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La nonviolenza e' in cammino. 550
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 550
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 30 Mar 2003 00:17:16 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 550 del 29 marzo 2003 Sommario di questo numero: 1. Primo: con l'azione diretta nonviolenta bloccare l'operativita' delle basi militari in territorio italiano impegnate nella guerra illegale e criminale, terrorista e stragista 2. Secondo: con l'azione nonviolenta costringere il governo golpista e complice di crimini di guerra e crimini contro l'umanita' alle dimissioni 3. Terzo: denunciare alle competenti magistrature i complici italiani della guerra stragista e terrorista 4. Quarto: mobilitare tutte le istituzioni contro la guerra, in difesa della legalita' costituzionale, del diritto internazionale, del diritto alla vita di ogni essere umano 5. Sette indispensabili regole di condotta per partecipare ad azioni dirette nonviolente 6. Un sito nazionale delle Donne in nero 7. Loredana Morandi, una denuncia nei confronti del ministro Martino per attentato alla Costituzione 8. Antonino Drago, proposte contro la guerra e per la pace 9. Benedetto Vecchi intervista Saskia Sassen 10. Francesco Comina intervista Luigi Bettazzi 11. Nodo di Lodi della Rete di Lilliput, contro la guerra cambia la vita 12. Brunetto Salvarani, Giovanni Sarubbi: un digiuno per il dialogo e la pace 13. Mao Valpiana, "Azione nonviolenta" di aprile 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. CHE FARE. PRIMO: CON L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA BLOCCARE L'OPERATIVITA' DELLE BASI MILITARI IN TERRITORIO ITALIANO IMPEGNATE NELLA GUERRA ILLEGALE E CRIMINALE, TERRORISTA E STRAGISTA L'arrivo sul teatro delle operazioni belliche dei paracadutisti provenienti da una base americana in territorio italiano e' la conferma ultima e definitiva che le basi militari Usa in territorio italiano sono coinvolte nella guerra a tutti gli effetti. Questo signifca che esse, ipso facto, violano la Costituzione italiana, che la loro presenza e la loro attivita' sono fuorilegge e pericolose per la nostra stessa popolazione e il nostro stesso territorio, e sono corresponsabili della commissione di crimini di guerra e di crimini contro l'umanita'. Dovrebbero essere i pubblici poteri italiani a bloccarne ogni attivita', ogni operativita', ad intervenire ope legis sequestrando le strutture ed arrestando e processando chi vi opera. Se i pubblici poteri non lo fanno (e non facendolo si rendono complici di crimini di guerra e crimini contro l'umanita', e di violazione del dettato costituzionale e di precisi obblighi di legge), e' in capo ad ogni cittadino italiano il diritto e il dovere, l'obbligazione giuridica e l'esigenza morale, di fermare la guerra illegale e criminale nella sua articolazione dislocata in territorio italiano. Cosi' ci impone la Costituzione della Repubblica Italiana, cui vogliamo e dobbiamo essere fedeli. E cosi' ci impone la coscienza. E per rendere inoperanti le basi terroriste e stragiste dell'esercito Usa in territorio italiano occorre l'azione diretta nonviolenta. Adesso. Per salvare le vite umane delle vittime della guerra, per salvare la nostra stessa popolazione dai fin troppo prevedibili possibili tragici sviluppi della guerra su scala planetaria, per salvare l'umanita'; per ripristinare la legalita' costituzionale e il diritto internazionale; per difendere le Nazioni Unite, e last but not least per difendere l'indipendenza del nostro stesso paese dalla ferocia e dalla follia degli stragisti colonialisti e degli altri terroristi loro allievi e sodali. E' l'ora dell'azione diretta nonviolenta: per la legalita', per la democrazia, per l'umanita'. Contro le uccisioni, il terrorismo, le dittature, la guerra, l'apocalisse. 2. CHE FARE. SECONDO: CON L'AZIONE NONVIOLENTA COSTRINGERE IL GOVERNO GOLPISTA E COMPLICE DI CRIMINI DI GUERRA E CRIMINI CONTRO L'UMANITA' ALLE DIMISSIONI Il governo italiano, con la sua scellerata, sciagurata condotta, ha reso il nostro paese complice di una guerra illegale e criminale. Per far questo ha violato la Costituzione e si e' reso fuorilegge. In attesa dell'intervento necessario ed urgente delle forze dell'ordine e delle competenti magistrature per arrestare, processare e punire i criminali al governo, occorre costringere alle dimissioni il governo golpista e complice di crimini di guerra e crimini contro l'umanita'. Per imporne le dimissioni lo strumento fondamentale e' lo sciopero generale, la piu' classica delle azioni nonviolente. Occorre promuovere lo sciopero generale a oltranza contro la guerra, con il preciso obiettivo delle dimissioni del governo che ha trascinato l'Italia in guerra; con il preciso obiettivo del ripristino della legalita' costituzionale italiana; con il preciso obiettivo di un nuovo governo fedele alla legge, alla democrazia, all'umanita', un governo che si impegni a rispettare ed adempiere il mandato della Costituzione della Repubblica Italiana: opporsi alla guerra. 3. CHE FARE. TERZO: DENUNCIARE ALLE COMPETENTI MAGISTRATURE I COMPLICI ITALIANI DELLA GUERRA STRAGISTA E TERRORISTA Occorre promuovere una campagna di massa di denuncia alle competenti magistrature dei complici italiani della guerra stragista e terrorista, dei golpisti che hanno attentato alla Costituzione e che si sono resi complici dei crimini di guerra e dei crimini contro l'umanita' in corso. Alcuni esposti sono gia' stati presentati in questi ultimi mesi, settimane, giorni: presentiamone presso tutti gli uffici giudiziari, presso tutte le questure, presso tutte le caserme dei Carabinieri. Chiediamo alle istituzioni preposte all'ordine pubblico e all'azione penale di intervenire per arrestare i criminali, per metterli in condizione di non nuocere; chiediamo alle competenti autorita' giudiziarie di intervenire per arrestare, processare e punire gli assassini ed i complici degli assassini. 4. CHE FARE. QUARTO: MOBILITARE TUTTE LE ISTITUZIONI CONTRO LA GUERRA, IN DIFESA DELLA LEGALITA' COSTITUZIONALE, DEL DIRITTO INTERNAZIONALE, DEL DIRITTO ALLA VITA DI OGNI ESSERE UMANO Per fermare la guerra, ripristinare la legalita', salvare innumerevoli vite umane, nulla deve restare intentato di quanto e' legittimo, giusto, doveroso e necessario fare, ancorando la nostra azione ad una scelta ed una condotta rigorosamente ed esclusivamente nonviolenta; tra le cose piu' urgenti da fare occorre anche mobilitare tutte le istituzioni in difesa della legalita' costituzionale, del diritto internazionale, del diritto alla vita di ogni essere umano. A cominciare dai sindaci: che hanno il potere di emettere ordinanze urgenti per bloccare l'attivita' delle basi militari collocate in territorio italiano attualmente illegalmente impegnate nella guerra fuorilegge, stragista e terrorista. E oltre i sindaci i consigli comunali;: ed oltre i Comuni anche le Provincie e le Regioni; ed i prefetti e i questori, e tutte le autorita' pubbliche che nell'ambito delle loro rispettive competenze possono e devono agire per ripristinare la legalita' costituzionale e salvare le vite umane che la guerra minaccia ed uccide. 