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La nonviolenza e' in cammino. 551
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 551
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 31 Mar 2003 00:14:16 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 551 del 30 marzo 2003 Sommario di questo numero: 1. Bozza di ordinanza urgente ad uso di sindaci nel territorio dei cui Comuni si trovino basi militari di potenze straniere (o di alleanze inclusive di potenze straniere) impegnate nella guerra illegale e criminale in corso 2. May Mudhaffar Nasiri, Baghdad (1991) 3. Renato Solmi: inorridire, si', ma di che cosa? Una proposta a tutto il movimento 4. Clara Gallini: shock & awe, potere e paura 5. Nelly Sachs, e' l'ora planetaria dei fuggiaschi 6. Benedetto Vecchi intervista Immanuel Wallerstein 7. Giovanni Mandorino, per lo sciopero generale contro la guerra 8. Il 2 aprile sciopero generale contro la guerra promosso dai sindacati di base 9. Tavola spezzina per la pace e la globalizzazione dal basso: contro la guerra digiuno a staffetta di riflessione sulla sobrieta' e pratica della condivisione 10. Per la salvezza di Amina Lawal 11. Riviste: "A. Rivista anarchica" di marzo 12. Riviste: "Il foglio" di marzo 13. Riviste: I quaderni speciali di "Limes", La guerra promessa 14. Riviste: "Micromega" n. 2/2003, Giustizia e pace, guerra e regime 15. Riviste: "Nigrizia" di marzo 16. La "Carta" del Movimento Nonviolento 17. Per saperne di piu' 1. MATERIALI. BOZZA DI ORDINANZA URGENTE AD USO DI SINDACI NEL TERRITORIO DEI CUI COMUNI SI TROVINO BASI MILITARI DI POTENZE STRANIERE (O DI ALLEANZE INCLUSIVE DI POTENZE STRANIERE) IMPEGNATE NELLA GUERRA ILLEGALE E CRIMINALE IN CORSO [La seguente bozza di ordinanza urgente, e' stata diffusa oggi dal "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, con proposta a tutti gli itnerlocutori di esaminarla, discuterla ed inoltrarla - eventualmente modificata ed integrata nelle parti ove vi sembrasse necessario - ai Sindaci dei Comuni interessati affinche' intervengano con un atto concreto ed efficace in difesa della legalita' costituzionale e del diritto a vivere di tutti gli esseri umani, per fermare la guerra e le stragi] Comune di ... Il Sindaco Premesso che - nel territorio del Comune si trova una base militare di potenza straniera attualmente impegnata nella guerra in corso in Iraq (o di alleanza inclusiva di potenze straniere attualmente impegnate nella guerra in corso in Iraq); - ai sensi della legislazione italiana e secondo il diritto internazionale tale guerra e' illegale e criminale, e si configura come stragista e terroristica, di invasione e coloniale; - l'art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana fa obbligo alle istituzioni italiane e al popolo italiano di opporsi alla guerra sia come "strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli", sia come "mezzo di risoluzione delle controversie internazionali"; - lo stesso Consiglio di Sicurezza dell'Onu, per una volta fedele ai principi e al dettato della Carta istitutiva delle Nazioni Unite, non ha dato ne' legittimazione ne' avallo alla guerra in corso, che si configura pertanto inequivocabilmente sia come aggressione criminale e stragista, sia come attentato alla sicurezza dei popoli del mondo, sia come proditorio attacco alle istituzioni internazionali, al diritto internazionale, ad un ordinamento pacifico e democratico del mondo; - alla luce della Costituzione della Repubblica Italiana ed altresi' alla luce della Carta delle Nazioni Unite e dei trattati internazionali dall'Italia sottoscritti, il nostro paese non puo' in alcun modo ne' avallare ne' sostenere ne' prender parte in alcun modo - anche indiretto - a tale guerra illegale e criminale; non solo: il nostro paese e' vincolato sia dalla sua legge fondamentale che dagli impegni assunti in sede internazionale ad impegnarsi contro la guerra, e quindi hic et nunc per la sua immediata cessazione, stante l'imperativo cogente alla base del nostro ordinamento giuridico e democratico del ripudio della guerra; Considerato che - la presenza e l'attivita' della base militare de quo costituisce pertanto - nelle circostanze presenti - una flagrante violazione della legalita' costituzionale e del diritto internazionale, configurandosi - tale presenza ed attivita' di base militare di potenza straniera impegnata in una guerra illegale e criminale - come direttamente implicata e implicante nella guerra illegale e criminale, della guerra partecipe in quanto effettuale articolazione della macchina bellica impegnata nella guerra; - sic stantibus rebus tale presenza e attivita' della base militare de quo si configura altresi' come criminale e criminogena, confliggente con la legge italiana e con il diritto internazionale in quanto effettualmente intesa alla commissione ed al sostegno alla commissione di crimini di guerra e di crimini contro l'umanita'; - ne discende conseguentemente che tale presenza e attivita' oltre ad essere illegale e criminale de jure e de facto, costituisce evidente motivo di pericolo per la pubblica incolumita', sia per il territorio che per la cittadinanza del Comune, sia per i territori e le popolazioni che della guerra sono oggi vittime dirette; - tale pericolo per la pubblica incolumita' costituito dalla presenza e dall'attivita' della citata base si estrinseca sia nel fatto che essa e' parte della macchina bellica che materialmente sta commettendo stragi e sta mettendo in pericolo l'umanita' intera con la guerra illegale e criminale in corso; sia nel fatto che tale presenza ed attivita' espone il territorio italiano e segnatamente il territorio di questo Comune a divenire teatro e bersaglio di azioni di guerra e di terrorismo; Considerato inoltre che - la vigente legislazione fa obbligo a tutte le autorita' istituzionali che hanno giurato fedelta' alla Costituzione della Repubblica Italiana nell'atto di assumere il mandato pubblico ad esse conferito di adempiere a quanto dalla Costituzione stabilito, e la Costituzione stabilisce il dovere di legge di ripudiare la guerra, e quindi di impedire l'attivita' bellica illegale e criminale; - la vigente legislazione attribuisce specificamente al Sindaco il potere e il dovere di assumere provvedimenti contingibili ed urgenti nei casi in cui si presenti la necessita' e l'urgenza ad intervenire a difesa della pubblica incolumita'; - nella presente circostanza ricorrono tutti i requisiti previsti dalla legge perche' venga con adeguata motivazione e piena legittimita' emessa un'ordinanza urgente; e particolarmente: a) la presenza di un "pericolo grave" tale da costituire "minaccia alla pubblica incolumita'" (e non vi e' dubbio che una guerra illegale e criminale sia tale, e che la presenza sul territorio comunale di apparati bellici di potenza straniera impegnati - direttamente o indirettamente - nella guerra illecita, terroristica e stragista, costituisca anch'essa un "pericolo grave" tale da costituire "minaccia alla pubblica incolumita'"); b) l'ordinanza si riferisca ad almeno una delle seguenti materie: sanita', edilizia, polizia locale (e non vi e' dubbio