La campagna delle bandiere di pace e le sue implicazioni. Analisi del cambiamento della societa' italiana: il fenomeno pacifista nella sua percezione sociale e nel suo agire politico. Internet e nonviolenza come strumenti strategici per organizzare le campagne del movimento pacifista); - Alex Zanotelli, Questo sistema uccide (non siamo cose, siamo volti), intervista a cura di Maria Piera Lo Prete (la critica al sistema economico fondato sul profitto e sulla sopraffazione costituisce l'elemento fondamentale del messaggio di Zanotelli. Analisi delle caratteristiche del movimento contro la guerra: forza, debolezza, prospettive. L'esperienza missionaria in Africa, la fede, la solidarieta' globale) * Una parte dei proventi derivanti dalla vendita del libro (corrispondente al 10% del prezzo di copertina) sara' destinato al finanziamento di iniziative di pace, solidarieta' ed informazione democratica. Un numero elevato di volontari si e' attivato per la promozione e la diffusione del libro sull'intero territorio nazionale. A tal fine si sono costituiti coordinamenti provinciali e regionali con i rispettivi referenti. Sono state contattate migliaia di persone attraverso l'invio di e-mail (PeaceLink ne ha inviate poco meno di 15.000). Le risposte sono state numerosissime e piene di entusiasmo. I contatti, presi allo scopo di verificare la fattibilita' della realizzazione e diffusione del libro sono stati incoraggianti, anzi sono andati ben al di la' delle nostre previsioni. Si e' costruita cosi' una fitta rete di collaborazioni tramite internet. Cio' ha reso possibile l'organizzazione di incontri territoriali e l'avvio di un progetto di costituzione di redazioni regionali per le attivita' di informazione a mezzo stampa. Un risultato importante raggiunto grazie al lavoro svolto con grande entusiasmo e a tempo pieno da Piero Chimienti. Attualmente i referenti sono oltre 60, i quali, a loro volta, coordinano le attivita' di diverse decine di associazioni, gruppi e comitati di volontari che operano per la promozione e la diffusione del libro. Siamo solo all'inizio di un'avventura che si muove con le nostre tastiere, le nostre gambe e le nostre idee migliori. Il libro sara' in vendita presso le librerie "Feltrinelli", librerie "Il libraccio", le botteghe del commercio equo e solidale, e presso tutte le librerie che ne hanno fatto espressa richiesta all'editore. L'elenco e' riportato sul sito di PeaceLink e su tutti quelli che hanno aderito a questa iniziativa editoriale. 4. LIBRI. FRANCESCA BORRELLI INTERVISTA SUSAN SONTAG SUL SUO LIBRO "DAVANTI AL DOLORE DEGLI ALTRI" [Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 giugno 2003. Francesca Borrelli si e' laureata in lettere moderne con indirizzo in critica letteraria, con tesi sulle Strutture concettuali e iconiche nell'opera di Carlo Emilio Gadda; all'87 redattrice culturale del quotidiano "Il manifesto", di cui ha diretto, nella precedente veste grafica, il supplemento libri. Attualmente e' inviata per la sezione cultura; ha collaborato a diverse riviste letterarie con recensioni e interviste; nel secondo semestre del 1997 ha tenuto diversi seminari nelle universita' statunitensi di Yale, Berkely, Browne, Harvard; ha pubblicato molti saggi, ed ha tra l'altro curato i volumi di AA. VV., Un tocco di classico, Sellerio, Palermo, 1987; e AA. VV., Pensare l'inconscio. La rivoluzione psicoanalitica tra ermeneutica e scienza, Manifestolibri, Roma 2001. Susan Sontag - troppo nota per aver bisogno di presentazioni - e' una prestigiosa intellettuale americana nata a New York nel 1933; fortemente impegnata per i diritti civili; tra i molti suoi libri segnaliamo alcuni suoi stupendi saggi, come quelli raccolti in Contro l'interpretazione e Stili di volonta' radicale, presso Mondadori; e Malattia come metafora, presso Einaudi] Non c'e' forma della rappresentazione - dalla pittura, al cinema, al teatro, alla letteratura, alla fotografia - che Susan Sontag non abbia appassionatamente frequentato, indagato, messo alla prova di quel che passa per essere scontato e al suo sguardo non lo e' mai. Persino l'apparizione dei primi grattacieli di New York, davanti agli occhi increduli della attrice polacca protagonista del suo ultimo romanzo In America, si staccavano con prepotenza dal fondale della nostra immaginazione, ingombrata da milioni di immagini documentarie e cinematografiche, per avanzare verso il lettore trascinandolo a una rinnovata meraviglia. Ma forse, di tutte le arti che hanno catturato l'attenzione di Susan Sontag, la fotografia e' rimasta nei decenni quella verso cui ha mantenuto una affezione piu' costante, probabilmente per la seduzione esercitata dal suo carattere di leggibilita' universale, per l'intrinseca democraticita' del suo valore testimoniale, che valica le frontiere stabilite dalle lingue e dai background culturali, sebbene non ci sia evidenza che possa fare a meno della parola per essere interpretata. Quando circa trent'anni fa apparve il saggio di Susan Sontag Sulla fotografia la sua eco fu tale che si riprodusse in una miriade di citazioni, imitazioni, parafrasi; e non soltanto perche' quasi nulla era stato scritto fino a allora sull'argomento, ma perche' quel saggio - inaugurale di un interesse che sarebbe velocemente diventato di moda - conteneva gia' in se' un panorama dal quale ben poche considerazioni