La nonviolenza e' in cammino. 550



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 550 del 29 marzo 2003

Sommario di questo numero:
1. Primo: con l'azione diretta nonviolenta bloccare l'operativita' delle
basi militari in territorio italiano impegnate nella guerra illegale e
criminale, terrorista e stragista
2. Secondo: con l'azione nonviolenta costringere il governo golpista e
complice di crimini di guerra e crimini contro l'umanita' alle dimissioni
3. Terzo: denunciare alle competenti magistrature i complici italiani della
guerra stragista e terrorista
4. Quarto: mobilitare tutte le istituzioni contro la guerra, in difesa della
legalita' costituzionale, del diritto internazionale, del diritto alla vita
di ogni essere umano
5. Sette indispensabili regole di condotta per partecipare ad azioni dirette
nonviolente
6. Un sito nazionale delle Donne in nero
7. Loredana Morandi, una denuncia nei confronti del ministro Martino per
attentato alla Costituzione
8. Antonino Drago, proposte contro la guerra e per la pace
9. Benedetto Vecchi intervista Saskia Sassen
10. Francesco Comina intervista Luigi Bettazzi
11. Nodo di Lodi della Rete di Lilliput, contro la guerra cambia la vita
12. Brunetto Salvarani, Giovanni Sarubbi: un digiuno per il dialogo e la
pace
13. Mao Valpiana, "Azione nonviolenta" di aprile
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'

1. CHE FARE. PRIMO: CON L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA BLOCCARE L'OPERATIVITA'
DELLE BASI MILITARI IN TERRITORIO ITALIANO IMPEGNATE NELLA GUERRA ILLEGALE E
CRIMINALE, TERRORISTA E STRAGISTA
L'arrivo sul teatro delle operazioni belliche dei paracadutisti provenienti
da una base americana in territorio italiano e' la conferma ultima e
definitiva che le basi militari Usa in territorio italiano sono coinvolte
nella guerra a tutti gli effetti.
Questo signifca che esse, ipso facto, violano la Costituzione italiana, che
la loro presenza e la loro attivita' sono fuorilegge e pericolose per la
nostra stessa popolazione e il nostro stesso territorio, e sono
corresponsabili della commissione di crimini di guerra e di crimini contro
l'umanita'.
Dovrebbero essere i pubblici poteri italiani a bloccarne ogni attivita',
ogni operativita', ad intervenire ope legis sequestrando le strutture ed
arrestando e processando chi vi opera. Se i pubblici poteri non lo fanno (e
non facendolo si rendono complici di crimini di guerra e crimini contro
l'umanita', e di violazione del dettato costituzionale e di precisi obblighi
di legge), e' in capo ad ogni cittadino italiano il diritto e il dovere,
l'obbligazione giuridica e l'esigenza morale, di fermare la guerra illegale
e criminale nella sua articolazione dislocata in territorio italiano. Cosi'
ci impone la Costituzione della Repubblica Italiana, cui vogliamo e dobbiamo
essere fedeli. E cosi' ci impone la coscienza.
E per rendere inoperanti le basi terroriste e stragiste dell'esercito Usa in
territorio italiano occorre l'azione diretta nonviolenta. Adesso. Per
salvare le vite umane delle vittime della guerra, per salvare la nostra
stessa popolazione dai fin troppo prevedibili possibili tragici sviluppi
della guerra su scala planetaria, per salvare l'umanita'; per ripristinare
la legalita' costituzionale e il diritto internazionale; per difendere le
Nazioni Unite, e last but not least per difendere l'indipendenza del nostro
stesso paese dalla ferocia e dalla follia degli stragisti colonialisti e
degli altri terroristi loro allievi e sodali.
E' l'ora dell'azione diretta nonviolenta: per la legalita', per la
democrazia, per l'umanita'. Contro le uccisioni, il terrorismo, le
dittature, la guerra, l'apocalisse.

2. CHE FARE. SECONDO: CON L'AZIONE NONVIOLENTA COSTRINGERE IL GOVERNO
GOLPISTA E COMPLICE DI CRIMINI DI GUERRA E CRIMINI CONTRO L'UMANITA' ALLE
DIMISSIONI
Il governo italiano, con la sua scellerata, sciagurata condotta, ha reso il
nostro paese complice di una guerra illegale e criminale. Per far questo ha
violato la Costituzione e si e' reso fuorilegge. In attesa dell'intervento
necessario ed urgente delle forze dell'ordine e delle competenti
magistrature per arrestare, processare e punire i criminali al governo,
occorre costringere alle dimissioni il governo golpista e complice di
crimini di guerra e crimini contro l'umanita'. Per imporne le dimissioni lo
strumento fondamentale e' lo sciopero generale, la piu' classica delle
azioni nonviolente. Occorre promuovere lo sciopero generale a oltranza
contro la guerra, con il preciso obiettivo delle dimissioni del governo che
ha trascinato l'Italia in guerra; con il preciso obiettivo del ripristino
della legalita' costituzionale italiana; con il preciso obiettivo di un
nuovo governo fedele alla legge, alla democrazia, all'umanita', un governo
che si impegni a rispettare ed adempiere il mandato della Costituzione della
Repubblica Italiana: opporsi alla guerra.

3. CHE FARE. TERZO: DENUNCIARE ALLE COMPETENTI MAGISTRATURE I COMPLICI
ITALIANI DELLA GUERRA STRAGISTA E TERRORISTA
Occorre promuovere una campagna di massa di denuncia alle competenti
magistrature dei complici italiani della guerra stragista e terrorista, dei
golpisti che hanno attentato alla Costituzione e che si sono resi complici
dei crimini di guerra e dei crimini contro l'umanita' in corso. Alcuni
esposti sono gia' stati presentati in questi ultimi mesi, settimane, giorni:
presentiamone presso tutti gli uffici giudiziari, presso tutte le questure,
presso tutte le caserme dei Carabinieri. Chiediamo alle istituzioni preposte
all'ordine pubblico e all'azione penale di intervenire per arrestare i
criminali, per metterli in condizione di non nuocere; chiediamo alle
competenti autorita' giudiziarie di intervenire per arrestare, processare e
punire gli assassini ed i complici degli assassini.

4. CHE FARE. QUARTO: MOBILITARE TUTTE LE ISTITUZIONI CONTRO LA GUERRA, IN
DIFESA DELLA LEGALITA' COSTITUZIONALE, DEL DIRITTO INTERNAZIONALE, DEL
DIRITTO ALLA VITA DI OGNI ESSERE UMANO
Per fermare la guerra, ripristinare la legalita', salvare innumerevoli vite
umane, nulla deve restare intentato di quanto e' legittimo, giusto, doveroso
e necessario fare, ancorando la nostra azione ad una scelta ed una condotta
rigorosamente ed esclusivamente nonviolenta; tra le cose piu' urgenti da
fare occorre anche mobilitare tutte le istituzioni in difesa della legalita'
costituzionale, del diritto internazionale, del diritto alla vita di ogni
essere umano.
A cominciare dai sindaci: che hanno il potere di emettere ordinanze urgenti
per bloccare l'attivita' delle basi militari collocate in territorio
italiano attualmente illegalmente impegnate nella guerra fuorilegge,
stragista e terrorista. E oltre i sindaci i consigli comunali;: ed oltre i
Comuni anche le Provincie e le Regioni; ed i prefetti e i questori, e tutte
le autorita' pubbliche che nell'ambito delle loro rispettive competenze
possono e devono agire per ripristinare la legalita' costituzionale e
salvare le vite umane che la guerra minaccia ed uccide.