che la peculiare attuale situazione di "pericolo grave", situazione configurata dalla guerra e dalla presenza ed attivita' della macchina bellica, rientri nell'ambito della difesa del diritto alla salute, di cui il mantenimento della vita umana e' il fondamento e la "conditio sine qua non", e specificatamente configuri una "minaccia alla pubblica incolumita'" che e' considerato per unanime consenso il caso canonico di motivazione di un'ordinanza in tale ambito; ne' vi e' dubbio che la presenza di una base militare e delle relative infrastrutture rientri altresi' nell'ambito edilizio e di gestione del territorio; ne' vi e' dubbio che l'intervento necessario sia palesemente intervento di polizia locale, trattandosi di impedire la commissione di omicidi, la violazione della legalita' costituzionale, l'attivita' finalizzata a stragi); c) l'ordinanza oltre ad avere i requisiti di urgenza ha anche quello della contingibilita' poiche' e' evidente che - come confermano le reiterate pronunce del Consiglio di Stato in materia - si tratta di fronteggiare d'urgenza un pericolo subitaneamente manifestatosi (con l'inizio della guerra), naturalmente in attesa di altri ulteriori adeguati interventi da parte delle altre autorita' istituzionali ciascuna nell'ambito delle competenze ad essa specificamente attribuite; d) ricorre altresi' il requisito dell'urgenza, stante la pericolosita' immediata (la guerra illegale e criminale e' in corso; quotidianamente innumerevoli esseri umani vengono da essa uccisi; e se si volesse argomentare ad abundantiam vi e' altresi' crescente pericolo dell'estensione del conflitto a tutte quelle aree territoriali che nell'epoca delle cosiddette "guerre asimmetriche" possono essere considerate nella guerra implicate: ed il territorio che ospita una base militare di un esercito impegnato nella guerra - e come aggressore, ed in una guerra illegale, terroristica e stragista - e' evidentemente ad altissimo rischio di subire azioni belliche e/o terroristiche); e) ricorre inoltre il requisito dell'interesse pubblico: l'ordinanza e' intesa infatti non a tutelare i diritti di un singolo, ma un interesse generale e i diritti di intere popolazioni, sia le popolazioni vittime dirette della guerra in corso, sia la popolazione locale che viene esposta ad essere bersaglio di attacchi bellici e terroristici in quanto residente in area contigua a base militare impegnata nella guerra terrorista e stragista; f) la legge prevede altresi' che vi sia proporzione tra l'ordine impartito con l'ordinanza del Sindaco ed il pericolo cui far fronte: criterio inteso ad evitare eccessi di potere repressivo da parte del Sindaco: ma in questo caso vi e' piuttosto sproporzione nel senso opposto, poiche' l'intervento del Sindaco e' ben piccola cosa rispetto all'orrore della guerra illegale e criminale, e quindi non si configura in alcun modo un eccesso di potere da parte dell'autorita' comunale, la cui ordinanza e' evidentemente soltanto un atto dovuto inoppugnabilmente legittimo, necessario, urgente; Ritenuto quindi che a) ricorrano le condizioni previste per l'assunzione della presente ordinanza; b) sia obbligo di legge difendere la legalita' costituzionale e il diritto alla vita delle persone minacciate dalla guerra illegale e criminale, terroristica e stragista; c) stante l'urgenza a provvedere per fronteggiare il pericolo grave che minaccia la pubblica incolumita'; Visti - la Costituzione della Repubblica Italiana; - la legislazione relativa all'ordinamento degli enti locali e specificamente relativa alle competenze e agli obblighi di legge del Sindaco; - il Codice Penale; - lo Statuto Comunale; ordina 1. l'immediata cessazione nel territorio comunale di ogni attivita' finalizzata, anche indirettamente, alla guerra criminale e illegale in corso; 2. il sequestro degli oggetti e degli immobili siti nel territorio comunale che siano anche solo potenzialmente funzionali e/o finalizzati al sostegno, anche indiretto, della guerra illegale e criminale in corso; 3. la denuncia all'autorita' giudiziaria di tutte le persone coinvolte nell'attivita' della base militare de quo per complicita' nella guerra illegale e criminale, terrorista e stragista, guerra che non solo costituisce flagrante violazione della legalita' costituzionale e del diritto internazionale, ma che altresi' consiste nella commissione di crimini di guerra e crimini contro l'umanita' che costituiscono reati previsti e puniti dall'ordinamento penale italiano. L'ufficio di Polizia Municipale e' incaricato di dare esecuzione alla presente ordinanza. La Polizia Municipale e le forze dell'ordine sono incaricate di far rispettare la presente ordinanza. Dispone inoltre I. l'invio all'autorita' giudiziaria territorialmente competente del presente atto quale formale denuncia dell'attivita' criminale, terroristica e stragista implicata e costituita dalla presenza e dall'attivita' nel territorio italiano - e segnatamente di questo Comune - di base militare di potenza straniera impegnata in una guerra illegale e criminale; II. l'invio del presente atto al Questore ed al Prefetto territorialmente competenti, ed al Presidente della Repubblica ed al Presidente del Consiglio dei Ministri; oltre che al Presidente del Tribunale ed al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale giurisdizionalmente competenti; invio effettuato ad ogni buon fine, per opportuna conoscenza ed ai fini dell'adozione ope legis dei provvedimenti di specifica competenza; III. l'affissione della presente ordinanza con manifesti murali nel territorio comunale e la pubblicazione di essa sui principali organi d'informazione locali e nazionali. Luogo, data Il Sindaco 2. POESIA E VERITA'. MAY MUDHAFFAR NASIRI: BAGHDAD (1991) [Questa poesia di May Mudhaffar Nasiri e' apparsa nei "Quaderni" del Fondo Alberto Moravia, n. 2 del 2002, p. 242 (per contatti: e-mail: fondoalbertomoravia at tiscalinet.it, sito: www.fondoalbertomoravia.it). May Mudhaffar Nasiri cosi' e' presentata dalla prestigiosa rivista: "poetessa e saggista nata a Baghdad nel 1940, e' considerata una delle principali autrici irakene. Laureatasi in arte e letteratura, ha conseguito il dottorato al Royal College of Arts di Londra. Autrice, dal 1965, di numerose raccolte di poesie, edite a Baghdad, Amman, Beirut e in traduzione inglese, e' tra le principali autrici del mondo arabo in A century of feminist arab writing (Londra, 1990). Perseguitata dal regime di Saddam Hussein, vive in esilio in Giordania col marito pittore anche lui in dissenso col regime irakeno. Collabora a numerose riviste del mondo arabo"] La sera Baghdad e' un porto da cui nessuna nave piu' salpa la mano dell'inverno si allunga prepotente strappa il calore dal cuore della citta' mentre le case ferite risuonano di lamenti Baghdad... perla che giace sommersa: c'e' forse un innamorato c'e' forse un mago che possa tuffarsi nelle ceneri per riportarla alla luce? 3. EDITORIALE. RENATO SOLMI: INORRIDIRE, SI', MA DI CHE COSA? UNA PROPOSTA A TUTTO IL MOVIMENTO [Ringraziamo di cuore Renato Solmi (per contatti: rsolmi at tin.it) per questo nitido intervento. E se ci e' lecita