5. MATERIALI. SETTE INDISPENSABILI REGOLE DI CONDOTTA PER PARTECIPARE AD AZIONI DIRETTE NONVIOLENTE [Il testo seguente e' la riproposizione, adattata alla proposta specifica di bloccare con la nonviolenza l'operativita' delle basi militari impegnate nella guerra dislocate in territorio italiano, di un testo gia' precedentemente piu' volte diffuso] 1. A un'azione diretta nonviolenta possono partecipare solo le persone che accettano incondizionatamente di attenersi alle regole della nonviolenza durante tutto lo svolgimento dell'azione diretta nonviolenta stessa. 2. Tutti i partecipanti devono saper comunicare parlando con chiarezza, con tranquillita', con rispetto per tutti, e senza mai offendere nessuno. 3. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente senso e fini dell'azione diretta nonviolenta cui prendono parte, nel caso specifico del blocco delle basi militari di potenze e alleanze inclusive di potenze impegn ate nella guerra cio' significa fare un'azione rigorosamente nonviolenta e concretamente efficace: - per fermare la guerra, le stragi, le devastazioni; cioe' per salvare delle vite umane, come e' diritto e dovere di ogni essere umano; - per rispettare ed inverare con il proprio impegno personale la legalita' costituzionale e il diritto internazionale che proibiscono questa guerra. 4. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente anche le possibili conseguenze personali della partecipazione all'azione diretta nonviolenta cui prendono parte, nel caso specifico del blocco delle basi impegnate nella guerra cio' vale a dire essere consapevoli che ogni singolo partecipante puo' andare incontro alla possibilita' di denuncia, di fermo e di arresto, di procedimento penale e di condanna a sanzione sia pecuniaria che detentiva. Queste possibilita' vanno seriamente esaminate prima di prendere parte all'azione diretta nonviolenta; una volta decisisi a partecipare e se esse si verificassero si ha il dovere di accettare pacificamente e onestamente tali conseguenze, e ad esse nessuno deve cercare di sottrarsi. Varie e gravi sono le imputazioni possibili, con l'aggravante del concorso essendo in piu' persone a compiere l'azione diretta nonviolenta. Tutti i partecipanti devono essere muniti di documenti di identita' e devono esibirli su richiesta delle forze dell'ordine (non farlo e' reato); tutti i partecipanti hanno il dovere di non provocare danni alle persone, all'ambiente o ai beni; tutti i partecipanti devono avere un atteggiamento di massimo rispetto nei confronti di tutte le persone e soprattutto nei confronti delle forze dell'ordine. Tutti i partecipanti devono saper spiegare le ragioni dell'iniziativa nonviolenta e chiarire che la propria condotta sara' comunque rigorosamente nonviolenta; e poiche' si occuperanno aree pubbliche con il proprio corpo, qualora si venga spostati di peso non si deve in alcun modo ne' opporre resistenza, ne' lanciare offese ne' minacce: e' bene continuare a parlare serenamente e rispettosamente anche con le persone che materialmente sposteranno i partecipanti, rassicurandoli che la nostra azione non e' affatto contro di loro e non intendiamo in alcun modo ne' offenderli ne' far loro del male, e che anzi l'azione diretta nonviolenta e' eseguita per difendere la legalita' costituzionale che e' stata violata da chi illegalmente e criminalmente ha promosso o sta favoreggiando la guerra in corso. 5. Tutti devono rispettare i seguenti principi della nonviolenza: - non fare del male a nessuno: se una sola persona tra i partecipanti all'azione diretta nonviolenta dice o fa delle stupidaggini, o una sola persona per responsabilita' dei partecipanti all'azione diretta nonviolenta si fa male, l'azione diretta nonviolenta e' irrimediabilmente e totalmente fallita, e deve essere immediatamente sospesa; - spiegare a tutti (amici, autorita', interlocutori, interpositori, eventuali oppositori) cosa si intende fare, e che l'azione diretta nonviolenta non e' rivolta contro qualcuno, ma contro la violenza (in questo caso lo scopo e' fermare la guerra, cercar di impedire che avvengano altre stragi ed atrocita', salvare delle vite umane, difendere la legalita' costituzionale e il diritto internazionale); - dire sempre e solo la verita'; - fare solo le cose decise prima insieme con il metodo del consenso ed annunciate pubblicamente (cioe' a tutti note e da tutti condivise); nessuno deve prendere iniziative personali di nessun genere; la nonviolenza richiede lealta' e disciplina; - assumersi pienamente la responsabilita' delle proprie azioni e quindi subire anche le conseguenze che ne derivano; - mantenere una condotta nonviolenta anche di fronte all'eventuale violenza altrui. 6. Occorre chiarire che chi non accetta queste regole non puo' partecipare all'azione diretta nonviolenta, poiche' sarebbe di pericolo per se', per gli altri e per la riuscita dell'iniziativa che e' e deve essere rigorosamente nonviolenta. 7. E' bene che chi promuove azioni dirette nonviolente fornisca a tutti i partecipanti per iscritto le regole di condotta condivise, e meglio ancora sarebbe se esse venissero discusse e definite tra tutti i partecipanti col metodo del consenso. Questo testo puo' essere un canovaccio utilizzabile a tal fine: se condiviso puo' essere riprodotto in volantini e cartelloni. E' inoltre bene che le regole di condotta condivise dai partecipanti all'azione diretta nonviolenta vengano fatte conoscere anche alle forze dell'ordine, alle varie autorita' ed a tutte le altre persone che si trovassero nel luogo in cui si svolge l'azione diretta nonviolenta dandone una copia scritta ad ogni persona presente, oltre che a tutti i mezzi d'informazione. * Il testo che precede e' un adattamento di un paragrafo della "Guida pratica all'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere della pace" del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, diffusa ed utilizzata nel 1999. Ai fini delle possibili conseguenze civili e penali (se questo testo venisse considerato "istigazione a delinquere" essendo, come e', un invito a realizzare azioni dirette nonviolente per fermare la guerra illegale e criminale) il responsabile di questo testo e' Peppe Sini, responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo. 6. RIFERIMENTI. UN SITO NAZIONALE DELLE DONNE IN NERO [Dalla mailing list news at peacelink.it riprendiamo e diffondiamo questo comunicato diffuso dalla webmistress del sito delle Donne in nero (per contatti: webmistress at donneinnero.org). L'esperienza delle Donne in nero e' una delle piu' rilevanti esperienze di impegno nonviolento per la pace, la convivenza, i diritti umani] Care amiche, l'ottobre scorso al convegno delle "donne in nero" di Firenze parlammo della realizzazione di un nostro sito internet. Questo sito ora e' pronto e potete trovarlo all'indirizzo: www.donneinnero.org Come vedrete il sito contiene anche una sezione dedicata ai documenti: www.donneinnero.org/i_documenti.htm Tale sezione e' per ora suddivisa in tre aree tematiche che, ovviamente, possono aumentare a seconda delle nostre esigenze. Io stessa mi occupero' del mantenimento