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La nonviolenza e' in cammino. 572
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 572
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 20 Apr 2003 04:41:28 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 572 del 20 aprile 2003 Sommario di questo numero: 1. Enrico Peyretti: diario di una pasqua 2. Marie Bonaparte: potere maschile e catastrofe 3. Giobbe Santabarbara: dopo la sconfitta 4. Simone Weil: seminare 5. Diego Cozzuol: non perdiamoci di vista 6. Hannah Arendt: l'esigenza 7. Forum sociale antimafia "Peppino Impastato": mafia e resistenza alla mafia a 25 anni dall'assassinio di Peppino Impastato 8. Franca D'Agostini presenta "L'ordine del cuore" di Roberta De Monticelli 9. La scomparsa di Giovanni Melodia 10. Guido Liguori ricorda Giuseppe Fiori 11. Riviste: "A. Rivista anarchica" di aprile 12. Riviste: "Messaggero cappuccino" 13. Riviste: "Viator" di aprile 14. Letture: Evaluation. Studi in onore di Aldo Visalberghi 15. La "Carta" del Movimento Nonviolento 16. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. ENRICO PEYRETTI: DIARIO DI UNA PASQUA [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscalinet.it) per averci messo a disposizione questo suo scritto, del primo aprile 1993, gia' apparso nel suo libro Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998, pp. 51-54. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999. E' diffusa attraverso la rete telematica (ed abbiamo recentemente ripresentato in questo notiziario) la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente] Giovedi': l'angelo della disperazione E' la sera della piu' grande comunione e della massima solitudine. Della confidenza piu' grande, della completa consegna di se' agli ultimi amici rimasti (e tra di loro c'e' uno che lo consegnera' al potere, forse sperando che egli si decida a vincere). Poi dell'angoscia estrema: non capito, abbandonato, morso dalla paura, forse dal dubbio dell'inutilita'. La passione e' cominciata gia' prima dell'arresto, del processo, della tortura. E' crocifisso nell'anima prima che nel corpo. La volonta' di chi lo ha mandato taglia la strada alla sua volonta': la missione si deve compiere, anche nel fallimento. Anzi, solo cosi' sara' compiuta. Non e' una vendetta trasversale che lo colpisce, ma proprio lo sradicamento di tutte le vendette. L'annuncio dell'amore va dato a tutti i costi, anche se forse e' sprecato, anche se la sua testimonianza e' inutile. Rifiutata la via della potenza, l'amore non ha dunque altra possibilita' che di essere rifiutato? Eppure, anche rifiutato, esso non si rifiuta. La fedelta' va fino in fondo, oltre le ragioni della fedelta'. Per le misure minori, il mondo bastava a se stesso. Ma non si salvava dalla mancanza di senso. Se tutto finisce, che non finisca questo amore. Se tutto e' inutile nel mondo, che il mondo non vinca almeno quest'anima lacerata fino a sudar sangue. Se tutto e' perduto, la disperazione diventa una forza, e' l'angelo che viene a confortare. Se non ha piu' nulla da perdere, il piu' povero e' il piu' forte. Ora va incontro alle guardie, col coraggio che ci salvera'. * Venerdi': meglio morire che dominare E' venuto il buio. La parola che nessuno prima aveva mai detto, ora tace. La novita' e' scomparsa. Il regno nuovo e' sconfitto dai regni di sempre. Si deve dunque tornare alla solita logica, alla lotta per avere e dominare, al servizio dei potenti, che sempre celebrano le loro feste di guerra? Oppure fallire come quel morto e' meglio che vincere come questi? Ha preferito finire ammazzato coi delinquenti che essere un dio in terra, come poteva. Ha scelto la liberta' altrui, non il proprio potere. Ha offerto agli uomini la dura liberta' di non essere costretti, neppure dal potere religioso, ma persuasi nello spirito. Ci ha di nuovo creati, ci ha soffiato uno spirito nuovo, come avvenne nel fango di Adamo. Da questo morto ci viene uno spirito vivo. Se ne accorge per primo un pagano, addirittura un militare. Stasera, nella liturgia della sua morte, siamo andati, uno dopo l'altro, a baciare la croce, due assi di legno vuote, senza la figura del crocifisso, anche perche' sono tanti i crocifissi che ogni domenica vi vediamo appesi. I cristiani adorano il supplizio del giusto. Si inchinano all'amore ucciso, non servono un onnipotente nel cavarsela sempre. Non c'e' davvero molta convenienza nel compromettersi con un condannato. * Sabato: la speranza e' morta Il tempo e' sospeso. C'era una speranza, ed e' morta. Prendete quel che c'e', e non sperate altro. Questo sabato e' segno del nostro tempo senza consolazione, del nostro mondo che ricorda di avere sperato e non sa se puo' ancora sperare. Segno di tanti giorni del nostro cuore. Anche la religione - che ha sempre qualcosa da dire e da fare - oggi tace: niente riti, solo attendere. Assenza. "Giorno 'laico': il piu' divino di tutti", mi dice una lettera. * Notte sulla domenica Alla luce del cero accendiamo le nostre candele. Volti di vecchi e volti di bimbi: ognuno la sua luce, vicina al viso, a renderlo bello e quasi raggiante di luce propria. Gli occhi di Emanuela, sette anni, che poco fa cadeva dal sonno, ora scintillano a pochi centimetri dalla fiammella, in questa liturgia bella come un gioco. Ci sono dunque nel buio, nell'indifferenza del mondo, tante piccole fiammelle fragili, ma cantanti una profezia di luce, un'alba che viene. Siamo venuti qui, nella notte, per riconoscerle e averne gioia. Confesso il mio maggiore peccato: tante volte non vedo queste piccole luci viventi, mi lascio abbagliare da qualche grosso e freddo faro, o sgomentare dal buio. Questa confessione mi apre alla gioia: tu, tu e tu siete le fiammelle della mia vita; e queste piccole cose serie che cerchiamo di fare per diventare umani, e la ricostruzione quotidiana della vita, e la nostra fede fragile che chiede di crescere. 