sembravano restare escluse. Solo apparentemente il libro che esce in questi giorni da Mondadori - nell'ottima traduzione di Paolo Dilonardo, con il titolo Davanti al dolore degli altri - riprende la riflessione sulla fotografia per estenderla alle immagini di guerra: e' piuttosto la storica alleanza tra due messe a fuoco, quella dell'obiettivo e quella delle armi, a costituire il vero soggetto di questo saggio. Fin da quando vennero inventate, le macchine fotografiche stabilirono con la morte un rapporto privilegiato: negli interni familiari funzionavano a fissare preventivamente la fisionomia dei propri cari, prima che diventassero cari estinti, mentre in esterni inseguivano le azioni di guerra selezionando le atrocita' da mostrare e quelle da occultare; quando non si dedicarono a ritrarre i prigionieri politici e i presunti avversari dell'ideologia al potere, pochi istanti prima che venissero fatti fuori. Da che e' stato possibile, la memoria si affida al fermo-immagine piu' di quanto ricorra alle sequenze cinematografiche o televisive, perche' - come ci ricorda Susan Sontag - la fotografia ha l'incisivita' di una massima, funziona come una citazione, avverte come un proverbio. Il suo contributo al realismo si nutre di falsificazioni - dalla famosa immagine del soldato repubblicano ritratto da Robert Capa, all'altrettanto celebre bacio coreografato da Robert Doisneau: d'altronde, la fotografia "non e' mai solo il trasparente resoconto di un evento", se non altro perche' "inquadrare vuol dire escludere", e in fase di stampa i ritocchi sono frequenti. Per non dire delle potenzialita' aperte dall'era digitale, dove l'arte della manipolazione e' diventata talmente sofisticata da rendere obsoleta ogni preventiva messa in scena del fotografo. La contemplazione di una immagine ci trasforma in voyeur, quando ritrae violenze e orrori della guerra ci muove a compassione, ma si sa che le nostre emozioni sono instabili, dunque non possiamo farvi affidamento; soprattutto perche' - come Susan Sontag ripete piu' volte nel suo libro e nel corso di questa intervista - "non si dovrebbbe mai dare un 'noi' per scontato quando si tratta di guardare il dolore degli altri". * - Francesca Borrelli: Sebbene lei si sia dedicata con crescente passione alla tessitura di trame narrative, sembra tuttavia che le sia eticamente necessario aprire delle parentesi di lavoro da dedicare a altrettanti affondo nella realta': dall'indagine sulla malattia come metafora alla ricognizione delle immagini di guerra condotta in quest'ultimo libro. Forse non e' un caso che anche le sue ultime opere di finzione siano radicate in un contesto storico... - Susan Sontag: Proprio cosi', anche se in questo momento ho un dubbio circa il fatto di avere davvero bisogno di questi intervalli da dedicare a una indagine etica sulla realta'. Scrivere romanzi mi appassiona di piu', dunque queste parentesi le sento un po' come un sacrificio. Tuttavia, come ha detto Oscar Wilde, posso resistere a qualsiasi cosa, salvo alle tentazioni... Ora che ci penso a posteriori, mi sembra che questo mio libro sia frutto del destino, ma in realta' e' la conseguenza, appunto, di una tentazione, per giunta arrivata in una forma anch'essa molto attrente per me: circa due anni fa mi venne richiesto di tenere una conferenza all'universita' di Oxford sulla falsariga di un tema che riguarda i diritti e gli errori umani. La conferenza non era pagata e non era nemmeno previsto il rimborso del biglietto aereo, perche' i proventi erano destinati a Amnesty International: tutte condizioni particolarmente tentatrici. Pensai in prima istanza di scrivere qualcosa sulla guerra - e' questo infatti il vero soggetto del libro piu' di quanto non lo sia la fotografia - e buttai giu' un primo canovaccio. Eravamo alla fine di febbraio del 2001, passata la conferenza pensai che avrei potuto fare di meglio e mi misi a ampliare quella prima stesura nel corso del successivo anno e mezzo. Intanto ci furono gli attentati al World Trade Center, una nuova stagione venne aperta dalla aggressivita' della politica estera di Bush, e tutto questo mi rese piu' necessario affrontare in modo critico il problema della guerra, che da sempre mi ossessiona. Dopo essere stata tante volte a Sarajevo credo di avere una conoscenza della guerra molto piu' profonda che non della politica. Mi interessava chiedermi quali sentimenti mi provoca, interrogare le reazioni degli altri, senza limitarmi a esprimere opinioni. E' incredibile, nonostante tutte le riprese televisive che hanno mostrato l'assedio di Sarajevo, come in quei giorni ci fossero intellettuali brillanti, intelligenti, abituati a viaggiare, il cui senso della realta' non aveva alcun rapporto con la realta' stessa. Mi sono sentita chiedere da un famoso professore di Oxford quale linea aerea avessi scelto per andare a Sarajevo, come se fosse possibile sorvolare quello spazio aereo con una compagnia di volo civile, per poi atterrare in una citta' sottoposta ai bombardamenti. Prima che partissi, un redattore della "New York Review of Books" si offri' di mandarmi la rivista nei due mesi in cui sarei stata via. Gli feci presente che a Sarajevo le poste non funzionavano. Nessun problema - disse lui - ti mandero' un corriere. Saranno due casi limite, non so, certo che mi torna sempre in mente la stessa domanda: quando