La nonviolenza e' in cammino. 549



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 549 del 28 marzo 2003

Sommario di questo numero:
1. Giuliana Sgrena: mille dollari per fuggire
2. Giuliana Sgrena: la tempesta verso il cielo di Baghdad
3. Giuliana Sgrena: bombardati i ministeri, brucia il palazzo del rais
4. Giuliana Sgrena: un giorno all'inferno, Baghdad arde nel buio
5. Giuliana Sgrena: il buio di Baghdad
6. Giuliana Sgrena: fumo e  fiamme, le difese del rais
7. Giuliana Sgrena: missili sulle case di Baghdad
8. Giuliana Sgrena: Baghdad aspetta il peggio
9. Giuliana Sgrena: missili sulle case, strage a Baghdad
10. Letture: Linda Bimbi (a cura di), Not in my name
11. Letture: Pietro Ingrao, Alex Zanotelli, Non ci sto!
12. Letture: Serge Latouche, Il pensiero creativo contro l'economia
dell'assurdo
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. TESTIMONIANZE. GIULIANA SGRENA: MILLE DOLLARI PER FUGGIRE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 marzo 2003. Giuliana Sgrena, inviata a
Baghdad, e' una illustre giornalista e saggista, esperta conoscitrice delle
questioni globali, del rapporto nord/sud, della situazione dei paesi arabi
ed islamici, della realta' mediorientale. E' da sempre impegnata per i
diritti umani, per i diritti dei popoli, per i diritti delle donne, per la
pace. Presentiamo qui i suoi articoli degli ultimi giorni]
Il primo a rispondere all'ultimatum a Saddam Hussein del presidente
americano George W. Bush e' stato ieri mattina il figlio del rais, Uday,
direttamente interessato dalla missiva che intima a tutta la famiglia del
presidente di lasciare il paese entro 48 ore, altrimenti sara' la guerra. E
guerra sara', non ci sono dubbi, e non solo perche' Uday com'era prevedibile
ha respinto l'ultimatum. Del resto Saddam aveva ripetuto nei giorni scorsi:
"Sono nato in Iraq e moriro' in Iraq". Uday, che ha definito Bush "poco sano
di mente", ha ribadito che l'invasione americana sara' combattuta e il
nemico andra' incontro "a una sanguinosa battaglia". "Le mogli e le madri di
quegli americani che ci combatteranno piangeranno sangue, non lacrime", ha
avvertito il primogenito di Saddam. Ma la risposta ufficiale all'ultimatum
di Bush e' arrivata dal Consiglio del comando della rivoluzione, il massimo
organo del regime. In un comunicato letto alla televisione - che mostrava le
immagini della riunione alla quale Saddam Hussein ha partecipato in alta
uniforme militare, non accadeva da molto tempo - si afferma che "l'Iraq e
gli iracheni sono pronti ad affrontare gli aggressori americani e a
respingerli". Tutti i vertici del regime iracheno e del partito Baath al
potere si sono espressi contro l'ultimatum americano. Il gabinetto ha anche
studiato un piano di emergenza e Saddam ha incontrato diversi comandanti
dell'esercito.
In mattinata l'Iraq aveva sollecitato una iniziativa politica della Lega
araba e si era parlato anche della partenza per Baghdad del segretario
generale Amr Musa, ma la missione sembra sia finita nel nulla, come la
precedente di qualche giorno fa. Le divisioni nel mondo arabo non hanno
certamente favorito un suo ruolo nella crisi irachena. Ieri pomeriggio il
partito Baath ha chiamato ancora una volta alla mobilitazione di piazza e la
televisione irachena, dopo aver diffuso nel pomeriggio musica classica che
rendeva ancora piu' greve il clima, ha cominciato a trasmettere le immagini
delle manifestazioni. Simili a quelle dei giorni scorsi, manifestazioni di
regime, ma l'indignazione della popolazione e' reale, legittima. Questa
mattina e' convocata in sessione straordinaria una seduta dell'assemblea
nazionale, il parlamento iracheno. Probabilmente avallera' le misure di
emergenza decise dal governo. La tensione e' gia' alta. Ieri due giornalisti
americani che stavano lasciando il paese sono stati arrestati e poi
rilasciati. Arriva la notizia che i gruppi d'opposizione curdo-irachena si
sono intanto incontrati in Turchia, raggiungendo un accordo per mettere le
loro formazioni militari sotto il comando americano.
Il paese sta scivolando verso la guerra inevitabile per Bush, il conto alla
rovescia e' iniziato e chi vuole lasciare il paese lo deve fare subito.
Intanto il prezzo di una passaggio in macchina per Amman e' salito da circa
150 dollari a 1.000. Ieri hanno lasciato Baghdad le ultime rappresentanze
diplomatiche europee presenti, quelle di Francia e Grecia, che ha la
presidenza dell'Unione europea. Chiusa anche l'ambasciata vietnamita,
resteranno aperte solo quelle di Cuba e Russia, oltre alla nunziatura
apostolica. Gli ispettori Onu in partenza dall'Iraq sono stati bloccati a
Cipro dove devono restare a disposizione. La decisione di ritirare gli
ispettori era stata presa lunedi' dai loro capi, Mohammed El Baradei per
l'Aiea e Hans Blix per l'Unmovic, sotto le forti pressioni americane.
La popolazione e' pronta a resistere all'invasione, non e' come nel 1991, ci
conferma un professore universitario, ora sono stati installati molti
generatori, anche all'universita', per sopperire alla mancanza di
elettricita' che blocchera' anche gli impianti di potabilizzazione
dell'acqua. Molte case sono dotate di propri pozzi o di serbatoi di riserva.
La popolazione dovrebbe avere anche una riserva alimentare sufficiente per
qualche mese, anche per evitare saccheggi. Tutto dipende da quanto la guerra
durera': giorni, settimane, mesi. Nessuno lo sa, nemmeno chi la sta per
scatenare. Tra i campus universitari, ieri, ragazzi e ragazze si aggiravano
annichiliti, mentre i dipendenti cominciavano a stendere nastro adesivo
sulle ampie finestre. Le guerre e l'embargo hanno gia' distrutto questa
generazione e proprio mentre cercava di rialzare la testa - il governo aveva
aumentato i finanziamenti - sara' colpita ancora duramente. Un ragazzo offre
una rosa a una studentessa. La vita continua, deve continuare. La frequenza
finora e' diminuita ma solo di un venti per cento, dice il professore, gli
studenti sentono ancora il bisogno di vedersi.
Le ore adesso sono veramente contate, domani forse non si potra' nemmeno
uscire di casa. Molti negozi, non di beni di prima necessita', hanno gia'
cominciato ad abbassare le saracinesche. Sono invece in fermento le officine
della via King Ghani - piu' conosciuta come Kifah street, via della
battaglia - che riparano moto e biciclette: potrebbero risultare utili nel
caso di penuria di carburante. Alcune motorette esposte sembrano
assolutamente inutilizzabili, altre invece appaiono nuove di zecca, ma non
lo sono. "L'embargo ha impedito l'importazione di pezzi di ricambio e anche
quando e' possibile ottenerli i prezzi sono proibitivi, e cio' ci ha
costretto a fare miracoli: studiamo tutti i modi per riciclare pezzi, nulla
viene buttato in Iraq", ci spiega Omar, uno degli operai dell'officina. A
puntare sul trasporto rapido sono anche i ministeri che hanno dotato i loro
"postini" di nuove e veloci Honda.
Nonostante il paese sia piu' preparato del 1991 a far fronte ad una guerra,
questa sara' prevedibilmente ancor piu' devastante. E chi si e' opposto a
questo intervento militare che "va contro il diritto internazionale e la
nostra costituzione, che non ha giustificazioni morali, che sara'
responsabile della morte di migliaia di persone" vuol far sentire il proprio
sostegno alla popolazione irachena, sostiene Fabio Alberti, presidente di
"Un Ponte per Baghdad", l'associazione presente in Iraq da dieci anni e
promotrice del Tavolo di solidarieta' con le popolazioni dell'Iraq, una
coalizione di associazioni, sindacati, ong, che ha dato vita alla
manifestazione del 15 febbraio contro la guerra.
Il "tavolo" non collaborera' e non utilizzera' fondi del governo italiano
che appoggia la guerra, ma grazie al sostegno di agenzie dell'Onu, di enti
locali e della societa' civile ha preparato un proprio piano di soccorso
alle popolazioni irachene, illustrato ieri a Baghdad da Fabio Alberti, che
ha gia' preso accordi per la sua realizzazione con l'Unicef e la Mezzaluna
rossa irachena. I settori di intervento riguarderanno innanzitutto
l'emergenza idrica a Bassora. L'obiettivo e' quello di provvedere la
distribuzione di acqua potabile ad almeno 200.000 persone attraverso unita'
di potabilizzazione mobili e concorrere alla manutenzione delle centrali
esistenti e dei generatori, alla escavazione di pozzi di emergenza. "Un
Ponte per Baghdad" con il "Water project coordinator" sta gia' installando
10 serbatoi ausiliari in altrettanti ospedali della seconda citta' irachena,
la principale del sud. La struttura sanitaria pubblica verra' sostenuta
anche con l'invio di unita' mediche da inserire in ospedali locali. Inoltre,
verra' rafforzato il dispensario finanziato dall'associazione italiana e
gia' operante a Bassora per l'assistenza sanitaria ai bambini, con
l'introduzione di un programma di nutrizione, visto che la malnutrizione
resta uno dei maggiori problemi.
