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La nonviolenza e' in cammino. 579
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 579
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 12 Jun 2003 11:25:18 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 579 del 12 giugno 2003 Sommario di questo numero: 1. Convenzione permanente di donne contro le guerre: un incontro a Roma il 21 giugno 2. Jean Zaru: cos'e' la pace 3. Maria G. Di Rienzo: Jean Zaru, costruttrice di pace 4. Hannah Arendt: dove comincia la violenza 5. Mao Valpiana: un invito a Gubbio in cammino per la nonviolenza 6. Un appello a sostegno di "Qualevita" 7. "Un ponte per": una lettera al movimento contro la guerra 8. Luisa Morgantini: l'obiezione necessaria 9. Alessandro Zanotelli: le mani macchiate di sangue 10. Campagna contro i mercanti di armi: l'impegno continua 11. Peppe Sini: a cosa servono le armi 12. Ida Dominijanni: se il corpo diventa una password 13. Nadia Cervoni: Leyla Zana ancora detenuta 14. Giuseppe Di Lello: quale giustizia dopo Falcone 15. Giobbe Santabarbara: come la morte 16. La "Carta" del Movimento Nonviolento 17. Per saperne di piu' 1. INCONTRI. CONVENZIONE PERMANENTE DI DONNE CONTRO LE GUERRE: UN INCONTRO A ROMA IL 21 GIUGNO [Dal sempre ottimo sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo questo documento di convocazione di un importante incontro della Convenzione permanente di donne contro le guerre (per informazioni e contatti: mochena at village.it)] La Convenzione permanente di donne contro le guerre da' appuntamento a Roma, presso la Casa Internazionale delle donne, via della Lungara 19, il 21 giugno. Un tempo politicamente lungo e complesso e' trascorso dalla nostra ultima assemblea, tenutasi alla fine del 2002 a Roma presso l'ex hotel Bologna. Sentivamo l'imminenza della guerra di aggressione all'Iraq, e tuttavia venivamo dal Social forum europeo di Firenze, dove tenemmo un seminario su "Fuori la guerra dalla storia, fuori l'Europa dalla guerra". Discutemmo di "Europa neutrale" e di cittadinanza sociale, e consolidammo il lancio di una raccolta di firme per un art. 1 della Costituzione europea, che inserisse nella "magna charta" d"Europa il ripudio della guerra, la valorizzazione delle differenze, a partire da quella di genere, la libera circolazione di uomini e donne per il territorio europeo, il rispetto delle risorse naturali e una idea di sicurezza lontana da barriere e coniugata alla pratica dell'accoglienza. Abbiamo raccolto migliaia di firme per il nostro articolo 1, e abbiamo partecipato all'assemblea del Social forum italiano a Livorno, entrando a far parte del gruppo di coordinamento del Forum per la democrazia del Social forum europeo. Abbiamo partecipato anche all'assemblea di Donne insieme per Parigi nello scorso 17/18 maggio a Firenze, nel gruppo Pace e guerra, dove abbiamo portato le nostre riflessioni sulla guerra permanente, sul nesso guerra/moderno patriarcato e sulla pratica della nonviolenza attiva. In molte lavoriamo nelle varie e diverse reti di donne e miste dei movimenti per la costruzione di un diverso mondo. Oggi, dopo una guerra feroce, preparata preventivamente e che si annuncia infinita, occorre che le donne riprendano con forza parole di analisi, critica, proposta per decostruire il simulacro della "naturalizzazione" della guerra, per provare ad espellere dalla politica la ferocia della guerra. Ci rivediamo il 21 giugno dalle ore 10.00 alle 17.00 presso la Casa internazionale della donna, a Roma, in via S. Francesco di Sales 1, per la nostra sesta assemblea, dal titolo "In Europa senza armi per pace e giustizia". Vogliamo essere tante. Le portavoce della Convenzione permanente di donne contro le guerre: Imma Barbarossa, Elena Beltrame, Nella Ginatempo, Monica Lanfranco, Lidia Menapace * "La democrazia e' la piu' bella e la piu' difficile delle forme di convivenza civile, proprio perche' mira e deve mirare per essere, a raggiungere ogni singolo cittadino, ogni singola coscienza" (Renate Siebert). Per informazioni: mochena at village.it; sul sito di "Marea" trovate i materiali prodotti e la lista delle firme sulla proposta di articolo 1 della Costituzione europea. 2. EDITORIALE. JEAN ZARU: COS'E' LA PACE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per aver tradotto ed averci messo a disposizione questo intervento dell'attivista nonviolenta palestinese Jean Zaru su cui si veda il breve profilo biografico che pubblichiamo di seguito] La pace e' una condizione di rispetto, cooperazione e benessere. La pace e' la presenza di giustizia sociale. La pace e' assenza di guerra, poverta', fame ed oppressione. La pace e' lavoro e salute. La pace e' speranza per il nostro futuro e per il futuro di tutti i viventi sulla Terra e della Terra stessa. La pace e' quando non si ha paura di costruire, di adorare, di lavorare, di pubblicare e di dire la verita' anche ai potenti. La pace e' Salaam, benessere per tutti, equita', rispetto per i diritti umani. La pace e' quando ciascuno/a si sente a casa ed accettato/a, senza barriere di eta', classe, sesso, razza, religione o nazionalita'. La pace e' azione dinamica e positiva. La pace e' quell'armonia che porta con se' l'esperienza della lotta, la sopportazione della sofferenza e la forza dell'amore. 3. MAESTRE. MARIA G. DI RIENZO: JEAN ZARU, COSTRUTTRICE DI PACE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo anche per questo testo. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza] Jean Zaru, attivista nonviolenta palestinese, e' nata a Ramallah, da una famiglia quacchera. Durante la guerra del 1948, Jean aveva 8 anni; durante la guerra del 1967, quando il suo primogenito aveva la stessa eta', suo marito fu quasi ucciso dai bombardamenti su Ramallah. Jean ha allevato tre figli e sette nipoti sotto l'occupazione militare. E' una delle fondatrici di Sabeel, il Centro palestinese per la teologia della liberazione. Jean ha parlato dell'attivismo nonviolento in relazione alla Palestina in tutto il mondo: ha tenuto incontri per ong e chiese in Olanda, Danimarca, Gran Bretagna, Svezia, Norvegia, Svizzera, Nigeria, Australia, Usa e Canada. Dal 1983 al 1991 e' stata membro del Consiglio Mondiale delle Religioni, con particolare impegno nel campo del dialogo tra le fedi. E' stata presidente dell'Iwca (associazione di giovani donne cristiane) di Gerusalemme ed e' impegnata sulle istanze di giustizia per le donne. Parlando del conflitto tra palestinesi ed israeliani, Jean ha detto: "Il nostro dolore oggi e' terribilmente profondo: ma continuera' a ripetersi e a ripetersi se non rispondiamo ad esso creando un mondo migliore. Il modo per onorare la memoria delle vittime della guerra e della violenza e' lavorare per la giustizia, e creare la pace". 