5. MATERIALI. SETTE INDISPENSABILI REGOLE DI CONDOTTA PER PARTECIPARE AD
AZIONI DIRETTE NONVIOLENTE
[Il testo seguente e' la riproposizione, adattata alla proposta specifica di
bloccare con la nonviolenza l'operativita' delle basi militari impegnate
nella guerra dislocate in territorio italiano, di un testo gia'
precedentemente piu' volte diffuso]
1. A un'azione diretta nonviolenta possono partecipare solo le persone che
accettano incondizionatamente di attenersi alle regole della nonviolenza
durante tutto lo svolgimento dell'azione diretta nonviolenta stessa.
2. Tutti i partecipanti devono saper comunicare parlando con chiarezza, con
tranquillita', con rispetto per tutti, e senza mai offendere nessuno.
3. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente senso e fini
dell'azione diretta nonviolenta cui prendono parte, nel caso specifico del
blocco delle basi militari di potenze e alleanze inclusive di potenze impegn
ate nella guerra cio' significa fare un'azione rigorosamente nonviolenta e
concretamente efficace:
- per fermare la guerra, le stragi, le devastazioni; cioe' per salvare delle
vite umane, come e' diritto e dovere di ogni essere umano;
- per rispettare ed inverare con il proprio impegno personale la legalita'
costituzionale e il diritto internazionale che proibiscono questa guerra.
4. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente anche le possibili
conseguenze personali della partecipazione all'azione diretta nonviolenta
cui prendono parte, nel caso specifico del blocco delle basi impegnate nella
guerra cio' vale a dire essere consapevoli che ogni singolo partecipante
puo' andare incontro alla possibilita' di denuncia, di fermo e di arresto,
di procedimento penale e di condanna a sanzione sia pecuniaria che
detentiva.
Queste possibilita' vanno seriamente esaminate prima di prendere parte
all'azione diretta nonviolenta; una volta decisisi a partecipare e se esse
si verificassero si ha il dovere di accettare pacificamente e onestamente
tali conseguenze, e ad esse nessuno deve cercare di sottrarsi.
Varie e gravi sono le imputazioni possibili, con l'aggravante del concorso
essendo in piu' persone a compiere l'azione diretta nonviolenta.
Tutti i partecipanti devono essere muniti di documenti di identita' e devono
esibirli su richiesta delle forze dell'ordine (non farlo e' reato); tutti i
partecipanti hanno il dovere di non provocare danni alle persone,
all'ambiente o ai beni; tutti i partecipanti devono avere un atteggiamento
di massimo rispetto nei confronti di tutte le persone e soprattutto nei
confronti delle forze dell'ordine.
Tutti i partecipanti devono saper spiegare le ragioni dell'iniziativa
nonviolenta e chiarire che la propria condotta sara' comunque rigorosamente
nonviolenta; e poiche' si occuperanno aree pubbliche con il proprio corpo,
qualora si venga spostati di peso non si deve in alcun modo ne' opporre
resistenza, ne' lanciare offese ne' minacce: e' bene continuare a parlare
serenamente e rispettosamente anche con le persone che materialmente
sposteranno i partecipanti, rassicurandoli che la nostra azione non e'
affatto contro di loro e non intendiamo in alcun modo ne' offenderli ne' far
loro del male, e che anzi l'azione diretta nonviolenta e' eseguita per
difendere la legalita' costituzionale che e' stata violata da chi
illegalmente e criminalmente ha promosso o sta favoreggiando la guerra in
corso.
5. Tutti devono rispettare i seguenti principi della nonviolenza:
- non fare del male a nessuno: se una sola persona tra i partecipanti
all'azione diretta nonviolenta dice o fa delle stupidaggini, o una sola
persona per responsabilita' dei partecipanti all'azione diretta nonviolenta
si fa male, l'azione diretta nonviolenta e' irrimediabilmente e totalmente
fallita, e deve essere immediatamente sospesa;
- spiegare a tutti (amici, autorita', interlocutori, interpositori,
eventuali oppositori) cosa si intende fare, e che l'azione diretta
nonviolenta non e' rivolta contro qualcuno, ma contro la violenza (in questo
caso lo scopo e' fermare la guerra, cercar di impedire che avvengano altre
stragi ed atrocita', salvare delle vite umane, difendere la legalita'
costituzionale e il diritto internazionale);
- dire sempre e solo la verita';
- fare solo le cose decise prima insieme con il metodo del consenso ed
annunciate pubblicamente (cioe' a tutti note e da tutti condivise); nessuno
deve prendere iniziative personali di nessun genere; la nonviolenza richiede
lealta' e disciplina;
- assumersi pienamente la responsabilita' delle proprie azioni e quindi
subire anche le conseguenze che ne derivano;
- mantenere una condotta nonviolenta anche di fronte all'eventuale violenza
altrui.
6. Occorre chiarire che chi non accetta queste regole non puo' partecipare
all'azione diretta nonviolenta, poiche' sarebbe di pericolo per se', per gli
altri e per la riuscita dell'iniziativa che e' e deve essere rigorosamente
nonviolenta.
7. E' bene che chi promuove azioni dirette nonviolente fornisca a tutti i
partecipanti per iscritto le regole di condotta condivise, e meglio ancora
sarebbe se esse venissero discusse e definite tra tutti i partecipanti col
metodo del consenso.
Questo testo puo' essere un canovaccio utilizzabile a tal fine: se condiviso
puo' essere riprodotto in volantini e cartelloni.
E' inoltre bene che le regole di condotta condivise dai partecipanti
all'azione diretta nonviolenta vengano fatte conoscere anche alle forze
dell'ordine, alle varie autorita' ed a tutte le altre persone che si
trovassero nel luogo in cui si svolge l'azione diretta nonviolenta dandone
una copia scritta ad ogni persona presente, oltre che a tutti i mezzi
d'informazione.
*
Il testo che precede e' un adattamento di un paragrafo della "Guida pratica
all'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere della pace" del Centro di
ricerca per la pace di Viterbo, diffusa ed utilizzata nel 1999.
Ai fini delle possibili conseguenze civili e penali (se questo testo venisse
considerato "istigazione a delinquere" essendo, come e', un invito a
realizzare azioni dirette nonviolente per fermare la guerra illegale e
criminale) il responsabile di questo testo e' Peppe Sini, responsabile del
Centro di ricerca per la pace di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo.