minima una digressione, ai furbacchioni di turno che vorranno sostenere che dichiarando il carattere illegale e criminale della guerra di Bush saremmo "oggettivamente" (secondo il gergo stalinista che il presidente statunitense ed i suoi araldi di ogni ordine e grado hanno ereditato dal dittatore georgiano, come molte altre cose del resto) complici del regime iracheno assassino, o degli assassini fondamentalisti islamici a suo tempo finanziati ed armati dagli Usa, o di altre eventuali e non meglio definite concrezioni e superfetazioni "del Male" (secondo il linguaggio ad un tempo hollywoodiano e maccartista oggi dominante nelle relazioni internazionali), vorremmo dare avviso fin d'ora che noi, le persone amiche della nonviolenza che scriviamo queste righe e mettiamo insieme questo notiziario, siamo di quelli che manifestavano contro il regime dittatoriale iracheno gia' quando l'Italia lo riforniva di armi, e i Tartuffe odierni tacevano: e forse meglio farebbero a tacere anche oggi, giacche' dalle loro bocche ci pare escano parole maculate di sangue, del sangue delle vittime delle stragi in corso oggi e di quelle di allora. Renato Solmi e' uno dei massimi intellettuali italiani viventi, e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale, sovente senza ricordarlo neppure (ed e' proprio dei maestri grandi questo aiutarti a costruire la tua autonomia, anziche' soffocarla)] A proposito della dichiarazione del segretario della Cgil, che avrebbe messo sullo stesso piano Bush e Saddam, prendendo le distanze sia dall'uno che dall'altro (ne' con Bush ne' con Saddam), e che ha suscitato le proteste del Presidente della Camera dei Deputati, che si e' detto inorridito di un'affermazione di questo genere, vorrei operare una distinzione che mi sembra indispensabile a chiarire il complesso dei problemi che sono oggetto di questa disputa. Se e' vero che, dal punto di vista della struttura costituzionale interna, gli Stati Uniti si trovano a un livello nettamente superiore, in fatto di democraticita' e di trasparenza, di garanzia dei diritti fondamentali di liberta' e di opinione, di selezione delle rappresentanze, e cosi' via discorrendo, anche se negli ultimi tempi si sono manifestati, in diverse occasioni, sintomi pericolosi di fatiscenza e di attrito nel funzionamento delle istituzioni democratiche di quel grande paese, rispetto al regime dittatoriale e monopartitico vigente in uno stato come l'Iraq (che non e' pero' certamente il solo a trovarsi in queste condizioni fra i paesi rappresentati nell'Organizzazione delle Nazioni Unite), bisogna tenere presente, tuttavia, che il problema a cui ci troviamo di fronte, e sul merito del quale dovremmo pronunciarci, non riguarda le strutture interne di ogni singolo membro dell'Onu, ma piuttosto le relazioni che si stabiliscono o che si dovrebbero stabilire fra di essi, e i limiti che ciascuno di essi e' tenuto ad osservare nei confronti degli altri e della comunita' internazionale nel suo complesso. Ci troviamo di fronte, cioe', a un problema di democrazia internazionale, che rileva della competenza del diritto internazionale e che dovrebbe essere affrontato e risolto, giudicato e valutato secondo i principi stabiliti dalla Carta delle Nazioni Unite e le procedure fissate da essa per la composizione dei contrasti che possono sorgere fra nazioni diverse. Quando si tratta di costituzione interna dei singoli stati, il problema o i problemi che essa puo' porre dal punto di vista di un'analisi comparata dei diversi sistemi e' (o sono) del tutto irrilevanti rispetto alla questione della legittimita' di una guerra fra una nazione (o un gruppo di nazioni) e le altre. Se cosi' non fosse, la pace non avrebbe potuto essere conservata, fra le grandi potenze, in tutto il periodo della guerra fredda, quando i regimi vigenti nell'Unione Sovietica e negli altri paesi che si dichiaravano socialisti non erano certamente conformi agli standard di democrazia che erano considerati come imperativi nei paesi liberali dell'Occidente; e, d'altra parte, anche all'interno di quest'ultimo, le grandi potenze non avrebbero potuto tollerare la presenza di stati a regime dittatoriale o monopartitico, come la Spagna fino al 1975, il Portogallo fino al 1974, il Cile dal 1973 al 1990, la Grecia dal 1967 al 1974, e innumerevoli altri paesi, con cui le grandi potenze liberali, a cominciare dagli Stati Uniti, hanno intrattenuto, com'e' ben noto, rapporti molto stretti di collaborazione e financo di amicizia. Ne' si puo' dire che la situazione sia cambiata fondamentalmente al giorno d'oggi. * Sfoglio il Dizionario Enciclopedico Treccani (non del tutto aggiornato, a dire la verita') e leggo le seguenti definizioni degli stati facenti parte della penisola arabica, che gli Stati Uniti considerano come i loro piu' fedeli alleati e da cui prendono attualmente le mosse per la loro aggressione allo stato iracheno. "L'Arabia Saudita e' una monarchia assoluta... Non esiste una costituzione scritta; capo dello stato e dell'esecutivo e' il re (cui spetta anche il potere legislativo) che nomina e presiede il Consiglio dei ministri. Il re governa sulla base delle prescrizioni della legge islamica (sharia). Dal dicembre 1993 il re e' affiancato da un consiglio consultivo di 60 membri da lui nominati per quattro anni. Non esistono partiti politici". "Il Bahrein e' una monarchia assoluta... Capo dello Stato e dell'esecutivo e' l'emiro (cui spetta di fatto anche il potere legislativo) che nomina e presiede il Consiglio dei ministri. Nel 1973 il sovrano istitui' un'Assemblea nazionale, parzialmente elettiva, che tuttavia fu sciolta alcuni anni dopo. Dal dicembre 1992 l'emiro e' affiancato da un Consiglio consultivo di 30 membri da lui nominati per quattro anni. Non esistono partiti politici". "Gli Emirati Arabi Uniti... sono una federazione di monarchie assolute... Organo principale della federazione e' il Consiglio supremo dell'Unione, costituito dai sette emiri, le cui decisioni richiedono una maggioranza di almeno cinque membri (fra i quali Abu Dhabi e Dubai). Il Consiglio supremo elegge fra i propri membri il presidente (capo dello Stato) e il vicepresidente dell'Unione, che durano in carica cinque anni; il Consiglio dei ministri, nominato dal presidente e presieduto da un primo ministro, e' responsabile di fronte al Consiglio supremo. Il Consiglio federale nazionale, di 40 membri (nominati dagli emiri ogni due anni), ha funzioni meramente consultive. Non esistono partiti politici". Pressoche' identiche le definizioni dell'Oman e del Qatar, che risparmio quindi ai lettori. Fa eccezione solo la Repubblica dello Yemen, che pero' e' sita da tutt'altra parte della regione, e verso la quale il governo degli Stati Uniti nutre sentimenti molto meno amichevoli. Il Kuwait, che, dal punto di vista geografico, fa ancora parte della penisola arabica, e che costituisce, come e' noto, la base principale dell'offensiva americana, anche se, "formalmente, e' una monarchia costituzionale", e' "di fatto sottoposto al potere assoluto dell'emiro. Secondo la costituzione del 1962, piu' volte sospesa dall'emiro, quest'ultimo e' capo