4. MAESTRE. HANNAH ARENDT: DOVE COMINCIA LA VIOLENZA [Da Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003, p. 80. E' una frase del saggio Comprensione e politica, del 1954. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] La violenza comincia laddove il discorso finisce. 5. INIZIATIVE. MAO VALPIANA: UN INVITO A GUBBIO IN CAMMINO PER LA NONVIOLENZA [Ringraziamo Mao Valpiana per averci messo a disposizione questo intervento. Mao Valpiana e' il direttore del mensile del Movimento Nonviolento "Azione Nonviolenta" (per contatti: e-mail: azionenonviolenta at sis.it; sito: www.nonviolenti.org) e una delle figure piu' prestigiose della nonviolenza in Italia] Si conclude a Gubbio, il 6 e 7 settembre prossimi, con un convegno ed un momento di festa, il percorso proposto dal Movimento Nonviolento fin dallo scorso anno. Un prologo di grande interesse e' costituito dalla camminata in due giorni, 4 e 5 settembre, lungo il sentiero francescano della pace Assisi-Gubbio. E' un percorso che ha avuto un appuntamento ogni mese, con la riflessione su dieci parole ispirate al pensiero della nonviolenza. Ci hanno aiutato scritti di amiche ed amici, che hanno collaborato a questo progetto, e frasi di Francesco, Gandhi, Capitini, Luther King. * 4 e 5 settembre: sentiero francescano della pace Assisi-Gubbio Il sentiero, molto bello e ben tenuto, di grande interesse naturalistico e storico, ripropone l'antico tracciato piu' volte percorso da Francesco. In particolare ricorda quando si reco' a Gubbio, nell'inverno 1206-1207, dopo aver riconsegnato al padre tutti i propri beni, vestiti compresi. La camminata, nella nostra proposta, impegna due giorni. Il tratto Assisi-Valfabbrica si percorre comodamente in cinque ore. Prevede percio' una partenza in tarda mattinata da Assisi, con arrivo a Valfabbrica nel pomeriggio. Un incontro sul significato dell'iniziativa, aperto alla popolazione, e' previsto nella serata. Si pernotta a Valfabbrica e si riparte il mattino successivo per Gubbio. La seconda giornata, pur non presentando l'escursione alcuna difficolta', e' decisamente piu' impegnativa. Si tratta di circa dieci ore di cammino. Si riparte percio' di buon mattino per giungere prima di cena alla chiesa della Vittorina, primo luogo di insediamento dei francescani a Gubbio. Qui ha termine il sentiero. Sia a Valfabbrica che a Gubbio sara' possibile pernottare, con sacco a pelo, in strutture messe a disposizione dalle Amministrazioni locali. Chi abbisognasse di una sistemazione meno "francescana" puo' prenotare presso differenti ed accoglienti strutture presenti nei due comuni. Un'indicazione delle possibilita' alternative sara' disponibile sul sito di "Azione nonviolenta" (www.nonviolenti.org). I partecipanti alla camminata avranno a disposizione un furgone di appoggio per il trasporto di zaini e sacchi a pelo. Sara' loro assicurato, lungo il percorso, il rifornimento di acqua e gli spuntini di mezzogiorno del 4 e 5 settembre, nonche' la colazione del 5 settembre. E' richiesto percio' di contribuire alle spese organizzative e soprattutto di far presente sollecitamente la volonta' di partecipare. Gli interessati dovranno preventivamente iscriversi compilando il modulo pubblicato sul numero di giugno di "Azione nonviolenta" e versando una cifra di acconto (per informazioni: sede nazionale del Movimento nonviolento, via Spagna 8, Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it). Saranno dettagliatamente informati su ogni aspetto della camminata, dei suoi contenuti e momenti di incontro. Affinche' l'iniziativa sia per i partecipanti la piu' significativa possibile e' infatti indispensabile conoscerne preventivamente il numero, che non potra' comunque essere illimitato. * 6 e 7 settembre, un convegno a Gubbio: "Al posto della guerra. Un'Europa disarmata". Ci sembra particolarmente importante proporre un appuntamento, di riflessione e discussione, a tutti gli amici della nonviolenza sull'alternativa alla guerra, al terrorismo, al dominio, per affrontare i conflitti che quotidianamente ci coinvolgono. Lo facciamo a Gubbio, luogo della straordinaria leggenda francescana dell'incontro con il lupo e della nonviolenta trasformazione del conflitto tra la citta' e la belva che la terrorizza. Lo facciamo a Gubbio tanto piu' volentieri, per l'accoglienza che l'Amministrazione comunale ha mostrato verso la nostra proposta. Ne agevola l'effettuazione con la messa a disposizione delle migliori strutture. Il convegno, dopo il benvenuto degli sbandieratori ai convenuti a mezzogiorno in piazzza grande, si apre nel pomeriggio di sabato 6 e si conclude nella mattinata di domenica 7. Ci e' parso utile, particolarmente in questo momento, portare l'attenzione sul ruolo che, come europei, possiamo avere nel costruire una credibile alternativa alla guerra. Ci interessa un confronto con le realta' piu' impegnate a far si' che il motto "Mai piu' eserciti e guerre", al quale restiamo affezionati, non resti una pura aspirazione, ma si traduca in concrete iniziative. Per questo abbiamo richiesto il contributo di donne e uomini che sappiamo impegnati, nel pensiero e nell'azione, sul nostro stesso cammino. Il Centro servizi, ottimamente ristrutturato in un'antica sede, bene si presta non solo allo svolgimento del convegno ma anche ad ospitare mostre ed attivita' che lo accompagneranno. In particolare sara' allestita una mostra che ricorda i quaranta anni di "Azione nonviolenta", ma spazi espositivi sono a disposizione anche di altre riviste e gruppi impegnati per la nonviolenza. * 6 settembre, teatro romano di Gubbio, momento corale: "Dieci parole della nonviolenza" La serata del 6 settembre costituisce il momento piu' largo e pubblico di incontro tra quanti hanno partecipato all'iniziativa fin dalla camminata, quanti sono giunti a Gubbio per il convegno e le iniziative che lo accompagnano, quanti