6. RIFERIMENTI. UN SITO NAZIONALE DELLE DONNE IN NERO
[Dalla mailing list news at peacelink.it riprendiamo e diffondiamo questo
comunicato diffuso dalla webmistress del sito delle Donne in nero (per
contatti: webmistress at donneinnero.org). L'esperienza delle Donne in nero e'
una delle piu' rilevanti esperienze di impegno nonviolento per la pace, la
convivenza, i diritti umani]
Care amiche,
l'ottobre scorso al convegno delle "donne in nero" di Firenze parlammo della
realizzazione di un nostro sito internet.
Questo sito ora e' pronto e potete trovarlo all'indirizzo:
www.donneinnero.org
Come vedrete il sito contiene anche una sezione dedicata ai documenti:
www.donneinnero.org/i_documenti.htm
Tale sezione e' per ora suddivisa in tre aree tematiche che, ovviamente,
possono aumentare a seconda delle nostre esigenze.
Io stessa mi occupero' del mantenimento del sito, quindi se volete
segnalarmi della documentazione da mettere in rete, potete farlo.
Dovreste pero' specificare, quando possibile: titolo, autrice/autore, data,
breve descrizione (bastano un paio di righe).
C'e' anche un'area fotografie per la quale vale lo stesso discorso:
www.donneinnero.org/fotografie.htm
Potete mandarmi delle foto significative specificando l'occasione in cui
sono state scattate.
Per quanto riguarda gli appuntamenti per ovvi motivi si e' stabilito di
segnalare solo gli appuntamenti di rilevanza "nazionale":
www.donneinnero.org/appuntamenti.htm
Nella sezione contatti trovate per ora solo un indirizzo e-mail a cui
scrivere: www.donneinnero.org/in_italia.htm
E' mia intenzione creare un'e-mail per ogni referente locale.
Ad esempio la referente di Torino avra' l'e-mail torino at donneinnero.org,
quella di napoli avra' l'e-mail napoli at donneinnero.org e cosi' via.
L'e-mail arrivera' alle vostre solite caselle di posta, quindi, se siete
d'accordo, tra qualche giorno apriro' queste caselle e-mail e le mettero'
sul sito.
In questo modo chi arrivera' sul sito e vorra' mettersi in contatto con la
referente di Milano scrivera' una e-mail alla casella milano at donneinnero.org
e il messaggio arrivera' automaticamente alla casella di Marinella Sanvito
senza che sia divulgata la sua e-mail reale.
Che ne dite?
Quello che ci mandate verra' preso in considerazione da una redazione creata
appositamente per gestire la comunicazione on-line, scusateci in anticipo
per eventuali lentezze o incertezze: tutto e' ancora in una fase
sperimentale e ci vorra' del tempo prima di ingranare.
Aspettiamo quindi commenti e contributi,
a presto
Roberta, webmistress del sito

7. DOCUMENTAZIONE. LOREDANA MORANDI: UNA DENUNCIA NEI CONFRONTI DEL MINISTRO
MARTINO PER ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE
[Dal sito www.studiocelentano.it riprendiamo il seguente comunicato]
Attentato Alla Costituzione: La denuncia e' stata depositata in data 22
marzo 2003 alla presenza del Vice Procuratore Aggiunto dottor Ettore Torri
della Procura della Repubblica di Roma e reca numero di ricezione primi atti
58745, nei prossimi giorni le sara' attribuito il numero di registro
generale notizie di reato.
Tale denuncia redatta da un pool di giuristi capitanato dall'avv. Giorgio
Bonamassa, reca oltre alla dettagliata narrazione dei fatti, che supportano
l'ipotesi di reato sugli articoli 241 e 283 del codice penale, anche
adeguata menzione alla dottrina giuridica nazionale ed internazionale, oltre
ai precedenti registrati dal massimario dell'Alta Corte di Cassazione.
Ne sono primi firmatari il Senatore Luigi Malabarba ed altri rappresentanti
di associazioni pacifiste del Social Forum Europeo.
La denuncia si fonda su fatti noti pubblicati dagli stenografici della
Camera: a meta' febbraio il Ministro Martino concedeva l'uso delle
infrastrutture pubbliche dei 26 convogli carichi di armamenti, dietro
richiesta verbale dell'ambasciatore statunitense, senza alcuna richiesta
formale o scritta dall'amministrazione Usa. Tale concessione si troverebbe
in contrasto con quanto previsto dal Trattato della Nato, con la Convenzione
di Londra del 1951, con il Protocollo di Parigi del 1952 e con l'Accordo
internazionale firmato a Parigi nel 1962.
L'atto, depositato in Procura, ribadisce il clima di illiceita' dell'attacco
unilaterale degli Stati Uniti contro l'Iraq, tale proprio sulla base
giuridica della risoluzione Onu 1441 e della clausola, che esclude l'uso
della forza. Lo stesso Trattato Nato, che prevede una collaborazione fra
Stati membri per la reciproca sicurezza, all'art. 5 richiama l'art. 51 della
Carta Onu. Il regime della trasparenza delle azioni e' sancito al paragrafo
secondo dell'art. 5; l'art. 7 del Trattato Nato sancisce una sostanziale
prevalenza della Carta Onu mediante una clausola generale di compatibilita'
rispetto agli obblighi stabiliti e il richiamo al Consiglio di Sicurezza
quale principale responsabile del mantenimento della pace e della sicurezza.
Cadono infine in regime giuridico gli accordi "segreti" del governo
italiano, di fronte alla sovranita' della Costituzione della Repubblica e di
fronte alla sovranita' del Parlamento.
L'atto reca ancora menzione dell'abuso compiuto nell'utilizzo delle basi
Nato in Italia per scopi bellici. Tale utilizzo travalicando quanto espresso
nel Trattato di Washington, viola l'art. 11 della Costituzione Italiana,
sostanziandosi l'atto della concessione nella violazione alla sovranita'
dell'espressione del Parlamento sancita art. 64 comma 2 della Carta
Costituzionale e in una gravissima violazione dell'art. 78 e le norme di
attuazione sull'attribuzione della legislazione alle due Camere.
Risulterebbe inoltre disatteso il dettato della legge 185/1990 sul divieto
di esportazione e transito, a tal fine, di armi ad uso bellico. Reca
sostanza all'ipotesi di reato di pericolo (241 c. p.) la sentenza della
Cassazione Penale Sez. Unite n. 1 del 18.3.1970, che evidenzia: "nelle sue
condizioni necessarie e sufficienti, quando il fatto commesso dall'agente
per la sua natura, le sue caratteristiche, la sua sintomaticita', sia
espressione di un tale agire (non inidoneo) da potersi considerare, alla
stregua dei canoni della logica valutativa delle azioni umane, come
iniziazione d'opera ideata, messa in esecuzione di concepito progetto,
passaggio dalla fase preparatoria alla fase esecutiva di efficiente
programma avente per obiettivo ultimo il risultato della sottoposizione del
territorio dello Stato o di una parte di esso alla sovranita' di uno Stato
straniero". Cosi' come Cassazione (sent. 26.3.1986, in GI, 1988, II, 83)
sancisce con i termini di "massima giuridica", che: "ogni attentato a
organismi, enti o istituzioni, titolari dei rapporti civili, sociali ed
economici che la Costituzione particolarmente riconosce e garantisce,
finalizzato ad offenderne l'integrita', per ridurre o eliminarne la
funzionalita' istituzionale e quindi a sovvertire il sistema di cui quelli
sono elementi strutturali, e' atto idoneo a ledere l'interesse all'ordinato
svolgimento dei rapporti di cui quegli enti sono titolari e responsabili, e
di concerto ad attentare all'ordinamento costituzionale".
In conclusione l'atto depositato rileva che un tale vulnus all'ordinamento
costituzionale recherebbe gravissime conseguenze sul piano internazionale e
sull'interno del Paese, chiede quindi il sequesto dei treni e dei materiali
bellici trasportati, evidenziando, come gia' si e' appreso a mezzo stampa,
l'utilizzo improprio della base di Camp Darby, dell'aeroporto di Fiumicino e
dei porti di Napoli, La Spezia e Livorno.