diciamo "noi" di fronte alla guerra, a chi corrisponde effettivamente questo "noi"? Mi sembra una entita' un po' sospetta, quanto meno da indagare. * - Borrelli: Nel suo saggio Sulla fotografia (Einaudi) lei ha scritto che come strumento per filtrare il mondo e trasformarlo in immagine mentale, la stampa sembra meno pericolosa delle immagini fotografiche. La pensa ancora cosi'? Non le sembra che con la loro evidenza muta le immagini fotografiche scatenino luoghi comuni, cosiderazioni retoriche, sempre che non occultino l'inganno di una messa in scena? - Sontag: Non credo che la fotografia sia piu' pericolosa della stampa, pero' sono d'accordo che dipende molto dal contesto in cui la si usa. Forse sarebbe piu' semplice dire che per ricordare sono piu' utili le fotografie, ma se le si vuole capire abbiamo bisogno delle parole. Con questo non intendo stabilire una gerarchia, perche' anche quel che si comprende e' spesso vago, soggetto a variazioni. Nell'aprile del 1945 e all'inzio del mese successivo vennero scattate le prime immagini a Bergen-Belsen, a Buchenwald e a Dachau, subito dopo la liberazione dei campi nazisti: ecco, quelle foto ci mostrano meglio di qualunque racconto una esperienza la cui crudelta' oltrepassa il limite dell'immaginazione; ma le foto hanno sempre bisogno di didascalie, devono essere inserite in un contesto di parole. Uno dei problemi che tratto in questo libro riguarda il modo in cui la storia si struttura attraverso la memoria fissata nelle immagini. * - Borrelli: Infatti, lei scrive che "la memoria collettiva non e' affatto il risultato di un ricordo ma di un patto", che stabilisce cio' che e' importante e come sono andate le cose, usando le fotografie come tramite tra gli eventi e i nostri pensieri. - Sontag: Certo, se io nomino le Brigate Rosse, immediatamente viene in mente la fotografia del cadavere di Moro estratto dall'auto, se dico nazismo penso alle immagini dei campi di concentramento, e cosi' via. Mi sembra che l'aumento delle informazioni si renda piu' gestibile attraverso delle fotografie funzionanti come icone; il che apre la strada alla formazione di cliche', ma non mi sembra cosi' importante. Piu' cruciale sarebbe, invece, cercare di capire qual e' il livello di manipolazione o di censura al quale certe immagini sono state sottoposte, e se dietro quelle mistificazioni non si nascondano altri aspetti della realta', non immediatamente intelligibili. Inoltre, e' piu' difficile digerire gli orrori e le atrocita' relative a situazioni storiche non documentate a sufficienza: penso, per esempio, alla guerra di Corea, della quale non ci sono quasi immagini. Il paese fu selvaggiamente bombardato, ma non e' un fatto che desto' grande impressione, proprio perche' non arrivavano fotografie delle rovine. Invece, i villaggi vietnamiti distrutti vennero ampiamente documentati - per esempio dalle foto di Burrows pubblicate su "Life" gia' a partire dal '62 - e dunque quella guerra si e' iscritta nella memoria collettiva come un capitolo particolarmente violento della storia americana. Siamo cresciuti accumulando archivi di immagini mentali, che in alcuni casi ci portano a ricordare diversamente da quanto non faremmo se avessimo soltanto accesso a informazioni non visive. Ma, in generale, si tende sempre di piu' a sfuggire le ossessioni visive alle quali le fotografie inchiodano. Non soltanto la memoria e' fatta di cio' che accettiamo di ricordare, ma talvolta per rendere possibile una riconciliazione bisogna anche che ci accordiamo sulla necessita' di dimenticare. * - Borrelli: In quest'ultimo libro lei torna su alcune osservazioni, fatte trent'anni fa, a proposito delle conseguenze che l'inflazione delle immagini ha sulla nostra capacita' di provare compassione. Allora aveva scritto che l'impatto emotivo era destinato a diminuire man mano che aumentava la nostra esposizione al dolore rappresentato nelle fotografie. Oggi dissente da quelle considerazioni, perche' le sembra che nulla provi la desensibilizzazione a cui ci sottoporrebbe la nostra "cultura dello spettacolo". Cosa e' intervenuto a farle cambiare idea? - Sontag: Faccio mia una frase di Henry James, che diceva di non avere mai un'ultima parola. Quei saggi ebbero tanta influenza e vennero cosi' tanto ripresi che e' un po' come se me li avessero strappati dalla pelle. Il fatto e' che fui fortunata, ereditavo un argomento sul quale esistevano a malapena due studi, e per di piu' risalivano agli anni '30. Cominciai col domandarmi in che modo questa nuova forma di conoscenza intervenisse nella formazione dello spirito moderno, e naturalmente venni catturata da Baudelaire: certo, non e' stato il primo a riflettere sulla modernita', ma questa analogia tra l'obiettivo fotografico e l'occhio del flaneur, che va in giro a dragare per fare acquisti e provarsi sul sesso, mi aveva affascinato. Pero', nemmeno allora intendevo dire che fosse in atto un processo di desensibilizzazione, piuttosto mi riferivo al fatto che certe immagini ci eccitano e tuttavia, dopo un po', ci lasciano indifferenti. Con l'andare del tempo, il mio interesse per la fotografia ha acquisito una valenza piu' politica, invecchiando mi sono fatta piu' furba, ho cominciato a interrogarmi sulla differenza che passa tra "noi", che dalla nostra postazione protetta e economicamente agiata ci permettiamo di cambiare