vogliono, con noi, festeggiare i 40 anni di "Azione noviolenta". L'incontro si svolge al teatro romano, sempre messo a disposizione dal Comune. La struttura stessa del teatro, attorniato da un vasto parco, la sua collocazione con splendida vista sulla citta', costituiscono gia' un momento spettacolare. Tale aspetto non sara' assente anche nella riproposizione delle dieci parole della nonviolenza. Sara' questo il filo conduttore della serata. Cio' avverra' con lettura di testi, testimonianze, brevi commenti, canzoni, cori. La serata si concludera' con musica e canzoni. E' questa la proposta che, con familiarita' e tensione (direbbe Capitini), rivolgiamo a tutti gli amici interessati alla nonviolenza: camminare insieme, in un rapporto piu' vicino con noi stessi e tra noi, e con la natura; migliorare le nostre convinzioni nel confronto piu' aperto delle idee; ritrovarsi accanto in un momento di festa, che richiama la possibilita' e l'impegno di andare oltre le difficolta' e gli ostacoli all'esistenza, alla liberta', allo sviluppo di tutti gli esseri. 6. INFORMAZIONE. UN APPELLO A SOSTEGNO DI "QUALEVITA" "Qualevita" e' un utilissimo bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta, giunto al n. 103 col fascicolo di questo mese. La redazione e' in via Buonconsiglio 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 086446448, e-mail: sudest at iol.it Lo scorso anno una inondazione del laboratorio tipografico provoco' gravi danni all'attivita' dei promotori della rivista e della casa editrice ad essa collegata (ed anch'essa benemerita, specializzata sui temi della nonviolenza, della pace, della solidarieta' e dei diritti umani). A questa situazione di difficolta' si aggiunge adesso la minaccia costituita dall'intendimento governativo di aumentare nuovamente e consistentemente le tariffe postali di cui usufruiscono riviste povere ed impegnate come appunto "Qualevita". Cosicche' si pone l'urgenza di una azione di sostegno a questa che e' una delle migliori testate che diffondono la riflessione e l'informazione nonviolenta. La redazione di "Qualevita" propone ai lettori gia' abbonati di sottoscrivere due abbonamenti. Noi aggiungiamo anche la proposta ai nostri interlocutori che a "Qualevita" non fossero abbonati di sottoscrivere almeno uno e possibilmente piu' abbonamenti per se' e per associazioni, biblioteche, luoghi di incontro: il bimestrale curato dagli amici della nonviolenza di Torre dei Nolfi e' una lettura benefica e appassionante, che vivamente raccomandiamo. L'abbonamento annuo e' di 12,91 euro, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Buonconsiglio 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq). 7. APPELLI. "UN PONTE PER": UNA LETTERA AL MOVIMENTO CONTRO LA GUERRA [Dalla ong "Un ponte per" (per contatti: posta at unponteper.it) impegnata in importanti iniziative umanitarie in Iraq ed in altre zone del mondo, riceviamo e diffondiamo questo documento promosso il 3 giugno dall'assemblea nazionale dell'associazione] A due mesi dalla fine dei bombardamenti la situazione in Iraq e' ancora estremamente precaria. Il mancato rispetto, da parte delle potenze occupanti, dell'obbligo sancito dalla Convenzione di Ginevra, di garantire sicurezza e bisogni essenziali sta facendo precipitare la situazione umanitaria. Milioni di persone sono senza stipendio da mesi e comincia a mancare il cibo. Il coprifuoco si protrae, la citta' e' di notte in mano alle bande, nessun settore della vita civile accenna a tornare alla normalita'. Nello stesso tempo il forte indebitamento estero del paese, la probabile imposizione di ricette iperliberiste, l'appalto della ricostruzione a compagnie estere e la probabile uscita dall'Opec lascia temere uno sviluppo che cancellera' garanzie sociali tradizionali in Iraq - dalla sanita' e dall'istruzione gratuita per tutti - e comportera' la creazione di ampie fasce sociali escluse dallo sviluppo. Il "Governo di transizione", cui l'Italia partecipa, e il "Fondo per la ricostruzione", non vede la partecipazione degli iracheni; non si prevedono elezioni politiche (se mai ci saranno) prima di due anni, mentre importanti forze politiche irachene non sono nemmeno consultate. Siamo di fronte, a settant'anni dalla partenza degli inglesi, ad una nuova colonizzazione. In questa situazione la caduta della dittatura invece che costituire una occasione di rinascita per il paese rischia di far cadere l'Iraq nel caos e di mantenervelo per molti anni. Intanto si sono spenti i riflettori, la stampa ha rapidamente girato pagina e l'opinione pubblica tende rapidamente a rimuovere. Il movimento per la pace e' comprensibilmente in una fase di riflessione e di valutazione della nuova situazione dopo lo sforzo gigantesco fatto per mesi in tutta Italia e nel mondo. Occorre pero' che non si giri pagina: - la guerra non e' finita, occorre riprendere la mobilitazione perche' l'Iraq sia restituito agli iracheni anche costruendo in Iraq nei prossimi mesi e anni una rete di rapporti solidali con la societa' civile; - l'Italia, tornata potenza coloniale, sta per inviare soldati per garantirsi l'accesso alla torta della ricostruzione, occorre riprendere la pressione perche' questo non avvenga; - la storia non deve essere riscritta. La nozione che la crisi umanitaria e' dovuta all'embargo e' gia' stata cancellata. Abbiamo una responsabilita' perche' cio' non venga dimenticato e non possa accadere ad un altro popolo quello che e' successo negli ultimi 13 anni in Mesopotamia. 