8. RIFLESSIONE. ANTONINO DRAGO: PROPOSTE CONTRO LA GUERRA E PER LA PACE
[Riceviamo e volentieri diffondiamo questo intervento di Antonino Drago (per
contatti: tel. 0817803697, fax: 06233242218, e-mail: drago at unina.it). Tonino
Drago, nato a Rimini nel 1938, docente di storia della fisica
all'Universita' di Napoli, da sempre impegnato nei movimenti nonviolenti, e'
uno dei piu' prestigiosi peace-researcher italiani e uno dei piu' autorevoli
amici della nonviolenza. Tra le molte opere di Antonino Drago: Scuola e
sistema di potere: Napoli, Feltrinelli, Milano 1968; Scienza e guerra (con
Giovani Salio), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; L'obiezione fiscale alle
spese militari (con G. Mattai), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986; Le due
opzioni, La Meridiana, Molfetta; La difesa e la costruzione della pace con
mezzi civili, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 1997; Atti di vita interiore,
Qualevita Torre dei Nolfi (Aq) 1997]
Con la guerra dell'Iraq, gli Usa hanno imboccata la strada, senza ritorno,
della loro decadenza, morale e politica; non riusciranno mai piu' ad avere
un consenso morale come lo ottennero l'11 settembre; ne' all'estero, dove i
popoli si sono segnati indelebilmente l'aggressione di questi giorni; ne'
all'interno, dove la democrazia sta lentamente affondando a causa degli
scandali delle multinazionali e le leggi speciali.
Inoltre, anche se vincessero in poco tempo, essi hanno iniziato una
decadenza anche militare, perche' per fare una guerra occorre avere delle
forti motivazioni; altrimenti si fanno solo dei disastri, che si rendono
evidenti anche se si ottengono vittorie sul campo.
D'altra parte oggi nel mondo si e' espressa una grande forza morale; un
popolo di pace. Sia pure senza capi, e' arrivato a manifestazioni di milioni
e milioni di persone, unanimi; le dichiarazioni delle confessioni religiose
sono state nette e concordi, senza timori per il potere costituito. Le
maggiori personalita' mondiali (Mandela, Papa, Dalai Lama, Carter, Menchu',
ecc.) hanno assunto con naturalezza il ruolo di autorita' morali mondiali,
che sanno reagire alla demolizione delle istituzioni giuridiche.
Ora si tratta di continuare su questa strada, affinche':
1) si mantenga il giudizio morale negativo su questa guerra;
2) si dia sostegno morale al lavoro di costruzione di una nuova struttura
(piu' che morale: giuridica, politica) di pace nel mondo.
Le proposte che vedo sono le seguenti:
a) Digiuno a staffetta, per offrire un volume morale di sofferenza
sufficiente a costruire le novita' desiderate nel mondo.
b) Completare il giudizio morale che in questi giorni tutti i vertici
ecclesiastici hanno dato contro questa guerra: chiedere ai cappellani
militari di uscire dal loro essere obiettori doppi (sia al Papa, se
obbediscono al Ministro della Difesa; sia a questo Ministro, se obbediscono
al Papa); il loro silenzio significa poca coscienza, non sapienza. Come
cittadini italiani che forniscono i loro stipendi da ufficiali, abbiamo il
diritto di conoscere se nelle Forze Armate i soldati vengono comandati da
ufficiali a mezza coscienza, e se la gioventu' viene assistita
spiritualmente da preti a mezzo servizio.
c) Denunciare per crimini di guerra i capi di Stato che hanno sostenuto
questa guerra. Se poi, come nel 1999, non si trova un tribunale
istituzionale che abbia il coraggio civile di accogliere la denuncia, le Ong
costituiscano un tribunale popolare mondiale (come quello Russell), che
emetta un verdetto solenne a nome dei popoli. Le spese per questo possono
essere sostenute dalle Ong stesse.
d) E' ormai chiaro che gli Usa non vogliono piu' l'Onu e non daranno piu' il
loro contributo. Versiamo allora 10 euro ciascuno all'Onu per assicurarci
una istituzione di pace nel mondo; in particolare per attuare la "Agenda per
la pace", proposta nel 1992 da Boutros Ghali. 10 euro per 200 milioni di
persone fa due miliardi, proprio il bilancio annuale dell'Onu. Per inviare
il contributo occorre chiedere che gli enti locali mettano a disposizione un
servizio apposito, cosi' da instaurare un legame diretto tra loro e l'Onu.
Una politica di pace nazionale invece puo' essere finanziata direttamente
versando un contributo all'Ufficio Nazionale del Servizio Civile (via S.
Martino della Battaglia 14), chiedendo di impiegarli per le forze di
interposizione.
e) Naturalmente non si tratta di mantenere questa Onu (che pure per la prima
volta e' riuscita a resistere alla politica della superpotenza Usa); ma di
rifondarla; in particolare affiancare l'Assemblea degli Stati con un Senato
mondiale, che rappresenti piu' ampiamente la volonta' popolare di pace e
soprattutto rappresenti i grandi imperativi morali (abolizione delle armi di
distruzione di massa, regolazione delle biotecnologie, ecc.). Eletto a 1/3
tra i premi Nobel per la pace, a 1/3 tra i capi delle maggiori tradizioni
religiose, e 1/3 tra i rappresentanti di Ong, dovrebbe essere il solo ad
esercitare il diritto di veto sulle decisioni Onu, togliendolo al Consiglio
di Sicurezza.

