La nonviolenza e' in cammino. 572



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 572 del 20 aprile 2003

Sommario di questo numero:
1. Enrico Peyretti: diario di una pasqua
2. Marie Bonaparte: potere maschile e catastrofe
3. Giobbe Santabarbara: dopo la sconfitta
4. Simone Weil: seminare
5. Diego Cozzuol: non perdiamoci di vista
6. Hannah Arendt: l'esigenza
7. Forum sociale antimafia "Peppino Impastato": mafia e resistenza alla
mafia a 25 anni dall'assassinio di Peppino Impastato
8. Franca D'Agostini presenta "L'ordine del cuore" di Roberta De Monticelli
9. La scomparsa di Giovanni Melodia
10. Guido Liguori ricorda Giuseppe Fiori
11. Riviste: "A. Rivista anarchica" di aprile
12. Riviste: "Messaggero cappuccino"
13. Riviste: "Viator" di aprile
14. Letture: Evaluation. Studi in onore di Aldo Visalberghi
15. La "Carta" del Movimento Nonviolento
16. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. ENRICO PEYRETTI: DIARIO DI UNA PASQUA
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscalinet.it) per
averci messo a disposizione questo suo scritto, del primo aprile 1993, gia'
apparso nel suo libro Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte
1998, pp. 51-54. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di
questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno
di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999. E' diffusa attraverso la rete telematica
(ed abbiamo recentemente ripresentato in questo notiziario) la sua
fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica
delle lotte nonarmate  e nonviolente]
Giovedi': l'angelo della disperazione
E' la sera della piu' grande comunione e della massima solitudine. Della
confidenza piu' grande, della completa consegna di se' agli ultimi amici
rimasti (e tra di loro c'e' uno che lo consegnera' al potere, forse sperando
che egli si decida a vincere). Poi dell'angoscia estrema: non capito,
abbandonato, morso dalla paura, forse dal dubbio dell'inutilita'. La
passione e' cominciata gia' prima dell'arresto, del processo, della tortura.
E' crocifisso nell'anima prima che nel corpo.
La volonta' di chi lo ha mandato taglia la strada alla sua volonta': la
missione si deve compiere, anche nel fallimento. Anzi, solo cosi' sara'
compiuta. Non e' una vendetta trasversale che lo colpisce, ma proprio lo
sradicamento di tutte le vendette. L'annuncio dell'amore va dato a tutti i
costi, anche se forse e' sprecato, anche se la sua testimonianza e' inutile.
Rifiutata la via della potenza, l'amore non ha dunque altra possibilita' che
di essere rifiutato? Eppure, anche rifiutato, esso non si rifiuta. La
fedelta' va fino in fondo, oltre le ragioni della fedelta'. Per le misure
minori, il mondo bastava a se stesso. Ma non si salvava dalla mancanza di
senso. Se tutto finisce, che non finisca questo amore. Se tutto e' inutile
nel mondo, che il mondo non vinca almeno quest'anima lacerata fino a sudar
sangue. Se tutto e' perduto, la disperazione diventa una forza, e' l'angelo
che viene a confortare. Se non ha piu' nulla da perdere, il piu' povero e'
il piu' forte. Ora va incontro alle guardie, col coraggio che ci salvera'.
*
Venerdi': meglio morire che dominare
E' venuto il buio. La parola che nessuno prima aveva mai detto, ora tace. La
novita' e' scomparsa. Il regno nuovo e' sconfitto dai regni di sempre. Si
deve dunque tornare alla solita logica, alla lotta per avere e dominare, al
servizio dei potenti, che sempre celebrano le loro feste di guerra? Oppure
fallire come quel morto e' meglio che vincere come questi? Ha preferito
finire ammazzato coi delinquenti che essere un dio in terra, come poteva. Ha
scelto la liberta' altrui, non il proprio potere. Ha offerto agli uomini la
dura liberta' di non essere costretti, neppure dal potere religioso, ma
persuasi nello spirito. Ci ha di nuovo creati, ci ha soffiato uno spirito
nuovo, come avvenne nel fango di Adamo. Da questo morto ci viene uno spirito
vivo. Se ne accorge per primo un pagano, addirittura un militare.
Stasera, nella liturgia della sua morte, siamo andati, uno dopo l'altro, a
baciare la croce, due assi di legno vuote, senza la figura del crocifisso,
anche perche' sono tanti i crocifissi che ogni domenica vi vediamo appesi. I
cristiani adorano il supplizio del giusto. Si inchinano all'amore ucciso,
non servono un onnipotente nel cavarsela sempre. Non c'e' davvero molta
convenienza nel compromettersi con un condannato.
*
Sabato: la speranza e' morta
Il tempo e' sospeso. C'era una speranza, ed e' morta. Prendete quel che
c'e', e non sperate altro. Questo sabato e' segno del nostro tempo senza
consolazione, del nostro mondo che ricorda di avere sperato e non sa se puo'
ancora sperare. Segno di tanti giorni del nostro cuore. Anche la religione -
che ha sempre qualcosa da dire e da fare - oggi tace: niente riti, solo
attendere. Assenza. "Giorno 'laico': il piu' divino di tutti", mi dice una
lettera.
*
Notte sulla domenica
Alla luce del cero accendiamo le nostre candele. Volti di vecchi e volti di
bimbi: ognuno la sua luce, vicina al viso, a renderlo bello e quasi
raggiante di luce propria. Gli occhi di Emanuela, sette anni, che poco fa
cadeva dal sonno, ora scintillano a pochi centimetri dalla fiammella, in
questa liturgia bella come un gioco. Ci sono dunque nel buio,
nell'indifferenza del mondo, tante piccole fiammelle fragili, ma cantanti
una profezia di luce, un'alba che viene. Siamo venuti qui, nella notte, per
riconoscerle e averne gioia.
Confesso il mio maggiore peccato: tante volte non vedo queste piccole luci
viventi, mi lascio abbagliare da qualche grosso e freddo faro, o sgomentare
dal buio. Questa confessione mi apre alla gioia: tu, tu e tu siete le
fiammelle della mia vita; e queste piccole cose serie che cerchiamo di fare
per diventare umani, e la ricostruzione quotidiana della vita, e la nostra
fede fragile che chiede di crescere.