8. ARMI. LUISA MORGANTINI: L'OBIEZIONE NECESSARIA [Da Luisa Morgantini (per contatti: tel. 3483921465, 0669950217, 0669200965, e-mail: lmorgantini at europarl.eu.int) riceviamo e diffondiamo. Luisa Morgantini, europarlamentare, e' da sempre una delle figure piu' vive dell'impegno per la pace, i diritti umani, la nonviolenza] Se si producono e vendono armi si faranno sempre guerre. Il voto del parlamento sulla 185/90 si ascrive alla scelta della militarizzazione dei paesi e delle menti. Come fermare questa marea che sommerge ogni valore etico e morale, che ci costringe a vivere nella paura, nell'incertezza, che ci fa guardare l'altra/o con sospetto, come fermare questa marea che riporta quasi ogni governo del mondo, e con loro la parte della popolazione che li ha eletti, a pensare che per vivere nella sicurezza bisogna armarsi sempre di piu'. Che per contare di piu' bisogna avere ogni arma possibile. La trasformazione della 185/90 che controllava le esportazioni delle armi e' parte della marea. Ricordo quando facevamo pressioni perche' la legge passasse, si ponesse un freno alle esportazioni delle armi, perlomeno nei paesi in cui si violano i diritti umani, vi fosse trasparenza verso il parlamento e il paese con una relazione annuale sulle esportazioni autorizzate e si conoscesse l'uso finale delle armi vendute. Ricordo le battaglie condotte anche all'interno dei sindacati, con l'aiuto dell'Archivio disarmo ( a quel tempo ero dirigente sindacale nei metalmeccanici, la gloriosa Flm di Milano), per convincere sindacalisti e operai, preoccupati dalla possibilita' di perdere posti di lavoro, della necessita' di riconvertire la produzione militare in civile. Si discuteva allora, ed erano gli anni fra '70 e '80, di cosa produrre, come produrre, per chi produrre. Davanti all'Augusta, anche se in pochi (soprattutto delegati della Fim-Cisl), facevamo lo sciopero della fame per non far vendere al Sud Africa o al Brasile gli elicotteri; alla Oerlikon per la riconversione facevamo incontri con le scuole del quartiere; all'Ansaldo si bloccavano le merci in partenza per l'Iraq, e cosi' via. Poi poco a poco anche la nostra pressione si allento'. Il settore metalmeccanico andava verso il declino, ristrutturazioni, licenziamenti. Ci occupammo d'altro, per qualche anno insieme ad alcuni "resistenti" abbiamo cercato di fare muro all'ondata almeno per respingere gli attacchi continui alla 185/90. Nei movimenti nonviolenti, pacifisti, nei movimenti cattolici impegnati, ogni anno si e' continuato a chiedere riduzione delle spese militari, e a portare avanti la campagna dell'obiezione di coscienza. Per qualche tempo a cavallo della prima guerra del Golfo nel '91, la campagna per l'obiezione alla spese militari ebbe qualche impatto, poi e' passata in gran parte nell'indifferenza dei movimenti, compreso quello delle Donne in nero e dell'Associazione per la pace di cui faccio parte. La trasformazione della 185/90 e' una perdita di cui portiamo tutte/i una responsabilita'. Ma non siamo tutti uguali, la maggiore responsabilita' e' di chi preposto al voto del parlamento e ha permesso che dalla legge fossero cancellati i vincoli all'esportazione delle armi. Di chi tra le forze democratiche e progressiste (di sinistra?) mantiene una cultura ammantata di pace ma in fondo ancora militarista. Anche l' Europa si vuole armare, per contrapporsi, si dice, alla grande potenza. La potenza dell'Europa deve e puo' essere la volonta' di non fare guerre, concorrere al proprio benessere e a quello dei paesi poveri. Noi che ci battiamo contri i mercanti della morte dobbiamo riprendere e fare diventare centrale in ogni movimento che parli di pace e di nonviolenza la campagna contro la militarizzazione degli stati e delle menti, contro il traffico delle armi, per la riconversione del settore militare al settore civile, per la distruzione della armi di distruzione di massa, chimiche, batteriologiche, nucleari. Per questo possiamo agire concretamente sostenendo la campagna di obiezione di coscienza alle spese militari. Non e' molto ma e' un gesto concreto; e poi cercare, cercare insieme le strade per disarmare, disarmare. Sembra inutile, banale e troppo semplice (ma e' la semplicita' che e' difficile a farsi) riprendere le cifre del costo di una singola sofisticata arma che basterebbe per sfamare e curare bambini e adulti, o come l'intelligenza umana usata per costruire armi per la distruzione potrebbe essere usata per portare sviluppo, acqua, luce, cibo, lavoro. Mettere fuori dalla storia e dal mondo, la mancanza di liberta', la poverta', l'ingiustizia sociale, la violenza, le guerre. A questo noi, donne e uomini, popoli delle nazioni del mondo, noi che desideriamo e pensiamo un altro mondo necessario e possibile, dobbiamo dedicarci. Ne vale la pena. 9. ARMI. ALESSANDRO ZANOTELLI: LE MANI MACCHIATE DI SANGUE [Dalla segreteria della Rete di Lilliput (per contatti: segreteria at retelilliput.org) riceviamo e diffondiamo questa dichiarazione di padre Alex Zanotelli. Alessandro Zanotelli, missionario comboniano, ha diretto per anni la rivista "Nigrizia" conducendo inchieste sugli aiuti e sulla vendita delle armi del governo italiano ai paesi del Sud del mondo, scontrandosi con il potere politico, economico e militare italiano: rimosso dall'incarico e' tornato in Africa a condividere per molti anni vita e speranze dei poveri, solo recentemente e' tornato in Italia; e' direttore responsabile della rivista "Mosaico di pace" promossa da Pax Christi; e' tra i promotori della "rete di Lilliput" ed e' una delle voci piu' prestigiose della nonviolenza nel nostro paese. Tra le opere di Alessandro Zanotelli: La morte promessa. Armi, droga e fame nel terzo mondo, Publiprint, Trento 1987; Il coraggio dell'utopia, Publiprint, Trento 1988; I poveri non ci lasceranno dormire, Monti, Saronno 1996; Leggere l'impero. Il potere tra l'Apocalisse e l'Esodo, La meridiana, Molfetta 1996; Sulle strade di Pasqua, Emi, Bologna 1998; Inno alla vita, Emi, Bologna 1998; Ti no ses mia nat par noi, Cum, Verona 1998; La solidarieta' di Dio, Emi, Bologna 2000; R...esistenza e dialogo, Emi, Bologna 2001; (con Pietro Ingrao), Non ci sto!, Piero Manni, Lecce 2003] L'approvazione della riforma della legge 185 sull'esportazione di armamenti italiani all'estero e' una vera e propria vergogna nazionale. Dopo avere tanto lottato negli anni '80, quand'ero direttore a "Nigrizia", su questo problema, e dopo aver dato vita - insieme a tanti altri - alla campagna che portera' alla legge 185 del 1990, oggi mi sento tradito. Mi sono sentito tradito prima di tutto quando, la scorsa settimana, in Commissione Esteri-Difesa questa riforma della legge e' passata per 16 voti contro 15: abbiamo perso per un solo voto. Mi sento tradito perche' solo uno della Margherita (uno su dieci) si e' presentato in Commissione. Gli altri erano assenti perche' la Margherita era spaccata sulla 185. Questo e' di una gravita' estrema, perche' la Margherita durante la guerra all'Iraq aveva promesso, specialmente attraverso il suo segretario Castagnetti, che avrebbe tenuto duro nella sua opposizione alla guerra. Non puo' ora venire