Un'altra drammatica conseguenza delle guerre e' quella dei profughi e degli
sfollati. Da qualche giorno si stanno gia' verificando fughe dalle zone
kurde, che verranno a trovarsi a ridosso della linea di scontro tra forze
americane appoggiate dai partiti kurdi e quelle di Saddam Hussein, verso la
Turchia. Forse non si verifichera' l'esodo del 1991, ma si prevedono
comunque centinaia di migliaia di profughi, per i quali ha preparato un
piano l'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu. Che invece non si
occupa, istituzionalmente, degli sfollati. Il "Tavolo" prevede l'invio agli
sfollati di generi di prima necessita' (coperte, tende, etc.) tramite la
Mezzaluna rossa. Altre iniziative si stanno studiando per il nord Iraq.
Per chi si e' impegnato contro la guerra senza riuscire a fermare la follia
bellicista di Bush resta la possibilita' di aiutare la popolazione irachena
con un versamento sul c/c postale n. 527020 o c/c bancario 108080 della
Banca Etica, con l'indicazione "solidarieta' Iraq".

2. TESTIMONIANZE. GIULIANA SGRENA: LA TEMPESTA VERSO IL CIELO DI BAGHDAD
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 marzo 2003]
Forse sara' la tempesta di sabbia sollevata dal deserto a ritardare l'agonia
degli iracheni. La tempesta tuttavia non ha impedito che le truppe americane
avanzassero nella zona smilitarizzata di confine, creata dopo la guerra del
Golfo, per 5 km in territorio kuwaitiano e 10 in quello iracheno. L'attesa
e' snervante e rituale. Da parte della autorita' continuano le espressioni
di appoggio al rais Saddam Hussein. Lo slogan piu' diffuso nelle
manifestazioni - "Con l'anima e con il sangue ci sacrifichiamo per te
Saddam" - e' risuonato anche nel palazzo del parlamento. Ieri mattina si e'
riunita in seduta straordinaria l'assemblea nazionale per avallare la
decisione presa dal governo di respingere l'ultimatum di Bush e ribadire
l'appoggio a Saddam. Anche ieri sono continuate le manifestazioni del
partito Baath, ridotte rispetto alle precedenti. Mentre la sede del
ministero dell'informazione e' in fase di smobilitazione - da due giorni
vengono portati via computer e schedari -, il ministro Mohammed Saeed Sahaf
ieri ha improvvisato un meeting con i giornalisti, presenti ancora numerosi
a Baghdad nonostante l'invito ad abbandonare l'Iraq arrivato da diversi
governi - ieri hanno abbandonato Baghdad anche i diplomatici di Teheran -, e
assetati di notizie. Sahaf ha accusato Bush di voler "ingannare i propri
soldati e ufficiali presentando loro l'invasione dell'Iraq come un picnic".
"E' una menzogna, vanno incontro ad una morte certa". Quindi il ministro,
che si e' presentato in divisa militare, ha invitato soldati e ufficiali
statunitensi e britannici a non ubbidire agli ordini superiori e a rendersi
conto dell'imbroglio perpetrato ai loro danni. Mohammed Saeed Sahaf ha anche
ricordato come in un incontro con Bush padre l'allora premier turca Tansu
Ciller gli avesse chiesto come mai non aveva invaso l'Iraq e non fosse
arrivato a Baghdad durante la guerra del Golfo del 1991. Bush aveva risposto
che sarebbe stata "una pazzia, che avrebbe esposto le sue truppe ad una
carneficina". La stessa pazzia che sta colpendo il di lui figlio. Ma per il
ministro dell'informazione iracheno questo attacco sara' l'inizio della fine
dell'arroganza americana. E rispetto alla situazione interna, quali misure
saranno prese nei prossimi giorni, coprifuoco? Il ministro non ha fornito
informazioni su misure che sono evidentemente allo studio.
Mentre tutti attendono la pioggia di fuoco, i nuovi raid anglo-americani
utilizzati per distruggere la contraerea irachena nella zona occidentale del
paese non fanno nemmeno piu' notizia, persino quando gli attacchi colpiscono
al di fuori delle no-fly zone, istituite unilateralmente nel 1991.
Baghdad e' lo spettro di se stessa. Le strade sempre meno frequentate,
negozi chiusi, mentre sono affollati i cambiavalute dove il dollaro e'
schizzato a 3.000 dinari (un mese fa era 2.100), pile di sacchetti di sabbia
crescono ormai ovunque e c'e' anche chi li riempie nei parchi della citta'.
Accanto ai sacchetti da ieri sono comparsi, numerosi, i militari armati.
Comunque non si vedono grandi preparativi militari almeno nel centro della
citta', in periferia ci dicono che e' diverso. Li' dovrebbero concentrarsi
le forze del rais nel tentativo di sbarrare la strada all'invasione
americana. Comunque sui tetti delle case anche nel centro della citta' sono
comparsi i cannoncini della contraerea, ci sono ridislocazioni di militari e
mezzi. Gli obiettivi militari, si dice, sono nella zona dei ministeri, delle
caserme, quella parte della citta' meno abitata, e invece pare che la
contraerea sia stata collocata in gran parte proprio dall'altra parte del
fiume, la piu' popolata. Cosi' come i militari si stanno sparpagliando al di
fuori dalle caserme. Bush mirera' piu' agli obiettivi prestabiliti e
simbolici - palazzi presidenziali, ministeri, caserme - oppure andra' ad
individuare le difese sui tetti delle case distruggendo la citta' e i suoi
abitanti? Per Bush la colpa sara' di Saddam. Le colpe di Saddam sono molte e
le conosciamo bene ma sicuramente la principale e' quella di aver oppresso
quel popolo che sta per essere massacrato da chi si erge a giudice del
mondo. L'arcivescovo di Baghdad ha lanciato un appello perche' non venga
bombardata la capitale, ma la follia bellica di Bush che non si e' fermato
davanti al papa, perche' dovrebbe ascoltare la voce di un arcivescovo?
Le autorita' continuano a ripetere che gli iracheni sono pronti a far fronte
all'invasione, per noi e' difficile una valutazione. Il paradosso e' che
accanto alla paralisi di alcuni settori, per altri, finora, la vita continua
quasi normalmente forse piu' per inerzia che per volonta'. Ma i segnali
dell'avvicinarsi della catastrofe sono percettibili, per il momento, piu'
dalle piccole cose della quotidianita'. Da domani molti non andranno piu' al
lavoro, la benzina sara' usata solo per l'emergenza. Non si conta gia' piu'
sul telefono, si fanno scorte d'acqua, anche l'elettricita' manchera', per
chi non ha un generatore sara' un dramma. Anche le scorte di carburante
possono costituire un rischio. Da ieri sera non c'e' piu' il collegamento
Internet, che si e' interrotto subito dopo che le agenzie avevano battuto la
notizia sconcertante, di fonte israeliana, dell'uccisione del vicepremier
Tareq Aziz, che sarebbe stato in fuga verso l'Iran con la famiglia. La
coincidenza serve ad aumentare il panico. Le comunicazioni d'ora in poi
saranno difficilissime. Ma ci sara' veramente la tempesta magnetica che
mettera' fuori uso tutti i sistemi di comunicazione? Bisogna togliere tutte
le pile, ci dicono, avvolgere le telecamere nella carta stagnola, e si
vedono cameramen girare con pacchi di rotoli di simil Domopak. Intanto la
televisione alterna canzoni lamentose a marce militari, Saddam in tutte le
salse, versetti del corano e l'immancabile calcio. Forse domani non ci sara'
piu' nemmeno questo tormentone.
Ma quel che piu' lacera in questa estenuante attesa e' lo sguardo delle
persone che ci circondano. Come le inservienti abbandonate sulle sedie dei
corridoi dell'albergo, o gli improvvisati taxisti che ci danno un passaggio,
cosi' come le nostre guide e i vari conoscenti. In tutti si legge una
domanda: perche'? E nessuna risposta razionale puo' essere soddisfacente.
Perche'? Petrolio, Saddam, l'impero americano... Ma perche' proprio noi? Una
popolazione gia' stremata da guerre e sanzioni? Perche', ce lo chiediamo
anche noi. Quegli sguardi ci mettono a disagio. E non riusciamo a capire
come queste persone possano essere cosi' cortesi con noi. Oggi non riusciamo
a reggere questi sguardi disperati nella loro straordinaria dignita', come
faremo ad affrontarli domani quando le bombe avranno cominciato a cadere su
di loro e anche su di noi? Intanto il cielo sopra Baghdad e' di un color
ocra, quello della sabbia, la tempesta non e' ancora finita. Ma quella che
seguira' sara' molto peggio.

