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La nonviolenza e' in cammino. 556
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 556
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 3 Apr 2003 23:26:56 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 556 del 4 aprile 2003 Sommario di questo numero: 1. Wislawa Szymborska: l'odio 2. Comitato "Fermiamo la guerra" di Bolzano: cessate il fuoco 3. Cristina Papa: aggiornamento del sito de "Il paese delle donne" 4. Danilo Zolo: l'evanescenza del diritto di guerra 5. Elettra Deiana: intervento in parlamento del 19 marzo 2003 6. Ida Dominijanni: fra corpi e parole 7. Walter Peruzzi: editoriale di "Guerre & pace" n. 98 8. Riccardo Orioles, dopo 9. Augusto Cavadi: una data per non dimenticare 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. POESIA E VERITA'. WISLAWA SZYMBORSKA: L'ODIO [Da Wislawa Szymborska, 25 poesie, Scheiwiller, Milano 1997, Mondadori, Milano 1998, pp. 47-49. Wilslawxa Szimborska, poetessa polacca, nata a Bnin nel 1932, nel 1996 ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura] Guardate com'e' sempre efficiente, come si mantiene in forma nel nostro secolo l'odio. Con quanta facilita' supera gli ostacoli. Come gli e' facile avventarsi, agguantare. Non e' come gli altri sentimenti. Insieme piu vecchio e piu' giovane di loro. Da solo genera le cause che lo fanno nascere. Se si addormenta, non e' mai di un sonno eterno. L'insonnia non lo indebolisce, ma lo rafforza. Religione o non religione - purche' ci si inginocchi per il via. Patria o non patria - purche' si scatti alla partenza. Anche la giustizia va bene all'inizio. Poi corre da solo. L'odio. L'odio. Una smorfia di estasi amorosa gli deforma il viso. Oh, quegli altri sentimenti - malaticci e fiacchi. Da quando la fratellanza puo' contare sulle folle? La compassione e' mai arrivata per prima al traguardo? Il dubbio quanti volenterosi trascina? Lui solo trascina, che sa il fatto suo. Capace, sveglio, molto laborioso. Occorre dire quante canzoni ha composto? Quante pagine ha scritto nei libri di storia? Quanti tappeti umani ha disteso su quante piazze, stadi? Diciamoci la verita': sa creare bellezza. Splendidi i suoi bagliori nella notte nera. Magnifiche le nubi degli scoppi nell'alba rosata. Innegabile e' il pathos delle rovine e l'umorismo grasso della colonna che vigorosa le sovrasta. E' un maestro del contrasto tra fracasso e silenzio, tra sangue rosso e neve bianca. E soprattutto non lo annoia mai il motivo del lindo carnefice sopra la vittima insozzata. In ogni istante e' pronto a nuovi compiti. Se deve aspettare, aspettera'. Lo dicono cieco. Cieco? Ha la vista acuta del cecchino e guarda risoluto al futuro - lui solo. 2. APPELLI. COMITATO "FERMIAMO LA GUERRA" DI BOLZANO: CESSATE IL FUOCO [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per averci inviato questo appello] Fermiamo la guerra. Per la bambina irachena ferita che piange sola in silenzio in ospedale; ma anche per il soldato statunitense impazzito che lancia una granata sulla tenda dei suoi commilitoni (o dei suoi comandanti?); per le povere case sventrate e distrutte; ma anche per i prigionieri alleati smarriti che credevano a una marcia trionfale tra l'approvazione del popolo invaso; per i morti civili da bombe "intelligenti"; per donne bambini anziani uccisi nei selvaggi bombardamenti ripetuti sulle popolazioni nelle citta' o sulle strade mentre cercano di sfuggire alla sete alla fame alla distruzione delle loro abitazioni; per i soldati inglesi uccisi e rinviati in patria con solenni funerali per incitare lo stupido nazionalismo britannico ("right or wrong, my country", che abbia torto o ragione e' il mio paese) e per i morti statunitensi spediti alla chetichella per non svelare alle famiglie gli inganni di una guerra "amica"; per le terre inquinate; il petrolio sprecato; per una catena di orrori tra i quali e' difficile fare graduatorie, ma dove forse lo sdegno contro i pescecani che gia' lucrano sugli appalti della ricostruzione ottiene il primo posto, noi comitato "Fermiamo la guerra" di Bolzano: * chiediamo subito il "cessate il fuoco"; * rivolgiamo un pressante appello: - alle Nazioni Unite un pressante appello perche' in questo senso promuovano pronunciamenti del Consiglio di sicurezza e dell'Assemblea generale; - al Consiglio d'Europa perche' dimostri di essere all'altezza dei tempi che viviamo mettendo avanti il peso delle popolazioni europee, unite contro la guerra, anche a dispetto dei loro governi; - al governo italiano, al parlamento, alla presidenza della Repubblica perche' smettano di giocare su troppi tavoli e decidano - secondo la Costituzione italiana - di separare del tutto le nostre responsabilita' da una guerra immorale, reazionaria e nemica dei popoli, e in piu' illegale, perche' senza copertura del Consiglio di sicurezza e per noi comunque certamente incostituzionale. Perche' le menzogne che sempre accompagnano le guerre abbiano termine, noi chiediamo a gran voce di fermarla, negando il potere di giocare con le vite e le cose umane, con le risorse della natura, con la terra martoriata dalle nostre follie, a quanti stanno rintanati nelle loro solenni residenze o in protetti bunker o sotto i loro paramenti religiosi: torni la ragione tra le genti, tacciano le follie di potenza dei signori della guerra, dei mercanti di morte e di una parte di autorita' religiose fanatiche. Noi non dimentichiamo ne' dimenticheremo le distruzioni, le bugie, il "fuoco amico", le bombe intelligenti, l'imbarbarimento dei gesti linguaggi relazioni tra le persone. Non vogliamo un mondo nel quale queste cose abbiano potere risorse strumenti di comunicazione e prevarichino sulle persone, impongamo censure e distorsioni e servilismi e sacrifici pesanti agli innocenti e alle vittime della violenza e dell'ingiustizia militare politica ed economica. Chiediamo pace perche' nella pace un altro mondo e' possibile e vi sono forze ovunque sulla terra per costruirlo. Intendiamo promuovere azioni e suggeriamo a chi voglia agire contro la guerra di appoggiare sottoscrivere e divulgare questo appello e i conseguenti propositi anche cercando di stabilire fin da ora rapporti generosi con le popolazioni dell'Iraq per progettare insieme una vera ricostruzione anche di rapporti umani e solidali attraverso aiuti economici tecnologie pacifiche uso ragionevole delle risorse, rapporti di scambio e non di morte ne' di sfruttamento. Gia' sono avviate raccolte di denaro, richiesta di versare un'ora di salario, progetti di formazione nelle scuole, adozione di quartieri villaggi ospedali colpiti dalla guerra. Bolzano intende adottare il mercatino di Baghdad colpito "non si sa da chi" prima che i venditori di quassu' progettino affari: anche la cupidigia mercantile, conseguenza della follia e della criminalita' bellica, dilaga. Gli esempi dei potenti della terra vengono seguiti; cerchiamo di far camminare esempi di altro genere, che diano speranza per il futuro. 