a tradirci in questa maniera proprio sul commercio delle armi. Lo ritengo un tradimento, da parte sia del segretario sia della Margherita. Secondo, mi addolora profondamente il voto di ieri alla Camera, di 222 per il si' e di 115 no, con 209 tra astenuti e non votanti. Di nuovo sento come tradimento il fatto che la Margherita si sia astenuta in massa e che lo Sdi e l'ex ministro della difesa Mattarella abbiano votato si'. Sarebbe importante sapere al piu' presto come ognuno abbia votato, e chiedo che questa lista venga diffusa in internet. Trovo gravissime due cose in questa riforma: 1) il fatto che la modifica alla legge 185 toglie l'end use, cioe' sapere dove le armi vadano davvero a finire, permettendo le cosiddette triangolazioni, che ho personalmente testimoniato quando ero direttore a "Nigrizia", e che tante morti hanno causato; 2) trovo altrettanto grave che non ci sia piu' l'obbligo per il governo di presentare la relazione annuale sulle esportazioni autorizzate. Questa e' un'altra botta al movimento pacifista ed e' soprattutto un'altra maniera per nascondere i loschi traffici di armi. E' altrettanto grave il fatto che le armi potranno essere esportate in paesi dove ci sono violazioni dei diritti umani, purche' non "gravi". Tutto questo ci fa apparire ancora piu' chiaro come alla Camera non ci sia alcuna idea di etica in questo campo; penso che il Senato si sia comportato con molta piu' dignita' e con molto piu' senso etico. Rimango esterrefatto da questo comportamento dei deputati. Rimango addolorato al vedere come anche i partiti di opposizione hanno votato. I Comunisti italiani: su 10, 8 si sono astenuti; dei 136 Ds, 36 astenuti; di Rifondazione, su 11, 5 astenuti, tra i quali Bertinotti; dei Verdi, 2 astenuti su 6. E' incredibile che 189 deputati non fossero presenti. E' una vergogna. Ora dobbiamo ammettere, da parte di questo movimento che c'e' alla base, che abbiamo fatto ultimamente troppa poca pressione a questo livello. Tutto il movimento che si e' mosso contro la guerra in Iraq doveva con altrettanta forza muoversi contro le modifiche alla 185: questo non e' avvenuto. Un grazie va ai sindacati, in particolare alla Cgil, perche' sono rimasti fermi nella loro opposizione alle modifiche. Ecco perche' ritengo importante, a questo punto, ripartire dalla societa' civile organizzata: davanti al tradimento da parte dei partiti italiani la societa' civile organizzata dovra' diventare sempre piu soggetto politico e fare politica con la p maiuscola. Dobbiamo rilanciare una campagna per ritornare alla 185 e dobbiamo rilanciarla soprattutto in campo europeo, perche' con le joint ventures molte armi verranno prodotte con capitali e industrie europee, e sfuggiranno a qualsiasi controllo. Non basta piu' l'indignazione, dobbiamo impegnarci. E chiedo a tutti di scrivere ai propri deputati che hanno votato per il si' o che si sono astenuti, dicendo la propria rabbia per questo voto, che significhera' piu' esportazioni di armi italiane, piu' triangolazioni, piu' segretume, e sempre piu' morti fra i poveracci del mondo. Abbiamo le mani macchiate di sangue. Dobbiamo reagire come cittadini in tutte le maniere che possiamo. E chiedo che anche ufficialmente la Conferenza episcopale italiana dica il suo disappunto per quanto e' avvenuto, perche' la Cei si era data da fare perche' queste modifiche non avvenissero; penso sia importante che ora esprima pubblicamente il suo sconcerto. 10. ARMI. CAMPAGNA CONTRO I MERCANTI DI ARMI: L'IMPEGNO CONTINUA [Dalla "Campagna contro i mercanti di armi - In difesa della legge 185" riceviamo e diffondiamo] La campagna "Contro i mercanti di armi: difendiamo la 185" esprime rammarico e delusione per la definitiva approvazione alla Camera delle sostanziali modifiche alla legge 185/90 relative alla ratifica dell'accordo di Farnborough sulle misure per facilitare la ristrutturazione e le attivita' dell'industria europea per la difesa, sulla produzione ed il commercio delle armi. In questi ultimi 16 mesi la "Campagna contro i mercanti di armi - In difesa della legge 185" ha denunciato con forza i rischi connessi alle modifiche della normativa italiana che regolamenta i trasferimenti di armi dal nostro Paese, in particolare la diminuzione dei sistemi di controllo democratico e delle garanzie di trasparenza. La Campagna ha inviato al Parlamento italiano quasi 150.000 firme, organizzato numerose conferenze e azioni di mobilitazione su tutto il territorio, oltre un'ampia campagna informativa. Tali iniziative hanno ottenuto importanti successi. In particolare, alcune delle richieste avanzate dalla "Campagna contro i mercanti di armi - In difesa della legge 185", dopo mesi di discussioni, sono state accolte dal Parlamento che ha approvato sei importanti emendamenti al disegno di legge proposto dal governo, per ridurre l'impatto della modifica, in particolare per quanto riguarda la garanzia di trasparenza e di migliori standard di controllo. Non tutte le proposte della Campagna sono state accolte dal Parlamento ma, grazie anche alla mobilitazione, c'e' stato un forte dibattito pubblico che ha coinvolto sia esponenti politici, sia il governo italiano. Chiaramente la campagna non si conclude con questa votazione, l'obiettivo futuro e' la costituzione in Italia di un network stabile sul controllo delle armi capace di operare un'azione di monitoraggio nazionale ed internazionale in materia di commercio e produzione di armi. Per un mondo piu' sicuro e' urgente e fondamentale che si promuova l'adozione di uno strumento giuridico internazionale - il "Trattato sul commercio di armi" promosso dai Premi Nobel per la pace - che regoli le esportazioni secondo le norme fissate dal diritto internazionale e ispirate dal diritto umanitario e dalle convenzioni in tema di diritti dell'uomo. Uno strumento indispensabile per impedire i trasferimenti di armi verso i paesi in stato di conflitto e in cui vi e' il rischio che siano utilizzate per commettere crimini ed atrocita'. Occorre inoltre colmare le lacune dell'attuale legislazione sulle esportazioni delle armi: - includendo anche le armi "leggere", le "armi civili", nel regime di controllo, bloccando quindi le esportazioni di tali armi verso nazioni che violano i diritti dell'uomo; - introducendo una legislazione per regolare le attivita' degli intermediatori di armi leggere e impedire il traffico illegale delle armi da parte di cittadini, residenti e aziende nel caso in cui le armi siano prodotte e trasferite al di fuori del territorio italiano; - traducendo in legge il divieto di esportare armi in violazione di un embargo stabilito dalle Nazioni Unite per chiunque, sia per i residenti sia per chi effettua il commercio delle armi dall'Italia. 