3. TESTIMONIANZE. GIULIANA SGRENA: BOMBARDATI I MINISTERI, BRUCIA IL PALAZZO
DEL RAIS
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 marzo 2003]
Il terzo attacco arriva quando a Baghdad sono da poco passate le 21 (le 19
in Italia). Una serie di missili Tomahawk piovono sulla citta' e colpiscono,
con precisione, una serie di siti govenativi. Vanno in fiamme il palazzo
presidenziale, ma anche le sedi di due ministeri, Informazione e
Pianificazione, e la casa della moglie di Saddam Hussein. Le sirene tornano
a suonare alle 22,55 e questa volta sotto i missili finisce la casa del
primogenito di Saddam Hussein, Uday. Attacchi che sono il proseguimento del
conflitto cominciato alle 5,30 del mattino. "Siamo in guerra", ci avevano
detto gli inservienti dell'hotel Rashid, all'alba. Non che non se
l'aspettassero ma apparivano comunque sbigottiti. Avevamo passato la notte
con loro, noi pochi ospiti residui del Rashid, ancora incerti se abbandonare
l'hotel ritenuto un possibile obiettivo dell'attacco americano per il suo
bunker o semplicemente perche' potrebbe essere un danno collaterale
dell'attacco a ministeri e caserme che lo circondano. Dopo che la Cnn aveva
fatto circolare la notizia del rischio Rashid e si era trasferita in massa
al Palestine, era scattata la psicosi collettiva. Improvvisamente il Rashid
si svuotava e il Palestine, gia' quartier generale degli human shields, si
gonfiava. Tutto lasciava credere che l'attacco scattasse solo giovedi' notte
e quindi eravamo rimasti, ma in piedi, mentre l'apprensione cresceva man
mano che si diffondevano le notizie di un imminente attacco. Lo staff
dell'albergo voleva e vuole sapere, cosa succede? quando? E arrivavano
telefonate da network di tutto il mondo - dal Giappone, dall'Australia,
dall'Italia, dalla Germania - che volevano parlare con qualche ospite
dell'hotel reso famoso proprio dai giornalisti che avevano seguito la guerra
del Golfo nel 1991. Volevano sapere come era vissuta l'attesa a Baghdad e
noi in cambio chiedevamo quelle notizie che non riuscivamo ad avere sul
posto. Prima era stata la luna piena e poi l'albeggiare a convincerci che
l'attacco sarebbe stato rinviato di un giorno. Ma proprio mentre stavamo per
cedere al sonno e alla stanchezza, il suono lugubre e inconfondibile della
sirena. Il Rashid e' ben attrezzato con il suo bunker e il personale
preparato a simili emergenze e molto disponibile. E' allora che il
centralino dell'albergo sembra impazzito: chi parla italiano? tedesco? e
naturalmente inglese. Tutti i dipendenti disponibili rispondono ai vari
telefoni, ne installano uno anche dentro il bunker. Ma e' impossibile
restare rintanati senza vedere cosa succede fuori, anche se c'e' poco da
vedere per ora, si sentono solo alcuni colpi della contraerea. Da qui non
riusciamo a vedere il fungo bianco che sale dalla zona colpita di Zafrania,
nella parte sud della citta', dove si trova la caserma Rashid. L'attacco
sarebbe stato anticipato dagli americani perche' la Cia avrebbe segnalato
nella zona la presenza di cinque esponenti di alto rango del regime
iracheno. Operazione fallita se questo era l'obiettivo, ma la guerra e'
cominciata anche a Baghdad e ha gia' fatto le prime vittime, una decina,
anche se per ora non si conosce con precisione quanti siano i morti. Prima
ancora di Baghdad sarebbe stata bombardata Mosul, la citta' del nord, a
ridosso del Kurdistan, dove diversi edifici hanno riportato danni. Colpito
anche il sud, a Bassora, ma il ministro del petrolio Amir Mohammed Rashid ha
smentito la notizia che i pozzi di petrolio della zona siano stati dati alle
fiamme. Due ondate di attacchi, circa 40 missili Tomahawk sparati, secondo
fonti americane. Sarebbe stata utilizzata anche una speciale bomba
antibunker da una tonnellata, segno che ad essere presi di mira sono i
bunker dove potrebbe cercare rifugio la famiglia di Saddam. Mentre Baghdad
ha lanciato due missili, intercettati, contro il Kuwait. Alla frontiera con
il Kuwait si sono gia' sparati colpi di artiglieria mentre le truppe
americane sono avanzate nella zona smilitarizzata. E' l'inizio della guerra
e dell'invasione, anche se l'entrata in scena e' stata di basso profilo
rispetto alle minacce e alle attese, che forse non saranno deluse fra poche
ore (da quando scriviamo).
Il primo a reagire all'attacco statunitense e' stato il figlio maggiore di
Saddam, Uday che, attraverso un comunicato letto alla radio, ha invitato la
popolazione a resistere e i suoi fedayin a prepararsi al martirio. Ma poi e'
toccato al rais in persona presentarsi davanti ai teleschermi, anche se con
un messaggio registrato - prima o dopo l'attacco? -. Con basco nero e - per
la prima volta - usando gli occhiali e leggendo invece di improvvisare, si
e' mostrato provato - del resto il momento lo richiede mentre viene
personalmente bersagliato dagli americani - per promettere agli iracheni la
vittoria. Saddam si e' scagliato contro il "piccolo criminale Bush" senza
scrupoli, e i suoi alleati, per garantire loro che saranno sconfitti: "agli
oppressi e' consentito combattere e Iddio e' in grado di dare loro la
vittoria". Per concludere con un "viva l'Iraq, viva la guerra santa (jihad),
viva la Palestina".
Alle nove di mattina terminava il secondo allarme, un sollievo dopo una
notte insonne, probabilmente solo la prima di una lunga serie. Ma la fine
dell'allarme non invitava ad uscire e non solo perche' la giornata grigia e
nuvolosa era particolarmente fredda. Baghdad e' sempre di piu' una citta'
fantasma, le strade sono quasi deserte, i negozi chiusi tranne qualche
rarissima eccezione, lo stesso vale per i mercati, le immancabili bancarelle
sono scomparse dai lati della strada lasciando solo montagne di immondizie
sollevate dal vento. A fare affari sono solo i cambiavalute, il dollaro sale
e non ce ne sono abbastanza per soddisfare le richieste. Ovunque, ad ogni
angolo di strada, incrocio, edificio pubblico, si trovano militari o
volontari del partito, quasi tutti in divisa, armati di kalashnikov o
pistola. Sui tetti si intravedono i cannoncini della contraerea. Rarissime
sono le donne che si aggirano per strada, le razioni sono gia' state
distribuite in anticipo, le scorte chi poteva le ha fatte e i prezzi dei
beni di prima necessita' sono saliti. E' l'economia di guerra. In un
baracchino che vende il te', una televisione gracchiante e' accesa e
ritrasmette, e lo fara' tutto il giorno, il discorso di Saddam. Gli
avventori appaiono indifferenti ma tesi. Le prossime ore sono piene di
incognite, gli americani colpiranno pesante. E quanto durera'? Non
arriveranno a Baghdad in 72 ore come avevano preventivato o solo
propagandato; ora che l'attacco e' stato lanciato, anche il presidente
statunitense Bush e' costretto ad ammettere che la guerra potrebbe essere
lunga. Mentre sorseggiamo un te' osserviamo i giovani e gli anziani che
siedono in uno dei pochi posti aperti, proprio di fronte ad un gruppo di
militari che presidia un incrocio, una domanda e' inevitabile. Che cosa
faranno quando arriveranno gli americani? La popolazione veramente sara'
unita nella resistenza all'invasione oppure, stremata com'e', non avra'
nemmeno la forza o la volonta' di reagire, di combattere gli americani? Un
sentimento diffuso antiamericano non corrisponde a un sostegno all'attuale
regime e non si traduce necessariamente nella volonta' di combattere una
strenua battaglia. L'esercito e in particolare la guardia repubblicana
comandata da Qusay, l'altro figlio di Saddam, preparano la difesa di Baghdad
e contano soprattutto sul partito Baath, la cui organizzazione, a giudicare
dalle mobilitazioni di questi giorni, sembra ancora efficiente. Resta la
grossa incognita della maggioranza sciita, che non si sente rappresentata
dall'opposizione riunita nel Consiglio per la rivoluzione islamica in Iraq
(Sciri, con base a Teheran) che potrebbe approfittare del momento per
prendersi la rivincita sulla minoranza sunnita al potere. Ma quando, prima o
dopo l'invasione americana? Nel 1991 gli sciiti al sud, come i kurdi al
nord, si sollevarono dopo la guerra del Golfo con l'avallo degli americani
che poi li abbandonarono alla repressione sanguinosa di Saddam, ora che
faranno? I kurdi hanno scelto di stare con gli americani, gli sciiti non
tutti.

4. TESTIMONIANZE. GIULIANA SGRENA: UN GIORNO ALL'INFERNO, BAGHDAD ARDE NEL
BUIO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 marzo 2003]
Il primo, atteso, attacco massiccio su Baghdad e' arrivato ieri sera. Atteso
ma non per questo meno scioccante, forse piu' per noi stranieri che per gli
iracheni, quelli che di guerre ne hanno gia' vissute due. Alle otto di sera
il primo allarme, poi la contraerea irachena e alla fine i missili. Come i
due giorni precedenti. Poco dopo, il secondo allarme.
La prima impressione e' che l'obiettivo sia quello della destabilizzazione,
prima di tutto psicologica, non solo del regime ma anche della popolazione.