9. RIFLESSIONE. BENEDETTO VECCHI INTERVISTA SASKIA SASSEN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 marzo 2003. L'intervistatore cosi'
presenta Saskia Sassen in una scheda annessa all'intervista: "Saskia Sassen,
olandese di nascita, ha passato la sua prima giovinezza in Argentina,
trasferendosi poi in Italia per approdare, infine, negli Usa, dove insegna
all'Universita' di Chicago e alla Columbia University di New York. Ma il suo
nomadismo intellettuale la porta spesso in Italia, in Francia e in
Inghilterra. Attivista da sempre nella "nuova sinistra" e' pero' poco
incline al dogmatismo che caratterizza spesso il pensiero critico
statunitense. Il suo nome e' divenuto famoso per un saggio sulle Citta'
globali, una analisi particolareggiata del ruolo di New York, Londra, Tokyo
nell'economia globale (il libro e' stato pubblicato dalla Utet). La tesi
centrale del volume e' che in alcune citta' si sono concentrati alcuni
servizi finanziari, legali, di progettazione organizzativa, di ricerca e
sviluppo che sono indispensabili, per coordinarlo, a un processo produttivo
disseminato potenzialmente in tutto il pianeta. Proprio per questi motivi,
nelle citta' globali la 'polarizzazione sociale' raggiunge il suo acme.
Saskia Sassen ha in seguito applicato questa griglia analitica a molte altre
citta', come San Paolo, Miami, Singapore, Honk Hong nel libro Le citta'
nell'economia globale (Il Mulino). Oltre a questo tema, uno degli argomenti
da lei studiati e' la crisi delle sovranita' nazionali nell'economia
mondiale (Losing control, tr. it.: Fuori controllo, Il Saggiatore) e le
conseguenze sociali della globalizzazione economica (Globalizzati e
scontenti, Il Saggiatore). Ed e' all'interno di questo argomento che e'
maturato il suo interesse per il ruolo delle migrazioni nello sviluppo
economico europeo (Migranti, coloni, rifugiati. Dall'emigrazione di massa
alla fortezza Europa, Feltrinelli), dove il migrante diventa la figura
simbolica della globalizzazione economica"]
Con voce chiara, scandendo bene le parole, Saskia Sassen non ha dubbi. La
guerra degli Stati Uniti e dell'Inghilterra coincide con la fine della
"geografia unificata" dell'economia globale. E dietro le macerie dell'Iraq
si profila un nuovo mondo bipolare che non avra' nulla di quello conosciuto
durante la guerra fredda. In entrambi i "poli", infatti, ci sara' l'economia
di mercato, ma crescera' la competezione tra stati-nazione e le "coalizioni"
che riusciranno a stabilire. Non siamo quindi alla catastrofe del
neoliberismo, ma a un "riallineamento politico". Ma dopo questo giudizio
espresso quasi senza riprendere fiato, la docente di economia urbana
all'universita' di Chicago e alla Open University chiede un po' di tempo per
riordinare le idee. E l'intervista deve quindi snodarsi tra un telefono, una
pausa per l'aereo che la conduce da Parigi a Londra, internet e di nuovo il
telefono.
Nota per i suoi studi sulle "citta' globali" e la crisi dello stato-nazione
nella globalizzazione economica, Saskia Sassen pensa che bisogna tenere i
nervi molto saldi, perche' a parlare non ci sono solo le armi, ma anche
milioni di uomini e donne che, nella preparazione delle mobilitazioni contro
la guerra, stanno sperimentando "pratiche di cittadinanza transnazionali"
che influiranno molto sul mondo di questo dopoguerra.
*
- Benedetto Vecchi: Le spiegazioni della guerra degli Usa e dell'Inghilterra
contro l'Iraq sono molteplici. Qualcuno ritiene Saddam Hussein un dittatore,
pericolososo per il suo paese e per la stabilita' internazionale, ragione
sufficiente per cacciarlo via con ogni mezzo. Altri sostengono che la guerra
serve agli Stati Uniti per appropriarsi delle riserve petrolifere irachene;
altri ancora ritengono che l'obiettivo di Bush sia molto piu' ambizioso:
creare un ordine mondiale cucito su misura degli interessi statunitensi. Per
te invece?
- Saskia Sassen: La terza che hai detto. Ma prima di risponderti, voglio
fare una premessa per me importante: questa guerra e' illegale dal punto di
vista del diritto internazionale e ingiustificata dal punto di vista della
minaccia reale rappresentata da Saddam Hussein. Detto questo, sono convinta
che l'intervento militare in Iraq fa parte di un progetto piu' ampio che va
ben al di la' del mutamento degli assetti politici a Baghdad. Bisogna pero'
capire chi vuole questa guerra e quali saranno i benefici per gli
statunitensi. Per noi americani, il bilancio sara' disastroso. Costera' un
mare di soldi. L'ultima stima ufficiale e' che la guerra all'Iraq costera'
75, 80 miliardi di dollari in piu' di quello previsto in precedenza: una
cifra enorme che pesera' sul gia' enorme deficit di bilancio. Sono convinta
inoltre di quanto sostengono la maggior parte degli analisti, che sono
persuasi che questa guerra non portera' benefici all'economia. Magari andra'
bene alle imprese scelte due settimane fa dal governo statunitense per
ricostruire l'Iraq. Al di la' del fatto che Bush ha preso questa decisione
quando all'Onu era ancora aperta la discussione sull'intervento militare o
meno, va sottolineato che anche in questo caso solo alcune imprese
parteciperanno alla spartizione della torta. Quindi possiamo dire che la
guerra la vuole solo una parte dell'establishment economico. Stando ai
sondaggi, sembra pero' che gli americani la adorino: per loro e' uno
spettacolo grandioso - e in effetti le immagini sono drammaticamente
sbalorditive. Un vero evento mediatico. Ma e' una guerra dichiarata in un
contesto in cui il governo ha posto un'alternativa secca: o con noi o contro
di noi. L'amministrazione Bush ha fatto dunque leva sul patriottismo. I
media si sono poi dilungati sulla notizia che Bush e la Rice pregano insieme
in ginocchio nello Studio ovale, evocando il profondo puritanesimo della
societa' americana e ingigantendo l'immagine di una nazione unita dalla
preghiera. A tutto cio', possiamo aggiungere una variabile che sta pesando
molto nelle decisioni di George W. Bush e che riguarda un sentimento di
intolleranza dell'establishment neo-conservatore verso tutto cio' che
potremmo definire "diversita' su scala globale". Gli Usa hanno costretto
gran parte delle nazioni a diventare neoliberiste, cioe' a intraprendere
politiche di privatizzazione, di apertura dei mercati interni agli
investimenti esteri, anche se questo significava lasciar morire di fame le
rispettive popolazioni. Credo, pero', che gli Stati Uniti stiano abusando
del proprio potere. Storicamente, quando questo e' accaduto abbiamo
assistito alla fine dei grandi imperi. E' forse un'ironia della storia, ma
quando un potere e' assoluto, vengono a mancare alcune condizioni che lo
disciplinano, e questo porta alla sua crisi.
*
- B. V.: Dall'11 settembre in poi, c'e' stato un gran parlare di recessione
economica. Le borse sono crollate, molte imprese dot.com sono state spazzate
via dal ritorno dell'Orso a Wall Street, gli Usa hanno scoperto che molte
corporation, come la Enron, hanno barato. La recessione non si presenta
quindi solo come una crisi economica, ma come crisi sociale e politica del
capitalismo neoliberista. Puo' essere anche questa una spiegazione del
"perche' la guerra". Non credi?
- S. S.: Si', stiamo assistendo a una profonda crisi del neoliberismo,
compresa una crisi della sua legittimita'. A livello generale, l'economia
globale non ha mantenuto la sua promessa di una prosperita' di cui avrebbero
beneficiato, chi piu' chi meno, gran parte degli abitanti del pianeta. I
"programmi di aggiustamento strutturale" del Fmi non hanno certo favorito i
paesi del Sud del mondo. In molti casi e' piuttosto accaduto il contrario:
basti pensare che alcuni stati hanno quasi dichiarato bancarotta. Ma la
crisi di credibilita' del neoliberismo riguarda anche gli Stati Uniti. Negli
Usa, infatti, e nonostante tutte le chiacchiere sulla trasparenza aziendale,
le frodi perpetrate da alcune imprese e la crisi delle borse hanno provocato
la perdita della pensione per decine di migliaia di lavoratori, provocando
in molti settori della popolazione una sfiducia totale nel neoliberismo.
*
- B. V.: Secondo te questa convergenza tra crisi economica e crisi di
legittimita' spiega anche il terremoto politico che ha accompagnato le fasi
precedenti la guerra. Mi riferisco alle divisioni all'interno dell'Unione
europea, alla crisi dell'Onu, alla tensione tra Chirac e Bush...
- S. S.: E' indubbio che i disaccordi sulla guerra in Iraq avranno
conseguenze globali. Tuttavia, piu' che un terremoto politico io parlerei di
"riallinenamenti" politici. Secondo me, ci sara' il ritorno a un mondo
politico bipolare che sancira' la frammentazione della globalizzazione
economica. E tutttavia i conflitti di cui parli non hanno inferto un colpo
mortale al progetto politico-economico neoliberista. Il mondo che uscira'
dalla guerra con l'Iraq sara' si' bipolare, ma non avra' nulla a che fare
con quello conosciuto durante la guerra fredda, perche' le economie di
mercato sono la costante in entrambi i poli. Vivremo cioe' in un mondo dove
il capitalismo e' il modello dominante, anche se ci saranno diversita'
politiche, ad esempio, sul ruolo dello stato nell'attivita' economica. In
fondo, gia' adesso ci sono corporation americane che hanno la leadership in
alcuni settori, mentre sono francesi le imprese che, ad esempio, fanno la
parte del leone nella produzione e nella gestione delle risorse idriche. E
l'acqua sara' il futuro petrolio bianco. Un altro criterio con cui guardare
al mondo bipolare e' quello delle citta' globali. Negli ultimi anni, Parigi
e Francoforte sono emerse come centri finanziari globali, mentre prima erano
molto indietro rispetto a New York e Londra. Questo e' significativo per
comprendere cosa accadra' in futuro, perche' le citta' globali concentrano
le risorse e le capacita' per la gestione e l'assistenza delle operazioni
globali dei mercati e delle aziende. Questa caratteristica, che in passato
ho definito le piattaforme locali dell'economia globale, assegna loro anche
un forte potere attrattivo per il business. Possiamo quindi ragionevolmente
prevedere che, ognuna per conto suo, le metropoli che ho citato saranno in
competizione tra loro, ma potranno anche stringere alleanze. Mi sembra che
e' quanto stia gia' accadendo. Quello che voglio dire e' che il mondo
bipolare che si profila all'orizzonte incoraggera' si' la competizione, ma
favorira' anche coalizioni tra economie nazionali forti e l'alleanza tra
queste e quelle deboli. La crisi della geografia unificata dell'economia
globale non va quindi giudicata come una catastrofe, perche' la sua
frammentazione portera' benefici, ad esempio, ai paesi esclusi o ai margini
del neoliberismo. In sintesi, in un mondo politicamente bipolare l'economia
globale del prossimo futuro sara' piu' inclusiva e diversificata.
*
- B. V.: Il movimento antiglobalizzazione e' stato uno dei protagonisti
dell'opposizione alla guerra in nome di un'alternativa al neoliberismo. Il
"New York Times" ha parlato di un'altra superpotenza nel mondo dopo gli Usa,
il movimento antiglobalizzazione. Come valuti le mobilitazioni di questi
ultimi mesi contro la guerra?
- S. S.: Credo che il movimento antiglobalizzazione svolgera' un ruolo
cruciale nel ridisegno del mondo. E' infatti un movimento globale che
propugna una cittadinanza globale, fattore che gli consente un protagonismo
politico impensabile solo fino a pochi anni fa. In un'intervista con "Il
manifesto" (Marco d'Eramo, 22 aprile 2001) avevo affrontato il tema delle
"micropratiche della cittadinanza". Potremmo dire che ora ci troviamo di
fronte a pratiche di cittadinanza transnazionale. Nel caso dell'Europa,
questo e' quanto sta emergendo con forza nel movimento contro la guerra in
Iraq. Mi sembra cioe' che i cittadini europei stiano andando oltre i propri
leader nazionali, visti alternativamente come eroi (Chirac) o come farabutti
(Blair), e stiano incominciando a costruire una pratica di cittadinanza
europea che supera gli stati nazionali e i partiti politici nazionali. I
cittadini, e uso questo termine nel senso piu' ampio, non solo formale, dei
paesi europei i cui governi sono storicamente rivali (Francia e Regno Unito,
Francia e Germania), ora si uniscono attraverso le frontiere. Le immagini
delle manifestazioni contro la guerra veicolate dai media globali alimentano
questo sentimento politico che potremmo definire universalistico. Un senso
di "europeita'" sta nascendo ed e' molto piu' sofisticato di quello che
misura la Commissione europea per aumentare la partecipazione dei cittadini.
Chi manifesta la sua contrarieta' alla guerra mette l'accento su questa
cittadinanza transnazionale e non sul conflitto fra Blair e Chirac. Cosi',
gli inglesi vedono in Blair un leader politico che mette in pericolo
l'Europa e Chirac un po' come un eroe. Allo stesso modo, i francesi pensano
che Chirac debba gestire il conflitto con Blair in vista del rafforzamento
dell'Europa e non solo in funzione della difesa degli interessi nazionali.
*
- B. V.: La guerra non ha solo degli effetti nei luoghi dove si combatte, ma
anche all'interno dei paesi che l'hanno voluta. Dopo l'11 settembre,
l'amministrazione Bush ha emanato delle leggi che limitano la liberta' di
movimento per i migranti e alcuni diritti civili... Le citta' globali
diventeranno delle fortezze presidiate militarmente?
- S. S.: Certamente. Non c'e' alcun dubbio che la guerra in Iraq avra' delle
ripercussioni globali e quindi anche negli Stati Uniti. Il Patriot Act, la
legge approvata dal parlamento dopo gli attacchi dell'11 settembre, ha
ridotto i diritti legali dei migranti e di alcune minoranze. La paura degli
attacchi terroristici portera' a una militarizzazione degli spazi pubblici,
dei sistemi di trasporto. Questo e' un elemento potenzialmente fascista
all'interno degli Stati Uniti che prima o poi ci tocchera' tutti, cittadini
o migranti, minoranze sospette o meno, poveri o ricchi. A proposito delle
citta' globali che diventano fortezze ci sono alcuni dati interessanti del
Dipartimento di Stato sugli anni Novanta che mostrano come, dopo il 1998, le
citta' siano diventate il principale obiettivo degli attacchi terroristici.
E' inoltre molto probabile che la guerra contro l'Iraq avra' quello che
alcuni studiosi chiamano un "ritorno di fiamma", cioe' spingere un numero
impreciso di "indecisi" alla scelta terrorista e che le metropoli
diventeranno sempre piu' "obiettivi sensibili". Da quando Bush e Blair hanno
iniziato a parlare di guerra, abbiamo assistito all'aumento del livello di
allerta in citta' come Londra o New York. Con il mio gruppo di studio sulle
citta' globali abbiamo fatto una ricerca sui giornali Usa per vedere se
dall'11 settembre ci fosse stato da parte dell'amministrazione Bush una
qualche ammissione relativa a due fatti: a) se il dipartimento di stato
avesse mai diffuso questi dati; b) che andare alla guerra con l'Iraq avrebbe
aumentato le possibilita' di attacchi alle citta' americane piu' che ai
militari ammassati nel Golfo. Non possiamo diventare paranoici e pensare che
le citta' diventeranno stati-fortezze. Considerato quanto odio e
disperazione ci sono nel sud del mondo, considerata la violazione del
diritto internazionale e le sofferenze per i civili rappresentate dal
bombardamento dell'Iraq, e' sorprendente quanto poco terrorismo contro gli
Stati Uniti ci sia. Ma da oggi, forse, la situazione cambiera', visto che
gli Usa stanno offrendo molti incentivi per spingere molti giovani a varcare
quella soglia oltre la quale c'e' la scelta di morire combattendo contro il
mio paese.