2. MAESTRE. MARIE BONAPARTE: POTERE MASCHILE E CATASTROFE
[Da Marie Bonaparte, Edgar Allan Poe, Newton Compton, Roma 1976, vol. I, p.
238 (e' un passo dell'analisi del celebre racconto di Poe, Il crollo della
casa degli Usher). La principessa Marie Bonaparte (1882-1963), pronipote di
Napoleone, fu filantropa, scrittrice, psicoanalista amica e collaboratrice
di Freud, salvatrice di perseguitati dal nazismo. Tra le opere di Marie
Bonaparte: Psicoanalisi e antropologia, Guaraldi, 1972; La sessualita' della
donna, Newton Compton, Roma 1972; Introduzione alla teoria degli istinti e
profilassi infantile delle nevrosi, Newton Compton, Roma 1975; Edgar Allan
Poe, Newton Compton, Roma 1976; Topsy, le ragioni di un amore, Bollati
Boringhieri, Torino 1990. Opere su Marie Bonaparte: Anna Maria Accerboni (a
cura di), La donna e la psicoanalisi, Biblioteca Cominiana, Treviso 1989; C.
Bertin, L'ultima Bonaparte, Centro scientifico torinese, Torino 1984; per
una sintesi recente cfr. Anna Maria Accerboni, "Marie Bonaparte, l'amica",
in Silvia Vegetti Finzi (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza,
Roma-Bari 1992]
Cosi' Poe ci fa sapere che i maschi della Casa, di padre in figlio, avevano
come il diritto di considerarsi i figli della loro strana e lugubre dimora,
da essa modellati a sua immagine. Come il termine "patria", il patrimonio
(patrimony) significa d'altronde "cio' che appartiene al padre" - e la piu'
intima proprieta' del padre e' la madre, della quale la patria non e' che un
transfert dilatato, esaltato, con le distese di terra materna e nutrice
ch'essa comporta. Il "patrimonio" degli Usher e' senza dubbio un transfert
analogo.

3. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: DOPO LA SCONFITTA
[Giobbe Santabarbara - i lettori lo sanno - senza i consueti amitiali e
diplomatici infingimenti esprime (descrive, non prescrive) alcuni termini
della riflessione in corso nel "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo]
Viviamo in un mondo cosi' tristo ed equivoco che non possiamo esimerci da
una premessa inutile, che e' la seguente: primo: noi non abbiamo atteso
l'invasione del Kuwait del 1990 per impegnarci contro la dittatura di Saddam
Hussein: quando l'Italia lo riforniva di armi noi eravamo in piazza a
protestare; secondo: contro ogni dittatura e' il nostro impegno, e contro
ogni terrorismo, e contro ogni guerra; terzo: riteniamo sempre inammissibile
l'uccisione di esseri umani, l'assassinio e' il crimine piu' orribile, e
nessun motivo mai puo' giustificarlo. E detto questo andiamo a cominciare.
*
La sconfitta evocata dal titolo, l'ennesima, e' quella del movimento per la
pace. Tanto piu' grave in quanto non la vuol riconoscere nelle sue
dimensioni e nei suoi portati, nelle sue radici e nei suoi automatismi.
Ed e' una sconfitta che va analizzata a fondo se non si vuole essere ridotti
a mere prefiche delle stragi presenti e future, o peggio a frivoli zimbelli
e narcotici ornamenti della macchina di dominio ed annichilista che anche
della guerra si avvale, o peggio ancora a frustrati che per disperazione
conseguente alla mancata elaborazione del lutto rischiano d'inabissarsi in
derive dereistiche ed autodistruttive.
E dunque: meno cortei e piu' incontri, meno slogan e piu' dialogo, meno
semplificazioni ed esagerazioni e piu' amore della ricerca e dell'ascolto,
meno bugie e sciocchezze e piu' verita' e rispetto degli altri e di se',
meno narcisismo e sproloqui apodittici e piu' capacita' critica e
autocritica, meno ciance frivole e roboanti proclami, e piu' rigoroso e
intimo colloquiare.
Cominciamo a discutere seriamente delle nostre responsabilita'; e dei nostri
scacchi, delle nostre contraddizioni, delle nostre incongruita' e
inadeguatezze; e di cio' che pur sappiamo di sapere, sentiamo di sentire - e
sia pure in modo sapienzale e non scientifico -; e dei nostri doveri, dei
nostri urgenti ineludibili doveri.
Poniamoci alcune domande, proponiamoci alcune piste di ricerca.
*
La prima domanda e': potevamo fermare la guerra?
La nostra risposta e' si'. Ma occorreva essere concreti e limpidi
nell'agire. Concreti e limpidi a un tempo. Si e' nell'insieme restati
astratti e torbidi, subalterni. Se ne sono visti gli esiti.
*
La seconda domanda e': se era possibile, cosa ci e' mancato?
La consapevolezza della nostra forza, e la decisione a farne adeguato uso.
Ovvero:
- la scelta della nonviolenza;
- la preparazione ad agire la nonviolenza nel conflitto: e quindi anche la
formazione alla teoria-prassi nonviolenta e l'addestramento all'azione
diretta nonviolenta;
- la conoscenza e quindi la coscienza della forza della nonviolenza.
Non aver fatto in modo persuaso e collettivo, meditato e operativo, limpido
e intransigente, la scelta della nonviolenza, ebbene, questa incapacita' o
rimozione o denegazione ha ridotto il movimento per la pace nel suo insieme
ancora una volta alla stregua di una massa dispersa e confusa, grande ma
incerta, espressiva ma afasica; di persone di volonta' buona ma sovente alla
merce' di demagoghi cialtroni piu' interessati alle loro immagini e carriere
che a fermare la guerra nel solo modo in cui era possibile concretamente
farlo: bloccando la macchina bellica con l'azione diretta nonviolenta; di
esseri umani in cammino con un'idea chiara e forte ma scarsamente attrezzati
quanto agli strumenti ermeneutici, comunicativi ed operativi necessari
affinche' quella idea buona e giusta si traducesse in azione concreta ed
efficace.
*
La terza domanda e': cosa fare ora?
- Occorre opporsi nitidamente e intransigentemente alle armi e agli
eserciti: non ci si puo' opporre alla guerra in modo efficace e persuasivo
se non si fa la scelta preliminare e fondante dell'opposizione nonviolenta
alle armi e agli eserciti tutti; se non si assume l'impegno per il disarmo e
l'iniziativa antimilitarista come chiavi di volta dell'azione per la pace;
se non si promuove la difesa popolare nonviolenta come unica alternativa
operativa in materia di politica della difesa e della sicurezza.
- Occorre praticare una strategia nonviolenta efficace di lotta contro le
dittature e contro i poteri criminali. E noi pensiamo che vi siano gia'
grandi esperienze storiche in cui la nonviolenza ha affrontato e sconfitto
dittature e poteri criminali: studiarle occorre, ed agirne gli insegnamenti.
- Occorre un recupero della memoria, una rottura delle routine autoritarie e
meccaniche, l'esplorazione di alternative di riconoscimento e di liberazione
di umanita'.
- Occorre la rottura delle complicita' ideologiche e pratiche con un
"disordine costituito" che condanna gran parte dell'umanita' presente alla
sofferenza e minaccia di annientamento le generazioni future. Occorrono
scelte personali e cogenti di verita' e giustizia, di responsabilita' e di
condivisione, nei nostri stessi stili di vita, nei nostri consumi, nelle
nostre relazioni.
- Occorre assumere la nonviolenza come metodo e come insieme di valori, come
lotta la piu' nitida e la piu' intransigente contro l'ingiustizia e la
violenza, come teoria-prassi necessaria ed urgente per affrontare gli orrori
presenti e costruire con e nel nostro stesso agire relazioni di pace e di
giustizia, di riconoscimento di umanita'.
*
Chiamiamo nonviolenza questo processo - esistenziale, gnoseologico,
relazionale e storico - di autocoscienza e di solidarieta', di inveramento e
di valorizzazione personale e reciproca, progressivamente inclusivo
dell'umanita' intera.
Vediamo nelle esperienze e nelle riflessioni del movimento operaio e dei
movimenti di liberazione, della Resistenza e soprattutto del movimento delle
donne, gli elementi teorici e pratici che fondano storicamente,
materialmente, tale prospettiva e tale impegno.
La nonviolenza e' in cammino.