Ma questa volta, dopo la pioggia di luci e di bombe della contraerea, segue
un attacco violento. L'Hotel Rashid, dalla possente struttura costruita dai
norvegesi, ha cominciato a tremare, alcuni vetri sono andati in frantumi.
Nell'hotel siamo rimasti in una decina, tutti giornalisti, la maggior parte
degli altri si e' trasferita al Palestine per seguire la Cnn, che aveva
indicato in questo albergo un possibile obiettivo da colpire.
Piu' che altro il Rashid, l'"albergo dei giornalisti" gia' ai tempi della
guerra del Golfo, si trova nella zona del ministeri e di altri palazzi
governativi, quindi sicuramente in una zona piu' a rischio. Meglio
rifugiarsi nel bunker.
Le bombe cominciano e continuano a cadere, il tonfo si sente anche dentro il
rifugio. Quando cerchiamo di vedere che cosa succede fuori, l'aria si
riempie di fumo e di un odore acre. E' stato colpito in pieno un edificio a
pochi metri dall'albergo, poco fa sul tetto c'era una postazione della
contraerea con due artiglieri, ora c'e' un moncherino di palazzo che brucia.
Dalle nuvole di fumo ci rendiamo conto che siamo circondati da edifici
colpiti dai missili e dalle bombe. Non riusciamo a individuare esattamente a
che cosa corrispondano gli edifici, e neanche il livello di distruzione,
mentre le bombe continuano a cadere. Dopo un paio d'ore cessa l'allarme, ma
e' solo una mezz'ora di illusione. La sirena ricomincia a suonare, di nuovo
tutti in allerta. Forse questa volta attaccheranno da un'altra parte, ma
bisogna essere pronti. E dormire vestiti, sempre se si riesce a chiudere
occhio.
Non si sentono rumori d'aereo, quindi potrebbero essere missili lanciati
dalle navi, ma e' difficile esserne certi. Chissa' se sopra il fumo che sale
da Baghdad volano i B-52, i super-bombardieri che - come hanno presto saputo
tutti in citta' - ieri in mattinata erano decollati dalla loro base
britannica.
Mentre le enormi "fortezze volanti" rullavano sulla pista di Fairford, a
Baghdad era una bella giornata. L'inizio di primavera e il capodanno per i
kurdi favorisce una bella fumata di narghile' o nun sorso di the "Limu
Basrah", ai limoni di Bassora - in realta' vengono dall'India - per smaltire
la tensione di una notte di bombardamenti. Eppure non sembrano preoccupati
alcuni fumatori che siedono in un bar a pochi passi dal Tigri. Anzi, uno di
loro esordisce con un "Iraq is strong", "Saddam is strong". L'Iraq e' forte,
Saddam e' forte, lo pensera' davvero oppure e' solo l'effetto della
propaganda del regime iracheno che cerca di contrastare quella battente di
Bush che parla invece di un Saddam indebolito dopo i primi attacchi e
incapace di coordinare la resistenza?
E' opinione comune che gli Stati Uniti puntino su un obiettivo: quello di
provocare un logoramento, una destabilizzazione, e dare il tempo ad una
"soluzione interna", in cui spera Bush, ovvero un abbandono di Saddam da
parte dei suoi fedeli per aprire probabilmente la via all'occupazione. Le
voci di una trattativa in corso per la resa della guardia presidenziale (o
repubblicana?) sembrano poco credibili. Questo non vuol dire che il regime
si senta forte come vorrebbe far credere, anche se Saddam non e' morto. Dopo
le voci circolate, la smentita e' venuta dal ministro dell'informazione,
Mohamed Said Al Salam: "Saddam Hussein e' vivo, anche se i bombardamenti (di
giovedi' sera) hanno colpito la sua residenza". E secondo la Cia, era di
Saddam la voce della registrazione messa in onda dalla tv irachena dopo il
primo attacco. Nel secondo raid (di giovedi' sera), oltre al palazzo
presidenziale sono stati colpiti anche altri edifici sul Tigri, uno
appartenente al ministero della pianificazione, che ospitava un ufficio del
vice-premier Tareq Aziz. Le bombe, secondo l'agenzia di stampa irachena Ina,
hanno provocato 37 feriti.
Ieri, dopo un giorno di totale annichilimento, la citta' e' sembrata
riprendere un po' di fiato in attesa del peggio. Sara' perche' e' venerdi',
giorno di preghiera, non certo di festa e nemmeno di vacanza, visto che
quasi tutte le attivita' sono paralizzate dall'inizio della guerra, ma si
trova piu' gente in giro e perfino qualche bancarella di frutta e di altri
generi di prima necessita'. Qualche scorta prima che anche questi sporadici
banchetti spariscano dalla circolazione. Ma soprattutto vi e' una
militarizzazione della citta', controlli a tutti gli incroci, punti
strategici, perquisizioni di edifici, anche nel nostro albergo, uomini
armati, altri in abiti civili.
Entrano mezzi carichi di truppe e attraversano la citta'. La capitale si
deve preparare a far fronte all'invasione. Tra quanto? Si torna a parlare
delle fatidiche 72 ore, "tre o quattro giorni" secondo il portavoce
dell'esercito britannico. La battaglia per la conquista di Baghdad sara'
annunciata solo quando sara' accerchiata dal sud e dal nord.
Ieri, in una conferenza stampa, il ministro degli interni Mahmud Diab Al
Ahmed, superprotetto dai militari, ha negato che gli americani avessero
assunto il controllo del porto: "E' completamente in mano irachena". E ha
negato anche l'informazione diffusa dalla rete televisiva americana Cnn
della resa di circa 250 soldati iracheni: si tratta di una vecchia
registrazione, ha detto il ministro, che ha paragonato Bush ad Al Capone.
Non si conosce la sorte di Bassora, comunque nelle vicinanze della capitale
del sud le forze inglesi hanno detto di avere incontrato resistenza e nei
combattimenti c'e' il primo marine americano vittima in terra irachena. La
conquista della citta' e' indispensabile per l'avanzata verso la capitale.
Con l'avvicinarsi della sera ritorna la paura dei bombardamenti, c'e' chi va
a dormire fuori dalla capitale, chi si e' trasferito a vivere in albergo
perche' c'e' il bunker. Cosi' nei bunker degli alberghi (il Rashid come il
Palestine) si incontrano le famiglie dei dipendenti che sono venute a vivere
in cantina, per cercare almeno di proteggere i bambini, i piu' vulnerabili
in questa situazione. Anche se vengono distratti con patatine o qualche
altra leccornia, sentono la tensione dei grandi, non riescono ad
addomentarsi sulle brandine approntate nello scantinato.

5. TESTIMONIANZE. GIULIANA SGRENA: IL BUIO DI BAGHDAD
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 marzo 2003]
Dopo un'interminabile notte di bombe, l'allarme e' cessato finalmente alle 8
di sabato mattina. Il tempo di vedere i risultati dei bombardamenti passati
prima di un nuovo ululare delle sirene. Almeno prima bombardavano solo di
notte, commenta qualcuno. Ma forse la notte per quanto piu' terrorizzante
non bastava per rendere completamente vulnerabile la popolazione. Bisogna
anche imparare a riconoscere il suono della sirena: uno lamentoso e
intermittente segna l'inizio dell'allarme, quello piu' costante e prolungato
la fine. Da ieri non c'era piu' nemmeno la sirena ad annunciare l'allarme.
Nei primi due giorni quando gli attacchi erano piu' soft ci si stava quasi
abituando all'allarme e rischiavamo perfino di ignorarli e di cedere alla
stanchezza, ma dopo la notte scorsa questo non e' piu' possibile. Si dice
che i B-52 siano ripartiti dalle basi britanniche con un nuovo carico di
bombe da riversare sull'Iraq e da un momento all'altro si teme il peggio.
Naturalmente quando l'allarme suona non si sa dove i cacciabombardieri
andranno a scaricare il loro carico di morte, quindi la tensione e'
continua. Pare ci siano state diverse vittime da infarto. Gli obiettivi
colpiti la notte tra venerdi' e sabato sono poco lontani dall'hotel Rashid,
dove ci troviamo, tutti nel quartiere Al Mansour. Lo spostamento d'aria ha
fatto crollare qualche vetrata. Guardando dalla finestra, da dove venerdi'
sera abbiamo visto fiamme e fumo sprigionarsi dagli edifici vicini colpiti,
vediamo enormi nuvole nere che si alzano dalla periferia della citta' e
vanno ad oscurare il cielo.