10. RIFLESSIONE. FRANCESCO COMINA INTERVISTA LUIGI BETTAZZI
[Ringraziamo Francesco Comina (per contatti: f.comina at ilmattinobz.it) per
averci messo a disposizione questa intervista gia' apparsa sul quotidiano
"Il mattino di Bolzano". Francesco Comina, giornalista e saggista, pacifista
nonviolento, e' impegnato nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel
1967, laureatosi con una tesi su Raimundo Panikkar, collabora a varie
riviste. Opere di Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo,
Cinisello Balsamo (Mi) 2000; ha partecipato alla redazione del libro di AA.
VV., Le periferie della memoria, e a AA. VV., Giubileo purificato. Luigi
Bettazzi, vescovo, presidente di Pax Christi, come tutti sanno e' una delle
figure piu' autorevoli della cultura e della prassi di pace e nonviolenza]
- Francesco Comina: Monsignor Luigi Bettazzi, la guerra preventiva e
permanente di George Bush avanza inesorabilmente. Le truppe angloamericane
stanno circondando Baghdad per quella che viene definita la fase piu'
cruenta del conflitto. I morti si contano ormai a migliaia e un missile ieri
ha colpito un mercato. Quali sono, secondo lei, i punti oscuri di questo
intervento? Perche' si e' voluto affrettare il passo e chiudere la porta
alle ispezioni Onu?
- Luigi Bettazzi: Noi occidentali ci riempiamo la bocca di liberta' e
democrazia solo quando ci fa comodo. Penso alla democrazia mondiale, penso
all'imposizione del diritto del piu' forte sul piu' debole. Sappiamo che
l'Onu e' stata sconfitta, scavalcata e ignorata perche' si riteneva che una
discussione ulteriore avrebbe prorogato i tempi e reso problematica la
vittoria. Noi occidentali, in realta', confidiamo nella democrazia solo
quando ci fa comodo e ora ci presentiamo al mondo come il gruppo umano che
porta la democrazia in quel Paese, l'Iraq, in mezzo a tanti altri Paesi che
non hanno la democrazia come sono i Paesi arabi. E' per questo motivo che il
papa sta insistendo cosi' risolutamente contro l'idea e la prassi della
guerra permanente e preventiva di George Bush.
- F. C.: Si parla di petrolio. Molti pensano che il vero motivo di questo
conflitto sia la volonta' delle potenze occidentali di accaparrarsi le
risorse energetiche irachene. Concorda?
- L. B.: Il petrolio c'entra eccome! Il petrolio dell'Iraq come quello
dell'Afghanistan. Prima ancora che venissero rase al suolo le twin towers,
gia' si parlava della necessita' di garantirsi il passaggio del petrolio
iracheno attraverso l'Afghanistan. Qualcuno aggiunge che in fondo questa
guerra e' anche una battaglia contro l'euro perche' l'Iraq e il Venezuela
erano i soli paesi col petrolio che accettavano i pagamenti in euro. Ora,
non e' un caso che ci si stia accanendo cosi' furiosamente per mettere la
mani sul petrolio iracheno e che in Venezuela sia scoppiato tutto il caos
che abbiamo visto dalle cronache mediatiche. E' un sospetto legittimo, non
crede?
- F. C.: E' un sospetto legittimo, come quello molto diffuso in questi mesi
secondo cui l'America si sta imponendo come il nuovo impero mondiale. Ha
anche lei questo sospetto?
- L. B.: Quando l'America dice di voler far fuori tutti gli "stati canaglia"
del mondo e quando parla di portare la democrazia dappertutto senza passare
attraverso gli organismi internazionali, vuole che non venga il sospetto che
ci sia la tentazione dell'imperialismo? Ma nonostante tutto credo che sia
importante continuare ad aver fiducia nell'anima dell'America affinche'
emerga il fatto che la democrazia funziona davvero solo se ci si crede e la
si sa usare, e se si sa rinunciare anche ai vantaggi particolari per il bene
dell'umanita'. Che si facciano delle assemblee come a Kyoto e che non si
firmino poi gli accordi, e che si faccia una campagna contro le mine
anti-uomo e che non si accettino gli impegni conseguenti, tutto questo puo'
alimentare il sospetto dell'imperialismo. E io credo che come gia' la guerra
del Vietnam e' finita per una presa di coscienza del popolo americano, direi
che anche la tendenza all'imperialismo potrebbe essere frenata da una presa
di coscienza del popolo americano.
- F. C.: E' possibile che d'ora in poi l'America agisca sempre piu' da sola
abbandonando il consesso internazionale?
- L. B.: A questo punto credo che l'America dovra' ben pensare che se il
resto del mondo occidentale sta fermo puo' emergere con tutta la sua carica
esplosiva l'imperialismo. Ma nel momento in cui escludesse altre nazioni
credo che cio' provocherebbe una solidarieta' a difesa di queste altre
nazioni. Allo stesso modo continuando a combattere nazioni islamiche si
corre il pericolo serio di creare una frontiera islamica.
- F. C.: Un suo giudizio sul comportamento tenuto dalla Francia e
dall'Italia in questa crisi mediorientale.
- L. B.: Credo che la Francia, nel difendere i propri interessi si sia fatta
portavoce di una certa resistenza a chi i propri interessi li voleva imporre
in maniera indebita con la guerra. Per quanto riguarda l'Italia, ebbene...
non so se stia aspettando di vedere chi vince per salire sul carro. Certo e'
che si era esposta in maniera esplicita con l'America e che poi, grazie
all'insorgenza del popolo italiano e forse anche all'insistenza del papa, ha
dovuto agire con maggior prudenza.
- F. C.: Nei giorni scorsi ci e' giunto un saluto angosciato da Baghdad a
firma del vescovo ausiliario, mons. Warduni, in cui ringraziava il movimento
per la pace italiano ed europeo per il grido di pace che ha fatto salire
dalle piazze d'Italia. Crede che oggi questo movimento sia maturato rispetto
al 1991?
- L. B.: Si', questo lo notiamo tutti. Nella prima tempesta irachena il papa
era molto piu' misurato e anche all'interno della gerarchia cattolica oggi,
bene o male, tutti sono solidali con il papa, forse anche perche' questa
guerra ha meno giustificazioni di quanto potesse averne la prima. Credo che
forse anche il lavorio nascosto dei profeti di pace come Balducci, Turoldo,
Bello, Mancini e tanti altri che sono scomparsi in questi ultimi anni ci
riporti, in fondo, al motto evangelico del chicco di frumento che cadendo
porta molto frutto. La loro voce potente contro la guerra sta portando i
frutti che vediamo tutti i giorni nelle piazze del mondo.
- F. C.: Crede che sia il papa personalmente a dare la linea vaticana?
- L. B.: Io credo che il papa sta dando la linea confortato da questa
presenza di molti cattolici sui sentieri di un pacifismo militante. Io credo
che sia piu' che mai un dovere del mondo religioso far vedere all'umanita'
come ogni religione debba piu' che mai in questo momento farsi promotrice di
pace e strumento per la risoluzione nonviolenta dei conflitti. Quello che
dovrebbero fare anche gli stati se non fossero colpiti dalla sindrome
dell'imperialismo.