canale di fronte alla vista di un telegiornale, e, per esempio, gli spettatori di Al Jazeera. Non credo che loro condividano il disincanto di Baudrillard per il quale oggi esisterebbero soltanto realta' simulate. O le dichiarazioni di Andre' Glucksmann, che arrivo' su un aereo militare a Sarajevo, si trattenne poche ore e poi se ne venne fuori dicendo che quella guerra era un evento mediatico. Mi domando come sia possibile essere cosi' scollati dalla realta', vivere cosi' poco presenti a se stessi e alla storia. * - Borrelli: Nelle prime pagine del suo libro lei scrive: "Per i militanti l'identita' e' tutto". Sembra che l'identita' sia diventata una variante della religione, e si sa che in nome della religione sono state scatenate, nel corso della storia, molte delle guerre piu' sanguinose. Non crede che questa retorica dell'identita' sia diventata particolarmente pericolosa? - Sontag: Non so se l'identita' stia diventando una religione, ma di certo la religione e' un fattore identitario al quale la costruzione della modernita' dovrebbe opporsi. Per me e' un puzzle, non so da che parte entrarci dentro. Probabilmente, questa nuova rivendicazione di identita' ha a che vedere con il tramonto della politica. D'altronde, mentre sembrerebbe avviarsi in Europa un proceso di laicizzazione, in America si fa ricorso ai valori cristiani sempre piu' spesso. Lo sa come ha risposto Bush alla domanda su chi fosse il suo filosofo preferito? "Gesu' Cristo" - ha detto. Per tornare alla questione dell'identita' - non importa se di gruppo, etnica, politica o sessuale - non c'e' dubbio che ci sia anche un problema di rappresentanza. Negli Stati Uniti, il 30 per cento della popolazione e' contro Bush, ma nessuno rappresenta i loro interessi. Inoltre, nuove identita' vengono create dalle trasformazioni del mondo del lavoro, oppure, in Europa, dalla moneta unica. * - Borrelli: Lei fa un accenno, nel libro, al problema di una ecologia delle immagini. Almeno in alcuni casi, per esempio, e' prevedibile che i primi spettatori delle fotografie che documentano orrori e morte siano i parenti delle vittime di quegli orrori e di quelle morti. Crede sia auspicabile un limite alla diffusione di alcune fotografie particolarmente cruente? - Sontag: No, i sentimenti dei parenti delle vittime non giustificano la censura. Ne' si puo' tenere conto di questioni di buon gusto nel fare vedere come vanno le cose in alcune aree del mondo. Sono una libertaria radicale; anche nel caso di fotografie pubblicitarie, come ne ho viste tante in Italia, che secondo me rappresentano un gratuito insulto alla dignita' delle donne. Ci sono casi in cui alcune immagini vengono mostrate solo per fare cassetta, me ne rendo conto, tuttavia se si comincia a distinguere cosa censurare e cosa no ci si mette in una posizione di debolezza. La verita' e' che gli scrupoli intervengono sempre quando si tratta di mostrare il dolore di chi ci e' vicino, mai quando si documentano atrocita' perpetrate in zone remote del mondo. Sul "New York Times", nel novembre del 2001, vennero publicate tre foto a colori di Tyler Hicks che mostrano, in sequenza, un soldato talebano trovato ferito in un fosso dalle truppe dell'Alleanza del Nord, poi denudato e finito dai soldati accorsi per massacrarlo. Forse si pensava che a Kabul non ci fossero degli Internet-cafe' dove i parenti del soldato talebano avrebbero potuto accedere a quelle immagini? Non ci si e' posti il problema. Invece, le fotografie delle persone che si buttavano dalle torri del World Trade Center sono state viste in Europa molto prima che ne venisse consentita la diffusione in America. Il video che riprendeva il giornalista americano Daniel Pearl, rapito a Karachi, poi costretto a confessare di essere ebreo e dunque sottoposto a un massacro rituale, venne tolto dalla circolazione con il pretesto che avrebbe ulteriormente addolorato la vedova. Ma quello stesso video conteneva anche altri materiali, tra cui immagini di bambini palestinesi uccisi dai militari israeliani, dunque vederlo dava informazioni utili. 5. LIBRI. PAOLA SPRINGHETTI INTERVISTA LUISA MURARO SUL SUO LIBRO "IL DIO DELLE DONNE" [Dall'ottimo sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo questo articolo apparso sul quotidiano "Avvenire" del 12 marzo 2003. Paola Springhetti, acuta e sensibile giornalista e saggista, e' direttrice de "La rivista del volontariato". Luisa Muraro insegna all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica femminile di "Diotima". Dal sito delle sue "Lezioni sul femminismo" riportiamo una sua scheda biobibliografica: "Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si e' laureata in filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini, che poi sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona parte della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita' filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei (da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e nonna nel 1997"] Il "Dio delle donne" e' quello delle mistiche che hanno vissuto esperienze religiose talmente intense da rasentare, a volte, l'inenarrabile. I testi di queste donne, secondo la filosofa Luisa Muraro, sono un "filone d'oro" che scorre dal Medioevo ai nostri giorni: un filone ancora da scavare. Ad esso Muraro attinge per il suo ultimo libro che si intitola, appunto, Il