All'inizio sembrano gli effetti dei bombardamenti di ieri pomeriggio e forse
in parte lo sono, ma poi si scopre che sono l'effetto di cisterne di
petrolio date alle fiamme dagli iracheni per nascondere gli obiettivi ai
bombardieri americani. Anche perche' man mano che passano le ore il fumo non
diminuisce, anzi aumenta e comincia a diffondersi anche un odore di
petrolio. Verso sera comincia a partire la contraerea e nel cielo appaiono
strane nuvolette bianche. Come abbiamo gia' scritto, venerdi' a tarda sera
e' stato colpito un edificio a circa 300 metri dal Rashid, si dice fosse un
istituto di tecnologia, adiacente ad un comando militare. E' stato sventrato
al centro e privato della fiancata. Sul tetto fino a venerdi' sera vi era
una postazione della contraerea, ora non c'e' piu'. Il colpo piu'
impressionante pero' e' stato inferto al piu' sontuoso dei palazzi di
Saddam, quello della Repubblica, che si erge su vari livelli e con otto
piani, circondato da quattro enormi statue che raffigurano il volto degli
artefici della storia e della civilta' mesopotamica, in cui Saddam si
rispecchia. Il palazzo e' stato centrato in pieno, intatta sembra invece la
torre delle telecomunicazioni che si trova poco lontano e la Moschea Rahman
che sta crescendo maestosa con enormi cupole incastonate l'una nell'altra
all'ombra di enormi gru. Ora i lavori sono fermi come quelli per la
costruzione della Saddam, che dovrebbe diventare una delle moschee piu'
grandi del mondo. Ma abbiamo gia' visto una storia simile, quella delle due
grandiose moschee in costruzione a Kandahar, in Afghanistan, una per onorare
il mullah Omar, guida spirituale dei talebani, e l'altra per Osama Bin
Laden. La loro costruzione e' stata bloccata dall'intervento americano,
faranno la stessa fine anche quelle di Baghdad? L'azione dei missili si e'
poi concentrata su una scuola delle forze di sicurezza, sui sistemi radar di
un centro dell'aeronautica ed e' tornata a colpire la zona sulle rive del
Tigri, accanto al ponte Rashid, dove si trova anche il ministero della
pianificazione gia' bombardato la notte precedente. Tutti i vetri delle case
che si trovano nelle vicinanze sono andati in frantumi. Per ora, almeno
nella capitale sembra che ad essere colpiti siano soprattutto obiettivi
politici e militari ma lo scontro per la conquista della citta' spacciata
come una battaglia per esautorare e catturare un uomo, Saddam Hussein, non
e' ancora stato lanciato in pieno. Non mancano comunque vittime civili - 250
sarebbero quelle degli ultimi raid - soprattutto nei bombardamenti alla
periferia della citta' che avrebbero colpito anche delle case. Tra le
vittime "collaterali", vi e' anche il vescovo Emmanuel-Karim Dally rimasto
ferito dai vetri del patriarcato caldeo, che si trova nel quartiere Al
Mansour, mandati in frantumi dai bombardamenti.
Comunque, per ora, la maggior parte delle vittime civili si registra dove
gli attacchi servono direttamente all'avanzata delle truppe americane e
britanniche: Mosul a nord e Bassora a sud. I bombardamenti in corso, i
continui allarmi, giorno e notte, che non danno requie non lasciano dormire
e nemmeno riposare la mente, servono a sfiancare ogni possibile resistenza
quanto le truppe arriveranno a Baghdad anche se forse la loro avanzata sara'
meno veloce di quanto annunciato, viste le battute d'arresto subite nel sud.
Nel nord resta da vedere quanto resistera' il bastione di Tikrit, roccaforte
oltre che luogo natale di Saddam Hussein.
Ma nella capitale la resistenza popolare resta la maggiore incognita.
Insieme a quanto sara' ancora in grado di mobilitare il partito Baath quando
si trattera' di passare dalla piazza alle armi. La presenza militare -
esercito e guardia repubblicana - accanto a quella dei militanti del
partito, armati, e' ogni giorno piu' diffusa nella capitale. Nonostante la
pesante nottata, la citta' ieri mattina non appariva deserta, c'erano anche
delle code per la benzina, gli ultimi rifornimenti prima che la situazione
precipiti definitivamente. Cosi' come qualche commerciante di grosse bombole
di gas ha tenuto aperto il negozio per fornire un altro dei beni piu'
ricercati in vista di un black out totale. L'ultima corsa ai beni per la
sopravvivenza si accompagna a gesti quotidiani che in questa situazione
appaiono obsoleti, come quelli di un tassista che al lato della strada lava
la sua macchina. Gesti quotidiani necessari forse piu' alla sanita' mentale
che alla sopravvivenza materiale. Comunque utili.
La televisione irakena continua a trasmettere le varie conferenze stampa
improvvisate dai ministri che tengono soprattutto a negare le notizie
diffuse dagli americani e dai britannici sui loro successi militari e sulla
resa dei soldati irakeni, come quella della cinquantunesima divisione
annunciata dagli Stati Uniti. Appare anche Saddam Hussein. La televisione
irachena mostra le immagini di due riunioni di gabinetto che il rais avrebbe
presieduto ieri e in cui avrebbe elegiato il comportamento delle truppe di
fronte all'avanzata anglo-americana: "Il presidente - ha commentato lo
speaker - ha espresso la propria soddisfazione per il comportamento
dell'esercito iracheno, cosi' come dei componenti del paritit Baath e delle
tribu' irachene". Nel filmato si e' visto Saddam con il figlio
secondogenito, Qusay, il viceprimo ministro Tareq Aziz e il vicepresidente
Taha Yassin Ramadam, che venerdi' alcune fonti davano per morto nei
bombardamenti. Nessun elemento, dalle immigini, faceva capire se si trattava
di riunioni tenute veramente ieri oppure di vecchi filmati.
Intanto i marines starebbero ancora combattendo per la conquista del porto
petrolifero strategico sul golfo di Umm Qasr, dove per loro ammissione hanno
incontrato forti sacche di resistenza. Mentre scriviamo combattimenti sono
in corso anche nella periferia occidentale della capitale del sud Bassora.
Saddam Hussein ha chiesto il rispetto delle convenzioni di Ginevra per i
prigionieri di guerra, impegnandosi a fare altrettanto con i marines che
l'esercito irakeno avrebbe catturato. Saddam continua a promettere agli
irakeni una vittoria militare anche dalle colonne dell'Iraq Daily, il
quotidiano in inglese ricomparso ieri sebbene in una versione ridotta e
distribuito gratis ai giornalisti. La propaganda, da entrambe le parti, non
si ferma certo con l'inizio della guerra.
In nottata un nuovo allarme con un'ondata di esplosioni che sconvolge la
capitale poco prima di mezzanotte. E con le bombe il buio precipita su
Bagdhdad.

6. TESTIMONIANZE. GIULIANA SGRENA: FUMO E FIAMME, LE DIFESE DEL RAIS
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 marzo 2003]
Baghdad e' stretta in un anello di fuoco e fumo. L'impressione e' quella di
stare dentro un enorme copertone che brucia. Le nuvole nere che sabato
avevano cominciato ad alzarsi intorno alla citta' si sono unificate e
formano una cortina di fumo che avanza riducendo man mano il paesaggio
visibile intorno a noi e l'azzurro del cielo. La citta' viene avvolta da una
cappa insopportabile dal sapore acre che attacca la gola. Il cielo ormai
grigio e imperscrutabile aumenta l'angoscia quando scatta l'allarme per i
bombardamenti. Il paesaggio apocalittico e' solo un assaggio di quello che
potrebbe essere il disastro ambientale se fossero dati alle fiamme i pozzi
petroliferi. Ma le autorita' hanno respinto le accuse del segretario alla
difesa Usa Donald Rumsfeld ribadendo che non incendieranno i pozzi: "e'
impensabile che noi possiamo distruggere le nostre risorse nazionali con le
nostre mani". Visto che, afferma un comunicato dell'agenzia Ina, "la
leadership irachena ha costruito e sviluppato le risorse petrolifere
irachene che costituiscono la sua ricchezza nazionale e ha sviluppato il
paese per 35 anni, dalla rivoluzione, grazie al petrolio". La
circonvallazione di Baghdad in alcuni punti - in cui e' sopraelevata, come
nelle diramazioni verso Ramadi e Mosul - passa proprio attraverso la nuvola
nera del fuoco sprigionato dal petrolio che sta bruciando. Intorno alla
citta' infatti sono state costruite delle trincee poi riempite di petrolio
che man mano viene dato alle fiamme, quando una si spegne se ne accende
un'altra. La distanza tra di loro e' di qualche centinaio di metri, alcune
sono molto ravvicinate. Il fuoco e' prolungato perche' il terreno si
impregna di petrolio.
Queste trincee piene di petrolio, che hanno sostituito quelle tradizionali
con gli uomini, sarebbero state costruite anche in altre citta' e avrebbero
come obiettivo quello di impedire al nemico di individuare gli obiettivi
militari e civili. "Il fumo nero puo' creare una spessa cortina nera che
puo' impedire al nemico di distinguere gli obiettivi da colpire", ha
affermato un portavoce del governo. Difficile capire se la potente macchina
da guerra statunitense possa essere ostacolata dal fumo del petrolio, sembra
piuttosto un gioco d'astuzia levantino, che ricorda i secoli passati,
contrapposto all'arroganza tecnologica americana. Se non fosse per
l'inquinamento, causato non solo dal petrolio. Il fumo nero e' infatti
provocato dai copertoni vecchi che vengono buttati dentro le trincee e fatti
bruciare insieme al petrolio provocando un forte inquinamento in una citta'
gia' fortemente a rischio dal punto di vista ambientale. Paradossale e'
l'uso di quest'arma artigianale da parte irachena contro un nemico che ha
lanciato la guerra per disarmare il paese perche' disporrebbe di armi di
distruzione di massa. E mentre si discuteva su come proteggersi dai gas
nervini o dall'antrace le maschere potrebbero servire per evitare la
nocivita' del fumo.