3. INFORMAZIONE. CRISTINA PAPA: AGGIORNAMENTO DEL SITO DE "IL PAESE DELLE DONNE" [Cristina Papa fa parte della redazione de "Il paese delle donne" (per contatti: e-mail: cristina at www.womenews.net, sito: www.womenews.net), uno dei migliori siti femministi e pacifisti] In questo numero parliamo di: * Pace e guerra - Dal regno di Blair - Un pericoloso asservimento - Vi e' stato detto, ma io vi dico... - Continueremo a chieder conto - La strada della giustizia - In queste ore il fragore della guerra - Ripristinare la legalita' internazionale - Fare spazio alla pace - Alle donne del mondo intero * Mass media - La tricea del capitano Jenifer - La presidente - Informazione di guerra * Femminismi - Autocoscienza e cittadinanza * Formazione - Una riforma coi buchi * Culture - Esperienze di vita e di lavoro - I desideri non invecchiano - Baby boomers - Silence * Democrazia paritaria - Articolo 51: mobilitazione di attenzione * Diritti - Accade in Birmania - Amina da salvare - Infortunate ma non rinunciatarie - Una storia e la norma * Notizie in breve 4. RIFLESSIONE. DANILO ZOLO: L'EVANESCENZA DEL DIRITTO DI GUERRA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 marzo 2003. Danilo Zolo, illustre giurista, e' nato a Fiume (Rijeka) nel 1936, docente di filosofia e sociologia del diritto all'Universita' di Firenze; tra le sue opere segnaliamo almeno: Stato socialista e liberta' borghesi, Laterza, Bari 1976; Il principato democratico, Feltrinelli, Milano 1992; (a cura di), La cittadinanza, Laterza, Roma-Bari 1994; Cosmopolis, Feltrinelli, Milano 1995; Chi dice umanita', Einaudi, Torino 2000] "Se il diritto internazionale e', in un certo senso, il punto di evanescenza del diritto, il diritto bellico e' il punto di evanescenza del diritto internazionale". Questa massima e' di Hersh Lauterpacht, uno dei piu' autorevoli giuristi "internazionalisti" del secolo scorso. Nulla come le vicende di questi giorni sembra confermare il realismo di questa massima. Donald Rumsfeld, capo del Pentagono, accusa gli iracheni di non rispettare la Convenzione di Ginevra. Le sue mani grondano sangue ma egli punta l'indice contro chi ha osato mostrare al mondo, con la complicita' di Al Jazeera, i volti sofferenti dei prigionieri americani. L'aggressore, che ha stracciato la Carta delle Nazioni Unite e ha violato tutto cio' che poteva essere violato, chiede che il diritto bellico venga applicato contro gli aggrediti. Gli fa da contrappunto Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite, che qualche anno fa il presidente Clinton ha imposto alla comunita' internazionale con una serie di ricatti. Con olimpica imparzialita' l'elegante cerimoniere delle Nazioni Unite ha invitato entrambi i contendenti - gli aggressori e gli aggrediti - a rispettare il diritto internazionale di guerra. Le quattro Convenzioni della Conferenza diplomatica di Ginevra dell'agosto 1949 dettano norme per proteggere le vittime della guerra: i feriti, i malati, i naufraghi, i prigionieri, la popolazione civile. Una delle convenzioni, la terza, vieta che i prigionieri siano torturati fisicamente o moralmente, che le loro vite siano messe in pericolo, che vengano usati come ostaggi. Si puo' sostenere che l'esibizione televisiva dei prigionieri americani da parte degli iracheni sia illegale perche' e' una forma di tortura morale? E' una interpretazione estensiva, largamente opinabile, del testo della convenzione. Cio' che e' assai meno dubbia e' la serie di gravissime violazioni del diritto bellico compiute impunemente dagli Stati Uniti e dai loro alleati nel corso delle ultime guerre: dalla prima guerra del Golfo, alla guerra per il Kosovo, alla guerra in Afghanistan. E' sufficiente ricordarne qualcuna fra le moltissime. Proprio nei luoghi dove in queste ore e' in pieno svolgimento la strategia terroristica dello shock and awe, nel 1991 gli Stati Uniti si macchiarono di un crimine orrendo. Sull'autostrada che collega la capitale del Kuwait a Bassora - da allora chiamata l'autostrada della morte - un convoglio di oltre dieci chilometri di lunghezza, composto di autocarri, autobus, ambulanze e centinaia di automobili in fuga, venne annientato con una serie di attacchi dal cielo nel corso della nottata conclusiva dell'offensiva terrestre, quando Radio Baghdad aveva gia' annunciato la resa. Migliaia di civili, in gran parte palestinesi, sudanesi ed egiziani, vennero sterminati senza che potessero opporre la minima resistenza. Come sostenne "Newsweek" (11 marzo 1991), nessun giornalista venne ammesso allo "spettacolo apocalittico" della strage - cosi' lo defini' il maggiore americano Bob Williams - prima che migliaia di cadaveri carbonizzati fossero stati seppelliti nel corso di tre giornate. E come non ricordare, come esempi di un sistematico uso criminale della forza militare da parte degli Stati Uniti, il bombardamento di carceri e di ospedali serbi e la strage dei giornalisti della televisione di Belgrado, durante la guerra "umanitaria" contro la Repubblica Jugoslava? E il massacro di prigionieri a Mazar-i-Sharif in Afghanistan? E l'uso continuato delle cluster bombs e dei proiettili all'uranio impoverito (Du)? E, soprattutto, come non ricordare il lager della baia di Guantanamo? Da oltre un anno centinaia di prigionieri, accusati di complicita' con Al Qaeda al di fuori di qualsiasi procedura legale, sono detenuti in condizioni disumane che suscitano orrore. I suicidi sono gia' numerosi. A queste persone e' stato negato persino lo status giuridico di prigionieri. Ed e' di questi giorni la notizia che la Corte federale di appello americana alla quale alcuni detenuti si erano rivolti, ha respinto le loro domande. In flagrante complicita' con l'amministrazione Bush, la Corte ha sostenuto di non avere competenza giurisdizionale, essendo Guantanamo una base militare esterna al territorio degli Stati Uniti. Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti perche' gli Stati Uniti si sono accaniti contro la Corte penale internazionale e continuano a sabotarne preventivamente l'attivita' giurisdizionale. Come ha scritto Antonio Cassese ("Repubblica", 24 marzo) il loro timore non e' tanto per i soldati, quanto per i leader politici e i vertici militari, che possono essere perseguiti per crimini di guerra o contro l'umanita'. Se quella Corte riuscira' mai ad entrare in funzione, dovra' occuparsi a tempo pieno delle responsabilita' penali dell'intera amministrazione Bush, a cominciare da Donald Rumsfeld che oggi si atteggia a giustiziere. E' una farsa tragica, una simulazione sfrontata, una crudele parodia della giustizia internazionale. 5. DOCUMENTAZIONE. ELETTRA DEIANA: INTERVENTO IN PARLAMENTO DEL 19 MARZO 2003 [Riceviamo e diffondiamo questo intervento di Elettra Deiana (per contatti: deiana_e at camera.it), parlamentare, da sempre impegnata per la pace e i diritti] Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa guerra, come hanno gia' ricordato altri colleghi, non ha nulla a che vedere con le ragioni che sono state accampate da Bush per giustificarla e che il governo Berlusconi ripete pedissequamente contro ogni logica ed evidenza. Non c'entrano le armi di distruzione di massa, che forse ci sono o, molto probabilmente, non ci sono. Non c'entra l'efferatezza del regime, che sicuramente c'e'. Non c'entra nulla comunque. Non c'entra nulla il terrorismo internazionale. L'idea neocoloniale e sopraffattrice di mettere ordine nel mondo, di "esportare la democrazia" sulla punta delle baionette moderne all'uranio impoverito rappresenta, in realta', l'involucro ideologico di un piano politico-militare molto preciso: l'Iraq deve diventare un protettorato americano, lo ha ripetuto anche ieri il portavoce della Casa Bianca, Fleischer, dicendo ai giornalisti che, se anche il rais se ne andasse in esilio, le truppe americane dovrebbero ugualmente intervenire in Iraq per rimettere in ordine le cose e "garantire la pace e la sicurezza". Siamo di fronte ad una gigantesca operazione di penetrazione statunitense nel continente asiatico, ad un processo di destabilizzazione e disgregazione degli assetti statuali dell'Asia centrale, che e' il vero grande tema di politica internazionale attorno al quale dovremmo discutere. Si discute, invece, delle fandonie di Bush e delle fandonie di Berlusconi, dimenticando di fare i conti con quanto e' gia' successo in quell'area del mondo, a cominciare dall'Afghanistan, prima tappa di questo processo che ha permesso di mettere sotto occupazione militare statunitense larga parte dell'Asia centrale. Questa guerra va ben oltre la stessa questione - peraltro non irrilevante - dei pozzi petroliferi: mira al dominio unilaterale del mondo attraverso la superiorita' militare assoluta di cui godono gli Stati Uniti d'America. E' il progetto americano del nuovo ordine mondiale, lungamente dibattuto in tutte le salse negli ambienti militari statunitensi, che oggi si manifesta in tutta la sua portata e violenza. Un progetto incubato lungamente negli anni novanta, interpretato diversamente a seconda di chi occupasse la Casa Bianca. Le guerre del decennio degli anni novanta sono figlie di questa incubazione. Oggi, Bush ha reso radicale e inequivocabile quel progetto e, come tutti i personaggi animati da forte vocazione fondamentalistica, come e' lui, lo ha esplicitato, sottraendogli l'involucro di ogni ipocrisia, appalesandolo in tutta la sua devastante violenza. Con la guerra di Bush contro l'Iraq e' diventato evidente che l'idea della guerra preventiva e duratura, della supremazia militare permanente, del potere di decisione unilaterale, costituisce la bussola strategica della politica estera statunitense del nuovo secolo. Gli interessi immediati della superpotenza, il controllo diretto delle risorse energetiche e quelli di lunga durata - appunto il nuovo ordine mondiale - sono stati posti al mondo con brutale evidenza. E' per questa ragione che l'Europa e' andata in crisi, perche' qualcuno, in Europa, ha cominciato a preoccuparsi di una dinamica politica che, se non verra' contrastata, ridurra' l'Europa al ruolo di giullare dell'imperatore, a quel ruolo che gia' oggi Blair, Aznar e Berlusconi in vario modo hanno giocato sulla scena pubblica. Cosi' si spiega la crisi della stessa Nato e dell'Onu e si spiegano le resistenze di governi di paesi con grandi difficolta' economiche che, tuttavia, non si sono voluti piegare all'indegna "campagna di acquisti" organizzata da Bush per assicurarsi la maggioranza nel Consiglio di Sicurezza. L'Onu, la Nato, l'Europa entrano in fibrillazione perche' la pretesa degli Stati Uniti di dettare legge, di fare ordine, di giudicare e punire, mette in allarme il mondo. Ed e' per questa ragione che si e' registrata una cosi' vasta insorgenza dell'opinione pubblica contraria alla guerra e si sono mescolati movimenti, soggetti, culture, storie diverse di donne e di uomini accomunati da un no alla guerra che non ha precedenti nella storia per vastita', ostinazione, intensita'. Che cosa desta preoccupazione, che cosa inquieta le coscienze oggi? I bombardamenti sulle citta' irachene? I terribili cosiddetti "effetti collaterali"? La sofferenza degli inermi? Certamente tutto questo, ma anche lo scombussolamento di ogni riferimento internazionale, la percezione del rischio che un baratro si e' aperto di fronte a noi. Questa guerra, infatti, per