4. MAESTRE. SIMONE WEIL: SEMINARE
[Da Simone Weil, Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione
sociale, Adelphi, Milano 1983, 1984, pp. 123-124. Simone Weil, nata a Parigi
nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica
della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella
guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in
America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da
una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel
1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende
pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta,
o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita
alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag:
"Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se
l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara.
Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da'
nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta'
consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil
aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale
della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le
raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la
grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi
Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio
(Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni
sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla
Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla
guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni,
nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil:
fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone
Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la
passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone
Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura
della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil.
L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela
Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, EDB, Bologna 1997; Maurizio Zani,
Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]
Con i cannoni, gli aerei, le bombe, si puo' seminare la morte, il terrore,
l'oppressione, ma non la vita e la liberta'.

5. APPELLI. DIEGO COZZUOL: NON PERDIAMOCI DI VISTA
[Da Diego Cozzuol, del coordinamento della campagna "Pace da tutti i
balconi" (per contatti: tel. 3281027178, e-mail: sito at bandieredipace.org;
sito: www.bandieredipace.org), riceviamo e diffondiamo questa lettera - che
si collega e funge da presentazione dell'appello che abbiamo pubblicato nel
notiziario di ieri e di quello che abbiamo pubblicato nel n. 564]
Il meraviglioso risultato del lavoro che assieme a voi abbiamo portato
avanti, induce noi del coordinamento della campagna "Pace da tutti i
balconi" a studiare la possibilita' di tenerci in contatto nei prossimi
periodi, possibilmente per progettare linee di impegno che possano risultare
nuovamente efficaci nella costruzione di una cultura della pace e della
giustizia.
Per il momento, vi chiediamo la gentilezza di farci avere un breve resoconto
di come le vostre associazioni hanno vissuto questa campagna, gioie e
difficolta' comprese.
Questo materiale, oltre che a fornirci una testimonianza diretta, ci
mettera' in grado di cominciare ad orientare il nostro prossimo lavoro.
Vi chiediamo anche di riaggiornarci riguardo i contatti. Se potete inviarci
il nome di un vostro referente per questa campagna, il suo indirizzo di
posta elettronica ed il suo numero di telefono.
Ringraziandovi infinitamente per cio' che il vostro impegno ha rappresentato
per questa campagna, vi salutiamo, continuando ad augurarvi la pace.

6. MAESTRE. HANNAH ARENDT: L'ESIGENZA
[Da Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunita',
Milano 1967, 1996, p. 625. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia
ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del
nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule
in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente,
scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un
punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori'
a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali
(quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di
seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo
l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima
edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Tra
passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a
Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963),
Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente
(1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento
politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i
carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica,
Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza
di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una
recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948,
Feltrinelli, Milano 2001. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la
biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri,
Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt,
Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah
Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah
Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della
polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt,
Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah
Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli
monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono:
Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999;
Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]
E' nella natura del regime totalitario esigere un potere illimitato.