dello Stato e dell'esecutivo; l'emiro governa con l'ausilio di un Consiglio dei ministri (comprendente un primo ministro), all'interno del quale i dicasteri principali sono tradizionalmente attribuiti a membri della famiglia reale. Il potere legislativo spetta formalmente a un'Assemblea nazionale di 50 membri, eletti per quattro anni a suffragio maschile ristretto (circa il 6% della popolazione), che e' stata pero' piu' volte sospesa dall'emiro. Non esistono partiti politici". E crediamo che basti. Andiamo: non mi si dira' che la situazione interna di questi stati presenti, dal punto di vista dell'ortodossia costituzionale democratica, vantaggi sostanziali rispetto a quella dell'Iraq, dove ha avuto luogo una rivoluzione repubblicana, che e' poi degenerata in una dittatura nazionalistica. Fra parentesi, il segretario alla Difesa americano Rumsfeld, che puo' essere considerato, secondo autorevoli ricostruzioni giornalistiche, come direttamente responsabile della strage di Mazar-e Sharif, da lui raccomandata e approvata (1500 prigionieri facenti parte delle formazioni di volontari dei paesi arabi in Afghanistan che sono stati trucidati senza processo per evitare che fuggissero nell'autunno del 2001), ha avuto il coraggio di vantarsi del fatto che tutti i paesi rivieraschi del Golfo Persico, ad eccezione di uno (che supponiamo essere l'Iran), si erano schierati al fianco degli Stati Uniti nella guerra imminente. Abbiamo visto di quali modelli di democrazia si tratti. Ma forse Rumsfeld, quando parla di democrazia, intende riferirsi all'Impero americano nascente. * Veniamo, quindi, ai problemi della democrazia internazionale, che avevano trovato, in questo dopoguerra, una sistemazione tutt'altro che improvvisata nel quadro della Carta dell'Onu. E qui la domanda che dobbiamo porci e' soltanto questa: se e' scoppiata una guerra, chi se ne deve considerare responsabile? Qual e' lo stato, o quali sono gli stati, aggressori e chi e' l'aggredito? L'intervento militare che ha avuto luogo (e che, nel caso in cui avesse avuto luogo secondo tutte le forme previste dalla Carta, avrebbe dovuto presentare un carattere completamente diverso) e' stato deliberato dal Consiglio di Sicurezza? E se cosi' non e' stato, ma gli Stati Uniti, insieme ad alcuni altri stati, vista l'impossibilita' di ottenere una maggioranza nel Consiglio di Sicurezza, si sono elevati al di sopra di quest'ultimo e della Carta dell'Onu, dando vita a un colpo di stato internazionale che modificava radicalmente l'assetto istituzionale vigente in questo ambito, o, per dir meglio, lo sconvolgeva del tutto, l'aggressione da essi compiuta ai danni dell'Iraq, e che si potrebbe paragonare, con tutte le avvertenze del caso, a quelle effettuate dall'Italia fascista e dalla Germania hitleriana fra il 1935 e il 1939, e' o non e' un crimine di guerra? E coloro che l'hanno compiuto devono o non devono essere deferiti al tribunale penale internazionale di recente fondazione, che ne abbiano o non ne abbiano riconosciuto l'autorita'? E dal momento che a tutte queste domande non si puo' rispondere che in modo affermativo, mi sembra che se ne debba concludere che il segretario della Cgil si e' espresso, tutto sommato, in modo inadeguato, cercando di mediare fra due diversi ordini di problemi, di cui uno, pero', non puo' essere considerato rilevante a questo proposito, e che, pertanto, in questo caso, il governo iracheno, comunque lo si possa giudicare per la sua costituzione interna e per i suoi misfatti passati, non puo' essere dichiarato responsabile di questa guerra, la cui responsabilita' ricade interamente sul governo degli Stati Uniti e sui loro alleati diretti o indiretti (fra cui possiamo e dobbiamo collocare anche il governo italiano, che ne ha approvato a piu' riprese le iniziative e ne ha giustificato a posteriori gli atti), che, quindi, non possono essere messi sullo stesso piano del governo iracheno, che, in questa occasione, ha dato prova di una notevole correttezza, ma, al contrario, debbono essere posti molto al di sotto di esso, e che debbono essere colpiti dalle sanzioni previste per le violazioni da loro compiute, e isolati, nel frattempo, dalla coscienza morale di tutta l'umanita', che si e' gia' manifestata abbastanza chiaramente nelle imponenti dimostrazioni di questi giorni. E il presidente della Camera, invece di inorridire delle affermazioni di Epifani (che, come abbiamo gia' visto, avrebbero potuto essere criticate, tutt'al piu', solo per un eccesso di morbidezza nella denuncia e nella condanna degli aggressori), dovrebbe cominciare a prendere espressamente, anche su questo punto, le distanze dal governo e dalla sua maggioranza, come sembra, da qualche tempo, che abbia intenzione di fare su altri (relativi al carattere fondamentalmente illegittimo della posizione detenuta dal Presidente del Consiglio), se corrisponde al vero cio' che leggo sulla "Stampa" di oggi (26 marzo) a proposito del dibattito che ha avuto luogo a Roma sul libro pubblicato da poco dal senatore Fisichella. Mi ricollego, a questo proposito, a quanto e' stato scritto con molta efficacia negli scorsi giorni sulle pagine di questo notiziario a proposito della necessita' di far cadere quanto prima possibile questo governo e di sostituirlo con un altro di unita' nazionale, o di emergenza patriottica, o comunque lo si voglia chiamare, che sia deciso a far valere prima di ogni altra cosa il rispetto della legalita' costituzionale, del diritto internazionale e dei diritti umani di tutti gli esseri umani. * Fare in modo che il nostro paese si unisca, senza riserve, al fronte internazionale della pace, che deve porsi come obbiettivo l'arresto immediato della guerra, la sua condanna da parte del Consiglio di Sicurezza, la convocazione immediata dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e la realizzazione di tutte le misure che potranno essere proposte o deliberate da essa perche' sia posto termine all'aggressione in corso e siano ristabilite le condizioni della pace: e' questo il compito che il movimento per la pace che si e' sviluppato in Italia deve proporsi di assolvere; e, a questo scopo, e cioe' a quello di organizzare e di predisporre tutte le attivita' e le iniziative che possono risultare efficaci da questo punto di vista, mi sembra di poter dire che dovrebbe avere luogo al piu' presto un'assemblea generale di tutte le sue componenti, a cui dovrebbero essere invitati a partecipare anche tutti i parlamentari e gli uomini politici dell'opposizione che si sono pronunciati concordemente contro la guerra e contro ogni forma di collaborazione e di collusione con essa (fra cui, in primo luogo, la concessione dell'uso delle basi), e che dovrebbero essere accolti, a mio avviso, come fratelli maggiori e collaboratori indispensabili da tutti gli attivisti del movimento una volta che abbiano dimostrato, con la loro disposizione a partecipare a queste assise da esso promosse, di attribuire una priorita' assoluta al conseguimento di questo grande obbiettivo comune, piuttosto che ad ogni altro interesse di carattere egoistico e particolare, di natura personale, di partito o di gruppo. 