"Liberazione" censura e licenzia il giornalista Fulvio Grimaldi



"LIBERAZIONE" CENSURA E LICENZIA IL GIORNALISTA FULVIO GRIMALDI
Un articolo su Cuba ha provocato le ire dei dirigenti del PRC, di cui il
quotidiano e' l'organo ufficiale. Pubblichiamo l'articolo incriminato e la
lettera dello stesso Grimaldi al suo ex Direttore, Sandro Curzi e alla
Federazione Nazionale della Stampa. Un fatto grave e inaccettabile.
A Fulvio Grimaldi la solidarieta' di Information Guerrilla.

La lettera di Fulvio Grimaldi a Curzi e Paolo Serventi Longhi:

A Sandro Curzi, direttore di “Liberazione”,
A Paolo Serventi Longhi, Segretario Nazionale della Federazione Nazionale
della Stampa,
al Comitato di Redazione di “Liberazione”.

 Direttore,
quella in calce è l’ultima puntata di Mondocane apparsa il 9 maggio su
“Liberazione”. Il giorno precedente tu me ne avevi annunciato la
pubblicazione e mi avevi raccomandato di restare in futuro nei limiti degli
accordi relativi ai contenuti della rubrica. Nel successivo articolo, non
più pubblicato, mi ero attenuto strettamente alle tue indicazioni. Cinque
anni fa, all’inizio della mia collaborazione con il giornale, mi avevi detto che avrei potuto scrivere di tutto. Successivamente, mi era stato chiesto di
confinare i miei scritti a temi ecologici. Da esperto, per 40 anni, di
questioni internazionali, mi è sembrato lecito inserire le questioni
ambientali nel più vasto contesto della politica e delle devastazioni
ecologiche, che non mi pare siano limitate alla preservazione dei
fringuelli, o alla denuncia di inceneritori. Del resto, nei miei quasi
quotidiani dibattiti con presentazione dei miei video sulle aree di crisi, i
compagni mi chiedono, da Bolzano a Trapani, di esporre le mie esperienze in
fatto di conflitti e questioni geopolitiche, immancabilmente connessi a temi
ecologici.
Il giorno successivo alla pubblicazione del Mondocane su Cuba, in cui non ho
certo espresso opinioni più “devianti” di quante ne erano state già
pubblicate su Liberazione e financo sul Manifesto, mi hai fatto comunicare
impropriamente dall’ Amministratore del giornale, Mauro Belisario, che la
mia collaborazione era cessata. A prescindere che tale comunicazione mi
sarebbe dovuta arrivare da te e in modo formale, non mi sono state
illustrate le motivazioni per un simile “licenziamento in tronco” di un
collaboratore dopo cinque anni di non indifferenti contributi. Arguisco,
comunque, che il mio trattamento dell’argomento Cuba abbia provocato il
dissenso e la censura del vertice del Partito. Arguisco anche che quel
Mondocane sia stato considerato la goccia che ha fatto traboccare il vaso
della mia “eterodossità” rispetto alla “linea” di una parte della
maggioranza del Partito. Lo deduco dalle infinite censure che mi sono state
inflitte, fin dai tempi dell’aggressione alla Jugoslavia, quando, contro le
illusioni e gli errori di altri, documentai fatti poi divenuti di comune
certezza, come l’assoldamento dell’organizzazione di opposizione serba
“Otpor” (da altri in Liberazione definiti “compagni del Movimento”) da parte
della CIA, il carattere diffamatorio e non corretto della definizione di
Milosevic come dittatore, il crollo dell’accusa di “pulizia etnica” di
fronte ai dati rilevati dagli investigatori Nato e ONU, pubblicati
addirittura su “L’Unità”. Una mia lunga e drammatica intervista con
Milosevic, l’ultima prima dell’arresto, venne pubblicata con grande
interesse dal “Corriere della Sera”, ma ritenuta impubblicabile da
“Liberazione”. Altre censure mi vennero imposte per aver intervistato a
Bagdad, l’autunno scorso, Tariq Aziz, e aver “confessato” di avere avuto da
questo uomo di Stato ripetute interviste, tanto che tutti i miei successivi
reportage vennero cestinati, per quanto non fossero per nulla “scandalosi”,
o segnati da esaltazioni di Saddam Hussein. Questa condotta si ripetè
durante l’aggressione imperialista all’Iraq, quando da Bagdad, tra
difficoltà che si possono ben immaginare, offersi di inviare articoli. L’
offerta venne accettata, ma i miei pezzi, scritti tra una bomba e l’altra,
furono ridotti a “lettere al direttore”, per quanto, anche in questo caso,
non vi si potesse rilevare alcun accento “scandaloso”.
A questo punto, mi è dovuta una spiegazione dettagliata dei motivi per
questo allontanamento in tronco, spiegazione che, per la verità,
meriterebbero anche i lettori dei miei articoli dai quali mi risulta tu
abbia ricevuto numerosi apprezzamenti e ora denunce di inammissibile
censura. Se una rubrica viene cassata, spetta all’autore il diritto di
salutare i suoi lettori, o a qualcun altro il dovere di una spiegazione.
Pare davvero paradossale che, mentre Partito e Giornale sono impegnati con
grande energia nella difesa di giornalisti censurati ed epurati dalla RAI,
come Santoro e Biagi, per i quali si allestiscono addirittura clamorosi
“Sciuscià in piazza”, e si pone al centro della propria battaglia politica l
’estensione dell’art.18 e, dunque, della “giusta causa”, questa “giusta
causa” non venga attivata e nemmeno comunicata a un collaboratore a
contratto di un giornale che porta nella testata la dicitura “comunista”.
Rilevo anche che Liberazione si presenta come un giornale di partito, e
dovrebbe essere di TUTTO il partito, nelle sue diverse anime, ma afferma
anche di voler esser letto da chi comunista non è. Non credo che questo
comporti che chi comunista è non debba scriverci. Infine, nel quadro delle
caratteristiche che contrassegnano i materiali dei media, è norma
consolidata che le rubriche (con tanto di foto) non debbano essere
disciplinatamente omogenee alla linea del giornale, ma abbiano gli attributi
della libertà d’espressione e del segno personale dell’autore. Forse
conviene ricordarsi del ricco e stimolante pluralismo che vigeva su L’Unità.
In attesa di una tua risposta a quanto sopra, ti saluto confortato dalla
solidarietà di tanti compagni e lettori.
Con riserva di adire agli strumenti sindacali e legali a disposizione.
Fulvio Grimaldi.
Roma, 19 maggio 03