11. ARMI. PEPPE SINI: A COSA SERVONO LE ARMI Un Parlamento trasformato in un bivacco di manipoli ha votato una legge che rende piu' facile mettere armi a disposizione degli assassini. Poiche' a questo e solo a questo servono le armi: a uccidere. L'unica legge utile in questo ambito e' quella che ne proibisca in modo assoluto l'uso, il commercio, la produzione. Lo diciamo ancora una volta: l'impegno per la pace richiede l'opposizione a tutte le armi e a tutti gli eserciti. Una politica per la pace deve essere rigorosamente disarmista e antimilitarista. Una legislazione intesa a promuovere la pace e il diritto alla vita dei popoli e delle persone deve abolire armi ed eserciti. I ciarlatani che pensano di poter essere per la pace ed insieme per le armi sono complici degli assassini. 12. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: SE IL CORPO DIVENTA UNA PASSWORD [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 maggio 2003. Ida Dominijanni (per contatti: idomini at ilmanifesto.it), giornalista e saggista, e' una prestigiosa intellettuale femminista] In principio c'e' sempre la democrazia, e il problema di che cosa si intende per democrazia. Ed e' un problema sempre piu' controverso, se puo' accadere che il progetto "Tia" del Pentagono per la raccolta di informazioni e dati personali di tutti i cittadini del pianeta (americani esclusi) vada in discussione al Congresso Usa mentre il Garante italiano della privacy, nonche' presidente dei Garanti europei, lancia l'allarme contro queste tentazioni del controllo e della sorveglianza totale che vengono dall'altra sponda dell'Atlantico. Non che le due sponde si possano dividere con un taglio netto, come lo stesso Rodota' sottolinea nella sua relazione: accade in Italia che la Provincia di Bolzano istituisca una indebita banca dati in materia sanitaria, e di converso accade negli Stati Uniti che istituzioni e singoli esperti tentino di correggere le tentazioni panottiche dell'amministrazione Bush guardando alle garanzie europee in materia di tutela della privacy. Il conflitto dunque, come si dice, e' trasversale. Ma e' un conflitto duro e dagli esiti tutt'altro che scontati, anche perche' a giocarlo sono in tre, scienza, tecnologia e volonta' di potenza dei governi, contro uno, la cultura giuridica che milita per i diritti fondamentali e per una cittadinanza universale all'altezza di un'era in cui il corpo diventa corpo elettronico, la trasparenza si rovescia in esposizione pubblica e perfino la comunicazione viene colonizzata dal mercato lungo le autostarde di Internet. Ma prim'ancora, attorno a tutto questo, c'e' una cornice squisitamente politica, che attiene alla costituzione intima delle democrazie contemporanee. Nelle quali si verifica, fra gli altri, il seguente paradosso: mentre gli spazi pubblici si allargano, le vite si privatizzano. Perche' gli spazi pubblici, che siano tradizionali - strade, piazze, stazioni, aeroporti - o tecnologici - telefoni, e-mail, Internet - sono sempre piu' sottoposti all'occhio di una sorveglianza politica - telecamere, tecniche di riconoscimento, data mining - che non riguarda solo il corpo selvaggio dei devianti, ma la cittadinanza tutt'intera; la quale percio' finisce col rifuggire da quegli spazi per rintanarsi in casa. Dunque, o la privacy la si sa difendere come un'idea di liberta' nei luoghi della vita associata, o la si confinera' sempre piu' fra le mura domestiche come un'idea di autodifesa. E dove comincia se non qui la fine della democrazia? Dentro questa allarmante cornice, il quadro non meno allarmante e' quello di societa' ormai interamente dominate dalla biopolitica, piu' che dalla politica classicamente intesa. Il Garante italiano ha ben presente il punto, ed e' questo che rende le sue annuali relazioni al parlamento uno dei rari momenti avanzati di analisi del teatro politico nostrano: perche' la tutela della privacy non e' piu' solo tutela della riservatezza, e' tutela da un potere tecnopolitico che aggredisce e si annette la vita in tutti i suoi aspetti, senza che nessuno ne resti "naturalmente" esente. Viviamo, dice Rodota', in un mondo in cui "la vita e' diventata uno scambio continuo di informazioni, una rappresentazione sociale che da' pubblica e continua evidenza al corpo e alle sue immagini, alle opinioni e alle preferenze, ai narcisismi e al pudore". E in cui la stessa realta' del corpo e' cambiata, perche' corpo biologico e corpo tecnologico si intrecciano in ciascuno di noi ogni volta che c'e' di mezzo una terapia medica, una pratica di ricerca genetica, un dispositivo di classificazione e controllo delle nostre caratteristiche individuali. "Il corpo sta diventando una password", impronte digitali, iride, Dna e consimili "dati biometrici" riempiono banche di dati consultabili per classificare, sorvegliare, punire, disciplinare. Basta un chip sottopelle e il controllo sui movimenti di ciascuno e' assicurato: "La sorveglianza sociale si affida a una sorta di guinzaglio elettronico, il corpo umano viene assimilato a un qualsiasi oggetto in movimento, controllabile a distanza con una tecnologia satellitare". E che fine fa la democrazia, se e' fatta di cittadini al guinzaglio? Il fatto e' che da queste tendenze del biopotere e della tecnopolitica indietro non si torna. Ma a queste tendenze non si possono sacrificare democrazia, liberta', uguaglianza. Non si puo' sacrificare la riservatezza dei dati personali sull'altare della sicurezza, neanche sotto l'incubo del terrorismo. Non si puo' consentire che un accertamento di paternita' passi per il furto di dati genetici. Non si puo' consentire che lo screening di dati genetici serva per discriminare le persone nell'accesso al lavoro. Non si puo' consentire che i nostri indirizzi di posta elettronica siano continuamente violentati dalle imprese che ci bombardano di messaggi pubblicitari non richiesti. E via dicendo. Viceversa, le tendenze della bio- e della tecnopolitica vanno piegate al mantenimento e all'estensione dei diritti fondamentali. La prospettiva e' quella di una cittadinanza sovrastatuale che contempli il pieno controllo di ciascuno sul proprio "corpo elettronico", ovvero sui dati che riducono l'identita' individuale a un fascio di informazioni disponibili per il potere. Senza, a decidere di questi dati, cioe' di noi stessi, saranno solo i governi e il mercato. 