7. INIZIATIVE. FORUM SOCIALE ANTIMAFIA "PEPPINO IMPASTATO": MAFIA E
RESISTENZA ALLA MAFIA A 25 ANNI DALL'ASSASSINIO DI PEPPINO IMPASTATO
[Riceviamo e diffondiamo]
Sono passati 25 anni dall'assassinio di Peppino Impastato.
In tutti questi anni, i familiari che hanno rotto con la parentela mafiosa,
i compagni di militanza di Peppino che hanno continuato sulla strada
percorsa al suo fianco, il Centro siciliano di documentazione a lui
intitolato, hanno condotto una lotta quotidiana per salvare la memoria di
Peppino, smantellare la montatura che lo voleva terrorista e suicida, per
ottenere verita' e giustizia, e hanno promosso iniziative, a cominciare
dalla manifestazione nazionale contro la mafia del 9 maggio 1979, la prima
della storia d'Italia, che coniugavano la radicalita' dell'esperienza di
Peppino, la sua rottura con la famiglia, con la concretezza di un'antimafia
fatta insieme di riflessione, di denuncia e di impegno sociale.
Quest'attivita', spesso condotta in grande isolamento, ma che ha visto anche
la collaborazione di Democrazia proletaria prima e di Rifondazione comunista
poi, di esponenti di forze politiche e di varie associazioni, e' riuscita ad
ottenere risultati impensati fino a qualche anno fa. L'11 aprile del 2002
Gaetano Badalamenti e' stato condannato all'ergastolo come mandante
dell'assassinio di Peppino; il 5 marzo 2001 era gia' stato condannato Vito
Palazzolo, vice di Badalamenti; e il 6 dicembre del 2000 la Commissione
parlamentare antimafia ha approvato una relazione sulle responsabilita' di
rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini.
La memoria di Peppino ha resistito al passare degli anni e ultimamente,
grazie anche a un film che ha avuto e continua ad avere un grande successo,
la sua figura e' nota a centinaia di migliaia di persone.
L'anno scorso varie realta' impegnate su diversi terreni (dalle attivita'
socio-culturali all'impegno per la pace, dal movimento contro la
globalizzazione ai centri sociali) hanno dato vita al Forum sociale
antimafia "Peppino Impastato" che dal 9 all'11 maggio ha promosso una
mobilitazione nazionale, con varie iniziative (forum tematici, spettacoli,
manifestazioni) che hanno approfondito i temi dell'antimafia sociale e hanno
portato a Cinisi migliaia di persone che vedono in Peppino un punto di
riferimento essenziale per la sua capacita' di legare insieme militanza
politica, impegno sociale, creativita' culturale.
Quest'anno vogliamo rilanciare il Forum sociale antimafia sulla base di un
programma che mette al centro le manifestazioni che si svolgeranno a Cinisi
nel maggio prossimo, ma si articola in iniziative di discussione, incontro,
mobilitazione che si svolgeranno nelle localita' in cui operano le varie
associazioni che hanno promosso il Forum e anche altrove.
Il venticinquesimo anniversario dell'assassinio di Peppino cade in un
contesto internazionale, nazionale e locale quanto mai preoccupante. La
guerra all'Iraq, scatenata nel piu' assoluto dispregio del diritto
internazionale, mira non solo ad accaparrarsi le ingenti risorse petrolifere
di quel paese ma soprattutto a costituire un ordine mondiale fondato
sull'arbitrio del piu' forte. L'intervento militare viene presentato come
lotta al terrorismo ma lo rinfocolera' in tutte le sue forme. Invece di
affrontare e risolvere politicamente i problemi, a cominciare dalla
questione palestinese, la scelta dell'azione armata apre una prospettiva di
insicurezza permanente, di violenza militare a cui si risponde con la
violenza disperata dei gruppi che praticano l'attentato suicida come guerra
dei piu' deboli. In questo quadro, che si inserisce perfettamente dentro
processi di globalizzazione che approfondiscono e aggravano divari sociali e
squilibri territoriali, le mafie troveranno nuovo alimento per i loro
traffici e le loro politiche di sopraffazione e di dominio.
Il governo Berlusconi continua a perseguire una politica di legalizzazione
dell'illegalita' e di privatizzazione del potere che recepisce aspetti del
modello mafioso e costituisce un contesto quanto mai favorevole per il
rafforzamento e l'espansione dei soggetti criminali.
A livello regionale il governo di centrodestra rilancia la politica
familistico-clientelare, progetta di fare della Sicilia una zona franca
spalancata ai traffici illegali in un'area euro-mediterranea consacrata al
libero scambio e ospita nel suo seno un assessore colto a colloquiare
telefonicamente con mafiosi nel tentativo di aiutarli a riprendersi i beni
confiscati. Nel 2002 il consiglio comunale di Cinisi e' stato sciolto per
infiltrazione mafiosa e mentre ai funerali del figlio del capomafia si sono
viste accorrere centinaia di persone, la partecipazione della popolazione
locale alle iniziative contro la mafia continua a essere inadeguata, ma
cresce l'interesse dei piu' giovani.
La deindustrializzazione della Sicilia, con la crisi dei grandi gruppi
impreditoriali presenti nell'isola e la chiusura o il drastico
ridimensionamento degli stabilimenti industriali, dalla Fiat di Termini
Imerese all'Imesi di Carini, mentre gli operai di Gela e di Priolo sono
costretti a scegliere tra vivere disoccupati o lavorare con la certezza di
contrarre malattie mortali, si coniuga con la diffusione del lavoro nero e
precario e offre nuovo spazio all'economia illegale.
Le iniziative del prossimo maggio cercheranno di affrontare alcuni di questi
temi, collegandoli con le risposte che le mobilitazioni degli operai, degli
studenti, dei disoccupati, dei senzacasa, il movimento per la pace e contro
la globalizzazione neoliberista hanno cominciato a dare.
*
Promotori: famiglia Impastato, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe
Impastato" di Palermo, Associazione "Peppino Impastato" di Cinisi-Terrasini,
Circolo "Musica e Cultura" di Cinisi, Associazione "Radio Aut", Arci
Palermo, Libera Palermo, Associazione "Non solo Alive" Palermo, Ciss -
Cooperazione Internazionale Sud-Sud, Gruppo Nemo Marsala, Circolo Metropolis
di Castellammare del Golfo, Comitato resistenza anticapitalista Palermo,
Giovani Comunisti Palermo, Rifondazione comunista Palermo, Sinistra
giovanile Cinisi-Terrasini, Attac Palermo, QuartodeiMille-Palermo,
Associazione Onda Pazza Alimena, Marionettistica Popolare Siciliana -
Palermo.
*
Per adesioni e informazioni: Segreteria organizzativa del Forum sociale
antimafia Peppino Impastato: Corso Umberto 30, Cinisi (Pa), tel. 3394903938,
sito: www.forumpeppinoimpastato.org, e-mail: forumimpastato at inwind.it; Media
Center: piazza Stazione 10,  Cinisi (Pa), e-mail:
f.s.a.peppinoimpastato at virgilio.it; ed ancora: Centro Impastato Palermo:
tel. 0916259789, fax 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito internet:
www.centroimpastato.it; Associazione "Peppino Impastato" Cinisi-Terrasini:
tel. 0918667052, e-mail: guidorlando at libero.it, sito:
www.peppinoimpastato.com; Circolo Musica e Cultura: tel. 3391850241, sito:
www.cmc-cinisi.org; Associazione Radio Aut: 3336394387, e-mail:
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8. LIBRI. FRANCA D'AGOSTINI PRESENTA "L'ORDINE DEL CUORE" DI ROBERTA DE
MONTICELLI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 aprile 2003. Sia Franca D'Agostini che
Roberta De Monticelli sono due autorevoli filosofe]
Che cosa abbiamo da dire, del cuore, in questi tempi di guerra?
Apparentemente, poco. Ma non e' cosi', e non tanto perche' Bush e Blair non
abbiano cuore, ma al contrario, probabilmente, perche' ne hanno troppo,
soprattutto se con questo termine si intende cio' che intende Roberta De
Monticelli, che ha pubblicato da poco un'importante messa a punto
sull'argomento: L'ordine del cuore (Garzanti, pp. 316, 17 euro).
Va detto subito che il titolo del libro puo' trarre in inganno. C'e' poco di
sentimentale, in queste pagine, ma anzi molta teoria, una forte esigenza di
chiarezza e precisione, una intensa volonta' di mettere ordine in un campo,
quello dell'analisi della persona, e della sua vita emotiva, che - nota
giustamente l'autrice - e' sempre piu' disordinato, a dispetto di ogni
naturalizzazione e computerizzazione della psiche, o forse proprio a causa
di entrambe. Dunque il lettore che si sentisse attratto dal secondo dei due
termini del titolo (cuore), dovrebbe anche sapere che l'ossimoro in realta'
pende spesso a favore dell'altro (ordine). Anzitutto, che cosa e' "il
cuore", e quale e' la sua specifica funzione? La risposta di Roberta De
Monticelli e' molto semplice, anche se sottile nelle sue ragioni. Si tratta
di una particolare struttura interna alla vita affettiva di ciascun
individuo, che De Monticelli chiama anche "strato del sentire personale".
Ora questo strato e' sede di sentimenti, cioe' di "risposte affettive", ed
e' il fondamento dell'etica, in quanto proprio queste risposte affettive
sono in grado di creare degli "ordini di priorita' assiologica". La
collocazione del cuore e' cosi' esattamente a mezza via tra l'essere di una
persona e il suo agire e conoscere morale: cuore e' quel che io sono
intimamente, ed e' il principio che orienta le mie scelte, predilezioni,
avversioni.
Ma come si attua, precisamente, la fondazione dell'etica nell'ontologia
della persona, e in particolare nel sentire? Sembra abbastanza semplice:
affinche' possiamo essere buoni o cattivi, e/o possiamo essere considerati
tali, ci occorre anzitutto "essere", ed essere provvisti di qualche
identita' o identificabilita' morale. Date persone, e in particolare data la
loro peculiare struttura interna, ovvero il loro "cuore", si da' allora
l'etica. E infatti, poiche' sento affettivamente e sensibilmente (percepisco
soffro gioisco ecc.), do' forma a ordini, gerarchie e strutture di valore,
che orientano il mio agire, e la mia valutazione dell'agire altrui. Non
soltanto: il cuore e' cio' che modella il mio "stile personale", il modo
peculiare che io ho di comportarmi, sentire, pensare, ed e' dunque cio' che
segna al tempo stesso la mia integrita' (interezza - coerenza) morale e la
mia riconoscibilita' come persona.
Naturalmente, proprio a partire da cio' si da' anche l'etica come problema,