del sito, quindi se volete segnalarmi della documentazione da mettere in rete, potete farlo. Dovreste pero' specificare, quando possibile: titolo, autrice/autore, data, breve descrizione (bastano un paio di righe). C'e' anche un'area fotografie per la quale vale lo stesso discorso: www.donneinnero.org/fotografie.htm Potete mandarmi delle foto significative specificando l'occasione in cui sono state scattate. Per quanto riguarda gli appuntamenti per ovvi motivi si e' stabilito di segnalare solo gli appuntamenti di rilevanza "nazionale": www.donneinnero.org/appuntamenti.htm Nella sezione contatti trovate per ora solo un indirizzo e-mail a cui scrivere: www.donneinnero.org/in_italia.htm E' mia intenzione creare un'e-mail per ogni referente locale. Ad esempio la referente di Torino avra' l'e-mail torino at donneinnero.org, quella di napoli avra' l'e-mail napoli at donneinnero.org e cosi' via. L'e-mail arrivera' alle vostre solite caselle di posta, quindi, se siete d'accordo, tra qualche giorno apriro' queste caselle e-mail e le mettero' sul sito. In questo modo chi arrivera' sul sito e vorra' mettersi in contatto con la referente di Milano scrivera' una e-mail alla casella milano at donneinnero.org e il messaggio arrivera' automaticamente alla casella di Marinella Sanvito senza che sia divulgata la sua e-mail reale. Che ne dite? Quello che ci mandate verra' preso in considerazione da una redazione creata appositamente per gestire la comunicazione on-line, scusateci in anticipo per eventuali lentezze o incertezze: tutto e' ancora in una fase sperimentale e ci vorra' del tempo prima di ingranare. Aspettiamo quindi commenti e contributi, a presto Roberta, webmistress del sito 7. DOCUMENTAZIONE. LOREDANA MORANDI: UNA DENUNCIA NEI CONFRONTI DEL MINISTRO MARTINO PER ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE [Dal sito www.studiocelentano.it riprendiamo il seguente comunicato] Attentato Alla Costituzione: La denuncia e' stata depositata in data 22 marzo 2003 alla presenza del Vice Procuratore Aggiunto dottor Ettore Torri della Procura della Repubblica di Roma e reca numero di ricezione primi atti 58745, nei prossimi giorni le sara' attribuito il numero di registro generale notizie di reato. Tale denuncia redatta da un pool di giuristi capitanato dall'avv. Giorgio Bonamassa, reca oltre alla dettagliata narrazione dei fatti, che supportano l'ipotesi di reato sugli articoli 241 e 283 del codice penale, anche adeguata menzione alla dottrina giuridica nazionale ed internazionale, oltre ai precedenti registrati dal massimario dell'Alta Corte di Cassazione. Ne sono primi firmatari il Senatore Luigi Malabarba ed altri rappresentanti di associazioni pacifiste del Social Forum Europeo. La denuncia si fonda su fatti noti pubblicati dagli stenografici della Camera: a meta' febbraio il Ministro Martino concedeva l'uso delle infrastrutture pubbliche dei 26 convogli carichi di armamenti, dietro richiesta verbale dell'ambasciatore statunitense, senza alcuna richiesta formale o scritta dall'amministrazione Usa. Tale concessione si troverebbe in contrasto con quanto previsto dal Trattato della Nato, con la Convenzione di Londra del 1951, con il Protocollo di Parigi del 1952 e con l'Accordo internazionale firmato a Parigi nel 1962. L'atto, depositato in Procura, ribadisce il clima di illiceita' dell'attacco unilaterale degli Stati Uniti contro l'Iraq, tale proprio sulla base giuridica della risoluzione Onu 1441 e della clausola, che esclude l'uso della forza. Lo stesso Trattato Nato, che prevede una collaborazione fra Stati membri per la reciproca sicurezza, all'art. 5 richiama l'art. 51 della Carta Onu. Il regime della trasparenza delle azioni e' sancito al paragrafo secondo dell'art. 5; l'art. 7 del Trattato Nato sancisce una sostanziale prevalenza della Carta Onu mediante una clausola generale di compatibilita' rispetto agli obblighi stabiliti e il richiamo al Consiglio di Sicurezza quale principale responsabile del mantenimento della pace e della sicurezza. Cadono infine in regime giuridico gli accordi "segreti" del governo italiano, di fronte alla sovranita' della Costituzione della Repubblica e di fronte alla sovranita' del Parlamento. L'atto reca ancora menzione dell'abuso compiuto nell'utilizzo delle basi Nato in Italia per scopi bellici. Tale utilizzo travalicando quanto espresso nel Trattato di Washington, viola l'art. 11 della Costituzione Italiana, sostanziandosi l'atto della concessione nella violazione alla sovranita' dell'espressione del Parlamento sancita art. 64 comma 2 della Carta Costituzionale e in una gravissima violazione dell'art. 78 e le norme di attuazione sull'attribuzione della legislazione alle due Camere. Risulterebbe inoltre disatteso il dettato della legge 185/1990 sul divieto di esportazione e transito, a tal fine, di armi ad uso bellico. Reca sostanza all'ipotesi di reato di pericolo (241 c. p.) la sentenza della Cassazione Penale Sez. Unite n. 1 del 18.3.1970, che evidenzia: "nelle sue condizioni necessarie e sufficienti, quando il fatto commesso dall'agente per la sua natura, le sue caratteristiche, la sua sintomaticita', sia espressione di un tale agire (non inidoneo) da potersi considerare, alla stregua dei canoni della logica valutativa delle azioni umane, come iniziazione d'opera ideata, messa in esecuzione di concepito progetto, passaggio dalla fase preparatoria alla fase esecutiva di efficiente programma avente per obiettivo ultimo il risultato della sottoposizione del territorio dello Stato o di una parte di esso alla sovranita' di uno Stato straniero". Cosi' come Cassazione (sent. 26.3.1986, in GI, 1988, II, 83) sancisce con i termini di "massima giuridica", che: "ogni attentato a organismi, enti o istituzioni, titolari dei rapporti civili, sociali ed economici che la Costituzione particolarmente riconosce e garantisce, finalizzato ad offenderne l'integrita', per ridurre o eliminarne la funzionalita' istituzionale e quindi a sovvertire il sistema di cui quelli sono elementi strutturali, e' atto idoneo a ledere l'interesse all'ordinato svolgimento dei rapporti di cui quegli enti sono titolari e responsabili, e di concerto ad attentare all'ordinamento costituzionale". In conclusione l'atto depositato rileva che un tale vulnus all'ordinamento costituzionale recherebbe gravissime conseguenze sul piano internazionale e sull'interno del Paese, chiede quindi il sequesto dei treni e dei materiali bellici trasportati, evidenziando, come gia' si e' appreso a mezzo stampa, l'utilizzo improprio della base di Camp Darby, dell'aeroporto di Fiumicino e dei porti di Napoli, La Spezia e Livorno. 