2. MAESTRE. MARIE BONAPARTE: POTERE MASCHILE E CATASTROFE [Da Marie Bonaparte, Edgar Allan Poe, Newton Compton, Roma 1976, vol. I, p. 238 (e' un passo dell'analisi del celebre racconto di Poe, Il crollo della casa degli Usher). La principessa Marie Bonaparte (1882-1963), pronipote di Napoleone, fu filantropa, scrittrice, psicoanalista amica e collaboratrice di Freud, salvatrice di perseguitati dal nazismo. Tra le opere di Marie Bonaparte: Psicoanalisi e antropologia, Guaraldi, 1972; La sessualita' della donna, Newton Compton, Roma 1972; Introduzione alla teoria degli istinti e profilassi infantile delle nevrosi, Newton Compton, Roma 1975; Edgar Allan Poe, Newton Compton, Roma 1976; Topsy, le ragioni di un amore, Bollati Boringhieri, Torino 1990. Opere su Marie Bonaparte: Anna Maria Accerboni (a cura di), La donna e la psicoanalisi, Biblioteca Cominiana, Treviso 1989; C. Bertin, L'ultima Bonaparte, Centro scientifico torinese, Torino 1984; per una sintesi recente cfr. Anna Maria Accerboni, "Marie Bonaparte, l'amica", in Silvia Vegetti Finzi (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza, Roma-Bari 1992] Cosi' Poe ci fa sapere che i maschi della Casa, di padre in figlio, avevano come il diritto di considerarsi i figli della loro strana e lugubre dimora, da essa modellati a sua immagine. Come il termine "patria", il patrimonio (patrimony) significa d'altronde "cio' che appartiene al padre" - e la piu' intima proprieta' del padre e' la madre, della quale la patria non e' che un transfert dilatato, esaltato, con le distese di terra materna e nutrice ch'essa comporta. Il "patrimonio" degli Usher e' senza dubbio un transfert analogo. 3. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: DOPO LA SCONFITTA [Giobbe Santabarbara - i lettori lo sanno - senza i consueti amitiali e diplomatici infingimenti esprime (descrive, non prescrive) alcuni termini della riflessione in corso nel "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo] Viviamo in un mondo cosi' tristo ed equivoco che non possiamo esimerci da una premessa inutile, che e' la seguente: primo: noi non abbiamo atteso l'invasione del Kuwait del 1990 per impegnarci contro la dittatura di Saddam Hussein: quando l'Italia lo riforniva di armi noi eravamo in piazza a protestare; secondo: contro ogni dittatura e' il nostro impegno, e contro ogni terrorismo, e contro ogni guerra; terzo: riteniamo sempre inammissibile l'uccisione di esseri umani, l'assassinio e' il crimine piu' orribile, e nessun motivo mai puo' giustificarlo. E detto questo andiamo a cominciare. * La sconfitta evocata dal titolo, l'ennesima, e' quella del movimento per la pace. Tanto piu' grave in quanto non la vuol riconoscere nelle sue dimensioni e nei suoi portati, nelle sue radici e nei suoi automatismi. Ed e' una sconfitta che va analizzata a fondo se non si vuole essere ridotti a mere prefiche delle stragi presenti e future, o peggio a frivoli zimbelli e narcotici ornamenti della macchina di dominio ed annichilista che anche della guerra si avvale, o peggio ancora a frustrati che per disperazione conseguente alla mancata elaborazione del lutto rischiano d'inabissarsi in derive dereistiche ed autodistruttive. E dunque: meno cortei e piu' incontri, meno slogan e piu' dialogo, meno semplificazioni ed esagerazioni e piu' amore della ricerca e dell'ascolto, meno bugie e sciocchezze e piu' verita' e rispetto degli altri e di se', meno narcisismo e sproloqui apodittici e piu' capacita' critica e autocritica, meno ciance frivole e roboanti proclami, e piu' rigoroso e intimo colloquiare. Cominciamo a discutere seriamente delle nostre responsabilita'; e dei nostri scacchi, delle nostre contraddizioni, delle nostre incongruita' e inadeguatezze; e di cio' che pur sappiamo di sapere, sentiamo di sentire - e sia pure in modo sapienzale e non scientifico -; e dei nostri doveri, dei nostri urgenti ineludibili doveri. Poniamoci alcune domande, proponiamoci alcune piste di ricerca. * La prima domanda e': potevamo fermare la guerra? La nostra risposta e' si'. Ma occorreva essere concreti e limpidi nell'agire. Concreti e limpidi a un tempo. Si e' nell'insieme restati astratti e torbidi, subalterni. Se ne sono visti gli esiti. * La seconda domanda e': se era possibile, cosa ci e' mancato? La consapevolezza della nostra forza, e la decisione a farne adeguato uso. Ovvero: - la scelta della nonviolenza; - la preparazione ad agire la nonviolenza nel conflitto: e quindi anche la formazione alla teoria-prassi nonviolenta e l'addestramento all'azione diretta nonviolenta; - la conoscenza e quindi la coscienza della forza della nonviolenza. Non aver fatto in modo persuaso e collettivo, meditato e operativo, limpido e intransigente, la scelta della nonviolenza, ebbene, questa incapacita' o rimozione o denegazione ha ridotto il movimento per la pace nel suo insieme ancora una volta alla stregua di una massa dispersa e confusa, grande ma incerta, espressiva ma afasica; di persone di volonta' buona ma sovente alla merce' di demagoghi cialtroni piu' interessati alle loro immagini e carriere che a fermare la guerra nel solo modo in cui era possibile concretamente farlo: bloccando la macchina bellica con l'azione diretta nonviolenta; di esseri umani in cammino con un'idea chiara e forte ma scarsamente attrezzati quanto agli strumenti ermeneutici, comunicativi ed operativi necessari affinche' quella idea buona e giusta si traducesse in azione concreta ed efficace. * La terza domanda e': cosa fare ora? - Occorre opporsi nitidamente e intransigentemente alle armi e agli eserciti: non ci si puo' opporre alla guerra in modo efficace e persuasivo se non si fa la scelta preliminare