perche' gli ordini di priorita' assiologica che ciascuno costruisce a
partire dal suo proprio sentire sono e possono essere diversi. Dunque, ecco
presentarsi la questione capitale dell'oggettivita' dei giudizi etici. Se
nell'ordine assiologico voluto e creato dal tuo cuore stanno in posizione
preminente la giustizia e la liberta' e l'amicizia (e al solo sentire questi
nomi e verificare i fatti relativi il tuo cuore per cosi' dire si infiamma),
mentre nel mio cuore appassionatamente freddo stanno in primo piano il
denaro o il successo (e al sentire e all'essere dell'uno e dell'altro il mio
sentire personale si esalta), e se tu ed io ci comportiamo di conseguenza,
come possiamo capirci e giudicarci? Chi potra' dirmi che tu sei moralmente
migliore di me? Se per te l'ordine economico mondiale e la conservazione di
certe egemonie sono buone ragioni per la guerra (una guerra razionale,
beninteso, capace di fare poco danno, e, en passant, di buttar giu' un
piccolo dittatore dal suo piccolo trono), mentre per me ragioni di questo
genere non giustificano una guerra, e/o non esistono guerre razionali, come
possiamo stabilire chi ha ragione? (E' chiaro che in una impostazione di
questo tipo le ideologie e la falsa coscienza non vengono prese in
considerazione, e questo forse, come diro' piu' avanti, e' un punto che si
puo' discutere).
La risposta di De Monticelli e' che si tratta di un problema di educazione
morale, intesa come educazione al sentire. Di fatto esiste "una base non
negoziabile di norme universalmente obbliganti", ossia: gli ordini
assiologici si incrociano e si intersecano in alcuni principi di fondo, sui
quali non c'e' alcuna eccepibilita'. Conosciamo tali intersezioni (problema
della conoscenza morale) nel momento in cui siamo in grado di valutare
comparativamente ordini possibili di priorita' assiologica, e abbiamo questa
capacita' nel momento in cui ci siamo formati un ethos "moralmente
compatibile", ossia siamo in grado di collegare l'ordine assiologico
inerente al nostro strato del sentire personale con "una base universalmente
obbligante del sentire". Tale base universalmente obbligante secondo De
Monticelli e' costituita essenzialmente da un tipo di intersezione tra
ordini assiologici che costituisce una specie di virtu' fondamentale o
meta-struttura primaria dell'orientamento morale, e si tratta del
"rispetto", inteso come sentimento dell'unicita' della persona.
Dunque, riassumendo: abbiamo un cuore, da cui provengono il nostro agire e
valutare moralmente, in base a un ordine (e a uno "stile") assiologico che
e' sempre personale. La relativita' degli ordini assiologici di ciascuno e'
essa stessa relativa, perche' educarsi al sentire significa aprirsi alla
considerazione degli ordini assiologici degli altri: e l'apertura stessa di
tale considerazione crea il sentimento principe della moralita' che e' il
rispetto. (Dunque, si direbbe, se l'ordine di ciascun cuore e' relativo, il
meta-ordine dei cuori di tutti non lo e').
I meriti della teoria sono molti. Anzitutto l'impresa che l'autrice si e'
proposta riesce: si delinea un'etica basata su una teoria del sentire, con
una base nella fenomenologia classica (il secondo capitolo e' una sintesi
originale e molto brillante di quel che si puo' o si dovrebbe fare con la
fenomenologia in filosofia), e una importante novita': il concetto di
"strato del sentire personale". Quest'ultimo - il "cuore" - funziona
ingegnosamente come una specie di grimaldello con cui De Monticelli riesce
ad aprire con facilita' la porta blindata del problema dell'interiorita'
morale, e del nesso tra tale interiorita' e i giudizi di valore.
L'unica perplessita' riguarda una struttura di fondo del discorso di De
Monticelli, e in particolare si tratta del dubbio che la teoria della
persona possa davvero servire come fondamento dell'etica, o non piuttosto
generare qualche problema in piu'. Come si vede da quel che si e' detto,
infatti, in base alla teoria presentata nel libro, dalla persona nasce la
possibilita' della morale, e nella persona, ovvero nel sovrasentimento
morale del rispetto, si riassumono tutte le condizioni della valutazione e
dell'oggettivita' morale. L'andare e venire dalla persona alla persona e' un
po' la cifra del lavoro di De Monticelli, che con sprezzo delle molte forme
di anti-umanismo e anti-soggettivismo che hanno popolato i paesaggi recenti
della filosofia da anni ha rilanciato il tema dell'identita' personale,
attraverso una rilettura originale della fenomenologia. La prima ingenua
obiezione che molti farebbero a De Monticelli e' che per lo piu' si ha a che
fare con persone (anche noi stessi) piuttosto sconnesse, che valutano e
provano simultaneamente cose diverse, sentono vedono immaginano sperano cose
opposte: dunque questa idea di fondare l'etica nel sentire personale sembra
un lavoro complicato. De Monticelli ci dice (e forse non ha torto) che cio'
corrisponde a un tipo di analisi "povera": in realta' e' vero che "ci
trascendiamo" continuamente, ma questo non significa che "non ci siamo", o
che di volta in volta non siamo in grado (se educati al sentire) di valutare
che cosa e' bene. Piuttosto, le sconnessioni e discontinuita' e
contraddizioni che incontriamo in noi stessi e negli altri sono "la
fenomenologia del crescere e del decrescere, del maturare e del regredire
della nostra sensibilita' al reale, e con essa, della nostra misura di
integrita'". Di passaggio va detto che e' molto ben congegnata la critica
che De Monticelli muove al fenomenismo - una vecchia minestra scettica di
cui si e' cibata tutta la filosofia moderna, a partire da Cartesio, e che
oggi ci viene ripetutamente imbandita da film (non per nulla americani) come
Truman Show, Matrix, Strange Days.
Il problema pero' non riguarda tanto l'ontologia della persona, ossia: il
suo esistere o non esistere; il suo essere discontinua, multiforme,
primitiva, o integra ed evoluta; il suo essere "solo" corpo, o solo circuiti
nervosi, oppure la sua natura spirituale, irriducibile e ulteriore; o
infine: il suo essere vittima dell'inganno dei sensi (siano essi reali o
virtuali). E' chiaro che in questo ambito una buona mediazione tra Cartesio
e Hume si potra' sempre trovare. Invece, ancora in gioco resta la domanda
sulla legittimita' e utilita' di servirsi del concetto di "persona" (e
volendo del "cuore", nella definizione che ne abbiamo dato prima) come
fondamento della morale. E' davvero sempre esplicativo e risolutivo tale
concetto quando si tratti di orientarsi nel giudizio morale? L'ovvia
risposta e': senza persone non c'e' etica, perche' non c'e' responsabilita'
individuale. Ma non e' proprio cosi': un assassino va in carcere perche' "e'
stato lui" a uccidere, e deve andare in carcere, pero' il fatto giuridico
della sua responsabilita' puo' non essere fondato in un fatto ontologico.
Possiamo pensare che chi ha ucciso non era "qualcuno" nel senso di una
entita' persistente nel tempo, e dunque non era "lui" ma solo una istanza
regolativa, utile per la nostra vita associata. Tra le molte conseguenze
interessanti di questo punto di vista sul piano della valutazione morale si
puo' citare il fatto che le ragioni della pena di morte verrebbero meno.
Dunque, almeno in alcuni casi,  e' consigliabile mettere da parte
l'ontologia della persona per evitare una eccessiva severita' nella
condanna. Ma in altri casi ci si accorge che proprio una ambigua ontologia
del cuore e' all'origine della difficolta' di condannare comportamenti
comunque reprensibili.
Ritornando al punto di avvio: si puo' dire, mentre le borse volano e il
prezzo del petrolio precipita e i bambini iracheni muoiono ai posti di
blocco, che Bush e Blair non hanno cuore? Ma non e' forse vero che ne hanno
invece o pretendono di averne in abbondanza, tanto da prendersi cura del
lontano e misero popolo iracheno, vittima di una ignobile dittatura? Sembra
evidente che in questo disastro il cuore - preteso, sbandierato, effettivo,
assente - gioca un ruolo importante, ma anche piuttosto ambiguo. L'opinione
di De Monticelli, esposta in una pagina decisiva per risolutezza di indagine
e slancio etico, e' che in casi come questi siamo di fronte "alla barbarie
di quegli individui, tragicamente posti in posizione di potere, che sentono
in modo assai piu' primitivo di quanto sarebbe implicito negli orizzonti
assiologici gia' raggiunti dall'umanita'". Ossia: Bush e Blair mancano di
educazione morale, seguono un sentire "primitivo" che non ha riguardo per le
altre culture. Si vorrebbe convenire con lei, se non fosse che questo
sentire primitivo contiene come propri cavalli di battaglia quei
prolungamenti sociali della nozione di rispetto che sono le idee di
democrazia e di pluralismo, di evoluzione sociale e progresso: ed e' proprio
in nome di questi valori - i valori dell'occidente offeso e ferito - che
l'attacco in Iraq si e' moralmente legittimato. Allora che ne facciamo del
cuore, in questi contesti? Forse quel che manca all'analisi di De Monticelli
e' solo il lato negativo dei concetti di cui parla. Proprio tale lato
negativo e' cio' che da' i maggiori problemi quando l'identita' personale si
trovi gettata nel mondo, e nella responsabilita' dei rapporti
interpersonali.
Tolta dal dialogo dell'anima con se stessa, l'etica del cuore puo'
trasformarsi in una pericolosa ideologia del cuore, o in un eccesso di cuore
che genera e maschera le peggiori efferatezze. Molti crimini sociali, i piu'
clamorosi, ma anche i piu' inavvertiti e inafferrabili dal punto di vista
dei nostri comuni codici di comportamento, sono proprio compiuti da
persone - e con il termine persone qui si intende individualita' dotate di
stile, dunque anche nazioni, e culture - che presumono di essere
"integralmente" persone, e lottano per conquistare o difendere la
riconoscibilita' del loro stile. Queste "persone" dovrebbero forse capire
cio' che puo' definirsi, utilizzando un termine hegeliano, il senso etico
dell'intero. Ossia: che non ci sono completezza e integrita' e stile che non
siano di tutti insieme a tutti.