la sua intrinseca natura di laboratorio della nuova dottrina militare americana, di prova generale della guerra preventiva di lunga durata che l'amministrazione Bush ha promesso al mondo per i prossimi trent'anni, comporta la deflagrazione e l'azzeramento di quell'ordine internazionale faticosamente costruito dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale. Ordine certamente imperfetto, deficitario, contraddittorio quanto vogliamo, ma ancorato ad un'idea grande che la guerra fosse un disastro da non ripetere piu', che la costruzione del diritto internazionale fosse un bene da difendere ed irrobustire, che l'Onu fosse uno strumento di mediazione essenziale e necessaria per garantire la convivenza tra i popoli del mondo. Tutto questo, oggi, costituisce, invece, per l'amministrazione Bush, un inutile ingombro, lacci e lacciuoli da spezzare, come sta facendo George W. Bush. Guerra criminale, dunque, questa, cari signori del governo, come giustamente l'ha definita anche il papa, guerra criminale perche' massacra i corpi inermi di donne e uomini, uccide ogni legalita' e mina alle radici la convivenza tra i popoli; un aspetto che non e' stato sottolineato sufficientemente. Essa, infatti, rischia di aprire un solco enorme tra l'occidente ed il mondo islamico, di fomentare quella terribile dinamica di scontro tra civilta' che sta diventando o rischia di diventare sempre piu' l'elemento sovraordinatore del contesto internazionale. Voi, signori del governo, avete certamente i numeri per assicurarvi, in questa sede, l'appoggio al vostro si' alla guerra, al vostro si' al coinvolgimento diretto dell'Italia in questa infame avventura internazionale, all'assenso all'uso delle basi e dei cieli da parte degli Stati Uniti. D'altra parte, lo avete gia' fatto mettendo a disposizione l'intero nostro paese per i traffici di morte degli Stati Uniti d'America. Ma sara' un voto di cui noi non riconosceremo la legittimita', perche' non basta la maggioranza per prendere questo tipo di decisioni. Bisogna stare alla Costituzione che conferisce legittimazione ad ogni decisione che parli della pace e della guerra. La violazione dell'articolo 11 non potrebbe essere piu' evidente di fronte ad una relazione come quella del Presidente del Consiglio. E piu' evidente non potrebbe essere la pretestuosita' del richiamo alla volonta' popolare di cui si nutre tradizionalmente la propaganda mediatica del Presidente del Consiglio. Non e' forse di dominio pubblico, confermato dai sondaggi, dalle mobilitazioni costanti, da due milioni e mezzo di bandiere per la pace che sventolano in ogni dove, che la stragrande maggioranza della popolazione di questo paese, la guerra proprio non la vuole? Volonta' popolare e spirito costituzionale vanno, su questo punto, insieme, in maniera straordinaria, e forse al premier Berlusconi, questo, fa proprio paura, e della volonta' popolare ha deciso di infischiarsene o di ingannarla grottescamente, continuando a raccontare la favola del suo impegno per la pace, mentre il Segretario di Stato americano rende pubblica la lista dei volenterosi e gli Stati Uniti d'America ci annoverano tra i paesi amici. Per questo, continueremo a chiedere conto di ogni vostra azione di guerra, di ogni vostro atto di guerra, e a batterci in Parlamento e nel paese contro la vostra cortigianeria bellicistica che coinvolge l'Italia in un'avventura moralmente indegna e politicamente squalificata. 6. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: FRA CORPI E PAROLE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 marzo 2003. Ida Dominijanni, giornalista e saggista, e ' una delle piu' prestigiose intellettuali femministe italiane] Sorpresa, la guerra cade sui corpi: li offende, li uccide, li ferisce, li amputa. Donald Rumsfeld e' contrariato e invoca contro Al Jazeera la convenzione di Ginevra - la stessa che gli Stati Uniti hanno stracciato a Guantanamo, ma lasciamo perdere. Mi chiedo se Rumsfeld e tutti quelli contrariati come lui ci sono o ci fanno, come dicono a Roma. Davvero contavano che il corpo del reato potesse restare occultato? Davvero pensavano che in tempi di cavi e satelliti la strategia del bombardamento-spettacolo concordata con la Cnn, fuochi d'artificio sui palazzi di Baghdad che crollano senza che un solo corpo imbratti di sangue la geometrica potenza delle bombe intelligenti, potesse regnare indisturbata? Solito errore di valutazione di una globalizzazione vista solo dall'alto del potere, politico e mediatico. In basso, invece, le informazioni circolano altrimenti e anarchicamente. E il corpo, eterno rimosso della politica e della guerra che vorrebbe esserne la continuazione, irrompe sulla scena e la stravolge. Non solo per questa irruzione del corpo fallira' la strategia dell'immaginario allestita a sostegno dell'attacco preventivo all'Iraq. La quale consiste, con tutta evidenza, nell'estrarre dall'inconscio americano il ricordo dell'icona totale delle Torri Gemelle tranciate dagli aerei-cyborg di Al Quaeda, sostituendola con l'icona more shocking and awing dei funghi di fuoco sullo sky-line di Baghdad: come fa il dentista quando ti toglie un dente che fa male e ti ci piazza sopra una bella capsula, ne' piu' ne' meno, altro che elaborazione della ferita dell'11 settembre. Ma non funzionera', perche' il film che si gira nel cielo sopra Baghdad e' una copia cattiva di quello girato a suo tempo nel cielo sopra Manhattan, e non ha lo stesso effetto. Una prova? Allora il mondo rimase, come si disse, senza parole: alla lettera, nel senso che mancavano le parole per dire lo spiazzamento, lo sgomento di fronte all'immaginario che si faceva realta', lo stordimento di fronte a un mondo globale che repentinamente ci si rivelava da una prospettiva capovolta. Adesso invece le parole ce le abbiamo, perche' per quanto possano essere suonare insufficienti fanno parte, tuttavia, di un archivio noto. Nel suo orrore che si presenta ogni volta diverso, la guerra mantiene comunque una sua dose costante di ripetizione che affligge senza spiazzare e senza sorprendere. Anche da qui si vede che Bush ha preso