4. RIFLESSIONE. CLARA GALLINI: SHOCK & AWE, POTERE E PAURA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 marzo 2003. Clara Gallini, come e' noto, e' una delle piu' illustri antropologhe viventi] In questa mia breve nota, vorrei ragionare solo di parole. Ma anche le parole pesano, e contengono intenti che possono o non possono (come in questo caso mi augurerei) avverarsi. Tutti sappiamo che il nome dato dal Pentagono all'attuale guerra illecitamente intrapresa contro l'Iraq e' "Shock and Awe", tradotto in italiano con un "Colpire e Terrorizzare", che non restituisce appieno la sinistra complessita' della locuzione originaria, in tutti i suoi nessi semantici che sembrano alludere a nuove modalita' di concepire sia il dominio che gli strumenti da mettere in campo per il suo raggiungimento. "Shock and Awe" nasce come concetto strategico elaborato nel corso di dibattiti e ricerche collettivamente condotte all'interno della Ndu, la National Defense University, per poi trasformarsi in un libro pubblicato nel dicembre 1996, pubblicizzato e raggiungibile su Internet in modi cosi' semplici che perfino un'analfabeta come la sottoscritta riesce a metterci le mani sopra. Curato da Harlan K. Ullman e James P. Wade con il contributo di vari coautori, Shock & Awe porta il seguente sottotitolo: Achieving Rapid Dominance, che tradurrei, senza alterarne il senso, come Metodo rapido per conquistare il dominio. Almeno quanto al sottotitolo, il testo sembra dunque condividere una certa aria di famiglia con tutte quelle valanghe di manualetti che pretendono di istruire il lettore sulle vie piu' semplici e brevi per eliminare balbuzie o eiaculazioni precoci, diventare manager d'impresa, insomma: avere un successo nella vita che sia immediato e senza costi. Contiguita', travasi tra l'uno e l'altro genere sono comunque all'ordine del giorno, articolandosi all'interno di un discorso che fa della guerra senza spargimento di sangue il modello generale di riferimento. Ad esempio, persino in Italia (lo so per notizia diretta) tra i giovani manager rampanti ha furoreggiato e continua a furoreggiare il riferimento a un libretto, diventato ormai cult in questi ambienti: quell'Arte della guerra di Sun Tzu, che e' anche il pilastro su cui si sono costruite le retoriche di Shock & Awe, con i relativi tentativi di traduzione pratica nella guerra attuale. Ma quanto di "reale", e quanto di "irreale" (nel senso di ideologico) soggiace in questo nuovo Tao, che da cammino lungo e pacifico verso il dominio interiore promette di trasformarsi in cammino breve e violento verso ben altri domini? L'interrogativo e' aperto. Il dramma sta sotto i nostri occhi. Ma veniamo alle tecniche messe a punto e suggerite per la rapida e incruenta (sic!) ottimizzazione dei risultati. Il concetto sta proprio nel titolo: Shock & Awe, che e' molto restrittivo tradurre con un "colpisci e terrorizza". Il piano di battaglia cosi' chiamato "punta sulla distruzione psicologica della volonta' del nemico piuttosto che sulla distruzione fisica delle forze militari". Traduco sempre da Internet, Cbs News, del 27 gennaio scorso, che cosi' continua: "'Vogliamo che la piantino. Vogliamo che non combattano', dice Harlan Ullman, uno degli autori del concetto Shock & Awe che si basa sull'uso di un gran numero di armi di precisione teleguidate. In questo modo otterrete un effetto simultaneo, abbastanza simile a quello delle armi nucleari utilizzate a Hiroshima, e senza impiegare giorni o settimane, ma in pochi minuti". Massiccio e simultaneo, l'attacco Shock si rappresenta come una forma di esercizio bellico, apparentemente nuova e inedita. Ma il suo crudo riferimento a Hiroshima ci indica anche continuita' di pratiche e di discorsi persino in una strategia bellica, come la attuale, che a parole nega la realta' degli effetti di morte per puntare invece sulle conseguenze di annientamento psicologico del nemico. Esibizione di forza allo stato puro, lo Shock implica dunque sia l'attacco che le sue conseguenze. Terribile e sovrumano non puo' che produrre sovrumani terrori. Awe significa appunto questo: non spavento, paura, timore o terrore nelle rispettive designazioni psicologiche. Allude piuttosto ad altri concetti, e piu' precisamente a quella categoria del "numinoso" su cui, a suo tempo, Rudolph Otto scrisse pagine ormai classiche che analizzano il carattere ancipite del sacro, nelle sue correlate dimensioni di fascinans e di tremendum (R. Otto, Il sacro, Feltrinelli). Vale la pena di riconsiderarle, per quanto attiene al nostro caso. E' proprio da un esempio bellico tratto dall'Antico Testamento - "Io mandero' davanti a te il mio terrore e mettero' in rotta ogni popolo presso il quale arriverai" (Esodo, 23, 27) - che Otto ci illustra il significato della locuzione: emat Jahveh, il "terrore di Dio". "E' un terrore saturo di intimo raccapriccio, quale nessuna cosa creata, non la piu' minacciosa, nemmeno la piu' potente, riesce ad istillare. V'e' in esso qualcosa di spettrale". Di difficile traduzione, per restituire il senso del termine "l'inglese ha awe, che nel suo significato piu' profondo e tecnico si avvicina molto da presso al nostro significato". Se questo e' il genere di "terrore sacro" che l'impresa Shock & Awe si prefigge di provocare, sento a questo punto la necessita' di suggerire una breve riflessione. Non mi sembra tanto stupefacente il fatto che il linguaggio bellico possa ricorrere a commistioni con quello biblico - non sarebbe certo il primo esempio nella cultura americana. Inquietante - molto inquietante - e' piuttosto la concezione del potere che si dichiara espressamente nel testo- base dell'attuale ideologia del Pentagono: una Dominance che si pretende capace di trasformare la violenza in Sacro, capace dunque di legittimarsi come Sacra Violenza che, attraverso la produzione dell'Awe, arroga a se' il diritto di ogni decisione unilaterale in fatto di guerra o di democrazia. 5. POESIA E VERITA'. NELLY SACHS: E' L'ORA PLANETARIA DEI FUGGIASCHI [Da AA. VV., L'altro sguardo. Antologia delle poetesse del '900, Mondadori, Milano 1996, 1999, p. 159. Nelly Sachs (Berlino 1891 - Stoccolma 1970) e' stata una delle piu' alte voci poetiche del Novecento, ricevette il premio Nobel nel 1966] E' l'ora planetaria dei fuggiaschi. E' la fuga travolgente dei fuggiaschi nella vertigine, la morte! E' la caduta stellare dalla magica prigione del focolare, del pane, della soglia. E' il frutto nero della conoscenza, angoscia! Spento sole d'amore in fumo! E' il fiore della fretta stillante sudore! Sono i cacciatori fatti di nulla, solo di fuga. Sono i cacciati, che portano nelle tombe i loro mortali nascondigli. E' la sabbia, atterrita, con ghirlande di commiato. E' la terra che s'affaccia all'aperto, il suo respiro mozzato nell'umilta' dell'aria. 6. RIFLESSIONE. BENEDETTO VECCHI INTERVISTA IMMANUEL WALLERSTEIN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 marzo 2003. In una scheda annessa all'intervista l'intervistatore cosi' presenta l'illustre storico dell'economia: "Nato nel 1930, Immanuel Wallerstein e' considerato uno dei maggiori storici dell'economia