9. LUTTI. LA SCOMPARSA DI GIOVANNI MELODIA
[Dal mensile "L'"incontro" del marzo 2003 (per contatti:
linc at marte.aerre.it) riportiamo il seguente necrologio. Giovanni Melodia,
nato a Messina nel 1915, figlio di un pastore evangelico socialista e
pacifista, venne arrestato nel 1939 per attivita' antifascista, e nel 1943
fu deportato a Dachau. Segretario nazionale dell'associazione degli
ex-deportati politici, ha pubblicato numerosi studi sui lager nazisti. E'
deceduto il 13 marzo 2003. Tra le opere di Giovanni Melodia: Di la' da quel
cancello, Mursia, Milano]
Il 13 marzo, nell'ospedale Pertini di Roma, e' deceduto dopo lunga malattia
Giovanni Melodia, gia' condannato a trenta anni di carcere dal Tribunale
speciale nel 1939 e deportato dai nazisti nel lager di Dachau.
Animato dagli ideali di giustizia e liberta', si dedicava, sia in Italia,
nel carcere di Civitavecchia, sia a Dachau, ad organizzare la resistenza al
nazifascismo, con grave rischio personale. Liberato dalle forze alleate
divenne prima ispettore della Postbellica, poi segretario nazionale
dell'Aned che aveva contribuito a fondare.
In questo compito di grande responsabilita' provvide, oltre ai bisogni dei
prigionieri politici sopravvissuti, anche al recupero della memoria storica
della tragedia causata dalla dittatura fascista. Negli articoli, nei
dibattiti, nei libri di memorie, nelle lezioni agli studenti sulla
Resistenza fuori e dentro i lager, Melodia documento' in modo validissimo la
storia di tante vittime della persecuzione, della guerra e della
deportazione.
L'associazione nazionale degli ex deportati nei lager nazisti (Aned) ha
intitolato la propria biblioteca al suo nome per riconoscenza al maestro di
vita. Ad essa sono destinati i documenti ed i libri della sua biblioteca
personale di Roma.
"L'incontro", di cui Giovanni Melodia fu eminente collaboratore e
sostenitore sin dal 1955, esprime profondo cordoglio per la sua scomparsa e
una commossa partecipazione al lutto del fratello Davide e della figlia
Rossella.