una strada sbagliata: quella di imbrigliare nella ripetizione cieca un mondo in tumultuoso mutamento che domandava l'invenzione di parole nuove. Quelle che spuntano adesso dal fragore della guerra che coincide col collasso della politica, non sempre convincono. Prendiamo il discorso, che sta diventando un tormentone, sull'occidente diviso fra le due sponde dell'Atlantico, con la Vecchia Europa regno di Venere e Kant di qua e la Nuova America bushiana regno di Marte e Hobbes di la', secondo le ormai note metafore correnti. Tutto vero se, di nuovo, guardiamo la situazione solo dal punto dei poteri e dei governi. Ma se rovesciamo il cono e lo guardiamo dalla base, ecco che fra le due sponde dell'oceano si rincorrono nuove rispondenze. Un esempio vicino vicino, l'articolo di Judith Butler pubblicato sul "Manifesto" di ieri. Che implicitamente tracciava un ponte non solo fra il movimento no-war americano e quello europeo, ma fra la crisi della legalita' democratica americana e quella, per dirne una, italiana. Certo, l'amministrazione Bush non e' il governo Berlusconi, ma la cifra dell'illegalita' eretta a sistema e' la stessa. Implacabilmente, sotto la crosta dell'esportazione armata della democrazia, quello che la crisi mondiale ci mette di fronte e' la malattia della democrazia: la sua febbre alta di oggi, ma anche il virus violento che alligna nella sua origine. Quello che Martin Scorsese ha messo a fuoco nel suo Gangs of New York, specchio del tempo che l'establishment di Hollywood ha creduto bene di chiudere in un armadio, come si fa con gli scheletri piu' scomodi. 7. DOCUMENTAZIONE. WALTER PERUZZI: EDITORIALE DI "GUERRE & PACE" N. 98 [Da Walter Peruzzi riceviamo e diffondiamo l'editoriale che apparira' sul n. 98 della rivista "Guerre & pace" (per contatti: e-mail: wa.peruzzi at tiscali.it, sito: www.mercatiesplosivi.com/guerrepace). Walter Peruzzi e' un apprezzato studioso e attivista pacifista, dirige il mensile "Guerre & pace" che e' una delle piu' interessanti riviste di informazione e riflessione sui temi della guerra e della pace. Come e' noto, non ci persuadono certe semplificazioni e forzature; e dispiace la mancata percezione della nonviolenza, del suo ruolo e del suo significato a nostro modesto avviso decisivi, in questo frangente piu' che mai] Il grande movimento per la pace - il piu' grande, plurale e globale mai visto - ha gia' ottenuto risultati importanti, fino a pochi mesi fa inimmaginabili. E' cresciuto impetuosamente e ha esteso i consensi senza perdere, anzi aumentando, in radicalita'. In Italia e' riuscito ad unire la litigiosa opposizione portandola in piazza di peso e ha costretto il governo a sgattaiolare all'italiana ("solidali" ma "non belligeranti") nel tentativo di evitare l'ira di Bush e quella degli elettori. Nel mondo ha contribuito a isolare gli aggressori, costringendoli a rinviare per mesi la guerra, a intraprenderla senza e contro la comunita' internazionale, perfino a cambiarne la "ragione sociale". Bandita pudicamente come "disarmo forzoso" di Saddam voluto dall'Onu e iniziata con il dichiarato proposito di rovesciare un regime e stabilire un protettorato militare (come l'Onu espressamente vieta), l'invasione e' stata riclassificata in corso d'opera "guerra di liberazione" dell'Iraq e dei kurdi - o meglio di quanto ne restera' dopo aver raso al suolo un intero paese. Guardati a vista da un'opinione pubblica ostile, gli strateghi Usa hanno dovuto fare inoltre (o fingere) bombardamenti "mirati" con missili zigzanti attraverso Baghdad in modo da colpire solo il dittatore e schivare i civili. * "Liberatori" e mercenari Bollettini, veline e mercenari dell'informazione hanno cercato naturalmente di accreditare la favoletta dei "liberatori" accolti da folle festanti e da iracheni con la bandiera bianca. Salvo poi lamentare che almeno in alcuni casi si trattasse di un "trucco" per mascherare un agguato. Dal 20 al 23 marzo ci hanno dato e smentito a ripetizione la notizia di citta' irachene "liberate" mentre soldati iracheni (sempre gli stessi) continuavano a sfilare arrendendosi davanti alle telecamere. Salvo gridare alla ferocia di Saddam quando ha mandato in Tv i prigionieri Usa e invocare per loro quelle Convenzioni di Ginevra che Bush ha negato ai 3.000 prigioneri afghani assassinati a freddo a Dasht Leili o a quelli mostrati (e torturati) nelle gabbie di Guantanamo. Incredibili personaggi come Belpietro e Guzzanti, Ferrara e Feltri per non dir di Schifani ci hanno "venduto" l'aggressione all'Iraq come una riedizione dello sbarco in Sicilia del 1943 e, dopo aver tuonato fino a ieri perche' la sinistra italiana aveva ospitato il "terrorista" Ocalan, si sono scoperti fans della causa kurda. Altri si sono levati a condannare la "sfacciata indipendenza" della Francia, dimentica che solo gli Usa ci difendono "da Stati folli e criminali" (Sofri) e allargano con le bombe "il perimetro delle nostre liberta'" (Berlusconi). Tutti ci hanno avvertito, come Biancheri su "La Stampa", che se poteva essere lecito dissentire dalla guerra "prima", a guerra ormai cominciata e' doveroso marciare uniti dietro il democratico (anche se criminale) Bush contro il sanguinario, anche se "tecnicamentre aggredito", dittatore iracheno. * Il ruolo strategico delle basi Ma il movimento non ha abboccato. Ha continuato e continua a scendere testardamente in piazza. Negli Usa sfida gli arresti di massa praticati dalla "piu' grande democrazia del mondo". In Italia chiede a governo e capo dello stato di rispettare non in modo tartufesco ma reale l'art. 11 della Costituzione, condannando la guerra di Bush e negandogli le basi. Questa richiesta e' fondamentale perche' puo' contribuire non solo a "fermare" il conflitto in corso ma a rimettere in discussione la presenza sul nostro territorio di uno strumento cruciale per la politica di guerra e di dominio globale degli Stati Uniti. Le basi, come ha scritto Zoltan Grossman (v. "G&P", n. 92), non sono soltanto il mezzo di cui gli Stati Uniti si servono nelle loro guerre. Sono prima ancora lo scopo di esse. In altre parole gli obiettivi strategici