moderna. Formatosi negli Usa, e' stato da subito attratto dagli studi degli studi dello storico francese Fernand Braudel. Una delle sue opere piu' note e' senza dubbio la trilogia Il sistema mondiale dell'economia moderna (Il Mulino), dove conia due espressioni che accompagneranno tutta la sua produzione teorica: sistema-mondo e economia-mondo, sottolineando cosi' la propensione del capitalismo a colonizzare il mondo intero. Da allora la sua produzione teorica si e' arricchita del saggio Il capitalismo storico, dove Wallerstein, utilizzando lo schema della lunga durata, sostiene che di "naturale" nel capitalismo c'e' ben poco e che come tutti i sistemi sociali e' destinato ad essere sostituito da un altro modello di produzione della ricchezza. Importante e' anche il saggio, scritto assieme a Giovanni Arrighi e Terence Hopkins, sugli Antisystemic movement (Manifestolibri), un'analisi del ruolo dei "movimenti antisistema" nello sviluppo dell'economia globale e dove il Sessantotto viene paragonato a una "rivoluzione mondiale" al pari di quella che investi' il mondo nel 1848, quando si formarono gran parte degli stati nazionali moderni in Europa. E provocatorio e' anche quello scritto dopo il crollo del socialismo reale Dopo il liberalismo (Jaca Book), in cui sostiene che il socialismo reale era una variante del capitalismo. Da alcuni anni, con assiduita', la casa editrice Asterios sta pubblicando gran parte degli scritti di Wallerstein (L'era della transizione, Geopolitica e geocultura, Capitalismo storico e civilta' capitalistica)"] Il suo nome viene sempre in mente quando la storia conosce repentine e brusche deviazioni da cio' che sembrava il suo "naturale" corso. Gia', perche' Immanuel Wallerstein e' sempre attento alla lunga durata, e per questo motivo non si fa quasi mai impressionare dagli elementi imprevisti che il presente accumula di fronte ai nostri occhi, anche se hanno il volto straziato di una donna o di un bambino di Baghdad o lo sguardo terrorizzato di una nera mandata al fronte senza sapere bene perche'. In piu' di un'occasione, in questi ultimi anni, le sue parole sono servite spesso a mettere il presente nella giusta prospettiva, oscillando tra le sue antiche radici e la forzatura di tendenze appena abbozzate. Ma la guerra contro l'Iraq lo ha spiazzato. Misura le parole, e' asciutto nelle risposte, dando per scontate molte cose per giungere al nocciolo del problema, rimando pero' cauto nel fare previsioni. "Nel prossimo futuro dominera' l'incertezza e il mondo del dopoguerra sara' caotico", afferma. Ma c'e' un movimento globale contro la guerra, possibile che non riuscira' a condizionare l'amministrazione statunitense? Nel Sessantotto Wallerstein ha parlato di rivoluzione mondiale. Ora il "New York Times" parla di "superpotenza mondiale": non e' quindi detto che la guerra proseguira' nel suo orrore, indifferente ai milioni di uomini e donne che l'avversano. Ma lo studioso dell'economia-mondo invita alla cautela anche in questo caso: "Il Sessantotto e' stata si' una rivoluzione mondiale, ma ha riguardato sostanzialmente il mondo della sinistra. Oggi, invece, mi sembra che la vera novita' del movimento contro la guerra e' rappresentata dagli uomini e donne che, per usare un'espressione tratta dal lessico politico, sono centristi, cioe' dei moderati che non hanno finora mai manifestato o protestato per qualcosa, ma che sono stanchi e infastiditi dalla retorica dei falchi americani sulla unica superpotenza che puo' fare il bello e cattivo tempo nel mondo. Come si evolvera' questo movimento nel prossimo futuro e' difficile da prevedere, perche' dipende da come evolvera' la guerra in Iraq". L'intervista con Immanuel Wallerstein continua dunque sul binario tracciato dall'incertezza, anche se dietro le sue frasi perentorie si intuisce invece un desiderio di trovare le parole giuste per venire a capo di quel labirinto inestricabile che sta diventando il "sistema-mondo". * - Benedetto Vecchi: Nei tuoi scritti, hai sempre sottolineato che l'ordine mondiale uscito dalla dissoluzione del socialismo reale era instabile, ma in qualche modo intelligibile. Poi c'e' stato l'11 settembre e la storia ha accelerato il suo svolgimento. La guerra in Afghanistan prima, l'Iraq ora: sembra che gli Usa vogliono rimettere ordine nel mondo con i cacciabombardieri e i carri armati. Insomma, la guerra come strumento politico privilegiato. Sei d'accordo con questa analisi? - Immanuel Wallerstein: Gli Usa e l'Inghilterra stanno combattendo questa guerra perche' avevano bisogno di una guerra per rimettere al loro posto molti tasselli di un puzzle scompaginato. C'e' da dire che l'Iraq e' stato scelto dagli strateghi militari del Pentagono perche' sembrava un obiettivo facile; oltre a questo, il regime di Saddam Hussein non e' molto amato in qu ella regione e suscita la critica dell'opinione pubblica mondiale perche' e' antidemocratico e perche' e' sospettato di aver disatteso molte delle risoluzioni dell'Onu in merito al sospetto che nel suo arsenale militare ci fossero armi di distruzione di massa. Per l'amministrazione Bush c'e' anche un altro fattore che ha influito nella scelta del paese da colpire: l'Iraq non ha la bomba atomica e non e' neanche in grado di costruirla nel prossimo futuro. Infine, per i "falchi" dell'attuale amministrazione il regime di Baghdad ha umiliato gli Stati Uniti perche' la prima guerra del Golfo nel '91 e' terminata non con una completa e indiscutibile vittoria statunitense, ma con un pareggio. Ma al di la' dei motivi che ho citato, e che sono comunque insufficienti per spiegare l'escalation militare, ce ne sono due che meritano di essere nominati perche' sono i veri obiettivi della strategia politica statunitense. Questa, e' stato affermato, e' una guerra "preventiva", ma anche intimidatoria, specialmente per quei paesi che coltivano il progetto di costruire armi nucleari. Secondo le teste d'uovo dell'amministrazione statunitense, l'intervento nel Golfo e' da intendersi come dissuasivo nei confronti dei propositi di riarmo nucleare coltivati da questo o quel paese. L'altro obiettivo e' piu' ambizioso e riguarda l'Unione europea. O meglio, la guerra serve a prevenire la costruzione di un altro protagonista del sistema-mondo. Cio' che e' accaduto, e che sta accadendo tuttora, mi portano pero' a dire che, se guardiamo nella prospettiva del medio periodo, gli Stati Uniti rischiano forte di fallire entrambi gli obiettivi. * - B. V.: In molti, pero', sostengono che il piu' importante motivo che e' dietro alla guerra e' il petrolio. Non credi che anche questo elemento sia necessario per comprendere il perche' della guerra? - I. W.: Secondo me, il petrolio e' un obiettivo secondario. Ovviamente, ma questo mi sembra scontato, la prospettiva di un controllo su gran parte delle risorse petrolifere non puo' che piacere agli Stati Uniti. E tuttavia sono convinto che mettere l'accento sulla volonta' statunitense di controllare il "ciclo produttivo" dell'oro nero puo' provocare la cancellazione dei veri motivi che hanno spinto l'amministrazione Bush a muovere guerra all'Iraq. D'altronde gli