e fondante dell'opposizione nonviolenta alle armi e agli eserciti tutti; se non si assume l'impegno per il disarmo e l'iniziativa antimilitarista come chiavi di volta dell'azione per la pace; se non si promuove la difesa popolare nonviolenta come unica alternativa operativa in materia di politica della difesa e della sicurezza. - Occorre praticare una strategia nonviolenta efficace di lotta contro le dittature e contro i poteri criminali. E noi pensiamo che vi siano gia' grandi esperienze storiche in cui la nonviolenza ha affrontato e sconfitto dittature e poteri criminali: studiarle occorre, ed agirne gli insegnamenti. - Occorre un recupero della memoria, una rottura delle routine autoritarie e meccaniche, l'esplorazione di alternative di riconoscimento e di liberazione di umanita'. - Occorre la rottura delle complicita' ideologiche e pratiche con un "disordine costituito" che condanna gran parte dell'umanita' presente alla sofferenza e minaccia di annientamento le generazioni future. Occorrono scelte personali e cogenti di verita' e giustizia, di responsabilita' e di condivisione, nei nostri stessi stili di vita, nei nostri consumi, nelle nostre relazioni. - Occorre assumere la nonviolenza come metodo e come insieme di valori, come lotta la piu' nitida e la piu' intransigente contro l'ingiustizia e la violenza, come teoria-prassi necessaria ed urgente per affrontare gli orrori presenti e costruire con e nel nostro stesso agire relazioni di pace e di giustizia, di riconoscimento di umanita'. * Chiamiamo nonviolenza questo processo - esistenziale, gnoseologico, relazionale e storico - di autocoscienza e di solidarieta', di inveramento e di valorizzazione personale e reciproca, progressivamente inclusivo dell'umanita' intera. Vediamo nelle esperienze e nelle riflessioni del movimento operaio e dei movimenti di liberazione, della Resistenza e soprattutto del movimento delle donne, gli elementi teorici e pratici che fondano storicamente, materialmente, tale prospettiva e tale impegno. La nonviolenza e' in cammino. 4. MAESTRE. SIMONE WEIL: SEMINARE [Da Simone Weil, Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale, Adelphi, Milano 1983, 1984, pp. 123-124. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, EDB, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994] Con i cannoni, gli aerei, le bombe, si puo' seminare la morte, il terrore, l'oppressione, ma non la vita e la liberta'. 5. APPELLI. DIEGO COZZUOL: NON PERDIAMOCI DI VISTA [Da Diego Cozzuol, del coordinamento della campagna "Pace da tutti i balconi" (per contatti: tel. 3281027178, e-mail: sito at bandieredipace.org; sito: www.bandieredipace.org), riceviamo e diffondiamo questa lettera - che si collega e funge da presentazione dell'appello che abbiamo pubblicato nel notiziario di ieri e di quello che abbiamo pubblicato nel n. 564] Il meraviglioso risultato del lavoro che assieme a voi abbiamo portato avanti, induce noi del coordinamento della campagna "Pace da tutti i balconi" a studiare la possibilita' di tenerci in contatto nei prossimi periodi, possibilmente per progettare linee di impegno che possano risultare nuovamente efficaci nella costruzione di una cultura della pace e della giustizia. Per il momento, vi chiediamo la gentilezza di farci avere un breve resoconto di come le vostre associazioni hanno vissuto questa campagna, gioie e difficolta' comprese. Questo materiale, oltre che a fornirci una testimonianza diretta, ci mettera' in grado di cominciare ad orientare il nostro prossimo lavoro. Vi chiediamo anche di riaggiornarci riguardo i contatti. Se potete inviarci il nome di un vostro referente per questa campagna, il suo indirizzo di posta elettronica ed il suo numero di telefono. Ringraziandovi infinitamente per cio' che il vostro impegno ha rappresentato per questa campagna, vi salutiamo, continuando ad augurarvi la pace. 6. MAESTRE. HANNAH ARENDT: L'ESIGENZA [Da Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunita', Milano 1967, 1996, p. 625. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] E' nella natura del regime totalitario esigere un potere illimitato. 7. INIZIATIVE. FORUM SOCIALE ANTIMAFIA "PEPPINO IMPASTATO": MAFIA E RESISTENZA ALLA MAFIA A 25 ANNI DALL'ASSASSINIO DI PEPPINO IMPASTATO [Riceviamo e diffondiamo] Sono passati 25 anni dall'assassinio di Peppino Impastato. In tutti questi anni, i familiari che hanno rotto con la parentela mafiosa, i compagni di militanza di Peppino che hanno continuato sulla strada percorsa al suo fianco, il Centro siciliano di documentazione a lui intitolato, hanno condotto una lotta quotidiana per salvare la memoria di Peppino, smantellare la montatura che lo voleva terrorista e suicida, per ottenere verita' e giustizia, e hanno promosso iniziative, a cominciare dalla manifestazione nazionale contro la mafia del 9 maggio 1979, la prima della storia d'Italia, che coniugavano la radicalita' dell'esperienza di Peppino, la sua rottura con la famiglia, con la concretezza di un'antimafia fatta insieme di riflessione, di denuncia e di impegno sociale. Quest'attivita', spesso condotta in grande isolamento, ma che ha visto anche la collaborazione di Democrazia proletaria prima e di Rifondazione comunista poi, di esponenti di forze politiche e di varie associazioni, e' riuscita ad ottenere risultati impensati fino a qualche anno fa. L'11 aprile del 2002 Gaetano Badalamenti e' stato condannato all'ergastolo come mandante dell'assassinio di Peppino; il 5 marzo 2001 era gia' stato condannato Vito Palazzolo, vice di Badalamenti; e il 6 dicembre del 2000 la Commissione parlamentare antimafia ha approvato una relazione sulle responsabilita' di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini. La memoria di Peppino ha resistito al passare degli anni e