10. LUTTI. GUIDO LIGUORI RICORDA GIUSEPPE FIORI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 aprile 2003. Giuseppe Fiori era nato
nel 1923 a Silanus (Nuoro); e' stato giornalista, parlamentare, scrittore,
storico. Tra le opere di Giuseppe Fiori: Baroni in laguna e La societa' del
malessere, Vita di Antonio Gramsci, Vita di Enrico Berlinguer, Vita e morte
di Michele Schirru, presso Laterza; Il venditore, Garzanti; Il cavaliere dei
Rossomori, Uomini ex, Una storia italiana, presso Einaudi]
E' morto Giuseppe Fiori. Aveva poco piu' di ottant'anni e una bella vita
alle spalle. Era nato il 27 gennaio 1923, a Silanus, in provincia di Nuoro.
La malattia che da anni combatteva ne aveva minato il corpo, non certo
l'intelligenza, il coraggio, la voglia di combattere per la democrazia.
Sembra una banale frase retorica, ma solo per chi non lo ha conosciuto. La
sua tempra di sardo tenace, il suo corpo massiccio, la sua intelligenza
dominata dalla curiosita' intellettuale ricordavano proprio l'immagine di
una sinistra che non vuole arrendersi, come dimostra anche una delle sue
ultime fatiche, un libro-inchiesta su Silvio Berlusconi dato alle stampe
quando questi era ormai "sceso in politica" (Il venditore. Storia di Silvio
Berlusconi e della Fininvest, Garzanti 1995).
Fiori era diventato famoso in tutto il mondo con la sua Vita di Antonio
Gramsci, uscita da Laterza nel 1966 e tradotta in molte lingue. Ma se oggi
volgo lo sguardo ai non pochi contributi che ha dato alla cultura larga di
questo paese e cerco di ricordarlo come uomo pubblico, mi tornano subito
alla mente i suoi editoriali, la domenica all'ora di pranzo, durante il Tg2
"del dopo-riforma", di cui era vice-direttore nella seconda meta' degli anni
Settanta (sara' piu' tardi anche direttore di "Paese sera") e di cui si
aspettava con ansia la fine proprio per gustare l'argomentare pacato e
appassionato insieme di Fiori.
Peppino veniva dalla scuola di Tv7, l'unica trasmissione di sinistra della
Rai degli anni Sessanta. Era giornalista di razza, giornalista d'inchiesta
(i suoi libri sono quasi tutti delle grandi inchieste, storiografiche e
non), ma anche efficacissimo estensore di fondi per il piccolo schermo, che
riempiva col suo faccione onesto, raccontando una Italia che lottava per
migliorarsi, denunciando i soprusi, spezzando una lancia in difesa della
povera gente quotidianamente vessata dal potere economico e politico,
denunciando una classe dirigente iniqua. Erano parole incredibilmente nuove
per la televisione di allora, uno dei tanti segni di speranza di quegli
anni.
La grande popolarita' conquistata contribuira' negli anni Ottanta a portare
Fiori in parlamento, tra i senatori della sinistra indipendente, a fianco
del Pci, per tre legislature, durante le quali continuo' il suo impegno e la
sua lotta per una societa' piu' giusta, ma senza diventare mai un politico
vero e proprio, senza rinunciare mai al vizio e al piacere della scrittura.
Amore per la storia e amore per il giornalismo si sposavano in Peppino
nell'amore per il genere biografico, di cui fu in Italia uno dei massimi
esponenti, senza mai dar vita a opere banali o furbastre, come spesso
accade, ma vive e palpitanti, appassionate, cercando sempre di narrare
uomini contro, quelli a lui piu' congeniali: comunisti, libertari, liberali
eretici e ribelli, da Enrico Berlinguer all'anarchico Schirru, da Ernesto
Rossi ai fratelli Rosselli.
La biografia gramsciana - si e' detto - gli diede notorieta' internazionale
e anche oggi, pur superata dal procedere della ricerca e degli studi, resta
nel campo una lettura non eludibile, anche se parziale. Fiori aveva
ricostruito in modo magistrale soprattutto l'infanzia del suo grande
conterraneo, facendo uscire definitivamente Gramsci fuori dal mito. Pochi
anni prima vi era stato il famoso saggio togliattiano sulla formazione del
gruppo dirigente del Pci, vero punto di svolta della storiografia di
partito. Fiori, che comunista non era, ando' oltre, sollevando anche
polemiche clamorose e attirandosi le scomuniche dei piu' ortodossi. Ma alla
lunga la simpateticita', l'affetto direi, con cui racconta il suo
personaggio e cerca di comprenderne, oltre che di ricostruirne, la
personalita' e le vicende, imposero a tutti la sua onesta' di ricercatore
attento, anche se qualche volta criticabile. Del resto erano (e sono) i
rischi di un lavoro assolutamente pionieristico. E quando molti anni dopo
tornera' a scrivere sul comunista sardo (Gramsci Togliatti Stalin, Laterza
1991) dara' ancora una volta una prova da grande autore, soprattutto nel
primo dei tre saggi del libro, dedicato alla vexata quaestio dell'intrico di
rapporti cui lo stesso titolo del volume allude.
Che Gramsci, del resto, sia stato forse il grande interesse della sua vita
di studioso e' testimoniato anche da altre due circostanze significative: la
biografia composta utilizzando gli stessi scritti gramsciani (Antonio
Gramsci, Vita attraverso le lettere, a cura di Giuseppe Fiori, Einaudi 1994)
e il fatto che nel 1996 egli fu nel gruppo che fondo' la "sezione italiana"
della International Gramsci Society, la Igs Italia appunto, che raccoglie
gli studiosi, gli appassionati, i militanti che in tutto il mondo promuovono
la conoscenza della figura e dell'opera di Gramsci.
Ai parenti tutti, e soprattutto alla figlia Simonetta, il cordoglio e
l'abbraccio sincero di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere
Peppino.