delle guerre condotte dagli Usa nell'ultimo decennio e di quella attuale - cioe' il controllo delle risorse energetiche, il riassetto di intere regioni in senso funzionale ai loro interessi e l'imposizione di una egemonia globale - non potrebbero essere perseguiti se, a conclusione di ogni conflitto, gli Usa non lasciassero sul terreno i soldati e le basi (la cosiddetta "presenza militare avanzata") necessari per controllare regioni "dove non hanno appoggi politici o in cui possono dover contrastare una concorrenza economica". Le basi, disseminate insieme ad accordi militari e a governi fantoccio dall'Europa occidentale ai Balcani, dal Golfo alle repubbliche asiatiche ex-sovietiche e all'Afghanistan, sono le "pistole fumanti" puntate contro i popoli e gli "stati canaglia" per governare la globalizzazione. Prodotto delle guerre passate, sono premessa-promessa di quelle future. * La rottura dell'ordine internazionale Semmai il dato rilevante, messo in evidenza dalla crisi e della guerra in atto, e' che tali pistole sono puntate anche contro i tradizionali partner europei e gli altri alleati. Quel presidio dei territori che poteva essere o sembrare esercitato dagli Usa a "comune" vantaggio dei paesi capitalisti e imperialisti appare oggi sempre piu' esclusivamente funzionale al loro dominio e a quello delle loro multinazionali. E' tale "svolta" - cui da anni lavorano gli attuali consiglieri della Casa bianca (come conferma un loro documento diffuso e ritirato nel 1992) e che oggi e' stata esplicitata con la teoria e con la pratica della guerra unilaterale preventiva - ad aver prodotto la rottura dell'ordine mondiale, del diritto internazionale, dell'Onu e la stessa crisi dell'egemonia statunitense. Il "veto" della Francia ne e' solo l'effetto, non la causa, contrariamente a quanto vorrebbe far credere il lustrascarpe di Arcore. Che Francia, Germania, Russia, Cina, gli altri paesi che Bush non e' riuscito a comprare o la Chiesa abbiano "tenuto", negando alla guerra l'ombrello dell'Onu e trascinando con se' la stessa dirigenza moderata dell'Ulivo, e' per un verso frutto delle pressioni del popolo della pace, per altro verso ne ha favorito l'allargamento. Mostra in ogni caso quanto sia profondo, in un momento di crisi economica e di contestazione sociale della globalizzazione, il conflitto di interessi fra i diversi agenti capitalisti e imperialisti, fra diversi stati e settori delle classi dominanti (v. "G&P", n. 97). * Il pacifismo dei popoli e quello dei governi Naturalmente i gruppi dirigenti e gli uomini politici europei contrari alla guerra (da Chirac a D'Alema o Andreotti) non si sono "convertiti" al pacifismo. Ma si trovano a dover convergere temporaneamente coi pacifisti nell'invocare il diritto internazionale e nel denunciare l'arrogante unilateralismo Usa se vogliono cercare di costruire l'Europa come soggetto capitalista autonomo contro il tentativo di ridurla a una insignificante congerie di stati-clienti. Al tempo stesso essi stanno gia' cercando di utilizzare le difficolta' degli Usa e la stessa spinta pacifista per ricontrattare da posizioni di forza nuovi spazi e per "ricucire" l'unita' (della Nato e dell'Onu) nella gestione del dopoguerra e delle politiche neoliberiste. Indicativo, al riguardo, il comportamento della Germania, che dice "no" alla guerra e "si" all'uso delle basi. Ma la "ricucitura" non andrebbe certo a vantaggio dei popoli e non puo' essere quindi l'obiettivo del movimento, che dovra' invece intensificare la sua radicale opposizione alla guerra e la sua pressione per un'Europa sociale, contribuendo cosi' non a ricomporre ma ad aggravare le divisioni in atto e con cio' a indebolire l'egemonia degli Stati uniti e il loro ordine mondiale. * Gettiamo le basi, gettiamo Berlusconi Elemento specificamente italiano dentro la battaglia per "fermare" la guerra e' la richiesta che l'Italia condanni l'aggressione all'Iraq e revochi ad essa ogni appoggio, compreso l'uso "passivo" delle basi Usa-Nato. Questa richiesta non potra' non caratterizzare, come sta gia' avvenendo, tutte le manifestazioni per la pace, da cui Berlusconi ha giustamente detto di non attendersi "niente di buono" (per lui...), gli scioperi e le fermate sul lavoro, i boicottaggi, le occupazioni delle scuole, le piu' diverse forme di disobbedienza, ivi compreso il blocco dei luoghi della politica e delle istituzioni, fino a costringere il governo (e il "silente" capo dello stato) a mutare radicalmente politica o a pagare un prezzo molto alto, in termini di consenso popolare e di "governabilita'" del paese. Fino a provocarne, se non cambia rotta, la crisi. Questo e' il primo obiettivo. La mobilitazione contro l'uso delle basi offre pero' anche l'occasione, come si e' gia' detto, di far comprendere la necessita' della loro definitiva eliminazione dal nostro territorio. Questo obiettivo strategico, essenziale per costruire un'Europa "autonoma" dal predominio Usa, e' stato lanciato gia' alcuni anni fa dalla campagna "gettiamo le basi" (v. "G&P", n. 50). Oggi va ripreso con forza perche' puo' essere condiviso assai piu' largamente, sia per il contesto politico favorevole, sia per l'aumentata consapevolezza che basi come quelle di Aviano o della Sardegna sono una minaccia anche per l'ambiente, la sovranita' e la salute dei cittadini. 