8. RIFLESSIONE. ANTONINO DRAGO: PROPOSTE CONTRO LA GUERRA E PER LA PACE [Riceviamo e volentieri diffondiamo questo intervento di Antonino Drago (per contatti: tel. 0817803697, fax: 06233242218, e-mail: drago at unina.it). Tonino Drago, nato a Rimini nel 1938, docente di storia della fisica all'Universita' di Napoli, da sempre impegnato nei movimenti nonviolenti, e' uno dei piu' prestigiosi peace-researcher italiani e uno dei piu' autorevoli amici della nonviolenza. Tra le molte opere di Antonino Drago: Scuola e sistema di potere: Napoli, Feltrinelli, Milano 1968; Scienza e guerra (con Giovani Salio), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; L'obiezione fiscale alle spese militari (con G. Mattai), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986; Le due opzioni, La Meridiana, Molfetta; La difesa e la costruzione della pace con mezzi civili, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 1997; Atti di vita interiore, Qualevita Torre dei Nolfi (Aq) 1997] Con la guerra dell'Iraq, gli Usa hanno imboccata la strada, senza ritorno, della loro decadenza, morale e politica; non riusciranno mai piu' ad avere un consenso morale come lo ottennero l'11 settembre; ne' all'estero, dove i popoli si sono segnati indelebilmente l'aggressione di questi giorni; ne' all'interno, dove la democrazia sta lentamente affondando a causa degli scandali delle multinazionali e le leggi speciali. Inoltre, anche se vincessero in poco tempo, essi hanno iniziato una decadenza anche militare, perche' per fare una guerra occorre avere delle forti motivazioni; altrimenti si fanno solo dei disastri, che si rendono evidenti anche se si ottengono vittorie sul campo. D'altra parte oggi nel mondo si e' espressa una grande forza morale; un popolo di pace. Sia pure senza capi, e' arrivato a manifestazioni di milioni e milioni di persone, unanimi; le dichiarazioni delle confessioni religiose sono state nette e concordi, senza timori per il potere costituito. Le maggiori personalita' mondiali (Mandela, Papa, Dalai Lama, Carter, Menchu', ecc.) hanno assunto con naturalezza il ruolo di autorita' morali mondiali, che sanno reagire alla demolizione delle istituzioni giuridiche. Ora si tratta di continuare su questa strada, affinche': 1) si mantenga il giudizio morale negativo su questa guerra; 2) si dia sostegno morale al lavoro di costruzione di una nuova struttura (piu' che morale: giuridica, politica) di pace nel mondo. Le proposte che vedo sono le seguenti: a) Digiuno a staffetta, per offrire un volume morale di sofferenza sufficiente a costruire le novita' desiderate nel mondo. b) Completare il giudizio morale che in questi giorni tutti i vertici ecclesiastici hanno dato contro questa guerra: chiedere ai cappellani militari di uscire dal loro essere obiettori doppi (sia al Papa, se obbediscono al Ministro della Difesa; sia a questo Ministro, se obbediscono al Papa); il loro silenzio significa poca coscienza, non sapienza. Come cittadini italiani che forniscono i loro stipendi da ufficiali, abbiamo il diritto di conoscere se nelle Forze Armate i soldati vengono comandati da ufficiali a mezza coscienza, e se la gioventu' viene assistita spiritualmente da preti a mezzo servizio. c) Denunciare per crimini di guerra i capi di Stato che hanno sostenuto questa guerra. Se poi, come nel 1999, non si trova un tribunale istituzionale che abbia il coraggio civile di accogliere la denuncia, le Ong costituiscano un tribunale popolare mondiale (come quello Russell), che emetta un verdetto solenne a nome dei popoli. Le spese per questo possono essere sostenute dalle Ong stesse. d) E' ormai chiaro che gli Usa non vogliono piu' l'Onu e non daranno piu' il loro contributo. Versiamo allora 10 euro ciascuno all'Onu per assicurarci una istituzione di pace nel mondo; in particolare per attuare la "Agenda per la pace", proposta nel 1992 da Boutros Ghali. 10 euro per 200 milioni di persone fa due miliardi, proprio il bilancio annuale dell'Onu. Per inviare il contributo occorre chiedere che gli enti locali mettano a disposizione un servizio apposito, cosi' da instaurare un legame diretto tra loro e l'Onu. Una politica di pace nazionale invece puo' essere finanziata direttamente versando un contributo all'Ufficio Nazionale del Servizio Civile (via S. Martino della Battaglia 14), chiedendo di impiegarli per le forze di interposizione. e) Naturalmente non si tratta di mantenere questa Onu (che pure per la prima volta e' riuscita a resistere alla politica della superpotenza Usa); ma di rifondarla; in particolare affiancare l'Assemblea degli Stati con un Senato mondiale, che rappresenti piu' ampiamente la volonta' popolare di pace e soprattutto rappresenti i grandi imperativi morali (abolizione delle armi di distruzione di massa, regolazione delle biotecnologie, ecc.). Eletto a 1/3 tra i premi Nobel per la pace, a 1/3 tra i capi delle maggiori tradizioni religiose, e 1/3 tra i rappresentanti di Ong, dovrebbe essere il solo ad esercitare il diritto di veto sulle decisioni Onu, togliendolo al Consiglio di Sicurezza. 9. RIFLESSIONE. BENEDETTO VECCHI INTERVISTA SASKIA SASSEN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 marzo 2003. L'intervistatore cosi' presenta Saskia Sassen in una scheda annessa all'intervista: "Saskia Sassen, olandese di nascita, ha passato la sua prima giovinezza in Argentina, trasferendosi poi in Italia per approdare, infine, negli Usa, dove insegna all'Universita' di Chicago e alla Columbia University di New York. Ma il suo nomadismo intellettuale la porta spesso in Italia, in Francia e in Inghilterra. Attivista da sempre nella "nuova sinistra" e' pero' poco incline al dogmatismo che caratterizza spesso il pensiero critico statunitense. Il suo nome e' divenuto famoso per un saggio sulle Citta' globali, una analisi particolareggiata del ruolo di New York, Londra, Tokyo nell'economia globale (il libro e' stato pubblicato dalla Utet). La tesi centrale del volume e' che in alcune citta' si sono concentrati alcuni servizi finanziari, legali, di progettazione organizzativa, di ricerca e sviluppo che sono indispensabili, per coordinarlo, a un processo produttivo disseminato potenzialmente in tutto il pianeta. Proprio per questi motivi, nelle citta' globali la 'polarizzazione sociale' raggiunge il suo acme. Saskia Sassen ha in seguito applicato questa griglia analitica a molte altre citta', come San Paolo, Miami, Singapore, Honk Hong nel libro Le citta' nell'economia globale (Il Mulino). Oltre a questo tema, uno degli argomenti da lei studiati e' la crisi delle sovranita' nazionali nell'economia mondiale (Losing control, tr. it.: Fuori controllo, Il Saggiatore) e le conseguenze sociali della globalizzazione economica (Globalizzati e scontenti, Il Saggiatore). Ed e' all'interno di questo argomento che e' maturato il suo interesse per il ruolo delle migrazioni nello sviluppo economico europeo (Migranti, coloni, rifugiati. Dall'emigrazione di massa alla fortezza Europa, Feltrinelli), dove il migrante diventa la figura simbolica della globalizzazione economica"] Con voce chiara, scandendo bene le parole, Saskia Sassen non ha dubbi. La guerra degli Stati Uniti e dell'Inghilterra coincide con la fine della "geografia unificata" dell'economia globale. E dietro le macerie dell'Iraq si profila un nuovo mondo bipolare che non avra' nulla di quello conosciuto durante la guerra fredda. In entrambi i "poli", infatti, ci sara' l'economia di mercato, ma crescera' la competezione tra stati-nazione e le "coalizioni" che riusciranno a stabilire. Non siamo quindi alla catastrofe del neoliberismo, ma a un "riallineamento politico". Ma dopo questo giudizio espresso quasi senza