Ma la popolazione qui non ha nessuna protezione ed e' sottoposta giorno e
notte alla tortura psicologica e fisica dei bombardamenti. E' appena finito
un allarme che ne comincia un altro, di ore. Se si rispettassero gli allarmi
non ci sarebbe piu' tempo per muoversi, nemmeno per le emergenze, visto che
quasi tutte le attivita' sono bloccate e i servizi ridotti al minimo. Anche
in albergo sono rimasti pochi inservienti che vivono qui, gli altri se ne
sono andati. La maggior parte dei dipendenti dorme nel bunker visto che i
bombardamenti durano ormai tutta la notte e colpiscono spesso vicino
all'hotel Rashid. Di giorno si riemerge. E se si va in giro gli occhi sono
sempre rivolti al cielo per vedere se compaiono i traccianti che segnalano
nuovi pericoli. Non sempre l'allarme e' seguito dalle bombe che invece
vengono sganciate su Mosul o Bassora. Ma la tortura continua. E' possibile
che una popolazione possa essere tenuta cosi' in ostaggio sotto i
bombardamenti giorno e notte, senza poter uscire di casa, sotto la minaccia
continua dell'ululato delle sirene e dello schianto delle bombe senza
provocare una forte reazione delle organizzazioni per i diritti dell'uomo?
E mentre scriviamo si sente l'effetto di un nuovo raid: un tonfo, i vetri e
il pavimento che tremano. Bisogna abituarsi a convivere con i disagi e con
la paura. Mentre cercavamo le trincee abbiamo visto gli ultimi obiettivi
centrati e un altro sbagliato. Colpita l'universita' Mustansiriya, una delle
piu' famose e antiche dell'Iraq, risalente al tredicesimo secolo. E' andato
distrutto anche un deposito di barche sul Tigri che apparteneva a Uday, il
figlio di Saddam. Poco lontano da dove nel pomeriggio, passando sul ponte
Rashid, abbiamo potuto vedere i motoscafi che davano la caccia ai due piloti
che si sono paracadutati dopo che il loro aereo stava precipitando. Una
grande folla si era radunata sul ponte e sulla riva del fiume per assistere
allo spettacolo, le sterpaglie erano state date alle fiamme per stanare i
due piloti che sarebbero stati catturati, anche se le autorita' irachene non
confermano la notizia. Se fosse vero sarebbe un bel colpo per Saddam.
Secondo il ministro degll'informazione, Mohammed Said al Sahaf questo non
sarebbe pero' l'unico successo iracheno: 5 sarebbero gli aerei abbattuti
(quattro nella zona di Baghdad e uno a Bassora) e due gli elicotteri (uno a
Mosul e uno a Muthana, nel sud). Secondo il ministro gli invasori non
avrebbero neanche il controllo del porto di Um Qasr e della citta' di
Nasiriya e durante la loro avanzata avrebbero subito numerose perdite. E
ieri sera la televisione irachena ha mostrato alcuni prigionieri americani,
tra i quali una donna, e alcune vittime. Da dove venite? e' stato chiesto
loro. La maggior parte dal Texas, ma anche dal Kansas e dal New Jersey.
Perche' siete venuti in Iraq? "Perche' ci e' stato chiesto, abbiamo eseguito
gli ordini", rispondevano con l'aria spaventata.
Ieri si e' rifatto vivo, con una conferenza stampa, anche il vicepresidente
Taha Yassin Ramadhan dato gia' per morto dal Pentagono. Ramadhan ha accusato
il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan di non assumere le sue
responsabilita' e di stare dalla parte degli aggressori. Ma Ramadhan non ha
risparmiato nemmeno i paesi arabi, classificati in tre livelli: coloro che
appoggiano apertamente gli americani e i britannici, coloro che li
sostengono segretamente, e coloro che si vergognano ma non sostengono
l'Iraq. Ha invece apprezzato la popolazione dei paesi arabi che manifesta a
sostegno dell'Iraq e spesso viene repressa. Il vicepresidente iracheno ha
solo chiesto che i governanti arabi fermino le loro spie che lavorano per il
nemico.
In questi momenti tutti seguono le notizie con apprensione. Le informazioni
sono scarse e contraddittorie. Quelle della televisione irachena vengono
ormai annunciate da speaker in divisa militare. L'impressione e' che
l'esercito iracheno, a sud, si sia attestato nella zona di Najaf e Kerbala,
le due citta' sante sciite, per cercare di impedire l'avanzata americana. Di
fronte all'infedele forse Saddam spera di ottenere l'appoggio degli sciiti
nella jihad (guerra santa) da lui lanciata, facendo leva sullo spirito
patriottico della popolazione. Sempre che lo spirito patriottico prevalga
sul desiderio di vendetta per la sanguinosa repressione subita dopo la
sollevazione del 1991, alla fine della guerra del Golfo, e sulla
determinazione a conquistare quel potere che e' nelle mani della minoranza
sunnita. L'opposizione sciita all'estero appoggia l'intervento americano
anche se con un certo imbarazzo, visto che e' sponsorizzata da Teheran, ma
quel che conta e' la componente interna oltre al ruolo che intende giocare
l'Iran.

7. TESTIMONIANZE. GIULIANA SGRENA: MISSILI SULLE CASE DI BAGHDAD
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 marzo 2003]
Sono le 13, l'ora di pranzo quando i missili angloamericani, abbandonati gli
obiettivi del regime, si abbattono alla periferia di Baghdad. Nei quarteri
al-Adhamiya e el-Kam vengono colpite alcune case ed e' subito strage. Una
abitazione viene completamente distrutta, una donna rimane sotto le macerie,
mentre i morti potrebbero essere tre o cinque. I feriti sono invece 27, tra
i quali anche alcuni bambini, tutti ricoverati nell'ospedale el Noman. Ma
non sono state le uniche vittime della giornata. Altre cinque donne sono
morte e 22 persone sono rimaste ferite dopo che un missile e' caduto sul
quartiere residenziale di Raghiba Khatum. Il numero di vittime maggiore -
decine e decine - si registra comunque a Bassora, dove sono in corso i
combattimenti.
Come nella precedente guerra non vengono risparmiati nemmeno i luoghi
storici, domenica una bomba e' caduta davanti all'entrata principale della
Mustansiriya, l'universita' piu' famosa nel mondo islamico ai tempi degli
Abbasidi. Fatta costruire dal califfo al Mustansir Billah nel 1232 e' stata
restaurata nel XIX secolo. La bomba ha centrato un bus che stava passando
davanti all'universita'. Non conosciamo, per ora, il numero e l'entita' dei
feriti.
Ma ieri e' stato anche il giorno in cui il rais e' tornato a farsi vedere
alla televisione. Un Saddam piu' rilassato e fiducioso di quello che si era
visto venerdi' mattina subito dopo il primo attacco americano che ha
incitatao il suo popolo assicurando che "la vittoria e' vicina". Il rais si
e' visto sugli schermi per ben due volte, anticipato fin dal mattino dagli
speaker iracheni che annunciavano un "discorso storico" alla nazione. Di
nuovo senza occhiali e senza basco nero, in divisa militare - ormai
l'uniforme qui e' portata da tutti, anche dagli speaker della televisione -,
Saddam e' apparso in forma, evidentemente confortato dalle notizie che
arrivano dal fronte. Non e' la debacle dell'esercito iracheno che si
aspettavano gli americani, costretti invece ad affrontare una imprevista
resistenza. I successi militari vantati dalla coalizione nei giorni scorsi
sono tutt'altro che accertati e le perdite in uomini e mezzi piu' pesanti
del previsto. Per questo il rais ha voluto elogiare la condotta valorosa
dell'eroico popolo iracheno e ha poi specificato: uomini e donne,
appartenenti alle tribu', volontari e esercito, membri del partito Baath,
fedayin di Saddam uniti nel jihad (guerra santa). Il rais, che ha aperto il
suo discorso alla nazione con un versetto del corano, sottolineando il
carattere religioso della guerra contro gli infedeli - "stiamo sconfiggendo
il nemico perche' dio li ha maledetti" - vuole fare leva soprattutto sulla
popolazione sciita, la cui resistenza nella zona di Najaf e Kerbala potrebbe
essere decisiva per la difesa della capitale. "Il popolo eroico - ma
soprattutto i comandanti e gli ufficiali, che il rais ha voluto citare tutti
per nome e ringraziare - deve colpire il nemico infedele per evitare che
commetta altri crimini contro l'Iraq, la nazione araba e l'umanita'". Dopo
aver ricordato i sacrifici fatti per evitare la guerra, Saddam ha promesso
la vittoria, "con l'aiuto di dio, contro i demoni invasori" e ha garantito
"il paradiso per i nostri martiri". "In questi giorni decisivi per l'Iraq"
il rais ha chiesto di dare ancora prova di pazienza al popolo di Bassora,
Baghdad, Mosul, e di tutte le altre zone in cui si combatte "perche' il
nemico in difficolta' sul terreno aumentera' i bombardamenti su queste
citta'". Qualche ora dopo il rais e' di nuovo riapparso in televisione,
questa volta con il figlio Qusay.