ultimamente, grazie anche a un film che ha avuto e continua ad avere un grande successo, la sua figura e' nota a centinaia di migliaia di persone. L'anno scorso varie realta' impegnate su diversi terreni (dalle attivita' socio-culturali all'impegno per la pace, dal movimento contro la globalizzazione ai centri sociali) hanno dato vita al Forum sociale antimafia "Peppino Impastato" che dal 9 all'11 maggio ha promosso una mobilitazione nazionale, con varie iniziative (forum tematici, spettacoli, manifestazioni) che hanno approfondito i temi dell'antimafia sociale e hanno portato a Cinisi migliaia di persone che vedono in Peppino un punto di riferimento essenziale per la sua capacita' di legare insieme militanza politica, impegno sociale, creativita' culturale. Quest'anno vogliamo rilanciare il Forum sociale antimafia sulla base di un programma che mette al centro le manifestazioni che si svolgeranno a Cinisi nel maggio prossimo, ma si articola in iniziative di discussione, incontro, mobilitazione che si svolgeranno nelle localita' in cui operano le varie associazioni che hanno promosso il Forum e anche altrove. Il venticinquesimo anniversario dell'assassinio di Peppino cade in un contesto internazionale, nazionale e locale quanto mai preoccupante. La guerra all'Iraq, scatenata nel piu' assoluto dispregio del diritto internazionale, mira non solo ad accaparrarsi le ingenti risorse petrolifere di quel paese ma soprattutto a costituire un ordine mondiale fondato sull'arbitrio del piu' forte. L'intervento militare viene presentato come lotta al terrorismo ma lo rinfocolera' in tutte le sue forme. Invece di affrontare e risolvere politicamente i problemi, a cominciare dalla questione palestinese, la scelta dell'azione armata apre una prospettiva di insicurezza permanente, di violenza militare a cui si risponde con la violenza disperata dei gruppi che praticano l'attentato suicida come guerra dei piu' deboli. In questo quadro, che si inserisce perfettamente dentro processi di globalizzazione che approfondiscono e aggravano divari sociali e squilibri territoriali, le mafie troveranno nuovo alimento per i loro traffici e le loro politiche di sopraffazione e di dominio. Il governo Berlusconi continua a perseguire una politica di legalizzazione dell'illegalita' e di privatizzazione del potere che recepisce aspetti del modello mafioso e costituisce un contesto quanto mai favorevole per il rafforzamento e l'espansione dei soggetti criminali. A livello regionale il governo di centrodestra rilancia la politica familistico-clientelare, progetta di fare della Sicilia una zona franca spalancata ai traffici illegali in un'area euro-mediterranea consacrata al libero scambio e ospita nel suo seno un assessore colto a colloquiare telefonicamente con mafiosi nel tentativo di aiutarli a riprendersi i beni confiscati. Nel 2002 il consiglio comunale di Cinisi e' stato sciolto per infiltrazione mafiosa e mentre ai funerali del figlio del capomafia si sono viste accorrere centinaia di persone, la partecipazione della popolazione locale alle iniziative contro la mafia continua a essere inadeguata, ma cresce l'interesse dei piu' giovani. La deindustrializzazione della Sicilia, con la crisi dei grandi gruppi impreditoriali presenti nell'isola e la chiusura o il drastico ridimensionamento degli stabilimenti industriali, dalla Fiat di Termini Imerese all'Imesi di Carini, mentre gli operai di Gela e di Priolo sono costretti a scegliere tra vivere disoccupati o lavorare con la certezza di contrarre malattie mortali, si coniuga con la diffusione del lavoro nero e precario e offre nuovo spazio all'economia illegale. Le iniziative del prossimo maggio cercheranno di affrontare alcuni di questi temi, collegandoli con le risposte che le mobilitazioni degli operai, degli studenti, dei disoccupati, dei senzacasa, il movimento per la pace e contro la globalizzazione neoliberista hanno cominciato a dare. * Promotori: famiglia Impastato, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, Associazione "Peppino Impastato" di Cinisi-Terrasini, Circolo "Musica e Cultura" di Cinisi, Associazione "Radio Aut", Arci Palermo, Libera Palermo, Associazione "Non solo Alive" Palermo, Ciss - Cooperazione Internazionale Sud-Sud, Gruppo Nemo Marsala, Circolo Metropolis di Castellammare del Golfo, Comitato resistenza anticapitalista Palermo, Giovani Comunisti Palermo, Rifondazione comunista Palermo, Sinistra giovanile Cinisi-Terrasini, Attac Palermo, QuartodeiMille-Palermo, Associazione Onda Pazza Alimena, Marionettistica Popolare Siciliana - Palermo. * Per adesioni e informazioni: Segreteria organizzativa del Forum sociale antimafia Peppino Impastato: Corso Umberto 30, Cinisi (Pa), tel. 3394903938, sito: www.forumpeppinoimpastato.org, e-mail: forumimpastato at inwind.it; Media Center: piazza Stazione 10, Cinisi (Pa), e-mail: f.s.a.peppinoimpastato at virgilio.it; ed ancora: Centro Impastato Palermo: tel. 0916259789, fax 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito internet: www.centroimpastato.it; Associazione "Peppino Impastato" Cinisi-Terrasini: tel. 0918667052, e-mail: guidorlando at libero.it, sito: www.peppinoimpastato.com; Circolo Musica e Cultura: tel. 3391850241, sito: www.cmc-cinisi.org; Associazione Radio Aut: 3336394387, e-mail: radioaut at neomedia.it, sito:www.radioaut.org; Giovani comunisti: tel. 0916121588, e-mail: palermo at giovanicomunisti.net, sito: www.giovanicomunisti.net; Sinistra Giovanile Cinisi-Terrasini: tel. 3289055877. 