riprendere fiato, la docente di economia urbana all'universita' di Chicago e alla Open University chiede un po' di tempo per riordinare le idee. E l'intervista deve quindi snodarsi tra un telefono, una pausa per l'aereo che la conduce da Parigi a Londra, internet e di nuovo il telefono. Nota per i suoi studi sulle "citta' globali" e la crisi dello stato-nazione nella globalizzazione economica, Saskia Sassen pensa che bisogna tenere i nervi molto saldi, perche' a parlare non ci sono solo le armi, ma anche milioni di uomini e donne che, nella preparazione delle mobilitazioni contro la guerra, stanno sperimentando "pratiche di cittadinanza transnazionali" che influiranno molto sul mondo di questo dopoguerra. * - Benedetto Vecchi: Le spiegazioni della guerra degli Usa e dell'Inghilterra contro l'Iraq sono molteplici. Qualcuno ritiene Saddam Hussein un dittatore, pericolososo per il suo paese e per la stabilita' internazionale, ragione sufficiente per cacciarlo via con ogni mezzo. Altri sostengono che la guerra serve agli Stati Uniti per appropriarsi delle riserve petrolifere irachene; altri ancora ritengono che l'obiettivo di Bush sia molto piu' ambizioso: creare un ordine mondiale cucito su misura degli interessi statunitensi. Per te invece? - Saskia Sassen: La terza che hai detto. Ma prima di risponderti, voglio fare una premessa per me importante: questa guerra e' illegale dal punto di vista del diritto internazionale e ingiustificata dal punto di vista della minaccia reale rappresentata da Saddam Hussein. Detto questo, sono convinta che l'intervento militare in Iraq fa parte di un progetto piu' ampio che va ben al di la' del mutamento degli assetti politici a Baghdad. Bisogna pero' capire chi vuole questa guerra e quali saranno i benefici per gli statunitensi. Per noi americani, il bilancio sara' disastroso. Costera' un mare di soldi. L'ultima stima ufficiale e' che la guerra all'Iraq costera' 75, 80 miliardi di dollari in piu' di quello previsto in precedenza: una cifra enorme che pesera' sul gia' enorme deficit di bilancio. Sono convinta inoltre di quanto sostengono la maggior parte degli analisti, che sono persuasi che questa guerra non portera' benefici all'economia. Magari andra' bene alle imprese scelte due settimane fa dal governo statunitense per ricostruire l'Iraq. Al di la' del fatto che Bush ha preso questa decisione quando all'Onu era ancora aperta la discussione sull'intervento militare o meno, va sottolineato che anche in questo caso solo alcune imprese parteciperanno alla spartizione della torta. Quindi possiamo dire che la guerra la vuole solo una parte dell'establishment economico. Stando ai sondaggi, sembra pero' che gli americani la adorino: per loro e' uno spettacolo grandioso - e in effetti le immagini sono drammaticamente sbalorditive. Un vero evento mediatico. Ma e' una guerra dichiarata in un contesto in cui il governo ha posto un'alternativa secca: o con noi o contro di noi. L'amministrazione Bush ha fatto dunque leva sul patriottismo. I media si sono poi dilungati sulla notizia che Bush e la Rice pregano insieme in ginocchio nello Studio ovale, evocando il profondo puritanesimo della societa' americana e ingigantendo l'immagine di una nazione unita dalla preghiera. A tutto cio', possiamo aggiungere una variabile che sta pesando molto nelle decisioni di George W. Bush e che riguarda un sentimento di intolleranza dell'establishment neo-conservatore verso tutto cio' che potremmo definire "diversita' su scala globale". Gli Usa hanno costretto gran parte delle nazioni a diventare neoliberiste, cioe' a intraprendere politiche di privatizzazione, di apertura dei mercati interni agli investimenti esteri, anche se questo significava lasciar morire di fame le rispettive popolazioni. Credo, pero', che gli Stati Uniti stiano abusando del proprio potere. Storicamente, quando questo e' accaduto abbiamo assistito alla fine dei grandi imperi. E' forse un'ironia della storia, ma quando un potere e' assoluto, vengono a mancare alcune condizioni che lo disciplinano, e questo porta alla sua crisi. * - B. V.: Dall'11 settembre in poi, c'e' stato un gran parlare di recessione economica. Le borse sono crollate, molte imprese dot.com sono state spazzate via dal ritorno dell'Orso a Wall Street, gli Usa hanno scoperto che molte corporation, come la Enron, hanno barato. La recessione non si presenta quindi solo come una crisi economica, ma come crisi sociale e politica del capitalismo neoliberista. Puo' essere anche questa una spiegazione del "perche' la guerra". Non credi? - S. S.: Si', stiamo assistendo a una profonda crisi del neoliberismo, compresa una crisi della sua legittimita'. A livello generale, l'economia globale non ha mantenuto la sua promessa di una prosperita' di cui avrebbero beneficiato, chi piu' chi meno, gran parte degli abitanti del pianeta. I "programmi di aggiustamento strutturale" del Fmi non hanno certo favorito i paesi del Sud del mondo. In molti casi e' piuttosto accaduto il contrario: basti pensare che alcuni stati hanno quasi dichiarato bancarotta. Ma la crisi di credibilita' del neoliberismo riguarda anche gli Stati Uniti. Negli Usa, infatti, e nonostante tutte le chiacchiere sulla trasparenza aziendale, le frodi perpetrate da alcune imprese e la crisi delle borse hanno provocato la perdita della pensione per decine di migliaia di lavoratori, provocando in molti settori della popolazione una sfiducia totale nel neoliberismo. * - B. V.: Secondo te questa convergenza tra crisi economica e crisi di legittimita' spiega anche il terremoto politico che ha accompagnato le fasi precedenti la guerra. Mi riferisco alle divisioni all'interno dell'Unione europea, alla crisi dell'Onu, alla tensione tra Chirac e Bush... - S. S.: E' indubbio che i disaccordi sulla guerra in Iraq avranno conseguenze globali. Tuttavia, piu' che un terremoto politico io parlerei di "riallinenamenti" politici. Secondo me, ci sara' il ritorno a un mondo politico bipolare che sancira' la frammentazione della globalizzazione economica. E tutttavia i conflitti di cui parli non hanno inferto un colpo mortale al progetto politico-economico neoliberista. Il mondo che uscira' dalla guerra con l'Iraq sara' si' bipolare, ma non avra' nulla a che fare con quello conosciuto durante la guerra fredda, perche' le economie di mercato sono la costante in entrambi i poli. Vivremo cioe' in un mondo dove il capitalismo e' il modello dominante, anche se ci saranno diversita' politiche, ad esempio, sul ruolo dello stato nell'attivita' economica. In fondo, gia' adesso ci sono corporation americane che hanno la leadership in alcuni settori, mentre sono francesi le imprese che, ad esempio, fanno la parte del leone nella produzione e nella gestione delle risorse idriche. E l'acqua sara' il futuro petrolio bianco. Un altro criterio con cui guardare al mondo bipolare e' quello delle citta' globali. Negli ultimi anni, Parigi e Francoforte sono emerse come centri finanziari globali, mentre prima erano molto indietro rispetto a New York e Londra. Questo e' significativo per comprendere cosa accadra' in futuro, perche' le citta' globali concentrano le risorse