Dio delle donne, ed e' in uscita da Mondadori (pagine 184, euro 15). Per riuscire a narrare la loro esperienza le mistiche, a partire dalle "scrittrici beghine" del secolo XIII, ricorrono alla lingua materna, non a quella colta normalmente usata per la teologia. La lingua materna, infatti, sembra piu' adatta a raccontare un Dio piu' incontrato che pensato, piu' esperito che analizzato. E' cosi'? "Si', e' un Dio piu' vissuto che studiato", risponde Muraro. "Per capire il 'piu'', teniamo conto che, escluse alcune contemporanee (Simone Weil, Etty Hillesum, Clarice Lispector), queste donne sono vissute in una civilta' religiosa. L'incontro con Dio le fa incontrare con qualcuno di cui gia' sapevano: lo riconoscono infatti, ma hanno la sorpresa di scoprire che invece non ne sapevano niente. E' l'incontro con un gia' noto che si rivela essere un ignoto e che tale restera', in un costante rinnovarsi di questo senso di familiarita' che cede allo stupore della presenza dell'altro, nuovo e incomprensibile. Fatta l'esperienza dell'incontro, loro vivono per farlo capitare di nuovo nella loro vita e a questo mondo. Restano 'incinte di Dio'". Nel libro c'e' un'espressione che mi ha colpito: quello delle donne e' un Dio che si puo' 'usare'. "'Usare Dio', 'essere usati da Dio', sono formule che ho trovato in un testo, La passione secondo G. H., il capolavoro di Clarice Lispector, brasiliana di origine ebreorussa, pubblicato nel 1964. Queste sue formule hanno una singolare rispondenza con quello che, in quegli stessi anni, insegnava lo psicanalista inglese Winnicott. 'Essere trovati ed essere usati, e' il meglio che possa capitarci', diceva ai suoi colleghi. Non e' questa una frase perfetta per la relazione tra Dio e la creatura umana?". L'incontro con Dio presuppone "la liberta' dall'ansia di indagare, dimostrare, testimoniare l'esistenza di Dio". In che misura e' una liberta' tipicamente femminile? Risponde Muraro: "Non c'e' niente di 'tipicamente femminile', perche' donne e uomini siamo creature libere. E' vero che, storicamente, l'ansia di affermare l'esistenza di Dio (o di negarla), si registra fra gli uomini e non fra le donne. Nella societa' femminile, per l'esperienza che ne ho, non ci sono separazioni di fede ne' problemi interconfessionali. Quest'atteggiamento non e' dettato da indifferenza. Ha a che fare con il 'dire Dio': da parte femminile, questo dire assume volentieri le caratteristiche di un segreto e di un sottinteso, qualcosa che, all'occorrenza, puo' essere taciuto, per lasciare la porta aperta alle relazioni con le altre, gli altri, ben sapendo che, se Dio esiste, da quella porta ci passa anche Lui (o Lei). Quello che m'interessava far risaltare, era la possibilita' di un sapere che non fa questioni di vero/falso, non per relativismo ma per lasciare che altro si faccia conoscere, cosi' che il vero di cui abbiamo bisogno trovi le parole per dirsi secondo il contesto e le relazioni". Le scrittrici beghine testimoniano la felicita', il senso di pienezza che prova chi incontra Dio. In che modo si pongono il problema del male? "Molte di queste scrittrici conoscono il nome e l'insegnamento di sant'Agostino. Lo seguono nella liberta' dell'amore, non nel suo pessimismo. La loro idea di fondo e' che niente e nessuno, per finire, resistera' alla bonta' divina. L'inglese Giuliana di Norwich ha elaborato una mirabile teologia della maternita' di Dio a partire dall'intuizione che tutto e' bene, tutto finira' bene. In questo mondo, lo sappiamo, esiste una fascinazione del male. Giuliana insegna che Dio non la subisce, che il suo sguardo non si fissa sul peccato, ma sulla sofferenza del peccato. Dio non mi chiede conto del male che ho fatto, dice, e io non gli chiedero' conto del male che e' entrato in questo mondo creato da Lui. Questo sguardo che non si fa affascinare dal male, si ritrova, ai nostri giorni, nelle lettere e nel diario di Etty Hillesum". E quando il Dio che si e' cercato di incontrare si allontana, che cosa resta da fare? "Gli studiosi di mistica parlano, per questa esperienza, di 'notte oscura', sulla scia di san Giovanni della Croce. Io ho seguito un'altra strada, che e' di ascoltare in ogni testo il racconto della storia personale dell'autrice, e di non separarla dalle comuni storie d'amore. In generale, ho cercato di togliere l'esperienza delle mistiche dalla eccezionalita' in cui e' stata isolata, per creare invece un circolo ermeneutico tra quello che esse raccontano e quello che accade a una donna qualsiasi. Citando Margherita Porete, il fascino della scrittura mistica non e' nella dottrina, ma nella ricerca delle parole per raccontare una vicenda che ha la caratteristica di essere". 