8. RIFLESSIONE. RICCARDO ORIOLES: DOPO [Dalla rivista elettronica di Riccardo Orioles (per contatti: riccardoorioles at libero.it), "Tanto per abbaiare", n. 171 del 24 marzo 2003, riportiamo questo articolo. Riccardo Orioles, giornalista eccellente, militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti", ha formato al giornalismo d'inchiesta e di impegno civile moltissimi giovani. Tra le persone che abbiamo avuto la fortuna di conoscere e' un esempio pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido impegno politico). Attualmente svolge la sua attività giornalistica prevalentemente scrivendo e diffondendo una e-zine nella rete telematica, "Tanto per abbaiare", richiedibile gratuitamente. Opere di Riccardo Orioles: i suoi scritti e interventi sono pressoche' tutti dispersi in periodici e varie piccole e piccolissime pubblicazioni; e sarebbe invece di grande utilita' raccoglierne in volume una adeguata scelta e dare ad essi un'ampia diffusione (costituirebbe un valido strumento di riflessione e di lotta per tutte le persone impegnate per la democrazia e i diritti); per gli utenti della rete telematica vi e' la possibilita' di leggere una raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Attendiamo ancora che un editore ne faccia un libro - come dire: cartaceo - che possa raggiungere una concretamente piu' vasta area di lettori (i tanti non utenti di internet); come "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo abbiamo ristampato in opuscolo anni fa due suoi interventi: Gattopardi e garibaldini, Viterbo 1992; e L'esperienza de "I Siciliani", Viterbo 1998. Opere su Riccardo Orioles: due ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene (Einaudi, Torino 1999)] Dopo. Americani isolati, aiutati solo dagli inglesi (con l'appendice australiana) e da 200 polacchi. Pero' anche americani coesi - il riflesso patriottico e' scattato come programmato - e molto piu' a destra di prima. Seppellito definitivamente Roosevelt e anche la dottrina del "mondo libero" anni '50-'60. Impero e basta, ancorche' popolare. La motivazione profonda non e' stata il petrolio (oggetto di speculazioni private ma non di un incoercibile interesse nazionale) ma questo scatto "imperiale" ormai maturo. "Delenda Carthago", e poi la Grecia e l'Asia e il "pane e giochi". Questo, naturalmente, rende - come si sente gia' da un paio d'anni - obsoleta la vecchia democrazia. Nella zona: l'Iran vince la sua antichissima guerra con Bagdad e diventa la potenza della regione. Possiede adesso interessi comuni con la Turchia e, come questa e probabilmente insieme a questa, ha le capacita' e gli strumenti ideologici (islamismo sofisticato, eterodosso e moderno) per unificare sul serio, col tempo, l'intera area "islamica". Crollo del rapporto turco-americano (agli Usa i curdi servono) e di riflesso di quello, importantissimo in questi anni, turco-israeliano. Anche per cio', impegno diretto americano nella zona. Costretti a rimanere in Iraq. Costretti pero' anche a importarvi un qualche rudimento "democratico" (McArthur) che esercitera' appeal sui ceti medi attualmente sotto dittatura nei regni/regimi "filoccidentali" (in particolare nella penisola). Parallelo e contrastante richiamo (stavolta non fanatico ma credibile e "ragionevole") dell'Iran o dell'asse turco-iraniano. Crisi a breve di uno o piu' di quei regni/regimi, evoluzione in alcuni casi "democratica" e filoamericana, in altri popolare e panaraba. In ogni caso, ostilita' verso l'"Occidente" di tutti gli arabi (nessuno escluso, neanche i "filoamericani") per le prossime due o tre generazioni. Abbassamento e cronicizzazione del terrorismo. Pulizia etnica in Palestina. L'Onu non muore affatto: cambia di ruolo. Da cinghia di trasmissione del "mondo libero" con alla testa gli Usa, diventa camera di compensazione di tutti gli interessi anti-americani o anche semplicemente non-americani. Nel caso peggiore (per gli Usa) potrebbe anche diventare il luogo dell'alleanza di fatto fra Europa, Russia e Cina. Europa: spostamento "a sinistra" molto netto, probabile crisi o comunque forte indebolimento delle componenti "di destra" (Inghilterra, Spagna e Italia) con possibili riflessi a breve sulla tenuta dei governi. Non so se sto usando "destra" e "sinistra" in senso politico-sociale o politico-nazionale: ma non cambia molto. In ogni caso, il centrosinistra sta tornando al potere in Europa, ma molto piu' consapevole e incattivito. Fine di ogni residua velleita' di grande politica da parte inglese (si chiude il ciclo delle Falkland, stranamente durato piu' di vent'anni). Fine anche delle velleita' mitteleuropee, di ost-politik ecc. da parte tedesca: gli europei nuovi sono tranquillamente americani (la Slovacchia come il Kirghizistan), e dunque non sono affatto europei ma semplicemente "occidentali", qualunque cosa significhi questa strana parola. L'Europa, esattamente come prima, finisce a Berlino, Salonicco e Vienna. La sua politica naturale, ora come ora, e' esattamente quella di De Gaulle: buoni rapporti con Cina e Russia, ostilita' per l'America, buone parole al Terzo Mondo. * E noi? Intanto, in Italia, abbiamo ottenuto un successo enorme. Abbiamo fermato la spedizione italiana in Iraq (a cui il governo non avrebbe fatto la minima obiezione se non avesse avuto contro il 70 per cento dei sondaggi), abbiamo dunque salvato la vita di non sappiamo quanti concittadini e l'immagine umana del Paese. Questo dobbiamo pensarlo per prima cosa: non e' vero che "le manifestazioni non servono a niente". Al contrario, da esse il governo e' stato costretto a fermarsi su una classica posizione "andreottiana" ("l'Italia insulta il nemico dal balcone di casa sua") molto lontana dal cowboysmo iniziale. Di questa moderata posizione finale va dato correttamente atto al governo: partito per aggredire la Costituzione, alla fine ne e' rimasto - a mio parere - entro i limiti formali, sia pure pagando un tributo al senso del ridicolo di ogni osservatore neutrale. Il transito per le basi non e' un peccato di questo governo, ma il frutto "bipartisan" dell'esistenza stessa di esse: che prima erano basi straniere in Italia, ma ora sono basi straniere in Europa. * Una vittoria nostra, ripetiamo, su cui bisognera' costruire, a partire dall'immediato, il futuro. "Nostra", di chi? Ah, questo lo sento benissimo con le emozioni ma non riesco ad esprimerlo in parole. E' nata finalmente la sinistra, questo e' certo: non un movimento qualunque, uno dei tanti, ma "il" successore del vecchio movimento operaio e socialista che per tante generazioni ci ha accompagnato, che avra' avuto i suoi errori ma che, nel complesso, ha incivilito e umanizzato il Paese. La nuova bandiera rossa, adesso e' la bandiera della pace: non perche' essa sia di un partito (chi ha voglia di partiti, adesso?) ma proprio perche' non lo e'. Come la vecchia bandiera rossa del primo movimento operaio, essa