13. DIRITTI. NADIA CERVONI: LEYLA ZANA ANCORA DETENUTA [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo questo intervento di Nadia Cervoni (per contatti: giraffan at tiscalinet.it). Nadia Cervoni e' impegnata nelle Donne in nero ed in numerose iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza. Leyla Zana, intellettuale kurda, tra le figure piu' significative dell'impegno per i diritti umani, eletta al Parlamento della Turchia, ha subito durissime persecuzioni e la privazione della liberta' per il suo impegno per i diritti del suo popolo, la democrazia e la dignita' umana; e' in corso una campagna internazionale per la sua liberazione] Leyla Zana e' ancora in carcere e con lei gli altri tre ex deputati curdi. Il 23 maggio si e' svolta ad Ankara la terza udienza del processo che si sta ripetendo a carico di Leyla Zana e di altri tre coimputati, gia' condannati nel 1994 alla pena di 15 anni. Appena finita l'udienza, Silvana Barbieri di "Punto Rosso", presente con la delegazione europea, mi ha chiamata e con toni molto tristi mi ha informata che l'udienza e' andata molto male. Negata ancora una volta a Leyla e agli altri tre coimputati la liberta' provvisoria, cosi' come previsto dalla Corte suprema europea per i diritti umani. La pubblica accusa e il presidente tendono a confermare i capi d'accusa che vorrebbero Leyla condannata per terrorismo. Minacciate prove mai esibite, grande difficolta' per la difesa di procedere con gli interrogatori. Anche questo nuovo processo, nonostante l'intervento fermo della Corte suprema europea non si sta svolgendo secondo criteri trasparenti ed equi. Sentito testimone d'accusa capo di 700 guardiani di villaggio che si e' scagliato violentemente contro Leyla Zana e gli altri tre coimputati. La prossima udienza e' stata fissata per il 20 giugno 2003. E' importante mantenere e far crescere l'attenzione sul caso di Leyla Zana, significativo della totale violazione dei diritti umani in Turchia e della inadeguatezza della richiesta della Turchia di entrare in Europa. In attesa di relazioni piu' dettagliate informiamo che le adesioni giunte alla campagna "Mille firme per Leyla Zana" (e-mail: libertaperleylazana at donneinnero.org) sono state inviate all'ambasciata turca in Italia e in Turchia ai rappresentanti di governo. Altre iniziative saranno messe in campo a partire dalla ricerca di maggior coinvolgimento di rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali. In molti comuni Leyla e' cittadina onoraria, tra questi anche il comune di Roma. Il giorno 22 maggio a Roma si e' svolto un sit-in di protesta davanti all'ambasciata turca organizzato dalle Donne in nero, Wilpf, "Un ponte per": presenti anche le onorevoli Elettra Deiana (parlamentare) e Luisa Morgantini (europarlamentare) alle quali e' stato rifiutato l'incontro richiesto con l'ambasciatore. Sempre il 22 maggio a Bologna si e' tenuta una conferenza stampa sul caso Leyla Zana e i diritti negati in Turchia indetta dal locale gruppo delle Donne in nero e dai giuristi democratici, presenti nelle udienze precedenti ad Ankara. Per informazioni e contatti: Donne in Nero, gruppo Kurdistan/Turchia: e-mail: jin-kadin at donneinnero.org, sito: www.donneinnero.org 14. MEMORIA. GIUSEPPE DI LELLO: QUALE GIUSTIZIA DOPO FALCONE [Questo articolo e' apparso sul quotidiano "Il manifesto" il 23 maggio 2003, anniversario della strage di Capaci. Giuseppe Di Lello, nato nel 1940, magistrato, membro del pool antimafia di Palermo che istrui' il maxiprocesso alla mafia che costitui' un punto di svolta nella lotta contro i poteri criminali in Italia; attualmente e' parlamentare europeo. Tra le opere di Giuseppe Di Lello: Giudici, Sellerio, Palermo 1994. Giovanni Falcone, nato a Palermo nel 1939, magistrato, tra i massimi protagonisti della lotta contro la mafia; muore assassinato dalla mafia nel 1992. Opere di Giovanni Falcone: Interventi e proposte (1982-1992), Sansoni, Firenze 1994; Cose di Cosa Nostra, Rizzoli, Milano 1991. Falcone e' stato (come anche Di Lello) tra gli autori dell'atto d'accusa alla base del grande processo noto come "maxiprocesso" alla mafia, una sintesi di quella decisiva sentenza-ordinanza del pool antimafia di Palermo e' stata pubblicata a cura di Corrado Stajano con il titolo Mafia: l'atto d'accusa dei giudici di Palermo, Editori Riuniti, Roma 1986; cfr. anche la raccolta di interventi pubblici di Falcone e Borsellino, Magistrati in Sicilia, Ila Palma, Palermo. Opere su Giovanni Falcone: tra le opere principali si veda il volume di Lucio Galluzzo, Franco Nicastro, Vincenzo Vasile, Obiettivo Falcone, Pironti, Napoli; a cura di AA. VV., Falcone vive, Flaccovio, Palermo; Francesco La Licata, Storia di Giovanni Falcone, Rizzoli, Milano 1993; Giommaria Monti, Falcone e Borsellino, Editori Riuniti, Roma 1996. Ovviamente utili anche i libri di Pino Arlacchi, Giuseppe Ayala, Antonino Caponnetto, Giuseppe Di Lello, Alfredo Galasso, Luca Rossi, e quello di Umberto Lucentini su Paolo Borsellino. E naturalmente anche i lavori - fondamentali - di Umberto Santino, il noto volume di Saverio Lodato, e numerosi altri testi] Undicesimo anniversario della strage di Capaci. Quel poco che rimane della Palermo antimafia si ferma un giorno per ricordare il sacrificio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani e attende di sapere, con sgomento, se nella commemorazione debba subire anche la presenza del cavaliere di Arcore in veste di celebrante. Giusto e sacrosanto il rigetto emotivo di una simile presenza, ma l'evento in se' va ridimensionato come naturale epilogo di una tragedia gia' consumatasi tutta intera nello spazio di questi undici anni con la ricomposizione di un blocco di potere che quella stagione giudiziaria - fermata con le bombe - intendeva sgretolare. E' ormai evidente, e lo dicono tutti, che in Sicilia, anche a seguito del fatidico 61 a 0, la mafia