8. LIBRI. FRANCA D'AGOSTINI PRESENTA "L'ORDINE DEL CUORE" DI ROBERTA DE MONTICELLI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 aprile 2003. Sia Franca D'Agostini che Roberta De Monticelli sono due autorevoli filosofe] Che cosa abbiamo da dire, del cuore, in questi tempi di guerra? Apparentemente, poco. Ma non e' cosi', e non tanto perche' Bush e Blair non abbiano cuore, ma al contrario, probabilmente, perche' ne hanno troppo, soprattutto se con questo termine si intende cio' che intende Roberta De Monticelli, che ha pubblicato da poco un'importante messa a punto sull'argomento: L'ordine del cuore (Garzanti, pp. 316, 17 euro). Va detto subito che il titolo del libro puo' trarre in inganno. C'e' poco di sentimentale, in queste pagine, ma anzi molta teoria, una forte esigenza di chiarezza e precisione, una intensa volonta' di mettere ordine in un campo, quello dell'analisi della persona, e della sua vita emotiva, che - nota giustamente l'autrice - e' sempre piu' disordinato, a dispetto di ogni naturalizzazione e computerizzazione della psiche, o forse proprio a causa di entrambe. Dunque il lettore che si sentisse attratto dal secondo dei due termini del titolo (cuore), dovrebbe anche sapere che l'ossimoro in realta' pende spesso a favore dell'altro (ordine). Anzitutto, che cosa e' "il cuore", e quale e' la sua specifica funzione? La risposta di Roberta De Monticelli e' molto semplice, anche se sottile nelle sue ragioni. Si tratta di una particolare struttura interna alla vita affettiva di ciascun individuo, che De Monticelli chiama anche "strato del sentire personale". Ora questo strato e' sede di sentimenti, cioe' di "risposte affettive", ed e' il fondamento dell'etica, in quanto proprio queste risposte affettive sono in grado di creare degli "ordini di priorita' assiologica". La collocazione del cuore e' cosi' esattamente a mezza via tra l'essere di una persona e il suo agire e conoscere morale: cuore e' quel che io sono intimamente, ed e' il principio che orienta le mie scelte, predilezioni, avversioni. Ma come si attua, precisamente, la fondazione dell'etica nell'ontologia della persona, e in particolare nel sentire? Sembra abbastanza semplice: affinche' possiamo essere buoni o cattivi, e/o possiamo essere considerati tali, ci occorre anzitutto "essere", ed essere provvisti di qualche identita' o identificabilita' morale. Date persone, e in particolare data la loro peculiare struttura interna, ovvero il loro "cuore", si da' allora l'etica. E infatti, poiche' sento affettivamente e sensibilmente (percepisco soffro gioisco ecc.), do' forma a ordini, gerarchie e strutture di valore, che orientano il mio agire, e la mia valutazione dell'agire altrui. Non soltanto: il cuore e' cio' che modella il mio "stile personale", il modo peculiare che io ho di comportarmi, sentire, pensare, ed e' dunque cio' che segna al tempo stesso la mia integrita' (interezza - coerenza) morale e la mia riconoscibilita' come persona. Naturalmente, proprio a partire da cio' si da' anche l'etica come problema, perche' gli ordini di priorita' assiologica che ciascuno costruisce a partire dal suo proprio sentire sono e possono essere diversi. Dunque, ecco presentarsi la questione capitale dell'oggettivita' dei giudizi etici. Se nell'ordine assiologico voluto e creato dal tuo cuore stanno in posizione preminente la giustizia e la liberta' e l'amicizia (e al solo sentire questi nomi e verificare i fatti relativi il tuo cuore per cosi' dire si infiamma), mentre nel mio cuore appassionatamente freddo stanno in primo piano il denaro o il successo (e al sentire e all'essere dell'uno e dell'altro il mio sentire personale si esalta), e se tu ed io ci comportiamo di conseguenza, come possiamo capirci e giudicarci? Chi potra' dirmi che tu sei moralmente migliore di me? Se per te l'ordine economico mondiale e la conservazione di certe egemonie sono buone ragioni per la guerra (una guerra razionale, beninteso, capace di fare poco danno, e, en passant, di buttar giu' un piccolo dittatore dal suo piccolo trono), mentre per me ragioni di questo genere non giustificano una guerra, e/o non esistono guerre razionali, come possiamo stabilire chi ha ragione? (E' chiaro che in una impostazione di questo tipo le ideologie e la falsa coscienza non vengono prese in considerazione, e questo forse, come diro' piu' avanti, e' un punto che si puo' discutere). La risposta di De Monticelli e' che si tratta di un problema di educazione morale, intesa come educazione al sentire. Di fatto esiste "una base non negoziabile di norme universalmente obbliganti", ossia: gli ordini assiologici si incrociano e si intersecano in alcuni principi di fondo, sui quali non c'e' alcuna eccepibilita'. Conosciamo tali intersezioni (problema della conoscenza morale) nel momento in cui siamo in grado di valutare comparativamente ordini possibili di priorita' assiologica, e abbiamo questa capacita' nel momento in cui ci siamo formati un ethos "moralmente compatibile", ossia siamo in grado di collegare l'ordine assiologico inerente al nostro strato del sentire personale con "una base universalmente obbligante del sentire". Tale base universalmente obbligante secondo De Monticelli e' costituita essenzialmente da un tipo di intersezione tra ordini assiologici che costituisce una specie di virtu' fondamentale o meta-struttura primaria dell'orientamento morale, e si tratta del "rispetto", inteso come sentimento dell'unicita' della persona. Dunque, riassumendo: abbiamo un cuore, da cui provengono il nostro agire e valutare moralmente, in base a un ordine (e a uno "stile") assiologico che e' sempre personale. La relativita' degli ordini assiologici di ciascuno e' essa stessa relativa, perche' educarsi al sentire significa aprirsi alla considerazione degli ordini assiologici degli altri: e l'apertura stessa di tale considerazione crea il sentimento principe della moralita' che e' il rispetto. (Dunque, si direbbe, se l'ordine di ciascun cuore e' relativo, il meta-ordine dei cuori di tutti non lo e'). I meriti della teoria sono