non esprime affatto un partito preciso, un'organizzazione, una setta: ma un'ansia di cambiamento, una gioventu' speranzosa, dei valori, che non sono "di" sinistra ma sono "la" sinistra stessa. E come tali, a un certo momento (questo momento) vengono riconosciuti spontaneamente da tutti. E' li' che cambia la storia, che termina il libro vecchio e se ne apre un altro da scrivere, tutto nuovo. A questa nuova bandiera auguriamo di raccogliere tanti dolori, tante speranze e tanta umanita' sulla sua strada quanti ne raccolse - nel suo cammino lunghissimo - la vecchia; ma, a differenza di quest'ultima, di non essere mai sporcata da nessuno. * Abbiamo tanto parlato male dell'America, nei discorsi da bar di questi tempi, che ci siamo scordati degli americani in carne e ossa, quelli veri. E' stata un'americana, una ragazza di ventitre' anni che si chiamava Rachele, la prima a morire lottando in questa guerra. Lottava dalla parte giusta, non contro altri esseri umani ma per difendere delle persone; e non aveva armi, ma il suo semplice corpo vivente. L'ha interposto fra i bulldozer di un esercito e le povere case e vite che esso voleva sgretolare, a Gaza, dentro un ghetto: ed e' morta cosi', difendendo. Pensiamo alla ragazza Rachele, quando parliamo dell'America, in questi giorni. Perche' l'America e' lei, non i fantasmi sanguinosi che ora vanno in giro a mietere con la falce. 9. MEMORIA. AUGUSTO CAVADI: UNA DATA PER NON DIMENTICARE [Ringraziamo Augusto Cavadi per averci messo a disposizione questo suo articolo apparso nell'edizione palermitana de "La repubblica" il 20 marzo 2003. Augusto Cavadi e' docente di filosofia, storia ed educazione civica, impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, seconda ed.; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa)] Quasi ogni data del calendario e' ormai diventata un anniversario luttuoso perche' uno, dieci o venti anni prima qualche cittadino onesto e' caduta vittima della violenza mafiosa per il solo fatto di essere onesto. La moltiplicazione delle ricorrenze ha finito, inevitabilmente, con l'inflazionarle: non puo' scandalizzare dunque il fatto che manifestazioni civili e celebrazioni religiose attirino sempre meno persone desiderose di esprimere memoria, gratitudine e impegno. Ne' sarebbe meglio se si operasse una sorta di gerarchia dei martiri, riservando ad alcuni la dignita' del ricordo e lasciando inabissare gli altri nell'oscurita' dell'oblio: il magistrato merita piu' riconoscenza della guardia carceraria, il politico piu' del giornalista, il prete piu' del funzionario amministrativo? E chi privilegiare fra il commissario di polizia e l'imprenditore ribelle al racket? Per evitare questi e simili inconvenienti, Libera - l'associazione di associazioni (e di singoli cittadini) fortemente voluta da don Luigi Ciotti da Torino per evidenziare la portata nazionale della questione mafiosa, e radicata in tante zone della Sicilia - da alcuni anni porta avanti una proposta saggia e proficua: concentrare in una sola data, il 21 marzo, la memoria di tutte le vittime della lotta contro il sistema di potere mafioso. In quella giornata - non a caso l'inizio della primavera - ragazzi e ragazze di tutto il Paese vengono convocati in una citta' (quest'anno Modena) e invitati a partecipare a iniziative che li aiutino a conoscere e ad apprezzare quelle personalita' e quelle vicende che, per ragioni anagrafiche, sfuggirebbero del tutto alla loro considerazione. Ed anche quest'anno numerosi saranno gli studenti, anche giovanissimi, che partiranno da vari Comuni isolani per vedere, vivere e raccontare al ritorno la loro esperienza a chi e' rimasto a casa. E' facile inanellare, una dopo l'altra, critiche e riserve su appuntamenti come questi. Ma sono pertinenti solo a proposito di quelle scuole, o di quelle classi, che si limitano a fare antimafia affittando pullman e preparando striscioni. Diverso il caso di quegli insegnanti - e, ancor piu', di quelle comunita' scolastiche - che approfittano del 21 marzo per sottolineare un impegno educativo progettuale, metodico, quotidiano teso a formare una coscienza civile e democratica. Probabilmente si tratta di casi isolati, focolai di resistenza in controtendenza rispetto alla "normalizzazione" in corso: ma, per fortuna, esistono e possono diventare modello per altre esperienze pedagogiche e didattiche. "Ricordati di ricordare/ coloro che caddero/ lottando per costruire/ un'altra storia/ e un'altra terra/ ricordali uno per uno/ perche' il silenzio/ non chiuda per sempre/ la bocca dei morti/ e dove non e' arrivata la giustizia/ arrivi la memoria/ e sia piu' forte/ della polvere/ e della complicita'": cosi' inizia quella bella composizione lirica di Umberto Santino con cui si chiude il "quaderno" del Centro Peppino Impastato "Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994". La memoria puo' scadere a sterile esercizio archeologico, ma puo' essere anche - secondo l'espressione di un teologo contemporaneo - "sovversiva". E, se stiamo attenti a cio' che ci circonda, possiamo trovare - accanto a motivi di scoraggiamento per il contesto ancora dominato dalla dittatura mafiosa - anche piccoli episodi che autorizzano, quanti non abbiano gettato la spugna, a perseverare. Un trafiletto di qualche mese fa, ad esempio, raccontava un episodio marginale, ma non per questo trascurabile, avvenuto a Corleone. Tre pregiudicati avevano rapinato un benzinaio ed erano fuggiti con la cassa, ma i carabinieri - anche grazie alla pronta collaborazione di alcuni ragazzini che indicavano la direzione di marcia e l'abbigliamento dei banditi - sono riusciti a raggiungerli e ad arrestarli. Qualche anno fa sarebbe successo? Tra le pieghe della cronaca riluce qualche sprazzo di speranza? Forse la chiusa della poesia di Santino non e' solo bella, ma anche vera: "Ricordati di ricordare/ quanto piu' difficile e' il cammino/ e la meta piu' lontana/ perche'/ le mani dei vivi/ e le mani dei morti/ aprono la strada". 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 556 del 4 aprile 2003
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