Per quanto riguarda la propaganda politica, ieri e' stata una giornata
intensa per il regime. Dopo Saddam Hussein, infatti, e' intervenuto anche il
vicepremier Tarek Aziz per garantire che il rais e' "in buona forma" e ha
"il pieno controllo dell'esercito e del Paese". Aziz ha anche negato che le
truppe anglo-americane abbiano trovato un impianto chimico adatto alla
costruzione di armi chimiche e ha concluso affermando che la Guardia
repubblicana, le truppe d'elite che difendono Saddam Hussein - non hanno
combattuto nella battaglia di Umn Qasar.
Intanto la nuvola di fumo provocata dall'incendio delle trincee piene di
petrolio si sta espandendo sopra la citta' rendendo l'aria sempre piu'
irrespirabile, speriamo che il vento che si e' alzato la spinga lontano, ma
potrebbe anche avvicinarla e sarebbe veramente drammatico.
E' ormai chiaro a tutti che l'invasione dell'Iraq non sara' un pic-nic come
Bush l'aveva spacciata ai propri soldati e ufficiali. "Questa e' una
menzogna, vanno incontro ad una morte certa", aveva detto nei giorni scorsi
il ministro dell'informazione iracheno, Muhammed Said as-Sahaf. E l'ha
ripetuto ieri con qualche ragione in piu'. Al di la' della propaganda che
arriva da entrambi le parti non c'e' dubbio che americani e inglesi non si
aspettavano di incontrare la resistenza che stanno incontrando e soprattutto
di avere le perdite che stanno subendo. L'armata della coalizione non e'
cosi' invincibile come ostentavano Bush e Blair. Le notizie delle ultime ore
hanno risollevato il morale degli iracheni e hanno provocato reazioni
contrarie in campo nemico. Forse ancor piu' dei prigionieri e delle vittime
americane mostrate domenica pomeriggio dalla televisione irachena attraverso
i filmati registrati dalla emittente del Qatar, al-Jazeera, ad esaltare gli
iracheni e' stato l'abbattimento di un elicottero americano ieri a Kerbala,
un'ottantina di chilometri a sud-ovest di Baghdad. Il contadino con kefiah e
fucile da caccia, che ha sparato le sue cartucce contro l'elicottero Apache
e l'ha visto incredibilmente cadere, e' diventato subito il protagonista
della giornata. I due piloti che erano a bordo sarebbero stati catturati,
sono state mostrate le loro scarpe e gli elmetti. L'Apache e' caduto con il
carico di missili che trasportava, su cui hanno indugiato le telecamere.
Nella stessa zona domenica un elicottero aveva ingaggiato un duro scontro
con un reparto della guardia repubblicana che e' comandata da Qusay, il
figlio di Saddam. Ancora mistero invece sull'altro elicottero che sarebbe
caduto il giorno prima e soprattutto sulla sorte dei due piloti che si
sarebbero paracadutati sulle rive del Tigri e ai quali era stata data una
caccia con i motoscafi degna di una scena da film. Il Pentagono ha ammesso
per ora la perdita di un elicottero, ma ha negato che sia stato abbattuto
dal contadino di Kerbala. Il contadino comunque, apparso alla tv subito dopo
il discorso pronunciato ieri - in diretta o registrato? non e' stato
chiarito - di Saddam Hussein, ha persino rubato la scena al rais.

8. TESTIMONIANZE. GIULIANA SGRENA: BAGHDAD ASPETTA IL PEGGIO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 marzo 2033]
In queste ore a Baghdad ci si aspetta il peggio. Ad annunciarlo oltre alle
notizie che vengono fatte filtrare attraverso giornalisti e diplomatici sono
le perturbazioni della natura che si e' scatenata e sembra preludere a
qualcosa di apocalittico: a mezzogiorno il cielo si e' fatto improvvisamente
buio, una tempesta di sabbia mista a un temporale ha provocato una pioggia
di pesanti gocce di fango, l'aria e' diventata irrespirabile per la polvere
mista al fumo del petrolio che brucia da alcuni giorni nelle trincee scavate
intorno alla citta'. I lampi hanno cominciato a confondersi con i
traccianti, i tuoni con il tonfo delle bombe. Un inferno che fa da
sottofondo alle sirene che annunciano in continuazione gli allarmi. Tutto e'
avvolto dalla polvere, tutto annebbiato, non si riescono a distinguere le
cose e le persone. Una tempesta di sabbia che rallenta anche l'avanzata
delle truppe anglo-americane. Che ieri hanno perso due elicotteri, due
Apache, proprio a causa del tempo, mentre un aereo e' stato abbattuto dagli
iracheni a al-Doura, a sud di Baghdad, secondo fonti irachene. Comunque le
truppe anglo-americane, che incontrano forti ostacoli - combattimenti sono
in corso a Bassora e a Nassirya - stanno puntando direttamente su Baghdad
senza prendere il controllo delle citta' del sud. L'avanzata delle truppe
britanniche e statunitensi lungo la parte centrale dell'Eufrate ieri e'
stata ammessa per la prima volta dal generale Hazem Raui, portavoce
dell'aeronautica irachena. Ma per arrivare a Baghdad le forze alleate devono
prepararsi il terreno con un bombardamento a tappeto che dovrebbe tenere
sotto il terrore la capitale per molte ore e mettere in ginocchio la
popolazione. Acqua ed elettricita' gia' mancano a Bassora e ieri sera si
registravano interruzioni di energia elettrica anche a Baghdad. Gia' da due
giorni e due notti i bombardamenti su Baghdad sono pesanti e senza soluzione
di continuita'. Continuano a registrarsi anche vittime civili, soprattutto
dopo il bombardamento di quartieri residenziali, dove le bombe dovrebbero
colpire soprattutto i feddayin che potrebbero opporre una forte resistenza
all'invasione della coalizione Bush-Blair. Nel quartiere di al-Adhamiya ieri
la popolazione ha partecipato in massa ai funerali delle tre vittime dei
bombardamenti di lunedi' che avevano tra l'altro distrutto completamente una
casa. Numerosi feriti restano ricoverati nell'ospedale el Noman.
La leadership irachena mostra sicurezza. I vari ministri organizzano una
conferenza stampa dopo l'altra e si presentano tutti in divisa militare.
Ieri mattina e' toccato prima al ministro del petrolio, che ha rassicurato
sulla disponibilita' dell'oro nero per il paese, poi a quello del commercio.
Ahmed Mohamed Medi Salah ha detto che ci sono 21 miliardi di dollari sul
conto Iraq che potrebbero servire per comprare cibo e medicine, ma forniture
per 7,282 miliardi di dollari sono bloccati sulle navi, in Giordania o in
altre aree e non arrivano in Iraq. Il blocco e' stato decretato, accusa il
ministro, dal segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che ha
subito le pressioni degli Stati Uniti e ha cosi' violato la risoluzione 986
"oil for food". Comunque, ha detto il ministro del commercio, abbiamo
distribuito alla popolazione razioni per sei mesi. L'accusa contro Kofi
Annan "di prendere ordini dagli Stati Uniti" e' stata sottolineata, in
un'altra conferenza stampa, anche dal vicepresidente Taha Yassim Ramadan, il
quale ha sottolineato "la vergognosa decisione di interrompere
l'applicazione della risoluzione che prevede la vendita di petrolio in
cambio di cibo". Ma soprattutto Ramadan ha deplorato i paesi della Lega
araba per essersi limitati a prendere una posizione - quella della condanna
dell'aggressione all'Iraq - che avrebbe avuto senso prima dell'inizio della
guerra, ma non adesso. Ramadan si e' chiesto perche' non viene usato il
petrolio per esercitare pressioni sugli Stati Uniti, "chi sono i veri
proprietari del petrolio arabo, gli americani o i paesi produttori?". Che
cosa diranno alla loro popolazione? si e' poi chiesto. Se i paesi arabi,
viste le divisioni interne, non sono riusciti nemmeno a inviare una
delegazione a Baghdad per una missione alla vigilia della guerra, si
distinguono anche per accettare i diktat di Bush. Ramadan in particolare ha
sottolineato il deterioramento dei rapporti con la Giordania sulla questione
 dell'espulsione dei diplomatici e ha ricordato l'accordo sulla fornitura di
petrolio, una decisione di Saddam Hussein per aiutare il popolo giordano. Il
vicepresidente ha anche rilevato come pochi paesi hanno subito il diktat di
Bush di espellere diplomatici iracheni. Tra i piu obbedienti a Bush si e'
comunque distinta ancora una volta l'Italia.
Baghdad ha respinto anche un'altra accusa lanciata dagli Stati Uniti: quella
di aver ricevuto armi da Mosca e di utilizzare consiglieri russi. "Non
abbiamo chiesto e non abbiamo ricevuto forniture di armi dalla Russia", ha
affermato il ministro dell'informazione, Muhammed Said as-Sahaf.
Intanto Saddam Hussein continua gli incontri con i suoi sostenitori e, dopo
i numerosi vertici con i vari settori militari, ieri si e' dedicato ai capi
tribali, una componente importante del paese: 150 tribu' in rappresentanza
di circa 8 milioni di iracheni. Il messaggio di Saddam ai capi tribali,
letto anche alla televisione, li invita a prendere le armi contro gli
aggressori perche' "il nemico ha violato le vostre terre o ora viola le
vostre tribu' e le vostre famiglie". E il rais ha fornito loro una sorta di
decalogo per organizzare la guerriglia: "combattere a piccoli gruppi,
colpire le linee avanzate e le loro retroguardie, quando si fermano
attaccateli".