e le capacita' per la gestione e l'assistenza delle operazioni globali dei mercati e delle aziende. Questa caratteristica, che in passato ho definito le piattaforme locali dell'economia globale, assegna loro anche un forte potere attrattivo per il business. Possiamo quindi ragionevolmente prevedere che, ognuna per conto suo, le metropoli che ho citato saranno in competizione tra loro, ma potranno anche stringere alleanze. Mi sembra che e' quanto stia gia' accadendo. Quello che voglio dire e' che il mondo bipolare che si profila all'orizzonte incoraggera' si' la competizione, ma favorira' anche coalizioni tra economie nazionali forti e l'alleanza tra queste e quelle deboli. La crisi della geografia unificata dell'economia globale non va quindi giudicata come una catastrofe, perche' la sua frammentazione portera' benefici, ad esempio, ai paesi esclusi o ai margini del neoliberismo. In sintesi, in un mondo politicamente bipolare l'economia globale del prossimo futuro sara' piu' inclusiva e diversificata. * - B. V.: Il movimento antiglobalizzazione e' stato uno dei protagonisti dell'opposizione alla guerra in nome di un'alternativa al neoliberismo. Il "New York Times" ha parlato di un'altra superpotenza nel mondo dopo gli Usa, il movimento antiglobalizzazione. Come valuti le mobilitazioni di questi ultimi mesi contro la guerra? - S. S.: Credo che il movimento antiglobalizzazione svolgera' un ruolo cruciale nel ridisegno del mondo. E' infatti un movimento globale che propugna una cittadinanza globale, fattore che gli consente un protagonismo politico impensabile solo fino a pochi anni fa. In un'intervista con "Il manifesto" (Marco d'Eramo, 22 aprile 2001) avevo affrontato il tema delle "micropratiche della cittadinanza". Potremmo dire che ora ci troviamo di fronte a pratiche di cittadinanza transnazionale. Nel caso dell'Europa, questo e' quanto sta emergendo con forza nel movimento contro la guerra in Iraq. Mi sembra cioe' che i cittadini europei stiano andando oltre i propri leader nazionali, visti alternativamente come eroi (Chirac) o come farabutti (Blair), e stiano incominciando a costruire una pratica di cittadinanza europea che supera gli stati nazionali e i partiti politici nazionali. I cittadini, e uso questo termine nel senso piu' ampio, non solo formale, dei paesi europei i cui governi sono storicamente rivali (Francia e Regno Unito, Francia e Germania), ora si uniscono attraverso le frontiere. Le immagini delle manifestazioni contro la guerra veicolate dai media globali alimentano questo sentimento politico che potremmo definire universalistico. Un senso di "europeita'" sta nascendo ed e' molto piu' sofisticato di quello che misura la Commissione europea per aumentare la partecipazione dei cittadini. Chi manifesta la sua contrarieta' alla guerra mette l'accento su questa cittadinanza transnazionale e non sul conflitto fra Blair e Chirac. Cosi', gli inglesi vedono in Blair un leader politico che mette in pericolo l'Europa e Chirac un po' come un eroe. Allo stesso modo, i francesi pensano che Chirac debba gestire il conflitto con Blair in vista del rafforzamento dell'Europa e non solo in funzione della difesa degli interessi nazionali. * - B. V.: La guerra non ha solo degli effetti nei luoghi dove si combatte, ma anche all'interno dei paesi che l'hanno voluta. Dopo l'11 settembre, l'amministrazione Bush ha emanato delle leggi che limitano la liberta' di movimento per i migranti e alcuni diritti civili... Le citta' globali diventeranno delle fortezze presidiate militarmente? - S. S.: Certamente. Non c'e' alcun dubbio che la guerra in Iraq avra' delle ripercussioni globali e quindi anche negli Stati Uniti. Il Patriot Act, la legge approvata dal parlamento dopo gli attacchi dell'11 settembre, ha ridotto i diritti legali dei migranti e di alcune minoranze. La paura degli attacchi terroristici portera' a una militarizzazione degli spazi pubblici, dei sistemi di trasporto. Questo e' un elemento potenzialmente fascista all'interno degli Stati Uniti che prima o poi ci tocchera' tutti, cittadini o migranti, minoranze sospette o meno, poveri o ricchi. A proposito delle citta' globali che diventano fortezze ci sono alcuni dati interessanti del Dipartimento di Stato sugli anni Novanta che mostrano come, dopo il 1998, le citta' siano diventate il principale obiettivo degli attacchi terroristici. E' inoltre molto probabile che la guerra contro l'Iraq avra' quello che alcuni studiosi chiamano un "ritorno di fiamma", cioe' spingere un numero impreciso di "indecisi" alla scelta terrorista e che le metropoli diventeranno sempre piu' "obiettivi sensibili". Da quando Bush e Blair hanno iniziato a parlare di guerra, abbiamo assistito all'aumento del livello di allerta in citta' come Londra o New York. Con il mio gruppo di studio sulle citta' globali abbiamo fatto una ricerca sui giornali Usa per vedere se dall'11 settembre ci fosse stato da parte dell'amministrazione Bush una qualche ammissione relativa a due fatti: a) se il dipartimento di stato avesse mai diffuso questi dati; b) che andare alla guerra con l'Iraq avrebbe aumentato le possibilita' di attacchi alle citta' americane piu' che ai militari ammassati nel Golfo. Non possiamo diventare paranoici e pensare che le citta' diventeranno stati-fortezze. Considerato quanto odio e disperazione ci sono nel sud del mondo, considerata la violazione del diritto internazionale e le sofferenze per i civili rappresentate dal bombardamento dell'Iraq, e' sorprendente quanto poco terrorismo contro gli Stati Uniti ci sia. Ma da oggi, forse, la situazione cambiera', visto che gli Usa stanno offrendo molti incentivi per spingere molti giovani a varcare quella soglia oltre la quale c'e' la scelta di morire combattendo contro il mio paese. 10. RIFLESSIONE. FRANCESCO COMINA INTERVISTA LUIGI BETTAZZI [Ringraziamo Francesco Comina (per contatti: f.comina at ilmattinobz.it) per averci messo a disposizione questa intervista gia' apparsa sul quotidiano "Il mattino di Bolzano". Francesco Comina, giornalista e saggista, pacifista nonviolento, e' impegnato nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel 1967, laureatosi con una tesi su Raimundo Panikkar, collabora a varie riviste. Opere di Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2000; ha partecipato alla redazione del libro di AA. VV., Le periferie della memoria, e a AA. VV., Giubileo purificato. Luigi Bettazzi, vescovo, presidente di Pax Christi, come tutti sanno e' una delle figure piu' autorevoli della cultura e della prassi di pace e nonviolenza] - Francesco Comina: Monsignor Luigi Bettazzi, la guerra preventiva e permanente di George Bush avanza inesorabilmente. Le truppe angloamericane stanno circondando Baghdad per quella che viene definita la fase piu' cruenta del conflitto. I morti si contano ormai a migliaia e un missile ieri ha colpito un mercato. Quali sono, secondo lei, i punti oscuri di questo intervento? Perche' si e' voluto affrettare il passo e chiudere la porta alle ispezioni Onu? - Luigi Bettazzi: Noi occidentali ci riempiamo la bocca di liberta' e democrazia solo quando ci fa comodo. Penso alla democrazia mondiale, penso