11. INIZIATIVE. NODO DI LODI DELLA RETE DI LILLIPUT: CONTRO LA GUERRA CAMBIA
LA VITA
[Da Simona Bernasconi (per contatti: simober at yahoo.it) riceviamo e
diffondiamo questo comunicato del nodo di Lodi della Rete di Lilliput]
Mentre il mostro della guerra sta martoriando persone, distruggendo risorse,
inquinando suolo, acqua e aria in Iraq, noi che ci siamo battuti per la
pace, a sostegno di un'alternativa alla guerra, sentiamo tutta la nostra
responsabilita' per risolvere le controversie internazionali, in base
all'articolo 11 della nostra Costituzione e alla Carta dell'Onu.
Continueremo a dire no alla guerra in nome delle vittime. Il nostro no lo
diremo nelle strade, nei luoghi di lavoro, nei rapporti interpersonali, con
i nostri pensieri, i nostri progetti, i nostri corpi: coerentemente con
l'appello conclusivo della manifestazione mondiale contro la guerra del 15
febbraio scorso continueremo a dire il nostro no con "le pratiche della
nonviolenza attiva, della testimonianza, del digiuno, della preghiera, della
disobbedienza civile e sociale, della resistenza e dell'antagonismo
sociale".
Per questo il nodo di Lodi della Rete di Lilliput propone che si mettano in
campo le nostre persone anche attraverso la forma del digiuno nella duplice
modalita' di un "digiuno prolungato a staffetta" fino al limite della
compatibilita' con l'assolvimento dei nostri doveri quotidiani e di un
"digiuno giornaliero a staffetta".
A questa forma di lotta intendiamo dare un triplice significato:
- innanzitutto un segno di condivisione con tutti coloro che subiscono
sofferenze e morte da questa guerra contro l'Iraq e dalle guerre dimenticate
dai mass media;
- in secondo luogo un segno di solidarieta' con i milioni di persone che,
anche dalle guerre, sono condannate alla fame: il loro destino e' segnato
dal nostro modello di sviluppo e di vita che comporta un saccheggio di
materie prime, un consumo di risorse e di energia incompatibile con criteri
di equita' e insostenibile dalla biosfera: dobbiamo alleggerire la nostra
"impronta ecologica" per far si' che ogni popolo e le generazioni future
possano sedere al tavolo della natura come commensali con pari diritti;
- infine un segno di contestazione contro la riproposizione della guerra
come strumento di tutela degli interessi nazionali, di governo del mondo, di
affermazione della propria egemonia. Contro la ragione della forza non
possiamo che ribadire la forza della ragione, del diritto, del confronto,
del negoziato.
Con il digiuno, gesto di inermita', di impegno totale e nonviolento,
vogliamo sia chiedere la cessazione della carneficina di vite umane, dello
sperpero di risorse, della minaccia al futuro della convivenza civile; sia
risvegliare maggiormente le coscienze ad essere critiche di fronte alle
menzogne della propaganda di guerra, ad esercitare un piu' lucido
discernimento delle cause delle guerre, dell'ingiustizia prodotta dalle
strutture economiche attuali, della necessita' di scelte di vita sobrie e
coerenti... Invitiamo tutti a partecipare a questa azione nonviolenta contro
la guerra: chi intende praticarla si metta in contatto con il Gruppo di
azione nonviolenta della Rete di Lilliput (Lele, tel. 037151102) o con la
"Tenda della pace" in piazza a Lodi.

