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[INEDITO] - Intervista ad Agnoletto
- Subject: [INEDITO] - Intervista ad Agnoletto
- From: "Stefania Ventura" <stefania_ventura at yahoo.it> (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Fri, 06 Jun 2003 15:29:03 +0100
Vittorio Agnoletto a Lecce per la presentazione del suo nuovo libro. Prima persone: il difficile cammino della nonviolenza. Articolo di Stefania Ventura In occasione dell'iniziativa "L'Italia della partecipazione l'Italia che decide" organizzata a Lecce ho incontrato Vittorio Agnolotto del World Social Forum che ha pubblicato per gli editori Laterza il suo nuovo libro, "Prima persone - Le nostre ragioni contro questa globalizzazione", un diario autobiografico ma anche e soprattutto un utile strumento di informazione "per chi del movimento non fa parte e magari non ne condivide neppure le idee, ma non rinuncia a "camminare domandando" come avverte lo stesso autore già nelle prime pagine del libro, che ripercorre la storia del movimento dei movimenti e spregiudicatamente ne mette in evidenza anche le difficoltà. Ciao Vittorio, "Prima persone" è non solo il diario di una bella avventura ma anche il tentativo di far capire che cos'è il movimento. Penso che ci sia la necessità di riuscire a spiegare che il movimento non è solo in grado di contestare, ma è in grado anche di avanzare proposte mature, di essere presente su tutti i vari contenuti. In questi giorni l' immagine del movimento rischia di essere ridotta semplicemente a delle manifestazioni di piazza e, purtroppo, a degli incidenti o all'azione di alcuni gruppi di estrema minoranza esterni al movimento che sfasciano vetrine. Questo è, invece, il primo movimento veramente globale che esiste al mondo. I media ci chiamano "no global". Ma noi non siamo contro la globalizzazione in termini generali, siamo contro questa globalizzazione neoliberista. Più globale di questo movimento c'è solo la finanziarizzazione dell'economia. Inoltre, è un movimento fortemente competente. Non è costituito semplicemente da giovani ma da gente che ha alle spalle anni di militanza nelle varie forme dell'associazionismo. E' un movimento competente. Questo libro si rivolge sia a chi fa parte del movimento come ulteriore elemento di discussione (ad esempio propongo una scelta radicale di nonviolenza), ma anche a chi è esterno al nostro percorso. Hai sentito l'esigenza di dedicare un capitolo al tema della nonviolenza: è un tentativo di ricucire uno strappo con parte del movimento, come la Rete Lilliput, che si caratterizza per la scelta dell'opzione nonviolenta, oppure è uno scatto in avanti del movimento? Innanzitutto è la mia storia: io ho una storia di obiettore di coscienza al servizio militare. Ho trascorso venti mesi lontano da casa anziché dodici di servizio militare e ormai da più di cinque anni sono obiettore fiscale alle spese militari. Quindi, è un percorso della mia vita, ma anche un'intima convinzione, non per inseguire una parte del movimento. Io credo alla nonviolenza come scelta etica, sono convinto come chiaramente dico nel libro, che anche chi non la condivide come scelta etica assoluta non ha alternativa dal prendere atto che sul piano politico non c'è altro strumento che la nonviolenza. Dobbiamo raccogliere consenso e solo raccogliendo consenso possiamo far crollare questa globalizzazione economico-finanziaria. La nonviolenza è l'unico strumento che abbiamo. Il movimento dei movimenti si caratterizza per la presenza di anime diverse che convergono su alcune grandi battaglie globali e quindi campagne condivise. Penso al difficile rapporto con i partiti politici. Il pluralismo del movimento è la nostra forza. Dobbiamo trasformare questa dichiarazione di principi anche in alcune pratiche. Innanzitutto occorre individuare comuni terreni di conflitto, che credo siano essenzialmente tre: ognuno di noi è un lavoratore, c'è ancora un forte conflitto capitale/lavoro anche se, ovviamente, strutturato in modo molto diverso da come è stato descritto nell'ottocento; ognuno di noi è un consumatore, siamo in gradoni intervenire sul mercato (l'85% del mercato è in Europa occidentale, negli Stati Uniti, in Canada, in Australia ed in Giappone) attraverso il commercio equo-solidale e le campagne di boicottaggio; infine, ognuno di noi è un risparmiatore, possiamo indirizzare il risparmio verso le Banche etiche. Cap ire che queste tre forme di conflittualità non sono contrapposte ma complementari significa riflettere sulle forme di lotta. Non c'è nessuna forma di lotta più avanzata di un'altra, occorre individuare di volta in volta quella più utile. Nella scelta delle forme di lotta dobbiamo privilegiare quelle che riscuotono maggiore consenso ed essere comprensibili dalla stragrande maggioranza della gente. Questo non significa rinunciare alla radicalità del movimento, che deve passare attraverso la comprensione delle persone. Utilizzando un duplice linguaggio, cattolico e di sinistra, voglio dire che non è il momento delle avanguardie, né dei profeti: entrambe sono stati necessari negli anni ottanta, quando eravamo voci che gridavano nel deserto, oggi dobbiamo realizzare un cammino di popolo. Non dobbiamo più pensare all'azione nonviolenta come testimonial ma alla pratica della disobbedienza civile nonviolenta, che sappia coinvolgere la massa delle persone. Nostri interlocutori non sono i partiti ma le persone. Media e movimento, amore & odio? Uno dei motivi per cui ho scritto questo libro è che non ne posso più di girare l'Italia e alla fine di ogni dibattito vedere qualcuno che si alza e dice che prima era pieno di pregiudizi e che tutto sommato, sentendoci, "si può discutere". Queste persone hanno del movimento l'immagine che di esso danno quotidianamente la televisione ed i talk-show, le battute puntualmente estrapolate dal contesto di riferimento. Noi oggi abbiamo bisogno di fare informazione, ma anche formazione. Non un'informazione superficiale che sparge notizie, ma che aiuta la gente a crescere, a impadronirsi della notizia facendola propria. Ad esempio parliamo di debito estero dei paesi poveri spiegando come il debito estero dei Paesi del sud del mondo si è formato, la spogliazione di questi Paesi da parte del nord del mondo, di come i governi hanno acquistato armi per reprimerne la popolazione. Questa è un'informazione che diventa formazione. Secondo me - questo è un tema dibattuto all'interno del movimento - dobbiamo intrecciare l'utilizzo dei media del movimento e dei grandi media di comunicazione. I primi sono fondamentali per due obiettivi: attivare la mobilitazione in tempi brevi e sviluppare il dibattito ed approfondimento dentro il movimento. .come a Genova! Certo, a Genova i media hanno mostrato che "il re è nudo", facendo crollare quel castello di bugie. Tuttavia, dobbiamo anche riuscire a parlare a milioni di milioni di persone la cui opinione si forma anche attraverso di essi. Occorre utilizzare gli altri media, certo, selezionando e scegliendo dove andare. Ci capiterà qualche imboscata, come è successo al sottoscritto alla trasmissione di Socci, Excalibur. Non per questo possiamo ideologicamente ed a priori rifiutarci di andare a parlare in televisione. Ti ringrazio per questa bella chiacchierata e.buon lavoro! Anche a te. Stefania Ventura
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