all'imposizione del diritto del piu' forte sul piu' debole. Sappiamo che l'Onu e' stata sconfitta, scavalcata e ignorata perche' si riteneva che una discussione ulteriore avrebbe prorogato i tempi e reso problematica la vittoria. Noi occidentali, in realta', confidiamo nella democrazia solo quando ci fa comodo e ora ci presentiamo al mondo come il gruppo umano che porta la democrazia in quel Paese, l'Iraq, in mezzo a tanti altri Paesi che non hanno la democrazia come sono i Paesi arabi. E' per questo motivo che il papa sta insistendo cosi' risolutamente contro l'idea e la prassi della guerra permanente e preventiva di George Bush. - F. C.: Si parla di petrolio. Molti pensano che il vero motivo di questo conflitto sia la volonta' delle potenze occidentali di accaparrarsi le risorse energetiche irachene. Concorda? - L. B.: Il petrolio c'entra eccome! Il petrolio dell'Iraq come quello dell'Afghanistan. Prima ancora che venissero rase al suolo le twin towers, gia' si parlava della necessita' di garantirsi il passaggio del petrolio iracheno attraverso l'Afghanistan. Qualcuno aggiunge che in fondo questa guerra e' anche una battaglia contro l'euro perche' l'Iraq e il Venezuela erano i soli paesi col petrolio che accettavano i pagamenti in euro. Ora, non e' un caso che ci si stia accanendo cosi' furiosamente per mettere la mani sul petrolio iracheno e che in Venezuela sia scoppiato tutto il caos che abbiamo visto dalle cronache mediatiche. E' un sospetto legittimo, non crede? - F. C.: E' un sospetto legittimo, come quello molto diffuso in questi mesi secondo cui l'America si sta imponendo come il nuovo impero mondiale. Ha anche lei questo sospetto? - L. B.: Quando l'America dice di voler far fuori tutti gli "stati canaglia" del mondo e quando parla di portare la democrazia dappertutto senza passare attraverso gli organismi internazionali, vuole che non venga il sospetto che ci sia la tentazione dell'imperialismo? Ma nonostante tutto credo che sia importante continuare ad aver fiducia nell'anima dell'America affinche' emerga il fatto che la democrazia funziona davvero solo se ci si crede e la si sa usare, e se si sa rinunciare anche ai vantaggi particolari per il bene dell'umanita'. Che si facciano delle assemblee come a Kyoto e che non si firmino poi gli accordi, e che si faccia una campagna contro le mine anti-uomo e che non si accettino gli impegni conseguenti, tutto questo puo' alimentare il sospetto dell'imperialismo. E io credo che come gia' la guerra del Vietnam e' finita per una presa di coscienza del popolo americano, direi che anche la tendenza all'imperialismo potrebbe essere frenata da una presa di coscienza del popolo americano. - F. C.: E' possibile che d'ora in poi l'America agisca sempre piu' da sola abbandonando il consesso internazionale? - L. B.: A questo punto credo che l'America dovra' ben pensare che se il resto del mondo occidentale sta fermo puo' emergere con tutta la sua carica esplosiva l'imperialismo. Ma nel momento in cui escludesse altre nazioni credo che cio' provocherebbe una solidarieta' a difesa di queste altre nazioni. Allo stesso modo continuando a combattere nazioni islamiche si corre il pericolo serio di creare una frontiera islamica. - F. C.: Un suo giudizio sul comportamento tenuto dalla Francia e dall'Italia in questa crisi mediorientale. - L. B.: Credo che la Francia, nel difendere i propri interessi si sia fatta portavoce di una certa resistenza a chi i propri interessi li voleva imporre in maniera indebita con la guerra. Per quanto riguarda l'Italia, ebbene... non so se stia aspettando di vedere chi vince per salire sul carro. Certo e' che si era esposta in maniera esplicita con l'America e che poi, grazie all'insorgenza del popolo italiano e forse anche all'insistenza del papa, ha dovuto agire con maggior prudenza. - F. C.: Nei giorni scorsi ci e' giunto un saluto angosciato da Baghdad a firma del vescovo ausiliario, mons. Warduni, in cui ringraziava il movimento per la pace italiano ed europeo per il grido di pace che ha fatto salire dalle piazze d'Italia. Crede che oggi questo movimento sia maturato rispetto al 1991? - L. B.: Si', questo lo notiamo tutti. Nella prima tempesta irachena il papa era molto piu' misurato e anche all'interno della gerarchia cattolica oggi, bene o male, tutti sono solidali con il papa, forse anche perche' questa guerra ha meno giustificazioni di quanto potesse averne la prima. Credo che forse anche il lavorio nascosto dei profeti di pace come Balducci, Turoldo, Bello, Mancini e tanti altri che sono scomparsi in questi ultimi anni ci riporti, in fondo, al motto evangelico del chicco di frumento che cadendo porta molto frutto. La loro voce potente contro la guerra sta portando i frutti che vediamo tutti i giorni nelle piazze del mondo. - F. C.: Crede che sia il papa personalmente a dare la linea vaticana? - L. B.: Io credo che il papa sta dando la linea confortato da questa presenza di molti cattolici sui sentieri di un pacifismo militante. Io credo che sia piu' che mai un dovere del mondo religioso far vedere all'umanita' come ogni religione debba piu' che mai in questo momento farsi promotrice di pace e strumento per la risoluzione nonviolenta dei conflitti. Quello che dovrebbero fare anche gli stati se non fossero colpiti dalla sindrome dell'imperialismo. 11. INIZIATIVE. NODO DI LODI DELLA RETE DI LILLIPUT: CONTRO LA GUERRA CAMBIA LA VITA [Da Simona Bernasconi (per contatti: simober at yahoo.it) riceviamo e diffondiamo questo comunicato del nodo di Lodi della Rete di Lilliput] Mentre il mostro della guerra sta martoriando persone, distruggendo risorse, inquinando suolo, acqua e aria in Iraq, noi che ci siamo battuti per la pace, a sostegno di un'alternativa alla guerra, sentiamo tutta la nostra responsabilita' per risolvere le controversie internazionali, in base all'articolo 11 della nostra Costituzione e alla Carta dell'Onu. Continueremo a dire no alla guerra in nome delle vittime. Il nostro no lo diremo nelle strade, nei luoghi di lavoro, nei rapporti interpersonali, con i nostri pensieri, i nostri progetti, i nostri corpi: coerentemente con l'appello conclusivo della manifestazione mondiale contro la guerra del 15 febbraio scorso continueremo a dire il nostro no con "le pratiche della nonviolenza attiva, della testimonianza, del digiuno, della preghiera, della disobbedienza civile e sociale, della resistenza e dell'antagonismo sociale". Per questo il nodo di Lodi della Rete di Lilliput propone che si mettano in campo le nostre persone anche attraverso la forma del digiuno nella duplice modalita' di un "digiuno prolungato a staffetta" fino al limite della compatibilita' con l'assolvimento dei nostri doveri quotidiani e di un "digiuno giornaliero a staffetta". A questa forma di lotta intendiamo dare un triplice significato: - innanzitutto un segno di condivisione con tutti coloro che subiscono sofferenze e morte da questa guerra contro l'Iraq e dalle guerre dimenticate dai mass media; - in secondo luogo un segno di solidarieta' con i milioni di persone che, anche dalle guerre, sono condannate alla fame: il loro destino e' segnato dal nostro modello