CUBA
FULVIO GRIMALDI PER MONDOCANE O9/O5/O3

Lo fan tutte e stavo per pronunciarmi anch’io su Cuba. Riflettevo che la
pena di morte non mi pare per niente buona, tanto meno se inflitta a
democratici in fuga (qualcuno vorrebbe farli passare per dirottatori a mano
armata incaricati di promuovere iscrizioni agli uffici di reclutamento della
centrale mafio-terroristica di Miami). Non godo delle  prigioni (neanche
quando inflitte ad Adriano Sofri che scambia Trotzky per Bush e bagni di
sangue per semina di democrazia), specie se toccano a oppositori
(integralisti  rossi li definiscono mercenari di Mr. Carson, incaricato USA
della liberazione del popolo, reclutati per l’ennesima campagna democratica:
70 miliardi di dollari rubati dall’embargo, 3.478 cubani giustiziati con
omicidi, invasioni, bombe, guerre biologiche). Oppositori che vorrebbero per l’isola gli stessi benefici goduti in passato da paesi come Cile, Guatemala, Argentina e, ultimamente, Iraq. Stavo per esprimere tutta la mia fregola per
i diritti umani disattesi, quando, svaporata un po’ di lucidità grazie a un
goccetto di Havana Club, mi sono ritrovato su alcuni, obliati sentieri.
Dalle parti di Guantanamo, superate dieci gabbie per polli dove pastori e
bambini afgani, incappucciati e incatenati in ginocchio, venivano allevati a diritti umani, gironzolavo in una landa resa verdissima e fronzuta, zeppa di
bovini al libero pascolo, ruscelli scalpitanti, uccelletti cinguettanti,
pesticidi biologici rampanti, grazie a un ciclopico lavoro di trasferimento
d’acqua là dove prima c’era un Sahara. Più in là, in quel di Bayamo, abitavo aule, dormitori, basketdromi, mense e campi biologici, al seguito dialettico
di minigonellate fanciulle che acquistavano gratis conoscenza e coscienza.
Mentre, allungato lo sguardo oltremare, scorgevo donne ravanare nell’
analfabetismo per il 78% della popolazione centroamericana e caraibica.
Impegnato nello scatarrare i residui delle patrie emissioni di diritti umani
via marmitte e ciminiere e ancora fosforescente per piogge di casalingo
elettrosmog, in cima alla sierra risanavo a forza di medicina naturale, in
uno dei mille ambulatori alimentati da pannelli solari con i quali questi
avanzi del realsocialismo arrivano al 35% di energia pulita. E allora,
dilemma: come la mettiamo con quest’isola? Mi soccorre il Tg: “In Israele
roadmap di pace e governo anti-Intifada di Abu Mazen inaugurati con strage
di palestinesi a Gaza. I marines sparano sulla folla a Falluja, Bassora,
Mosul, Bagdad” e superano i 30 milioni di esecuzioni extragiudiziarie di
dissidenti dal 1945 ad oggi. QUESTA è serietà professionale in democrazia.