E cala una nuova notte piena di incognite su Baghdad, cresce l'angoscia,
mentre un vento fortissimo trasporta la voce del muezzin che sembra ancor
piu' lacerante del solito.

9. TESTIMONIANZE. GIULIANA SGRENA: MISSILI SULLE CASE, STRAGE A BAGHDAD
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 marzo 2003]
Due crateri ai lati della strada, dove l'asfalto per centinaia di metri e'
stato sollevato e disintegrato, la prima immagine che ci appare e' diversa
da quella degli edifici sventrati dai missili che abbiamo visto finora. Lo
spettacolo che si intravede ai lati della strada tra una fitta nebbia di
sabbia e una pioggia di fango, dopo aver superato le nuvole di fumo
sprigionate da due trincee di petrolio in fiamme, e' ancor piu'
terrificante: baracchini di venditori ambulanti sbattuti all'aria, macchine
carbonizzate e accartocciate, lampioni sradicati, cartelloni stradali
divelti. E poi gli edifici semidistrutti da due bombe sganciate ieri verso
mezzogiorno da cacciabombardieri, secondo un testimone. Case lunghe e basse,
a due piani, che costeggiano la strada: sotto negozi e officine, sopra le
abitazioni. Povere abitazioni come si puo' intuire dai cartoni che coprono
le finestre al posto dei vetri. Anche se di questi tempi, con i
bombardamenti, i vetri non sono certo una garanzia, anzi. Gli abitanti,
sciiti, qui oggi si vedono solo uomini, si aggirano attoniti intorno alle
macerie, in silenzio, un silenzio cupo ancor piu' straziante delle grida.
L'ultima autoambulanza sta partendo, tutti i corpi delle vittime sono stati
portati via. Finora il bilancio e' di almeno 15 morti e molti feriti. Tutte
vittime civili.
Un bilancio pesantissimo, il piu' pesante dall'inizio della guerra, il 20
marzo. Anche simbolicamente, per il suo nome: e' stato colpito il quartiere
Shaab (popolo, in arabo), sciita, a nord della capitale. "E' stata colpita
la citta' del popolo" ha detto il responsabile della delegazione civile del
distretto, Ahmad Abdallah al Tulaimi. "Non ci risulta, ma non possiamo dire
che non c'entriamo", e' stata la risposta sibillina del portavoce del
comando americano in Qatar, Vicent Brooks. Piu' tardi la spiegazione piu'
incredibile della strage arriva direttamente dal Pentagono: "Potrebbe essere
stata l'effetto di tiri dell'antiaerea irachena", dice apparentemente senza
vergogna il generale McChrystal. Smentito pero' poco dopo dalla portavoce di
Rumsfeld Victoria Clarke, per cui l'attacco al quartiere abitato si spiega
col fatto che Saddam ha piazzato in quell'area la sua artiglieria. Motivo
per cui la strage secondo il Pentagono sarebbe addirittura "un segno del
disprezzo del regime per la sua gente".
Anche sul luogo della strage qualcuno dice che da quelle parti ci sarebbe
stata una postazione della contraerea che probabilmente ha anche sparato, ma
l'attacco e' in ogni caso incomprensibile. E' arrivato dopo una notte e una
mattina che hanno visto la capitale bersagliata da un incessante
bombardamento. Nella notte erano stati colpiti l'edificio che ospita la
televisione irachena e i ripetitori satellitari, il tentativo degli alleati
anglo-americani di mettere fuori gioco la propaganda del nemico, "colpevole"
tra l'altro di aver diffuso le immagini delle vittime e dei prigionieri
americani, oltre che quelle dell'elicottero presuntamente abbattuto con le
cartucce di un cacciatore e dei piloti catturati. Anzi sono state proprie
queste immagini dell'eroe per caso, piu' che quelle delle vittime e dei
prigionieri, a risollevare il morale degli iracheni e ad alimentare il loro
forte senso dell'orgoglio.
Si e' dunque colpita la televisione, uno dei primi obiettivi in queste
guerre, anche se l'emittente ha ripreso le trasmissioni ma solo localmente,
mentre continua per ora a funzionare, sebbene a ritmi ridotti il centro
stampa per gli stranieri. Ad onor del vero occorre dire che al di la' della
inevitabile propaganda di guerra alimentata da parte irachena, che fa da
contraltare a quella americana, finora non si sono particolarmente
"sfruttate" le vittime o gli obiettivi civili.
Le autorita' irachene accusano Stati Uniti e Gran Bretagna di aver
sequestrato dei civili e di averli presentati come prigionieri di guerra.
Mentre gli Stati Uniti accusano gli iracheni di aver ucciso alcuni
prigionieri con un colpo in testa.
I bombardamenti anglo-americani hanno colpito la notte scorsa anche uno dei
simboli della guerra del Golfo, l'hotel Rashid reso famoso perche' durante
la scorsa guerra ospitava la stampa internazionale oltre che perche' sul
pavimento dell'entrata era stata immortalata l'immagine di George Bush
padre, come "killer" da calpestare ad ogni passaggio. Ora il Bush di allora
e' stato coperto da un spesso strato di tappeti. Forse se sopravvivera' il
Rashid dovra' ricordare l'opera del Bush figlio. Che non l'ha risparmiato:
un suo missile l'ha colpito ieri, sebbene di striscio.
Un angolo del giardino e le mura di cinta sono stati distrutti. Si voleva
colpire l'hotel o la sede del comando di polizia che si trova di fronte e di
cui era gia' stato distrutto un edificio nei giorni scorsi? Potrebbe non
trattarsi di un errore ma di un avvertimento. Visto che anche noi, che
ancora stavamo al Rashid dopo che la Cnn trasferendosi al Palestine si era
trascinata dietro quasi tutti i giornalisti presenti a Baghdad, eravamo
stati avvisati, poche ore prima, proprio da giornalisti americani che
l'hotel sarebbe stato colpito durante la notte. Pur ritenendo impossibile
che gli americani potessero colpire un luogo tanto simbolico ci eravamo
comunque messi al riparo. In guerra anche i simboli perdono il loro valore.
I bombardamenti sono continuati, notte e giorno, in una citta' resa
rarefatta da una fitta coltre di sabbia che ricopre tutto il paesaggio come
un manto di neve e che volteggia nell'aria, sempre piu' irrespirabile,
riducendo la visibilita' a qualche metro scarso. Mentre il vento ha
sradicato diversi alberi sulla riva del Tigri. Ad accrescere la sensazione
apocalittica della giornata un color rosso che faceva da sfondo all'ocra
della sabbia. Il rosso ha poi lasciato spazio al nero della notte, mentre
l'angoscia aumentava con l'intensificarsi del tonfo delle bombe che fa
tremare le pareti e i pavimenti anche a distanza. Senza sosta. E si
aspettano ore sempre piu' dure. Un nuovo allarme, ma non sorprende piu': si
e' costretti ad uscire anche durante i bombardamenti.
Le truppe anglo-americane si stanno avvicinando a Baghdad, dal lato
meridionale dove gli attacchi sono particolarmente accaniti contro le
postazioni della guardia repubblicana. Alla guardia comandata da Qusay, il
figlio di Saddam, e' stata infatti affidata la difesa della zona centrale
dell'Iraq, una delle cinque in cui e' stato diviso il paese dal punto di
vista militare. La presenza militare alla periferia della citta' e' comunque
mimetizzata in attesa degli invasori. Nel centro, quasi deserto tutto il
giorno, probabilmente anche a causa della insopportabile tempesta di sabbia,
la presenza militare si fa ogni giorno piu' evidente. Ieri abbiamo visto
anche due carri armati, appostati nelle stradine vicino al ministero
dell'informazione. Baghdad si prepara a combattere.

10. LETTURE. LINDA BIMBI (A CURA DI): NOT IN MY NAME
Linda Bimbi (a cura di), Not in my name. Guerra e diritto, Editori Riuniti,
Roma 2003, pp. 240, euro 9. Una raccolta di interventi che raccoglie
prevalentemente materiali della sessione del Tribunale permanente dei popoli
riunito a Roma nel dicembre 2002. Molti utilissimi testi di alcune delle
piu' prestigiose figure del movimento pacifista.

11. LETTURE. PIETRO INGRAO, ALEX ZANOTELLI: NON CI STO!
Pietro Ingrao, Alex Zanotelli, Non ci sto!, Piero Manni, Lecce 2003, pp. 72,
euro 8. Un dialogo tra due delle personalita' piu' rilevanti dell'impegno
per la pace.

12. LETTURE. SERGE LATOUCHE: IL PENSIERO CREATIVO CONTRO L'ECONOMIA
DELL'ASSURDO
Serge Latouche, Il pensiero creativo contro l'economia dell'assurdo, Emi,
Bologna 2002, pp. 128, euro 7. A cura di Roberto Bosio un'ampia intervista a
Serge Latouche, il sociologo dell'economia ed epistemologo delle scienze
umane esperto di rapporti economici e culturali Nord/Sud, una delle figure
piu' significative della riflessione e dell'impegno per i diritti
dell'umanita'.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 549 del 28 marzo 2003