Stati Uniti gia' adesso esercitano un enorme controllo sia sulla produzione, la distribuzione, le oscillazioni del prezzo e di conseguenza sui profitti che il petrolio genera. E questo grazie al rapporto di subalternita' che hanno imposto all'Arabia Saudita. Ma gli americani rischiano grosso in questa guerra. Il rischio maggiore e' proprio di perdere il controllo sul petrolio. Un rischio dovuto al fatto che la guerra puo' indebolire le relazioni che gli Stati Uniti hanno intessuto con l'irreprensibile alleato saudita. Cosi', chi sostiene che tutto quel che sta accadendo e' dovuto al petrolio incorre in un gigantesco abbaglio. Ciononostante, una vittoria rapida e schiacciante allontanerebbe questa prospettiva, ma non cancellerebbe il rischio di cui parlavo. * - B. V.: La guerra serve anche per uscire dalla recessione economica, affermano alcuni studiosi, perche' l'amministrazione Bush con la guerra favorisce il complesso militare-industriale e di conseguenza la ripresa economica. Stiamo di fronte al dispiegarsi di un "keynesismo militare"? - I. W.: Anche in questo caso mi sembra che questo ordine di problemi sia secondario. Non dubito che ci siano delle persone - forse lo stesso Bush - che pensano, o forse sperano, che la guerra possa mettere fine alle difficolta' economiche degli Stati Uniti. Ma ritengo che si autoingannino. La maggior parte degli analisti della situazione economica mondiale sostengono infatti il contrario. Ovviamente ci saranno delle imprese che saranno avvantaggiate dalla guerra - il complesso militare industriale - e dal dopoguerra - le societa' che ricostruiranno l'Iraq. Ma in generale, il carico fiscale che si abbattera' sui cittadini statunitensi sara' enorme, cancellando cosi' qualsiasi beneficio degli investimenti statali a favore del complesso militare-industriale o delle societa' coinvolte nella ricostruzione dell'Iraq. * - B. V.: Una delle prime vittime "eccellenti" di questa guerra sembra essere l'Onu, la seconda l'Unione europea. Il terzo, forse minore per importanza, e' il "New labour" di Tony Blair, intendendo con questo la retorica sulla "terza via" propugnata da Giddens. Quale puo' essere l'ordine mondiale che esce dalla distruzione di Baghdad? - I. W.: Non sono sicuro che l'Onu sia una vittima casuale. La maggior parte dell'opinione pubblica ritiene che le Nazioni Unite siano state una importante istituzione internazionale e auspicano che nel prossimo futuro possano svolgere lo stesso importante ruolo di governo delle controversie internazionali. Da parte mia, ritengo che l'Onu e' stata capace solo in minima parte di sviluppare una politica che non coincidesse con gli obiettivi statunitensi. Ma cosa e' accaduto negli ultimi mesi? Per la prima volta gli Stati Uniti hanno corso il rischio di essere messi in minoranza al palazzo di vetro. Cosi', e per la prima volta dalla sua costituzione, il consiglio di sicurezza dell'Onu e' diventato il luogo dove si combatteva una vera battaglia di potere. A questo punto all'interno dell'amministrazione statunitense e' maturata la decisione di abbattere questo ostacolo che si frapponeva al conseguimento dei suoi obiettivi. Per quanto riguarda l'Unione europea, possiamo dire che questa situazione ha solo messo in evidenza cio' che era accaduto politicamente: la divisione cioe' tra chi voleva che l'Unione europea diventasse la seconda protagonista dell'arena mondiale e chi invece riteneva che il vecchio continente dovesse rimanere "atlantico". Va detto che il primo gruppo stava risultando vincente. Ma il prevalere politico dei sostenitori di una Europa indipendente dagli Usa ha significato anche l'inizio della crisi tra alcuni paesi dell'Unione europea e l'amministrazione Bush. Infine, non ho mai creduto che la "terza via" fosse una proposta credibile per risolvere i problemi del mondo. In primo luogo, era legata troppo ad alcune personalita' politiche, le quali o non sono piu' dei protagonisti o sono in difficolta'. Infatti, Clinton non e' piu' il presidente degli Stati Uniti, cosi' come in Brasile non c'e' piu' Cardoso. Schroeder mi sembra che abbia imboccato un altro sentiero distante dalla "terza via". Per non parlare di Tony Blair, che e' in vera difficolta'. Ma che tipo di mondo ci consegnera' il dopoguerra? Bella domanda, di quelle da cento milioni di dollari. Nell'immediato futuro, il mondo sara' caotico. Sara' l'incertezza a farla da padrone sia dal punto di vista politico ed economico che ideologico, se assumiamo questo termine nel senso migliore che ha avuto nella sua storia, cioe' una visione del mondo, dei valori e delle finalita' condivise. * - B. V.: Finora, tutti gli economisti e gli opinion-maker hanno volto l'attenzione ai rapporti tra Usa, Europa e mondo arabo. Poco si dice di quel che accade in Asia. Le tigri asiatiche hanno le unghie spezzate e non spaventano piu' nessuno, mentre la Cina si presenta sempre piu' come il prossimo "avversario" degli Usa. Secondo te e' proprio cosi'? - I. W.: Possiamo dire che in questo quadro di incertezza, la Cina e' il paese che sta meglio di molti altri. Conosce una crescita economica che stupisce tutti gli economisti, si sta rafforzando militarmente, aumenta la sua influenza politica in Asia e al tempo stesso mantiene un basso profilo per non provocare tensioni o punti di rottura con gli Usa. Ci dovremmo interrogare su quanto durera' questa situazione tutto sommato "tranquilla". Per prima cosa pero' penso che la Cina non puo' trovarsi in contrasto con i suoi vicini. Per questo motivo, nel prossimo futuro sentiremo parlare di una nuova entita' economica e politica, l'Asia orientale che comprendera' la stessa Cina, la Corea riunificata e il Giappone. Parlare di questi tre paesi come degli alleati che danno vita a una formazione politica e economica e' un azzardo. Sono infatti piu' le diversita', gli interessi divergenti se non conflittuali tra loro che non i punti di convergenza. E tuttavia sono tre paesi che saranno costretti a mettere da parte le loro divergenze se vorranno diventare dei paesi floridi. Per il momento, e' difficile immaginare l'Asia orientale, ma chissa' se tra dieci anni non sara' una delle novita' emerse proprio dal dopoguerra. 