molti. Anzitutto l'impresa che l'autrice si e' proposta riesce: si delinea un'etica basata su una teoria del sentire, con una base nella fenomenologia classica (il secondo capitolo e' una sintesi originale e molto brillante di quel che si puo' o si dovrebbe fare con la fenomenologia in filosofia), e una importante novita': il concetto di "strato del sentire personale". Quest'ultimo - il "cuore" - funziona ingegnosamente come una specie di grimaldello con cui De Monticelli riesce ad aprire con facilita' la porta blindata del problema dell'interiorita' morale, e del nesso tra tale interiorita' e i giudizi di valore. L'unica perplessita' riguarda una struttura di fondo del discorso di De Monticelli, e in particolare si tratta del dubbio che la teoria della persona possa davvero servire come fondamento dell'etica, o non piuttosto generare qualche problema in piu'. Come si vede da quel che si e' detto, infatti, in base alla teoria presentata nel libro, dalla persona nasce la possibilita' della morale, e nella persona, ovvero nel sovrasentimento morale del rispetto, si riassumono tutte le condizioni della valutazione e dell'oggettivita' morale. L'andare e venire dalla persona alla persona e' un po' la cifra del lavoro di De Monticelli, che con sprezzo delle molte forme di anti-umanismo e anti-soggettivismo che hanno popolato i paesaggi recenti della filosofia da anni ha rilanciato il tema dell'identita' personale, attraverso una rilettura originale della fenomenologia. La prima ingenua obiezione che molti farebbero a De Monticelli e' che per lo piu' si ha a che fare con persone (anche noi stessi) piuttosto sconnesse, che valutano e provano simultaneamente cose diverse, sentono vedono immaginano sperano cose opposte: dunque questa idea di fondare l'etica nel sentire personale sembra un lavoro complicato. De Monticelli ci dice (e forse non ha torto) che cio' corrisponde a un tipo di analisi "povera": in realta' e' vero che "ci trascendiamo" continuamente, ma questo non significa che "non ci siamo", o che di volta in volta non siamo in grado (se educati al sentire) di valutare che cosa e' bene. Piuttosto, le sconnessioni e discontinuita' e contraddizioni che incontriamo in noi stessi e negli altri sono "la fenomenologia del crescere e del decrescere, del maturare e del regredire della nostra sensibilita' al reale, e con essa, della nostra misura di integrita'". Di passaggio va detto che e' molto ben congegnata la critica che De Monticelli muove al fenomenismo - una vecchia minestra scettica di cui si e' cibata tutta la filosofia moderna, a partire da Cartesio, e che oggi ci viene ripetutamente imbandita da film (non per nulla americani) come Truman Show, Matrix, Strange Days. Il problema pero' non riguarda tanto l'ontologia della persona, ossia: il suo esistere o non esistere; il suo essere discontinua, multiforme, primitiva, o integra ed evoluta; il suo essere "solo" corpo, o solo circuiti nervosi, oppure la sua natura spirituale, irriducibile e ulteriore; o infine: il suo essere vittima dell'inganno dei sensi (siano essi reali o virtuali). E' chiaro che in questo ambito una buona mediazione tra Cartesio e Hume si potra' sempre trovare. Invece, ancora in gioco resta la domanda sulla legittimita' e utilita' di servirsi del concetto di "persona" (e volendo del "cuore", nella definizione che ne abbiamo dato prima) come fondamento della morale. E' davvero sempre esplicativo e risolutivo tale concetto quando si tratti di orientarsi nel giudizio morale? L'ovvia risposta e': senza persone non c'e' etica, perche' non c'e' responsabilita' individuale. Ma non e' proprio cosi': un assassino va in carcere perche' "e' stato lui" a uccidere, e deve andare in carcere, pero' il fatto giuridico della sua responsabilita' puo' non essere fondato in un fatto ontologico. Possiamo pensare che chi ha ucciso non era "qualcuno" nel senso di una entita' persistente nel tempo, e dunque non era "lui" ma solo una istanza regolativa, utile per la nostra vita associata. Tra le molte conseguenze interessanti di questo punto di vista sul piano della valutazione morale si puo' citare il fatto che le ragioni della pena di morte verrebbero meno. Dunque, almeno in alcuni casi, e' consigliabile mettere da parte l'ontologia della persona per evitare una eccessiva severita' nella condanna. Ma in altri casi ci si accorge che proprio una ambigua ontologia del cuore e' all'origine della difficolta' di condannare comportamenti comunque reprensibili. Ritornando al punto di avvio: si puo' dire, mentre le borse volano e il prezzo del petrolio precipita e i bambini iracheni muoiono ai posti di blocco, che Bush e Blair non hanno cuore? Ma non e' forse vero che ne hanno invece o pretendono di averne in abbondanza, tanto da prendersi cura del lontano e misero popolo iracheno, vittima di una ignobile dittatura? Sembra evidente che in questo disastro il cuore - preteso, sbandierato, effettivo, assente - gioca un ruolo importante, ma anche piuttosto ambiguo. L'opinione di De Monticelli, esposta in una pagina decisiva per risolutezza di indagine e slancio etico, e' che in casi come questi siamo di fronte "alla barbarie di quegli individui, tragicamente posti in posizione di potere, che sentono in modo assai piu' primitivo di quanto sarebbe implicito negli orizzonti assiologici gia' raggiunti dall'umanita'". Ossia: Bush e Blair mancano di educazione morale, seguono un sentire "primitivo" che non ha riguardo per le altre culture. Si vorrebbe convenire con lei, se non fosse che questo sentire primitivo contiene come propri cavalli di battaglia quei prolungamenti sociali della nozione di rispetto che sono le idee di democrazia e di pluralismo, di evoluzione sociale e progresso: ed e' proprio in nome di questi valori - i valori dell'occidente offeso