di sviluppo e di vita che comporta un saccheggio di materie prime, un consumo di risorse e di energia incompatibile con criteri di equita' e insostenibile dalla biosfera: dobbiamo alleggerire la nostra "impronta ecologica" per far si' che ogni popolo e le generazioni future possano sedere al tavolo della natura come commensali con pari diritti; - infine un segno di contestazione contro la riproposizione della guerra come strumento di tutela degli interessi nazionali, di governo del mondo, di affermazione della propria egemonia. Contro la ragione della forza non possiamo che ribadire la forza della ragione, del diritto, del confronto, del negoziato. Con il digiuno, gesto di inermita', di impegno totale e nonviolento, vogliamo sia chiedere la cessazione della carneficina di vite umane, dello sperpero di risorse, della minaccia al futuro della convivenza civile; sia risvegliare maggiormente le coscienze ad essere critiche di fronte alle menzogne della propaganda di guerra, ad esercitare un piu' lucido discernimento delle cause delle guerre, dell'ingiustizia prodotta dalle strutture economiche attuali, della necessita' di scelte di vita sobrie e coerenti... Invitiamo tutti a partecipare a questa azione nonviolenta contro la guerra: chi intende praticarla si metta in contatto con il Gruppo di azione nonviolenta della Rete di Lilliput (Lele, tel. 037151102) o con la "Tenda della pace" in piazza a Lodi. 12. INIZIATIVE. BRUNETTO SALVARANI, GIOVANNI SARUBBI: UN DIGIUNO PER IL DIALOGO E LA PACE [Da Brunetto Salvarani e Giovanni Sarubbi, amici carissimi e promotori dell'appello ecumenico al dialogo cristiano-islamico (per contatti: b.salvarani at carpi.nettuno.it, redazione at ildialogo.org) riceviamo e diffondiamo] Cari amici, care amiche, vi scriviamo per sottoporvi la proposta di appoggiare le iniziative decise dalle associazioni islamiche italiane nella loro riunione del 23 marzo scorso sulla guerra in Iraq. Le associazioni hanno elaborato un documento, che potrete trovare sul nostro sito (www.ildialogo.org), che giudichiamo positivamente, nel quale si fanno una serie di proposte quali "veglie di preghiera; digiuno nel giorno di lunedi' 31; venerdi' 4 aprile, dedicare la khutba alle tematiche della pace e dell'impegno per essa; partecipare e promuovere attivita' comuni di riflessione, manifestazioni, mostre, ecc.; esporre ovunque possibile la bandiera della pace come segno esterno della nostra volonta' e determinazione; impegno nelle attivita' di solidarieta' con il popolo iracheno e con gli eventuali profughi". Vogliamo cosi' chiedervi nell'immediato di fare nostra la proposta di digiuno del giorno 31, diffondendola il piu' possibile, invitando tutti gli amanti del dialogo a promuovere questa giornata come segno di solidarieta' dei cristiani italiani con i musulmani italiani nel loro sforzo a favore della pace. A partire dalla iniziativa del giorno 31 vi invitiamo a prendere contatti con le organizzazioni islamiche delle vostre zone per sviluppare altre iniziative, quali veglie di preghiera, o attivita' di solidarieta' con il popolo iracheno. Crediamo che il documento approvato dalle associazioni islamiche in Italia sia qualcosa da non lasciare cadere nel vuoto, pena l'espandersi dell'islamofobia e del razzismo piu' sfrenato. Con l'augurio che la pace possa essere piu' forte della guerra e dei suoi sostenitori, cordialmente vi salutiamo. Shalom-Salaam-Pace Brunetto Salvarani, Giovanni Sarubbi * Ricordiamo che e' disponibile un libro della Emi, dal titolo La rivincita del dialogo, ed un numero speciale del periodico "Il dialogo" (sito: www.ildialogo.org) con articoli, documenti, proposte di liturgie, finalizzate ad aiutare quanti vogliano approfondire le ragioni del dialogo e i contenuti dell'appello ecumenico per il dialogo cristiano islamico. Il libro puo' essere richiesto direttamente alla Emi, sito: www.emi.it, tel. 051326027, fax: 051327552, e-mail: sermis at emi.it. Il numero speciale puo' essere richiesto alla redazione de "Il dialogo" via e-mail: redazione at ildialogo.org o telefonando al 3337043384 o scaricato direttamente dal sito. Il fascicolo e' stato anche riprodotto dal mensile "Tempi di Fraternita'" del mese di dicembre 2002 (www.tempidifraternita.it). Sono disponibili altresi' un fascicolo curato da Stefano Allievi dal titolo "Islamica" che comprende tutta la principale bibliografia in italiano sull'islam (si puo' richiedere gratuitamente a cultura at carpidiem.it ) e il numero speciale di "Confronti" dal titolo Noi e loro (che si puo' richiedere a redazione at confronti.net). Per firmare l'appello e per adesioni o segnalazione di iniziative, ci si puo' rivolgere a: - redazione at ildialogo.org, tel: 3337043384; - b.salvarani at carpi.nettuno.it, tel. 3291213885. Per l'elenco completo dei firmatari dell'appello, per tutti i materiali ad esso relativi e per le iniziative in corso si puo' visitare il sito: www.ildialogo.org 13. INFORMAZIONE. MAO VALPIANA: "AZIONE NONVIOLENTA" DI APRILE [Da Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta" (per contatti: azionenonviolenta at sis.it), riceviamo e diffondiamo] Cari amici, sta per uscire il numero di aprile 2003 di "Azione nonviolenta", la rivista mensile del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. L'abbonamento annuo costa 25 euro, da versare sul ccp n. 10250363 intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia-saggio inviando una e-mail a: azionenonviolenta at sis.it In questo numero: - La nuova speranza del mondo: fermare la prossima guerra (di Mao Valpiana); - Le vere ragioni di una guerra annunciata: una societa' "tossicodipendente" dal petrolio (a cura del Gruppo di azione nonviolenta di Reggio Emilia); - Quali strumenti non simbolici contro la guerra? Alcuni modi concreti per prevenire la prossima crisi (di Marinella Correggia); - Il movimento No War: poeti, attori, chicanos, religiosi e l'opinione pubblica dell'altra America, spina nel fianco di Bush (di Gabriele Smussi); - Amava vedere l'oceano. E' morta per fermare l'odio (a cura di Elena Buccoliero); - Le 10 parole della nonviolenza: "Liberazione" (di Alex Zanotelli); - La giornata degli obiettori di coscienza. Sosteniamo i refusenik israeliani (di Andreas Speck); - Dalla piccola Pieve di Barbiana alla maestosita' della Basiliaca di San Pietro (di Alberto Trevisan); - Vivere la nonviolenza. I campi estivi 2003 (a cura del MIR-Movimento Nonviolento di Piemonte e Valle d'Aosta). E poi le consuete rubriche: L'azione (Luca Giusti); Educazione (Angela Dogliotti); Alternative (Gianni Scotto); Cinema (Flavia Rizzi); Musica (Paolo Predieri); Economia (Paolo Macina); Storia (Sergio Albesano); Libri. In copertina: "Liberiamoci dalle catene della guerra" (disegno di Mauro Biani). In ultima: "No alla guerra", il volantino del Movimento Nonviolento. La bandiera della nonviolenza e' la nostra "aggiunta" alla campagna "Pace da tutti i balconi". La bandiera con il fucile spezzato costa 6 euro e si puo' richiedere alla nostra redazione. Grazie per l'attenzione. "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 550 del 29 marzo 2003
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