dell'era berlusconiana, nonostante gli ergastoli e la continua cattura di latitanti, e' piu' forte e piu' ricca di prima e si e' ricollocata comodamente all'interno di un classico blocco di potere verso il quale, e lo dicono in pochi, iniziano ad esserci i sintomi di una fatale attrazione di qualche spezzone di potere giudiziario: un "blocco di potere" non e' tale, infatti, se non ricomprende anche quest'ultimo. Non bisogna farsi ingannare dalla virulenza dello scontro tra maggioranza parlamentare e magistratura e dalla strenua resistenza opposta da una parte di quest'ultima, la cui capitolazione, se tutto procede come programmato, e' gia' scritta. Con i suoi continui attacchi all'indipendenza e all'autonomia del potere giudiziario, Berlusconi ha spinto la sinistra alla difesa incondizionata di tutta la magistratura, facendo perdere di vista i "particolari" di cui essa si compone e che non convergono tutti verso la mitica difesa dello stato di diritto ma, anzi, cooperano, a volte inconsciamente e a volte scientemente, nel tentativo berlusconiano di demolizione dello stesso. La strategia di riconquista del potere giudiziario, per tornare a forme di convivenza stile anni '60, si articola in mosse chiare e palesi, e si basa inevitabilmente sul consenso popolare di massa, la vecchia e cara egemonia. Il centrodestra, compatto e con il formidabile supporto dell'informazione radiotelevisiva, predica da tempo la persecuzione "politica" di Berlusconi da parte di magistrati comunisti, sebbene sia di tutta evidenza la natura non ideologica dei crimini, concreti e infamanti, di cui il capo del governo e' accusato e sulla sostanza dei quali si sorvola sempre ogni volta che se ne parla alla radio, in televisione e sui molti giornali posseduti o cooptati. Battendo sul tasto della persecuzione, il Cavaliere e soci, lungi dall'essere smentiti o avversati, incontrano grande comprensione e solidarieta' popolare perche' la macchina giudiziaria, per i disservizi (i tempi biblici delle sentenze), per il massacro che "oggettivamente" compie tra gli strati sociali piu' deboli (poveri, immigrati, tossicodipendenti), per le tante e inspiegabili ingiustizie (Adriano Sofri, gli operai morti per l'amianto, Carlo Giuliani), viene percepita appunto come una istituzione prevalentemente persecutrice. A cio' si sovrappongono - e nessuno a sinistra ne parla - le tante connivenze tra potere politico e potere giudiziario intrecciate alla luce del sole in tante realta' locali, piccole e grandi, e non per corruzione (sporadica, anche se eclatante) ma, peggio ancora, per condivisione dei "valori" comuni, siano essi il rispetto incondizionato del potere, dell'ordine costituito, delle "libere" dinamiche del mercato e simili. Anche in questi casi, la "saggezza" popolare, tende a scaricare sulla sola magistratura la distorsione del ruolo di terzieta' e ad assolvere il potere politico, senza rendersi conto, perche' nessuno la denuncia, della "politicizzazione" di quei giudici conniventi e funzionali al potere e ai quali non allude certamente il Cavaliere quando discetta sulla estirpazione del cancro. La somma di questi fattori ha portato alla delegittimazione popolare della magistratura e cosi' il piano berlusconiano di ri-cooptazione del potere giudiziario sara' di facile attuazione grazie alle annunciate leggi di riforma, una delle quali, la piu' formidabile per il ritorno ad una selezione di classe dei magistrati, si basera' proprio sulla verifica della condivisione dei valori della destra: prima dell'assunzione con la "scuola" per i magistrati e dopo l'assunzione con la "selezione per meriti" e cioe' con l'esame delle sentenze per verificare se a quei valori si e' data attuazione giurisdizionale. Per contrastare questo piano scellerato non basta l'indignazione di pochi. Bisogna riconquistare la fiducia del popolo sovrano nella magistratura e per far cio' la sinistra deve far propria la battaglia per una giustizia giusta, esaltando i giudici che applicano la legge nello spirito garantista e progressista della Costituzione, ma avendo anche il coraggio di denunciare le connivenze con il potere, le ingiustizie, gli errori, la caduta delle garanzie anche a danno dei peggiori criminali, e quant'altro mina la credibilita' dei magistrati. Eravamo partiti dalla Palermo che commemora Falcone e non ce ne siamo allontanati perche' e' proprio qui, in Sicilia, che lo "sfondamento" berlusconiano sta aprendo le prime brecce, ma e' proprio qui che la sinistra, per le condizioni politiche, sociali e criminali, potrebbe tentare quella operazione di sostegno e denuncia di cui si parlava. Altrimenti, se continuiamo a starcene con le mani in mano, nella commemorazione del dodicesimo anniversario potremmo al massimo trepidare per l'eventuale discesa di Cesare Previti delegato da un troppo occupato Berlusconi a rappresentarlo oggi a Palermo. 15. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: COME LA MORTE Puntuale come la morte, la morte arriva. In una catena di lutti che non trova fine. Penso ai miei amici palestinesi e ai miei amici israeliani, e penso anche ai miei amici italiani e di altri paesi ancora che stanno li' anch'essi, in Palestina ed in Israele, a condividere la sofferenza e la speranza, le ragioni della pace, della giustizia, della liberazione, della solidarieta', della dignita' umana, le ragioni del diritto di tutti gli esseri umani a vivere e convivere. E non trovo parole per dire il dolore, l'umiliazione, l'annichilimento che provo, e questo sentimento di impotenza e di vergogna che mi toglie il respiro e la voce. E a costo di parer ridicolo e stonato, e scipito e fin grottesco dinanzi a tanta tragedia, nulla di meglio riuscendo a fare almeno questo, almeno una volta, vorrei dire: la mia, la nostra vicinanza a tutti coloro che la', come ovunque, si battono contro la morte, contro le uccisioni, per la dignita' umana di tutti. E dando una mano a fare questo foglio che vorrebbe promuovere e documentare la nonviolenza in cammino, vorrei potermi illudere di contribuire cosi' un po' anch'io a contrastare la violenza, l'ingiustizia, l'orrore del mondo. 16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 17. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 579 del 12 giugno 2003
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