6. LIBRI. MARIA LUISA BOCCIA PRESENTA "A PIU' VOCI" DI ADRIANA CAVARERO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 giugno 2003. Maria Luisa Boccia e' docente di storia della filosofia politica all'Universita' di Siena, e vicepresidente del Centro studi per la riforma dello Stato; tra le opere di Maria Luisa Boccia: L'io in rivolta. Vissuto e pensiero di Carla Lonzi, 1990; (a cura di), La legge e il corpo, 1997; (con Grazia Zuffa), L'eclissi della madre, 1998; La differenza politica, 2002. Adriana Cavarero e' docente di filosofia politica all'Università di Verona; dal sito "Feminist Theory Website: Zagreb Woman's Studies Center" ospitato dal Center for Digital Discourse and Culture at Virginia Tech University (www.cddc.vt.edu/feminism), copyright 1999 Kristin Switala, riportiamo questa scheda bibliografica delle sue opere pubblicate in volume: a) libri: Dialettica e politica in Platone, Cedam, Padova 1974; Platone: il filosofo e il problema politico. La Lettera VII e l'epistolario, Sei, Torino 1976; La teoria politica di John Locke, Edizioni universitarie, Padova 1984; L'interpretazione hegeliana di Parmenide, Quaderni di Verifiche, Trento 1984; Nonostante Platone, Editori Riuniti, Roma1990. (traduzione tedesca: Platon zum Trotz, Rotbuch, Berlin 1992; traduzione inglese: In Spite of Plato, Polity, Cambridge 1995, e Routledge, New York 1995); Corpo in figure, Feltrinelli,Milano 1995; Platone. Lettera VII, Repubblica: libro VI, Sei, Torino 1995; Tu che mi guardi, tu che mi racconti, Feltrinelli, Milano 1997; Adriana Cavarero e Franco Restaino (a cura di), Le filosofie femministe, Paravia, Torino 1999. b) saggi in volumi collettanei: "Politica e ideologia dei partiti in Inghilterra secondo Hume", in Per una storia del moderno concetto di politica, Cleup, Padova 1977, pp. 93-119; "Giacomo I e il Parlamento: una lotta per la sovranita'", in Sovranita' e teoria dello Stato all'epoca dell'Assolutismo, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma 1980, pp. 47-89; "Hume: la politica come scienza", in Il politico. Da Hobbes a Smith, a cura di Mario Tronti,Feltrinelli, Milano 1982, vol. II, pp. 705-715; "Il principio antropologico in Eraclito", in Itinerari e prospettive del personalismo, Ipl, Milano 1987, pp. 311-323; "La teoria contrattualistica nei Trattati sul Governo di John Locke", in Il contratto sociale nella filosofia politica moderna, a cura di Giuseppe Duso, Il Mulino, Bologna 1987, pp. 149-190; "Per una teoria della differenza sessuale", in Diotima. Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, pp. 43-79. (traduzioen tedesca: "Ansatze zu einer Theorie der Geschlechterdifferenz", in Diotima. Der Mensch ist Zwei, Wiener Frauenverlag, Wien 1989); "L'elaborazione filosofica della differenza sessuale", in La ricerca delle donne, Rosenberg & Sellier, Torino 1987, pp. 173-187. (traduzione inglese: "The Need for a Sexed Thought", in Italian Feminist Thought, ed. by S. Kemp and P. Bono, Blackwell, Oxford 1991); "Platone e Hegel interpreti di Parmenide", in La scuola Eleatica, Macchiaroli, Napoli 1988, pp. 81-99; "Dire la nascita", in Diotima. Mettere al mondo il mondo, La Tartaruga, Milano 1990, pp. 96-131. (traduzione spagnola: "Decir el nacimiento", in Diotima. Traer al mundo el mundo, Icaria y Antrazyt, Barcelona 1996); "Die Perspective der Geschleterdifferenz", in Differenz und Gleicheit, Ulrike Helmer Verlag, Frankfurt 1990, pp. 95-111; "Equality and Sexual Difference: the Amnesias of Political Thought", in Equality and Difference: Gender Dimensions of Political Thought, Justice and Morality, edited by G. Bock and S. James, Routledge, London 1991, pp. 187-201; "Il moderno e le sue finzioni", in Logiche e crisi della modernita, a cura di Carlo Galli, Il Mulino, Bologna 1991, pp. 313-319; "La tirannia dell'essere", in Metamorfosi del tragico fra classico e moderno, a cura di Umberto Curi, Laterza, Rma-Bari 1991, pp. 107-122; "Introduzione" a: B. Head, Una questione di potere, El, Roma 1994, pp. VII-XVIII; "Forme della corporeita'", in Filosofia, Donne, Filosofie, Milella, Lecce 1994, pp. 15-28; "Figures de la corporeitat", Saviesa i perversitat: les dones a la Grecia Antiga, coordinacio de M. Jufresa, Edicions Destino, Barcelona 1994, pp. 85-111; "Un soggetto femminile oltre la metafisica della morte", in Femminile e maschile tra pensiero e discorso, Labirinti 12, Trento, pp. 15-28; "La passione della differenza", in Storia delle passioni, a cura di Silvia Vegetti Finzi, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 279-313; "Il corpo e il segno. Un racconto di Karen Blixen", in Scrivere, vivere, pensare, a cura di Francesca Pasini, La Tartaruga, Milano 1997, pp. 39-50; "Schauplatze der Einzigartigkeit", in Phaenomenologie and Geschlechterdifferenz, edd. Silvia Stoller und Helmuth Vetter, WUV-Universitatsverlag, Wien 1997, pp. 207-226; "Il pensiero femminista. Un approccio teoretico", in Le filosofie femministe, a cura di Franco Restaino e Adriana Cavarero, Paravia, Torino 1999, pp. 111-164; "Note arendtiane sulla caverna di Platone", in Hannah Arendt, a cura di Simona Forti, Bruno Mondadori, Milano 1999, pp. 205-225] La sfida del presente, riassunta nel termine globalizzazione, viene da piu' parti valutata in termini di una forte, probabilmente irreversibile, crisi della modernita', del suo orizzonte di senso, delle sue categorie; in primo luogo dell'ordine politico, quale progetto, e del suo soggetto, l'individuo autonomo e razionale. Altrettanto forte e diffusa e' pero' la tendenza a rivolgersi proprio al nucleo essenziale della modernita' per misurarsi con quella sfida, in particolare per contrastare e vincere le reazioni regressive. Indicativo di questa ambivalenza e' soprattutto il tentativo di coniugare globalismo e universalismo, riproponendo su dimensione planetaria il legame politico democratico che riconduce l'intera costruzione dello Stato, e il senso e funzionamento della politica, allo "slegamento costitutivo", proprio di una societa' atomizzata. Per individui eguali