e ferito - che l'attacco in Iraq si e' moralmente legittimato. Allora che ne facciamo del cuore, in questi contesti? Forse quel che manca all'analisi di De Monticelli e' solo il lato negativo dei concetti di cui parla. Proprio tale lato negativo e' cio' che da' i maggiori problemi quando l'identita' personale si trovi gettata nel mondo, e nella responsabilita' dei rapporti interpersonali. Tolta dal dialogo dell'anima con se stessa, l'etica del cuore puo' trasformarsi in una pericolosa ideologia del cuore, o in un eccesso di cuore che genera e maschera le peggiori efferatezze. Molti crimini sociali, i piu' clamorosi, ma anche i piu' inavvertiti e inafferrabili dal punto di vista dei nostri comuni codici di comportamento, sono proprio compiuti da persone - e con il termine persone qui si intende individualita' dotate di stile, dunque anche nazioni, e culture - che presumono di essere "integralmente" persone, e lottano per conquistare o difendere la riconoscibilita' del loro stile. Queste "persone" dovrebbero forse capire cio' che puo' definirsi, utilizzando un termine hegeliano, il senso etico dell'intero. Ossia: che non ci sono completezza e integrita' e stile che non siano di tutti insieme a tutti. 9. LUTTI. LA SCOMPARSA DI GIOVANNI MELODIA [Dal mensile "L'"incontro" del marzo 2003 (per contatti: linc at marte.aerre.it) riportiamo il seguente necrologio. Giovanni Melodia, nato a Messina nel 1915, figlio di un pastore evangelico socialista e pacifista, venne arrestato nel 1939 per attivita' antifascista, e nel 1943 fu deportato a Dachau. Segretario nazionale dell'associazione degli ex-deportati politici, ha pubblicato numerosi studi sui lager nazisti. E' deceduto il 13 marzo 2003. Tra le opere di Giovanni Melodia: Di la' da quel cancello, Mursia, Milano] Il 13 marzo, nell'ospedale Pertini di Roma, e' deceduto dopo lunga malattia Giovanni Melodia, gia' condannato a trenta anni di carcere dal Tribunale speciale nel 1939 e deportato dai nazisti nel lager di Dachau. Animato dagli ideali di giustizia e liberta', si dedicava, sia in Italia, nel carcere di Civitavecchia, sia a Dachau, ad organizzare la resistenza al nazifascismo, con grave rischio personale. Liberato dalle forze alleate divenne prima ispettore della Postbellica, poi segretario nazionale dell'Aned che aveva contribuito a fondare. In questo compito di grande responsabilita' provvide, oltre ai bisogni dei prigionieri politici sopravvissuti, anche al recupero della memoria storica della tragedia causata dalla dittatura fascista. Negli articoli, nei dibattiti, nei libri di memorie, nelle lezioni agli studenti sulla Resistenza fuori e dentro i lager, Melodia documento' in modo validissimo la storia di tante vittime della persecuzione, della guerra e della deportazione. L'associazione nazionale degli ex deportati nei lager nazisti (Aned) ha intitolato la propria biblioteca al suo nome per riconoscenza al maestro di vita. Ad essa sono destinati i documenti ed i libri della sua biblioteca personale di Roma. "L'incontro", di cui Giovanni Melodia fu eminente collaboratore e sostenitore sin dal 1955, esprime profondo cordoglio per la sua scomparsa e una commossa partecipazione al lutto del fratello Davide e della figlia Rossella. 10. LUTTI. GUIDO LIGUORI RICORDA GIUSEPPE FIORI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 aprile 2003. Giuseppe Fiori era nato nel 1923 a Silanus (Nuoro); e' stato giornalista, parlamentare, scrittore, storico. Tra le opere di Giuseppe Fiori: Baroni in laguna e La societa' del malessere, Vita di Antonio Gramsci, Vita di Enrico Berlinguer, Vita e morte di Michele Schirru, presso Laterza; Il venditore, Garzanti; Il cavaliere dei Rossomori, Uomini ex, Una storia italiana, presso Einaudi] E' morto Giuseppe Fiori. Aveva poco piu' di ottant'anni e una bella vita alle spalle. Era nato il 27 gennaio 1923, a Silanus, in provincia di Nuoro. La malattia che da anni combatteva ne aveva minato il corpo, non certo l'intelligenza, il coraggio, la voglia di combattere per la democrazia. Sembra una banale frase retorica, ma solo per chi non lo ha conosciuto. La sua tempra di sardo tenace, il suo corpo massiccio, la sua intelligenza dominata dalla curiosita' intellettuale ricordavano proprio l'immagine di una sinistra che non vuole arrendersi, come dimostra anche una delle sue ultime fatiche, un libro-inchiesta su Silvio Berlusconi dato alle stampe quando questi era ormai "sceso in politica" (Il venditore. Storia di Silvio Berlusconi e della Fininvest, Garzanti 1995). Fiori era diventato famoso in tutto il mondo con la sua Vita di Antonio Gramsci, uscita da Laterza nel 1966 e tradotta in molte lingue. Ma se oggi volgo lo sguardo ai non pochi contributi che ha dato alla cultura larga di questo paese e cerco di ricordarlo come uomo pubblico, mi tornano subito alla mente i suoi editoriali, la domenica all'ora di pranzo, durante il Tg2 "del dopo-riforma", di cui era vice-direttore nella seconda meta' degli anni Settanta (sara' piu' tardi anche direttore di "Paese sera") e di cui si aspettava con ansia la fine proprio per gustare l'argomentare pacato e appassionato insieme di Fiori. Peppino veniva dalla scuola di Tv7, l'unica trasmissione di sinistra della Rai degli anni Sessanta. Era giornalista di razza, giornalista d'inchiesta (i suoi libri sono quasi tutti delle grandi inchieste, storiografiche e non), ma anche efficacissimo estensore di fondi per il piccolo schermo, che riempiva col suo faccione onesto, raccontando una Italia che lottava per migliorarsi, denunciando i soprusi, spezzando una lancia in difesa della povera gente quotidianamente vessata dal potere economico e politico, denunciando una classe dirigente iniqua. Erano parole incredibilmente nuove per la televisione di allora, uno dei tanti segni