12. INIZIATIVE. BRUNETTO SALVARANI, GIOVANNI SARUBBI: UN DIGIUNO PER IL
DIALOGO E LA PACE
[Da Brunetto Salvarani e Giovanni Sarubbi, amici carissimi e promotori
dell'appello ecumenico al dialogo cristiano-islamico (per contatti:
b.salvarani at carpi.nettuno.it, redazione at ildialogo.org) riceviamo e
diffondiamo]
Cari amici, care amiche,
vi scriviamo per sottoporvi la proposta di appoggiare le iniziative decise
dalle associazioni islamiche italiane nella loro riunione del 23 marzo
scorso sulla guerra in Iraq. Le associazioni hanno elaborato un documento,
che potrete trovare sul nostro sito (www.ildialogo.org), che giudichiamo
positivamente, nel quale si fanno una serie di proposte quali "veglie di
preghiera; digiuno nel giorno di lunedi' 31; venerdi' 4 aprile, dedicare la
khutba alle tematiche della pace e dell'impegno per essa; partecipare e
promuovere attivita' comuni di riflessione, manifestazioni, mostre, ecc.;
esporre ovunque possibile la bandiera della pace come segno esterno della
nostra volonta' e determinazione; impegno nelle attivita' di solidarieta'
con il popolo iracheno e con gli eventuali profughi".
Vogliamo cosi' chiedervi nell'immediato di fare nostra la proposta di
digiuno del giorno 31, diffondendola il piu' possibile, invitando  tutti gli
amanti del dialogo a promuovere questa giornata come segno di solidarieta'
dei cristiani italiani con i musulmani italiani nel loro sforzo a favore
della pace. A partire dalla iniziativa del giorno 31 vi invitiamo a prendere
contatti con le organizzazioni islamiche delle vostre zone per sviluppare
altre iniziative, quali veglie di preghiera, o attivita' di solidarieta' con
il popolo iracheno.
Crediamo che il documento approvato dalle associazioni islamiche in Italia
sia qualcosa da non lasciare cadere nel vuoto, pena l'espandersi
dell'islamofobia e del razzismo piu' sfrenato.
Con l'augurio che la pace possa essere piu' forte della guerra e dei suoi
sostenitori, cordialmente vi salutiamo.
Shalom-Salaam-Pace
Brunetto Salvarani, Giovanni Sarubbi
*
Ricordiamo che e' disponibile un libro della Emi, dal titolo La rivincita
del dialogo, ed un numero speciale del periodico "Il dialogo" (sito:
www.ildialogo.org) con articoli, documenti, proposte di liturgie,
finalizzate ad aiutare quanti vogliano approfondire le ragioni del dialogo e
i contenuti dell'appello ecumenico per il dialogo cristiano islamico. Il
libro puo' essere richiesto direttamente alla Emi, sito: www.emi.it, tel.
051326027, fax: 051327552, e-mail: sermis at emi.it. Il numero speciale puo'
essere richiesto alla redazione de "Il dialogo" via e-mail:
redazione at ildialogo.org o telefonando al 3337043384 o scaricato direttamente
dal sito. Il fascicolo e' stato anche riprodotto dal mensile "Tempi di
Fraternita'" del mese di dicembre 2002 (www.tempidifraternita.it). Sono
disponibili altresi' un fascicolo curato da Stefano Allievi dal titolo
"Islamica" che comprende tutta la principale bibliografia in italiano
sull'islam (si puo' richiedere gratuitamente a cultura at carpidiem.it ) e il
numero speciale di "Confronti" dal titolo Noi e loro (che si puo' richiedere
a redazione at confronti.net).
Per firmare l'appello e per adesioni o segnalazione di iniziative, ci si
puo' rivolgere a:
- redazione at ildialogo.org, tel: 3337043384;
- b.salvarani at carpi.nettuno.it, tel. 3291213885.
Per l'elenco completo dei firmatari dell'appello, per tutti i materiali ad
esso relativi e per le iniziative in corso si puo' visitare il sito:
www.ildialogo.org

13. INFORMAZIONE. MAO VALPIANA: "AZIONE NONVIOLENTA" DI APRILE
[Da Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta" (per contatti:
azionenonviolenta at sis.it), riceviamo e diffondiamo]
Cari amici,
sta per uscire il numero di aprile 2003 di "Azione nonviolenta", la rivista
mensile del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, di
formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in
Italia e nel mondo.
L'abbonamento annuo costa 25 euro, da versare sul ccp n. 10250363 intestato
ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere
una copia-saggio inviando una e-mail a: azionenonviolenta at sis.it
In questo numero:
- La nuova speranza del mondo: fermare la prossima guerra (di Mao Valpiana);
- Le vere ragioni di una guerra annunciata: una societa' "tossicodipendente"
dal petrolio (a cura del Gruppo di azione nonviolenta di Reggio Emilia);
- Quali strumenti non simbolici contro la guerra? Alcuni modi concreti per
prevenire la prossima crisi (di Marinella Correggia);
- Il movimento No War: poeti, attori, chicanos, religiosi e l'opinione
pubblica dell'altra America, spina nel fianco di Bush (di Gabriele Smussi);
- Amava vedere l'oceano. E' morta per fermare l'odio (a cura di Elena
Buccoliero);
- Le 10 parole della nonviolenza: "Liberazione" (di Alex Zanotelli);
- La giornata degli obiettori di coscienza. Sosteniamo i refusenik
israeliani (di Andreas Speck);
- Dalla piccola Pieve di Barbiana alla maestosita' della Basiliaca di San
Pietro (di Alberto Trevisan);
- Vivere la nonviolenza. I campi estivi 2003 (a cura del MIR-Movimento
Nonviolento di Piemonte e Valle d'Aosta).
E poi le consuete rubriche: L'azione (Luca Giusti); Educazione (Angela
Dogliotti); Alternative (Gianni Scotto); Cinema (Flavia Rizzi); Musica
(Paolo Predieri); Economia (Paolo Macina); Storia (Sergio Albesano); Libri.
In copertina: "Liberiamoci dalle catene della guerra" (disegno di Mauro
Biani).
In ultima: "No alla guerra", il volantino del Movimento Nonviolento.
La bandiera della nonviolenza e' la nostra "aggiunta" alla campagna "Pace da
tutti i balconi". La bandiera con il fucile spezzato costa 6 euro e si puo'
richiedere alla nostra redazione.
Grazie per l'attenzione.
"Azione nonviolenta", via Spagna 8,  37123 Verona, tel. 0458009803, fax:
0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org

14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

15. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 550 del 29 marzo 2003