e liberi che non hanno niente in comune, la razionalita' comunicativa, il linguaggio con le sue norme procedurali, il suo sistema di segni e significati, viene a essere il solo "legame degli slegati". Sebbene si postuli universale, la normativita' linguistica si dimostra fragile alla prova dell'urto delle molteplici istanze identitarie, delle attive mitizzazioni di appartenenze comunitarie originarie, ovvero fondate altrimenti che sulla politica, anzi volte a vanificare l'intera mappa della sovranita' e della rappresentanza. Per rispondere alla sfida, dunque, e' necessario spingersi a "ripensare la politica, a partire da un ripensamento radicale dell'ontologia e percio' del rapporto paradigmatico fra parola e politica". L'intento di radicalizzare la crisi della modernita', "senza eccezioni", per pervenire a un diverso "nucleo generativo e simbolico della politica" viene esplicitamente dichiarato da Adriana Cavarero, nelle pagine conclusive del suo libro (A piu' voci. Filosofia dell'espressione vocale, Feltrinelli, pp. 269, euro 20). La tesi, indiscutibilmente forte e controcorrente rispetto all'approccio post-moderno, prevalente nel pensiero contemporaneo, filosofico e non solo, di stabilire un transito, tramite la parola, dall'ontologia alla politica e', viceversa, enunciata in apertura. E' questo infatti il percorso che Cavarero sceglie, dal quale fa dipendere l'intera costruzione del testo. Non e' un aspetto marginale. Piuttosto conferma e sostanzia titolo e sottitolo e soprattutto, la tematizzazione della voce, in chiave di priorita', non discorsiva o contenutistica, ma per l'appunto di radicale rovesciamento di prospettiva, rispetto sia alla tradizione metafisica, che sostiene quasi interamente il "macrotesto" occidentale, sia all'antimetafisica che costituisce la trama comune della messa a tema, perfino ossessiva, nel Novecento, del linguaggio, e del suo potere costruttivo del reale. * Sulla tradizione metafisica, sulla scena inaugurale della filosofia greca, primo Platone, Cavarero lavora a lungo, con pazienza e sapienza, mentre sono per lo piu' sottesi i riferimenti alle filosofie postmoderne. Significativamente la trama del discorso novencentesco evidenzia altri fili, altre scritture: i grandi narratori - Calvino, Borges Kafka, Blixen -, il pensiero femminile/femminista - Arendt, Kristeva, Cixous -, i pensatori che criticano la tradizione metafisica, avvalendosi, in vario modo, dell'altra radice fondamentale dell'Occidente, quella ebraica - Arendt ancora, Rosenzweig, Levinas. Fa eccezione l'appendice, "Dedicato a Derrida", dalla cui metafisica della presenza, l'"ontologia vocalica dell'unicita'", che in questo testo si enuncia e prende forma, diverge nettamente. Perche' la voce, dunque, non come oggetto di studio, importante o preferito, ma come ontologia? Perche' la voce e' stata ignorata, combattuta, temuta, condannata alla insignificanza proprio nel linguaggio. Dunque la storia della tradizione metafisica deve essere riletta come "la strana storia della devocalizzazione del logos". Come con piu' felice espressione recita la prima parte del libro, si tratta di ricostruire "come il logos perse la voce". Quali furono i passaggi, le modalita', l'attitudine filosofica che portarono a fondare la parola nel pensiero, nel "significato mentale", separandola dai parlanti, riducendo la vocalita' a componente fonica del linguaggio, a funzione e strumento? Il proprio della voce, al contrario, "sta nell'unicita' relazionale di un'emissione fonica che (...) porta a destinazione il fatto specifico umano della parola". La questione cruciale, per Cavarero, e' questa destinazione; ma indagare la parola dal lato della voce e' qualcosa di piu' e di diverso, di un'inversione prospettica. Se per un verso ci permette, anzi ci obbliga, a riconoscere che "c'e' parola, perche' ci sono dei parlanti", per altro verso, piu' radicalmente, la vocalita' comunica un "chi", prima e piu' di un "che cosa". Dunque la parola a cui e' destinata non e' piu' quella codificata, imprigionata nell'ordine dei significati, ma e' una parola innanzitutto relazionale. * Cavarero per evidenziare l'importanza di questo diverso approccio alla parola, e dunque al problema stesso del comunicare e significare, ricorre, in piu' punti del testo, e sempre in quelli teoricamente decisivi, al termine risonanza. Nella parola risuona l'unicita' del parlante: grazie alla materialita' del fenomeno vocale, dell'emissione, e grazie alla materialita' del fenomeno acustico, la risonanza che inerisce al suono, transita nella parola. Nella parola la voce non e' puro suono, emissione di un significato che si genera altrove - nella mente, nella coscienza, in un processo solitario e muto -, ma rivela chi parla e dunque instaura la relazione, come prerequisito, assieme all'unicita', del linguaggio. Ma poiche' unicita' e relazionalita' sono requisiti che legano il linguaggio alla contingenza, ai corpi innanzitutto, ma anche ai contesti, hanno rappresentato un ostacolo del quale liberarsi. Si potrebbe dire con qualche ragione, se ci soffermiamo a considerare tutte le conseguenze della posizione opposta, quella di Ireneo Funes, personaggio di Borges, del quale Cavarero propone una lettura fine e acuta, quale perfetto antimetafisico, speculare a Platone. Per Funes infatti il linguaggio e' insensato, prima ancora che