11. RIVISTE. "A. RIVISTA ANARCHICA" DI APRILE
Nel fascicolo di aprile 2003 del sempre ottimo mensile "A. Rivista
anarchica" segnaliamo particolarmente l'ampio, accurato, appassionante e fin
commovente dossier su Gli anarchici contro il fascismo; e inoltre un ricerdo
di Roberto Leydi scritto da Cesare Bermani, e molti altri pregevoli articoli
e materiali.
Per richieste e contatti: "A. Rivista anarchica", tel. 022896627, e-mail:
arivista at tin.it, sito: www.anarca-bolo.ch/a-rivista

12. RIVISTE. "MESSAGGERO CAPPUCCINO"
Possiamo dirlo? La lettura del bimestrale d'informazione dei cappuccini
bolognesi-romagnoli e' una festa dello spirito. Lo leggi dalla prima
all'ultima riga e ti senti meglio.
Per richieste e contatti: "Messaggero cappuccino", tel. 054240265, e-mail:
fraticappuccini at imolanet.com, sito: www.imolanet.com/fraticappuccini

13. RIVISTE. "VIATOR" DI APRILE
"Viator. Un nuovo mondo e' necessario" e' un mensile indipendente di
ispirazione cristiana. Il numero 4, anno IV, dell'aprile 2003, e' ancora una
volta ricco di materiali preziosi: interviste a ed interventi di alcune
delle personalita' piu' prestigiose del movimento per la pace  e la
giustizia, da Riccardo Petrella a Wolfgang Sachs, da Ignacio Ramonet a
Vandana Shiva, da Raniero La Valle a Enrico Peyretti. Una lettura che
vivamente raccomandiamo.
Per richieste e contatti: "Viator", tel. 0245487322, sito: www.viator.it

14. LETTURE. AA. VV.: EVALUATION. STUDI IN ONORE DI ALDO VISALBERGHI
AA.  VV. (a cura di Giacomo Cives, Maria Corda Costa, Marta Fattori, Nicola
Siciliani De Cumis), Evaluation. Studi in onore di Aldo Visalberghi,
Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma 2002, pp. 640, euro 25. In
questo omaggio a Visalberghi molti i contributi di rilievo di amici,
colleghi, collaboratori e discepoli. Tra i tanti, segnaliamo ad esempio i
saggi di Scevola Mariotti, "Su un'iscrizione contro Ottaviano", e di Gennaro
Sasso, "Giovanni Gentile e Gioacchino Volpe dinanzi al crollo del fascismo".
Ma occorrerebbe ricordare almeno i nomi di tutti i partecipanti al volume:
Guido Benvenuto, Piero Bertolini, Giuseppe Boncori, Giovanni Cacioppo,
Giacomo Cives, Maria Corda Costa (l'illustre studiosa recentemente
scomparsa), Tullio De Mauro, Marta Fattori, Remo Fornaca, Mauro Laeng,
Eugenio Lecaldano, Lucia Lumbelli, Mario Alighiero Manacorda, Scevola
Mariotti, Vincenzo Orsomarso, Furio Pesci, Elena Picchi Piazza, Gennaro
Sasso, Nicola Siciliani De Cumis, Maria Serena Veggetti, ed i curatori della
vastissima ed egregia bibliografia degli scritti di Visalberghi (pp.
389-630, inclusiva di un indice dei nomi) Marco Antonio D'Arcangeli, Andrea
Giacomantonio, Eleonora Guglielman, Marco Guspini, Carla Massaro.

15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

16. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 572 del 20 aprile 2003