7. RIFLESSIONE. GIOVANNI MANDORINO: PER LO SCIOPERO GENERALE CONTRO LA GUERRA [Ringraziamo Giovanni Mandorino (per contatti: g.mandorino at tiscali.it) per questo intervento. Giovanni Mandorino e' una delle piu' rigorose e attive persone impegnate per la nonviolenza] Sono venuto a conoscenza che il sindacalismo di base (Cobas, Cub, Rdb, Sincobas, Slaicobas e Usi) ha proclamato uno sciopero generale nazionale contro la guerra di una giornata il 2 aprile 2003 con manifestazioni in diverse citta` italiane (per maggiori informazioni: www.rdbcub.it). Credo che tutti noi avremmo preferito che una decisione di questo genere fosse stata presa dalle maggiori confederazioni sindacali nazionali e, da quel che mi e` stato detto, questa era ed e` anche la speranza dei sindacati che hanno proclamato l'astensione dal lavoro. Fino al punto di essersi detti disponibili a rinviare lo sciopero stesso se dagli altri sindacati venisse un segnale di attenzione per una iniziativa di questo genere. Cosi` non e` stato fino ad ora e difficilmente lo sara` in futuro: quando si tratta di passare dalle dichiarazioni ai fatti, troppo spesso le maggiori organizzazioni sindacali si trovano a mediare tra le esigenze e gli interessi dei loro rappresentati (ed e` un interesse concreto di tutti i lavoratori quello che non ci siano guerre) ed altri interessi di natura diversa (basti pensare al tasso di migrazione dai vertici sindacali di vario livello ai vertici di questo o quel partito politico). Penso che in questa situazione (in particolare dopo la proclamazione dello stato di emergenza con riferimento alla situazione in Iraq da parte del Consiglio dei Ministri del 28 marzo), tutti noi dobbiamo porci il problema ed assumerci le nostre responsabilita`, misurando le nostre azioni con la voce della nostra coscienza, con gli eventuali costi che potremmo dover sopportare e la nostra capacita` di sopportarli in relazione alla situazione personale di ciascuno. Dopo di che fare la scelta che ci sembra piu' giusta. 8. INIZIATIVE. IL 2 APRILE SCIOPERO GENERALE CONTRO LA GUERRA PROMOSSO DAI SINDACATI DI BASE [Da varie persone amiche della nonviolenza riceviamo e volentieri diffondiamo il testo del telegramma inviato dai sindacati di base per annunciare la giornata di sciopero generale contro la guerra che avra' luogo il prossimo 2 aprile] Telegramma N. 033/IA del 22 marzo 2003 Al presidente del Consiglio dei Ministri al presidente della Commissione di garanzia ex legge 146/90 al Ministero della funzione pubblica al Ministero del welfare Facendo riferimento alla procedura di conciliazione avvenuta in data 10/02/2003 e al telegramma n. 125/EH dell'11/3/03 le sottoscritte Confederazioni e organizzazioni sindacali proclamano lo sciopero generale di tutte le categorie pubbliche e private per l'intera giornata del 2 aprile 2003. Lo sciopero generale viene proclamato per protestare contro la guerra in Iraq, e contro il coinvolgimento dell'Italia attraverso la concessione dell'uso delle basi militari e del diritto di sorvolo del nostro territorio. Nel corso dello sciopero saranno rispettate le fasce orarie e la salvaguardia dei servizi minimi essenziali. Eventuali articolazioni di categoria e/o aziendali saranno comunicate dagli interessati. Confederazione Cobas, Confederazione unitaria di base, Sincobas, Slaicobas, Usi 9. INIZIATIVE. TAVOLA SPEZZINA PER LA PACE E LA GLOBALIZZAZIONE DAL BASSO: CONTRO LA GUERRA DIGIUNO A STAFFETTA DI RIFLESSIONE SULLA SOBRIETA' E PRATICA DELLA CONDIVISIONE [Riceviamo e diffondiamo stralci di questo appello della Tavola spezzina per la pace e la globalizzazione dal basso (per contatti: saccanig at libero.it)] Non basta dire no alla guerra... Alla consapevolezza dei motivi profondi della guerra, deve seguire una necessaria autocritica sul nostro modello di consumo, se vogliamo la pace dobbiamo costruire la pace, piu' del semplice e forse ipocrita no alla guerra e' necessario cercare di reciderne una delle radici piu' importanti. Proponiamo un digiuno a staffetta, con l'obiettivo di stimolare la riflessione di tutti e ciascuno sulla sobrieta' come scelta di vita alternativa al modello consumistico e come scelta di noncollaborazione e ritiro del consenso al sistema economico "occidentale" produttore instancabile di guerre e ingiustizie. Come gesto di concreta condivisione, invitiamo i digiunatori a devolvere il corrispettivo dei pasti non consumati, in favore delle vittime dei bombardamenti, all'associazione umanitaria "Un ponte per...", con causale: Un ponte per Baghdad. 10. APPELLI. PER LA SALVEZZA DI AMINA LAWAL [Da molte persone amiche abbiamo ricevuto il seguente appello a sostegno dell'iniziativa di Amnesty International per salvare la vita di Amina Lawal] E' stata confermata dalla corte suprema nigeriana la condanna a morte tramite lapidazione di Amina Lawal. La condanna e' stata rinviata di un mese per l'allattamento del figlio. Entro un mese, Amina Lawal verra' sepolta fino al collo e lapidata, a meno che una marea di firme non riesca a persuadere le autorita' nigeriane a revocare la condanna, come nel caso di Safiya. Per Amina sono state raccolte poche firme; per favore entrate nel sito spagnolo www.amnistiaporsafiya.org e firmate l'appello di Amnesty International per la revoca della condanna a morte di Amina. 11. RIVISTE. "A. RIVISTA ANARCHICA" DI MARZO "A. Rivista anarchica", i nostri lettori lo sanno, e' una delle migliori riviste di politica e cultura esistenti in Italia. Nel numero di marzo 2003 si faticherebbe a scegliere cosa segnalare particolarmente, praticamente tutto e' interessante ed appassionante, dall'intervista a un poeta Lakota a un diario dal Chiapas, ai contributi su Gaber, a molto altro. E' in edicola a 3 euro. Per contatti con la redazione e per leggere on-line anche molti numeri precedenti di questa storica e prestigiosa rivista giunta al trentatreeesimo anno di pubblicazioni: e-mail: arivista at tin.it, sito: www.anarca-bolo.ch/a-rivista 12. RIVISTE. "IL FOGLIO" DI MARZO "Il foglio" e' la bella rivista mensile promossa da "alcuni cristiani torinesi", giunta al trentatreesimo anno di esistenza ed al numero 300 con questo fascicolo di marzo 2003. Sono solo 8 pagine, di grigia carta riciclata, fitte di scrittura e senza immagini, ma da leggere e meditare dalla prima all'ultima riga. Per richieste e per contatti: e-mail: antonello.ronca at libero.it, sito: www.ilfoglio.org 13. RIVISTE. I QUADERNI SPECIALI DI "LIMES": LA GUERRA PROMESSA Nei quaderni speciali di "Limes", la sempre interessante rivista italiana di geopolitica diretta da Lucio Caracciolo, e' stato pubblicato un volume monografico su La guerra promessa (pp. 160, euro 8). Come di consueto vengono ospitate posizioni diverse e presentati approcci sovente non banali (dispiace che il punto di vista degli amici della nonviolenza non vi appaia pressoche' mai); anche se di taglio prevalentemente pubblicistico e giornalistico alcuni contributi alla conoscenza e alla discussione sono particolarmente apprezzabili. 14. RIVISTE. "MICROMEGA" N. 2/2003: GIUSTIZIA E PACE, GUERRA E REGIME Il volume di "Micromega" n. 2/2003, monografico su Giustizia e pace, guerra e regime, reca su tutta la prima e la quarta di copertina la bandiera arcobaleno, ed ospita come sempre numerosi utili contributi di riflessione e di documentazione (tra tanti meriti, dispiace la scarsissima attenzione al pensiero delle donne ed alla nonviolenza). Da non perdere, e' in edicola al costo di 12 euro per 256 pagine. 15. RIVISTE. "NIGRIZIA" DI MARZO "Nigrizia" e' la bella rivista mensile "dell'Africa e del mondo nero" promossa dai padri comboniani. Il numero di marzo reca in copertina la bandiera arcobaleno con il titolo complessivo: Pace senza se e senza ma. "Nigrizia" e' una lettura semplicemente indispensabile. Per richieste e contatti: tel. 045596238, e-mail: redazione at nigrizia.it, sito: www.nigrizia.it 16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 17. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 551 del 30 marzo 2003
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