passibile di falsificazione, proprio perche' riassume in uno stesso nome la molteplicita' empirica, la realta' infinita delle cose, e delle forme, mai simili a se stesse, tantomeno riconducibili a uno stesso genere o classe. * La priorita' della voce, sulla quale Cavarero insiste, non ha come scopo la voce stessa, la voce in generale; e solo in parte dipende dalla sua corporeita'. Non e' problema di corpo invece che di linguaggio, ne' di rilegare l'uno all'altro, o di giocare la potenza del primo - pulsioni, istinti, inconscio - per sovvertire il secondo, per opporre godimento a disciplinamento, come alcune e alcuni prefigurano. Per Cavarero la voce e' cruciale per contrastare la metafisica, ovvero un ordine del linguaggio e della significazione fondato sull'idea, sul regime visivo della rappresentazione, sull'astrazione del concetto, che purifica il processo stesso della significazione da ogni traccia, suono, ovvero pretende di fare a meno dell'ingombro, imbarazzante, dell'unicita' dell'essere umano incarnato. Si puo' dire che l'ontologia vocalica presuppone l'unicita' e allo stesso tempo la ancora nell'orizzonte del senso, non solo della materialita'. Se viene privilegiata la voce e' proprio perche' consente di tenersi alla finitezza (senza cui e' ingannevole qualsiasi dire attorno l'unicita') senza dover sacrificare al suo statuto contingente la possibilita' stessa della parola, direi la sua apertura alla continua ricerca di senso e all'invenzione di significati. * Molto altro sarebbe necessario dire sulle prime due parti del libro, nelle quali Cavarero riscrive la storia maggiore del logos che ha perso la voce, e quella minore della voce, inevitabilmente femminile, anche se e' emessa da un uomo o da un essere divino, che attrae seducendo, perche' sottrae la parola all'esigenza di significare, secondo il regime visivo-concettuale del pensiero. Posso accennare solo a una, quella del rapporto tra voce e scrittura, tra parola scritta e parola verbale. Si tratta, evidentemente, di questione diversa, da quella del rapporto tra oralita' e scrittura, qualora fosse pienamente ricollocata nella prospettiva dell'unicita', della quale la voce dice a un tempo l'esserci e la sua disposizione relazionale, dunque la sua costitutiva destinazione alla parola. Un interrogativo e' se dobbiamo far discendere dall'originarieta' del vocale, che la scrittura, come pratica e come testo, resta consegnata al semantico inteso come ordine linguistico che strutturalmente tende a ridurre l'unicita' a superfluo, a sostituirla con gli "enti fittizi" della soggettivita': uomo, individuo, coscienza, io. O, viceversa, la parola risuona del vocalico, anche nella scrittura? Detto altrimenti, posso sfidare l'ordine dei significati, il potere del linguaggio, posso fare e disfare i significati, nelle diverse pratiche della parola, verbali e scritte? Da questo punto di vista la sfida piu' ambiziosa, quella che investe il "macrotesto" della tradizione, come puo' non tradursi in pratiche testuali, che configurano un differente equilibrio - instabile e non definitivo, ma pur sempre equilibrio - tra parola, unicita' e relazione generando una diversa forma della significazione oltre che differenti testi? * Torno brevemente al rapporto tra ontologia e politica. Il "nucleo generativo e simbolico della politica" che Cavarero trae dall'ontologia dell'unicita', riprende e radicalizza la concezione di Hannah Arendt, di uno spazio (infra) che unisce e separa la pluralita' dei singoli e delle singole, e che si costituisce non come sfera determinata di bisogni e rapporti, ma sull'interagire che motiva ciascuno e ciascuna, innanzitutto a comunicarsi, a riconoscere e riconosceri quale pluralita' di voci: polifonia. Questo spazio - qui l'attualizzazione proposta - e' oggi piu' possibile configuralo come spazio non territoriale, non definito da confini, da patti e logiche identitarie, ma come polis, senza geografia, "locale assoluto", lo chiama Cavarero, generato e perpetuato dal comunicarsi tra parlanti, deprivato di ogni sostanza comunitaria. Una via d'uscita, insomma, sia dall'universalismo che dal comunitarismo. Non da ora sono convinta dell'attualita' e perspicuita' della concezione arendtiana della politica, per ripensarne forme, pratiche e significati nel presente. Ma per Arendt, come ricorda Cavarero, ontologia e politica non coincidono. Detto altrimenti, non c'e' rispondenza immediata tra l'esistenza delle unicita' e l'agire politico, come condivisione di uno spazio, di un inter-esse, con e tra altri ed altre. A unire e dividerci tutti e tutte, dice Arendt, e' la preoccupazione per il mondo, ovvero per le condizioni potremmo dire, fattuali, comunque durevoli, ma non immodificabili, nelle quali si pongono, e con le quali si commisurano, le relazioni. In questo senso, la questione del "che cosa", cioe' dei contenuti dell'agire politico, della parola che, per Arendt, e' atto politico per eccellenza, e' centrale, niente affatto secondaria. Questo unisce e divide i parlanti, organizza le relazioni e le pratiche nello spazio comune, secondo linee non coincidenti con quelle tracciate dalle regole democratiche, ma neppure lo rende un luogo aperto, indistinto, della relazionalita'. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 582 del 15 giugno 2003
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