di speranza di quegli anni. La grande popolarita' conquistata contribuira' negli anni Ottanta a portare Fiori in parlamento, tra i senatori della sinistra indipendente, a fianco del Pci, per tre legislature, durante le quali continuo' il suo impegno e la sua lotta per una societa' piu' giusta, ma senza diventare mai un politico vero e proprio, senza rinunciare mai al vizio e al piacere della scrittura. Amore per la storia e amore per il giornalismo si sposavano in Peppino nell'amore per il genere biografico, di cui fu in Italia uno dei massimi esponenti, senza mai dar vita a opere banali o furbastre, come spesso accade, ma vive e palpitanti, appassionate, cercando sempre di narrare uomini contro, quelli a lui piu' congeniali: comunisti, libertari, liberali eretici e ribelli, da Enrico Berlinguer all'anarchico Schirru, da Ernesto Rossi ai fratelli Rosselli. La biografia gramsciana - si e' detto - gli diede notorieta' internazionale e anche oggi, pur superata dal procedere della ricerca e degli studi, resta nel campo una lettura non eludibile, anche se parziale. Fiori aveva ricostruito in modo magistrale soprattutto l'infanzia del suo grande conterraneo, facendo uscire definitivamente Gramsci fuori dal mito. Pochi anni prima vi era stato il famoso saggio togliattiano sulla formazione del gruppo dirigente del Pci, vero punto di svolta della storiografia di partito. Fiori, che comunista non era, ando' oltre, sollevando anche polemiche clamorose e attirandosi le scomuniche dei piu' ortodossi. Ma alla lunga la simpateticita', l'affetto direi, con cui racconta il suo personaggio e cerca di comprenderne, oltre che di ricostruirne, la personalita' e le vicende, imposero a tutti la sua onesta' di ricercatore attento, anche se qualche volta criticabile. Del resto erano (e sono) i rischi di un lavoro assolutamente pionieristico. E quando molti anni dopo tornera' a scrivere sul comunista sardo (Gramsci Togliatti Stalin, Laterza 1991) dara' ancora una volta una prova da grande autore, soprattutto nel primo dei tre saggi del libro, dedicato alla vexata quaestio dell'intrico di rapporti cui lo stesso titolo del volume allude. Che Gramsci, del resto, sia stato forse il grande interesse della sua vita di studioso e' testimoniato anche da altre due circostanze significative: la biografia composta utilizzando gli stessi scritti gramsciani (Antonio Gramsci, Vita attraverso le lettere, a cura di Giuseppe Fiori, Einaudi 1994) e il fatto che nel 1996 egli fu nel gruppo che fondo' la "sezione italiana" della International Gramsci Society, la Igs Italia appunto, che raccoglie gli studiosi, gli appassionati, i militanti che in tutto il mondo promuovono la conoscenza della figura e dell'opera di Gramsci. Ai parenti tutti, e soprattutto alla figlia Simonetta, il cordoglio e l'abbraccio sincero di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere Peppino. 11. RIVISTE. "A. RIVISTA ANARCHICA" DI APRILE Nel fascicolo di aprile 2003 del sempre ottimo mensile "A. Rivista anarchica" segnaliamo particolarmente l'ampio, accurato, appassionante e fin commovente dossier su Gli anarchici contro il fascismo; e inoltre un ricerdo di Roberto Leydi scritto da Cesare Bermani, e molti altri pregevoli articoli e materiali. Per richieste e contatti: "A. Rivista anarchica", tel. 022896627, e-mail: arivista at tin.it, sito: www.anarca-bolo.ch/a-rivista 12. RIVISTE. "MESSAGGERO CAPPUCCINO" Possiamo dirlo? La lettura del bimestrale d'informazione dei cappuccini bolognesi-romagnoli e' una festa dello spirito. Lo leggi dalla prima all'ultima riga e ti senti meglio. Per richieste e contatti: "Messaggero cappuccino", tel. 054240265, e-mail: fraticappuccini at imolanet.com, sito: www.imolanet.com/fraticappuccini 13. RIVISTE. "VIATOR" DI APRILE "Viator. Un nuovo mondo e' necessario" e' un mensile indipendente di ispirazione cristiana. Il numero 4, anno IV, dell'aprile 2003, e' ancora una volta ricco di materiali preziosi: interviste a ed interventi di alcune delle personalita' piu' prestigiose del movimento per la pace e la giustizia, da Riccardo Petrella a Wolfgang Sachs, da Ignacio Ramonet a Vandana Shiva, da Raniero La Valle a Enrico Peyretti. Una lettura che vivamente raccomandiamo. Per richieste e contatti: "Viator", tel. 0245487322, sito: www.viator.it 14. LETTURE. AA. VV.: EVALUATION. STUDI IN ONORE DI ALDO VISALBERGHI AA. VV. (a cura di Giacomo Cives, Maria Corda Costa, Marta Fattori, Nicola Siciliani De Cumis), Evaluation. Studi in onore di Aldo Visalberghi, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma 2002, pp. 640, euro 25. In questo omaggio a Visalberghi molti i contributi di rilievo di amici, colleghi, collaboratori e discepoli. Tra i tanti, segnaliamo ad esempio i saggi di Scevola Mariotti, "Su un'iscrizione contro Ottaviano", e di Gennaro Sasso, "Giovanni Gentile e Gioacchino Volpe dinanzi al crollo del fascismo". Ma occorrerebbe ricordare almeno i nomi di tutti i partecipanti al volume: Guido Benvenuto, Piero Bertolini, Giuseppe Boncori, Giovanni Cacioppo, Giacomo Cives, Maria Corda Costa (l'illustre studiosa recentemente scomparsa), Tullio De Mauro, Marta Fattori, Remo Fornaca, Mauro Laeng, Eugenio Lecaldano, Lucia Lumbelli, Mario Alighiero Manacorda, Scevola Mariotti, Vincenzo Orsomarso, Furio Pesci, Elena Picchi Piazza, Gennaro Sasso, Nicola Siciliani De Cumis, Maria Serena Veggetti, ed i curatori della vastissima ed egregia bibliografia degli scritti di Visalberghi (pp. 389-630, inclusiva di un indice dei nomi) Marco Antonio D'Arcangeli, Andrea Giacomantonio, Eleonora Guglielman, Marco Guspini, Carla Massaro. 15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 16. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 572 del 20 aprile 2003
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